S.T.S. Software Tecnico Scientifico PROGETTAZIONE SISMICA SECONDO L’ORDINANZA N.3274 DEL 2003 S.T.S. Software Tecnico Scientifico Sommario Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. 1 INTRODUZIONE ALLA SICUREZZA STRUTTURALE. .........................................1 1.1 IL CALCOLO AGLI S.L.U. COME ANALISI LIMITE. ......................................2 1.2 CONFRONTO SULL’UTILIZZO DELLE SEZIONI DI CALCESTRUZZO A PRESSO-FLESSIONE DEVIATA (CASO DEI PILASTRI)...........................................3 1.3 DEFINIZIONE DI STATI LIMITE.....................................................................4 1.4 AZIONI SULLE COSTRUZIONI......................................................................4 PROSPETTO 1 ..........................................................................................6 1.5 PROPRIETA’ DEI MATERIALI. ......................................................................7 PROSPETTO 6-I........................................................................................8 1.6 CALCOLO DELLE SOLLECITAZIONI............................................................8 1.7 SOLUZIONE PER SEZIONE PRESSO-INFLESSA CON LEGAME COSTITUTIVO NON LINEARE..................................................................................12 1.8 STRATEGIE DI SOLUZIONE. ......................................................................15 PROSPETTO 7-I......................................................................................25 PROSPETTO 8-I......................................................................................29 1.9 CALCOLO DELLA FRECCIA ANELASTICA. ...............................................29 ESEMPIO.................................................................................................31 1.10 EFFETTI DELLA VISCOSITA’ SUGLI SPOSTAMENTI. .............................32 1.11 RAFFRONTO TRA LA VERIFICA CON LA NORMATIVA ITALIANA AGLI STATI LIMITE E L’EUROCODICE 2..........................................................................36 1.11.1 S.L.U. PRESSOFLESSIONE........................................................36 1.11.2 S.L.U. TAGLIO .............................................................................37 1.11.3 S.L.U. TORSIONE .......................................................................39 1.11.4 S.L.U. AZIONE COMBINATA TAGLIO E TORSIONE PER IL CLS41 1.11.5 S.L.E. FESSURAZIONI................................................................42 1.11.6 MINIMI ARMATURE TRAVI.........................................................43 1.11.7 MINIMI PILASTRI.........................................................................45 Capitolo 2 – Schematizzazione dell’azione sismica. 49 2.1 INTRODUZIONE: I TERREMOTI. ..................................................................49 2.2 COMPORTAMENTO SISMICO DELLE COSTRUZIONI. ..............................49 2.3 OSCILLATORE ELEMENTARE. ....................................................................50 2.4 MOTI IMPRESSI ALLA BASE. .......................................................................53 2.5 SPETTRO DI RISPOSTA ELASTICO. ...........................................................53 2.6 SISTEMI A PIU’ GRADI DI LIBERTA’.............................................................55 Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. 61 3.1 DEFINIZIONE DI DUTTILITA’.........................................................................61 3.2 DUTTILITA’ LOCALE DI ELEMENTI STRUTTURALI. ...................................63 Riferimenti teorici Sommario • i 3.3 RISPOSTA ANELASTICA DELLA STRUTTURA. ......................................... 67 3.4 OSCILLATORE ELASTOPLASTICO EQUIVALENTE E DUTTILITA’ DI STRUTTURA. ............................................................................................................ 69 3.5 DUTTILITA’ DI STRUTTURA E SPETTRO DI PROGETTO. ........................ 70 3.6 ANALISI NON LINEARE STATICA - PUSHOVER ANALYSIS...................... 73 Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 83 4.1 INTRODUZIONE. ........................................................................................... 83 4.2 REQUISITI DI SICUREZZA E CRITERI DI VERIFICA. ................................. 83 4.3 SPETTRO DI RISPOSTA ELASTICO............................................................ 83 4.4 CATEGORIA SISMICA. ................................................................................. 84 4.5 CARATTERISTICHE DEL SUOLO. ............................................................... 85 4.6 IMPORTANZA SISMICA. ............................................................................... 86 4.7 SPETTRI DI PROGETTO PER LO STATO LIMITE ULTIMO........................ 86 4.8 SPETTRO DI PROGETTO PER LO STATO LIMITE DEL DANNO. ............. 88 4.9 MASSE SISMICHE......................................................................................... 88 4.10 COMBINAZIONE DELL’AZIONE SISMICA CON LE ALTRE AZIONI. ........ 89 4.11 REGOLARITA’ DELLE STRUTTURE. ......................................................... 90 4.12 ANALISI SISMICA STATICA........................................................................ 91 4.13 ANALISI DINAMICA MODALE..................................................................... 92 4.14 EFFETTI TORSIONALI. ............................................................................... 93 4.15 VERIFICA ALLO STATO LIMITE DEL DANNO........................................... 94 4.16 VERIFICHE ALLO STATO LIMITE ULTIMO................................................ 95 4.17 SISTEMI COSTRUTTIVI. ............................................................................. 95 4.17.1 CEMENTO ARMATO. .................................................................. 96 4.17.2 CALCOLO DEL FATTORE DI STRUTTURA............................... 96 4.18 VERIFICHE DI RESISTENZA – ELEMENTI IN C.A.. .................................. 98 4.18.1 TRAVI. .......................................................................................... 98 4.18.2 PILASTRI...................................................................................... 99 4.18.3 PARETI....................................................................................... 100 4.18.4 TRAVI DI COLLEGAMENTO. .................................................... 103 4.19 PARTICOLARI COSTRUTTIVI. ................................................................. 103 4.19.1 TRAVI. ........................................................................................ 103 4.19.2 PILASTRI.................................................................................... 105 4.19.3 NODI TRAVE-PILASTRO. ......................................................... 106 4.19.4 PARETI....................................................................................... 107 4.19.5 TRAVI DI COLLEGAMENTO. .................................................... 107 4.19.6 REQUISITI ADDIZIONALI PER EDIFICI CON TAMPONAMENTI IN MURATURA........................................................................................... 108 Capitolo 5 – Confronto fra le normative. Riferimenti teorici 111 Sommario • ii Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. INTRODUZIONE ALLA SICUREZZA STRUTTURALE. Ogni struttura deve essere progettata in modo da garantire durante l'uso per cui è destinata sia la sicurezza nei confronti delle persone e delle cose che alcuni requisiti di funzionalità e durabilità. Il progettista è quindi tenuto a progettare le strutture in modo da garantire che esse forniscano determinate prestazioni nei confronti di tutte gli eventi che potranno coinvolgere la struttura. Un metodo per garantire adeguati livelli di sicurezza ed implicitamente di usabilità è sicuramente quello delle Tensioni Ammissibili, ovvero un criterio che discende direttamente dalla teoria dell'elasticità e che basa la misura della sicurezza, ed in generale delle prestazioni, sulla verifica puntuale delle tensioni che dovranno essere limitate al valore, appunto, ammissibile. Questo metodo ha il grande merito di essere molto semplice, collaudato e di tenere in conto in maniera implicita, scegliendo opportunamente i valori ammissibili di tensione, anche la necessità di limitare le deformazioni per assicurare una funzionalità accettabile. Il progresso scientifico e tecnologico, la necessità di dovere garantire la sicurezza nei confronti di eventi anche traumatici per la struttura come sismi o scoppi senza incorrere in sovradimensionamenti, la necessità di dovere assicurare la funzionalità e la durabilità sotto i carichi di esercizio ha reso necessario elaborare metodi di verifica più raffinati tra cui il metodo degli STATI LIMITE. Con il metodo degli stati limite vengono definiti esplicitamente le prestazioni che la struttura deve garantire nei confronti dei singoli eventi ed in particolare verranno definiti sia le prestazioni che garantiscono la sicurezza nei confronti del collasso, STATI LIMITE ULTIMI, che le prestazioni che dovranno garantire l'utilizzabilità e la durabilità, STATI LIMITE DI ESERCIZIO. Accanto alle prestazioni il metodo definisce gli eventi per cui tali prestazioni vanno garantite, ad esempio nei confronti di un sisma severo mi basterà garantire solo lo stato limite ultimo accettando che la struttura non risulti più utilizzabile; diversamente su un solaio caricato da un livello di carico statisticamente frequente non dovrò garantire solamente la resistenza, ma anche che la deformabilità e la fessurazione sia compatibile con la sua funzionalità. L'avere distinto i vari livelli di prestazione permette di utilizzare al meglio i materiali, per cui la verifica della resistenza allo SLU verrà effettuata utilizzando anche le risorse anelastiche con la teoria del calcolo a rottura. In questo modo la verifica consisterà nel valutare la resistenza ultima, ad esempio il momento resistente ultimo di una sezione, e verificare che l'azione di calcolo sia minore. MSd <=MRdu (momento di calcolo inferiore al momento resistente ultimo). Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 1 Diversamente quindi dalle tensioni ammissibili non si confronteranno valori puntuali di tensione, ma i valori delle resistenza ultime delle membrature. 1.1 IL CALCOLO AGLI S.L.U. COME ANALISI LIMITE. Il calcestruzzo e l’acciaio vengono spinti nel campo di comportamento non lineare. La normativa individua per il calcestruzzo armato lo S.L.U. come una limitazione delle deformazioni. Questi materiali possono considerarsi elasto-plastici a duttilità limitata. In generale per un assegnato spazio di sollecitazioni S ad esempio (N, Mx, My) ovvero (Tx, Ty, Mt) è possibile definire un dominio di ammissibilità statica delle tensioni F(S) ≤ 0 ovvero F(N, Mx, My) ≤ 0 Nel caso elasto-plastico perfetto F(S) < 0 campo elastico F(S) = 0 attivazione plastica. La misura della sicurezza dipende dal percorso dei carichi. Percorso di tipo affine S = P (permanente) + k * Q (accidentale) F(S) = F(P + k * Q) ≤ 0 Quindi valutare la sicurezza significa trovare il valore di k tale che: F(P + k * Q) = 0 Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 2 Nel metodo agli S.L.U. della normativa italiana i carichi Q sono già incrementati dai coefficienti gamma, per cui basta che k sia maggiore o uguale a 1. 1.2 CONFRONTO SULL’UTILIZZO DELLE SEZIONI DI CALCESTRUZZO A PRESSO-FLESSIONE DEVIATA (CASO DEI PILASTRI). Nel caso delle tensioni ammissibili, la tensione dello spigolo limita lo sfruttamento della sezione ed il valore medio della tensione è 0.5 di quella massima. Nel caso di verifiche agli S.L.U. , l’area in prossimità dello spigolo è tutta plasticizzata e il valore medio della tensione è circa 0.8 di quello massimo, con un’efficienza rispetto alle tensioni ammissibili di 0.8/0.5 = 1.6. Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 3 1.3 DEFINIZIONE DI STATI LIMITE. Sono definiti stati limite gli “stati” al di là dei quali la struttura non soddisfa più le esigenze di comportamento per le quali è stata progettata. Gli stati limite per cui devono essere verificate le strutture sono i seguenti: - Stati Limite Ultimi (S.L.U.); - Stati Limite di Esercizio (S.L.E.); Gli stati limite ultimi sono quelli associati al collasso o ad altre forme di cedimento strutturale che possono mettere in pericolo la sicurezza delle persone. Gli stati limite di esercizio corrispondono a stati al di là dei quali non risultano più soddisfatti i requisiti per i quali è stata progettata la struttura. 1.4 AZIONI SULLE COSTRUZIONI. Le azioni sono classificate secondo la loro variazione nel tempo: azioni permanenti (G), ad esempio il peso proprio delle strutture, le finiture, eventuali attrezzature fisse e ausiliarie; azioni di precompressione (P); azioni variabili (Q), ad esempio carichi di esercizio, carichi dovuti al vento o alla neve. Le azioni vengono introdotte attraverso i loro valori caratteristici evidenziati dal suffisso k. Gk indica il carico caratteristico permanente, Pk il carico caratteristico di precompressione, Qk il carico caratteristico variabile. Questi carichi sono definiti nelle vigenti “Norme Tecniche relative ai Criteri generali per la verifica di sicurezza delle costruzioni e dei carichi e sovraccarichi” (D.M. 16 Gennaio 1996). Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 4 Dai valori caratteristici delle azioni si passa a quelli di calcolo evidenziati dal suffisso d, mediante dei coefficienti moltiplicativi γ. Ad esempio: Gd = γG Gk valore di calcolo del carico permanente; Pd = γP Pk valore di calcolo della forza di precompressione; Qd = γQ Qk valore di calcolo del carico variabile. [da D.M. 9 Gennaio 1996] 7. Azioni di calcolo Le verifiche debbono essere condotte nei riguardi degli stati limite di esercizio e degli stati limite ultimi. Le azioni sulla costruzione devono essere cumulate in modo da determinare condizioni di carico tali da risultare più sfavorevoli ai fini delle singole verifiche, tenendo conto della probabilità ridotta di intervento simultaneo di tutte le azioni con i rispettivi valori più sfavorevoli, come consentito dalle norme vigenti. Per gli stati limite ultimi si adotteranno le combinazioni del tipo: i=n Fd = γ g Gk + γ p Pk + γ q ⋅ Q1k + ∑ (ψ 0i Qik ) i=2 essendo: Gk Pk Q1k Qik il valore caratteristico delle azioni permanenti; il valore caratteristico della forza di precompressione; il valore caratteristico dell’azione di base di ogni combinazione; i valori caratteristici delle azioni variabili tra loro indipendenti; γg = 1,4 (1,0 se il suo contributo aumenta la sicurezza); γp = 0,9 (1,2 se il suo contributo diminuisce la sicurezza); γq = 1,5 (0 se il suo contributo aumenta la sicurezza); ψ0i = coefficiente di combinazione allo stato limite ultimo da determinarsi sulla base di considerazioni statistiche. Qualora le deformazioni impresse esercitino una azione significativa sullo stato limite ultimo considerato se ne deve tener conto applicando loro un coefficiente di 1,2. Il contributo delle deformazioni impresse, non imposte appositamente, deve essere trascurato se a favore della sicurezza. Per gli stati limite di esercizio si devono prendere in esame le combinazioni rare, frequenti e quasi permanenti con γg = γp = γq = 1, e applicando ai valori caratteristici delle azioni variabili adeguati coefficienti ψ0, ψ1, ψ2. In forma convenzionale le combinazioni possono essere espresse nel modo seguente: Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 5 combinazioni rare: i =n Fd = Gk + Pk + Q1k + ∑ (ψ 0i Qik ) i=2 combinazioni frequenti: i =n Fd = Gk + Pk + ψ 11Q1k + ∑ (ψ 2i Qik ) i =2 combinazioni quasi permanenti: i=n Fd = Gk + Pk + ∑ (ψ 2i Qik ) i =1 ψ1i coefficiente atto a definire i valori delle azioni assimilabili ai frattili di ordine 0,95 delle distribuzioni dei valori istantanei; ψ2i coefficiente atto a definire i valori quasi permanenti delle azioni variabili assimilabili ai valori medi delle distribuzioni dei valori istantanei. In mancanza di informazioni adeguate si potranno attribuire ai coefficienti ψ0, ψ1, ψ2 i valori seguenti: PROSPETTO 1 ψ0 ψ1 ψ2 Abitazioni 0.7 0.5 0.2 uffici, negozi, scuole, ecc. 0.7 0.6 0.3 autorimesse 0.7 0.7 0.6 Vento, neve 0.7 0.2 0 Azione Carichi variabili nei fabbricati per: Da tutto ciò si evince che per ottenere la condizione più sfavorevole sulle varie parti della struttura bisogna eseguire il calcolo per diverse combinazioni delle azioni di carico. A titolo esemplificativo è riportata una tabella di combinazioni possibili per le verifiche allo stato limite ultimo considerando la presenza di tre azioni variabili: sovraccarico, vento e neve. Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 6 COMBINAZIONI PERMANENTE sfavorevole favorevole 1.permanente + sovraccarico 2.permanente + vento 3.permanente + neve 4.permanente + sovraccarico + neve 5.permanente + sovraccarico + neve + vento SOVRACCARICO VENTO NEVE sfavorevole favorevole 1.4 1.0 1.5 0 - - 1.4 1.0 - - 1.5 - 1.4 1.0 - - 1.5 1.4 1.0 1.5 - 0.7x1.5 1.5 1.4 1.0 0.7x1.5 - 0.7x1.5 0.7x1.5 1.5 - 0.7x1.5 0.7x1.5 1.5 0.7x1.5 0.7x1.5 1.5 Le azioni sismiche vanno combinate secondo l’O.d.P.C. 3274/03 “Costruzioni in zona sismica”. 