Progettare Sismico 2003 Pubblicazione degli autori del software

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S.T.S. Software Tecnico Scientifico
PROGETTAZIONE SISMICA SECONDO
L’ORDINANZA N.3274 DEL 2003
S.T.S. Software Tecnico Scientifico
Sommario
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio.
1
INTRODUZIONE ALLA SICUREZZA STRUTTURALE. .........................................1
1.1 IL CALCOLO AGLI S.L.U. COME ANALISI LIMITE. ......................................2
1.2 CONFRONTO SULL’UTILIZZO DELLE SEZIONI DI CALCESTRUZZO A
PRESSO-FLESSIONE DEVIATA (CASO DEI PILASTRI)...........................................3
1.3 DEFINIZIONE DI STATI LIMITE.....................................................................4
1.4 AZIONI SULLE COSTRUZIONI......................................................................4
PROSPETTO 1 ..........................................................................................6
1.5 PROPRIETA’ DEI MATERIALI. ......................................................................7
PROSPETTO 6-I........................................................................................8
1.6 CALCOLO DELLE SOLLECITAZIONI............................................................8
1.7 SOLUZIONE PER SEZIONE PRESSO-INFLESSA CON LEGAME
COSTITUTIVO NON LINEARE..................................................................................12
1.8 STRATEGIE DI SOLUZIONE. ......................................................................15
PROSPETTO 7-I......................................................................................25
PROSPETTO 8-I......................................................................................29
1.9 CALCOLO DELLA FRECCIA ANELASTICA. ...............................................29
ESEMPIO.................................................................................................31
1.10 EFFETTI DELLA VISCOSITA’ SUGLI SPOSTAMENTI. .............................32
1.11 RAFFRONTO TRA LA VERIFICA CON LA NORMATIVA ITALIANA AGLI
STATI LIMITE E L’EUROCODICE 2..........................................................................36
1.11.1 S.L.U. PRESSOFLESSIONE........................................................36
1.11.2 S.L.U. TAGLIO .............................................................................37
1.11.3 S.L.U. TORSIONE .......................................................................39
1.11.4 S.L.U. AZIONE COMBINATA TAGLIO E TORSIONE PER IL CLS41
1.11.5 S.L.E. FESSURAZIONI................................................................42
1.11.6 MINIMI ARMATURE TRAVI.........................................................43
1.11.7 MINIMI PILASTRI.........................................................................45
Capitolo 2 – Schematizzazione dell’azione sismica.
49
2.1 INTRODUZIONE: I TERREMOTI. ..................................................................49
2.2 COMPORTAMENTO SISMICO DELLE COSTRUZIONI. ..............................49
2.3 OSCILLATORE ELEMENTARE. ....................................................................50
2.4 MOTI IMPRESSI ALLA BASE. .......................................................................53
2.5 SPETTRO DI RISPOSTA ELASTICO. ...........................................................53
2.6 SISTEMI A PIU’ GRADI DI LIBERTA’.............................................................55
Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico.
61
3.1 DEFINIZIONE DI DUTTILITA’.........................................................................61
3.2 DUTTILITA’ LOCALE DI ELEMENTI STRUTTURALI. ...................................63
Riferimenti teorici
Sommario • i
3.3 RISPOSTA ANELASTICA DELLA STRUTTURA. ......................................... 67
3.4 OSCILLATORE ELASTOPLASTICO EQUIVALENTE E DUTTILITA’ DI
STRUTTURA. ............................................................................................................ 69
3.5 DUTTILITA’ DI STRUTTURA E SPETTRO DI PROGETTO. ........................ 70
3.6 ANALISI NON LINEARE STATICA - PUSHOVER ANALYSIS...................... 73
Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03
83
4.1 INTRODUZIONE. ........................................................................................... 83
4.2 REQUISITI DI SICUREZZA E CRITERI DI VERIFICA. ................................. 83
4.3 SPETTRO DI RISPOSTA ELASTICO............................................................ 83
4.4 CATEGORIA SISMICA. ................................................................................. 84
4.5 CARATTERISTICHE DEL SUOLO. ............................................................... 85
4.6 IMPORTANZA SISMICA. ............................................................................... 86
4.7 SPETTRI DI PROGETTO PER LO STATO LIMITE ULTIMO........................ 86
4.8 SPETTRO DI PROGETTO PER LO STATO LIMITE DEL DANNO. ............. 88
4.9 MASSE SISMICHE......................................................................................... 88
4.10 COMBINAZIONE DELL’AZIONE SISMICA CON LE ALTRE AZIONI. ........ 89
4.11 REGOLARITA’ DELLE STRUTTURE. ......................................................... 90
4.12 ANALISI SISMICA STATICA........................................................................ 91
4.13 ANALISI DINAMICA MODALE..................................................................... 92
4.14 EFFETTI TORSIONALI. ............................................................................... 93
4.15 VERIFICA ALLO STATO LIMITE DEL DANNO........................................... 94
4.16 VERIFICHE ALLO STATO LIMITE ULTIMO................................................ 95
4.17 SISTEMI COSTRUTTIVI. ............................................................................. 95
4.17.1 CEMENTO ARMATO. .................................................................. 96
4.17.2 CALCOLO DEL FATTORE DI STRUTTURA............................... 96
4.18 VERIFICHE DI RESISTENZA – ELEMENTI IN C.A.. .................................. 98
4.18.1 TRAVI. .......................................................................................... 98
4.18.2 PILASTRI...................................................................................... 99
4.18.3 PARETI....................................................................................... 100
4.18.4 TRAVI DI COLLEGAMENTO. .................................................... 103
4.19 PARTICOLARI COSTRUTTIVI. ................................................................. 103
4.19.1 TRAVI. ........................................................................................ 103
4.19.2 PILASTRI.................................................................................... 105
4.19.3 NODI TRAVE-PILASTRO. ......................................................... 106
4.19.4 PARETI....................................................................................... 107
4.19.5 TRAVI DI COLLEGAMENTO. .................................................... 107
4.19.6 REQUISITI ADDIZIONALI PER EDIFICI CON TAMPONAMENTI
IN MURATURA........................................................................................... 108
Capitolo 5 – Confronto fra le normative.
Riferimenti teorici
111
Sommario • ii
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di
esercizio.
INTRODUZIONE ALLA SICUREZZA STRUTTURALE.
Ogni struttura deve essere progettata in modo da garantire durante l'uso per cui è destinata sia la
sicurezza nei confronti delle persone e delle cose che alcuni requisiti di funzionalità e durabilità.
Il progettista è quindi tenuto a progettare le strutture in modo da garantire che esse forniscano
determinate prestazioni nei confronti di tutte gli eventi che potranno coinvolgere la struttura.
Un metodo per garantire adeguati livelli di sicurezza ed implicitamente di usabilità è sicuramente
quello delle Tensioni Ammissibili, ovvero un criterio che discende direttamente dalla teoria
dell'elasticità e che basa la misura della sicurezza, ed in generale delle prestazioni, sulla verifica
puntuale delle tensioni che dovranno essere limitate al valore, appunto, ammissibile.
Questo metodo ha il grande merito di essere molto semplice, collaudato e di tenere in conto in
maniera implicita, scegliendo opportunamente i valori ammissibili di tensione, anche la necessità di
limitare le deformazioni per assicurare una funzionalità accettabile.
Il progresso scientifico e tecnologico, la necessità di dovere garantire la sicurezza nei confronti di
eventi anche traumatici per la struttura come sismi o scoppi senza incorrere in sovradimensionamenti,
la necessità di dovere assicurare la funzionalità e la durabilità sotto i carichi di esercizio ha reso
necessario elaborare metodi di verifica più raffinati tra cui il metodo degli STATI LIMITE.
Con il metodo degli stati limite vengono definiti esplicitamente le prestazioni che la struttura deve
garantire nei confronti dei singoli eventi ed in particolare verranno definiti sia le prestazioni che
garantiscono la sicurezza nei confronti del collasso, STATI LIMITE ULTIMI, che le prestazioni che
dovranno garantire l'utilizzabilità e la durabilità, STATI LIMITE DI ESERCIZIO.
Accanto alle prestazioni il metodo definisce gli eventi per cui tali prestazioni vanno garantite, ad
esempio nei confronti di un sisma severo mi basterà garantire solo lo stato limite ultimo accettando
che la struttura non risulti più utilizzabile; diversamente su un solaio caricato da un livello di carico
statisticamente frequente non dovrò garantire solamente la resistenza, ma anche che la deformabilità e
la fessurazione sia compatibile con la sua funzionalità.
L'avere distinto i vari livelli di prestazione permette di utilizzare al meglio i materiali, per cui la
verifica della resistenza allo SLU verrà effettuata utilizzando anche le risorse anelastiche con la teoria
del calcolo a rottura.
In questo modo la verifica consisterà nel valutare la resistenza ultima, ad esempio il momento
resistente ultimo di una sezione, e verificare che l'azione di calcolo sia minore.
MSd <=MRdu (momento di calcolo inferiore al momento resistente ultimo).
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 1
Diversamente quindi dalle tensioni ammissibili non si confronteranno valori puntuali di tensione,
ma i valori delle resistenza ultime delle membrature.
1.1 IL CALCOLO AGLI S.L.U. COME ANALISI LIMITE.
Il calcestruzzo e l’acciaio vengono spinti nel campo di comportamento non lineare. La normativa
individua per il calcestruzzo armato lo S.L.U. come una limitazione delle deformazioni. Questi
materiali possono considerarsi elasto-plastici a duttilità limitata. In generale per un assegnato spazio di
sollecitazioni S ad esempio (N, Mx, My) ovvero (Tx, Ty, Mt) è possibile definire un dominio di
ammissibilità statica delle tensioni
F(S) ≤ 0 ovvero F(N, Mx, My) ≤ 0
Nel caso elasto-plastico perfetto
F(S) < 0 campo elastico
F(S) = 0 attivazione plastica.
La misura della sicurezza dipende dal percorso dei carichi. Percorso di tipo affine
S = P (permanente) + k * Q (accidentale)
F(S) = F(P + k * Q) ≤ 0
Quindi valutare la sicurezza significa trovare il valore di k tale che:
F(P + k * Q) = 0
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 2
Nel metodo agli S.L.U. della normativa italiana i carichi Q sono già incrementati dai coefficienti
gamma, per cui basta che k sia maggiore o uguale a 1.
1.2 CONFRONTO SULL’UTILIZZO DELLE SEZIONI DI
CALCESTRUZZO A PRESSO-FLESSIONE DEVIATA (CASO
DEI PILASTRI).
Nel caso delle tensioni ammissibili, la tensione dello spigolo limita lo sfruttamento della sezione
ed il valore medio della tensione è 0.5 di quella massima.
Nel caso di verifiche agli S.L.U. , l’area in prossimità dello spigolo è tutta plasticizzata e il valore
medio della tensione è circa 0.8 di quello massimo, con un’efficienza rispetto alle tensioni ammissibili
di 0.8/0.5 = 1.6.
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 3
1.3 DEFINIZIONE DI STATI LIMITE.
Sono definiti stati limite gli “stati” al di là dei quali la struttura non soddisfa più le esigenze di
comportamento per le quali è stata progettata. Gli stati limite per cui devono essere verificate le
strutture sono i seguenti:
- Stati Limite Ultimi (S.L.U.);
- Stati Limite di Esercizio (S.L.E.);
Gli stati limite ultimi sono quelli associati al collasso o ad altre forme di cedimento strutturale che
possono mettere in pericolo la sicurezza delle persone.
Gli stati limite di esercizio corrispondono a stati al di là dei quali non risultano più soddisfatti i
requisiti per i quali è stata progettata la struttura.
1.4 AZIONI SULLE COSTRUZIONI.
Le azioni sono classificate secondo la loro variazione nel tempo:
azioni permanenti (G), ad esempio il peso proprio delle strutture, le finiture, eventuali attrezzature
fisse e ausiliarie;
azioni di precompressione (P);
azioni variabili (Q), ad esempio carichi di esercizio, carichi dovuti al vento o alla neve.
Le azioni vengono introdotte attraverso i loro valori caratteristici evidenziati dal suffisso k.
Gk indica il carico caratteristico permanente, Pk il carico caratteristico di precompressione, Qk il
carico caratteristico variabile. Questi carichi sono definiti nelle vigenti “Norme Tecniche relative ai
Criteri generali per la verifica di sicurezza delle costruzioni e dei carichi e sovraccarichi” (D.M. 16
Gennaio 1996).
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 4
Dai valori caratteristici delle azioni si passa a quelli di calcolo evidenziati dal suffisso d, mediante
dei coefficienti moltiplicativi γ.
Ad esempio:
Gd = γG Gk
valore di calcolo del carico permanente;
Pd = γP Pk
valore di calcolo della forza di precompressione;
Qd = γQ Qk
valore di calcolo del carico variabile.
[da D.M. 9 Gennaio 1996]
7. Azioni di calcolo
Le verifiche debbono essere condotte nei riguardi degli stati limite di esercizio e degli stati
limite ultimi.
Le azioni sulla costruzione devono essere cumulate in modo da determinare condizioni di
carico tali da risultare più sfavorevoli ai fini delle singole verifiche, tenendo conto della
probabilità ridotta di intervento simultaneo di tutte le azioni con i rispettivi valori più
sfavorevoli, come consentito dalle norme vigenti.
Per gli stati limite ultimi si adotteranno le combinazioni del tipo:
i=n


Fd = γ g Gk + γ p Pk + γ q ⋅ Q1k + ∑ (ψ 0i Qik )
i=2


essendo:
Gk
Pk
Q1k
Qik
il valore caratteristico delle azioni permanenti;
il valore caratteristico della forza di precompressione;
il valore caratteristico dell’azione di base di ogni combinazione;
i valori caratteristici delle azioni variabili tra loro indipendenti;
γg = 1,4 (1,0 se il suo contributo aumenta la sicurezza);
γp = 0,9 (1,2 se il suo contributo diminuisce la sicurezza);
γq = 1,5 (0 se il suo contributo aumenta la sicurezza);
ψ0i = coefficiente di combinazione allo stato limite ultimo da determinarsi sulla base di
considerazioni statistiche.
Qualora le deformazioni impresse esercitino una azione significativa sullo stato limite
ultimo considerato se ne deve tener conto applicando loro un coefficiente di 1,2.
Il contributo delle deformazioni impresse, non imposte appositamente, deve essere
trascurato se a favore della sicurezza.
Per gli stati limite di esercizio si devono prendere in esame le combinazioni rare,
frequenti e quasi permanenti con γg = γp = γq = 1, e applicando ai valori caratteristici delle
azioni variabili adeguati coefficienti ψ0, ψ1, ψ2.
In forma convenzionale le combinazioni possono essere espresse nel modo seguente:
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 5
combinazioni rare:
i =n
Fd = Gk + Pk + Q1k + ∑ (ψ 0i Qik )
i=2
combinazioni frequenti:
i =n
Fd = Gk + Pk + ψ 11Q1k + ∑ (ψ 2i Qik )
i =2
combinazioni quasi permanenti:
i=n
Fd = Gk + Pk + ∑ (ψ 2i Qik )
i =1
ψ1i coefficiente atto a definire i valori delle azioni assimilabili ai frattili di ordine 0,95
delle distribuzioni dei valori istantanei;
ψ2i coefficiente atto a definire i valori quasi permanenti delle azioni variabili assimilabili
ai valori medi delle distribuzioni dei valori istantanei.
In mancanza di informazioni adeguate si potranno attribuire ai coefficienti ψ0, ψ1, ψ2 i
valori seguenti:
PROSPETTO 1
ψ0
ψ1
ψ2
Abitazioni
0.7
0.5
0.2
uffici, negozi, scuole, ecc.
0.7
0.6
0.3
autorimesse
0.7
0.7
0.6
Vento, neve
0.7
0.2
0
Azione
Carichi variabili nei fabbricati per:
Da tutto ciò si evince che per ottenere la condizione più sfavorevole sulle varie parti della
struttura bisogna eseguire il calcolo per diverse combinazioni delle azioni di carico.
A titolo esemplificativo è riportata una tabella di combinazioni possibili per le verifiche allo
stato limite ultimo considerando la presenza di tre azioni variabili: sovraccarico, vento e
neve.
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 6
COMBINAZIONI
PERMANENTE
sfavorevole favorevole
1.permanente +
sovraccarico
2.permanente +
vento
3.permanente +
neve
4.permanente +
sovraccarico + neve
5.permanente +
sovraccarico + neve
+ vento
SOVRACCARICO
VENTO
NEVE
sfavorevole favorevole
1.4
1.0
1.5
0
-
-
1.4
1.0
-
-
1.5
-
1.4
1.0
-
-
1.5
1.4
1.0
1.5
-
0.7x1.5
1.5
1.4
1.0
0.7x1.5
-
0.7x1.5
0.7x1.5
1.5
-
0.7x1.5
0.7x1.5
1.5
0.7x1.5
0.7x1.5
1.5
Le azioni sismiche vanno combinate secondo l’O.d.P.C. 3274/03 “Costruzioni in zona sismica”.
1.5 PROPRIETA’ DEI MATERIALI.
Anche le proprietà dei materiali, come le azioni, sono espresse attraverso i valori caratteristici che,
per definizione, sono i frattili di ordine 0.05 delle rispettive distribuzioni statistiche, e anche queste
sono indicate utilizzando il suffisso k:
fck = 0.83 Rck - valore caratteristico della resistenza del calcestruzzo a compressione, su provino
cilindrico;
fyk - valore caratteristico della resistenza dell’acciaio;
essendo:
Rck = resistenza caratteristica cubica del calcestruzzo.
I valori di calcolo sono ottenuti dividendo i valori caratteristici per un appropriato coefficiente di
sicurezza parziale (γS per l’acciaio, γC per il calcestruzzo).
[da D.M. 9 Gennaio 1996]
4.0.2. Resistenze di calcolo
Le resistenze di calcolo fd si valutano mediante l’espressione
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 7
fd =
fk
γm
Assumendo per il coefficiente γm i valori indicati nel prospetto 6-I.
In particolare la resistenza di calcolo del calcestruzzo fcd risulta pari a:
f cd =
f ck
γc
=
Rck ⋅ 0.83
γc
PROSPETTO 6-I
Stati limite
Acciaio γs
Calcestruzzo γc
ultimi
1.15
1.5 per c.a.p.
1.6 per c.a. e c.a. con
precompressione parziale
di esercizio
1.0
1.0
Per spessori minori di 5 cm il coefficiente γc va maggiorato del 25%.
1.6 CALCOLO DELLE SOLLECITAZIONI.
[…]
4.1.1. Strutture costituite da elementi monodimensionali.
La determinazione delle sollecitazioni nelle strutture iperstatiche può effettuarsi a mezzo
di:
- calcolo non lineare;
- calcolo elastico-lineare senza ridistribuzioni;
- calcolo elastico-lineare con ridistribuzioni.
4.1.1.1. Calcolo non lineare.
Il calcolo allo stato limite ultimo deve essere effettuato per la combinazione di azioni più
sfavorevole. Per tale situazione si immagina tuttavia convenzionalmente di raggiungere lo
stato limite mediante un unico accrescimento proporzionale delle azioni applicate.
Le condizioni di compatibilità si esprimono di regola attribuendo a ciascuna sezione una
legge momenti/curvature, ed integrando le curvature lungo l’asse degli elementi.
Le leggi momenti/curvature devono rappresentare in modo adeguato il comportamento a
breve durata di elementi strutturali supposti costituiti da materiali aventi le resistenze fk
introdotte nel progetto.
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 8
Nei casi usuali si potrà anche procedere concentrando le rotazioni anelastiche nelle
sezioni critiche.
Nel caso di elementi soggetti prevalentemente a flessione, si possono anche adottare
schematizzazioni trilineari della legge momenti/rotazioni (M/α) di ciascuna sezione critica,
rappresentando i tre lati le seguenti tre fasi:
- fase elastica lineare;
- fase fessurata;
- fase plastica.
La rotazione plastica ϑpl da supporre localizzata nella sezione critica, può dedursi dal
precedente diagramma empirico (valido per sezioni rettangolari o a T), in funzione della
posizione x/d dell’asse neutro a rottura.
4.1.1.2. Calcolo elastico lineare senza ridistribuzioni.
Il calcolo elastico lineare può essere utilizzato sia per gli stati limite di esercizio, sia per lo
stato limite ultimo; in quest’ultimo caso occorre evitare situazioni di fragilità locale nella
struttura. Ad esempio in elementi come quelli definiti nel terzo comma del punto 4.1.1.3. il
rapporto x/d non deve, di regola, essere maggiore, nella sezione critica, di:
x
= 0.45
d
x
= 0.35
d
per calcestruzzo di resistenza f ck ≤ 35
per calcestruzzo di resistenza f ck > 35
a meno di realizzare particolari disposizioni di armatura (ad esempio confinamento).
4.1.1.3. Calcolo elastico lineare con ridistribuzioni.
Per la progettazione delle strutture a telaio di caratteristiche correnti si possono
giustificatamente assumere in talune sezioni dei momenti δMe ridotti, rispetto ai momenti
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 9
Me, derivanti dal calcolo elastico lineare, a condizione che nelle altre parti della struttura
siano considerate le corrispondenti variazioni necessarie per garantire l’equilibrio.
Deve essere presa in conto l’eventuale influenza delle ridistribuzioni dei momenti su tutti
gli aspetti del calcolo.
Tali aspetti includono la flessione, il taglio, l’ancoraggio, le interruzioni delle armature e la
fessurazione.
Nelle travi continue in cui il rapporto tra due luci adiacenti è inferiore a due, nelle travi di
telai a nodi fissi e negli elementi soggetti prevalentemente a flessione una verifica esplicita
della capacità di rotazione delle zone critiche può essere omessa purché vengano
soddisfatte le condizioni sotto riportate:
- in presenza di calcestruzzo di resistenza non superiore a fck = 35 N/mm2
δ ≥ 0.44 + 1.25 ⋅ x d
- in presenza di calcestruzzo di resistenza superiore a fck = 35 N/mm2
δ ≥ 0.56 + 1.25 ⋅ x d
Nei telai cui sono affidate rilevanti forze orizzontali non è consentita alcuna ridistribuzione
senza controllo con calcolo non lineare.
[…]
4.2. Verifica allo stato limite ultimo.
4.2.1. VERIFICHE ALLO STATO LIMITE ULTIMO PER SOLLECITAZIONI CHE PROVOCANO TENSIONI
NORMALI (SFORZO NORMALE, FLESSIONE SEMPLICE E COMPOSTA).
4.2.1.1. Ipotesi di base.
Le norme seguenti si applicano agli elementi con armature aderenti, monodimensionali a
prevalente sviluppo lineare e, per quanto possibile, agli elementi bidimensionali.
Valgono le seguenti ipotesi:
- conservazione delle sezioni piane;
- deformazione massima del calcestruzzo compresso pari a -0,0035 nel caso di flessione
semplice e composta con asse neutro reale, e variabile dal valore predetto a -0,002 quando
l’asse neutro, esterno alla sezione, tende all’infinito;
- deformazione massima dell’armatura tesa (contata a partire dalla decompressione del
calcestruzzo se si tratta di armature di precompressione) + 0,01.
4.2.1.2. Sicurezza.
Nei casi di compressione o di pressoflessione, che non siano determinati da
precompressione, vanno rispettate le seguenti prescrizioni:
a) lo sforzo normale deve risultare minore di quello calcolato per compressioni centrate
con una maggiorazione del 25% del coefficiente γc;
b) in ogni caso, per tenere conto delle incertezze sul punto di applicazione dei carichi si
deve ipotizzare una eccentricità, prevista nella direzione più sfavorevole, da sommare a
quella eventuale dei carichi e di entità pari al maggiore dei due valori h/30 e 20 mm,
essendo h la dimensione nella direzione considerata per la eccentricità.
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 10
c) per elementi snelli, come definiti in 4.2.4., si devono effettuare le conseguenti verifiche.
4.2.1.3. Diagrammi di calcolo sforzi-deformazioni del calcestruzzo.
Di norma si adotta il diagramma parabola rettangolo, rappresentato in figura 2-I, definito
da un arco di parabola di secondo grado passante per l’origine, avente asse parallelo a
quello delle tensioni, e da un segmento di retta parallelo all’asse delle deformazioni tangente
alla parabola nel punto di sommità. Il vertice della parabola ha ascissa -0,002, l’estremità del
segmento ha ascissa -0,0035. L’ordinata massima del diagramma è pari a 0,85 fcd.
Per la verifica locale delle sezioni, in alternativa al diagramma parabola rettangolo, la
distribuzione delle compressioni può essere assunta uniforme con valori:
- 0,85 fcd se la zona compressa presenta larghezza costante o crescente verso la fibra
più compressa;
- 0,80 fcd se la zona compressa presenta larghezza decrescente verso la medesima fibra;
sulle seguenti altezze, a partire dal lembo compresso:
- se x ≤ h: altezza 0,8 x;
 x − 0.8 ⋅ h 
⋅h
 x − 0.75 ⋅ h 
- sex > h: altezza 
Si potranno adottare altri diagrammi sforzi-deformazioni, a condizione che i risultati che
con questi si ottengono siano in accordo con quelli derivanti dall’impiego del diagramma
parabola rettangolo, o siano chiaramente giustificabili.
4.2.1.4. Diagrammi di calcolo sforzi-deformazioni dell’acciaio.
Il diagramma di calcolo di un acciaio ordinario o di un acciaio per precompressione si
deduce dal diagramma caratteristico effettuando un’affinità parallelamente alla tangente nel
rapporto 1/γs
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 11
1.7 SOLUZIONE PER SEZIONE PRESSO-INFLESSA CON
LEGAME COSTITUTIVO NON LINEARE.
Ipotesi:
1) Conservazione delle sezioni piane
S ( x, y ) = S 0 + ϑ x ⋅ y − ϑ y ⋅ x
ε ( x, y ) =
dS ( x, y )
= ε0 + Kx ⋅ y − K y ⋅ x
dz
essendo:
ε0 la deformazione di un punto della sezione;
Kx e Ky le curvature della sezione;
2) Legame costitutivo del calcestruzzo di tipo elasto-plastico a duttilità limitata a compressione ed
elasto-fragile a trazione;
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 12
3) Legame costitutivo elasto-plastico perfetto a duttilità limitata simmetrico a compressione e a
trazione
Le equazioni di equilibrio sono:
N = ∫ σ (ε ) ⋅ dA ;
A
Mx = ∫ σ (ε ) ⋅ y ⋅ dA ;
A
My = ∫ − σ (ε ) ⋅ x ⋅ dA
(I)
A
Definito il modulo elastico secante come:
Esec (ε ) =
σ (ε )
ε
si può scrivere:
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 13
σ (ε ) = Esec (ε ) ⋅ ε = Esec (ε ) ⋅ (ε 0 + K x ⋅ y − K y ⋅ x)
(il modulo elastico tangente utilizzato dopo è definito come Etan(ε) = d(σ(ε))/d(ε) dove d( ) è il
simbolo del differenziale).
Così le espressioni (I) prima riportate diventano:
N = ε 0 ⋅ ∫ Esec (ε ) ⋅ dA + Kx ⋅ ∫ y ⋅ Esec (ε ) ⋅ dA − Ky ⋅ ∫ x ⋅ Esec (ε ) ⋅ dA
A
A
A
Mx = ε 0 ⋅ ∫ y ⋅ E sec (ε ) ⋅ dA + Kx ⋅ ∫ y ⋅ y ⋅ E sec (ε ) ⋅ dA − Ky ⋅ ∫ y ⋅ x ⋅ E sec (ε ) ⋅ dA
A
A
A
My = ε 0 ⋅ ∫ − x ⋅ E sec (ε ) ⋅ dA + Kx ⋅ ∫ − x ⋅ y ⋅ E sec (ε ) ⋅ dA − Ky ⋅ ∫ − x ⋅ x ⋅ E sec (ε ) ⋅ dA
A
A
A
che riportate in forma matriciale:
 K 11
K
 21
 K 31
K 12
K 22
K 32
K 13   ε 0   N 
  