1.5 PROPRIETA’ DEI MATERIALI. Anche le proprietà dei materiali, come le azioni, sono espresse attraverso i valori caratteristici che, per definizione, sono i frattili di ordine 0.05 delle rispettive distribuzioni statistiche, e anche queste sono indicate utilizzando il suffisso k: fck = 0.83 Rck - valore caratteristico della resistenza del calcestruzzo a compressione, su provino cilindrico; fyk - valore caratteristico della resistenza dell’acciaio; essendo: Rck = resistenza caratteristica cubica del calcestruzzo. I valori di calcolo sono ottenuti dividendo i valori caratteristici per un appropriato coefficiente di sicurezza parziale (γS per l’acciaio, γC per il calcestruzzo). [da D.M. 9 Gennaio 1996] 4.0.2. Resistenze di calcolo Le resistenze di calcolo fd si valutano mediante l’espressione Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 7 fd = fk γm Assumendo per il coefficiente γm i valori indicati nel prospetto 6-I. In particolare la resistenza di calcolo del calcestruzzo fcd risulta pari a: f cd = f ck γc = Rck ⋅ 0.83 γc PROSPETTO 6-I Stati limite Acciaio γs Calcestruzzo γc ultimi 1.15 1.5 per c.a.p. 1.6 per c.a. e c.a. con precompressione parziale di esercizio 1.0 1.0 Per spessori minori di 5 cm il coefficiente γc va maggiorato del 25%. 1.6 CALCOLO DELLE SOLLECITAZIONI. […] 4.1.1. Strutture costituite da elementi monodimensionali. La determinazione delle sollecitazioni nelle strutture iperstatiche può effettuarsi a mezzo di: - calcolo non lineare; - calcolo elastico-lineare senza ridistribuzioni; - calcolo elastico-lineare con ridistribuzioni. 4.1.1.1. Calcolo non lineare. Il calcolo allo stato limite ultimo deve essere effettuato per la combinazione di azioni più sfavorevole. Per tale situazione si immagina tuttavia convenzionalmente di raggiungere lo stato limite mediante un unico accrescimento proporzionale delle azioni applicate. Le condizioni di compatibilità si esprimono di regola attribuendo a ciascuna sezione una legge momenti/curvature, ed integrando le curvature lungo l’asse degli elementi. Le leggi momenti/curvature devono rappresentare in modo adeguato il comportamento a breve durata di elementi strutturali supposti costituiti da materiali aventi le resistenze fk introdotte nel progetto. Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 8 Nei casi usuali si potrà anche procedere concentrando le rotazioni anelastiche nelle sezioni critiche. Nel caso di elementi soggetti prevalentemente a flessione, si possono anche adottare schematizzazioni trilineari della legge momenti/rotazioni (M/α) di ciascuna sezione critica, rappresentando i tre lati le seguenti tre fasi: - fase elastica lineare; - fase fessurata; - fase plastica. La rotazione plastica ϑpl da supporre localizzata nella sezione critica, può dedursi dal precedente diagramma empirico (valido per sezioni rettangolari o a T), in funzione della posizione x/d dell’asse neutro a rottura. 4.1.1.2. Calcolo elastico lineare senza ridistribuzioni. Il calcolo elastico lineare può essere utilizzato sia per gli stati limite di esercizio, sia per lo stato limite ultimo; in quest’ultimo caso occorre evitare situazioni di fragilità locale nella struttura. Ad esempio in elementi come quelli definiti nel terzo comma del punto 4.1.1.3. il rapporto x/d non deve, di regola, essere maggiore, nella sezione critica, di: x = 0.45 d x = 0.35 d per calcestruzzo di resistenza f ck ≤ 35 per calcestruzzo di resistenza f ck > 35 a meno di realizzare particolari disposizioni di armatura (ad esempio confinamento). 4.1.1.3. Calcolo elastico lineare con ridistribuzioni. Per la progettazione delle strutture a telaio di caratteristiche correnti si possono giustificatamente assumere in talune sezioni dei momenti δMe ridotti, rispetto ai momenti Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 9 Me, derivanti dal calcolo elastico lineare, a condizione che nelle altre parti della struttura siano considerate le corrispondenti variazioni necessarie per garantire l’equilibrio. Deve essere presa in conto l’eventuale influenza delle ridistribuzioni dei momenti su tutti gli aspetti del calcolo. Tali aspetti includono la flessione, il taglio, l’ancoraggio, le interruzioni delle armature e la fessurazione. Nelle travi continue in cui il rapporto tra due luci adiacenti è inferiore a due, nelle travi di telai a nodi fissi e negli elementi soggetti prevalentemente a flessione una verifica esplicita della capacità di rotazione delle zone critiche può essere omessa purché vengano soddisfatte le condizioni sotto riportate: - in presenza di calcestruzzo di resistenza non superiore a fck = 35 N/mm2 δ ≥ 0.44 + 1.25 ⋅ x d - in presenza di calcestruzzo di resistenza superiore a fck = 35 N/mm2 δ ≥ 0.56 + 1.25 ⋅ x d Nei telai cui sono affidate rilevanti forze orizzontali non è consentita alcuna ridistribuzione senza controllo con calcolo non lineare. […] 4.2. Verifica allo stato limite ultimo. 4.2.1. VERIFICHE ALLO STATO LIMITE ULTIMO PER SOLLECITAZIONI CHE PROVOCANO TENSIONI NORMALI (SFORZO NORMALE, FLESSIONE SEMPLICE E COMPOSTA). 4.2.1.1. Ipotesi di base. Le norme seguenti si applicano agli elementi con armature aderenti, monodimensionali a prevalente sviluppo lineare e, per quanto possibile, agli elementi bidimensionali. Valgono le seguenti ipotesi: - conservazione delle sezioni piane; - deformazione massima del calcestruzzo compresso pari a -0,0035 nel caso di flessione semplice e composta con asse neutro reale, e variabile dal valore predetto a -0,002 quando l’asse neutro, esterno alla sezione, tende all’infinito; - deformazione massima dell’armatura tesa (contata a partire dalla decompressione del calcestruzzo se si tratta di armature di precompressione) + 0,01. 4.2.1.2. Sicurezza. Nei casi di compressione o di pressoflessione, che non siano determinati da precompressione, vanno rispettate le seguenti prescrizioni: a) lo sforzo normale deve risultare minore di quello calcolato per compressioni centrate con una maggiorazione del 25% del coefficiente γc; b) in ogni caso, per tenere conto delle incertezze sul punto di applicazione dei carichi si deve ipotizzare una eccentricità, prevista nella direzione più sfavorevole, da sommare a quella eventuale dei carichi e di entità pari al maggiore dei due valori h/30 e 20 mm, essendo h la dimensione nella direzione considerata per la eccentricità. Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 10 c) per elementi snelli, come definiti in 4.2.4., si devono effettuare le conseguenti verifiche. 4.2.1.3. Diagrammi di calcolo sforzi-deformazioni del calcestruzzo. Di norma si adotta il diagramma parabola rettangolo, rappresentato in figura 2-I, definito da un arco di parabola di secondo grado passante per l’origine, avente asse parallelo a quello delle tensioni, e da un segmento di retta parallelo all’asse delle deformazioni tangente alla parabola nel punto di sommità. Il vertice della parabola ha ascissa -0,002, l’estremità del segmento ha ascissa -0,0035. L’ordinata massima del diagramma è pari a 0,85 fcd. Per la verifica locale delle sezioni, in alternativa al diagramma parabola rettangolo, la distribuzione delle compressioni può essere assunta uniforme con valori: - 0,85 fcd se la zona compressa presenta larghezza costante o crescente verso la fibra più compressa; - 0,80 fcd se la zona compressa presenta larghezza decrescente verso la medesima fibra; sulle seguenti altezze, a partire dal lembo compresso: - se x ≤ h: altezza 0,8 x; x − 0.8 ⋅ h ⋅h x − 0.75 ⋅ h - sex > h: altezza Si potranno adottare altri diagrammi sforzi-deformazioni, a condizione che i risultati che con questi si ottengono siano in accordo con quelli derivanti dall’impiego del diagramma parabola rettangolo, o siano chiaramente giustificabili. 4.2.1.4. Diagrammi di calcolo sforzi-deformazioni dell’acciaio. Il diagramma di calcolo di un acciaio ordinario o di un acciaio per precompressione si deduce dal diagramma caratteristico effettuando un’affinità parallelamente alla tangente nel rapporto 1/γs Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 11 1.7 SOLUZIONE PER SEZIONE PRESSO-INFLESSA CON LEGAME COSTITUTIVO NON LINEARE. Ipotesi: 1) Conservazione delle sezioni piane S ( x, y ) = S 0 + ϑ x ⋅ y − ϑ y ⋅ x ε ( x, y ) = dS ( x, y ) = ε0 + Kx ⋅ y − K y ⋅ x dz essendo: ε0 la deformazione di un punto della sezione; Kx e Ky le curvature della sezione; 2) Legame costitutivo del calcestruzzo di tipo elasto-plastico a duttilità limitata a compressione ed elasto-fragile a trazione; Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 12 3) Legame costitutivo elasto-plastico perfetto a duttilità limitata simmetrico a compressione e a trazione Le equazioni di equilibrio sono: N = ∫ σ (ε ) ⋅ dA ; A Mx = ∫ σ (ε ) ⋅ y ⋅ dA ; A My = ∫ − σ (ε ) ⋅ x ⋅ dA (I) A Definito il modulo elastico secante come: Esec (ε ) = σ (ε ) ε si può scrivere: Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 13 σ (ε ) = Esec (ε ) ⋅ ε = Esec (ε ) ⋅ (ε 0 + K x ⋅ y − K y ⋅ x) (il modulo elastico tangente utilizzato dopo è definito come Etan(ε) = d(σ(ε))/d(ε) dove d( ) è il simbolo del differenziale). Così le espressioni (I) prima riportate diventano: N = ε 0 ⋅ ∫ Esec (ε ) ⋅ dA + Kx ⋅ ∫ y ⋅ Esec (ε ) ⋅ dA − Ky ⋅ ∫ x ⋅ Esec (ε ) ⋅ dA A A A Mx = ε 0 ⋅ ∫ y ⋅ E sec (ε ) ⋅ dA + Kx ⋅ ∫ y ⋅ y ⋅ E sec (ε ) ⋅ dA − Ky ⋅ ∫ y ⋅ x ⋅ E sec (ε ) ⋅ dA A A A My = ε 0 ⋅ ∫ − x ⋅ E sec (ε ) ⋅ dA + Kx ⋅ ∫ − x ⋅ y ⋅ E sec (ε ) ⋅ dA − Ky ⋅ ∫ − x ⋅ x ⋅ E sec (ε ) ⋅ dA A A A che riportate in forma matriciale: K 11 K 21 K 31 K 12 K 22 K 32 K 13 ε 0 N K 23 ⋅ K x = M x K 33 K y M y Ovvero: Ksec * S = F Con Ksec matrice di rigidità secante della sezione. Usando il modulo elastico tangente si perviene alla relazione differenziale: Ktan * d(S) = d(F) Con Ktan matrice di rigidità tangente. Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 14 1.8 STRATEGIE DI SOLUZIONE. Metodo secante S1 = Ksec0-1 * F S2 = Ksec1-1 * F S3 = Ksec2-1 * F …………. Si = Ksec(i –1)-1 * F per i → ∞ Si − S (i − 1) → 0 1) Metodo tangente Un’equazione di equilibrio non lineare si può scrivere in forma generale H(S) = F ovvero anche nella forma G(S) = H(S) – F = 0 Sviluppando in serie di Taylor e fermandosi al primo termine (sostituzione di una funzione generica con una approssimata lineare) si può scrivere: G(Si + dS) = G(Si) + ∇G ⋅ dS = 0 da cui dS = - ∇G -1 ⋅ G(Si) Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 15 dove ,G = Ktan e G(Si) = H(Si) – F (F – H(Si) squilibrio del sistema) quindi: dS = Ktan-1 * (F – H(Si)) essendo: Si+1 = Si + dS ne segue: Si+1 = Si + Ktan-1 * (F – H(Si)) per i→∞ ( F − H ( Si )) → 0 dS → 0 Si+1 tende alla soluzione Con questo metodo si possono ottenere le frecce anelastiche, per integrazione delle curvature, ovvero effettuare le verifiche delle tensioni o il progetto a rottura. Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 16 [da D.M. 9 Gennaio 1996] 5.3. Regole specifiche per strutture in cemento armato normale. 5.3.1. ARMATURA LONGITUDINALE. Nelle strutture inflesse in elevazione la percentuale di armatura longitudinale, nella zona tesa, riferita all’area totale della sezione di conglomerato, non deve scendere sotto lo 0,15 per barre ad aderenza migliorata e sotto lo 0,25 per barre lisce. Tale armatura deve essere convenientemente diffusa. In presenza di torsione si dovrà disporre almeno una barra longitudinale per spigolo e comunque l’interasse fra le barre medesime non dovrà superare 35 cm. Alle estremità delle travi deve essere disposta una armatura inferiore, convenientemente ancorata, in grado di assorbire, allo stato limite ultimo, uno sforzo di trazione uguale al taglio. 5.3.2. STAFFE. Nelle travi si devono prevedere staffe aventi sezione complessiva non inferiore a Ast = 0,10 (1+0,15 d/b) b cm2/m, essendo d l’altezza utile della sezione e b lo spessore minimo dell’anima in cm, con un minimo di tre staffe al metro e comunque passo non superiore a 0,8 volte l’altezza utile della sezione. In prossimità di carichi concentrati o delle zone d’appoggio, per una lunghezza pari all’altezza utile della sezione da ciascuna parte del carico concentrato, il passo delle staffe non dovrà superare il valore 12 ø1 essendo ø1 il diametro minimo dell’armatura longitudinale. In presenza di torsione dovranno disporsi nelle travi staffe aventi sezione complessiva, per metro lineare, non inferiore a 0,15b cm2 per staffe ad aderenza migliorata e 0,25 b cm2 per staffe lisce, essendo b lo spessore minimo dell’anima misurata in centimetri. Inoltre il passo delle staffe non dovrà superare 1/8 della lunghezza della linea media della sezione anulare resistente e comunque 20 cm. Le staffe devono essere collegate da apposite armature longitudinali. […] 5.3.4. PILASTRI. Nei pilastri soggetti a compressione centrata od eccentrica deve essere disposta un’armatura longitudinale di sezione non minore dello 0,15 NSd/fyd dove Nsd è la forza normale di calcolo in esercizio per combinazione di carico rara ed è la resistenza di calcolo, e compresa fra lo 0,3% ed il 6% della sezione effettiva. Quest’ultima limitazione sale al 10% della sezione effettiva nei tratti di giunzione per ricoprimento. In ogni caso il numero minimo di barre longitudinali è quattro per i pilastri a sezione rettangolare o quadrata e sei per quelli a sezione circolare. Il diametro delle barre longitudinali non deve essere minore di 12 mm. Deve essere sempre prevista una staffatura posta ad interasse non maggiore di 15 volte il diametro minimo delle barre impiegate per l’armatura longitudinale, con un massimo di 25 cm. Le staffe devono essere chiuse e conformate in modo da contrastare efficacemente, lavorando a trazione, gli spostamenti delle barre longitudinali verso l’esterno. Il diametro delle staffe non deve essere minore di 6 mm e di 1/4 del diametro massimo delle barre longitudinali. Per pilastri prefabbricati in stabilimento i diametri minimi delle barre longitudinali e delle staffe sono rispettivamente ridotti a 10 ed a 5 mm. Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 17 [da D.M. 9 Gennaio 1996] 4.2.2. Verifiche allo stato limite ultimo per sollecitazioni taglianti. [...] 4.2.2.3. Elementi con armature trasversali resistenti al taglio. La resistenza allo sforzo di taglio dell’elemento fessurato si calcola schematizzando la trave come un traliccio ideale di cui quello di Ritter-Mòrsch rappresenta un modello semplificato. Gli elementi del traliccio resistenti a taglio sono le armature trasversali d’anima, funzionanti come aste di parete, e il conglomerato sia del corrente compresso che delle bielle d’anima. Il traliccio è completato dall’armatura longitudinale. 4.2.2.3.1. Verifica del conglomerato. La verifica consiste nel confrontare il taglio di calcolo con una espressione cautelativa della resistenza a compressione delle bielle inclinate. Nel caso in cui l’anima contenga barre pre-tese o cavi iniettati di diametro ø > bw/8, si dovrà assumere nel calcolo la larghezza nominale dell’anima: bwn = bw − dove ∑φ 1 ∑φ 2 è calcolato al livello più sfavorevole. Per la verifica del conglomerato compresso in direzione obliqua si potrà imporre: Vsdu ≤ 0.30 ⋅ f cd ⋅ bw ⋅ d essendo: fcd la resistenza di calcolo a compressione; bw = larghezza della membratura resistente a taglio; d = altezza utile della sezione. Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 18 L’espressione del taglio resistente riportata corrisponde al caso in cui l’armatura trasversale è costituita da staffe ortogonali alla linea media (α=900). Se le staffe sono inclinate (45°≤ α < 90°) il valore di calcolo del taglio resistente può essere assunto pari a: 0.30 ⋅ f cd ⋅ bw ⋅ d ⋅ (1 + cot α ) con limite superiore 0.45 ⋅ f cd ⋅ bw ⋅ d Nel caso di barre rialzate la maggiorazione sopra indicata non è lecita. 4.2.2.3.2. Verifica dell’armatura trasversale d’anima. Il taglio di calcolo deve risultare inferiore od al limite uguale alla somma della resistenza della armatura d’anima e del contributo degli altri elementi del traliccio ideale. Comunque la resistenza di calcolo dell’armatura d’anima deve risultare non inferiore alla metà del taglio di calcolo. L’armatura trasversale deve essere tale da verificare: Vsdu ≤ Vcd + Vwd Vsdu con : Vwd > 2 in cui: Vcd = 0.60 ⋅ f ctd ⋅ bw ⋅ d ⋅ δ Vwd = Asw ⋅ f ywd ⋅ 0.90 ⋅ d (sinα + cos α ) s In tali espressioni α è l’inclinazione dell’armatura trasversale rispetto all’asse della trave, Asw l’area dell’armatura trasversale posta all’interasse s, δ è un coefficiente che tiene conto della presenza di sforzo normale e che assume i valori: δ = 1 se, in presenza di sforzo normale di trazione, l’asse neutro taglia la sezione; δ = 0 se, in presenza di sforzo normale di trazione l’asse neutro risulta esterno alla sezione; M δ = 1 + 0 in M sdu presenza di sforzo di compressione, essendo M0 e Msdu definiti precedentemente. Per le barre rialzate resistenti a taglio è consigliabile limitare la tensione di calcolo a 0,8 fywd. Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 19 Particolare attenzione deve essere rivolta al dimensionamento di elementi sottoposti ad azioni di fatica per i quali può verificarsi la necessità che la resistenza di taglio di calcolo debba essere interamente affidata all’armatura d’anima. 4.2.2.3.3. Verifica dell’armatura longitudinale. La verifica comporta la traslazione del diagramma del momento flettente lungo l’asse longitudinale nel verso che dà luogo ad un aumento del valore assoluto del momento flettente. In altri termini, l’armatura longitudinale deve essere dimensionata per resistere al momento sollecitante Msdu (V) pari a: M sdu (V ) = M sdu + Vsdu ⋅ a1 con : a1 = 0,9 d (l- cot α) e comunque: 0,2 d ≤ a1 La lunghezza di ancoraggio delle barre deve essere computata a partire dal diagramma del momento Msdu traslato della quantità a1. Le verifiche di cui al precedente capoverso ed ai punti 4.2.2.3.1. e 4.2.2.3.2. sono relative ad una inclinazione delle bielle d’anima pari a 45°. 4.2.2.4. Casi particolari. 4.2.2.4.1. Componenti trasversali. Nel caso di elementi ad altezza variabile o con cavi inclinati, il taglio di calcolo viene assunto pari a: Vrd = Vd + Vmd + V pd dove: Vd = taglio dei carichi esterni di calcolo; Vmd = componenti di taglio dovute all’inclinazione dei lembi della membratura; Vpd = componente di taglio dovuta allo sforzo di precompressione di calcolo. Le componenti Vmd e Vpd dovranno essere sempre prese in conto se il loro effetto si somma a quello dei carichi. Vmd non deve essere presa in conto se favorevole. Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 20 4.2.2.4.2. Carichi in prossimità degli appoggi. Il taglio all’appoggio determinato da carichi applicati alla distanza av ≤ 2d dall’appoggio stesso si potrà ridurre nel rapporto av /2d, con l’osservanza delle seguenti prescrizioni: - nel caso di appoggio di estremità, l’armatura di trazione necessaria nella sezione ove è applicato il carico più vicino all’appoggio sia prolungata e ancorata al di là dell’asse teorico di appoggio; - nel caso di appoggio intermedio l’armatura di trazione all’appoggio sia prolungata sin dove necessario e comunque fino alla sezione ove è applicato il carico più lontano compreso nella zona con av ≤ 2d. Anche in questo caso con elementi ad altezza variabile l’eventuale componente Vd favorevole dovuta ai carichi compresi nel tratto av va assunta pari a zero. 4.2.2.4.3. Carichi appesi o indiretti. Se per particolari modalità di applicazione dei carichi gli sforzi degli elementi tesi del traliccio risultano incrementati, le armature dovranno essere all’uopo adeguate. 4.2.2.5. Verifica al punzonamento di lastre soggette a carichi concentrati. In corrispondenza dei pilastri e di carichi concentrati si verificherà la lastra al punzonamento allo stato limite ultimo. In mancanza di una apposita armatura, la forza resistente al punzonamento è assunta pari a: F = 0.5 ⋅ u ⋅ h ⋅ f ctd dove: h è lo spessore della lastra; u è il perimetro del contorno ottenuto dal contorno effettivo mediante una ripartizione a 45° fino al piano medio della lastra; fctd è il valore di calcolo della resistenza a trazione. Nel caso in cui si disponga una apposita armatura, l’intero sforzo allo stato limite ultimo dovrà essere affidato all’armatura considerata lavorante alla sua resistenza di calcolo. 4.2.3. VERIFICHE ALLO STATO LIMITE ULTIMO PER SOLLECITAZIONI TORCENTI. 4.2.3.1. Premessa. Le norme che seguono si applicano agli elementi prismatici sottoposti a torsione semplice o composta ad armature aderenti che abbiano sezione piena o cava in cui si possa ipotizzare un flusso anulare di tensioni tangenziali. Per tali elementi si assume, come schema resistente, un traliccio tubolare isostatico in cui gli sforzi di trazione sono affidati alle armature longitudinali e trasversali ivi contenute e gli sforzi di compressione sono affidati alle bielle di conglomerato. La sezione anulare fittizia resistente è definita dai seguenti parametri: spessore hs = de /6 essendo de il diametro del cerchio massimo inscritto nel poligono Pe avente per vertici i baricentri delle armature longitudinali; Be = area racchiusa dal poligono Pe; ue= lunghezza del perimetro Pe. Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 21 Nel caso di sezione reale anulare, si adotterà lo spessore effettivo se questo risulta minore di hs. Nel caso di elementi che non corrispondono alle ipotesi formulate, quali gli elementi a pareti sottili a sezione aperta, dovranno utilizzarsi metodi di calcolo fondati su ipotesi teoriche e risultati sperimentali chiaramente comprovati. La sollecitazione di torsione può essere trascurata, nel calcolo dello stato limite ultimo, quando rappresenta una sollecitazione secondaria e non essenziale all’equilibrio della struttura. 4.2.3.2. Verifica della resistenza. Il momento torcente di calcolo Td deve risultare inferiore o al limite uguale ai valori del momento torcente resistente corrispondenti rispettivamente al cedimento della sezione anulare di calcestruzzo e al cedimento delle armature costituenti il traliccio. Per la verifica delle bielle compresse si può adottare la relazione: Tsdu ≤ 0.5 ⋅ f cd ⋅ Be ⋅ hs essendo Tsdu il momento torcente sollecitante ultimo. Per la verifica delle armature si possono imporre le seguenti condizioni: Staffe: Tsdu ≤ Asw 2 ⋅ Be ⋅ f ywd s con: Asw = area della sezione di un braccio della staffa; s = distanza fra due staffe successive; fywd = tensione di calcolo delle staffe. Armature longitudinali: Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 22 Tsdu ≤ A1 2 ⋅ Be ⋅ f yld ue con: Al fyld = somma delle aree delle barre longitudinali; = tensione di calcolo delle armature longitudinali. L’eventuale armatura di precompressione Ap1 sarà presa in conto con una sezione equivalente: As1 = f plk f ylk ⋅ Ap 1 Sollecitazioni composte a) Torsione, flessione e sforzo normale. Le armature longitudinali di torsione calcolate come sopra indicato si sommano a quelle di flessione. Nelle zone compresse possono essere diminuite proporzionalmente alla risultante di compressione. b) Torsione e taglio. Per la verifica delle bielle compresse sarà opportuno che risulti: Tsdu Vsdu + ≤1 TRdu VRdu nella quale relazione: TRdu = 1 f cd ⋅ Be ⋅ hs 2 VRdu = 0.30⋅ fcd ⋅ bw ⋅ d Il calcolo delle staffe può effettuarsi separatamente per la torsione e per il taglio avendo posto Vcd = 0; quindi si sommano le aree delle sezioni. Le armature longitudinali si possono calcolare come indicato per le sollecitazioni di torsione semplice. […] 4.3. Verifiche allo stato limite di esercizio. Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 23 4.3.1. STATO LIMITE DI FESSURAZIONE. 4.3.1.1. Finalità. Per assicurare la funzionalità e la durata delle strutture è necessario: prefissare uno stato limite di fessurazione adeguato alle condizioni ambientali e di sollecitazione nonché alla sensibilità delle armature alla corrosione; realizzare un sufficiente ricoprimento delle armature con calcestruzzo di buone qualità e compattezza; tener conto delle esigenze estetiche. 4.3.1.2. Definizione degli stati limite di fessurazione. In ordine di severità decrescente si distinguono i seguenti stati limite: - stato limite di decompressione nel quale, per la combinazione di azioni prescelta, la tensione normale nella fibra considerata è pari a zero; - stato limite di formazione delle fessure, nel quale, per la combinazione di azioni prescelta, la tensione normale di trazione nella fibra considerata è uguale al frattile inferiore della resistenza a trazione oppure: fctk = 0.7 fctm fcfk = 0.7 fcfm - stato limite di apertura delle fessure nel quale, per la combinazione di azioni prescelta, il valore caratteristico di apertura della fessura calcolato al livello considerato è pari a un valore nominale prefissato. I valori nominali ai quali si riferiscono le successive prescrizioni sono: w1 = 0,1 mm w2 = 0,2 mm w3 = 0,4 mm 4.3.1.3. Combinazioni di azioni. Si prendono in considerazione le seguenti combinazioni (Cfr. 4.0.1.): - azioni quasi permanenti; - azioni frequenti; - azioni rare. 4.3.1.4. Condizioni ambientali. Si individuano i seguenti ambienti in cui può trovarsi la struttura: - poco aggressivo, caratterizzato da umidità relativa non elevata o da umidità relativa elevata per brevi periodi; - moderatamente aggressivo, caratterizzato da elevata umidità relativa in assenza di vapori corrosivi; - molto aggressivo, caratterizzato da presenza di liquidi o di aeriformi particolarmente corrosivi. 4.3.1.5. Sensibilità delle armature alla corrosione. Le armature si distinguono in due gruppi: - armature sensibili; - armature poco sensibili. Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 24 Appartengono al primo gruppo gli acciai temprati, non rinvenuti, di qualunque diametro e gli acciai incruditi a freddo soggetti a tensioni permanenti superiori a 390 N/mm2. Appartengono al secondo gruppo le altre armature e quelle adeguatamente protette. Nel caso della precompressione parziale, i due gruppi di armature sono, in generale, entrambi presenti (sezione ad armatura mista). 4.3.1.6. Scelta degli stati limite di fessurazione. Nel prospetto 7-I sono indicati i criteri di scelta dello stato limite, con riferimento alle esigenze sopra riportate. Nel caso della precompressione parziale è richiesta la verifica allo stato limite di decompressione per la combinazione di azioni quasi permanente e la verifica allo stato limite di apertura delle fessure per le combinazioni di azioni frequente e rara. L’impiego della precompressione parziale, a causa della fessurazione della sezione in condizioni di servizio, è soggetto a particolari limitazioni, nel seguito specificate. PROSPETTO 7-I Armatura Gruppi di esigenze Condizioni ambiente a Poco aggressivo b Moderatam. aggressivo c Molto aggressivo Combinaz. di azioni Sensibile Poco sensibile Stato limite wk Stato limite wk Frequente Ap.fessure ≤ w2 Ap.fessure ≤ w3 Quasi permanente Decomp. o ap. fessure ≤ w1 Ap.fessure ≤ w2 Frequente Ap.fessure ≤ w1 Ap.fessure ≤ w2 Quasi permanente Decompres. - Ap.fessure ≤ w1 Rara Ap.fessure e formaz. fessure ≤ w1 Ap.fessure ≤ w2 Frequente Decompres. - Ap.fessure ≤ w1 wk èdefinito al punto 4.2.4.7.1.3. w1, w2, w3 sono definiti al punto 4.2.4.2. 4.3.1.7. Verifiche a stato limite di fessurazione. 4.3.1.7.1. Verifiche a stato limite per sollecitazioni che provocano tensioni normali. 4.3.1.7.1.1. Stato limite di decompressione. Le tensioni sono calcolate in base alle caratteristiche geometriche e meccaniche della sezione omogeneizzata non fessurata. (Il coefficiente di omogeneizzazione è definito al punto 4.3.4.1.). Nel caso della precompressione parziale la sezione deve risultare totalmente compressa per la combinazione di azioni quasi permanente e, comunque, per il carico permanente più il 10% dei carichi variabili disposti nel modo più sfavorevole. 4.3.1.7.1.2. Stato limite di formazione delle fessure. Valgono i criteri di calcolo di cui al punto 4.3.1.7.1.1. Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 25 4.3.1.7.1.3. Stato limite di apertura delle fessure. La zona di efficacia dell’armatura è legata alle condizioni di lavoro dell’elemento strutturale e alla sua conformazione. Il valore caratteristico di apertura delle fessure nella zona di efficacia delle armature non deve superare il valore prefissato al punto 4.3.1.6. Il valore caratteristico di calcolo è dato da: wk = 1,7 wm in cui wm che rappresenta il valore medio dell’apertura calcolata in base alla deformazione media εsm del tratto srm pari alla distanza media fra le fessure, sia: wm = εsm * srm I criteri indicati si applicano anche al calcolo delle aperture delle fessure provocate da stati di coazione ed alla verifica delle condizioni di fessurazione dell’anima delle travi alte. Nel caso della precompressione parziale, poiché l’armatura è mista, in parte sensibile ed in parte poco sensibile, il calcolo dell’ampiezza delle lesioni si effettua al livello delle armature non pretese e con la tensione presente in queste ultime, ma i valori delle ampiezze ammissibili devono essere quelli relativi alle armature sensibili secondo quanto prescritto nel prospetto 7-I. [Circolare Ministeriale 15 Ottobre 1996] La distanza media fra le fessure per la condizione di fessurazione stabilizzata in corrispondenza del livello baricentrico dell’armatura all’interno dell’area efficace è data da: s φ sm = 2 c + + k 2 k3 ρr 10 in cui: c = ricoprimento dell’armatura s = distanza fra le barre; se s > 14 φ si adotterà s = 14 φ φ = diametro della barra k2 = coefficiente che caratterizza l’aderenza del calcestruzzo alla barra e al quale si assegnano i seguenti valori: 0.4 per barre ad aderenza migliorata 0.8 per barre lisce k3 = coefficiente che tiene conto della forma del diagramma delle tensioni prima della fessurazione in base al seguente prospetto: 0.125 nel caso di diagramma triangolare di flessione o pressoflessione Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 26 0.250 nel caso di trazione pura 0.25 (σ1 + σ2)/2 σ1 nel caso di trazione eccentrica o nel caso in cui si consideri una sola parte della sezione ρr = As/Ac,ef; dove: As = area dell’armatura contenuta nella sezione di ricoprimento Ac,ef. L’acciaio di precompressione può essere aggiunto ad As solo se la sua aderenza è diretta. Ac,ef = area della sezione retta della zona di calcestruzzo (zona di ricoprimento) in cui le barre d’armatura possono effettivamente influenzare l’apertura delle fessure: Ac,ef = bef hef; nel caso delle lastre hef è limitato superiormente a (h – x1)/2. Le armature di precompressione di area Ap possono essere prese in conto solo se aderenti direttamente al calcestruzzo. 4.3 2. Stato limite delle tensioni di esercizio. 1) Cemento armato normale. Tensioni di compressione del calcestruzzo. Per le strutture o parti di strutture esposte ad ambiente aggressivo, gruppo c del Prospetto 7-I, devono essere rispettati i seguenti limiti per le tensioni di compressione nel calcestruzzo: - per combinazioni di carico rara: 0.50 fck - per combinazioni di carico quasi permanente: 0.40 fck Particolare attenzione nella limitazione delle tensioni in esercizio va rivolta ai casi in cui si riconosca l’esistenza di una particolare incertezza del modello strutturale adottato e/o quando sussista una significativa alternanza delle sollecitazioni in esercizio nella stessa sezione, anche se le strutture sono riferite ai gruppi a o b del Prospetto 7-I. Del pari particolare attenzione si deve porre nella limitazione delle tensioni in esercizio per sollecitazione di pressoflessione con prevalenza di sforzo normale per la conseguente limitata duttilità. Per le strutture o parti di strutture esposte ad ambiente dei gruppi a, b del Prospetto 7-I, devono essere rispettati i seguenti limiti per le tensioni di compressione nel calcestruzzo: - per combinazione di carico rara: 0.60 fck - per combinazione di carico quasi permanente: 0.45 fck Tensioni di trazione nell’acciaio. Per le armature ordinarie la massima tensione di trazione sotto la combinazione di carichi rara non deve superare 0.70 fyk 2) Cemento armato precompresso. Le tensioni limite nel calcestruzzo e nell’acciaio sono riportate al capitolo 4.3.4. 4.3.2.1. Metodi per il calcolo delle tensioni. Nel calcolo delle tensioni è necessario considerare, se del caso, oltre agli effetti dei carichi anche quelli delle variazioni termiche, della viscosità, del ritiro, e delle deformazioni imposte aventi altre origini. Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 27 Le tensioni debbono essere calcolate adottando le proprietà geometriche della sezione corrispondente alla condizione non fessurata oppure a quella completamente fessurata, a seconda dei casi. Deve, di regola, essere assunto lo stato fessurato se la massima tensione di trazione nel calcestruzzo calcolata in sezione non fessurata sotto la combinazione di carico rara supera fctm . Quando si adotta una sezione non fessurata, si considera attiva l’intera sezione di calcestruzzo, e si considerano in campo elastico sia a trazione che a compressione il calcestruzzo e l’acciaio. Quando si adotta la sezione fessurata, il calcestruzzo può essere considerato elastico in compressione, ma incapace di sostenere alcuna trazione (nel calcolo delle tensioni secondo le presenti regole non va di norma tenuto conto - nelle verifiche locali - dell’effetto irrigidente del calcestruzzo teso dopo fessurazione). In via semplificativa si può assumere il comportamento elastico-lineare e per le armature il coefficiente di omogeneizzazione con il valore convenzionale n = 15. 4.3.2.3. Fenomeni di fatica: verifica delle armature. In presenza di sollecitazioni che possano indurre fenomeni di fatica, se le tensioni di esercizio rientrano nella seguente limitazione: 2 σ min < σ max 3 le tensioni limite vengono ridotte secondo l’espressione: σ σ s = 0.75 ⋅ σ s 1 + 0.5 min σ max dove σs è la tensione limite dell’armatura in esercizio (v. 4.3.2.). 4.3.3. Stato limite di deformazione. 4.3.3.1. Generalità. La verifica allo stato limite di deformazione consiste nel controllare che la deformazione sia: a) compatibile con la funzionalità dell’opera per tutte le condizioni d’impiego previste; b) convenientemente limitata in modo da evitare danni alle sovrastrutture adiacenti. La deformazione istantanea deve essere verificata per le combinazioni di azioni rare di cui al punto 4.3.1.3. La deformazione a lungo termine deve essere verificata in presenza dei carichi permanenti e quasi permanenti. Il calcolo delle eventuali controfrecce si effettua in presenza delle sole azioni permanenti e quasi permanenti, adottando i valori medi dei parametri caratterizzanti il comportamento dei materiali. Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 28 4.3.3.2. Calcolo delle deformazioni. Il calcolo della deformazione flessionale si effettua di norma mediante integrazione delle curvature tenendo conto, se del caso, degli effetti del ritiro e della viscosità. Per il calcolo delle deformazioni flessionali si considera lo stato I non fessurato (sezione interamente reagente) per tutte le parti di struttura nelle quali, nelle condizioni di carico considerate, le tensioni di trazione non superano la resistenza a trazione; per le altre parti di struttura si fa riferimento allo stato II, fessurato, considerando l’effetto irrigidente del calcestruzzo teso fra le fessure. 4.3.3.3. Rapporti di snellezza limite. Per travi a sezione rettangolare o assimilabili e per luci fino a 10 m, qualora la verifica allo stato limite ultimo sia effettuata con calcolo non lineare o con calcolo lineare, escludendo quindi il calcolo rigido plastico, si potrà omettere la verifica allo stato limite di deformazione purché i rapporti l/h (1 = luce, h = altezza totale) risultino inferiori o uguali ai valori di cui al prospetto 8-I. PROSPETTO 8-I Condizioni di vincolo l/h Travi a sbalzo 7 Travi e piastre semplicemente appoggiate 20 Travi continue 26 Le indicazioni di cui sopra valgono anche per le piastre rettangolari, essendo in tal caso l la luce minore. Per elementi precompressi i rapporti del precedente prospetto possono essere moltiplicati per il fattore 1,3. Nel caso in cui gli elementi siano destinati a portare pareti divisorie dovrà altresì essere verificato il rispetto delle seguenti condizioni: per travi appoggiate l 120 ≤ h l per travi continue l 150 ≤ h l (l e h espressi in metri). 