K 23  ⋅  K x  =  M x 
K 33   K y   M y 
Ovvero:
Ksec * S = F
Con Ksec matrice di rigidità secante della sezione.
Usando il modulo elastico tangente si perviene alla relazione differenziale:
Ktan * d(S) = d(F)
Con Ktan matrice di rigidità tangente.
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 14
1.8 STRATEGIE DI SOLUZIONE.
Metodo secante
S1 = Ksec0-1 * F
S2 = Ksec1-1 * F
S3 = Ksec2-1 * F
………….
Si = Ksec(i –1)-1 * F
per i → ∞ Si − S (i − 1) → 0
1) Metodo tangente
Un’equazione di equilibrio non lineare si può scrivere in forma generale
H(S) = F
ovvero anche nella forma
G(S) = H(S) – F = 0
Sviluppando in serie di Taylor e fermandosi al primo termine (sostituzione di una funzione
generica con una approssimata lineare) si può scrivere:
G(Si + dS) = G(Si) + ∇G ⋅ dS = 0
da cui
dS = - ∇G -1 ⋅ G(Si)
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 15
dove
,G = Ktan
e
G(Si) = H(Si) – F
(F – H(Si) squilibrio del sistema)
quindi:
dS = Ktan-1 * (F – H(Si))
essendo:
Si+1 = Si + dS
ne segue:
Si+1 = Si + Ktan-1 * (F – H(Si))
per
i→∞
( F − H ( Si )) → 0
dS → 0
Si+1 tende alla soluzione
Con questo metodo si possono ottenere le frecce anelastiche, per integrazione delle curvature,
ovvero effettuare le verifiche delle tensioni o il progetto a rottura.
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 16
[da D.M. 9 Gennaio 1996]
5.3. Regole specifiche per strutture in cemento armato normale.
5.3.1. ARMATURA LONGITUDINALE.
Nelle strutture inflesse in elevazione la percentuale di armatura longitudinale, nella zona
tesa, riferita all’area totale della sezione di conglomerato, non deve scendere sotto lo 0,15
per barre ad aderenza migliorata e sotto lo 0,25 per barre lisce. Tale armatura deve essere
convenientemente diffusa.
In presenza di torsione si dovrà disporre almeno una barra longitudinale per spigolo e
comunque l’interasse fra le barre medesime non dovrà superare 35 cm.
Alle estremità delle travi deve essere disposta una armatura inferiore, convenientemente
ancorata, in grado di assorbire, allo stato limite ultimo, uno sforzo di trazione uguale al taglio.
5.3.2. STAFFE.
Nelle travi si devono prevedere staffe aventi sezione complessiva non inferiore a Ast =
0,10 (1+0,15 d/b) b cm2/m, essendo d l’altezza utile della sezione e b lo spessore minimo
dell’anima in cm, con un minimo di tre staffe al metro e comunque passo non superiore a 0,8
volte l’altezza utile della sezione.
In prossimità di carichi concentrati o delle zone d’appoggio, per una lunghezza pari
all’altezza utile della sezione da ciascuna parte del carico concentrato, il passo delle staffe
non dovrà superare il valore 12 ø1 essendo ø1 il diametro minimo dell’armatura longitudinale.
In presenza di torsione dovranno disporsi nelle travi staffe aventi sezione complessiva,
per metro lineare, non inferiore a 0,15b cm2 per staffe ad aderenza migliorata e 0,25 b cm2
per staffe lisce, essendo b lo spessore minimo dell’anima misurata in centimetri. Inoltre il
passo delle staffe non dovrà superare 1/8 della lunghezza della linea media della sezione
anulare resistente e comunque 20 cm.
Le staffe devono essere collegate da apposite armature longitudinali.
[…]
5.3.4. PILASTRI.
Nei pilastri soggetti a compressione centrata od eccentrica deve essere disposta
un’armatura longitudinale di sezione non minore dello 0,15 NSd/fyd dove Nsd è la forza
normale di calcolo in esercizio per combinazione di carico rara ed è la resistenza di calcolo,
e compresa fra lo 0,3% ed il 6% della sezione effettiva. Quest’ultima limitazione sale al 10%
della sezione effettiva nei tratti di giunzione per ricoprimento. In ogni caso il numero minimo
di barre longitudinali è quattro per i pilastri a sezione rettangolare o quadrata e sei per quelli
a sezione circolare.
Il diametro delle barre longitudinali non deve essere minore di 12 mm.
Deve essere sempre prevista una staffatura posta ad interasse non maggiore di 15 volte
il diametro minimo delle barre impiegate per l’armatura longitudinale, con un massimo di 25
cm.
Le staffe devono essere chiuse e conformate in modo da contrastare efficacemente,
lavorando a trazione, gli spostamenti delle barre longitudinali verso l’esterno.
Il diametro delle staffe non deve essere minore di 6 mm e di 1/4 del diametro massimo
delle barre longitudinali.
Per pilastri prefabbricati in stabilimento i diametri minimi delle barre longitudinali e delle
staffe sono rispettivamente ridotti a 10 ed a 5 mm.
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 17
[da D.M. 9 Gennaio 1996]
4.2.2. Verifiche allo stato limite ultimo per sollecitazioni taglianti.
[...]
4.2.2.3. Elementi con armature trasversali resistenti al taglio.
La resistenza allo sforzo di taglio dell’elemento fessurato si calcola schematizzando la
trave come un traliccio ideale di cui quello di Ritter-Mòrsch rappresenta un modello
semplificato. Gli elementi del traliccio resistenti a taglio sono le armature trasversali d’anima,
funzionanti come aste di parete, e il conglomerato sia del corrente compresso che delle
bielle d’anima.
Il traliccio è completato dall’armatura longitudinale.
4.2.2.3.1. Verifica del conglomerato.
La verifica consiste nel confrontare il taglio di calcolo con una espressione cautelativa
della resistenza a compressione delle bielle inclinate.
Nel caso in cui l’anima contenga barre pre-tese o cavi iniettati di diametro ø > bw/8, si
dovrà assumere nel calcolo la larghezza nominale dell’anima:
bwn = bw −
dove
∑φ
1
∑φ
2
è calcolato al livello più sfavorevole.
Per la verifica del conglomerato compresso in direzione obliqua si potrà imporre:
Vsdu ≤ 0.30 ⋅ f cd ⋅ bw ⋅ d
essendo:
fcd la resistenza di calcolo a compressione;
bw = larghezza della membratura resistente a taglio;
d = altezza utile della sezione.
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 18
L’espressione del taglio resistente riportata corrisponde al caso in cui l’armatura
trasversale è costituita da staffe ortogonali alla linea media (α=900).
Se le staffe sono inclinate (45°≤ α < 90°) il valore di calcolo del taglio resistente può
essere assunto pari a:
0.30 ⋅ f cd ⋅ bw ⋅ d ⋅ (1 + cot α )
con limite superiore 0.45 ⋅ f cd ⋅ bw ⋅ d
Nel caso di barre rialzate la maggiorazione sopra indicata non è lecita.
4.2.2.3.2. Verifica dell’armatura trasversale d’anima.
Il taglio di calcolo deve risultare inferiore od al limite uguale alla somma della resistenza
della armatura d’anima e del contributo degli altri elementi del traliccio ideale. Comunque la
resistenza di calcolo dell’armatura d’anima deve risultare non inferiore alla metà del taglio di
calcolo.
L’armatura trasversale deve essere tale da verificare:
Vsdu ≤ Vcd + Vwd
Vsdu 

con : Vwd > 2 


in cui:
Vcd = 0.60 ⋅ f ctd ⋅ bw ⋅ d ⋅ δ
Vwd = Asw ⋅ f ywd ⋅
0.90 ⋅ d
(sinα + cos α )
s
In tali espressioni α è l’inclinazione dell’armatura trasversale rispetto all’asse della trave,
Asw l’area dell’armatura trasversale posta all’interasse s, δ è un coefficiente che tiene conto
della presenza di sforzo normale e che assume i valori:
δ = 1 se, in presenza di sforzo normale di trazione, l’asse neutro taglia la sezione;
δ = 0 se, in presenza di sforzo normale di trazione l’asse neutro risulta esterno alla
sezione;

M 
δ = 1 + 0  in
 M sdu 
presenza di sforzo di compressione, essendo M0 e Msdu definiti
precedentemente.
Per le barre rialzate resistenti a taglio è consigliabile limitare la tensione di calcolo a 0,8
fywd.
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 19
Particolare attenzione deve essere rivolta al dimensionamento di elementi sottoposti ad
azioni di fatica per i quali può verificarsi la necessità che la resistenza di taglio di calcolo
debba essere interamente affidata all’armatura d’anima.
4.2.2.3.3. Verifica dell’armatura longitudinale.
La verifica comporta la traslazione del diagramma del momento flettente lungo l’asse
longitudinale nel verso che dà luogo ad un aumento del valore assoluto del momento
flettente.
In altri termini, l’armatura longitudinale deve essere dimensionata per resistere al
momento sollecitante Msdu (V) pari a:
M sdu (V ) = M sdu + Vsdu ⋅ a1
con :
a1 = 0,9 d (l- cot α) e comunque: 0,2 d ≤ a1
La lunghezza di ancoraggio delle barre deve essere computata a partire dal diagramma
del momento Msdu traslato della quantità a1.
Le verifiche di cui al precedente capoverso ed ai punti 4.2.2.3.1. e 4.2.2.3.2. sono relative
ad una inclinazione delle bielle d’anima pari a 45°.
4.2.2.4. Casi particolari.
4.2.2.4.1. Componenti trasversali.
Nel caso di elementi ad altezza variabile o con cavi inclinati, il taglio di calcolo viene
assunto pari a:
Vrd = Vd + Vmd + V pd
dove:
Vd = taglio dei carichi esterni di calcolo;
Vmd = componenti di taglio dovute all’inclinazione dei lembi della membratura;
Vpd = componente di taglio dovuta allo sforzo di precompressione di calcolo.
Le componenti Vmd e Vpd dovranno essere sempre prese in conto se il loro effetto si
somma a quello dei carichi. Vmd non deve essere presa in conto se favorevole.
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 20
4.2.2.4.2. Carichi in prossimità degli appoggi.
Il taglio all’appoggio determinato da carichi applicati alla distanza av ≤ 2d dall’appoggio
stesso si potrà ridurre nel rapporto av /2d, con l’osservanza delle seguenti prescrizioni:
- nel caso di appoggio di estremità, l’armatura di trazione necessaria nella sezione ove è
applicato il carico più vicino all’appoggio sia prolungata e ancorata al di là dell’asse teorico di
appoggio;
- nel caso di appoggio intermedio l’armatura di trazione all’appoggio sia prolungata sin
dove necessario e comunque fino alla sezione ove è applicato il carico più lontano compreso
nella zona con av ≤ 2d.
Anche in questo caso con elementi ad altezza variabile l’eventuale componente Vd
favorevole dovuta ai carichi compresi nel tratto av va assunta pari a zero.
4.2.2.4.3. Carichi appesi o indiretti.
Se per particolari modalità di applicazione dei carichi gli sforzi degli elementi tesi del
traliccio risultano incrementati, le armature dovranno essere all’uopo adeguate.
4.2.2.5. Verifica al punzonamento di lastre soggette a carichi concentrati.
In corrispondenza dei pilastri e di carichi concentrati si verificherà la lastra al
punzonamento allo stato limite ultimo.
In mancanza di una apposita armatura, la forza resistente al punzonamento è assunta
pari a:
F = 0.5 ⋅ u ⋅ h ⋅ f ctd
dove:
h
è lo spessore della lastra;
u
è il perimetro del contorno ottenuto dal contorno effettivo mediante una ripartizione a
45° fino al piano medio della lastra;
fctd è il valore di calcolo della resistenza a trazione.
Nel caso in cui si disponga una apposita armatura, l’intero sforzo allo stato limite ultimo
dovrà essere affidato all’armatura considerata lavorante alla sua resistenza di calcolo.
4.2.3. VERIFICHE ALLO STATO LIMITE ULTIMO PER SOLLECITAZIONI TORCENTI.
4.2.3.1. Premessa.
Le norme che seguono si applicano agli elementi prismatici sottoposti a torsione semplice
o composta ad armature aderenti che abbiano sezione piena o cava in cui si possa
ipotizzare un flusso anulare di tensioni tangenziali.
Per tali elementi si assume, come schema resistente, un traliccio tubolare isostatico in cui
gli sforzi di trazione sono affidati alle armature longitudinali e trasversali ivi contenute e gli
sforzi di compressione sono affidati alle bielle di conglomerato.
La sezione anulare fittizia resistente è definita dai seguenti parametri:
spessore hs = de /6 essendo de il diametro del cerchio massimo inscritto nel poligono
Pe avente per vertici i baricentri delle armature longitudinali;
Be = area racchiusa dal poligono Pe;
ue= lunghezza del perimetro Pe.
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 21
Nel caso di sezione reale anulare, si adotterà lo spessore effettivo se questo risulta
minore di hs. Nel caso di elementi che non corrispondono alle ipotesi formulate, quali gli
elementi a pareti sottili a sezione aperta, dovranno utilizzarsi metodi di calcolo fondati su
ipotesi teoriche e risultati sperimentali chiaramente comprovati.
La sollecitazione di torsione può essere trascurata, nel calcolo dello stato limite ultimo,
quando rappresenta una sollecitazione secondaria e non essenziale all’equilibrio della
struttura.
4.2.3.2. Verifica della resistenza.
Il momento torcente di calcolo Td deve risultare inferiore o al limite uguale ai valori del
momento torcente resistente corrispondenti rispettivamente al cedimento della sezione
anulare di calcestruzzo e al cedimento delle armature costituenti il traliccio.
Per la verifica delle bielle compresse si può adottare la relazione:
Tsdu ≤ 0.5 ⋅ f cd ⋅ Be ⋅ hs
essendo Tsdu il momento torcente sollecitante ultimo.
Per la verifica delle armature si possono imporre le seguenti condizioni:
Staffe:
Tsdu ≤
Asw
2 ⋅ Be ⋅ f ywd
s
con:
Asw = area della sezione di un braccio della staffa;
s
= distanza fra due staffe successive;
fywd = tensione di calcolo delle staffe.
Armature longitudinali:
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 22
Tsdu ≤
A1
2 ⋅ Be ⋅ f yld
ue
con:
Al
fyld
= somma delle aree delle barre longitudinali;
= tensione di calcolo delle armature longitudinali.
L’eventuale armatura di precompressione Ap1 sarà presa in conto con una sezione
equivalente:
As1 =
f plk
f ylk
⋅ Ap 1
Sollecitazioni composte
a) Torsione, flessione e sforzo normale.
Le armature longitudinali di torsione calcolate come sopra indicato si sommano a quelle
di flessione.
Nelle zone compresse possono essere diminuite proporzionalmente alla risultante di
compressione.
b) Torsione e taglio.
Per la verifica delle bielle compresse sarà opportuno che risulti:
Tsdu Vsdu
+
≤1
TRdu VRdu
nella quale relazione:
TRdu =
1
f cd ⋅ Be ⋅ hs
2
VRdu = 0.30⋅ fcd ⋅ bw ⋅ d
Il calcolo delle staffe può effettuarsi separatamente per la torsione e per il taglio avendo
posto Vcd = 0; quindi si sommano le aree delle sezioni.
Le armature longitudinali si possono calcolare come indicato per le sollecitazioni di
torsione semplice.
[…]
4.3. Verifiche allo stato limite di esercizio.
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 23
4.3.1. STATO LIMITE DI FESSURAZIONE.
4.3.1.1. Finalità.
Per assicurare la funzionalità e la durata delle strutture è necessario:
prefissare uno stato limite di fessurazione adeguato alle condizioni ambientali e di
sollecitazione nonché alla sensibilità delle armature alla corrosione;
realizzare un sufficiente ricoprimento delle armature con calcestruzzo di buone qualità e
compattezza;
tener conto delle esigenze estetiche.
4.3.1.2. Definizione degli stati limite di fessurazione.
In ordine di severità decrescente si distinguono i seguenti stati limite:
- stato limite di decompressione nel quale, per la combinazione di azioni prescelta, la
tensione normale nella fibra considerata è pari a zero;
- stato limite di formazione delle fessure, nel quale, per la combinazione di azioni
prescelta, la tensione normale di trazione nella fibra considerata è uguale al frattile inferiore
della resistenza a trazione oppure:
fctk = 0.7 fctm
fcfk = 0.7 fcfm
- stato limite di apertura delle fessure nel quale, per la combinazione di azioni prescelta, il
valore caratteristico di apertura della fessura calcolato al livello considerato è pari a un
valore nominale prefissato.
I valori nominali ai quali si riferiscono le successive prescrizioni sono:
w1 = 0,1 mm
w2 = 0,2 mm
w3 = 0,4 mm
4.3.1.3. Combinazioni di azioni.
Si prendono in considerazione le seguenti combinazioni (Cfr. 4.0.1.):
- azioni quasi permanenti;
- azioni frequenti;
- azioni rare.
4.3.1.4. Condizioni ambientali.
Si individuano i seguenti ambienti in cui può trovarsi la struttura:
- poco aggressivo, caratterizzato da umidità relativa non elevata o da umidità relativa
elevata per brevi periodi;
- moderatamente aggressivo, caratterizzato da elevata umidità relativa in assenza di
vapori corrosivi;
- molto aggressivo, caratterizzato da presenza di liquidi o di aeriformi particolarmente
corrosivi.
4.3.1.5. Sensibilità delle armature alla corrosione.
Le armature si distinguono in due gruppi:
- armature sensibili;
- armature poco sensibili.
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 24
Appartengono al primo gruppo gli acciai temprati, non rinvenuti, di qualunque diametro e
gli acciai incruditi a freddo soggetti a tensioni permanenti superiori a 390 N/mm2.
Appartengono al secondo gruppo le altre armature e quelle adeguatamente protette.
Nel caso della precompressione parziale, i due gruppi di armature sono, in generale,
entrambi presenti (sezione ad armatura mista).
4.3.1.6. Scelta degli stati limite di fessurazione.
Nel prospetto 7-I sono indicati i criteri di scelta dello stato limite, con riferimento alle
esigenze sopra riportate.
Nel caso della precompressione parziale è richiesta la verifica allo stato limite di
decompressione per la combinazione di azioni quasi permanente e la verifica allo stato limite
di apertura delle fessure per le combinazioni di azioni frequente e rara.
L’impiego della precompressione parziale, a causa della fessurazione della sezione in
condizioni di servizio, è soggetto a particolari limitazioni, nel seguito specificate.
PROSPETTO 7-I
Armatura
Gruppi di
esigenze
Condizioni
ambiente
a
Poco
aggressivo
b
Moderatam.
aggressivo
c
Molto
aggressivo
Combinaz.
di azioni
Sensibile
Poco sensibile
Stato limite
wk
Stato limite
wk
Frequente
Ap.fessure
≤ w2
Ap.fessure
≤ w3
Quasi
permanente
Decomp. o
ap. fessure
≤ w1
Ap.fessure
≤ w2
Frequente
Ap.fessure
≤ w1
Ap.fessure
≤ w2
Quasi
permanente
Decompres.
-
Ap.fessure
≤ w1
Rara
Ap.fessure e
formaz.
fessure
≤ w1
Ap.fessure
≤ w2
Frequente
Decompres.
-
Ap.fessure
≤ w1
wk èdefinito al punto 4.2.4.7.1.3. w1, w2, w3 sono definiti al punto 4.2.4.2.
4.3.1.7. Verifiche a stato limite di fessurazione.
4.3.1.7.1. Verifiche a stato limite per sollecitazioni che provocano tensioni normali.
4.3.1.7.1.1. Stato limite di decompressione.
Le tensioni sono calcolate in base alle caratteristiche geometriche e meccaniche della
sezione omogeneizzata non fessurata. (Il coefficiente di omogeneizzazione è definito al
punto 4.3.4.1.).
Nel caso della precompressione parziale la sezione deve risultare totalmente compressa
per la combinazione di azioni quasi permanente e, comunque, per il carico permanente più il
10% dei carichi variabili disposti nel modo più sfavorevole.
4.3.1.7.1.2. Stato limite di formazione delle fessure.
Valgono i criteri di calcolo di cui al punto 4.3.1.7.1.1.
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 25
4.3.1.7.1.3. Stato limite di apertura delle fessure.
La zona di efficacia dell’armatura è legata alle condizioni di lavoro dell’elemento
strutturale e alla sua conformazione.
Il valore caratteristico di apertura delle fessure nella zona di efficacia delle armature non
deve superare il valore prefissato al punto 4.3.1.6.
Il valore caratteristico di calcolo è dato da:
wk = 1,7 wm
in cui wm che rappresenta il valore medio dell’apertura calcolata in base alla
deformazione media εsm del tratto srm pari alla distanza media fra le fessure, sia:
wm = εsm * srm
I criteri indicati si applicano anche al calcolo delle aperture delle fessure provocate da
stati di coazione ed alla verifica delle condizioni di fessurazione dell’anima delle travi alte.
Nel caso della precompressione parziale, poiché l’armatura è mista, in parte sensibile ed
in parte
poco sensibile, il calcolo dell’ampiezza delle lesioni si effettua al livello delle armature non
pretese e con la tensione presente in queste ultime, ma i valori delle ampiezze ammissibili
devono essere quelli relativi alle armature sensibili secondo quanto prescritto nel prospetto
7-I.
[Circolare Ministeriale 15 Ottobre 1996]
La distanza media fra le fessure per la condizione di fessurazione stabilizzata in corrispondenza
del livello baricentrico dell’armatura all’interno dell’area efficace è data da:
s 
φ