1.9 CALCOLO DELLA FRECCIA ANELASTICA. Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 29 Gli spostamenti vengono calcolati applicando il principio dei lavori virtuali fra il sistema di forze fittizio 1 trave su due appoggi con forza unitaria in mezzeria ed il sistema di spostamenti reali 2. Uguagliando il lavoro delle forze esterne con quello delle forze interne si ha: L F 1 ⋅ W 2 = ∫ M 1 ⋅ K 2 ⋅ dx 0 con: F1 Forza esterna unitaria imposta; W2 Spostamento reale da calcolare; X /2 X / 2 − ( X − L / 2) ) M1 = Riferimenti teorici se0 ≤ X ≤ L / 2 seL / 2 ≤ X ≤ L Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 30 K2 diagramma delle curvature reali calcolate con i legami costitutivi elastoplastici per acciaio e calcestruzzo; per il quale è anche tenuta in conto la resistenza a trazione. Calcolando l’integrale presente a secondo membro con Gauss si può scrivere: L n 0 i =1 W 2 = ∫ M 1 ⋅ K 2 ⋅ dx = ∑ M 1 ⋅ K 2 ⋅ Pi ⋅ L / 2 Dove la sommatoria è estesa su gli n punti di Gauss e Pi è il peso del punto di Gauss; L/2 è la derivata prima della funzione X = L/2 * (Y + 1) per il cambio di variabile di integrazione. Se si esplicita l’integrazione numerica su 5 punti, i punti di Gauss ed i relativi pesi sono: Y1.5 = ± 0.906118 Y2.4 = ± 0.538469 Y3 = 0.000000 P1.5 = 0.236927 P2.4 = 0.478629 P3 = 0.568889 ESEMPIO. Sia data una trave di sezione rettangolare 30 x 50 lunga m 3.70 con un carico distribuito di 1000kg/m. L’abbassamento elastico in mezzeria vale: Wel = Wel = 5 Q ⋅ L4 ⋅ 384 E ⋅ I 5 10 ⋅ 370 4 ⋅ = 0.0275cm = 0.275mm 384 284000 ⋅ 312500 Con l’integrazione numerica si ottengono i seguenti risultati: Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 31 W1 (con legami per cls e acciaio elastico lineare: sig = E * eps) = 0.279 mm W2 (legami per cls e acciaio elasto-plastici e resistenti a trazione, armatura 4 fi 30) = 0.357 mm W3 (legami per cls e acciaio elasto-plastici e resistenti a trazione, armatura 4 fi 20) = 0.456 mm W4 (legami per cls e acciaio elasto-plastici e resistenti a trazione, armatura 4 fi 10) = 0.549 mm W5 (legami per cls e acciaio elasto-plastici e resistenti a trazione, armatura 4 fi 6) = 0.573 mm W6 (legami per cls e acciaio elasto-plastici e resistenti a trazione, armatura 4 fi 2) = 0.587 mm W7 (legami per cls e acciaio elasto-plastici e resistenti a trazione, senza armatura) = 0.589 mm 1.10 EFFETTI DELLA VISCOSITA’ SUGLI SPOSTAMENTI. Il calcolo della freccia, come afferma la normativa, deve essere effettuato tenendo in conto le deformazioni a lungo termine. E’ necessario, dunque, considerare l’influenza della viscosità differenziando i carichi in funzione del loro tempo di applicazione in permanenti (a lunga durata) ed accidentali (istantanei). In generale in via semplificativa si può ipotizzare che la freccia a tempo infinito sia dovuta alla somma della freccia istantanea di tutti i carichi e della viscosa dei soli carichi permanenti : V∞(p+q) =Vi(p)+ Vi(q)+ Vv(p) Se si assume, inoltre, che la freccia viscosa si possa esprimere come multiplo della freccia istantanea, si ha: V∞(p+q) = Vi(p)+ Vi(q)+ Vi(p)*φ (1) Con Vi(x) = freccia istantanea del carico x Vv(x) = freccia viscosa del carico x Nel caso elastico lineare incrementare la freccia equivale ad incrementate i carichi, per cui nella (1) si può calcolare la freccia con un carico : p∞= q+ p+ pφ Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 32 p∞=(p+q) (1+ φ * p/(p+q)) ovvero: Definendo c = p/(p+q) , il peso della parte permanente del carico sul totale, si ottiene : p∞=(p+q) * (1+ φ *c ) (2) La (2) mostra che al fine della risposta strutturale per tenere in conto degli effetti viscosi si possono amplificare le grandezze in gioco con il termine : m = (1+ φ *c ) 0 ≤ c ≤ 1 (3) Per cui nel caso elastico lineare la (1) si può scrivere : V∞(p+q) = Vi(p+q) * m Se passiamo ora al caso di calcolo anelastico per tenere in conto della viscosità si devono alterare in modo analogo i legami costitutivi. (da “TECNICA DELLE COSTRUZIONI” vol. 2A, G. Toniolo, Masson) Un “calcolo esatto” dei diagrammi momenti-curvature, che tenga conto del comportamento viscoelastico del calcestruzzo sotto i carichi di lunga durata, dovrebbe condursi attraverso due ordini di integrazione numeriche, una lungo il tempo e l’altra sull’altezza della sezione, per seguire appunto l’evolversi temporale del fenomeno e sistemare ad ogni tempo l’equilibrio viscoelastico della sezione. Un tale calcolo risulterebbe estremamente complesso ed oneroso, per cui si seguono metodi semplificati che consentono di “algebrizzare” il problema, nello spirito di quanto esposto al paragrafo 1.3 dedicato appunto alla viscosità del calcestruzzo. Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 33 Secondo i criteri del metodo EMM del “modulo fittizio” descritto al punto 1.3.3, gli effetti della viscosità possono essere simulati tramite un’amplificazione del diagramma σ−ε lungo le ascisse, in ragione di 1+C*Φ. In questo caso il modello di Saenz definito per carichi istantanei (o di breve durata) va contemporaneamente abbattuto e troncato per tenere conto delle resistenza a termine, come descritto in figura. Si ricorda che C è il quadrato del rapporto tra la parte permanente e l’azione totale. Nella formulazione trattata sul testo citato il rapporto fra i carichi è elevato al quadrato. Questa posizione, utilizzando il diagramma parabola rettangolo della normativa italiana, porta ad avere risultati anomali quando il carico permanente è maggiore di quello accidentale; infatti si perviene all’assurdo che gli spostamenti a tempo infinito dei carichi (p+q) sono minori di quelli dei soli carichi (p). (Vedi l’esempio 1) Se invece si considera il caso in cui il carico accidentale è maggiore di quello permanente la formulazione quadratica non presenta più la suddetta anomalia. (Vedi l’esempio 2) Utilizzando per il rapporto dei carichi una formulazione lineare l’esempio 1 ha un comportamento regolare, ma i risultati in entrambi i casi sono più elevati. Per non avere in fase di calcolo le anomalie sopracitate e anche per questioni di sicurezza si è preferito utilizzare nel nostro codice di calcolo la forma lineare. ESEMPIO: Trave appoggiata di lunghezza m 5 con sezione in cls 30 x 50 Calcestruzzo Rbk 250 kg/cmq Caso 1 (carico permanente superiore a quello accidentale) Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 34 Carico permanete p = 30 kg/cm Carico accidentale q = 10 kg/cm Calcolo del c quadratico c = (p/(p+q)) 2 Vi (p+q) V∞ (p) V∞(p+q) 6 mm 15.02 mm 14.22 mm Vi (p+q) V∞ (p) V∞(p+q) 6 mm 15.02 mm 16.92 mm Calcolo del c lineare c = (p/(p+q)) Caso 2 (carico permanente inferiore a quello accidentale) Carico permanente p = 10 kg/cm Carico accidentale q = 30 kg/cm Calcolo del c quadratico c = (p/(p+q))2 Vi (p+q) V∞ (p) V∞(p+q) 6 mm 3.84 mm 7.31 mm Vi (p+q) V∞ (p) V∞(p+q) 6 mm 3.84 mm 9.85 mm Calcolo del c lineare c = (p/(p+q)) Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 35 1.11 RAFFRONTO TRA LA VERIFICA CON LA NORMATIVA ITALIANA AGLI STATI LIMITE E L’EUROCODICE 2. 1.11.1 S.L.U. PRESSOFLESSIONE Diagrammi tensioni-deformazioni dell’acciaio NORME ITALIANE S.L. Riferimenti teorici EUROCODICE Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 36 1.11.2 S.L.U. TAGLIO Verifica del conglomerato NORME ITALIANE S.L. EUROCODICE V sdu ≤ V Rd 2 = 0.50 ⋅ ν ⋅ f cd ⋅ bw ⋅ 0.9 ⋅ d V sdu ≤ 0.30 ⋅ f cd ⋅ bw ⋅ d = K sl ⋅ f cd ⋅ bw ⋅ d con ν = 0.7 − f ck ≥ 0.5 200 V Rd 2 = K EC ⋅ f cd ⋅ bw ⋅ d dove: K EC = 0.5 ⋅ 0.9 ⋅ 0.7 − f ck 200 dove: K sl = 0.3 Se l’elemento è in compressione si ha: σ cp ,eff V Rd 2, red = 1.67 ⋅ 1 − f cd dove: σ cp ,eff ⋅ V Rd 2 f ⋅A N sd − yk s 2 γs = Ac As 2 = area di armatura che risulta compressa allo stato limite ultimo Ac = area totale della sezione in cls Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 37 Progetto armature staffe NORME ITALIANE S.L. EUROCODICE V sdu ≤ Vcd + V wd V sdu ≤ V Rd 3 = Vcd + V wd essendo: essendo: Vcd = 0.60 ⋅ f ctd ⋅ bw ⋅ d ⋅ δ V wd = Asw ⋅ f y ⋅ 0.90 ⋅ d s Vcd = VRd1 = [0.25 ⋅ f ctd ⋅ K ⋅ (1.2 + 40 ⋅ ρ1 ) + 0.15 ⋅ σ CP ]⋅ bw ⋅ d V wd = Asw ⋅ f y ⋅ 0.9 ⋅ d s K = (1.6 − d ) ≥ 1 (d in metri) ρ1 = As1 ≤ 0.02 (bw ⋅ d ) σ cp = Riferimenti teorici N sd Ac Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 38 1.11.3 S.L.U. TORSIONE NORME ITALIANE S.L. EUROCODICE Verifica del conglomerato NORME ITALIANE S.L. Tsdu ≤ 0.5 ⋅ f cd ⋅ Be ⋅ hs EUROCODICE Tsdu ≤ TRd 1 = ν ⋅ f cd ⋅ t ⋅ Ak dove: ν = 0.7 ⋅ 0.7 − Riferimenti teorici f ck ≥ 0.35 200 Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 39 Progetto armature staffe NORME ITALIANE S.L. Tsdu ≤ Asw ⋅ 2 ⋅ Be ⋅ f ywd s EUROCODICE Tsdu ≤ TRd 2 = Asw ⋅ 2 ⋅ Ak ⋅ f ywd s Progetto armature longitudinali NORME ITALIANE S.L. Tsdu ≤ Al ⋅ 2 ⋅ Be ⋅ f yld u se f ywd = f yld Riferimenti teorici Al Asw si ha: = u s EUROCODICE u TRd 2 ⋅ k 2 ⋅ Ak Asl = f yld se f ywd = f yld si ha: Asl Asw = uk s Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 40 1.11.4 S.L.U. AZIONE COMBINATA TAGLIO E TORSIONE PER IL CLS Calcestruzzo NORME ITALIANE S.L. Tsdu V sdu + ≤1 TRdu V Rdu EUROCODICE 2 Tsdu V + sdu TRd 1 V Rd 2 2 ≤ 1 Staffe NORME ITALIANE S.L. Tsdu V sdu + ≤1 TRdu V wd Riferimenti teorici EUROCODICE Tsdu V sdu + ≤1 TRd 2 V wd Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 41 1.11.5 S.L.E. FESSURAZIONI NORME ITALIANE S.L. EUROCODICE Wk = 1.7 ⋅ ε m ⋅ s m Wk = 1.7 ⋅ ε m ⋅ s m φ s S m = 2 ⋅ c + + χ1 ⋅ χ 2 ⋅ ρ 10 S m = 50 + K 1 ⋅ 0.25 ⋅ K 2 ⋅ χ 1 = 0.4 0.125 0.25 χ2 = (ε 1 + ε 2 ) 0.25 ⋅ 2 ⋅ ε 1 A ρ= s Aceff Riferimenti teorici φ ρ K 1 = (2 ⋅ χ 1 ) = 0.8 flessione trazione flessione, trazione pura ed eccentrica 0.125 0.25 [0.25 ⋅ K 2 ] = χ 2 = (ε 1 + ε 2 ) 0.25 ⋅ 2 ⋅ ε 1 ρ= flessione trazione flessione, trazione pura ed eccentrica As Aceff Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 42 1.11.6 MINIMI ARMATURE TRAVI Armature longitudinali 1) Limitazione aree tese (EC2 5.4.2.1.1) area minima a trazione As min = 0.6 ⋅ bt ⋅ d ≥ 0.0015 ⋅ bt ⋅ d f yk (dove bt è la larghezza media della zona tesa) area massima tesa o compressa As ≤ 0.03 ⋅ Ac 2) traslazione diagramma dei momenti (EC2 5.4.2.1.3) NORME ITALIANE S.L. 0.9 ⋅ d ⋅ (1 − ctgα ) EUROCODICE 0.9 ⋅ d ⋅ (1 − ctgα ) 2 3) minimo appoggi (EC2 5.4.2.1.4) ¼ armatura in campata deve arrivare ai nodi per gli appoggi con momento d’incastro finale piccolo o nullo (vale anche per gli appoggi intermedi 5.4.2.1.5) Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 43 4) Sugli appoggi di estremità l’armatura dovrà essere tale da resistere ad una trazione pari a (0.5 ⋅ Vsd + N sd ) Armature trasversali Minimi dinamici fra estremo e campata in funzione del taglio. 0.8 ⋅ d 5) Passo staffe ≤ 0.6 ⋅ d 0.3 ⋅ d oppure 300mm quando Vsd ≤ 0.2 ⋅ VRd 2 oppure 300mm quando 0.2 ⋅ V Rd 2 < Vsd ≤ 0.66 ⋅ V Rd 2 oppure 200mm quando 6) Il rapporto di armatura a taglio ρ W = Vsd > 0.66 ⋅ V Rd 2 Asw deve essere maggiore del valore fornito dal s ⋅ bw Prospetto 5.5 dipendente dalla classe del cls e classe dell’acciaio: Classi di calcestruzzo Classi di acciaio S220 S380 S400 S440 S500 da C12/15 a C20/25 0.0016 0.0011 0.0009 0.0008 0.0007 da C25/30 a C35/45 0.0024 0.0015 0.0013 0.0012 0.0011 da C40/50 a C50/60 0.0030 0.0018 0.0016 0.0014 0.0013 7) La distanza fra i bracci deve soddisfare la seguente limitazione: d distanza bracci ≤ 0.6 ⋅ d 0 .3 ⋅ d Riferimenti teorici oppure 800mm quando V sd ≤ 0.2 ⋅ V Rd 2 oppure 300mm quando 0.2 ⋅ V Rd 2 < V sd ≤ 0.66 ⋅ V Rd 2 oppure 200mm quando V sd > 0.66 ⋅ V Rd 2 Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 44 8) Per assicurare la verifica a fessurazione il passo staffe deve verificare le limitazioni riportate nel seguente prospetto: V sd − 3 ⋅Vcd (N/mm2) ρ w ⋅ bw ⋅ d Passo staffe (mm) < 50 300 75 200 100 150 150 100 200 50 1.11.7 MINIMI PILASTRI Minimi geometrici 1) (EC2 5.4.1) b <4 h 2) (EC2 5.4.1.1) dimensioni minime 20 cm rapporto base – altezza Armature longitudinali 3) Limitazioni aree (EC2 5.4.1.2.1) armatura minima As min = 0.15 ⋅ N sd ≥ 0.003 ⋅ Ac f yd armatura massima As ≤ 0.08 ⋅ Ac (Norme Italiane S.L. 6%) Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 45 Armature trasversali 4) (EC2 5.4.1.2.2) La distanza massima fra le staffe deve soddisfare le seguenti limitazioni: NORME ITALIANE S.L. EUROCODICE 15 φ min 12 φ min 25 cm 30 cm / lato minore della sezione Inoltre è previsto agli estremi un raffittimento di lunghezza pari alla max dimensione della sezione del pilastro; con i valori minimi ridotti di 0.6. Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 46 ──────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────── STAMPA VERIFICHE S.L.U.ELEVAZIONE ──────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────── ╔════════════════════╦══════════════════════════════════════════╦════════════════════════════════════════════════════════════════╗ ║ ║ VERIFICA A PRESSO-FLESSIONE ║ V E R I F I C A A T A G L I O E T O R S I O N E ║ ╠════╤═════╤══╤═══╤══╬══╤═════╤═════╤══════╤══╤═══╤═══╤═════════╬══╤═════╤═════╤═════╤═════╤═════╤═════╤═════╤═══╤═══╤════╤══════╣ ║Filo│Quota│Tr│Sez│Co║Co│MxSdu│MySdu│N Sdu │x/│εf%│εc%│Area cmq ║Co│VxSdu│VySdu│T Sdu│VxRdu│VyRdu│TsRdu│TlRdu│Coe│Coe│ALon│staffe║ ║InFi│In Fi│at│B/H│nc║Nr│(t*m)│(t*m)│ (t) │/d│100│100│sup inf ║Nr│ (t) │ (t) │(t*m)│ (t) │ (t) │(t*m)│(t*m)│Cls│Sta│cmq │Pas lu║ ╠════╧═════╧══╧═══╧══╩══╧═════╧═════╧══════╧══╧═══╧═══╧═════════╩══╧═════╧═════╧═════╧═════╧═════╧═════╧═════╧═══╧═══╧════╧══════╣ ║ 1 3,00 3 1 2 1,1 0,0 0,0 23 7 2 2,3 2,3 3 0,0 1,1 0,0 11,1 14,3 1,8 0,0 3 14 0,0 14 37 ║ ║ 2 3,00 30 2 2 1,2 0,0 0,0 23 7 2 2,3 2,3 0 0,0 0,0 0,0 5,5 7,5 0,9 0,0 0 0 0,0 28 0 ║ ║ 40 3 2 1,2 0,0 0,0 23 7 2 2,3 2,3 2 0,0 -1,0 0,0 5,5 7,5 0,9 0,0 2 23 0,0 28 277║ ║ 4 3 1,2 0,0 0,0 23 7 2 2,3 2,3 0 0,0 0,0 0,0 5,5 7,5 0,9 0,0 0 0 0,0 28 0 ║ ║ 5 3 1,1 0,0 0,0 23 7 2 2,3 2,3 2 0,0 -1,1 0,0 11,1 14,3 1,8 0,0 3 14 0,0 14 37 ║ ╟────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────╢ ║ 3 3,00 3 1 1 -3,5 0,0 0,0 27 15 6 3,3 2,9 4 0,0 9,5 0,0 9,7 13,3 1,8 0,0 22 83 0,0 14 37 ║ ║ 1 3,00 30 2 3 7,8 0,0 0,0 38 16 10 3,7 7,4 4 0,0 7,9 0,0 6,0 8,2 1,2 0,0 19 98 0,0 21 62 ║ ║ 40 3 3 7,9 0,0 0,0 38 16 10 3,7 7,5 5 0,0 -5,4 0,0 4,1 5,6 0,9 0,0 13 99 0,0 28 252║ ║ 4 3 7,8 0,0 0,0 38 16 10 3,7 7,4 5 0,0 -7,9 0,0 6,0 8,2 1,2 0,0 19 98 0,0 21 62 ║ ║ 5 1 -3,5 0,0 0,0 27 15 6 3,3 2,9 5 0,0 -9,5 0,0 9,7 13,3 1,8 0,0 22 83 0,0 14 37 ║ ╟────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────╢ ║ 2 3,00 3 1 1 -3,5 0,0 0,0 27 15 6 3,3 2,9 5 0,0 9,5 0,0 9,7 13,3 1,8 0,0 22 83 0,0 14 37 ║ ║ 4 3,00 30 2 2 7,8 0,0 0,0 38 16 10 3,7 7,4 5 0,0 7,9 0,0 6,0 8,2 1,2 0,0 19 98 0,0 21 62 ║ ║ 40 3 2 7,9 0,0 0,0 38 16 10 3,7 7,5 4 0,0 -5,4 0,0 4,1 5,6 0,9 0,0 13 99 0,0 28 252║ ║ 4 2 7,8 0,0 0,0 38 16 10 3,7 7,4 4 0,0 -7,9 0,0 6,0 8,2 1,2 0,0 19 98 0,0 21 62 ║ ║ 5 1 -3,5 0,0 0,0 27 15 6 3,3 2,9 4 0,0 -9,5 0,0 9,7 13,3 1,8 0,0 22 83 0,0 14 37 ║ ╚════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════╝ ──────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────── STAMPA VERIFICHE S.L.U.PILASTRI ──────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────── ╔════════════════════╦══════════════════════════════════════════╦════════════════════════════════════════════════════════════════╗ ║ ║ VERIFICA A PRESSO-FLESSIONE ║ V E R I F I C A A T A G L I O E T O R S I O N E ║ ╠════╤═════╤══╤═══╤══╬══╤═════╤═════╤══════╤══╤═══╤═══╤═════════╬══╤═════╤═════╤═════╤═════╤═════╤═════╤═════╤═══╤═══╤════╤══════╣ ║Filo│Quota│Tr│Sez│Co║Co│MxSdu│MySdu│N Sdu │x/│εf%│εc%│Area cmq ║Co│VxSdu│VySdu│T Sdu│VxRdu│VyRdu│TsRdu│TlRdu│Coe│Coe│ALon│staffe║ ║InFi│In Fi│at│B/H│nc║Nr│(t*m)│(t*m)│ (t) │/d│100│100│ b h ║Nr│ (t) │ (t) │(t*m)│ (t) │ (t) │(t*m)│(t*m)│Cls│Sta│cmq │Pas lu║ ╠════╧═════╧══╧═══╧══╩══╧═════╧═════╧══════╧══╧═══╧═══╧═════════╩══╧═════╧═════╧═════╧═════╧═════╧═════╧═════╧═══╧═══╧════╧══════╣ ║ 1 0,00 1 1 4 3,0 1,9 -10,6 20 17 3,1 3,3 2 -1,1 -0,3 0,0 8,8 8,8 1,0 0,0 5 25 0,0 18 30 ║ ║ 1 3,00 30 2 4 2,9 1,5 -10,4 16 14 3,3 2,8 0 0,0 0,0 0,0 8,8 8,8 1,0 0,0 0 0 0,0 18 0 ║ ║ 30 3 5 3,0 0,8 -10,7 34 19 2,3 2,3 2 -1,1 -0,3 0,0 8,8 8,8 1,0 0,0 5 25 0,0 18 240║ ║ 4 5 3,3 0,3 -10,5 15 11 3,3 2,4 0 0,0 0,0 0,0 8,8 8,8 1,0 0,0 0 0 0,0 18 0 ║ ║ 5 5 3,7 -0,6 -10,3 20 15 3,3 2,7 2 -1,1 -0,3 0,0 8,8 8,8 1,0 0,0 5 25 0,0 18 30 ║ ╟────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────╢ ║ 3 0,00 1 1 5 -3,0 1,9 -10,6 20 17 3,1 3,3 2 -1,1 0,3 0,0 8,8 8,8 1,0 0,0 5 25 0,0 18 30 ║ ║ 3 3,00 30 2 5 -2,9 1,5 -10,4 16 14 3,3 2,8 0 0,0 0,0 0,0 8,8 8,8 1,0 0,0 0 0 0,0 18 0 ║ ║ 30 3 4 -3,0 0,8 -10,7 34 19 2,3 2,3 2 -1,1 0,3 0,0 8,8 8,8 1,0 0,0 5 25 0,0 18 240║ ║ 4 4 -3,3 0,3 -10,5 15 11 3,3 2,4 0 0,0 0,0 0,0 8,8 8,8 1,0 0,0 0 0 0,0 18 0 ║ ║ 5 4 -3,7 -0,6 -10,3 20 15 3,3 2,7 2 -1,1 0,3 0,0 8,8 8,8 1,0 0,0 5 25 0,0 18 30 ║ ╟────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────╢ ║ 4 0,00 1 1 5 -3,0 -1,9 -10,6 20 17 3,1 3,3 3 1,1 0,3 0,0 8,8 8,8 1,0 0,0 5 25 0,0 18 30 ║ ║ 4 3,00 30 2 5 -2,9 -1,5 -10,4 16 14 3,3 2,8 0 0,0 0,0 0,0 8,8 8,8 1,0 0,0 0 0 0,0 18 0 ║ ║ 30 3 4 -3,0 -0,8 -10,7 34 19 2,3 2,3 3 1,1 0,3 0,0 8,8 8,8 1,0 0,0 5 25 0,0 18 240║ ║ 4 4 -3,3 -0,3 -10,5 15 11 3,3 2,4 0 0,0 0,0 0,0 8,8 8,8 1,0 0,0 0 0 0,0 18 0 ║ ║ 5 4 -3,7 0,6 -10,3 20 15 3,3 2,7 3 1,1 0,3 0,0 8,8 8,8 1,0 0,0 5 25 0,0 18 30 ║ ╚════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════╝ ──────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────── STAMPA VERIFICHE S.L.E.ELEVAZIONE ──────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────── ╔═══════════════╦═══════════════════════════════════════════════╦═══════════════╦════════════════════════════════════════════════╗ ║ ║ F E S S U R A Z I O N E ║ F R E C C E ║ T E N S I O N I ║ ╠═════╤═════╤═══╬═════╤═════════╤════╤═══╤═══╤═════╤═════╤══════╬═══════════╤═══╬════════╤══════╤══════╤══╤════╤═════╤═════╤═════╣ ║Filo │Quota│Tra║Combi│Fessu. mm│dist│Con│Com│ Mf X│ Mf Y│ N ║Frecce mm │Com║Combinaz│σ lim.