sm = 2 c +  + k 2 k3
ρr
 10 
in cui:
c = ricoprimento dell’armatura
s = distanza fra le barre; se s > 14 φ si adotterà s = 14 φ
φ = diametro della barra
k2 = coefficiente che caratterizza l’aderenza del calcestruzzo alla barra e al quale si assegnano i
seguenti valori:
0.4 per barre ad aderenza migliorata
0.8 per barre lisce
k3 = coefficiente che tiene conto della forma del diagramma delle tensioni prima della fessurazione
in base al seguente prospetto:
0.125 nel caso di diagramma triangolare di flessione o pressoflessione
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 26
0.250 nel caso di trazione pura
0.25 (σ1 + σ2)/2 σ1 nel caso di trazione eccentrica o nel caso in cui si consideri una sola parte della
sezione
ρr = As/Ac,ef; dove:
As = area dell’armatura contenuta nella sezione di ricoprimento Ac,ef. L’acciaio di precompressione
può essere aggiunto ad As solo se la sua aderenza è diretta.
Ac,ef = area della sezione retta della zona di calcestruzzo (zona di ricoprimento) in cui le barre
d’armatura possono effettivamente influenzare l’apertura delle fessure: Ac,ef = bef hef; nel caso delle
lastre hef è limitato superiormente a (h – x1)/2.
Le armature di precompressione di area Ap possono essere prese in conto solo se aderenti
direttamente al calcestruzzo.
4.3 2. Stato limite delle tensioni di esercizio.
1) Cemento armato normale.
Tensioni di compressione del calcestruzzo.
Per le strutture o parti di strutture esposte ad ambiente aggressivo, gruppo c del
Prospetto 7-I, devono essere rispettati i seguenti limiti per le tensioni di compressione nel
calcestruzzo:
- per combinazioni di carico rara: 0.50 fck
- per combinazioni di carico quasi permanente: 0.40 fck
Particolare attenzione nella limitazione delle tensioni in esercizio va rivolta ai casi in cui si
riconosca l’esistenza di una particolare incertezza del modello strutturale adottato e/o
quando sussista una significativa alternanza delle sollecitazioni in esercizio nella stessa
sezione, anche se le strutture sono riferite ai gruppi a o b del Prospetto 7-I.
Del pari particolare attenzione si deve porre nella limitazione delle tensioni in esercizio
per sollecitazione di pressoflessione con prevalenza di sforzo normale per la conseguente
limitata duttilità.
Per le strutture o parti di strutture esposte ad ambiente dei gruppi a, b del Prospetto 7-I,
devono essere rispettati i seguenti limiti per le tensioni di compressione nel calcestruzzo:
- per combinazione di carico rara: 0.60 fck
- per combinazione di carico quasi permanente: 0.45 fck
Tensioni di trazione nell’acciaio.
Per le armature ordinarie la massima tensione di trazione sotto la combinazione di carichi
rara non deve superare 0.70 fyk
2) Cemento armato precompresso.
Le tensioni limite nel calcestruzzo e nell’acciaio sono riportate al capitolo 4.3.4.
4.3.2.1. Metodi per il calcolo delle tensioni.
Nel calcolo delle tensioni è necessario considerare, se del caso, oltre agli effetti dei
carichi anche quelli delle variazioni termiche, della viscosità, del ritiro, e delle deformazioni
imposte aventi altre origini.
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 27
Le tensioni debbono essere calcolate adottando le proprietà geometriche della sezione
corrispondente alla condizione non fessurata oppure a quella completamente fessurata, a
seconda dei casi.
Deve, di regola, essere assunto lo stato fessurato se la massima tensione di trazione nel
calcestruzzo calcolata in sezione non fessurata sotto la combinazione di carico rara supera
fctm .
Quando si adotta una sezione non fessurata, si considera attiva l’intera sezione di
calcestruzzo, e si considerano in campo elastico sia a trazione che a compressione il
calcestruzzo e l’acciaio.
Quando si adotta la sezione fessurata, il calcestruzzo può essere considerato elastico in
compressione, ma incapace di sostenere alcuna trazione (nel calcolo delle tensioni secondo
le presenti regole non va di norma tenuto conto - nelle verifiche locali - dell’effetto irrigidente
del calcestruzzo teso dopo fessurazione).
In via semplificativa si può assumere il comportamento elastico-lineare e per le armature
il coefficiente di omogeneizzazione con il valore convenzionale n = 15.
4.3.2.3. Fenomeni di fatica: verifica delle armature.
In presenza di sollecitazioni che possano indurre fenomeni di fatica, se le tensioni di
esercizio rientrano nella seguente limitazione:
2
σ min < σ max
3
le tensioni limite vengono ridotte secondo l’espressione:

σ 
σ s = 0.75 ⋅ σ s 1 + 0.5 min 
σ max 

dove σs è la tensione limite dell’armatura in esercizio (v. 4.3.2.).
4.3.3. Stato limite di deformazione.
4.3.3.1. Generalità.
La verifica allo stato limite di deformazione consiste nel controllare che la deformazione
sia:
a) compatibile con la funzionalità dell’opera per tutte le condizioni d’impiego previste;
b) convenientemente limitata in modo da evitare danni alle sovrastrutture adiacenti.
La deformazione istantanea deve essere verificata per le combinazioni di azioni rare di
cui al punto 4.3.1.3.
La deformazione a lungo termine deve essere verificata in presenza dei carichi
permanenti e quasi permanenti.
Il calcolo delle eventuali controfrecce si effettua in presenza delle sole azioni permanenti
e quasi permanenti, adottando i valori medi dei parametri caratterizzanti il comportamento
dei materiali.
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 28
4.3.3.2. Calcolo delle deformazioni.
Il calcolo della deformazione flessionale si effettua di norma mediante integrazione delle
curvature tenendo conto, se del caso, degli effetti del ritiro e della viscosità.
Per il calcolo delle deformazioni flessionali si considera lo stato I non fessurato (sezione
interamente reagente) per tutte le parti di struttura nelle quali, nelle condizioni di carico
considerate, le tensioni di trazione non superano la resistenza a trazione; per le altre parti di
struttura si fa riferimento allo stato II, fessurato, considerando l’effetto irrigidente del
calcestruzzo teso fra le fessure.
4.3.3.3. Rapporti di snellezza limite.
Per travi a sezione rettangolare o assimilabili e per luci fino a 10 m, qualora la verifica allo
stato limite ultimo sia effettuata con calcolo non lineare o con calcolo lineare, escludendo
quindi il calcolo rigido plastico, si potrà omettere la verifica allo stato limite di deformazione
purché i rapporti l/h (1 = luce, h = altezza totale) risultino inferiori o uguali ai valori di cui al
prospetto 8-I.
PROSPETTO 8-I
Condizioni di vincolo
l/h
Travi a sbalzo
7
Travi e piastre semplicemente appoggiate
20
Travi continue
26
Le indicazioni di cui sopra valgono anche per le piastre rettangolari, essendo in tal caso l la luce
minore.
Per elementi precompressi i rapporti del precedente prospetto possono essere moltiplicati per il
fattore 1,3.
Nel caso in cui gli elementi siano destinati a portare pareti divisorie dovrà altresì essere verificato
il rispetto delle seguenti condizioni:
per travi appoggiate
l 120
≤
h
l
per travi continue
l 150
≤
h
l
(l e h espressi in metri).
1.9 CALCOLO DELLA FRECCIA ANELASTICA.
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 29
Gli spostamenti vengono calcolati applicando il principio dei lavori virtuali fra il sistema di forze
fittizio 1 trave su due appoggi con forza unitaria in mezzeria ed il sistema di spostamenti reali 2.
Uguagliando il lavoro delle forze esterne con quello delle forze interne si ha:
L
F 1 ⋅ W 2 = ∫ M 1 ⋅ K 2 ⋅ dx
0
con:
F1
Forza esterna unitaria imposta;
W2 Spostamento reale da calcolare;

X /2
 X / 2 − ( X − L / 2) )
M1 = 
Riferimenti teorici
se0 ≤ X ≤ L / 2
seL / 2 ≤ X ≤ L
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 30
K2 diagramma delle curvature reali calcolate con i legami costitutivi elastoplastici per acciaio e
calcestruzzo; per il quale è anche tenuta in conto la resistenza a trazione.
Calcolando l’integrale presente a secondo membro con Gauss si può scrivere:
L
n
0
i =1
W 2 = ∫ M 1 ⋅ K 2 ⋅ dx = ∑ M 1 ⋅ K 2 ⋅ Pi ⋅ L / 2
Dove la sommatoria è estesa su gli n punti di Gauss e
Pi
è il peso del punto di Gauss;
L/2 è la derivata prima della funzione X = L/2 * (Y + 1) per il cambio di variabile di
integrazione.
Se si esplicita l’integrazione numerica su 5 punti, i punti di Gauss ed i relativi pesi sono:
Y1.5 = ± 0.906118
Y2.4 = ± 0.538469
Y3 = 0.000000
P1.5 = 0.236927
P2.4 = 0.478629
P3 = 0.568889
ESEMPIO.
Sia data una trave di sezione rettangolare 30 x 50 lunga m 3.70 con un carico distribuito di
1000kg/m. L’abbassamento elastico in mezzeria vale:
Wel =
Wel =
5 Q ⋅ L4
⋅
384 E ⋅ I
5
10 ⋅ 370 4
⋅
= 0.0275cm = 0.275mm
384 284000 ⋅ 312500
Con l’integrazione numerica si ottengono i seguenti risultati:
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 31
W1 (con legami per cls e acciaio elastico lineare: sig = E * eps) = 0.279 mm
W2 (legami per cls e acciaio elasto-plastici e resistenti a trazione, armatura 4 fi 30) = 0.357 mm
W3 (legami per cls e acciaio elasto-plastici e resistenti a trazione, armatura 4 fi 20) = 0.456 mm
W4 (legami per cls e acciaio elasto-plastici e resistenti a trazione, armatura 4 fi 10) = 0.549 mm
W5 (legami per cls e acciaio elasto-plastici e resistenti a trazione, armatura 4 fi 6) = 0.573 mm
W6 (legami per cls e acciaio elasto-plastici e resistenti a trazione, armatura 4 fi 2) = 0.587 mm
W7 (legami per cls e acciaio elasto-plastici e resistenti a trazione, senza armatura) = 0.589 mm
1.10 EFFETTI DELLA VISCOSITA’ SUGLI SPOSTAMENTI.
Il calcolo della freccia, come afferma la normativa, deve essere effettuato tenendo in conto le
deformazioni a lungo termine. E’ necessario, dunque, considerare l’influenza della viscosità
differenziando i carichi in funzione del loro tempo di applicazione in permanenti (a lunga durata) ed
accidentali (istantanei).
In generale in via semplificativa si può ipotizzare che la freccia a tempo infinito sia dovuta alla
somma della freccia istantanea di tutti i carichi e della viscosa dei soli carichi permanenti :
V∞(p+q) =Vi(p)+ Vi(q)+ Vv(p)
Se si assume, inoltre, che la freccia viscosa si possa esprimere come multiplo della freccia
istantanea, si ha:
V∞(p+q) = Vi(p)+ Vi(q)+ Vi(p)*φ
(1)
Con
Vi(x) = freccia istantanea del carico x
Vv(x) = freccia viscosa del carico x
Nel caso elastico lineare incrementare la freccia equivale ad incrementate i carichi, per cui nella
(1) si può calcolare la freccia con un carico :
p∞= q+ p+ pφ
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 32
p∞=(p+q) (1+ φ * p/(p+q))
ovvero:
Definendo c = p/(p+q) , il peso della parte permanente del carico sul totale, si ottiene :
p∞=(p+q) * (1+ φ *c )
(2)
La (2) mostra che al fine della risposta strutturale per tenere in conto degli effetti viscosi si
possono amplificare le grandezze in gioco con il termine :
m = (1+ φ *c )
0 ≤ c ≤ 1 (3)
Per cui nel caso elastico lineare la (1) si può scrivere :
V∞(p+q) = Vi(p+q) * m
Se passiamo ora al caso di calcolo anelastico per tenere in conto della viscosità si devono alterare
in modo analogo i legami costitutivi.
(da “TECNICA DELLE COSTRUZIONI” vol. 2A, G. Toniolo, Masson)
Un “calcolo esatto” dei diagrammi momenti-curvature, che tenga conto del comportamento
viscoelastico del calcestruzzo sotto i carichi di lunga durata, dovrebbe condursi attraverso due ordini
di integrazione numeriche, una lungo il tempo e l’altra sull’altezza della sezione, per seguire appunto
l’evolversi temporale del fenomeno e sistemare ad ogni tempo l’equilibrio viscoelastico della sezione.
Un tale calcolo risulterebbe estremamente complesso ed oneroso, per cui si seguono metodi
semplificati che consentono di “algebrizzare” il problema, nello spirito di quanto esposto al
paragrafo 1.3 dedicato appunto alla viscosità del calcestruzzo.
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 33
Secondo i criteri del metodo EMM del “modulo fittizio” descritto al punto 1.3.3, gli effetti della
viscosità possono essere simulati tramite un’amplificazione del diagramma σ−ε lungo le ascisse, in
ragione di 1+C*Φ. In questo caso il modello di Saenz definito per carichi istantanei (o di breve
durata) va contemporaneamente abbattuto e troncato per tenere conto delle resistenza a termine,
come descritto in figura. Si ricorda che C è il quadrato del rapporto tra la parte permanente e
l’azione totale.
Nella formulazione trattata sul testo citato il rapporto fra i carichi è elevato al quadrato. Questa
posizione, utilizzando il diagramma parabola rettangolo della normativa italiana, porta ad avere
risultati anomali quando il carico permanente è maggiore di quello accidentale; infatti si perviene
all’assurdo che gli spostamenti a tempo infinito dei carichi (p+q) sono minori di quelli dei soli carichi
(p). (Vedi l’esempio 1)
Se invece si considera il caso in cui il carico accidentale è maggiore di quello permanente la
formulazione quadratica non presenta più la suddetta anomalia. (Vedi l’esempio 2)
Utilizzando per il rapporto dei carichi una formulazione lineare l’esempio 1 ha un comportamento
regolare, ma i risultati in entrambi i casi sono più elevati.
Per non avere in fase di calcolo le anomalie sopracitate e anche per questioni di sicurezza si è
preferito utilizzare nel nostro codice di calcolo la forma lineare.
ESEMPIO:
Trave appoggiata di lunghezza m 5 con sezione in cls 30 x 50
Calcestruzzo Rbk 250 kg/cmq
Caso 1 (carico permanente superiore a quello accidentale)
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 34
Carico permanete
p = 30 kg/cm
Carico accidentale
q = 10 kg/cm
Calcolo del c quadratico c = (p/(p+q)) 2
Vi (p+q)
V∞ (p)
V∞(p+q)
6 mm
15.02 mm
14.22 mm
Vi (p+q)
V∞ (p)
V∞(p+q)
6 mm
15.02 mm
16.92 mm
Calcolo del c lineare c = (p/(p+q))
Caso 2 (carico permanente inferiore a quello accidentale)
Carico permanente
p = 10 kg/cm
Carico accidentale
q = 30 kg/cm
Calcolo del c quadratico c = (p/(p+q))2
Vi (p+q)
V∞ (p)
V∞(p+q)
6 mm
3.84 mm
7.31 mm
Vi (p+q)
V∞ (p)
V∞(p+q)
6 mm
3.84 mm
9.85 mm
Calcolo del c lineare c = (p/(p+q))
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 35
1.11 RAFFRONTO TRA LA VERIFICA CON LA NORMATIVA
ITALIANA AGLI STATI LIMITE E L’EUROCODICE 2.
1.11.1 S.L.U. PRESSOFLESSIONE
Diagrammi tensioni-deformazioni dell’acciaio
NORME ITALIANE S.L.
Riferimenti teorici
EUROCODICE
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 36
1.11.2 S.L.U. TAGLIO
Verifica del conglomerato
NORME ITALIANE S.L.
EUROCODICE
V sdu ≤ V Rd 2 = 0.50 ⋅ ν ⋅ f cd ⋅ bw ⋅ 0.9 ⋅ d
V sdu ≤ 0.30 ⋅ f cd ⋅ bw ⋅ d = K sl ⋅ f cd ⋅ bw ⋅ d
con ν = 0.7 −
f ck
≥ 0.5
200
V Rd 2 = K EC ⋅ f cd ⋅ bw ⋅ d

dove: K EC = 0.5 ⋅ 0.9 ⋅  0.7 −

f ck 

200 
dove: K sl = 0.3
Se l’elemento è in compressione si ha:
 σ cp ,eff
V Rd 2, red = 1.67 ⋅ 1 −
f cd

dove:
σ cp ,eff

 ⋅ V Rd 2


f ⋅A

 N sd − yk s 2

γs
=
Ac




As 2 = area di armatura che risulta compressa
allo stato limite ultimo
Ac = area totale della sezione in cls
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 37
Progetto armature staffe
NORME ITALIANE S.L.
EUROCODICE
V sdu ≤ Vcd + V wd
V sdu ≤ V Rd 3 = Vcd + V wd
essendo:
essendo:
Vcd = 0.60 ⋅ f ctd ⋅ bw ⋅ d ⋅ δ
V wd = Asw ⋅ f y ⋅
0.90 ⋅ d
s
Vcd = VRd1 = [0.25 ⋅ f ctd ⋅ K ⋅ (1.2 + 40 ⋅ ρ1 ) + 0.15 ⋅ σ CP ]⋅ bw ⋅ d
V wd = Asw ⋅ f y ⋅
0.9 ⋅ d
s
K = (1.6 − d ) ≥ 1 (d in metri)
ρ1 =
As1
≤ 0.02
(bw ⋅ d )
σ cp =
Riferimenti teorici
N sd
Ac
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 38
1.11.3 S.L.U. TORSIONE
NORME ITALIANE S.L.
EUROCODICE
Verifica del conglomerato
NORME ITALIANE S.L.
Tsdu ≤ 0.5 ⋅ f cd ⋅ Be ⋅ hs
EUROCODICE
Tsdu ≤ TRd 1 = ν ⋅ f cd ⋅ t ⋅ Ak

dove: ν = 0.7 ⋅  0.7 −

Riferimenti teorici
f ck 
 ≥ 0.35
200 
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 39
Progetto armature staffe
NORME ITALIANE S.L.
Tsdu ≤
Asw
⋅ 2 ⋅ Be ⋅ f ywd
s
EUROCODICE
Tsdu ≤ TRd 2 =
Asw
⋅ 2 ⋅ Ak ⋅ f ywd
s
Progetto armature longitudinali
NORME ITALIANE S.L.
Tsdu ≤
Al
⋅ 2 ⋅ Be ⋅ f yld
u
se f ywd = f yld
Riferimenti teorici
Al Asw
si ha:
=
u
s
EUROCODICE

u
 TRd 2 ⋅ k
2 ⋅ Ak
Asl = 
f yld



se f ywd = f yld si ha:
Asl Asw
=
uk
s
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 40
1.11.4 S.L.U. AZIONE COMBINATA TAGLIO E TORSIONE PER IL CLS
Calcestruzzo
NORME ITALIANE S.L.
Tsdu V sdu
+
≤1
TRdu V Rdu
EUROCODICE
2
 Tsdu 
V

 +  sdu
 TRd 1 
 V Rd 2
2

 ≤ 1

Staffe
NORME ITALIANE S.L.
Tsdu V sdu
+
≤1
TRdu V wd
Riferimenti teorici
EUROCODICE
Tsdu V sdu
+
≤1
TRd 2 V wd
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 41
1.11.5 S.L.E. FESSURAZIONI
NORME ITALIANE S.L.
EUROCODICE
Wk = 1.7 ⋅ ε m ⋅ s m
Wk = 1.7 ⋅ ε m ⋅ s m
φ
s 

S m = 2 ⋅  c +  + χ1 ⋅ χ 2 ⋅
ρ
10 

S m = 50 + K 1 ⋅ 0.25 ⋅ K 2 ⋅
χ 1 = 0.4
0.125



0.25

χ2 = 

(ε 1 + ε 2 )

0.25 ⋅ 2 ⋅ ε
1

A
ρ= s
Aceff
Riferimenti teorici
φ
ρ
K 1 = (2 ⋅ χ 1 ) = 0.8
flessione
trazione
flessione, trazione
pura ed
eccentrica
0.125



0.25
[0.25 ⋅ K 2 ] = χ 2 = 

(ε 1 + ε 2 )

0.25 ⋅ 2 ⋅ ε

1
ρ=
flessione
trazione
flessione, trazione
pura ed
eccentrica
As
Aceff
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 42
1.11.6 MINIMI ARMATURE TRAVI
Armature longitudinali
1) Limitazione aree tese (EC2 5.4.2.1.1)
area minima a trazione
As min = 0.6 ⋅
bt ⋅ d
≥ 0.0015 ⋅ bt ⋅ d
f yk
(dove bt è la larghezza media della zona tesa)
area massima tesa o compressa As ≤ 0.03 ⋅ Ac
2) traslazione diagramma dei momenti (EC2 5.4.2.1.3)
NORME ITALIANE S.L.
0.9 ⋅ d ⋅ (1 − ctgα )
EUROCODICE
0.9 ⋅ d ⋅ (1 − ctgα )
2
3) minimo appoggi (EC2 5.4.2.1.4)
¼ armatura in campata deve arrivare ai nodi per gli appoggi con momento d’incastro finale piccolo
o nullo (vale anche per gli appoggi intermedi 5.4.2.1.5)
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 43
4) Sugli appoggi di estremità l’armatura dovrà essere tale da resistere ad una trazione pari a
(0.5 ⋅ Vsd
+ N sd )
Armature trasversali
Minimi dinamici fra estremo e campata in funzione del taglio.
0.8 ⋅ d
5) Passo staffe ≤ 
0.6 ⋅ d
0.3 ⋅ d

oppure 300mm quando
Vsd ≤ 0.2 ⋅ VRd 2
oppure 300mm quando 0.2 ⋅ V Rd 2 < Vsd ≤ 0.66 ⋅ V Rd 2
oppure 200mm quando
6) Il rapporto di armatura a taglio ρ W =
Vsd > 0.66 ⋅ V Rd 2
Asw
deve essere maggiore del valore fornito dal
s ⋅ bw
Prospetto 5.5 dipendente dalla classe del cls e classe dell’acciaio:
Classi di
calcestruzzo
Classi di acciaio
S220
S380
S400
S440
S500
da C12/15 a
C20/25
0.0016
0.0011
0.0009
0.0008
0.0007
da C25/30 a
C35/45
0.0024
0.0015
0.0013
0.0012
0.0011
da C40/50 a
C50/60
0.0030
0.0018
0.0016
0.0014
0.0013
7) La distanza fra i bracci deve soddisfare la seguente limitazione:
 d
distanza bracci ≤ 
0.6 ⋅ d
 0 .3 ⋅ d

Riferimenti teorici
oppure 800mm quando
V sd ≤ 0.2 ⋅ V Rd 2
oppure 300mm quando 0.2 ⋅ V Rd 2 < V sd ≤ 0.66 ⋅ V Rd 2
oppure 200mm quando
V sd > 0.66 ⋅ V Rd 2
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 44
8) Per assicurare la verifica a fessurazione il passo staffe deve verificare le limitazioni riportate nel
seguente prospetto:
V sd − 3 ⋅Vcd
(N/mm2)
ρ w ⋅ bw ⋅ d
Passo staffe (mm)
< 50
300
75
200
100
150
150
100
200
50
1.11.7 MINIMI PILASTRI
Minimi geometrici
1)
(EC2 5.4.1)
b
<4
h
2)
(EC2 5.4.1.1)
dimensioni minime 20 cm
rapporto base – altezza
Armature longitudinali
3)
Limitazioni aree (EC2 5.4.1.2.1)
armatura minima As min =
0.15 ⋅ N sd
≥ 0.003 ⋅ Ac
f yd
armatura massima As ≤ 0.08 ⋅ Ac (Norme Italiane S.L. 6%)
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 45
Armature trasversali
4)
(EC2 5.4.1.2.2)
La distanza massima fra le staffe deve soddisfare le seguenti limitazioni:
NORME ITALIANE S.L.
EUROCODICE
15 φ min
12 φ min
25 cm
30 cm
/
lato minore della sezione
Inoltre è previsto agli estremi un raffittimento di lunghezza pari alla max dimensione della sezione
del pilastro; con i valori minimi ridotti di 0.6.
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 46
────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────
STAMPA VERIFICHE S.L.U.ELEVAZIONE
────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────
╔════════════════════╦══════════════════════════════════════════╦════════════════════════════════════════════════════════════════╗
║
║
VERIFICA A PRESSO-FLESSIONE
║
V E R I F I C A
A
T A G L I O
E
T O R S I O N E
║
╠════╤═════╤══╤═══╤══╬══╤═════╤═════╤══════╤══╤═══╤═══╤═════════╬══╤═════╤═════╤═════╤═════╤═════╤═════╤═════╤═══╤═══╤════╤══════╣
║Filo│Quota│Tr│Sez│Co║Co│MxSdu│MySdu│N Sdu │x/│εf%│εc%│Area cmq ║Co│VxSdu│VySdu│T Sdu│VxRdu│VyRdu│TsRdu│TlRdu│Coe│Coe│ALon│staffe║
║InFi│In Fi│at│B/H│nc║Nr│(t*m)│(t*m)│ (t) │/d│100│100│sup inf ║Nr│ (t) │ (t) │(t*m)│ (t) │ (t) │(t*m)│(t*m)│Cls│Sta│cmq │Pas lu║
╠════╧═════╧══╧═══╧══╩══╧═════╧═════╧══════╧══╧═══╧═══╧═════════╩══╧═════╧═════╧═════╧═════╧═════╧═════╧═════╧═══╧═══╧════╧══════╣
║ 1 3,00
3 1 2
1,1
0,0
0,0 23 7
2 2,3 2,3 3
0,0
1,1
0,0 11,1 14,3
1,8
0,0
3 14 0,0 14 37 ║
║ 2 3,00
30 2 2
1,2
0,0
0,0 23 7
2 2,3 2,3 0
0,0
0,0
0,0
5,5
7,5
0,9
0,0
0
0 0,0 28 0 ║
║
40 3 2
1,2
0,0
0,0 23 7
2 2,3 2,3 2
0,0 -1,0
0,0
5,5
7,5
0,9
0,0
2 23 0,0 28 277║
║
4 3
1,2
0,0
0,0 23 7
2 2,3 2,3 0
0,0
0,0
0,0
5,5
7,5
0,9
0,0
0
0 0,0 28 0 ║
║
5 3
1,1
0,0
0,0 23 7
2 2,3 2,3 2
0,0 -1,1
0,0 11,1 14,3
1,8
0,0
3 14 0,0 14 37 ║
╟────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────╢
║ 3 3,00
3 1 1 -3,5
0,0
0,0 27 15
6 3,3 2,9 4
0,0
9,5
0,0
9,7 13,3
1,8
0,0 22 83 0,0 14 37 ║
║ 1 3,00
30 2 3
7,8
0,0
0,0 38 16 10 3,7 7,4 4
0,0
7,9
0,0
6,0
8,2
1,2
0,0 19 98 0,0 21 62 ║
║
40 3 3
7,9
0,0
0,0 38 16 10 3,7 7,5 5
0,0 -5,4
0,0
4,1
5,6
0,9
0,0 13 99 0,0 28 252║
║
4 3
7,8
0,0
0,0 38 16 10 3,7 7,4 5
0,0 -7,9
0,0
6,0
8,2
1,2
0,0 19 98 0,0 21 62 ║
║
5 1 -3,5
0,0
0,0 27 15
6 3,3 2,9 5
0,0 -9,5
0,0
9,7 13,3
1,8
0,0 22 83 0,0 14 37 ║
╟────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────╢
║ 2 3,00
3 1 1 -3,5
0,0
0,0 27 15
6 3,3 2,9 5
0,0
9,5
0,0
9,7 13,3
1,8
0,0 22 83 0,0 14 37 ║
║ 4 3,00
30 2 2
7,8
0,0
0,0 38 16 10 3,7 7,4 5
0,0
7,9
0,0
6,0
8,2
1,2
0,0 19 98 0,0 21 62 ║
║
40 3 2
7,9
0,0
0,0 38 16 10 3,7 7,5 4
0,0 -5,4
0,0
4,1
5,6
0,9
0,0 13 99 0,0 28 252║
║
4 2
7,8
0,0
0,0 38 16 10 3,7 7,4 4
0,0 -7,9
0,0
6,0
8,2
1,2
0,0 19 98 0,0 21 62 ║
║
5 1 -3,5
0,0
0,0 27 15
6 3,3 2,9 4
0,0 -9,5
0,0
9,7 13,3
1,8
0,0 22 83 0,0 14 37 ║
╚════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════╝
────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────
STAMPA VERIFICHE S.L.U.PILASTRI
────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────
╔════════════════════╦══════════════════════════════════════════╦════════════════════════════════════════════════════════════════╗
║
║
VERIFICA A PRESSO-FLESSIONE
║
V E R I F I C A
A
T A G L I O
E
T O R S I O N E
║
╠════╤═════╤══╤═══╤══╬══╤═════╤═════╤══════╤══╤═══╤═══╤═════════╬══╤═════╤═════╤═════╤═════╤═════╤═════╤═════╤═══╤═══╤════╤══════╣
║Filo│Quota│Tr│Sez│Co║Co│MxSdu│MySdu│N Sdu │x/│εf%│εc%│Area cmq ║Co│VxSdu│VySdu│T Sdu│VxRdu│VyRdu│TsRdu│TlRdu│Coe│Coe│ALon│staffe║
║InFi│In Fi│at│B/H│nc║Nr│(t*m)│(t*m)│ (t) │/d│100│100│ b
h ║Nr│ (t) │ (t) │(t*m)│ (t) │ (t) │(t*m)│(t*m)│Cls│Sta│cmq │Pas lu║
╠════╧═════╧══╧═══╧══╩══╧═════╧═════╧══════╧══╧═══╧═══╧═════════╩══╧═════╧═════╧═════╧═════╧═════╧═════╧═════╧═══╧═══╧════╧══════╣
║ 1 0,00
1 1 4
3,0
1,9 -10,6
20 17 3,1 3,3 2 -1,1 -0,3
0,0
8,8
8,8
1,0
0,0
5 25 0,0 18 30 ║
║ 1 3,00
30 2 4
2,9
1,5 -10,4
16 14 3,3 2,8 0
0,0
0,0
0,0
8,8
8,8
1,0
0,0
0
0 0,0 18 0 ║
║
30 3 5
3,0
0,8 -10,7
34 19 2,3 2,3 2 -1,1 -0,3
0,0
8,8
8,8
1,0
0,0
5 25 0,0 18 240║
║
4 5
3,3
0,3 -10,5
15 11 3,3 2,4 0
0,0
0,0
0,0
8,8
8,8
1,0
0,0
0
0 0,0 18 0 ║
║
5 5
3,7 -0,6 -10,3
20 15 3,3 2,7 2 -1,1 -0,3
0,0
8,8
8,8
1,0
0,0
5 25 0,0 18 30 ║
╟────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────╢
║ 3 0,00
1 1 5 -3,0
1,9 -10,6
20 17 3,1 3,3 2 -1,1
0,3
0,0
8,8
8,8
1,0
0,0
5 25 0,0 18 30 ║
║ 3 3,00
30 2 5 -2,9
1,5 -10,4
16 14 3,3 2,8 0
0,0
0,0
0,0
8,8
8,8
1,0
0,0
0
0 0,0 18 0 ║
║
30 3 4 -3,0
0,8 -10,7
34 19 2,3 2,3 2 -1,1
0,3
0,0
8,8
8,8
1,0
0,0
5 25 0,0 18 240║
║
4 4 -3,3
0,3 -10,5
15 11 3,3 2,4 0
0,0
0,0
0,0
8,8
8,8
1,0
0,0
0
0 0,0 18 0 ║
║
5 4 -3,7 -0,6 -10,3
20 15 3,3 2,7 2 -1,1
0,3
0,0
8,8
8,8
1,0
0,0
5 25 0,0 18 30 ║
╟────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────╢
║ 4 0,00
1 1 5 -3,0 -1,9 -10,6
20 17 3,1 3,3 3
1,1
0,3
0,0
8,8
8,8
1,0
0,0
5 25 0,0 18 30 ║
║ 4 3,00
30 2 5 -2,9 -1,5 -10,4
16 14 3,3 2,8 0
0,0
0,0
0,0
8,8
8,8
1,0
0,0
0
0 0,0 18 0 ║
║
30 3 4 -3,0 -0,8 -10,7
34 19 2,3 2,3 3
1,1
0,3
0,0
8,8
8,8
1,0
0,0
5 25 0,0 18 240║
║
4 4 -3,3 -0,3 -10,5
15 11 3,3 2,4 0
0,0
0,0
0,0
8,8
8,8
1,0
0,0
0
0 0,0 18 0 ║
║
5 4 -3,7
0,6 -10,3
20 15 3,3 2,7 3
1,1
0,3
0,0
8,8
8,8
1,0
0,0
5 25 0,0 18 30 ║
╚════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════╝
────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────
STAMPA VERIFICHE S.L.E.ELEVAZIONE
────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────
╔═══════════════╦═══════════════════════════════════════════════╦═══════════════╦════════════════════════════════════════════════╗
║
║
F E S S U R A Z I O N E
║ F R E C C E ║
T E N S I O N I
║
╠═════╤═════╤═══╬═════╤═════════╤════╤═══╤═══╤═════╤═════╤══════╬═══════════╤═══╬════════╤══════╤══════╤══╤════╤═════╤═════╤═════╣
║Filo │Quota│Tra║Combi│Fessu. mm│dist│Con│Com│ Mf X│ Mf Y│ N
║Frecce mm │Com║Combinaz│σ lim.│σ cal.│Co│Comb│ Mf X│ Mf Y│ N ║
║In fi│In Fi│tto║Caric│lim
cal│ mm │cio│bin│(t*m)│(t*m)│ (t) ║limite calc│bin║ Carico │Kg/cmq│Kg/cmq│nc│
│(t*m)│(t*m)│ (t) ║
╠═════╧═════╧═══╩═════╧═════════╧════╧═══╧═══╧═════╧═════╧══════╩═══════════╧═══╩════════╧══════╧══════╧══╧════╧═════╧═════╧═════╣
║ 1
3,00
Rara
17,50 1,34
1
Rara cls 124,0
18,6 3 1
0,7
0,0
0,0 ║
║ 2
3,00
Freq 0,2 0,00
0
0
0
0,0
0,0
0,0
Rara fer 2660
873 3 1
0,7
0,0
0,0 ║
║
Perm 0,1 0,00
0
0
0
0,0
0,0
0,0 17,50 0,86
1
Perm cls 93,0
12,7 3 1
0,5
0,0
0,0 ║
╟────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────╢
║ 3
3,00
Rara
22,50 11,67 1
Rara cls 124,0
76,9 3 1
5,2
0,0
0,0 ║
║ 1
3,00
Freq 0,2 0,27 154
1
1 -3,5
0,0
0,0
Rara fer 2660
2277 1 1 -3,5
0,0
0,0 ║
║NO VERIF
Perm 0,1 0,27 154
1
1 -3,5
0,0
0,0 22,50 3,57
1
Perm cls 93,0
59,1 1 1 -3,5
0,0
0,0 ║
╟────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────╢
║ 2
3,00
Rara
22,50 11,67 1
Rara cls 124,0
76,9 3 1
5,2
0,0
0,0 ║
║ 4
3,00
Freq 0,2 0,27 154
1
1 -3,5
0,0
0,0
Rara fer 2660
2277 1 1 -3,5
0,0
0,0 ║
║NO VERIF
Perm 0,1 0,27 154
1
1 -3,5
0,0
0,0 22,50 3,57
1
Perm cls 93,0
59,1 1 1 -3,5
0,0
0,0 ║
╚════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════╝
Riferimenti teorici
Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 47
Capitolo 2 – Schematizzazione
dell’azione sismica.
2.1 INTRODUZIONE: I TERREMOTI.
I terremoti possono essere classificati in funzione della loro origine in tettonici e vulcanici.
I terremoti tettonici sono prodotti da fratture che si producono sulla crosta terrestre o nel
sottostante mantello, a seguito di tale evento lungo queste fratture si hanno dei spostamenti lentissimi
delle due parti con un accumulo di energia, quando si raggiungono valori critici (la deformazione
attinge il valore limite massimo viene meno l’equilibrio) l’energia si libera bruscamente innescando
oscillazioni dinamiche che si propagano in tutte le direzioni.
I terremoti vulcanici sono legati all’attività vulcanica e sono localizzati sempre in prossimità di un
vulcano attivo, in generale questi eventi sismici sono più deboli. Quando le onde sismiche
raggiungono la superficie si trasformano in oscillazioni del terreno in tutte le direzioni (verticale,
nord-sud, est-ovest).
Per misurare l’intensità di un terremoto le scali più comuni sono due: la scala Mercalli e la scala
Richter. La prima, che è la più vecchia, si basa sugli effetti del sisma sulle costruzioni, essa quindi non
è una scala rigorosa e dipende molto dal luogo in cui si è verificato l’evento sismico. La seconda si
basa sulla lettura dei sismografi e quindi sull’ampiezza massima degli spostamenti rispetto ad un
terremoto di riferimento, ha una scala logaritmica ed è chiamata magnitudo; quindi essa risulta essere
rigorosa ed è legata direttamente all’energia liberata dal terremoto.
2.2 COMPORTAMENTO SISMICO DELLE COSTRUZIONI.
Per una costruzione l’evento sismico si traduce in uno spostamento impresso alla base secondo tre
direzioni, essendo questo variabile nel tempo si ha un’accelerazione alla base (derivata seconda
rispetto al tempo diversa da zero). Non si tratta quindi di forze impresse bensì di spostamenti alla
base. Per controllare gli effetti sulle costruzioni bisogna studiare la dinamica delle strutture in prima
approssimazione anche in campo elastico (se analizziamo terremoti di bassa intensità), ma
successivamente, volendo completare lo studio anche per forti terremoti evitando
sovradimensionamenti eccessivi, bisogna passare a modelli elasto-plastici.
Riferimenti teorici
Capitolo 2 – Schematizzazione dell’azione sismica. • 49
2.3 OSCILLATORE ELEMENTARE.
Supponiamo di analizzare il comportamento dinamico di un modello semplice di telaio ad un solo
grado di libertà composto da due piedritti di rigidezza k ed un traverso rigido in cui è concentrata tutta
la massa m del sistema (pari al peso diviso l’accelerazione di gravità g).
Se si impone al piedritto uno spostamento orizzontale u0 (rispetto la posizione di riposo: piedritti
verticali) e successivamente lo si lascia, sul sistema si instaurerà un regime di oscillazioni libere
caratterizzare da una legge sinusoidale nel tempo con un periodo di oscillazione T0, questo è il tempo
che intercorre per permettere al traverso di compiere un’oscillazione completa e ritornare in posizione
iniziale. Tale periodo, detto anche periodo proprio dell’oscillatore è legato alle due grandezze m e k
dalla relazione:
T0 = 2 ⋅ π ⋅
Riferimenti teorici
m
k
Capitolo 2 – Schematizzazione dell’azione sismica. • 50
Se a questo sistema, per assimilarlo maggiormente ad una struttura reale, si associa pure un effetto
di smorzamento si ottengono come risultato delle oscillazioni libere smorzate, ovvero l’ampiezza delle
oscillazioni si riduce progressivamente tendendo a zero; anche il periodo di oscillazione si riduce, ma
di poco; per questo motivo nelle applicazioni pratiche si considera sempre il periodo proprio non
smorzato.
Se si aggiunge ancora una forzante sinusoidale
 2 ⋅π 
F (t ) = F ⋅ sin(ω ⋅ t ) = F ⋅ sin
⋅t
 T