│σ cal.│Co│Comb│ Mf X│ Mf Y│ N ║ ║In fi│In Fi│tto║Caric│lim cal│ mm │cio│bin│(t*m)│(t*m)│ (t) ║limite calc│bin║ Carico │Kg/cmq│Kg/cmq│nc│ │(t*m)│(t*m)│ (t) ║ ╠═════╧═════╧═══╩═════╧═════════╧════╧═══╧═══╧═════╧═════╧══════╩═══════════╧═══╩════════╧══════╧══════╧══╧════╧═════╧═════╧═════╣ ║ 1 3,00 Rara 17,50 1,34 1 Rara cls 124,0 18,6 3 1 0,7 0,0 0,0 ║ ║ 2 3,00 Freq 0,2 0,00 0 0 0 0,0 0,0 0,0 Rara fer 2660 873 3 1 0,7 0,0 0,0 ║ ║ Perm 0,1 0,00 0 0 0 0,0 0,0 0,0 17,50 0,86 1 Perm cls 93,0 12,7 3 1 0,5 0,0 0,0 ║ ╟────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────╢ ║ 3 3,00 Rara 22,50 11,67 1 Rara cls 124,0 76,9 3 1 5,2 0,0 0,0 ║ ║ 1 3,00 Freq 0,2 0,27 154 1 1 -3,5 0,0 0,0 Rara fer 2660 2277 1 1 -3,5 0,0 0,0 ║ ║NO VERIF Perm 0,1 0,27 154 1 1 -3,5 0,0 0,0 22,50 3,57 1 Perm cls 93,0 59,1 1 1 -3,5 0,0 0,0 ║ ╟────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────────╢ ║ 2 3,00 Rara 22,50 11,67 1 Rara cls 124,0 76,9 3 1 5,2 0,0 0,0 ║ ║ 4 3,00 Freq 0,2 0,27 154 1 1 -3,5 0,0 0,0 Rara fer 2660 2277 1 1 -3,5 0,0 0,0 ║ ║NO VERIF Perm 0,1 0,27 154 1 1 -3,5 0,0 0,0 22,50 3,57 1 Perm cls 93,0 59,1 1 1 -3,5 0,0 0,0 ║ ╚════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════════╝ Riferimenti teorici Capitolo 1 – Stati limite ultimi e di esercizio. • 47 Capitolo 2 – Schematizzazione dell’azione sismica. 2.1 INTRODUZIONE: I TERREMOTI. I terremoti possono essere classificati in funzione della loro origine in tettonici e vulcanici. I terremoti tettonici sono prodotti da fratture che si producono sulla crosta terrestre o nel sottostante mantello, a seguito di tale evento lungo queste fratture si hanno dei spostamenti lentissimi delle due parti con un accumulo di energia, quando si raggiungono valori critici (la deformazione attinge il valore limite massimo viene meno l’equilibrio) l’energia si libera bruscamente innescando oscillazioni dinamiche che si propagano in tutte le direzioni. I terremoti vulcanici sono legati all’attività vulcanica e sono localizzati sempre in prossimità di un vulcano attivo, in generale questi eventi sismici sono più deboli. Quando le onde sismiche raggiungono la superficie si trasformano in oscillazioni del terreno in tutte le direzioni (verticale, nord-sud, est-ovest). Per misurare l’intensità di un terremoto le scali più comuni sono due: la scala Mercalli e la scala Richter. La prima, che è la più vecchia, si basa sugli effetti del sisma sulle costruzioni, essa quindi non è una scala rigorosa e dipende molto dal luogo in cui si è verificato l’evento sismico. La seconda si basa sulla lettura dei sismografi e quindi sull’ampiezza massima degli spostamenti rispetto ad un terremoto di riferimento, ha una scala logaritmica ed è chiamata magnitudo; quindi essa risulta essere rigorosa ed è legata direttamente all’energia liberata dal terremoto. 2.2 COMPORTAMENTO SISMICO DELLE COSTRUZIONI. Per una costruzione l’evento sismico si traduce in uno spostamento impresso alla base secondo tre direzioni, essendo questo variabile nel tempo si ha un’accelerazione alla base (derivata seconda rispetto al tempo diversa da zero). Non si tratta quindi di forze impresse bensì di spostamenti alla base. Per controllare gli effetti sulle costruzioni bisogna studiare la dinamica delle strutture in prima approssimazione anche in campo elastico (se analizziamo terremoti di bassa intensità), ma successivamente, volendo completare lo studio anche per forti terremoti evitando sovradimensionamenti eccessivi, bisogna passare a modelli elasto-plastici. Riferimenti teorici Capitolo 2 – Schematizzazione dell’azione sismica. • 49 2.3 OSCILLATORE ELEMENTARE. Supponiamo di analizzare il comportamento dinamico di un modello semplice di telaio ad un solo grado di libertà composto da due piedritti di rigidezza k ed un traverso rigido in cui è concentrata tutta la massa m del sistema (pari al peso diviso l’accelerazione di gravità g). Se si impone al piedritto uno spostamento orizzontale u0 (rispetto la posizione di riposo: piedritti verticali) e successivamente lo si lascia, sul sistema si instaurerà un regime di oscillazioni libere caratterizzare da una legge sinusoidale nel tempo con un periodo di oscillazione T0, questo è il tempo che intercorre per permettere al traverso di compiere un’oscillazione completa e ritornare in posizione iniziale. Tale periodo, detto anche periodo proprio dell’oscillatore è legato alle due grandezze m e k dalla relazione: T0 = 2 ⋅ π ⋅ Riferimenti teorici m k Capitolo 2 – Schematizzazione dell’azione sismica. • 50 Se a questo sistema, per assimilarlo maggiormente ad una struttura reale, si associa pure un effetto di smorzamento si ottengono come risultato delle oscillazioni libere smorzate, ovvero l’ampiezza delle oscillazioni si riduce progressivamente tendendo a zero; anche il periodo di oscillazione si riduce, ma di poco; per questo motivo nelle applicazioni pratiche si considera sempre il periodo proprio non smorzato. Se si aggiunge ancora una forzante sinusoidale 2 ⋅π F (t ) = F ⋅ sin(ω ⋅ t ) = F ⋅ sin ⋅t T definita da un valore massimo della forza pari ad F e da un periodo T si instaurerà un regime di oscillazioni forzate il quale, dopo una prima fase iniziale in cui sono presenti anche le oscillazioni libere smorzate, assume un forma analoga alle oscillazioni libere ma con un periodo che ora è quello della forzante, con uno sfasamento rispetto ad essa ed un’ampiezza delle oscillazioni che dipende dal rapporto F/K, dal rapporto dei due periodi α=T0/T e dal coefficiente di smorzamento ξ. Tale dipendenza è espressa dalla relazione: u (t ) = 1 (1 − α ) + 4 ⋅ ξ ⋅ α 2 2 2 2 ⋅ F F ⋅ sin(ω ⋅ t −ψ ) = A ⋅ ⋅ sin(ω ⋅ t −ψ ) K K con A fattore dinamico di amplificazione dello spostamento. La figura sottostante mostra l’andamento di A al variare di α e di ξ. Riferimenti teorici Capitolo 2 – Schematizzazione dell’azione sismica. • 51 E’ interessante notare 1 - Per ξ = 0 (smorzamento nullo) e α = 1 (periodo della forzante uguale al periodo proprio della struttura, condizione detta di risonanza) la curva ha un asintoto, l’ampiezza delle oscillazioni tende ad infinito. 2 - Per ξ piccolo e α = 1 l’amplificazione è grande, ma con valore finito. 3 - Per ξ = 0 (periodo della forzante molto più grande del periodo proprio della struttura) la variazione della forza è di tipo quasi statica senza effetti di amplificazione dinamica A = 1 (la massa segue la segue la forza come se si trattasse di tante condizioni statiche in sequenza). 4 - Per α che tende ad infinito l’amplificazione dinamica tende a zero; l’oscillatore, poiché la variazione della forzante e molto rapida, tende a non sentire la forzante. Questi tre casi generali (oscillazioni libere, oscillazioni libere smorzare, oscillazioni forzate) vengono ottenuti risolvendo l’equazione di equilibrio differenziale del sistema: mu&& + cu& + ku = F ⋅ sin(ω ⋅ t ) && ), lo smorzamento di tipo viscoso cui termini rappresentano rispettivamente la forza d’inerzia ( mu ( cu& ), la forza di richiamo elastico dei piedritti (ku) e la forzante esterna. && e u& la derivata seconda e prima rispetto al tempo Essendo u = spostamento dell’impalcato, u ovvero l’accelerazione e la velocità. Riferimenti teorici Capitolo 2 – Schematizzazione dell’azione sismica. • 52 2.4 MOTI IMPRESSI ALLA BASE. Se analizziamo il comportamento del telaio precedente sotto l’effetto del sisma non avremo una forzante esterna bensì uno spostamento della fondazione. L’equazione di equilibrio resta simile a quella precedente, ma, mentre la forza viscosa e la forza elastica rimangono sempre dipendenti dallo spostamento u, la forza d’inerzia dipende dallo spostamento totale ut del traverso quindi dalla somma degli spostamenti u e ug. mu&&t + cu& + ku = 0 m ⋅ (u&&g + u&&) + cu& + ku = 0 mu&& + cu& + ku = − mu&&g = Peq Nell’ultima equazione Peq rappresenta il carico equivalente dovuta all’eccitazione della base. Se si assume un andamento sinusoidale dello spostamento ug del terreno si ritorna al caso analizzato in precedenza ed è possibile calcolare lo spostamento massimo. Se poi infine lo spostamento ug è una funzione qualunque, ed è quindi anche qualunque la sua derivata seconda cosicché si può parlare di accelerogramma del terremoto, è ancora possibile calcolare lo spostamento massimo mediante delle integrazioni numeriche. 2.5 SPETTRO DI RISPOSTA ELASTICO. Dato un accelerogramma (come ad esempio quello rappresentato in figura) Riferimenti teorici Capitolo 2 – Schematizzazione dell’azione sismica. • 53 si definisce spettro di risposta dello spostamento SDe un diagramma nel quale sono riportate, per assegnati valori dello smorzamento ξ, le curve che esprimono, in funzione del periodo proprio To di un oscillatore elementare, la risposta massima dell’oscillatore stesso quando questo viene assoggettato a quell’accelerogramma. Dallo spettro SDe si passa ad altri due tipi di diagrammi, lo spettro delle velocità e lo spettro delle accelerazioni; indicati con Sv e Sa questi altri due spettri valgono le seguenti relazioni: S a (To , ξ ) = 2 ⋅π 4 ⋅π 2 ⋅ S v (To , ξ ) = ⋅ S De (To , ξ ) To T02 Nella figura sottostante è riportato la rappresentazione grafica dello spettro di risposta elastico delle accelerazioni Riferimenti teorici Capitolo 2 – Schematizzazione dell’azione sismica. • 54 Il concetto di spettro di risposta è di grande importanza applicativa. Infatti se si considera una struttura costituita da un oscillatore semplice (nel prossimo paragrafo verranno analizzate le strutture con più gradi di libertà) ed è assegnato un accelerogramma di progetto si può calcolare lo spostamento istante per istante con delle operazioni complesse di integrazioni numeriche. Se invece si dispone dello spettro di risposta il calcolo è immediato; infatti se si fissa lo smorzamento ξ (di solito si fa riferimento ad un valore convenzionale del 5% - 0.05 -) e si calcola il periodo proprio della struttura To si legge dal diagramma il valore di SDe che rappresenta il valore dello spostamento massimo; moltiplicando questo valore per la rigidezza della molla k si ottiene una forza Feq, che supposta applicata staticamente all’oscillatore, produce la stessa sollecitazione massima; nota questa sollecitazione si può passare alla verifica di resistenza della struttura. In generale le normative sismiche forniscono gli spettri di risposta in termini di accelerazioni Sa piuttosto che di spostamenti SDe, ma ricordando la relazione precedente si ha: Feq = k ⋅ S d (To , ξ ) = k ⋅ T02 ⋅ S a (To , ξ ) 4 ⋅π 2 Se nella formula si sostituisce la variabile To con la sua espressione in funzione della rigidezza k e della massa m T0 = 2 ⋅ π ⋅ m k si ottiene la relazione Feq = m ⋅ S a (To , ξ ) La forza equivalente è quindi uguale al prodotto della massa per la massima accelerazione efficace Sa letta sullo spettro in funzione del periodo To e dello smorzamento ξ. 2.6 SISTEMI A PIU’ GRADI DI LIBERTA’. Estendendo quanto detto per l’oscillatore semplice ad un telaio più complesso (per esempio un telaio Shear Type multipiano, uguale al precedente ma con n piani rigidi collegati da piedritti di rigidezza Ki) si otterrà un sistema di n equazioni di equilibrio ad n incognite (ui) MU&& + CU& + KU = u g MR Riferimenti teorici Capitolo 2 – Schematizzazione dell’azione sismica. • 55 in cui M, C e K sono matrici quadrate di ordine n ed U il vettore degli spostamenti di piano con le sue derivate prime e seconde rispetto al tempo ed R il vettore direzione del sisma (nel caso di telaio piano un vettore formato da tutti 1). Questo sistema di equazioni è composto da equazioni differenziali tra di loro accoppiate e quindi di non facile soluzione. La soluzione del sistema si semplifica se si esprime il moto globale della struttura in funzione dei modi di oscillazione libera del sistema. Per chiarire il significato fisico di oscillazione libera, si provi a deformare un sistema elastico, lasciandolo poi libero di oscillare. In generale si vedrà ogni piano deformarsi in maniera indipendente dagli altri. Se si applica però una particolare deformata iniziale, si vedranno i piani oscillare contemporaneamente in maniera proporzionale gli uni agli altri e con un periodo di vibrazione (T) ben definito. Tali deformate, dette anche modi principali di vibrare del sistema, godono di una proprietà fondamentale: qualunque deformazione assunta dal sistema per effetto di una forzante F può essere descritta come combinazione lineare dei modi principali di vibrare. Per chiarire questo concetto si ipotizza di avere solo tre modi di vibrare (tre forme modali), che siano già stati calcolati precedentemente. 1 Φ1 = 2 3 1 Φ2 = 0 −1 1 Φ3 = −1 1 Il campo di spostamenti può essere scritto nella seguente forma: U(t) = y1(t) Φ1 + y2(t) Φ2 + y3(t) Φ3 Fissiamo l'attenzione ad un certo istante t0 quando il valore del vettore spostamento è 1 U (t 0 ) = 2 1.5 Riferimenti teorici Capitolo 2 – Schematizzazione dell’azione sismica. • 56 U(t0) = y1(t0) * Φ1 + y2(t0) * Φ2 + y3(t0) * Φ3 Esplicitando le singole componenti si ha: 1 = y1(t0) * 1 + y2(t0) * 1 + y3(t0) * 1 2 = y1(t0) * 2 + y2(t0) * 0 + y3(t0) * (−1) 1.5 = y1(t0) * 3 + y2(t0) * (−1) + y3(t0) * 1 Risolvendo il sistema si ottiene: y1(t0) = 13/16 ; y2(t0) = 9/16; y3(t0) = -3/8 I modi di vibrare soddisfano un’importante proprietà, detta di ortogonalità: ΦitMΦj = 0 se i è diverso da j ΦitMΦi = mi ΦitKΦj = 0 se i è diverso da j ΦitKΦi = ki Se l’equazione di equilibrio globale viene premoltiplicata per Φit e ipotizzando che la matrice C possa essere espressa come combinazione lineare di K e M, cioè: C = a⋅K + b⋅M Riferimenti teorici Capitolo 2 – Schematizzazione dell’azione sismica. • 57 si ottengono le equazioni del moto disaccoppiate nelle coordinate principali yi mi &y&i + c i y& i + k i y i = l i u&&g dove li = Φit MR è chiamato coefficiente di eccitazione modale o di partecipazione (esso fornisce il peso che ha quel particolare modo nel calcolo degli spostamenti e delle forze per il sisma caratterizzato dalla direzione R). Avere disaccoppiato il problema significa poter trattare la struttura come se fossero n sistemi ad un grado di libertà indipendenti (ovvero n oscillatori semplici) di cui sappiamo calcolare il vettore delle forze equivalenti e di conseguenza le sollecitazioni nodali. Determinate le risposte modali massime per effettuare la combinazione non è realistico sommare tutti i contributi massimi, poiché tali valori non si presentano contemporaneamente. Sono stati proposti pertanto diversi metodi di combinazione. Quello imposto dalla normativa italiana e più frequentemente adoperato utilizza la media quadratica dell’ente considerato (forza o spostamento). Ogni grandezza di interesse viene in questo modo valutata come media quadratica dei valori massimi modali: ∑s s max = i 2 i max La sommatoria andrebbe estesa a tutti i modi di vibrazione, ma l’operazione, oltre che più pesante, sarebbe superflua, poiché i contributi principali vengono dai primi modi (quelli a periodo più alto). Per determinare il numero minimo di modi già la normativa sismica del 05 Febbraio 1996 prevedeva che la massa sismica eccitata dovesse essere almeno 85% della massa totale. Per chiarire meglio questo punto bisogna introdurre il concetto di massa modale efficace, che rappresenta la massa sismica eccitata da un singolo modo; la somma di tutte le masse modali efficaci fornisce la massa totale. Ovvero: mtot = ∑ mi −eff con la sommatoria estesa a tutti i modi. Se la sommatoria è estesa ad un numero minore di modi si ha: ∑m i − eff mtot ≤1 le norme indicano il numero di modi minimo quello che da Riferimenti teorici Capitolo 2 – Schematizzazione dell’azione sismica. • 58 ∑m i −eff ≥ 0.85 mtot La formula che fornisce la massa modale efficace è: mi −eff = li2 mi con li coefficiente di partecipazione modale e mi massa modale generalizzata definiti precedentemente. Questa formula indicata dalla normativa italiana anche dell’ordinanza 3274 del 2003 fornisce buoni risultati solo se i periodi T dei vari modi di vibrare sono abbastanza differenti (Τi<0.9 Τj). Nell’ipotesi di periodi poco diversi o addirittura coincidenti l’ordinanza, come pure l’Eurocodice 8, consiglia un’altra formula di combinazione: la Combinazione Quadratica Completa (CQC): (∑∑ ρ E= ij ⋅ Ei ⋅ E j ) 1/ 2 essendo ρij il coefficiente di correzione definito dalla seguente relazione: (8 ⋅ ξ ⋅ (1 + β )⋅ β 3/ 2 2 ρi j = ((1 − β βi j = 2 ωi ωj ) 2 ij ij ( ) + 4 ⋅ξ 2 ⋅ βi j ⋅ 1 + βi j )) 2 (rapporto delle pulsazioni) ωi = Riferimenti teorici ij 2 ⋅π Ti ' • 59 Riferimenti teorici • 60 Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. 