definita da un valore massimo della forza pari ad F e da un periodo T si instaurerà un regime di
oscillazioni forzate il quale, dopo una prima fase iniziale in cui sono presenti anche le oscillazioni
libere smorzate, assume un forma analoga alle oscillazioni libere ma con un periodo che ora è quello
della forzante, con uno sfasamento rispetto ad essa ed un’ampiezza delle oscillazioni che dipende dal
rapporto F/K, dal rapporto dei due periodi α=T0/T e dal coefficiente di smorzamento ξ. Tale
dipendenza è espressa dalla relazione:
u (t ) =
1
(1 − α ) + 4 ⋅ ξ ⋅ α
2 2
2
2
⋅
F
F
⋅ sin(ω ⋅ t −ψ ) = A ⋅ ⋅ sin(ω ⋅ t −ψ )
K
K
con A fattore dinamico di amplificazione dello spostamento.
La figura sottostante mostra l’andamento di A al variare di α e di ξ.
Riferimenti teorici
Capitolo 2 – Schematizzazione dell’azione sismica. • 51
E’ interessante notare
1 - Per ξ = 0 (smorzamento nullo) e α = 1 (periodo della forzante uguale al periodo proprio della
struttura, condizione detta di risonanza) la curva ha un asintoto, l’ampiezza delle oscillazioni tende ad
infinito.
2 - Per ξ piccolo e α = 1 l’amplificazione è grande, ma con valore finito.
3 - Per ξ = 0 (periodo della forzante molto più grande del periodo proprio della struttura) la
variazione della forza è di tipo quasi statica senza effetti di amplificazione dinamica A = 1 (la massa
segue la segue la forza come se si trattasse di tante condizioni statiche in sequenza).
4 - Per α che tende ad infinito l’amplificazione dinamica tende a zero; l’oscillatore, poiché la
variazione della forzante e molto rapida, tende a non sentire la forzante.
Questi tre casi generali (oscillazioni libere, oscillazioni libere smorzare, oscillazioni forzate)
vengono ottenuti risolvendo l’equazione di equilibrio differenziale del sistema:
mu&& + cu& + ku = F ⋅ sin(ω ⋅ t )
&& ), lo smorzamento di tipo viscoso
cui termini rappresentano rispettivamente la forza d’inerzia ( mu
( cu& ), la forza di richiamo elastico dei piedritti (ku) e la forzante esterna.
&& e u& la derivata seconda e prima rispetto al tempo
Essendo u = spostamento dell’impalcato, u
ovvero l’accelerazione e la velocità.
Riferimenti teorici
Capitolo 2 – Schematizzazione dell’azione sismica. • 52
2.4 MOTI IMPRESSI ALLA BASE.
Se analizziamo il comportamento del telaio precedente sotto l’effetto del sisma non avremo una
forzante esterna bensì uno spostamento della fondazione. L’equazione di equilibrio resta simile a
quella precedente, ma, mentre la forza viscosa e la forza elastica rimangono sempre dipendenti dallo
spostamento u, la forza d’inerzia dipende dallo spostamento totale ut del traverso quindi dalla somma
degli spostamenti u e ug.
mu&&t + cu& + ku = 0
m ⋅ (u&&g + u&&) + cu& + ku = 0
mu&& + cu& + ku = − mu&&g = Peq
Nell’ultima equazione Peq rappresenta il carico equivalente dovuta all’eccitazione della base. Se si
assume un andamento sinusoidale dello spostamento ug del terreno si ritorna al caso analizzato in
precedenza ed è possibile calcolare lo spostamento massimo.
Se poi infine lo spostamento ug è una funzione qualunque, ed è quindi anche qualunque la sua
derivata seconda cosicché si può parlare di accelerogramma del terremoto, è ancora possibile calcolare
lo spostamento massimo mediante delle integrazioni numeriche.
2.5 SPETTRO DI RISPOSTA ELASTICO.
Dato un accelerogramma (come ad esempio quello rappresentato in figura)
Riferimenti teorici
Capitolo 2 – Schematizzazione dell’azione sismica. • 53
si definisce spettro di risposta dello spostamento SDe un diagramma nel quale sono riportate, per
assegnati valori dello smorzamento ξ, le curve che esprimono, in funzione del periodo proprio To di
un oscillatore elementare, la risposta massima dell’oscillatore stesso quando questo viene assoggettato
a quell’accelerogramma. Dallo spettro SDe si passa ad altri due tipi di diagrammi, lo spettro delle
velocità e lo spettro delle accelerazioni; indicati con Sv e Sa questi altri due spettri valgono le seguenti
relazioni:
S a (To , ξ ) =
2 ⋅π
4 ⋅π 2
⋅ S v (To , ξ ) =
⋅ S De (To , ξ )
To
T02
Nella figura sottostante è riportato la rappresentazione grafica dello spettro di risposta elastico
delle accelerazioni
Riferimenti teorici
Capitolo 2 – Schematizzazione dell’azione sismica. • 54
Il concetto di spettro di risposta è di grande importanza applicativa. Infatti se si considera una
struttura costituita da un oscillatore semplice (nel prossimo paragrafo verranno analizzate le strutture
con più gradi di libertà) ed è assegnato un accelerogramma di progetto si può calcolare lo spostamento
istante per istante con delle operazioni complesse di integrazioni numeriche. Se invece si dispone
dello spettro di risposta il calcolo è immediato; infatti se si fissa lo smorzamento ξ (di solito si fa
riferimento ad un valore convenzionale del 5% - 0.05 -) e si calcola il periodo proprio della struttura
To si legge dal diagramma il valore di SDe che rappresenta il valore dello spostamento massimo;
moltiplicando questo valore per la rigidezza della molla k si ottiene una forza Feq, che supposta
applicata staticamente all’oscillatore, produce la stessa sollecitazione massima; nota questa
sollecitazione si può passare alla verifica di resistenza della struttura. In generale le normative
sismiche forniscono gli spettri di risposta in termini di accelerazioni Sa piuttosto che di spostamenti
SDe, ma ricordando la relazione precedente si ha:
Feq = k ⋅ S d (To , ξ ) = k ⋅
T02
⋅ S a (To , ξ )
4 ⋅π 2
Se nella formula si sostituisce la variabile To con la sua espressione in funzione della rigidezza k e
della massa m
T0 = 2 ⋅ π ⋅
m
k
si ottiene la relazione
Feq = m ⋅ S a (To , ξ )
La forza equivalente è quindi uguale al prodotto della massa per la massima accelerazione
efficace Sa letta sullo spettro in funzione del periodo To e dello smorzamento ξ.
2.6 SISTEMI A PIU’ GRADI DI LIBERTA’.
Estendendo quanto detto per l’oscillatore semplice ad un telaio più complesso (per esempio un
telaio Shear Type multipiano, uguale al precedente ma con n piani rigidi collegati da piedritti di
rigidezza Ki) si otterrà un sistema di n equazioni di equilibrio ad n incognite (ui)
MU&& + CU& + KU = u g MR
Riferimenti teorici
Capitolo 2 – Schematizzazione dell’azione sismica. • 55
in cui M, C e K sono matrici quadrate di ordine n ed U il vettore degli spostamenti di piano con le
sue derivate prime e seconde rispetto al tempo ed R il vettore direzione del sisma (nel caso di telaio
piano un vettore formato da tutti 1). Questo sistema di equazioni è composto da equazioni
differenziali tra di loro accoppiate e quindi di non facile soluzione. La soluzione del sistema si
semplifica se si esprime il moto globale della struttura in funzione dei modi di oscillazione libera del
sistema.
Per chiarire il significato fisico di oscillazione libera, si provi a deformare un sistema elastico,
lasciandolo poi libero di oscillare. In generale si vedrà ogni piano deformarsi in maniera indipendente
dagli altri. Se si applica però una particolare deformata iniziale, si vedranno i piani oscillare
contemporaneamente in maniera proporzionale gli uni agli altri e con un periodo di vibrazione (T) ben
definito.
Tali deformate, dette anche modi principali di vibrare del sistema, godono di una proprietà
fondamentale: qualunque deformazione assunta dal sistema per effetto di una forzante F può essere
descritta come combinazione lineare dei modi principali di vibrare.
Per chiarire questo concetto si ipotizza di avere solo tre modi di vibrare (tre forme modali), che
siano già stati calcolati precedentemente.
1
Φ1 = 2
3
1
Φ2 = 0
−1
1
Φ3 = −1
1
Il campo di spostamenti può essere scritto nella seguente forma:
U(t) = y1(t) Φ1 + y2(t) Φ2 + y3(t) Φ3
Fissiamo l'attenzione ad un certo istante t0 quando il valore del vettore spostamento è
1
U (t 0 ) = 2
1.5
Riferimenti teorici
Capitolo 2 – Schematizzazione dell’azione sismica. • 56
U(t0) =
y1(t0) * Φ1
+
y2(t0) * Φ2
+
y3(t0) * Φ3
Esplicitando le singole componenti si ha:
1 = y1(t0) * 1 + y2(t0) * 1 + y3(t0) * 1
2 = y1(t0) * 2 + y2(t0) * 0 + y3(t0) * (−1)
1.5 = y1(t0) * 3 + y2(t0) * (−1) + y3(t0) * 1
Risolvendo il sistema si ottiene:
y1(t0) = 13/16 ; y2(t0) = 9/16; y3(t0) = -3/8
I modi di vibrare soddisfano un’importante proprietà, detta di ortogonalità:
ΦitMΦj = 0
se i è diverso da j
ΦitMΦi = mi
ΦitKΦj = 0
se i è diverso da j
ΦitKΦi = ki
Se l’equazione di equilibrio globale viene premoltiplicata per Φit e ipotizzando che la matrice C
possa essere espressa come combinazione lineare di K e M, cioè:
C = a⋅K + b⋅M
Riferimenti teorici
Capitolo 2 – Schematizzazione dell’azione sismica. • 57
si ottengono le equazioni del moto disaccoppiate nelle coordinate principali yi
mi &y&i + c i y& i + k i y i = l i u&&g
dove li = Φit MR è chiamato coefficiente di eccitazione modale o di partecipazione (esso fornisce il
peso che ha quel particolare modo nel calcolo degli spostamenti e delle forze per il sisma
caratterizzato dalla direzione R). Avere disaccoppiato il problema significa poter trattare la struttura
come se fossero n sistemi ad un grado di libertà indipendenti (ovvero n oscillatori semplici) di cui
sappiamo calcolare il vettore delle forze equivalenti e di conseguenza le sollecitazioni nodali.
Determinate le risposte modali massime per effettuare la combinazione non è realistico sommare
tutti i contributi massimi, poiché tali valori non si presentano contemporaneamente. Sono stati
proposti pertanto diversi metodi di combinazione. Quello imposto dalla normativa italiana e più
frequentemente adoperato utilizza la media quadratica dell’ente considerato (forza o spostamento).
Ogni grandezza di interesse viene in questo modo valutata come media quadratica dei valori
massimi modali:
∑s
s max =
i
2
i max
La sommatoria andrebbe estesa a tutti i modi di vibrazione, ma l’operazione, oltre che più pesante,
sarebbe superflua, poiché i contributi principali vengono dai primi modi (quelli a periodo più alto).
Per determinare il numero minimo di modi già la normativa sismica del 05 Febbraio 1996 prevedeva
che la massa sismica eccitata dovesse essere almeno 85% della massa totale.
Per chiarire meglio questo punto bisogna introdurre il concetto di massa modale efficace, che
rappresenta la massa sismica eccitata da un singolo modo; la somma di tutte le masse modali efficaci
fornisce la massa totale. Ovvero:
mtot = ∑ mi −eff
con la sommatoria estesa a tutti i modi. Se la sommatoria è estesa ad un numero minore di modi si
ha:
∑m
i − eff
mtot
≤1
le norme indicano il numero di modi minimo quello che da
Riferimenti teorici
Capitolo 2 – Schematizzazione dell’azione sismica. • 58
∑m
i −eff
≥ 0.85
mtot
La formula che fornisce la massa modale efficace è:
mi −eff =
li2
mi
con li coefficiente di partecipazione modale e mi massa modale generalizzata definiti
precedentemente.
Questa formula indicata dalla normativa italiana anche dell’ordinanza 3274 del 2003 fornisce
buoni risultati solo se i periodi T dei vari modi di vibrare sono abbastanza differenti (Τi<0.9 Τj).
Nell’ipotesi di periodi poco diversi o addirittura coincidenti l’ordinanza, come pure l’Eurocodice 8,
consiglia un’altra formula di combinazione: la Combinazione Quadratica Completa (CQC):
(∑∑ ρ
E=
ij
⋅ Ei ⋅ E j
)
1/ 2
essendo ρij il coefficiente di correzione definito dalla seguente relazione:
(8 ⋅ ξ ⋅ (1 + β )⋅ β
3/ 2
2
ρi j =
((1 − β
βi j =
2
ωi
ωj
)
2
ij
ij
(
)
+ 4 ⋅ξ 2 ⋅ βi j ⋅ 1 + βi j
))
2
(rapporto delle pulsazioni)
ωi =
Riferimenti teorici
ij
2 ⋅π
Ti '
• 59
Riferimenti teorici
• 60
Capitolo 3 – Duttilità e spettro di
progetto anelastico.
3.1 DEFINIZIONE DI DUTTILITA’.
I materiali comunemente impiegati nelle costruzioni edili, acciaio, calcestruzzo, calcestruzzo
armato, muratura etc.. hanno un legame costitutivo reale molto più complesso di quello elastico
lineare che viene in genere utilizzato in fase di analisi strutturale.
Legame costitutivo reale di acciai da costruzione
Alcuni materiali, l'acciaio in special modo ma con alcune limitazioni anche il calcestruzzo, hanno
un comportamento di tipo lineare fino ad una certa entità delle deformazioni e delle tensioni, mentre,
oltrepassato questo valore, si osserva una grande capacità di deformarsi a tensione costante (fenomeno
di snervamento).
Senza entrare nei dettagli, si osserva che nella prima fase, di tipo elastico-lineare, il materiale
accumula energia sotto forma di energia elastica e che quindi è in grado di restituire in fase di scarico,
al contrario nella seconda fase post-elastica il materiale dissipa l'energia meccanica ceduta al corpo
come se strisciasse su un piano scabro.
Riferimenti teorici
Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 61
Allo scarico del corpo la deformazione accumulata nella fase post-elastica non ritorna deformando
permanentemente il corpo (Lavorazione per stampaggio a freddo della lamiera).
Dal bilancio energetico per un carico statico si ottiene:
E = We+Wp
in cui si ha:
E = Energia fornita al corpo
We = Energia accumulata di tipo elastico-conservativa
Wp = Energia dissipata ad esempio in calore per i materiali elastoplastici.
Sia εp la deformazione oltre il limite elastico εy e minore o uguale alla deformazione ultima εu , la
differenza (εp-εy) è di tipo irreversibile, quindi il corpo subisce delle modifiche permanenti.
La duttilità può essere definita utilizzando la seguente espressione:
r = εu/εy
Di seguito sono riportati i valori della duttilità per i materiali di più comune impiego:
Materiale elasto-fragile: r =1
Materiale elastico - perfettamente plastico r = ∞
Valori di calcolo per materiale reali: r = 1.5 … 6 (muratura, .. acciaio)
sy
ey
Riferimenti teorici
Wp
We
ep
eu
Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 62
La duttilità è quindi legata alle capacità dissipative della struttura e come verrà evidenziato
appresso condiziona in maniera determinante la propria resistenza alle azioni sismiche.
3.2 DUTTILITA’ LOCALE DI ELEMENTI STRUTTURALI.
Legame costitutivo di calcolo del calcestruzzo
Legame costitutivo di calcolo dell'acciaio
Duttilità dell'acciaio:
Per un acciaio tipo Feb 44K abbiamo una tensione caratteristica di snervamento:
fyk = 4300 kg/cm2
fd = fyk/1.15 = 3800 kg/cm2
(tensione di calcolo di snervamento)
εy = fd/Es = 3800/2.100.000 = 0.1822 %
εu = 1%
r = εu/εy = 5.5
Riferimenti teorici
(deformazione al limite elastico)
(deformazione ultima convenzionale per l’acciaio)
(duttilità)
Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 63
essendo fyk la resistenza cilindrica dell’acciaio.
Duttilità del calcestruzzo:
εy = 0.2%
(deformazione limite del tratto parabolico )
εu = 0.35 (deformazione ultima convenzionale per il calcestruzzo compresso)
r = εu/εy = 1.75
(duttilità)
Quindi per avere un comportamento duttile della sezione in c.a. bisogna sfruttare la duttilità
dell'acciaio teso facendo in modo che la crisi avvenga per raggiungimento della deformazione ultima
dell'acciaio e non del lembo compresso del calcestruzzo.
Buona norma è aiutare il calcestruzzo compresso inserendo armatura compressa in percentuale non
inferiore al 25-50% di quella tesa.
L’entità della duttilità disponibile per le sezioni in c.a. semplicemente inflesse può raggiungere
agevolmente il valore di 7-8.
La risposta sismica di una struttura intelaiata presso-inflessa è fortemente condizionata dalla
relazione esistente tra il momento flettente (M) e la curvatura della sezione (χ).
Si definisce duttilità disponibile di una sezione di trave il rapporto tra la curvatura ultima (alla
massima capacità convenzionale di carico) χu e la condizione al limite elastico dell'acciaio teso χe.
Si definisce inoltre q =
As f yd
⋅
Ac f cd
(percentuale meccanica di armatura)
essendo:
As = area dell’armatura tesa
Ac = area del calcestruzzo
fyd = resistenza di calcolo dell’acciaio
fcd = resistenza di calcolo a compressione del calcestruzzo
Il rapporto χu/χe, ovvero la duttilità, aumenta:
•
Diminuendo la percentuale meccanica di armatura tesa della sezione
•
Diminuendo la tensione di snervamento dell'acciaio
•
Aumentando la resistenza del calcestruzzo
•
Aumentando il grado di confinamento del calcestruzzo
•
Aumentando la percentuale meccanica di armatura compressa della sezione.
Riferimenti teorici
Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 64
Lo sforzo normale di compressione ha invece un effetto di riduzione della duttilità per cui nei
pilastri è necessario avere delle sezioni di calcestruzzo adeguate e ben armate.
Nella figura seguente viene mostrata la diminuzione di duttilità all'aumentare della percentuale
meccanica di armatura in zona tesa.
Un altro comportamento molto importante è quello legato alla sollecitazione di taglio, soprattutto
per i pilastri di strutture realizzate in zona sismica.
Se si effettua una prova su un pilastro caricato con uno sforzo normale (N0) costante ed un carico
orizzontale (H) variabile si osservano i seguenti fenomeni:
Riferimenti teorici
Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 65
•
Degrado della resistenza molto evidente per cicli di carico e scarico.
• Duttilità molto ridotta, ovvero raggiunta la resistenza massima si raggiunge
subito lo stato limite ultimo con incrementi modesti degli spostamenti.
•
Diminuzione di duttilità all'aumentare dello sforzo di compressione.
Da ciò si evince che si dovrebbe sempre evitare che il collasso dell’asta (trave o pilastro) avvenga
per taglio invece che per flessione.
Questa affermazione porta alla conclusione che un elemento strutturale, in particolare i
pilastri, dovrebbero essere dimensionati a taglio non sul valore della sollecitazione di calcolo, ma
sul massimo taglio che può essere equilibrato dai momenti resistenti ultimi con cui si è
progettato.
Per cui per uno schema di pilastro incastrato al piede ed in testa il valore del taglio Td di verifica è:
Td = max (Ts,Tm)
Dove Ts è la sollecitazione di calcolo, Tm il valore di taglio massimo in equilibrio con i momenti
resistenti di progetto di estremità moltiplicato per un opportuno coefficiente α>1 che tiene conto di
eventuali fenomeni di iper-resistenza dovuti ad esempio all'incrudimento dell'acciaio, ovvero:
Tm = α ⋅
Ma + Mb
;α > 1 ;
h
essendo:
Ma, Mb = momenti resistenti ultimi delle estremità del pilastro
H = altezza pilastro.
Riferimenti teorici
Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 66
Per cui più si sovradimensiona la resistenza a flessione del pilastro più si dovrà assicurare
una resistenza a taglio adeguata.
Quindi non è vero in generale che sovradimensionare l'armatura in fase di esecuzione sia lecito in
quanto a favore di sicurezza.
3.3 RISPOSTA ANELASTICA DELLA STRUTTURA.
Il comportamento reale di una struttura sollecitata da un sisma severo è di tipo anelastica in quanto
i materiali risultano lavorare oltre il limite di proporzionalità e si hanno tutta una serie di fenomeni di
degrado e fessurazione di tipo irreversibile.
Se si vuole quindi modellare in maniera realistica il comportamento strutturale è necessario
effettuare delle analisi di tipo FEM che tengono in conto esplicitamente sia della non linearità
meccanica dei materiali e sia dell'input sismico tramite accelerogrammi.
Date le difficoltà di utilizzare un'analisi esplicitamente non lineare si preferisce, in particolare per
la progettazione di nuove strutture, utilizzare un'analisi elastica convenzionale con valori delle azioni
sismiche che già tengono conto implicitamente della risposta non lineare tramite il cosiddetto fattore
di struttura o duttilità strutturale.
Al solo scopo di potere definire la duttilità strutturale ipotizziamo di conoscere la risposta
anelastica della nostra struttura ipotizzando che sia sollecitata dalle forze peso e da un sistema di forze
orizzontali monotonamente crescente fino a collasso.
La risposta verrà descritta in termini di taglio alla base in funzione dello spostamento di un punto
di controllo, ad esempio, il baricentro dell'ultimo piano.
Tale curva viene definita curva di capacità dell'edificio.
Per maggiore chiarezza possiamo pensare di studiare in maniera qualitativa un portale incastrato
alla base a cui applichiamo una forza orizzontale via via crescente.
Per semplicità ipotizziamo le aste in acciaio e che le deformazioni plastiche siano concentrate ai
nodi.
Possiamo allora pensare tre step di carico che porteranno il portale a collasso:
Step 0 - Tutte le travi sono in fase elastica. Valore del carico F0
Step 1 - Incremento il carico fino alla formazione delle cerniere plastiche ai nodi
della trave di piano. Valore del carico F1.
Step 2 - Incremento il carico fino alla formazione delle cerniere plastiche ai piedi del
pilastro. Valore del carico F2.
Si ha quindi la formazione di un meccanismo plastico che è in grado di mantenere la resistenza
fino ad un valore massimo di spostamento definito spostamento ultimo.
Riferimenti teorici
Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 67
Curva di Capacità dell’edificio.
Riferimenti teorici
Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 68
3.4 OSCILLATORE ELASTOPLASTICO EQUIVALENTE E
DUTTILITA’ DI STRUTTURA.
Una volta determinata la curva di capacità dell'edificio per definire un punto di snervamento e
quindi una duttilità di struttura si assimila la struttura reale ad un oscillatore elastoplastico bilatero
elementare definito in uno dei seguenti modi:
Bilatera equivalente alla curva
reale rispetto al lavoro elastoplatico (equivalenza delle aree
sottese al gr afico).
Bilatera costruita tangente al
grafico della curva reale.
La duttilità strutturale sarà quindi:
d=
Uu
Uy
Con questo procedimento abbiamo in pratica riportato lo studio di un sistema anelastico a molti
gradi di libertà (MDOF) allo studio di un sistema ad un grado di libertà (SDOF) elastoplastico
equivalente.
Riferimenti teorici
Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 69
3.5 DUTTILITA’ DI STRUTTURA E SPETTRO DI PROGETTO.
La conoscenza della duttilità di struttura ed in particolare l'avere assimilato la reale risposta
anelastica sotto l'azione sismica a quella di un oscillatore elastoplastico bilatero permette di stimare in
maniera piuttosto semplice la resistenza minima richiesta alla struttura per evitare il collasso.
Consideriamo un sistema ad un solo grado di libertà con un comportamento lineare-perfettamente
plastico con una resistenza Fy.
Sistema elastoplatico bilineare
Lo studio sia numerico che sperimentale di tale tipo di sistema soggetto a vari tipi di forzante ha
messo in luce che la risposta anelastica può essere di due tipi in funzione del periodo proprio in
particolare si distingue la risposta per sistemi con periodo elevato e sistemi con periodo piccolo, sia:
Fe = Risposta massima elastica in termini di forze interne
Fy = Resistenza del sistema elastoplastico
δy = Spostamento al limite di proporzionalità
δe = Spostamento risposta indefinitamente elastica
δp = Spostamento risposta elastoplatica
q = δp/δy Fattore di struttura o coefficiente di comportamento, il cui valore è in genere compreso
tra 1 e 6.
Riferimenti teorici
Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 70
Risposta per sistemi con periodo proprio piccolo
Per i sistemi con periodo proprio piccolo si ha che la risposta è caratterizzata dall'equivalenza
energetica tra la risposta indefinitamente elastica e quella elastoplastica per cui si ha che OBCG è
equivalente a OAF.
Tale equivalenza può essere definita analiticamente con la relazione:
Fy =
Fe
1
(2 ⋅ q − 1) 2
Risposta per sistemi con periodo lungo
Per i sistemi con periodo proprio lungo si ha che la risposta è caratterizzata invece dall'uguaglianza
dello spostamento massimo del sistema elastoplastico a quello del sistema indefinitamente elastico δp
= δe per cui banalmente:
Riferimenti teorici
Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 71
Fy Fe
Fy Fe
δy
Fe
=
!
=
! Fy =
⋅ Fe ! Fy =
q
δ y δe
δy δp
δp
Se allora esprimiamo la risposta elastica in termini di spettro di risposta elastico e la resistenza del
sistema come spettro di progetto :
Se = spettro di risposta elastico
Sd = spettro di risposta di progetto da utilizzarsi in un’analisi elastica convenzionale per le
verifiche di resistenza ed il dimensionamento. Tenendo in conto che la struttura è in grado di dissipare
un certa quantità di energia grazie alla propria duttilità le forze elastiche di progetto e quindi la
resistenza della struttura saranno minori di quelle richiesta da un comportamento indefinitamente
elastico.
Sd (T) =
Se (T)
(2 ⋅ q − 1)
Sd (T) =
1
2
; T < TA
Se (T)
; T > TA
q
In genere questo diverso comportamento della risposta anelastica delle strutture con periodo molto
piccolo viene preso in conto nelle norme differenziando la forma dello spettro di progetto in funzione
del periodo proprio.
Per quanto esposto si può quindi affermare che:
Per una struttura che ha una determinata duttilità globale espressa dal fattore di struttura q, si
può dire che essa resisterà ad una perturbazione sismica la cui risposta elastica massima è Ve se la
sua resistenza al limite elastico è non inferiore a Vy=Ve/q.
Il teorema precedente è la base di tutte le normative sismiche che permettono di sfruttare le risorse
anelastiche della struttura operando un controllo sul fattore q.
Ad esempio per un struttura in muratura quindi poco duttile la norma ci darà un valore di q = 1.5,
per un struttura in calcestruzzo armato regolare per geometria senza elementi tozzi e con sezioni
debolmente armata q = 5.
Come si vede i materiali ed i progettisti virtuosi vengono ben ripagati.
Sfruttare la risposta post-elastica significa però accettare che si produca un danneggiamento, infatti
i fenomeni post-elastici sono di tipo non conservativo ed irreversibile.
Il bilancio energetico di una struttura con input sismico può essere espresso dalla seguente
relazione:
E = We+Wp
Riferimenti teorici
Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 72
essendo:
E = Energia cinetica dovuto all'input sismico
We = energia elastica massima accumulata dal sistema
Wp = energia dissipata per fenomeni isteretici, plastici, viscosi
L'entità dell'energia Wp è legata al danno che riceve la struttura, se volessimo una risposta senza
danno dovremmo assicurare che si abbia:
E = We
3.6 ANALISI NON LINEARE STATICA - PUSHOVER
ANALYSIS.
Abbiamo visto come il comportamento non lineare delle strutture incide profondamente sulla
capacità di resistere all'azione sismica e come è possibile tenerne in conto utilizzando un'analisi
strutturale di tipo elastica convenzionale una volta definiti la duttilità ed il fattore di struttura.
Se però si utilizzano delle analisi più raffinate che tengono in conto esplicitamente sia della non
linearità meccaniche dei materiali che dell'input sismico tramite accelerogrammi è possibile ottenere
direttamente la reale risposta della struttura durante il sisma.
Tali analisi possono evidentemente essere utilizzati solo come verifica strutturale e mai come
progettazione in quanto l'analisi non lineare presuppone la conoscenza a priori delle reali rigidezze e
resistenze delle varie membrature, in particolare per il calcestruzzo armato ad esempio si dovrà già
definire la sezione completa delle armature.
Le analisi non lineari vengono usate quindi come verifica sia di edifici esistenti, per la valutazione
della loro sicurezza, che come controllo di strutture progettate con un analisi elastica convenzionale
basata su spettro di progetto e fattore di struttura per validare le ipotesi strutturali fatte dal progettista.
Grazie all'esperienza fatta negli USA dal FEMA (la protezione civile americana) si è ormai
consolidata l'utilizzo nel campo dell'ingegneria civile della pushover analysis ovvero la più semplice
delle analisi non lineari possibili in quanto di tipo statica e con percorsi di carico di tipo
monotonamente crescente.
Questo tipo di analisi ha avuto grande successo nella stima della sicurezza degli edifici sotto
azione sismica e per il controllo delle progettazioni dei nuovi edifici ed è prevista esplicitamente sia
nell'EC8 che nell'Ordinanza D.P.C.M. 3274/2003.
Riferimenti teorici
Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 73
CONCETTI DI BASE
Gli elementi chiave di un’analisi non lineare sono: domanda, capacità, prestazione.
- La domanda è una rappresentazione del moto sismico del terreno.
- La capacità è l’abilità della struttura di resistere alla domanda sismica.
- La prestazione rappresenta la misura in cui la capacità assorbe la domanda; la struttura deve
avere la capacità di resistere alla domanda sismica in modo che la prestazione sia compatibile con gli
obiettivi di progetto.
La capacità globale di una struttura dipende dalla resistenza e dalle capacità di deformazione dei
singoli componenti della struttura.
Allo scopo di determinare il comportamento strutturale oltre il limite elastico, si utilizzano
tecniche di analisi non lineare come quella denominata pushover o analisi di spinta.
STIMA DELLA CAPACITA
Il concetto alla base di tale tecnica è che la capacità complessiva della struttura di sostenere le
azioni sismiche può essere descritta dal comportamento della stessa sottoposta ad un sistema di forze
statiche equivalenti incrementate fino a raggiungere il collasso, inteso come incapacità di continuare a
sostenere i carichi verticali.
La capacità di una struttura è pertanto rappresentata mediante una curva che ha come grandezze di
riferimento il taglio alla base e lo spostamento in un punto di controllo, ad esempio, il baricentro della
copertura dell’edificio.
Per avere una stima delle forze inerziali si considera che la distribuzione delle azioni statiche
equivalenti agenti sulla struttura e crescenti fino a collasso siano proporzionali alle masse di piano e
pesate con una forma modale della struttura normalizzata in corrispondenza dello spostamento di
piano assunto come punto di controllo.
Se Φ è il modo di vibrare più significativo, per la direzione del sisma considerata, normalizzato ad
esempio sullo spostamento dell'ultimo piano avremo:
Fi = λ * mi * Φi (forze di piano equivalenti al sisma)
Riferimenti teorici
Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 74
Per potere effettuare un'analisi di questo tipo è necessario utilizzare un solutore FEM non lineare
che permette di valutare in maniera evolutiva il comportamento degli elementi strutturali.
In particolare è necessario potere valutare come varia la rigidezza dei singoli elementi strutturali al
progredire delle deformazioni fino a raggiungere il collasso.
Come previsto dal FEMA 273 gli elementi strutturali ad esempio travi e pilastri vengono suddivisi
in varie categorie:
· primari: sono in grado di assorbire le azioni orizzontali prodotte dal sisma, anche dopo numerose
escursioni in campo plastico.
Sono valutati, e, se necessario, riabilitati per sostenere le forze e le deformazioni indotte dal sisma,
assicurando la capacità portante dei carichi di gravità.
· secondari: non sono in grado di resistere alle azioni prodotte dal sisma. Non vengono dunque
progettati come parte del sistema resistente alle azioni orizzontali ma vengono valutati, e riabilitati se
necessario, per sopportare le deformazioni indotte dal sisma e per sostenere i carichi di gravità.
Nelle analisi lineari il modello di calcolo include solo la rigidezza dei componenti e degli elementi
primari; i secondari devono essere verificati tenendo conto degli spostamenti determinati nel
precedente modello.
Nelle analisi non lineari, il modello matematico deve includere la rigidezza e la resistenza di tutti i
componenti, inclusa la riduzione di resistenza dei componenti secondari.
Inoltre, se la rigidezza totale dei componenti non strutturali (ad esempio pannelli esterni
prefabbricati) supera il 10% della rigidezza laterale di un piano, gli stessi devono essere inclusi nel
modello.
Riferimenti teorici
Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 75
La classificazione dei componenti non deve influenzare il giudizio sulla configurazione
dell’edificio: non si può cioè classificare qualche componente in modo che un edificio irregolare
diventi regolare.
Inoltre gli elementi vanno classificati in termini di caratteristiche di sollecitazione.
Le risultanti dello stato di sollecitazione in ogni sezione, si distinguono in due categorie :
· controllate dalla deformazione (componenti di tipo duttile).
· controllate dalla forza (componenti di tipo fragile).
Una risultante controllata dalla deformazione è tale da continuare a mantenere valori significativi
anche quando la deformazione oltrepassa il limite di snervamento; la massima deformazione è
limitata dalla duttilità del componente.
Una risultante controllata dalla forza è tale se decade molto rapidamente appena superata la
deformazione associata al raggiungimento del limite elastico. In tali condizioni non è possibile
sostenere carico con deformazioni superiori al valore di snervamento (duttilità circa unitaria).
Sono possibili situazioni intermedie che vanno sotto il nome di elementi a duttilità limitata che
possono essere classificati nel primo o nel secondo modo in funzione dell’estensione del campo
plastico. Esempi tipici di comportamenti di tipo fragile sono quelli controllati dal taglio o le rotture nei
nodi.
Curve di comportamento dei componenti
La curva 1 è rappresentativa di un tipico comportamento duttile. E’ caratterizzata da un tratto
elastico (0-1), seguito da uno plastico (1-3), che potrebbe includere uno strain-hardening (1-2) o un
softening, e un ramo di degradazione della resistenza (2-3). I criteri di accettabilità per i componenti
primari che mostrano un tale comportamento, fanno riferimento al tratto elastico o a quello plastico, a
seconda del livello di prestazione. I criteri per gli elementi secondari possono far riferimento all’intera
curva. I componenti primari che esibiscono un tale comportamento sono controllati dalla
deformazione se il ramo plastico (1-2) è sufficientemente ampio, (e > 2g); per i componenti secondari,
invece, non si pongono limitazioni sul ramo plastico.
La curva 2 è rappresentativa di un altro comportamento duttile. E’ caratterizzata da un tratto
elastico ed uno plastico, seguiti da una rapida e totale perdita di resistenza. Se il ramo plastico è
sufficientemente ampio (e > 2g), il relativo comportamento è quello dei componenti controllati dalla
deformazione. Anche in questo caso i criteri di accettabilità, sia per i componenti primari che per
quelli secondari, fanno riferimento al tratto elastico e a quello plastico.
Riferimenti teorici
Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 76
La curva 3 caratterizza i componenti dal comportamento fragile. Il tratto elastico è seguito da una
rapida e completa perdita di resistenza. I componenti che presentano un tale comportamento sono
considerati controllati dalla forza. I criteri di accettabilità, sia per i componenti primari che per quelli
secondari, fanno riferimento al ramo elastico.
Come mostrato l'analisi non lineare presuppone quindi una descrizione del comportamento degli
elementi strutturali ben più raffinata di quella richiesta dall'analisi elastica, inoltre le analisi essendo di
tipo incrementali sono dal punto di vista computazionale molto impegnative.
Per i nostri scopi però non serve andare nel dettaglio di tali tipi di analisi ma fare vedere come
un'analisi di tipo statica incrementale può essere usata per la determinazione della resistenza sismica
di una struttura
Ipotizziamo quindi di effettuare una analisi non lineare statica incrementale su un edificio
sollecitato con le forze peso costanti e forze orizzontali di piano crescenti fino al collasso, possiamo
allora rappresentare in un grafico la curva Taglio alla base - spostamento di piano come in figura.
Riferimenti teorici
Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 77
Curva di capacità dell'edificio
Questa curva di capacità verrà utilizzata per definire uno oscillatore elastoplastico equivalente
rispetto al lavoro della struttura reale, questa equivalenza era stata già sfruttata per definire la duttilità
di struttura.
In questo modo una risposta complessa viene ridotta a quella tipica di un oscillatore non lineare ad
un grado di libertà, rendendo possibile, come vedremo più avanti, un diretto confronto con la
domanda sismica rappresentata in termini di spettro di risposta dello spostamento.
COSTRUZIONE DEL SISTEMA ELASTOPLASTICO EQUIVALENTE
Il primo passo da fare è caratterizzare l'edificio, dal punto di vista sismico, con il proprio modo di
vibrare più significativo, per la direzione del sisma considerata, analogamente a quanto fatto per
determinare la distribuzione in altezza delle forze di piano.
Si indichi quindi con Φ il vettore rappresentativo del modo di vibrare più significativo,
normalizzato al valore unitario della componente relativa al punto di controllo, quindi il coefficiente
di partecipazione:
Γ=
∑m Φ
∑m Φ
i
i
Riferimenti teorici
i
2
i
Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 78
Tutte le grandezze riferite alla risposta del piano dell'edificio possono essere riferite ad uno
sistema SDOF equivalente al modo di vibrare prima definito, per cui :
F * = Fb Γ
d * = dc Γ
Forza reattiva del sistema equivalente
Spostamento del sistema equivalente
Fy* = Fbu / Γ
Resistenza del sistema equivalente
Fb = taglio alla base dell'edificio
dc = spostamento del punto di controllo.
Fbu = resistenza dell'edificio inteso come valore del taglio alla base dell'edificio a collasso, ovvero
somma delle forze orizzontali applicate ai vari piani.
F*
Fy*
d *y
d*
Curva di capacità riferita al sistema equivalente
d y * = F y k * Spostamento al limite elastico del sistema equivalente
k* = rigidezza secante del sistema equivalente ottenuta dall’eguaglianza delle aree come indicato
nella figura.
Per ricavare la massa che dovremo associare al sistema equivalente dobbiamo ricordare che
l'analisi incrementale è stata effettuata con un sistema di forze del tipo :
Fi = λ * mi * Φi (forze di piano equivalenti al sisma)
Dove λ viene fatto crescere fino al collasso della struttura.
E' chiaro che il taglio alla base trattandosi di un'analisi statica sarà la somma delle forze di piano :
Fb = λ ⋅
∑m Φ
i
i
e quindi possiamo definire
Riferimenti teorici
Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 79
m* = ∑ mi Φ i massa del sistema SDOF equivalente.
Il periodo elastico del sistema bi-lineare è dato quindi dall’espressione:
T * = 2π
m*
k*
Modello SDOF elastoplastico equivalente della nostra struttura
STIMA DELLA DOMANDA
Il terremoto determina nella struttura deformazioni che sono congruenti con gli spostamenti dei
suoi nodi.
Negli ultimi anni è su questi ultimi che si è indirizzata l’attenzione per poter meglio stimare lo
stato di danneggiamento e la prestazione che la struttura danneggiata può offrire.
Con i tradizionali metodi di analisi lineari gli spostamenti sono valutati utilizzando azioni di
progetto descritte mediante particolari distribuzioni di forze orizzontali.
I metodi non lineari, in generale, consentono la stima diretta degli spostamenti orizzontali, a partire
dal moto sismico atteso.
La domanda causata da un terremoto su una particolare struttura, può dunque essere utilmente
espressa in termini di spostamento subito dalla struttura stessa. Per determinare quale sia l’effettivo
punto di funzionamento di una struttura sotto il sisma occorre confrontare la capacità della struttura,
come prima descritta, con le caratteristiche dell’azione sismica considerata.
La domanda di spostamento altro non è che la risposta reale massima della struttura in termini di
spostamenti e può essere valutata:
( )
*
d max
= d e*,max = S De T * per sistemi con periodo lungo
Riferimenti teorici
Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 80
*
d max
=
q* =
(
)
d e*,max 
TC 
*
*
1 + q − 1 *  ≥ d e,max per strutture con periodi piccoli.
*
q 
T 
( )
S e T * ⋅ m*
F y*
(rapporto tra la forza di risposta indefinitamente elastica e la resistenza della
struttura, quindi è il deficit di resistenza della struttura reale rispetto ad una che si comporterebbe in
maniera perfettamente elastica).
Una volta stimata la domanda dobbiamo verificare che la capacità della struttura sia adeguata
ovvero che la struttura abbia una capacità di spostamento maggiore di quella richiesta, ricordando il
legame tra il sistema equivalente e la struttura originaria :
*
domanda dello spostamento effettivo del punto di controllo.
d r = Γd max
La verifica quindi consisterà nel verificare che questo spostamento è compatibile con la curva di
capacità ovvero inferiore allo spostamento ultimo del punto di controllo.
Riferimenti teorici
Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 81
Confronto tra la domanda di spostamento e la curva di capacità.
Riferimenti teorici
Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 82
Capitolo 4 – Progettazione sismica
secondo l’Ordinanza 3274/03
4.1 INTRODUZIONE.
In questo capitolo vengono approfonditi i principali aspetti della nuova normativa sismica ed in
particolare la progettazione di nuovi edifici in c.a., secondo l’Ordinanza n.3274 aggiornata con
l’Ordinanza n.3316.
4.2 REQUISITI DI SICUREZZA E CRITERI DI VERIFICA.
La nuova norma nasce dall’esigenza di assicurare che le costruzioni vengano realizzate o adeguate
in modo da assumere certe “prestazioni” in caso si verifichi l’evento sismico atteso. In particolare le
prestazioni che il progettista è tenuto ad assicurare sono le seguenti:
-
sotto l’effetto dell’azione sismica di progetto per un sisma avente un periodo di ritorno di
circa 500 anni, l’edificio pur subendo danni di grave entità agli elementi strutturali e non
strutturali, deve mantenere una residua resistenza e rigidezza nei confronti delle azioni
orizzontali e l’intera capacità portante per carichi verticali (Stato Limite Ultimo S.L.U.).
-
Sotto l’effetto di un sisma con basso periodo di ritorno (frequente) gli edifici non devono
riportare danni gravi né alle strutture né alle parti non strutturali, in particolare agli impianti
(Stato Limite del Danno S.L.D.).
4.3 SPETTRO DI RISPOSTA ELASTICO.
Lo spettro di risposta elastico è quello proposto dall’EC8. La forma spettrale è considerata
indipendente dal livello di sismicità e corrisponde alla forma dello spettro Tipo 1 dell’EC8.
Lo spettro di risposta elastico della componente orizzontale è espresso dalle seguenti relazioni:


T
a = a g ⋅ S ⋅ 1 +
⋅ (η ⋅ 2.5 − 1)
 TB

a = a g ⋅ S ⋅ η ⋅ 2.5
Riferimenti teorici
0 ≤ T < TB
TB ≤ T < Tc
Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 83
T 
a = a g ⋅ S ⋅ η ⋅ 2.5 ⋅  C 
T 
 T ⋅T 
a = a g ⋅ S ⋅η ⋅ 2.5 ⋅  C 2 D 
 T 
TC ≤ T < TD
TD ≤ T
con il seguente significato dei simboli:
ag = accelerazione al suolo
S = fattore terreno fondazione
η = fattore che tiene conto di un coefficiente di smorzamento viscoso equivalente ξ, espresso in
punti percentuali, diverso da 5 (η=1 per ξ=5):
η = 10 /(5 + ξ ) ≥ 0.55
T = periodo di vibrazione della struttura
Il fattore S ed periodi caratteristici TB, TC e TD vengono definiti in funzione del terreno, come più
avanti specificato.
4.4 CATEGORIA SISMICA.
La norma preesistente suddivideva il territorio italiano in aree a differente grado di sismicità,
prevedendo anche una zona a rischio nullo, per la quale non è previsto alcun calcolo sismico delle
strutture. La nuova norma invece individua quattro diverse categorie alle quali è associata
un’accelerazione orizzontale massima:
Riferimenti teorici
Zona
Accelerazione al suolo “ag”
1
0.35 g
2
0.25 g
3
0.15 g
4
0.05 g
Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 84
Il valore dell’accelerazione al suolo va moltiplicata per un coefficiente S che è funzione della
categoria del suolo su cui dovrà essere realizzata la struttura. Un prospetto contenente i valori che
assume S in corrispondenza della categoria del suolo verrà proposto più avanti.
4.5 CARATTERISTICHE DEL SUOLO.
Ai fini della determinazione dell’azione sismica in funzione delle caratteristiche del sito, la norma
definisce 5 tipi di terreno, come descritto nel seguente prospetto:
Categ.
suolo
Tipo
NSPT
A
Suoli omogenei
molto rigidi
B
Sabbie molto
addensate
C
D
E
cu (kPa)
Velocità diffusione
onde sismiche
Vs30 > 800 m/s
360 m/s < Vs30 < 800 m/s
Sabbie
mediamente
addensate
NSPT >50
cu>250
15<NSPT <50
70 <cu<250
NSPT<15
cu<70
180 m/s < Vs30 < 360 m/s
Terreni granulari
poco addensati
Vs30 < 180 m/s
Terreni a strati
superficiali
alluvionali
Vs30 come C o D nello strato
superficiale (spessore tra 5
e 20 m) e come A nel
substrato
Nel soprastante prospetto la velocità di propagazione delle onde di taglio è la media entro 30 m di
profondità.
Ovviamente spetterà al tecnico geologo fornire al progettista delle strutture la categoria del suolo.
Questo aspetto, come molti altri contemplati nel nuovo approccio normativo, devono servire a
comprendere come la nuova direzione intrapresa nel campo della progettazione strutturale non si
limita ad un perfezionamento della formulistica adottata, ma vuole andare ben oltre, cercando di
portare ad un innalzamento di tutti gli standard legati alla progettazione, a partire dalla fase di
ideazione della struttura e di raccolta dei dati iniziali (tra cui appunto le caratteristiche del terreno),
fino all’atto realizzativo finale.
Nei due prospetti seguenti sono contenuti i valori assunti dai periodi TB, TC e TD, e dal coefficiente
S, in precedenza citati, per ciascuna categoria del suolo.
Riferimenti teorici
Categoria Suolo
TB
TC
TD
A
0.15
0.40
2.0
B, C, E
0.15
0.50
2.0
D
0.20
0.80
2.0
Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 85
Categoria Suolo
Coefficiente S
A
1
B, C, E
1.25
D
1.35
4.6 IMPORTANZA SISMICA.
Tanto nella preesistente che nella nuova norma sismica è presente un parametro che rappresenta
l’importanza sismica della struttura in esame. Detto parametro, chiamato Fattore di Importanza
(indicato dal simbolo “γI”), assume valori compresi tra 1 e 1.4. Si distinguono tre categorie di edifici,
in base alle loro peculiarità, corrispondentemente alle quali si impongono i seguenti valori del Fattore
di Importanza γI :
Categoria
Edifici
I
Edifici la cui funzionalità durante il terremoto ha
importanza fondamentale per la protezione civile
(ad esempio ospedali, municipi, caserme dei vigili
del fuoco)
II
III
Fattore di
importanza
1.4
Edifici importanti in relazione alle conseguenze di
un eventuale collasso (ad esempio scuole, teatri)
1.2
Edifici ordinari, non compresi nelle categorie
precedenti
1.0
4.7 SPETTRI DI PROGETTO PER LO STATO LIMITE
ULTIMO.
Ai fini del progetto, le capacità dissipative delle strutture possono essere messe in conto attraverso
un fattore riduttivo delle forze elastiche, denominato fattore di struttura q. L'azione sismica di progetto
Sd(T) è in tal caso data dallo spettro di risposta elastico in precedenza descritto, con le ordinate ridotte
utilizzando il fattore q. I valori numerici del fattore q vengono definiti in funzione dei materiali e delle
tipologie strutturali.
Lo spettro di progetto per le componenti orizzontali è definito dalle seguenti espressioni:
Riferimenti teorici
Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 86

T
S d (T ) = a g ⋅ S ⋅ 1 +
 TB
0 ≤ T < TB
TB ≤ T < TC
S d (T ) = a g ⋅ S ⋅
2.5
q
TC ≤ T < TD
S d (T ) = a g ⋅ S ⋅
2.5  TC 
 ⋅
q T 
TD ≤ T
S d (T ) = a g ⋅ S ⋅
2.5  TC TD 
⋅

q  T2 
 2.5 
⋅ 
− 1
 q

in cui S, TB, TC, TD sono definiti nei paragrafi precedenti in funzione della categoria del suolo. Si
assumerà comunque Sd(T) ≥ 0.2ag.
A meno di adeguate analisi giustificative, lo spettro di progetto della componente verticale
dell’azione sismica è dato dalle seguenti espressioni, assumendo q = 1.5 per qualunque tipologia
strutturale e di materiale:
0 ≤ T < TB
 T
S vd (T ) = 0.9 ⋅ a g ⋅ S ⋅ 1 +
 TB
TB ≤ T < TC
S vd (T ) = 0.9 ⋅ a g ⋅ S ⋅
3.0
q
TC ≤ T < TD
S vd (T ) = 0.9 ⋅ a g ⋅ S ⋅
3.0  TC 
 ⋅
q T 
TD ≤ T
S vd (T ) = 0.9 ⋅ a g ⋅ S ⋅
 3.0 
⋅ 
− 1
 q