3.1 DEFINIZIONE DI DUTTILITA’. I materiali comunemente impiegati nelle costruzioni edili, acciaio, calcestruzzo, calcestruzzo armato, muratura etc.. hanno un legame costitutivo reale molto più complesso di quello elastico lineare che viene in genere utilizzato in fase di analisi strutturale. Legame costitutivo reale di acciai da costruzione Alcuni materiali, l'acciaio in special modo ma con alcune limitazioni anche il calcestruzzo, hanno un comportamento di tipo lineare fino ad una certa entità delle deformazioni e delle tensioni, mentre, oltrepassato questo valore, si osserva una grande capacità di deformarsi a tensione costante (fenomeno di snervamento). Senza entrare nei dettagli, si osserva che nella prima fase, di tipo elastico-lineare, il materiale accumula energia sotto forma di energia elastica e che quindi è in grado di restituire in fase di scarico, al contrario nella seconda fase post-elastica il materiale dissipa l'energia meccanica ceduta al corpo come se strisciasse su un piano scabro. Riferimenti teorici Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 61 Allo scarico del corpo la deformazione accumulata nella fase post-elastica non ritorna deformando permanentemente il corpo (Lavorazione per stampaggio a freddo della lamiera). Dal bilancio energetico per un carico statico si ottiene: E = We+Wp in cui si ha: E = Energia fornita al corpo We = Energia accumulata di tipo elastico-conservativa Wp = Energia dissipata ad esempio in calore per i materiali elastoplastici. Sia εp la deformazione oltre il limite elastico εy e minore o uguale alla deformazione ultima εu , la differenza (εp-εy) è di tipo irreversibile, quindi il corpo subisce delle modifiche permanenti. La duttilità può essere definita utilizzando la seguente espressione: r = εu/εy Di seguito sono riportati i valori della duttilità per i materiali di più comune impiego: Materiale elasto-fragile: r =1 Materiale elastico - perfettamente plastico r = ∞ Valori di calcolo per materiale reali: r = 1.5 … 6 (muratura, .. acciaio) sy ey Riferimenti teorici Wp We ep eu Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 62 La duttilità è quindi legata alle capacità dissipative della struttura e come verrà evidenziato appresso condiziona in maniera determinante la propria resistenza alle azioni sismiche. 3.2 DUTTILITA’ LOCALE DI ELEMENTI STRUTTURALI. Legame costitutivo di calcolo del calcestruzzo Legame costitutivo di calcolo dell'acciaio Duttilità dell'acciaio: Per un acciaio tipo Feb 44K abbiamo una tensione caratteristica di snervamento: fyk = 4300 kg/cm2 fd = fyk/1.15 = 3800 kg/cm2 (tensione di calcolo di snervamento) εy = fd/Es = 3800/2.100.000 = 0.1822 % εu = 1% r = εu/εy = 5.5 Riferimenti teorici (deformazione al limite elastico) (deformazione ultima convenzionale per l’acciaio) (duttilità) Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 63 essendo fyk la resistenza cilindrica dell’acciaio. Duttilità del calcestruzzo: εy = 0.2% (deformazione limite del tratto parabolico ) εu = 0.35 (deformazione ultima convenzionale per il calcestruzzo compresso) r = εu/εy = 1.75 (duttilità) Quindi per avere un comportamento duttile della sezione in c.a. bisogna sfruttare la duttilità dell'acciaio teso facendo in modo che la crisi avvenga per raggiungimento della deformazione ultima dell'acciaio e non del lembo compresso del calcestruzzo. Buona norma è aiutare il calcestruzzo compresso inserendo armatura compressa in percentuale non inferiore al 25-50% di quella tesa. L’entità della duttilità disponibile per le sezioni in c.a. semplicemente inflesse può raggiungere agevolmente il valore di 7-8. La risposta sismica di una struttura intelaiata presso-inflessa è fortemente condizionata dalla relazione esistente tra il momento flettente (M) e la curvatura della sezione (χ). Si definisce duttilità disponibile di una sezione di trave il rapporto tra la curvatura ultima (alla massima capacità convenzionale di carico) χu e la condizione al limite elastico dell'acciaio teso χe. Si definisce inoltre q = As f yd ⋅ Ac f cd (percentuale meccanica di armatura) essendo: As = area dell’armatura tesa Ac = area del calcestruzzo fyd = resistenza di calcolo dell’acciaio fcd = resistenza di calcolo a compressione del calcestruzzo Il rapporto χu/χe, ovvero la duttilità, aumenta: • Diminuendo la percentuale meccanica di armatura tesa della sezione • Diminuendo la tensione di snervamento dell'acciaio • Aumentando la resistenza del calcestruzzo • Aumentando il grado di confinamento del calcestruzzo • Aumentando la percentuale meccanica di armatura compressa della sezione. Riferimenti teorici Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 64 Lo sforzo normale di compressione ha invece un effetto di riduzione della duttilità per cui nei pilastri è necessario avere delle sezioni di calcestruzzo adeguate e ben armate. Nella figura seguente viene mostrata la diminuzione di duttilità all'aumentare della percentuale meccanica di armatura in zona tesa. Un altro comportamento molto importante è quello legato alla sollecitazione di taglio, soprattutto per i pilastri di strutture realizzate in zona sismica. Se si effettua una prova su un pilastro caricato con uno sforzo normale (N0) costante ed un carico orizzontale (H) variabile si osservano i seguenti fenomeni: Riferimenti teorici Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 65 • Degrado della resistenza molto evidente per cicli di carico e scarico. • Duttilità molto ridotta, ovvero raggiunta la resistenza massima si raggiunge subito lo stato limite ultimo con incrementi modesti degli spostamenti. • Diminuzione di duttilità all'aumentare dello sforzo di compressione. Da ciò si evince che si dovrebbe sempre evitare che il collasso dell’asta (trave o pilastro) avvenga per taglio invece che per flessione. Questa affermazione porta alla conclusione che un elemento strutturale, in particolare i pilastri, dovrebbero essere dimensionati a taglio non sul valore della sollecitazione di calcolo, ma sul massimo taglio che può essere equilibrato dai momenti resistenti ultimi con cui si è progettato. Per cui per uno schema di pilastro incastrato al piede ed in testa il valore del taglio Td di verifica è: Td = max (Ts,Tm) Dove Ts è la sollecitazione di calcolo, Tm il valore di taglio massimo in equilibrio con i momenti resistenti di progetto di estremità moltiplicato per un opportuno coefficiente α>1 che tiene conto di eventuali fenomeni di iper-resistenza dovuti ad esempio all'incrudimento dell'acciaio, ovvero: Tm = α ⋅ Ma + Mb ;α > 1 ; h essendo: Ma, Mb = momenti resistenti ultimi delle estremità del pilastro H = altezza pilastro. Riferimenti teorici Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 66 Per cui più si sovradimensiona la resistenza a flessione del pilastro più si dovrà assicurare una resistenza a taglio adeguata. Quindi non è vero in generale che sovradimensionare l'armatura in fase di esecuzione sia lecito in quanto a favore di sicurezza. 3.3 RISPOSTA ANELASTICA DELLA STRUTTURA. Il comportamento reale di una struttura sollecitata da un sisma severo è di tipo anelastica in quanto i materiali risultano lavorare oltre il limite di proporzionalità e si hanno tutta una serie di fenomeni di degrado e fessurazione di tipo irreversibile. Se si vuole quindi modellare in maniera realistica il comportamento strutturale è necessario effettuare delle analisi di tipo FEM che tengono in conto esplicitamente sia della non linearità meccanica dei materiali e sia dell'input sismico tramite accelerogrammi. Date le difficoltà di utilizzare un'analisi esplicitamente non lineare si preferisce, in particolare per la progettazione di nuove strutture, utilizzare un'analisi elastica convenzionale con valori delle azioni sismiche che già tengono conto implicitamente della risposta non lineare tramite il cosiddetto fattore di struttura o duttilità strutturale. Al solo scopo di potere definire la duttilità strutturale ipotizziamo di conoscere la risposta anelastica della nostra struttura ipotizzando che sia sollecitata dalle forze peso e da un sistema di forze orizzontali monotonamente crescente fino a collasso. La risposta verrà descritta in termini di taglio alla base in funzione dello spostamento di un punto di controllo, ad esempio, il baricentro dell'ultimo piano. Tale curva viene definita curva di capacità dell'edificio. Per maggiore chiarezza possiamo pensare di studiare in maniera qualitativa un portale incastrato alla base a cui applichiamo una forza orizzontale via via crescente. Per semplicità ipotizziamo le aste in acciaio e che le deformazioni plastiche siano concentrate ai nodi. Possiamo allora pensare tre step di carico che porteranno il portale a collasso: Step 0 - Tutte le travi sono in fase elastica. Valore del carico F0 Step 1 - Incremento il carico fino alla formazione delle cerniere plastiche ai nodi della trave di piano. Valore del carico F1. Step 2 - Incremento il carico fino alla formazione delle cerniere plastiche ai piedi del pilastro. Valore del carico F2. Si ha quindi la formazione di un meccanismo plastico che è in grado di mantenere la resistenza fino ad un valore massimo di spostamento definito spostamento ultimo. Riferimenti teorici Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 67 Curva di Capacità dell’edificio. Riferimenti teorici Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 68 3.4 OSCILLATORE ELASTOPLASTICO EQUIVALENTE E DUTTILITA’ DI STRUTTURA. Una volta determinata la curva di capacità dell'edificio per definire un punto di snervamento e quindi una duttilità di struttura si assimila la struttura reale ad un oscillatore elastoplastico bilatero elementare definito in uno dei seguenti modi: Bilatera equivalente alla curva reale rispetto al lavoro elastoplatico (equivalenza delle aree sottese al gr afico). Bilatera costruita tangente al grafico della curva reale. La duttilità strutturale sarà quindi: d= Uu Uy Con questo procedimento abbiamo in pratica riportato lo studio di un sistema anelastico a molti gradi di libertà (MDOF) allo studio di un sistema ad un grado di libertà (SDOF) elastoplastico equivalente. Riferimenti teorici Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 69 3.5 DUTTILITA’ DI STRUTTURA E SPETTRO DI PROGETTO. La conoscenza della duttilità di struttura ed in particolare l'avere assimilato la reale risposta anelastica sotto l'azione sismica a quella di un oscillatore elastoplastico bilatero permette di stimare in maniera piuttosto semplice la resistenza minima richiesta alla struttura per evitare il collasso. Consideriamo un sistema ad un solo grado di libertà con un comportamento lineare-perfettamente plastico con una resistenza Fy. Sistema elastoplatico bilineare Lo studio sia numerico che sperimentale di tale tipo di sistema soggetto a vari tipi di forzante ha messo in luce che la risposta anelastica può essere di due tipi in funzione del periodo proprio in particolare si distingue la risposta per sistemi con periodo elevato e sistemi con periodo piccolo, sia: Fe = Risposta massima elastica in termini di forze interne Fy = Resistenza del sistema elastoplastico δy = Spostamento al limite di proporzionalità δe = Spostamento risposta indefinitamente elastica δp = Spostamento risposta elastoplatica q = δp/δy Fattore di struttura o coefficiente di comportamento, il cui valore è in genere compreso tra 1 e 6. Riferimenti teorici Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 70 Risposta per sistemi con periodo proprio piccolo Per i sistemi con periodo proprio piccolo si ha che la risposta è caratterizzata dall'equivalenza energetica tra la risposta indefinitamente elastica e quella elastoplastica per cui si ha che OBCG è equivalente a OAF. Tale equivalenza può essere definita analiticamente con la relazione: Fy = Fe 1 (2 ⋅ q − 1) 2 Risposta per sistemi con periodo lungo Per i sistemi con periodo proprio lungo si ha che la risposta è caratterizzata invece dall'uguaglianza dello spostamento massimo del sistema elastoplastico a quello del sistema indefinitamente elastico δp = δe per cui banalmente: Riferimenti teorici Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 71 Fy Fe Fy Fe δy Fe = ! = ! Fy = ⋅ Fe ! Fy = q δ y δe δy δp δp Se allora esprimiamo la risposta elastica in termini di spettro di risposta elastico e la resistenza del sistema come spettro di progetto : Se = spettro di risposta elastico Sd = spettro di risposta di progetto da utilizzarsi in un’analisi elastica convenzionale per le verifiche di resistenza ed il dimensionamento. Tenendo in conto che la struttura è in grado di dissipare un certa quantità di energia grazie alla propria duttilità le forze elastiche di progetto e quindi la resistenza della struttura saranno minori di quelle richiesta da un comportamento indefinitamente elastico. Sd (T) = Se (T) (2 ⋅ q − 1) Sd (T) = 1 2 ; T < TA Se (T) ; T > TA q In genere questo diverso comportamento della risposta anelastica delle strutture con periodo molto piccolo viene preso in conto nelle norme differenziando la forma dello spettro di progetto in funzione del periodo proprio. Per quanto esposto si può quindi affermare che: Per una struttura che ha una determinata duttilità globale espressa dal fattore di struttura q, si può dire che essa resisterà ad una perturbazione sismica la cui risposta elastica massima è Ve se la sua resistenza al limite elastico è non inferiore a Vy=Ve/q. Il teorema precedente è la base di tutte le normative sismiche che permettono di sfruttare le risorse anelastiche della struttura operando un controllo sul fattore q. Ad esempio per un struttura in muratura quindi poco duttile la norma ci darà un valore di q = 1.5, per un struttura in calcestruzzo armato regolare per geometria senza elementi tozzi e con sezioni debolmente armata q = 5. Come si vede i materiali ed i progettisti virtuosi vengono ben ripagati. Sfruttare la risposta post-elastica significa però accettare che si produca un danneggiamento, infatti i fenomeni post-elastici sono di tipo non conservativo ed irreversibile. Il bilancio energetico di una struttura con input sismico può essere espresso dalla seguente relazione: E = We+Wp Riferimenti teorici Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 72 essendo: E = Energia cinetica dovuto all'input sismico We = energia elastica massima accumulata dal sistema Wp = energia dissipata per fenomeni isteretici, plastici, viscosi L'entità dell'energia Wp è legata al danno che riceve la struttura, se volessimo una risposta senza danno dovremmo assicurare che si abbia: E = We 3.6 ANALISI NON LINEARE STATICA - PUSHOVER ANALYSIS. Abbiamo visto come il comportamento non lineare delle strutture incide profondamente sulla capacità di resistere all'azione sismica e come è possibile tenerne in conto utilizzando un'analisi strutturale di tipo elastica convenzionale una volta definiti la duttilità ed il fattore di struttura. Se però si utilizzano delle analisi più raffinate che tengono in conto esplicitamente sia della non linearità meccaniche dei materiali che dell'input sismico tramite accelerogrammi è possibile ottenere direttamente la reale risposta della struttura durante il sisma. Tali analisi possono evidentemente essere utilizzati solo come verifica strutturale e mai come progettazione in quanto l'analisi non lineare presuppone la conoscenza a priori delle reali rigidezze e resistenze delle varie membrature, in particolare per il calcestruzzo armato ad esempio si dovrà già definire la sezione completa delle armature. Le analisi non lineari vengono usate quindi come verifica sia di edifici esistenti, per la valutazione della loro sicurezza, che come controllo di strutture progettate con un analisi elastica convenzionale basata su spettro di progetto e fattore di struttura per validare le ipotesi strutturali fatte dal progettista. Grazie all'esperienza fatta negli USA dal FEMA (la protezione civile americana) si è ormai consolidata l'utilizzo nel campo dell'ingegneria civile della pushover analysis ovvero la più semplice delle analisi non lineari possibili in quanto di tipo statica e con percorsi di carico di tipo monotonamente crescente. Questo tipo di analisi ha avuto grande successo nella stima della sicurezza degli edifici sotto azione sismica e per il controllo delle progettazioni dei nuovi edifici ed è prevista esplicitamente sia nell'EC8 che nell'Ordinanza D.P.C.M. 3274/2003. Riferimenti teorici Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 73 CONCETTI DI BASE Gli elementi chiave di un’analisi non lineare sono: domanda, capacità, prestazione. - La domanda è una rappresentazione del moto sismico del terreno. - La capacità è l’abilità della struttura di resistere alla domanda sismica. - La prestazione rappresenta la misura in cui la capacità assorbe la domanda; la struttura deve avere la capacità di resistere alla domanda sismica in modo che la prestazione sia compatibile con gli obiettivi di progetto. La capacità globale di una struttura dipende dalla resistenza e dalle capacità di deformazione dei singoli componenti della struttura. Allo scopo di determinare il comportamento strutturale oltre il limite elastico, si utilizzano tecniche di analisi non lineare come quella denominata pushover o analisi di spinta. STIMA DELLA CAPACITA Il concetto alla base di tale tecnica è che la capacità complessiva della struttura di sostenere le azioni sismiche può essere descritta dal comportamento della stessa sottoposta ad un sistema di forze statiche equivalenti incrementate fino a raggiungere il collasso, inteso come incapacità di continuare a sostenere i carichi verticali. La capacità di una struttura è pertanto rappresentata mediante una curva che ha come grandezze di riferimento il taglio alla base e lo spostamento in un punto di controllo, ad esempio, il baricentro della copertura dell’edificio. Per avere una stima delle forze inerziali si considera che la distribuzione delle azioni statiche equivalenti agenti sulla struttura e crescenti fino a collasso siano proporzionali alle masse di piano e pesate con una forma modale della struttura normalizzata in corrispondenza dello spostamento di piano assunto come punto di controllo. Se Φ è il modo di vibrare più significativo, per la direzione del sisma considerata, normalizzato ad esempio sullo spostamento dell'ultimo piano avremo: Fi = λ * mi * Φi (forze di piano equivalenti al sisma) Riferimenti teorici Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 74 Per potere effettuare un'analisi di questo tipo è necessario utilizzare un solutore FEM non lineare che permette di valutare in maniera evolutiva il comportamento degli elementi strutturali. In particolare è necessario potere valutare come varia la rigidezza dei singoli elementi strutturali al progredire delle deformazioni fino a raggiungere il collasso. Come previsto dal FEMA 273 gli elementi strutturali ad esempio travi e pilastri vengono suddivisi in varie categorie: · primari: sono in grado di assorbire le azioni orizzontali prodotte dal sisma, anche dopo numerose escursioni in campo plastico. Sono valutati, e, se necessario, riabilitati per sostenere le forze e le deformazioni indotte dal sisma, assicurando la capacità portante dei carichi di gravità. · secondari: non sono in grado di resistere alle azioni prodotte dal sisma. Non vengono dunque progettati come parte del sistema resistente alle azioni orizzontali ma vengono valutati, e riabilitati se necessario, per sopportare le deformazioni indotte dal sisma e per sostenere i carichi di gravità. Nelle analisi lineari il modello di calcolo include solo la rigidezza dei componenti e degli elementi primari; i secondari devono essere verificati tenendo conto degli spostamenti determinati nel precedente modello. Nelle analisi non lineari, il modello matematico deve includere la rigidezza e la resistenza di tutti i componenti, inclusa la riduzione di resistenza dei componenti secondari. Inoltre, se la rigidezza totale dei componenti non strutturali (ad esempio pannelli esterni prefabbricati) supera il 10% della rigidezza laterale di un piano, gli stessi devono essere inclusi nel modello. Riferimenti teorici Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 75 La classificazione dei componenti non deve influenzare il giudizio sulla configurazione dell’edificio: non si può cioè classificare qualche componente in modo che un edificio irregolare diventi regolare. Inoltre gli elementi vanno classificati in termini di caratteristiche di sollecitazione. Le risultanti dello stato di sollecitazione in ogni sezione, si distinguono in due categorie : · controllate dalla deformazione (componenti di tipo duttile). · controllate dalla forza (componenti di tipo fragile). Una risultante controllata dalla deformazione è tale da continuare a mantenere valori significativi anche quando la deformazione oltrepassa il limite di snervamento; la massima deformazione è limitata dalla duttilità del componente. Una risultante controllata dalla forza è tale se decade molto rapidamente appena superata la deformazione associata al raggiungimento del limite elastico. In tali condizioni non è possibile sostenere carico con deformazioni superiori al valore di snervamento (duttilità circa unitaria). Sono possibili situazioni intermedie che vanno sotto il nome di elementi a duttilità limitata che possono essere classificati nel primo o nel secondo modo in funzione dell’estensione del campo plastico. Esempi tipici di comportamenti di tipo fragile sono quelli controllati dal taglio o le rotture nei nodi. Curve di comportamento dei componenti La curva 1 è rappresentativa di un tipico comportamento duttile. E’ caratterizzata da un tratto elastico (0-1), seguito da uno plastico (1-3), che potrebbe includere uno strain-hardening (1-2) o un softening, e un ramo di degradazione della resistenza (2-3). I criteri di accettabilità per i componenti primari che mostrano un tale comportamento, fanno riferimento al tratto elastico o a quello plastico, a seconda del livello di prestazione. I criteri per gli elementi secondari possono far riferimento all’intera curva. I componenti primari che esibiscono un tale comportamento sono controllati dalla deformazione se il ramo plastico (1-2) è sufficientemente ampio, (e > 2g); per i componenti secondari, invece, non si pongono limitazioni sul ramo plastico. La curva 2 è rappresentativa di un altro comportamento duttile. E’ caratterizzata da un tratto elastico ed uno plastico, seguiti da una rapida e totale perdita di resistenza. Se il ramo plastico è sufficientemente ampio (e > 2g), il relativo comportamento è quello dei componenti controllati dalla deformazione. Anche in questo caso i criteri di accettabilità, sia per i componenti primari che per quelli secondari, fanno riferimento al tratto elastico e a quello plastico. Riferimenti teorici Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 76 La curva 3 caratterizza i componenti dal comportamento fragile. Il tratto elastico è seguito da una rapida e completa perdita di resistenza. I componenti che presentano un tale comportamento sono considerati controllati dalla forza. I criteri di accettabilità, sia per i componenti primari che per quelli secondari, fanno riferimento al ramo elastico. Come mostrato l'analisi non lineare presuppone quindi una descrizione del comportamento degli elementi strutturali ben più raffinata di quella richiesta dall'analisi elastica, inoltre le analisi essendo di tipo incrementali sono dal punto di vista computazionale molto impegnative. Per i nostri scopi però non serve andare nel dettaglio di tali tipi di analisi ma fare vedere come un'analisi di tipo statica incrementale può essere usata per la determinazione della resistenza sismica di una struttura Ipotizziamo quindi di effettuare una analisi non lineare statica incrementale su un edificio sollecitato con le forze peso costanti e forze orizzontali di piano crescenti fino al collasso, possiamo allora rappresentare in un grafico la curva Taglio alla base - spostamento di piano come in figura. Riferimenti teorici Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 77 Curva di capacità dell'edificio Questa curva di capacità verrà utilizzata per definire uno oscillatore elastoplastico equivalente rispetto al lavoro della struttura reale, questa equivalenza era stata già sfruttata per definire la duttilità di struttura. In questo modo una risposta complessa viene ridotta a quella tipica di un oscillatore non lineare ad un grado di libertà, rendendo possibile, come vedremo più avanti, un diretto confronto con la domanda sismica rappresentata in termini di spettro di risposta dello spostamento. COSTRUZIONE DEL SISTEMA ELASTOPLASTICO EQUIVALENTE Il primo passo da fare è caratterizzare l'edificio, dal punto di vista sismico, con il proprio modo di vibrare più significativo, per la direzione del sisma considerata, analogamente a quanto fatto per determinare la distribuzione in altezza delle forze di piano. Si indichi quindi con Φ il vettore rappresentativo del modo di vibrare più significativo, normalizzato al valore unitario della componente relativa al punto di controllo, quindi il coefficiente di partecipazione: Γ= ∑m Φ ∑m Φ i i Riferimenti teorici i 2 i Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 78 Tutte le grandezze riferite alla risposta del piano dell'edificio possono essere riferite ad uno sistema SDOF equivalente al modo di vibrare prima definito, per cui : F * = Fb Γ d * = dc Γ Forza reattiva del sistema equivalente Spostamento del sistema equivalente Fy* = Fbu / Γ Resistenza del sistema equivalente Fb = taglio alla base dell'edificio dc = spostamento del punto di controllo. Fbu = resistenza dell'edificio inteso come valore del taglio alla base dell'edificio a collasso, ovvero somma delle forze orizzontali applicate ai vari piani. F* Fy* d *y d* Curva di capacità riferita al sistema equivalente d y * = F y k * Spostamento al limite elastico del sistema equivalente k* = rigidezza secante del sistema equivalente ottenuta dall’eguaglianza delle aree come indicato nella figura. Per ricavare la massa che dovremo associare al sistema equivalente dobbiamo ricordare che l'analisi incrementale è stata effettuata con un sistema di forze del tipo : Fi = λ * mi * Φi (forze di piano equivalenti al sisma) Dove λ viene fatto crescere fino al collasso della struttura. E' chiaro che il taglio alla base trattandosi di un'analisi statica sarà la somma delle forze di piano : Fb = λ ⋅ ∑m Φ i i e quindi possiamo definire Riferimenti teorici Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 79 m* = ∑ mi Φ i massa del sistema SDOF equivalente. Il periodo elastico del sistema bi-lineare è dato quindi dall’espressione: T * = 2π m* k* Modello SDOF elastoplastico equivalente della nostra struttura STIMA DELLA DOMANDA Il terremoto determina nella struttura deformazioni che sono congruenti con gli spostamenti dei suoi nodi. Negli ultimi anni è su questi ultimi che si è indirizzata l’attenzione per poter meglio stimare lo stato di danneggiamento e la prestazione che la struttura danneggiata può offrire. Con i tradizionali metodi di analisi lineari gli spostamenti sono valutati utilizzando azioni di progetto descritte mediante particolari distribuzioni di forze orizzontali. I metodi non lineari, in generale, consentono la stima diretta degli spostamenti orizzontali, a partire dal moto sismico atteso. La domanda causata da un terremoto su una particolare struttura, può dunque essere utilmente espressa in termini di spostamento subito dalla struttura stessa. Per determinare quale sia l’effettivo punto di funzionamento di una struttura sotto il sisma occorre confrontare la capacità della struttura, come prima descritta, con le caratteristiche dell’azione sismica considerata. La domanda di spostamento altro non è che la risposta reale massima della struttura in termini di spostamenti e può essere valutata: ( ) * d max = d e*,max = S De T * per sistemi con periodo lungo Riferimenti teorici Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 80 * d max = q* = ( ) d e*,max TC * * 1 + q − 1 * ≥ d e,max per strutture con periodi piccoli. * q T ( ) S e T * ⋅ m* F y* (rapporto tra la forza di risposta indefinitamente elastica e la resistenza della struttura, quindi è il deficit di resistenza della struttura reale rispetto ad una che si comporterebbe in maniera perfettamente elastica). Una volta stimata la domanda dobbiamo verificare che la capacità della struttura sia adeguata ovvero che la struttura abbia una capacità di spostamento maggiore di quella richiesta, ricordando il legame tra il sistema equivalente e la struttura originaria : * domanda dello spostamento effettivo del punto di controllo. d r = Γd max La verifica quindi consisterà nel verificare che questo spostamento è compatibile con la curva di capacità ovvero inferiore allo spostamento ultimo del punto di controllo. Riferimenti teorici Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 81 Confronto tra la domanda di spostamento e la curva di capacità. Riferimenti teorici Capitolo 3 – Duttilità e spettro di progetto anelastico. • 82 Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 4.1 INTRODUZIONE. In questo capitolo vengono approfonditi i principali aspetti della nuova normativa sismica ed in particolare la progettazione di nuovi edifici in c.a., secondo l’Ordinanza n.3274 aggiornata con l’Ordinanza n.3316. 4.2 REQUISITI DI SICUREZZA E CRITERI DI VERIFICA. La nuova norma nasce dall’esigenza di assicurare che le costruzioni vengano realizzate o adeguate in modo da assumere certe “prestazioni” in caso si verifichi l’evento sismico atteso. In particolare le prestazioni che il progettista è tenuto ad assicurare sono le seguenti: - sotto l’effetto dell’azione sismica di progetto per un sisma avente un periodo di ritorno di circa 500 anni, l’edificio pur subendo danni di grave entità agli elementi strutturali e non strutturali, deve mantenere una residua resistenza e rigidezza nei confronti delle azioni orizzontali e l’intera capacità portante per carichi verticali (Stato Limite Ultimo S.L.U.). - Sotto l’effetto di un sisma con basso periodo di ritorno (frequente) gli edifici non devono riportare danni gravi né alle strutture né alle parti non strutturali, in particolare agli impianti (Stato Limite del Danno S.L.D.). 4.3 SPETTRO DI RISPOSTA ELASTICO. Lo spettro di risposta elastico è quello proposto dall’EC8. La forma spettrale è considerata indipendente dal livello di sismicità e corrisponde alla forma dello spettro Tipo 1 dell’EC8. Lo spettro di risposta elastico della componente orizzontale è espresso dalle seguenti relazioni: T a = a g ⋅ S ⋅ 1 + ⋅ (η ⋅ 2.5 − 1) TB a = a g ⋅ S ⋅ η ⋅ 2.5 Riferimenti teorici 0 ≤ T < TB TB ≤ T < Tc Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 83 T a = a g ⋅ S ⋅ η ⋅ 2.5 ⋅ C T T ⋅T a = a g ⋅ S ⋅η ⋅ 2.5 ⋅ C 2 D T TC ≤ T < TD TD ≤ T con il seguente significato dei simboli: ag = accelerazione al suolo S = fattore terreno fondazione η = fattore che tiene conto di un coefficiente di smorzamento viscoso equivalente ξ, espresso in punti percentuali, diverso da 5 (η=1 per ξ=5): η = 10 /(5 + ξ ) ≥ 0.55 T = periodo di vibrazione della struttura Il fattore S ed periodi caratteristici TB, TC e TD vengono definiti in funzione del terreno, come più avanti specificato. 4.4 CATEGORIA SISMICA. La norma preesistente suddivideva il territorio italiano in aree a differente grado di sismicità, prevedendo anche una zona a rischio nullo, per la quale non è previsto alcun calcolo sismico delle strutture. La nuova norma invece individua quattro diverse categorie alle quali è associata un’accelerazione orizzontale massima: Riferimenti teorici Zona Accelerazione al suolo “ag” 1 0.35 g 2 0.25 g 3 0.15 g 4 0.05 g Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 84 Il valore dell’accelerazione al suolo va moltiplicata per un coefficiente S che è funzione della categoria del suolo su cui dovrà essere realizzata la struttura. Un prospetto contenente i valori che assume S in corrispondenza della categoria del suolo verrà proposto più avanti. 4.5 CARATTERISTICHE DEL SUOLO. Ai fini della determinazione dell’azione sismica in funzione delle caratteristiche del sito, la norma definisce 5 tipi di terreno, come descritto nel seguente prospetto: Categ. suolo Tipo NSPT A Suoli omogenei molto rigidi B Sabbie molto addensate C D E cu (kPa) Velocità diffusione onde sismiche Vs30 > 800 m/s 360 m/s < Vs30 < 800 m/s Sabbie mediamente addensate NSPT >50 cu>250 15<NSPT <50 70 <cu<250 NSPT<15 cu<70 180 m/s < Vs30 < 360 m/s Terreni granulari poco addensati Vs30 < 180 m/s Terreni a strati superficiali alluvionali Vs30 come C o D nello strato superficiale (spessore tra 5 e 20 m) e come A nel substrato Nel soprastante prospetto la velocità di propagazione delle onde di taglio è la media entro 30 m di profondità. Ovviamente spetterà al tecnico geologo fornire al progettista delle strutture la categoria del suolo. Questo aspetto, come molti altri contemplati nel nuovo approccio normativo, devono servire a comprendere come la nuova direzione intrapresa nel campo della progettazione strutturale non si limita ad un perfezionamento della formulistica adottata, ma vuole andare ben oltre, cercando di portare ad un innalzamento di tutti gli standard legati alla progettazione, a partire dalla fase di ideazione della struttura e di raccolta dei dati iniziali (tra cui appunto le caratteristiche del terreno), fino all’atto realizzativo finale. Nei due prospetti seguenti sono contenuti i valori assunti dai periodi TB, TC e TD, e dal coefficiente S, in precedenza citati, per ciascuna categoria del suolo. Riferimenti teorici Categoria Suolo TB TC TD A 0.15 0.40 2.0 B, C, E 0.15 0.50 2.0 D 0.20 0.80 2.0 Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 85 Categoria Suolo Coefficiente S A 1 B, C, E 1.25 D 1.35 4.6 IMPORTANZA SISMICA. Tanto nella preesistente che nella nuova norma sismica è presente un parametro che rappresenta l’importanza sismica della struttura in esame. Detto parametro, chiamato Fattore di Importanza (indicato dal simbolo “γI”), assume valori compresi tra 1 e 1.4. Si distinguono tre categorie di edifici, in base alle loro peculiarità, corrispondentemente alle quali si impongono i seguenti valori del Fattore di Importanza γI : Categoria Edifici I Edifici la cui funzionalità durante il terremoto ha importanza fondamentale per la protezione civile (ad esempio ospedali, municipi, caserme dei vigili del fuoco) II III Fattore di importanza 1.4 Edifici importanti in relazione alle conseguenze di un eventuale collasso (ad esempio scuole, teatri) 1.2 Edifici ordinari, non compresi nelle categorie precedenti 1.0 4.7 SPETTRI DI PROGETTO PER LO STATO LIMITE ULTIMO. Ai fini del progetto, le capacità dissipative delle strutture possono essere messe in conto attraverso un fattore riduttivo delle forze elastiche, denominato fattore di struttura q. L'azione sismica di progetto Sd(T) è in tal caso data dallo spettro di risposta elastico in precedenza descritto, con le ordinate ridotte utilizzando il fattore q. I valori numerici del fattore q vengono definiti in funzione dei materiali e delle tipologie strutturali. Lo spettro di progetto per le componenti orizzontali è definito dalle seguenti espressioni: Riferimenti teorici Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 86 T S d (T ) = a g ⋅ S ⋅ 1 + TB 0 ≤ T < TB TB ≤ T < TC S d (T ) = a g ⋅ S ⋅ 2.5 q TC ≤ T < TD S d (T ) = a g ⋅ S ⋅ 2.5 TC ⋅ q T TD ≤ T S d (T ) = a g ⋅ S ⋅ 2.5 TC TD ⋅ q T2 2.5 ⋅ − 1 q in cui S, TB, TC, TD sono definiti nei paragrafi precedenti in funzione della categoria del suolo. Si assumerà comunque Sd(T) ≥ 0.2ag. A meno di adeguate analisi giustificative, lo spettro di progetto della componente verticale dell’azione sismica è dato dalle seguenti espressioni, assumendo q = 1.5 per qualunque tipologia strutturale e di materiale: 0 ≤ T < TB T S vd (T ) = 0.9 ⋅ a g ⋅ S ⋅ 1 + TB TB ≤ T < TC S vd (T ) = 0.9 ⋅ a g ⋅ S ⋅ 3.0 q TC ≤ T < TD S vd (T ) = 0.9 ⋅ a g ⋅ S ⋅ 3.0 TC ⋅ q T TD ≤ T S vd (T ) = 0.9 ⋅ a g ⋅ S ⋅ 3.0 ⋅ − 1 q 3.0 TC TD ⋅ q T2 Tutti i simboli mantengono significato e valore numerico definiti nel caso dello spettro di risposta elastico. La figura di seguito riportata mostra l’andamento della famiglia di curve che rappresentano lo spettro di progetto per lo Stato Limite Ultimo in base al valore assunto dal coefficiente di struttura q. Riferimenti teorici Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 87 Diagramma dello spettro di progetto per gli S.L.U. al variare di “q”. 