3.0  TC TD 
⋅

q  T2 
Tutti i simboli mantengono significato e valore numerico definiti nel caso dello spettro di risposta
elastico.
La figura di seguito riportata mostra l’andamento della famiglia di curve che rappresentano lo
spettro di progetto per lo Stato Limite Ultimo in base al valore assunto dal coefficiente di struttura q.
Riferimenti teorici
Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 87
Diagramma dello spettro di progetto per gli S.L.U. al variare di “q”.
4.8 SPETTRO DI PROGETTO PER LO STATO LIMITE DEL
DANNO.
Lo spettro di progetto da adottare per la limitazione dei danni dovuti alle deformazioni può essere
ottenuto riducendo lo spettro elastico precedentemente descritto secondo un fattore pari a 2.5.
4.9 MASSE SISMICHE.
Il calcolo della massa da utilizzare per la valutazione della forza sismica da applicare a ciascun
impalcato o nodo della struttura è ottenuto con la seguente relazione:
W = Gk + ∑(ψ Ei ⋅ Qki )
in cui si ha:
Gk = peso proprio + carico permanente
Qki = carico accidentale
ψ Ei = ψ 0i ⋅ ϕ
per la verifica allo Stato Limite del Danno (SLD)
ψ Ei = ψ 2i ⋅ ϕ
per la verifica allo Stato Limite Ultimo (SLU)
Riferimenti teorici
Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 88
i valori assunti dai parametri ψ e ϕ , rispettivamente funzione della destinazione d’uso e del
piano della struttura, sono riportati nei seguenti prospetti.
ψ 0i
ψ 2i
Abitazioni, Uffici
0.70
0.30
Uffici aperti al pubblico, Scuole, Negozi, Autorimesse
0.70
0.60
Tetti e coperture con neve
0.70
0.20
Magazzini, Archivi, Scale
1.00
0.80
Vento
0.00
0.00
Destinazione d’uso
Carichi ai piani
Carichi indipendenti
ϕ
Copertura
1.0
Altri piani
0.5
Archivi
1.0
Carichi correlati ad alcuni piani
Copertura
1.0
Piani con carichi correlati
0.8
Altri piani
0.5
4.10 COMBINAZIONE DELL’AZIONE SISMICA CON LE
ALTRE AZIONI.
La combinazione tra tutte le azioni agenti su una struttura è espressa dalla seguente relazione:
γ I ⋅ E + Gk + Pk + ∑(ψ ji ⋅ Qki )
in cui:
γI E
= Azione sismica per lo stato limite in esame
γI = Fattore di Importanza
Gk = valore caratteristico delle azioni permanenti
Riferimenti teorici
Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 89
Pk = valore caratteristico della forza di precompressione
Qki = valori caratteristici delle azioni variabili tra loro indipendenti
ψ ji = ψ 0i
per la verifica allo Stato Limite del Danno (SLD)
ψ ji = ψ 2i
per la verifica allo Stato Limite Ultimo (SLU)
i valori assunti dai parametri
precedenza.
ψ
, funzione della destinazione d’uso, sono già stati riportati in
4.11 REGOLARITA’ DELLE STRUTTURE.
Il problema della regolarità della struttura diventa con l’Ordinanza n.3274 quanto mai importante
nella risoluzione della stessa, infatti in funzione della regolarità di un edificio saranno richieste scelte
diverse in relazione al metodo di analisi e ad altri parametri di progetto. Gli edifici devono avere
quanto più possibile caratteristiche di semplicità, simmetria e regolarità. Si definisce regolare un
edificio che rispetti sia i criteri di regolarità in pianta che quelli di regolarità in altezza.
Un edificio è regolare in pianta se tutte le seguenti condizioni sono rispettate:
- la configurazione in pianta è compatta e approssimativamente simmetrica rispetto
a due direzioni ortogonali, in relazione alla distribuzione di masse e rigidezze;
- il rapporto tra i lati di un rettangolo in cui l’edificio risulta inscritto è inferiore a
4;
- eventuali rientri o sporgenze non superano il 25 % della dimensione totale
dell’edificio nella direzione del rientro o della sporgenza;
- i solai possono essere considerati infinitamente rigidi nel loro piano rispetto agli
elementi verticali.
Un edificio è regolare in altezza se tutte le seguenti condizioni sono rispettate:
- tutti i sistemi resistenti verticali dell’edificio (quali telai e pareti) si estendono per
tutta l’altezza dell’edificio;
- massa e rigidezza rimangono costanti o si riducono gradualmente, senza bruschi
cambiamenti, dalla base alla cima dell’edificio (le variazioni da un piano all’altro
non superano il 20 %)
- il rapporto tra resistenza effettiva e resistenza richiesta dal calcolo non è
significativamente diverso per piani diversi (il rapporto fra la resistenza effettiva
e quella richiesta calcolata ad un generico piano non deve differire più del 20%
dall’analogo rapporto determinato per un altro piano);
- eventuali restringimenti della sezione dell’edificio avvengono in modo graduale,
rispettando i seguenti limiti: ad ogni piano il rientro non supera il 30 % della
dimensione corrispondente al primo piano, né il 10 % della dimensione
corrispondente al piano immediatamente sottostante.
Riferimenti teorici
Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 90
4.12 ANALISI SISMICA STATICA.
L’analisi statica lineare può essere effettuata per costruzioni regolari in altezza, a condizione che il
primo periodo di vibrazione della struttura (T1) non superi 2.5 TC. Per edifici che non superino i 40 m
di altezza, in assenza di calcoli più dettagliati, T1 può essere stimato utilizzando la formula seguente.
T1 = C1 ⋅ H 3 / 4
Essendo:
H = altezza dell’edificio, in metri, dal piano di fondazione
Cl = 0.085 per edifici con struttura a telaio in acciaio
0.075 per edifici con struttura a telaio in calcestruzzo
0.050 per edifici con qualsiasi altro tipo di struttura.
Effettuando sulla struttura un’analisi sismica di tipo statico, saranno applicate ad ogni impalcato
della struttura (o comunque per ogni elemento a cui afferisce una massa strutturale) delle forze
calcolate con la seguente espressione:
Fi = Fh
zi ⋅ Wi
∑ z j ⋅W j
in cui:
Fh = S d (T1 ) ⋅W / g ⋅ λ
zi , zj = altezze dei piani i-esimo e j-esimo dalla fondazione
Wi, Wj = pesi delle masse ai piani i-esimo e j-esimo
Sd(T1) = ordinata dello spettro di progetto
T1 = C1 ⋅ H 3 / 4 (Primo Periodo)
W = peso complessivo della struttura
λ = 0.85
(se l’edificio ha almeno 3 piani e T1<2TC)
λ = 1 (in tutti gli altri casi)
Riferimenti teorici
Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 91
A differenza del vecchio approccio normativo, le azioni di calcolo si ottengono sommando
all'azione massima di un sisma un'aliquota pari al 30% dell'azione dovuta ai sismi nelle altre direzioni.
Indicando con “E” l’effetto sismico sulla struttura, che può essere caso per caso inteso come forza,
momento, ecc.., la seguente espressione indica come vengono combinati gli effetti sismici legati alle
singole direzioni di ingresso del sisma:
E ' x ? ? E x ? 0.30 ?E y ? 0.30 ?E z
in cui:
E’x = effetto sismico finale combinato relativo alla direzione x di ingresso del sisma
Ex = effetto sismico semplice relativo alla direzione x di ingresso del sisma
Ey = effetto sismico semplice relativo alla direzione y di ingresso del sisma
Ez = effetto sismico semplice relativo alla direzione z di ingresso del sisma
L’azione sismica verticale z dovrà essere obbligatoriamente considerata nei seguenti casi:
-
presenza di elementi pressoché orizzontali con luce superiore a 20 m
-
presenza di elementi precompressi
-
presenza di elementi a mensola
-
presenza di strutture di tipo spingente
-
presenza di pilastri in falso
-
edifici con piani sospesi
L’analisi sotto l’azione sismica verticale può essere limitata a modelli parziali comprendenti gli
elementi per i quali tale azione è richiesta.
4.13 ANALISI DINAMICA MODALE.
L’analisi dinamica modale associata allo spettro di progetto è da considerare il metodo “normale”
per la progettazione degli edifici, e va applicata sul modello tridimensionale dell’edificio.
La combinazione dei modi potrà effettuarsi con:
E ? ? E 2i
Riferimenti teorici
Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 ? 92
oppure, nel caso in cui i periodi differissero come entità tra di loro meno del 10%, può essere
adottata la seguente relazione:
∑∑ ρ
E=
ij
⋅ Ei ⋅ E j
in cui si ha:
E = valore combinato della componente di risposta sismica che si sta considerando
Ei = valore della medesima componente dovuta al modo i-esimo
Ej = valore della medesima componente dovuta al modo j-esimo
(8 ⋅ ξ ⋅ (1 + β )⋅ β
3/ 2
2
ρi j =
βi j =
((1 − β
2
)
2
ij
ij
ij
(
)
+ 4 ⋅ ξ 2 ⋅ βi j ⋅ 1 + βi j
))
2
ω i = rapporto fra le frequenze di ciascuna coppia i – j di modi
ωj
ξ = coefficiente di smorzamento viscoso equivalente
Sarà necessario considerare un numero di modi di vibrare sufficiente ad eccitare 85% della massa
totale, ovvero tutti quelli che hanno una massa eccitata superiore al 5%.
Le azioni di calcolo si ottengono sommando all'azione massima di un sisma un'aliquota pari al
30% dell'azione dovuta ai sismi nelle altre direzioni.
E ' x = ± E x ± 0.30 ⋅ E y ± 0.30 ⋅ E z
con il medesimo significato dei simboli già riportato relativamente all’analisi sismica statica.
4.14 EFFETTI TORSIONALI.
E’ necessario considerare gli effetti torsionali accidentali dovuti all’aleatorietà della distribuzione
in pianta delle masse sia nel caso di analisi statica che dinamica.
Si prevedono due diverse possibilità per tenere conto degli effetti torsionali accidentali. Il primo è
quello di incrementare l'eccentricità fra baricentro delle masse e quello delle rigidezze di una distanza
pari 5% della dimensione massima ortogonale alla direzione del sisma. In alternativa, per edifici
simmetrici per rigidezze e masse, possono essere incrementate le sollecitazioni con un fattore δ pari a:
Riferimenti teorici
Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 93
δ = 1 + 0.6 ⋅ x / Lc
in cui si ha:
x = distanza dell’elemento resistente verticale dal baricentro geometrico dell’edificio,
perpendicolarmente alla direzione del sisma.
Lc = distanza tra i due elementi resistenti più lontani, perpendicolarmente alla direzione del sisma.
Questo effetto dovrà sempre essere tenuto in conto, indipendentemente dalla geometria della
struttura.
4.15 VERIFICA ALLO STATO LIMITE DEL DANNO.
La verifica allo Stato Limite del Danno si traduce, per gli edifici ordinari, nel controllo degli
spostamenti relativi di piano calcolati con lo spettro di progetto per S.L.D..
Per l’azione sismica di progetto dovrà essere verificato che gli spostamenti strutturali non
producano danni tali da rendere temporaneamente inagibile l’edificio. Questa condizione si potrà
ritenere soddisfatta quando gli spostamenti di interpiano ottenuti dall’analisi (dr) siano inferiori ai
limiti indicati nel seguito:
dr < α ⋅ h
essendo il valore di α desumibile dal seguente prospetto:
α
tipologia
0.005
edifici con tamponamenti collegati rigidamente alla struttura che
interferiscono con la deformabilità della stessa
0.0075
edifici con tamponamenti collegati elasticamente alla struttura
0.003
edifici con struttura portante in muratura ordinaria
0.005
edifici con struttura portante in muratura armata
essendo:
dr = spostamento di interpiano, ovvero la differenza tra gli spostamenti al solaio superiore ed
inferiore.
h = altezza dell’interpiano
Riferimenti teorici
Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 94
In caso di coesistenza di diversi tipi di tamponamenti o struttura portante nel medesimo piano
dell’edificio dovrà essere assunto il limite di spostamento più restrittivo.
4.16 VERIFICHE ALLO STATO LIMITE ULTIMO.
Le verifiche allo S.L.U. dovranno in generale assicurare un’adeguata resistenza di tutti gli elementi
strutturali nei confronti delle sollecitazioni di progetto ovvero:
E d ≤ Rd
in cui:
Ed = azione di progetto
Rd = resistenza di progetto
Dovrà essere verificato inoltre che i singoli elementi strutturali e la struttura nel suo insieme
possiedano una duttilità coerente con il fattore di struttura q adottato. Questa condizione può essere
ottenuta applicando determinate regole di progettazione ed il rispetto delle gerarchie di resistenza.
4.17 SISTEMI COSTRUTTIVI.
Le strutture, secondo l’Ordinanza n.3274 del 2003, vengono classificate in base al sistema
costruttivo che le caratterizza. Nel seguente prospetto sono elencati i tre possibili sistemi costruttivi
strutturali, a loro volta suddivisi in sotto-sistemi:
Sistema costruttivo
Edifici con struttura in cemento armato
Sotto – sistema strutturale
a telaio;
a pareti;
misto a telai e pareti;
a nucleo;
a ossatura pendolare in acciaio, con pareti o
nuclei che costituiscono il sistema resistente
principale per le azioni orizzontali;
prefabbricato.
Riferimenti teorici
Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 95
Edifici con struttura in acciaio
a telaio,
a telaio con controventi concentrici;
a telaio con controventi eccentrici;
a mensola;
intelaiato controventato.
Edifici con struttura mista in acciaio e a telaio,
calcestruzzo
a telaio con controventi concentrici;
a telaio con controventi eccentrici;
a mensola;
intelaiato controventato.
Edifici con struttura in muratura
a pareti in muratura ordinaria;
a pareti in muratura armata.
Edifici con struttura in legno
Edifici isolati
Edifici esistenti
4.17.1 CEMENTO ARMATO.
L'impostazione delle nuove norme sismiche, con le regole di progetto che da essa discendono,
prevede che gli edifici in cemento armato posseggano in ogni caso una adeguata capacità di dissipare
energia in campo inelastico per azioni cicliche ripetute, senza che ciò comporti riduzioni significative
della resistenza nei confronti delle azioni sia verticali che orizzontali.
Ai fini di un buon comportamento dissipativo d'insieme, le deformazioni inelastiche devono essere
distribuite nel maggior numero possibile di elementi duttili (in particolare nelle travi) evitando al
contempo che esse si manifestino negli elementi meno duttili (ad es. i pilastri) e nei meccanismi
resistenti fragili (ad es. resistenza a taglio, resistenza dei nodi trave-pilastro). Il procedimento adottato
nell’Ordinanza n.2374 per conseguire questo risultato si indica con il nome di "criterio della gerarchia
delle resistenze" (GR).
Le strutture saranno classificate in funzione della propria Capacità Dissipativa in due categorie:
-
Classe di Duttilità Alta (CD"A")
-
Classe di Duttilità Bassa (CD"B")
Il livello CD"A" prevede che sotto l'azione sismica di progetto la struttura si trasformi in un
meccanismo dissipativo ad elevata capacità, mentre al livello CD"B" si richiede essenzialmente che
tutti gli elementi a funzionamento flessionale: travi, pilastri e pareti, posseggano una soglia minima di
duttilità.
In funzione del livello di duttilità che si intende conseguire variano sia le modalità di applicazione
del criterio della gerarchia delle resistenze (nel livello "B" esso è di fatto presente solo in modo
implicito) sia l'entità dell'azione sismica di progetto, regolata dal valore del fattore di struttura q.
4.17.2 CALCOLO DEL FATTORE DI STRUTTURA.
Riferimenti teorici
Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 96
Relativamente alle strutture in cemento armato, il Fattore di Struttura q, avrà un valore compreso
tra 1.68 e 5.85, in base alla percentuale di forze orizzontali assorbite da telai, pareti e nuclei, alla
classe di duttilità ed alla regolarità in altezza della struttura. La relazione utilizzata per il calcolo di
“q” è la seguente:
q = q0 ⋅ K D ⋅ K R
essendo:
q0 = funzione della tipologia strutturale
KD = funzione della classe di duttilità
KR = funzione della regolarità dell’edificio
In particolare:
q0 = 4.5 αu/α1
q0 = 4.0 αu/α1
q0 = 4.0 αu/α1
q0 = 3.0
(strutture a telaio)
(strutture a pareti)
(strutture miste telaio-pareti)
(strutture a nucleo)
KD = 1.0
KD = 0.7
(Classe di Duttilità “A”)
(Classe di Duttilità “B”)
KR = 1.0
KR = 0.8
(Edifici regolari in altezza)
(Edifici non regolari in altezza)
αu = moltiplicatore della forza sismica orizzontale per il quale si verifica la
formazione di un numero di cerniere plastiche tali da rendere la struttura labile
α1 = moltiplicatore della forza sismica orizzontale per il quale il primo
elemento strutturale raggiunge la sua resistenza flessionale.
Nel caso non si procedesse ad un’analisi non lineare, per il rapporto αu/α1
possono essere adottati i seguenti valori:
edifici a telaio di un piano
edifici a telaio multipiano, ad una campata
edifici a telaio multipiano, ad più campate
edifici a pareti non accoppiate
edifici a pareti accoppiate o miste telaio-pareti
αu/α1 = 1.1
αu/α1 = 1.2
αu/α1 = 1.3
αu/α1 = 1.1
αu/α1 = 1.2
In ogni caso, qualora risultasse q < 1.5, si potrà sempre porre q = 1.5. Per tipologie strutturali
diverse da quelle definite nell’Ordinanza, valori di q maggiori di 1.5 potranno essere adottati solo se
adeguatamente giustificati dal progettista.
Riferimenti teorici
Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 97
4.18 VERIFICHE DI RESISTENZA – ELEMENTI IN C.A..
La normativa finora adottata consente di effettuare una verifica di resistenza degli elementi
strutturali secondo i due modelli attualmente disponibili: metodo delle Tensioni Ammissibili e metodo
degli Stati Limite. La nuova norma ha invece annullato la validità della metodologia alle Tensioni
Ammissibili, lasciando come unico modello valido quello agli Stati Limite.
Ricordando la già citata differenziazione tra strutture ad alta e a bassa duttilità (CD “A” e CD
“B”), per le strutture di classe “A” sono inoltre richieste verifiche per le gerarchie di resistenze ed
iper-resistenze.
4.18.1 TRAVI.
Per gli elementi strutturali di tipo trave progettate in CD “A”, il momento resistente deve risultare
superiore o uguale al momento flettente di calcolo.
Gli sforzi di taglio di calcolo si ottengono sommando il contributo dovuto ai carichi gravitazionali
agenti sulla trave (Vg) con lo sforzo di taglio prodotto dai momenti resistenti delle sezioni di estremità
(MRs = momento resistente in corrispondenza dell’estremo sinistro dell’asta, MRd = momento
resistente in corrispondenza dell’estremo destro dell’asta), amplificati del fattore γ Rd = 1.20.
V = Vg + 1.20 ⋅
M Rs + M Rd
l
Per quanto riguarda il taglio, il contributo di resistenza del calcestruzzo (Vcd) viene considerato
nullo e si considera esclusivamente il contributo dell’acciaio (Vwd). Se si verifica la condizione:
V > 10 ⋅τ Rd ⋅ bw ⋅ d
allora la resistenza deve venire affidata esclusivamente ad apposita armatura diagonale (45°) nei
due sensi. Il significato dei simboli adottati è il seguente:
V = il più grande dei valori assoluti tra Vmax e Vmin.
τ Rd = Rck 2 / 3 / 28
(in Mpa)
bw = larghezza dell’anima della trave
d = altezza utile della sezione
Riferimenti teorici
Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 98
in ogni caso V non può superare il valore 15 ⋅τ Rd ⋅ bw ⋅ d .
4.18.2 PILASTRI.
Per i pilastri, relativamente a strutture di tipo CD “A”, i momenti flettenti di calcolo si ottengono
moltiplicando i momenti derivanti dall’analisi per un fattore di amplificazione α, allo scopo di
proteggere i pilastri dalla plasticizzazione. Nella gerarchia di formazione di cerniere plastiche sulla
struttura è bene infatti che queste si formino prima sulle travi. Il fattore di amplificazione α è dato
dall’espressione:
α = γ Rd ⋅
∑M
∑M
Rt
p
in cui si ha:
γ Rd = 1.2
∑M
Rt
= somma dei momenti resistenti delle travi convergenti sul nodo ed aventi verso
p
= somma dei momenti di calcolo nei pilastri al di sopra ed al di sotto del medesimo nodo.
concorde
∑M
Al fine di escludere meccanismi inelastici dovuti al taglio, gli sforzi di taglio nei pilastri da
utilizzare per le verifiche si ottengono dalla condizione di equilibrio del pilastro soggetto all’azione
dei momenti resistenti nelle sezioni di estremità di asta, secondo l’espressione:
M Rp + M Rp
s
V = γ Rd ⋅
i
lp
con il seguente significato dei simboli:
V = sforzo di taglio di verifica
γ Rd
= 1.20
MRps = momento resistente nella sezione di estremità superiore (testa)
Riferimenti teorici
Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 99
MRpi = momento resistente nella sezione di estremità inferiore (piede)
lp = lunghezza del pilastro
[da Ordinanza n.3274 del 2003 – punto 5.4.3]
5.4.3 Nodi trave-pilastro
5.4.3.1 Definizioni
Si definisce nodo la zona del pilastro che si incrocia con le travi ad esso concorrenti.
Si distinguono due tipi di nodo:
nodi interamente confinati, così definiti quando in ognuna delle quattro facce verticali si
innesta una trave. Il confinamento si considera realizzato quando su ogni faccia la sezione della trave
si sovrappone per almeno i 3/4 della larghezza del pilastro, e su entrambe le coppie di facce opposte
del nodo le sezioni delle travi si ricoprono per almeno i 3/4 dell'altezza;
-
nodi non interamente confinati: tutti i nodi non appartenenti alla categoria precedente.
5.4.3.2 Verifiche di resistenza
La verifica di resistenza del nodo si assume automaticamente soddisfatta nel caso che esso sia
interamente confinato.
Per nodi non confinati, appartenenti a strutture di DC"A" e "B" deve essere verificata la seguente
condizione:
n st ⋅ Ast
i ⋅b
≥ 0,15
Rck
fy
(5.6)
nella quale nst è il numero di braccia delle staffe orizzontali presenti lungo l'altezza del nodo, Ast
è l'area di ciascuna barra, i è l'interasse delle staffe, e b è la larghezza utile del nodo.
4.18.3 PARETI.
SOLLECITAZIONI DI CALCOLO
Riferimenti teorici
Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 100
Per le strutture in CD"B", la distribuzione dei momenti flettenti e degli sforzi di taglio lungo
l'altezza delle pareti è quella derivante dall'analisi dell'edificio per le combinazioni di carico proposte
nei paragrafi precedenti.
Per le pareti semplici delle strutture in CD"A" vale invece quanto segue:
-
Il diagramma dei momenti di calcolo si ottiene linearizzando dapprima il
diagramma dei momenti ottenuti dall'analisi (congiungendo i punti estremi), e
poi traslando verticalmente il diagramma linearizzato per una distanza pari ad
hcr (altezza della zona inelastica di base). L'altezza hcr è data dal più grande tra
i seguenti valori: altezza della sezione di base della parete (l), un sesto
dell'altezza dell'edificio (H), altezza del piano terra.
-
Il diagramma degli sforzi di taglio di calcolo si ottiene moltiplicando quello
ottenuto dall'analisi per il fattore α dato da:
α = γ Rd ⋅
MRd
MSd
nella quale γRd = 1,20, mentre MRd ed MSd sono rispettivamente il momento
resistente della sezione di base della parete, calcolato considerando le armature
effettivamente disposte, ed il corrispondente momento ottenuto dall'analisi. Il
fattore di amplificazione α deve essere calcolato per entrambi i versi della azione
sismica, applicando il fattore di amplificazione calcolato per ciascun verso ai
momenti calcolati con l’azione agente nella medesima direzione.
Nel caso di pareti tozze (H/l < 2) si applica solo l'amplificazione degli sforzi di taglio secondo
l'espressione sopra riportata, mentre i momenti di calcolo possono coincidere con quelli forniti
dall'analisi.
VERIFICHE DI RESISTENZA
[da Ordinanza n.3274 del 2003 – punto 5.4.5.2]
a) Flessione
In ogni sezione il momento resistente, associato al più sfavorevole valore dello sforzo normale e
calcolato come per le situazioni non sismiche, deve risultare superiore od eguale al momento esterno
di calcolo, determinato come indicato in 5.4.5.1.
b) Taglio
-
Verifica dell'anima a compressione
Deve essere verificata la condizione
Riferimenti teorici
Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 101
V < VRd2
(5.8)
nella quale:
VRd2 = 0.4 (0.7 – fck/200) · fcd bo z
con
(5.9)
fck espresso in MPa e non superiore a 40 MPa
bo = spessore dell'anima della parete
z = braccio delle forze interne, valutabile come: 0,8 l
-
Verifica del meccanismo resistente a trazione
Deve essere verificata la condizione:
V < VRd3 < Vcd + Vwd
(5.10)
nella quale Vcd e Vwd rappresentano rispettivamente il contributo del conglomerato e
dell'armatura, e sono da valutare con le espressioni valide per le situazioni non sismiche nelle sezioni
al di fuori dell’altezza hcr, mentre nelle zone critiche valgono le espressioni:
sforzo normale di trazione:
Vcd = 0
sforzo normale di compressione:
Vcd = τRd(1.2 + 0.4ρ) b0 z (5.11)
dove ρ è il rapporto geometrico dell’armatura longitudinale espresso in %.
-
Verifica a scorrimento lungo piani orizzontali
Deve essere verificata la condizione
V < VRd,s < Vdd + Vfd
(5.12)
nella quale Vdd e Vfd rappresentano rispettivamente il contributo dell'effetto "spinotto" delle
armature verticali, e Vfd il contributo della resistenza per attrito e sono dati dalle espressioni:
Vdd = 0.25 fyd ΣAsi
Riferimenti teorici
Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 102
Vfd = 0.25 fcd · ξ l bo
essendo ΣAsi la somma delle aree delle barre verticali intersecanti il piano, e ξ l l’altezza
della parte compressa della sezione.
4.18.4 TRAVI DI COLLEGAMENTO.
Travi aventi altezza pari allo spessore del solaio non sono da considerare efficaci ai fini del
collegamento.
La verifica delle travi di collegamento è da eseguire con i procedimenti contenuti in 5.4.1.2 se è
soddisfatta almeno una delle due condizioni seguenti:
-
il rapporto luce netta e altezza è uguale o superiore a 3;
lo sforzo di taglio di calcolo risulta:
Vd ≤ 4 b d τ rd
(5.13)
Se le condizioni precedenti non sono soddisfatte lo sforzo di taglio deve venire assorbito da
armature ad X, con sezione pari ad As per ciascuna diagonale, che attraversano diagonalmente la
trave e si ancorano nelle pareti adiacenti, in modo da soddisfare la relazione:
Vd ≤ 2 As fyd ⋅sinα
essendo α l'angolo tra le diagonali e l'asse orizzontale.
In ogni caso deve risultare: Vd < 15 b d τrd.
4.19 PARTICOLARI COSTRUTTIVI.
4.19.1 TRAVI.
LIMITI GEOMETRICI
Riferimenti teorici
Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 103
La larghezza, b, della sezione non deve essere minore di 20 cm e, per le travi basse comunemente
denominate “a spessore”, non maggiore della larghezza del pilastro, aumentata da ogni lato di metà
dell’altezza della sezione trasversale del pilastro stesso.
Il rapporto b/h, infine, non deve essere minore di 0.25.
ARMATURE LONGITUDINALI
Per le armature longitudinali delle travi valgono i seguenti limiti:
1,4
7
<ρ<
f yk
f yk
A' s ≥ 0.50 As
in cui:
A' 
 A
ρ = rapporto geometrico di armatura  s ; s 
b⋅h b⋅h
fyk = tensione caratteristica di snervamento dell’acciaio
As’ = area dell’armatura in zona compressa
As = area dell’armatura in zona tesa
b = base della sezione della trave
h = altezza della sezione della trave
ARMATURE TRASVERSALI
Nelle zone di attacco dei pilastri, per un tratto pari a due volte l’altezza utile della sezione
trasversale per strutture a CD “A” e pari a una volta tale altezza per strutture a CD “B”, devono essere
previste delle zone di raffittimento delle staffe di contenimento. La prima staffa non deve distare più
di 5 cm dalla sezione a filo pilastro, e le successive devono essere disposte ad un passo non maggiore
della più piccola fra le seguenti grandezze:
Riferimenti teorici
un quarto dell’altezza utile della sezione trasversale
Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 104
-
sei volte il diametro minimo delle barre longitudinali considerate ai fini delle
verifiche (solo per strutture di tipo CD “A”)
-
15 cm
4.19.2 PILASTRI.
LIMITI GEOMETRICI
La dimensione minima della sezione trasversale non deve essere inferiore a 30 cm.
Il rapporto tra i lati minimo e massimo della sezione trasversale non deve essere inferiore a 0.3.
Nel caso in cui non fosse verificata una di queste condizioni, l’elemento verrà considerato, e quindi
verificato, come elemento bidimensionale di tipo parete.
ARMATURE LONGITUDINALI
Per le armature longitudinali dei pilastri deve valere la seguente relazione:
1% ≤
A
≤ 4%
Ac
in cui si ha:
A = area dell’armatura longitudinale
Ac = area della sezione in calcestruzzo
In ogni caso, per tutta la lunghezza dell’elemento, l’interasse tra le barre non deve mai superare i
25 cm.
ARMATURE TRASVERSALI
Relativamente alle armature trasversali, tanto per strutture di tipo CD “A” che di tipo CD “B”, alle
due estremità del pilastro si devono disporre staffe di contenimento e legature per una lunghezza,
misurata a partire dalle sezione di estremità, pari alla maggiore delle seguenti quantità:
Riferimenti teorici
il lato maggiore della sezione trasversale
Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 105
-
un sesto dell’altezza netta del pilastro
-
45 cm
Il diametro delle staffe di contenimento e legature non deve essere inferiore a 8 mm. Tali armature
saranno disposte ad un passo pari alla più piccola delle seguenti quantità:
-
6 volte il diametro minimo delle barre longitudinali che collegano (solo per
strutture di tipo CD “A”)
-
un quarto del lato minore della sezione trasversale
-
15 cm
4.19.3 NODI TRAVE-PILASTRO.
[da Ordinanza n.3274 del 2003]
5.5.4.1 Limiti geometrici
Sono da evitare per quanto possibile eccentricità tra l'asse della trave e l'asse del pilastro
concorrenti in un nodo. Nel caso che tale eccentricità superi 1/4 della larghezza del pilastro la
trasmissione degli sforzi deve essere assicurata da armature adeguatamente dimensionate allo scopo.
5.5.4.2 Armature
Le armature longitudinali delle travi, sia superiori che inferiori, devono attraversare, di regola, il
nodo senza giunzioni. Quando ciò non risulti possibile, sono da rispettare le seguenti prescrizioni:
le barre vanno ancorate oltre la faccia opposta a quella di intersezione, oppure rivoltate
verticalmente in corrispondenza di tale faccia, a contenimento del nodo;
la lunghezza di ancoraggio va calcolata in modo da sviluppare una tensione nelle barre pari a
1,25 fyk, e misurata a partire da una distanza pari a 6 diametri dalla faccia del pilastro verso
l'interno.
Indipendentemente da quanto richiesto dalla verifica in 5.4.2.2, lungo le armature longitudinali
del pilastro che attraversano i nodi non confinati devono essere disposte staffe di contenimento in
Riferimenti teorici
Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 106
quantità almeno pari alla maggiore prevista nelle zone del pilastro inferiore e superiore adiacenti al
nodo.
Questa regola può non essere osservata nel caso di nodi interamente confinati.
4.19.4 PARETI.
Bisogna innanzitutto dire che si definiscono “pareti” quegli elementi portanti verticali il cui
rapporto tra le due dimensioni della sezione trasversale orizzontale (spessore diviso lunghezza) sia
inferiore al valore 0.3.
Le armature, sia orizzontali che verticali, devono essere disposte su entrambe le facce della parete,
e devono essere collegate con almeno 9 legature per metro quadro. Il passo tra le barre non deve
superare i 30 cm ed il loro diametro non deve essere maggiore di un decimo dello spessore della
parete.
Detti h ed L rispettivamente l’altezza e la lunghezza della parete, per h/L < 4 deve essere valida
l’espressione:
0.25% ≤ ρ ≤ 4%
per h/L ≥ 4:
1% ≤ ρ ≤ 4%
essendo:
ρ = rapporto geometrico di armatura totale verticale
Anche per le armature orizzontali vanno rispettate le medesime condizioni.
4.19.5 TRAVI DI COLLEGAMENTO.
Nel caso di armatura ad X, ciascuno dei due fasci di armatura deve essere racchiuso da armatura a
spirale o da staffe di contenimento con passo non superiore a 100 mm.
In questo caso, in aggiunta all'armatura diagonale sarà disposta su ciascuna faccia della trave una
rete di diametro 10 mm a maglia quadrata di lato 10 cm, ed armatura corrente di 2 barre da 16 mm ai
bordi superiore ed inferiore.
Riferimenti teorici
Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 107
Gli ancoraggi delle armature nelle pareti saranno del 50% più lunghi di quanto previsto per il
dimensionamento non sismiche.
4.19.6 REQUISITI ADDIZIONALI PER EDIFICI CON TAMPONAMENTI
IN MURATURA.
CRITERI GENERALI
Le prescrizioni di cui al presente punto si riferiscono ad edifici con struttura in cemento armato e
tamponamenti in muratura non collaboranti.
È in generale necessario considerare:
- le conseguenze di possibili irregolarità in pianta o in altezza provocate dalla disposizione dei
tamponamenti;
- gli effetti locali dovuti all’interazione tra telai e tamponamenti.
Sono esclusi da queste prescrizioni i tamponamenti interni di spessore non superiore a 10 cm.
IRREGOLARITA’ PROVOCATE DAI TAMPONAMENTI
Qualora la distribuzione dei tamponamenti sia fortemente irregolare in pianta, gli effetti sulla
distribuzione delle forze equivalenti al sisma dovranno essere valutati e tenuti in conto. Questo
requisito si intende soddisfatto incrementando l’eccentricità accidentale di un fattore 2.
Qualora la distribuzione dei tamponamenti sia fortemente irregolare in altezza, la possibilità di
forti concentrazioni di danno ai piani con significativa riduzione dei tamponamenti dovrà essere
considerata. Questo requisito si intende soddisfatto incrementando le azioni di calcolo per gli elementi
verticali (pilastri e pareti) dei piani con riduzione dei tamponamenti di un fattore 1.4.
EFFETTI LOCALI
Nel caso in cui i tamponamenti non si estendano per l’intera altezza dei pilastri adiacenti, gli sforzi
di taglio da considerare per la parte del pilastro priva di tamponamento dovranno essere calcolati
utilizzando la relazione
M Rp + M Rp
s
V = γ Rd ⋅
Riferimenti teorici
i
lp
Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 108
dove l’altezza lp sarà assunta pari alla parte di pilastro priva di tamponamento. L’armatura
risultante dovrà essere estesa per una distanza pari alla profondità del pilastro oltre la zona priva di
tamponamento. Nel caso in cui l’altezza della zona priva di tamponamento fosse inferiore a 1.5 volte
la profondità del pilastro, dovranno essere utilizzate armature bi-diagonali.
Nel caso precedente e nel caso in cui il tamponamento sia presente su un solo lato di un pilastro,
l’armatura trasversale da disporre alle estremità del pilastro dovrà essere estesa all’intera altezza del
pilastro.
LIMITAZIONI DEI DANNI AI TAMPONAMENTI
In zone sismiche 1, 2 e 3 oltre alle verifiche precedentemente descritte, dovranno essere adottate
misure atte ad evitare collassi fragili e prematuri dei pannelli di tamponamento esterno e la possibile
espulsione di elementi di muratura in direzione perpendicolare al piano del pannello. Questa regola si
intende soddisfatta con l’inserimento di leggere reti in acciaio sui due lati della muratura, collegate tra
loro a distanza non superiori a 500 mm sia in direzione orizzontale sia in direzione verticale, ovvero
con l’inserimento di elementi di armatura orizzontale nei letti di malta, a distanza non superiore a 500
mm.
Riferimenti teorici
Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 109
Capitolo 5 – Confronto fra le
normative.
NORMATIVA VIGENTE
ORDINANZA P.C.M. n° 3274
SPETTRO DI PROGETTO
a = g ⋅ C ⋅ β ⋅ R(T ) ⋅ ε ⋅ I
 T  2.5 
a = a g ⋅ S ⋅ 1 + ⋅ 
− 1

 TB  q
0 ≤ T < TB
2.5
a = ag ⋅ S ⋅
q
TB ≤ T < Tc
2.5  TC 
a = ag ⋅ S ⋅
⋅ 
q T 
TC ≤ T < TD
2.5  TC ⋅ TD 
⋅

q  T2 
TD ≤ T
a = ag ⋅ S ⋅
Classificazione sito:
0.1 ⋅ g ; I °

0.07 ⋅ g ; II °



g ⋅C = 

0
.
04
⋅
g
;
III
°


0 ⋅ g ; NO− SISMA
Coefficiente di fondazione:
ε = 1 ÷ 1.3
Riferimenti teorici
0.35 ⋅ g ; I ° 
0.25 ⋅ g ; II ° 


ag = 

0.15 ⋅ g ; III °
0.05 ⋅ g ; IV °
Categoria suolo:
cat. A – Suoli omogenei molto rigidi,
Vs30 > 800 m/s
cat. B – Sabbie molto addensate,
360 m/s < Vs30 < 800 m/s
cat. C – Sabbie mediamente addensate, 180 m/s <
Vs30 < 360 m/s
Capitolo 5 – Confronto fra le normative. • 111
NORMATIVA VIGENTE
ORDINANZA P.C.M. n° 3274
cat. D – Terreni granulari poco addensati, Vs30 <
180 m/s
cat. E – Terreni a strati superficiali alluvionali, Vs30
come C e D, giacenti su un substrato di materiale
più rigido.
Categoria ⋅ suolo TB
TC TD
0.15 0.40 2.0
A
0.15 0.50 2.0
B, C , E
0.20 0.80 2.0
D
1; A



S = 1.25; B, C , E 
1.35; D



Coefficiente di protezione sismica:
I = 1 ÷ 1.4
Fattore di importanza:
γ I = 1÷ 1.4
Questo parametro è utilizzato nelle formule di
combinazione dell’azione sismica
Coefficiente di struttura:
β = 1÷ 4
Fattore di struttura:
q = 1.0 ÷ 6.5
4
q≈
β
per il calcolo di “q” per le strutture in c.a.,
vedere pagine seguenti.
Coefficiente di risposta:
Riferimenti teorici
Capitolo 5 – Confronto fra le normative. • 112
NORMATIVA VIGENTE
ORDINANZA P.C.M. n° 3274
MASSE SISMICHE
W = G + s ⋅ Qk
s = [0%,33%,50%,100%]
(funzione della destinazione d’uso)
W = Gk + ∑(ψ Ei ⋅ Qki )
ψ Ei = ψ 0i ⋅ ϕ ; ( StatoLimit eDanno)
ψ Ei = ψ 2i ⋅ ϕ ; ( StatoLimit eUltimo )
ψ 0i = [0.7 ÷ 1] ψ 2i = [0.3 ÷ 0.8]
(funzione della destinazione d’uso)
ϕ = [1,0.8,0.5]
(funzione del piano)
COMBINAZIONE DELL’AZIONE SISMICA
γ g Gk + γ p Pk + γ q⋅ [Qtk + ∑(ψ oi ⋅ Qik )] ± γ Eα
γ g = [1,1.4]; γ p = [0.9,1.2]; γ q = [0,1.5]; γ E = 1.5
γ I ⋅ E + Gk + Pk + ∑(ψ ji ⋅ Qki )
ψ ji = ψ 0i ; ( S .L.D.)
ψ ji = ψ 2i ; ( S .L.U .)
in cui si ha:
Gk = valore caratteristico delle azioni permanenti
=
valore caratteristico della forza di
Pk
precompressione
Q1k = valore caratteristico dell’azione di base di
ogni combinazione
Qik = valori caratteristici delle azioni variabili tra
loro indipendenti
ANALISI STATICA (solo per edifici regolari)
Riferimenti teorici
Capitolo 5 – Confronto fra le normative. • 113
NORMATIVA VIGENTE
ORDINANZA P.C.M. n° 3274
Fi = Fh
Fi = K hi ⋅ Wi
K hi = C ⋅ β ⋅ ⋅ε ⋅ γ i
zi ⋅ Wi
∑ z j ⋅W j
Fh = S d (T1 ) ⋅ W / g ⋅ λ
T1 = C1 ⋅ H 3 / 4
(Primo Periodo)
C1 = 0.085 - Telai in acciaio
C1 = 0.075 - Telai in c.a.
C1 = 0.050 – Altre tipologie
λ = [0.85,1.00]
λ = 0.85 (se l’edificio ha almeno 3 piani e
T1<2TC)
Sd(T1) = ordinata spettro di risposta
Le azioni di calcolo si ottengono sommando
I due sismi sono considerati indipendenti.
all'azione massima di un sisma un'aliquota pari al
30% dell'azione dovuta ai sismi nelle altre direzioni.
E ' x = ± E x ± 0.30 ⋅ E y ± 0.30 ⋅ E z
Momento torcente minimo per l'Analisi statica:
M ti min = λD
n
∑
Effetti torsionali accidentali:
Incrementare l'eccentricità di una distanza pari 5%
Fj
della dimensione massima ortogonale alla direzione
j =1
D

λ = 0.03 + 0.02 ⋅  − 2.5 
B

del sisma.
Incrementare le sollecitazioni con un fattore:
< 3.5
λ = 0.05
oppure
2.5 < D/B
δ = 1 + 0.6 ⋅ x / Lc
D/B >
3.5
x = distanza dell’elemento resistente verticale dal
baricentro geometrico dell’edificio,
perpendicolarmente alla direzione del sisma.
Lc = distanza tra i due elementi resistenti più
lontani, perpendicolarmente alla direzione del
sisma.
(funzione della geometria della struttura)
(sempre, indipendentemente dalla geometria della
struttura)
ANALISI DINAMICA
(
E = ∑ E 2i
)
(
1/ 2
E = ∑ E 2i
)
1/ 2
oppure, se i periodi differiscono meno del 10%
E=
Riferimenti teorici
(∑∑ ρ
ij
⋅ Ei ⋅ E j
)
1/ 2
Capitolo 5 – Confronto fra le normative. • 114
NORMATIVA VIGENTE
ORDINANZA P.C.M. n° 3274
(8 ⋅ ξ ⋅ (1 + β )⋅ β )
=
((1 − β ) + 4 ⋅ξ ⋅ β ⋅ (1 + β ) ) Con
3/ 2
2
ρi j
ij
2
βi j =
Considerare un numero di modi sufficienti ad
eccitare 85% della massa totale.
I due sismi sono considerati indipendenti.
2
ij
2
2
ij
ij
ij
ωi
ωj
Considerare un numero di modi sufficienti ad
eccitare 85% della massa totale, ovvero tutti quelli
che hanno una massa eccitata superiore al 5%.
Le azioni di calcolo si ottengono sommando
all'azione massima di un sisma un'aliquota pari al
30% dell'azione dovuta ai sismi nelle altre direzioni.
E ' x = ± E x ± 0.30 ⋅ E y ± 0.30 ⋅ E z
Momento torcente minimo per l'Analisi
dinamica:
Effetti torsionali accidentali:
Incrementare l'eccentricità di una distanza pari
Nessuno
5% della dimensione massima ortogonale alla
direzione del sisma.
oppure
Incrementare le sollecitazioni con un fattore:
δ = 1 + 0.6 ⋅ x / Lc
x = distanza dell’elemento resistente verticale dal
baricentro geometrico dell’edificio,
perpendicolarmente alla direzione del sisma.
Lc = distanza tra i due elementi resistenti più
lontani, perpendicolarmente alla direzione del
sisma.
(sempre, indipendentemente dalla geometria della
struttura)
CONTROLLO SPOSTAMENTI RELATIVI - VERIFICHE DEL DANNO (S.L.D.)
Compatibilità degli spostamenti utilizzando lo
spettro di progetto.
δ <α ⋅h
α = 0.002 ÷ 0.004
δ = µ p ± λ ⋅ µD
λ = [2,3,4]
Riferimenti teorici
Seconda risoluzione con uno spettro elastico
ottenuto da quello dello S.L.U. ridotto di un fattore
pari a 2.5 e masse incrementate (vedi tabella
MASSE SISMICHE), al solo scopo di controllo
compatibilità spostamenti.
δ <α ⋅h
α = 0.003 ÷ 0.0075
Capitolo 5 – Confronto fra le normative. • 115
NORMATIVA VIGENTE
ORDINANZA P.C.M. n° 3274
VERIFICHE DI RESISTENZA
Tensioni ammissibili
oppure
S.L.U.
S.L.U. e, per classe di duttilità “A”, verifiche
gerarchie resistenze e iper-resistenze
EDIFICI CON STRUTTURA IN C.A.
Classificazione in base alla capacità dissipativa:
Nessuna classificazione
• CD"A" classe ad alta capacità dissipativa;
prevede che sotto l'azione sismica di progetto la
struttura si trasformi in un meccanismo dissipativo
ad elevata capacità. Richiesta la verifica esplicita
delle gerarchie delle resistenze
• CD"B" classe a bassa capacità dissipativa;
prevede che tutti gli elementi a comportamento
flessionale (travi, pilastri, pareti) abbiano una soglia
minima di duttilità.
Coefficiente di struttura
Fattore di struttura
β = 1 ÷ 1.2
q = 1.68 ÷ 5.85
q = q0 ⋅ K D ⋅ K R
in base alla percentuale di forze orizzontali
assorbite da telai e pareti.
in base alla percentuale di forze orizzontali
assorbite da telai, pareti e nuclei, alla classe di
duttilità, alla regolarità in altezza.
q0 = funzione della tipologia strutturale
KD = funzione della classe di duttilità
KR = funzione della regolarità dell’edificio
In particolare:
q0 = 4.5 αu/α1 (strutture a telaio)
q0 = 4.0 αu/α1 (strutture a pareti)
q0 = 4.0 αu/α1 (strutture miste telaio-pareti)
q0 = 3.0
(strutture a nucleo)
KD = 1.0
KD = 0.7
KR = 1.0
KR = 0.8
(Classe di Duttilità “A”)
(Classe di Duttilità “B”)
(Edifici regolari in altezza)
(Edifici non regolari in altezza)
Sollecitazioni di calcolo:
Sollecitazioni ottenute dall'analisi sismica.
Riferimenti teorici
Per strutture classe CD"A" le sollecitazioni di
calcolo si ottengono in modo da garantire la
formazione di meccanismi duttili ad esempio
sovrastimando il taglio di calcolo in modo da
garantire l'equilibrio con i momenti resistenti ultimi
di estremo di asta:
Capitolo 5 – Confronto fra le normative. • 116
NORMATIVA VIGENTE
ORDINANZA P.C.M. n° 3274
M Rp + M Rp
s
V = 1.2 ⋅
i
lp
Per strutture classe CD"B" si utilizzano
sollecitazioni ottenute dall'analisi sismica.
le
Particolari costruttivi travi:
CIRCOLARE MIN. LL.PP. N° 65 DEL 10/04/1997
Limiti geometrici:
La larghezza, b, della sezione non deve essere
minore di 20 cm e, per le travi basse comunemente
denominate “a spessore”, non maggiore della
larghezza del pilastro, aumentata da ogni lato di
metà dell’altezza della sezione trasversale del
pilastro stesso.
Il rapporto b/h, infine, non deve essere minore di
0,25.
Limiti armature longitudinali per le travi:
La larghezza, b, della sezione non deve essere
minore di 20 cm e, per le travi basse comunemente
denominate “a spessore”, non maggiore della
larghezza del pilastro, aumentata da ogni lato di
metà dell’altezza della sezione trasversale del
pilastro stesso.
Il rapporto b/h, infine, non deve essere minore di
0,25.
1,4
7
<ρ<
f yk
f yk
1,4
7
<ρ<
f yk
f yk
A' s ≥ 0.50 As
A' s ≥ 0.50 As
Passo massimo armature trasversali delle travi
Passo massimo armature trasversali delle travi
il minore dei seguenti:
il minore dei seguenti:
• un quarto dell’altezza utile della sezione
trasversale;
• sei volte il diametro minimo delle barre
longitudinali considerate ai fini delle verifiche;
• 15 cm.
• un quarto dell’altezza utile della sezione
trasversale;
• sei volte il diametro minimo delle barre
longitudinali considerate ai fini delle verifiche (solo
per CD''A'');
• 15 cm.
per una lunghezza minima di due volte l’altezza
utile.
per una lunghezza minima di due volte l’altezza
utile (solo per CD''A'').
Almeno un quarto dell’armatura necessaria
all’estremità deve essere mantenuta per tutto il
bordo superiore.
Almeno un quarto dell’armatura necessaria
all’estremità deve essere mantenuta per tutto il
bordo superiore.
Il rapporto armatura compressa su armatura tesa
deve essere > 50%.
Il rapporto armatura compressa su armatura tesa
deve essere > 50%.
All’estremità delle travi deve essere contenuta
almeno al 75% entro la lunghezza dell’anima.
Staffe di contenimento con ganci a 135° prolungati
per almeno 10 diametri alle 2 estremità.
Particolari costruttivi pilastri:
Staffe di contenimento con ganci a 135° prolungati
per almeno 10 diametri alle 2 estremità.
CIRCOLARE MIN. LL.PP. N° 65 DEL 10/04/1997
Limiti geometrici:
La dimensione minima della sezione trasversale non
deve essere inferiore a 30 cm; mentre il rapporto tra i
lati minimo e massimo non deve essere inferiore a
Riferimenti teorici
Limiti geometrici:
La dimensione minima della sezione trasversale non
deve essere inferiore a 30 cm; mentre il rapporto tra i
lati minimo e massimo non deve essere inferiore a
Capitolo 5 – Confronto fra le normative. • 117
NORMATIVA VIGENTE
0,3. In caso contrario, l’elemento è assimilato alle
pareti portanti.
Armature longitudinali:
1% ≤
ORDINANZA P.C.M. n° 3274
0,3. In caso contrario, l’elemento è assimilato alle
pareti portanti.
Armature longitudinali:
A
≤ 4%
Ac
1% ≤
A
≤ 4%
Ac
Armature trasversali:
Alle due estremità del pilastro si devono disporre
staffe di contenimento e legature per una lunghezza,
misurata a partire dalle sezione di estremità, pari alla
maggiore delle seguenti quantità:
il lato maggiore della sezione trasversale;
•
un sesto dell’altezza netta del pilastro;
•
45 cm.
•
Armature trasversali:
Alle due estremità del pilastro si devono disporre
staffe di contenimento e legature per una lunghezza,
misurata a partire dalle sezione di estremità, pari alla
maggiore delle seguenti quantità:
• il lato maggiore della sezione trasversale;
• un sesto dell’altezza netta del pilastro;
• 45 cm.
Il diametro delle staffe di contenimento e legature
non deve essere inferiore a 8 mm. Tali armature
saranno disposte ad un passo pari alla più piccola
delle seguenti quantità:
6 volte il diametro minimo delle barre
•
longitudinali che collegano;
un quarto del lato minore della sezione
•
trasversale;
15 cm.
•
Il diametro delle staffe di contenimento e legature
non deve essere inferiore a 8 mm. Tali armature
saranno disposte ad un passo pari alla più piccola
delle seguenti quantità:
• 6 volte il diametro minimo delle barre
longitudinali che collegano; (solo per CD''A'')
• un quarto del lato minore della sezione
trasversale;
• 15 cm.
Particolari costruttivi pareti:
CIRCOLARE MIN. LL.PP. N° 65 DEL 10/04/1997
per h/L < 4 (h = altezza della parete, L =
lunghezza):
per h/L < 4 (h = altezza della parete, L =
lunghezza):
0,25% ≤ ρ ≤ 4%
0,25% ≤ ρ ≤ 4%
per h/L ≥ 4:
1% ≤ ρ ≤ 4%
Riferimenti teorici
per h/L ≥ 4:
1% ≤ ρ ≤ 4%
• 118
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