4.8 SPETTRO DI PROGETTO PER LO STATO LIMITE DEL DANNO. Lo spettro di progetto da adottare per la limitazione dei danni dovuti alle deformazioni può essere ottenuto riducendo lo spettro elastico precedentemente descritto secondo un fattore pari a 2.5. 4.9 MASSE SISMICHE. Il calcolo della massa da utilizzare per la valutazione della forza sismica da applicare a ciascun impalcato o nodo della struttura è ottenuto con la seguente relazione: W = Gk + ∑(ψ Ei ⋅ Qki ) in cui si ha: Gk = peso proprio + carico permanente Qki = carico accidentale ψ Ei = ψ 0i ⋅ ϕ per la verifica allo Stato Limite del Danno (SLD) ψ Ei = ψ 2i ⋅ ϕ per la verifica allo Stato Limite Ultimo (SLU) Riferimenti teorici Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 88 i valori assunti dai parametri ψ e ϕ , rispettivamente funzione della destinazione d’uso e del piano della struttura, sono riportati nei seguenti prospetti. ψ 0i ψ 2i Abitazioni, Uffici 0.70 0.30 Uffici aperti al pubblico, Scuole, Negozi, Autorimesse 0.70 0.60 Tetti e coperture con neve 0.70 0.20 Magazzini, Archivi, Scale 1.00 0.80 Vento 0.00 0.00 Destinazione d’uso Carichi ai piani Carichi indipendenti ϕ Copertura 1.0 Altri piani 0.5 Archivi 1.0 Carichi correlati ad alcuni piani Copertura 1.0 Piani con carichi correlati 0.8 Altri piani 0.5 4.10 COMBINAZIONE DELL’AZIONE SISMICA CON LE ALTRE AZIONI. La combinazione tra tutte le azioni agenti su una struttura è espressa dalla seguente relazione: γ I ⋅ E + Gk + Pk + ∑(ψ ji ⋅ Qki ) in cui: γI E = Azione sismica per lo stato limite in esame γI = Fattore di Importanza Gk = valore caratteristico delle azioni permanenti Riferimenti teorici Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 89 Pk = valore caratteristico della forza di precompressione Qki = valori caratteristici delle azioni variabili tra loro indipendenti ψ ji = ψ 0i per la verifica allo Stato Limite del Danno (SLD) ψ ji = ψ 2i per la verifica allo Stato Limite Ultimo (SLU) i valori assunti dai parametri precedenza. ψ , funzione della destinazione d’uso, sono già stati riportati in 4.11 REGOLARITA’ DELLE STRUTTURE. Il problema della regolarità della struttura diventa con l’Ordinanza n.3274 quanto mai importante nella risoluzione della stessa, infatti in funzione della regolarità di un edificio saranno richieste scelte diverse in relazione al metodo di analisi e ad altri parametri di progetto. Gli edifici devono avere quanto più possibile caratteristiche di semplicità, simmetria e regolarità. Si definisce regolare un edificio che rispetti sia i criteri di regolarità in pianta che quelli di regolarità in altezza. Un edificio è regolare in pianta se tutte le seguenti condizioni sono rispettate: - la configurazione in pianta è compatta e approssimativamente simmetrica rispetto a due direzioni ortogonali, in relazione alla distribuzione di masse e rigidezze; - il rapporto tra i lati di un rettangolo in cui l’edificio risulta inscritto è inferiore a 4; - eventuali rientri o sporgenze non superano il 25 % della dimensione totale dell’edificio nella direzione del rientro o della sporgenza; - i solai possono essere considerati infinitamente rigidi nel loro piano rispetto agli elementi verticali. Un edificio è regolare in altezza se tutte le seguenti condizioni sono rispettate: - tutti i sistemi resistenti verticali dell’edificio (quali telai e pareti) si estendono per tutta l’altezza dell’edificio; - massa e rigidezza rimangono costanti o si riducono gradualmente, senza bruschi cambiamenti, dalla base alla cima dell’edificio (le variazioni da un piano all’altro non superano il 20 %) - il rapporto tra resistenza effettiva e resistenza richiesta dal calcolo non è significativamente diverso per piani diversi (il rapporto fra la resistenza effettiva e quella richiesta calcolata ad un generico piano non deve differire più del 20% dall’analogo rapporto determinato per un altro piano); - eventuali restringimenti della sezione dell’edificio avvengono in modo graduale, rispettando i seguenti limiti: ad ogni piano il rientro non supera il 30 % della dimensione corrispondente al primo piano, né il 10 % della dimensione corrispondente al piano immediatamente sottostante. Riferimenti teorici Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 90 4.12 ANALISI SISMICA STATICA. L’analisi statica lineare può essere effettuata per costruzioni regolari in altezza, a condizione che il primo periodo di vibrazione della struttura (T1) non superi 2.5 TC. Per edifici che non superino i 40 m di altezza, in assenza di calcoli più dettagliati, T1 può essere stimato utilizzando la formula seguente. T1 = C1 ⋅ H 3 / 4 Essendo: H = altezza dell’edificio, in metri, dal piano di fondazione Cl = 0.085 per edifici con struttura a telaio in acciaio 0.075 per edifici con struttura a telaio in calcestruzzo 0.050 per edifici con qualsiasi altro tipo di struttura. Effettuando sulla struttura un’analisi sismica di tipo statico, saranno applicate ad ogni impalcato della struttura (o comunque per ogni elemento a cui afferisce una massa strutturale) delle forze calcolate con la seguente espressione: Fi = Fh zi ⋅ Wi ∑ z j ⋅W j in cui: Fh = S d (T1 ) ⋅W / g ⋅ λ zi , zj = altezze dei piani i-esimo e j-esimo dalla fondazione Wi, Wj = pesi delle masse ai piani i-esimo e j-esimo Sd(T1) = ordinata dello spettro di progetto T1 = C1 ⋅ H 3 / 4 (Primo Periodo) W = peso complessivo della struttura λ = 0.85 (se l’edificio ha almeno 3 piani e T1<2TC) λ = 1 (in tutti gli altri casi) Riferimenti teorici Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 91 A differenza del vecchio approccio normativo, le azioni di calcolo si ottengono sommando all'azione massima di un sisma un'aliquota pari al 30% dell'azione dovuta ai sismi nelle altre direzioni. Indicando con “E” l’effetto sismico sulla struttura, che può essere caso per caso inteso come forza, momento, ecc.., la seguente espressione indica come vengono combinati gli effetti sismici legati alle singole direzioni di ingresso del sisma: E ' x ? ? E x ? 0.30 ?E y ? 0.30 ?E z in cui: E’x = effetto sismico finale combinato relativo alla direzione x di ingresso del sisma Ex = effetto sismico semplice relativo alla direzione x di ingresso del sisma Ey = effetto sismico semplice relativo alla direzione y di ingresso del sisma Ez = effetto sismico semplice relativo alla direzione z di ingresso del sisma L’azione sismica verticale z dovrà essere obbligatoriamente considerata nei seguenti casi: - presenza di elementi pressoché orizzontali con luce superiore a 20 m - presenza di elementi precompressi - presenza di elementi a mensola - presenza di strutture di tipo spingente - presenza di pilastri in falso - edifici con piani sospesi L’analisi sotto l’azione sismica verticale può essere limitata a modelli parziali comprendenti gli elementi per i quali tale azione è richiesta. 4.13 ANALISI DINAMICA MODALE. L’analisi dinamica modale associata allo spettro di progetto è da considerare il metodo “normale” per la progettazione degli edifici, e va applicata sul modello tridimensionale dell’edificio. La combinazione dei modi potrà effettuarsi con: E ? ? E 2i Riferimenti teorici Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 ? 92 oppure, nel caso in cui i periodi differissero come entità tra di loro meno del 10%, può essere adottata la seguente relazione: ∑∑ ρ E= ij ⋅ Ei ⋅ E j in cui si ha: E = valore combinato della componente di risposta sismica che si sta considerando Ei = valore della medesima componente dovuta al modo i-esimo Ej = valore della medesima componente dovuta al modo j-esimo (8 ⋅ ξ ⋅ (1 + β )⋅ β 3/ 2 2 ρi j = βi j = ((1 − β 2 ) 2 ij ij ij ( ) + 4 ⋅ ξ 2 ⋅ βi j ⋅ 1 + βi j )) 2 ω i = rapporto fra le frequenze di ciascuna coppia i – j di modi ωj ξ = coefficiente di smorzamento viscoso equivalente Sarà necessario considerare un numero di modi di vibrare sufficiente ad eccitare 85% della massa totale, ovvero tutti quelli che hanno una massa eccitata superiore al 5%. Le azioni di calcolo si ottengono sommando all'azione massima di un sisma un'aliquota pari al 30% dell'azione dovuta ai sismi nelle altre direzioni. E ' x = ± E x ± 0.30 ⋅ E y ± 0.30 ⋅ E z con il medesimo significato dei simboli già riportato relativamente all’analisi sismica statica. 4.14 EFFETTI TORSIONALI. E’ necessario considerare gli effetti torsionali accidentali dovuti all’aleatorietà della distribuzione in pianta delle masse sia nel caso di analisi statica che dinamica. Si prevedono due diverse possibilità per tenere conto degli effetti torsionali accidentali. Il primo è quello di incrementare l'eccentricità fra baricentro delle masse e quello delle rigidezze di una distanza pari 5% della dimensione massima ortogonale alla direzione del sisma. In alternativa, per edifici simmetrici per rigidezze e masse, possono essere incrementate le sollecitazioni con un fattore δ pari a: Riferimenti teorici Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 93 δ = 1 + 0.6 ⋅ x / Lc in cui si ha: x = distanza dell’elemento resistente verticale dal baricentro geometrico dell’edificio, perpendicolarmente alla direzione del sisma. Lc = distanza tra i due elementi resistenti più lontani, perpendicolarmente alla direzione del sisma. Questo effetto dovrà sempre essere tenuto in conto, indipendentemente dalla geometria della struttura. 4.15 VERIFICA ALLO STATO LIMITE DEL DANNO. La verifica allo Stato Limite del Danno si traduce, per gli edifici ordinari, nel controllo degli spostamenti relativi di piano calcolati con lo spettro di progetto per S.L.D.. Per l’azione sismica di progetto dovrà essere verificato che gli spostamenti strutturali non producano danni tali da rendere temporaneamente inagibile l’edificio. Questa condizione si potrà ritenere soddisfatta quando gli spostamenti di interpiano ottenuti dall’analisi (dr) siano inferiori ai limiti indicati nel seguito: dr < α ⋅ h essendo il valore di α desumibile dal seguente prospetto: α tipologia 0.005 edifici con tamponamenti collegati rigidamente alla struttura che interferiscono con la deformabilità della stessa 0.0075 edifici con tamponamenti collegati elasticamente alla struttura 0.003 edifici con struttura portante in muratura ordinaria 0.005 edifici con struttura portante in muratura armata essendo: dr = spostamento di interpiano, ovvero la differenza tra gli spostamenti al solaio superiore ed inferiore. h = altezza dell’interpiano Riferimenti teorici Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 94 In caso di coesistenza di diversi tipi di tamponamenti o struttura portante nel medesimo piano dell’edificio dovrà essere assunto il limite di spostamento più restrittivo. 4.16 VERIFICHE ALLO STATO LIMITE ULTIMO. Le verifiche allo S.L.U. dovranno in generale assicurare un’adeguata resistenza di tutti gli elementi strutturali nei confronti delle sollecitazioni di progetto ovvero: E d ≤ Rd in cui: Ed = azione di progetto Rd = resistenza di progetto Dovrà essere verificato inoltre che i singoli elementi strutturali e la struttura nel suo insieme possiedano una duttilità coerente con il fattore di struttura q adottato. Questa condizione può essere ottenuta applicando determinate regole di progettazione ed il rispetto delle gerarchie di resistenza. 4.17 SISTEMI COSTRUTTIVI. Le strutture, secondo l’Ordinanza n.3274 del 2003, vengono classificate in base al sistema costruttivo che le caratterizza. Nel seguente prospetto sono elencati i tre possibili sistemi costruttivi strutturali, a loro volta suddivisi in sotto-sistemi: Sistema costruttivo Edifici con struttura in cemento armato Sotto – sistema strutturale a telaio; a pareti; misto a telai e pareti; a nucleo; a ossatura pendolare in acciaio, con pareti o nuclei che costituiscono il sistema resistente principale per le azioni orizzontali; prefabbricato. Riferimenti teorici Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 95 Edifici con struttura in acciaio a telaio, a telaio con controventi concentrici; a telaio con controventi eccentrici; a mensola; intelaiato controventato. Edifici con struttura mista in acciaio e a telaio, calcestruzzo a telaio con controventi concentrici; a telaio con controventi eccentrici; a mensola; intelaiato controventato. Edifici con struttura in muratura a pareti in muratura ordinaria; a pareti in muratura armata. Edifici con struttura in legno Edifici isolati Edifici esistenti 4.17.1 CEMENTO ARMATO. L'impostazione delle nuove norme sismiche, con le regole di progetto che da essa discendono, prevede che gli edifici in cemento armato posseggano in ogni caso una adeguata capacità di dissipare energia in campo inelastico per azioni cicliche ripetute, senza che ciò comporti riduzioni significative della resistenza nei confronti delle azioni sia verticali che orizzontali. Ai fini di un buon comportamento dissipativo d'insieme, le deformazioni inelastiche devono essere distribuite nel maggior numero possibile di elementi duttili (in particolare nelle travi) evitando al contempo che esse si manifestino negli elementi meno duttili (ad es. i pilastri) e nei meccanismi resistenti fragili (ad es. resistenza a taglio, resistenza dei nodi trave-pilastro). Il procedimento adottato nell’Ordinanza n.2374 per conseguire questo risultato si indica con il nome di "criterio della gerarchia delle resistenze" (GR). Le strutture saranno classificate in funzione della propria Capacità Dissipativa in due categorie: - Classe di Duttilità Alta (CD"A") - Classe di Duttilità Bassa (CD"B") Il livello CD"A" prevede che sotto l'azione sismica di progetto la struttura si trasformi in un meccanismo dissipativo ad elevata capacità, mentre al livello CD"B" si richiede essenzialmente che tutti gli elementi a funzionamento flessionale: travi, pilastri e pareti, posseggano una soglia minima di duttilità. In funzione del livello di duttilità che si intende conseguire variano sia le modalità di applicazione del criterio della gerarchia delle resistenze (nel livello "B" esso è di fatto presente solo in modo implicito) sia l'entità dell'azione sismica di progetto, regolata dal valore del fattore di struttura q. 4.17.2 CALCOLO DEL FATTORE DI STRUTTURA. Riferimenti teorici Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 96 Relativamente alle strutture in cemento armato, il Fattore di Struttura q, avrà un valore compreso tra 1.68 e 5.85, in base alla percentuale di forze orizzontali assorbite da telai, pareti e nuclei, alla classe di duttilità ed alla regolarità in altezza della struttura. La relazione utilizzata per il calcolo di “q” è la seguente: q = q0 ⋅ K D ⋅ K R essendo: q0 = funzione della tipologia strutturale KD = funzione della classe di duttilità KR = funzione della regolarità dell’edificio In particolare: q0 = 4.5 αu/α1 q0 = 4.0 αu/α1 q0 = 4.0 αu/α1 q0 = 3.0 (strutture a telaio) (strutture a pareti) (strutture miste telaio-pareti) (strutture a nucleo) KD = 1.0 KD = 0.7 (Classe di Duttilità “A”) (Classe di Duttilità “B”) KR = 1.0 KR = 0.8 (Edifici regolari in altezza) (Edifici non regolari in altezza) αu = moltiplicatore della forza sismica orizzontale per il quale si verifica la formazione di un numero di cerniere plastiche tali da rendere la struttura labile α1 = moltiplicatore della forza sismica orizzontale per il quale il primo elemento strutturale raggiunge la sua resistenza flessionale. Nel caso non si procedesse ad un’analisi non lineare, per il rapporto αu/α1 possono essere adottati i seguenti valori: edifici a telaio di un piano edifici a telaio multipiano, ad una campata edifici a telaio multipiano, ad più campate edifici a pareti non accoppiate edifici a pareti accoppiate o miste telaio-pareti αu/α1 = 1.1 αu/α1 = 1.2 αu/α1 = 1.3 αu/α1 = 1.1 αu/α1 = 1.2 In ogni caso, qualora risultasse q < 1.5, si potrà sempre porre q = 1.5. Per tipologie strutturali diverse da quelle definite nell’Ordinanza, valori di q maggiori di 1.5 potranno essere adottati solo se adeguatamente giustificati dal progettista. Riferimenti teorici Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 97 4.18 VERIFICHE DI RESISTENZA – ELEMENTI IN C.A.. La normativa finora adottata consente di effettuare una verifica di resistenza degli elementi strutturali secondo i due modelli attualmente disponibili: metodo delle Tensioni Ammissibili e metodo degli Stati Limite. La nuova norma ha invece annullato la validità della metodologia alle Tensioni Ammissibili, lasciando come unico modello valido quello agli Stati Limite. Ricordando la già citata differenziazione tra strutture ad alta e a bassa duttilità (CD “A” e CD “B”), per le strutture di classe “A” sono inoltre richieste verifiche per le gerarchie di resistenze ed iper-resistenze. 4.18.1 TRAVI. Per gli elementi strutturali di tipo trave progettate in CD “A”, il momento resistente deve risultare superiore o uguale al momento flettente di calcolo. Gli sforzi di taglio di calcolo si ottengono sommando il contributo dovuto ai carichi gravitazionali agenti sulla trave (Vg) con lo sforzo di taglio prodotto dai momenti resistenti delle sezioni di estremità (MRs = momento resistente in corrispondenza dell’estremo sinistro dell’asta, MRd = momento resistente in corrispondenza dell’estremo destro dell’asta), amplificati del fattore γ Rd = 1.20. V = Vg + 1.20 ⋅ M Rs + M Rd l Per quanto riguarda il taglio, il contributo di resistenza del calcestruzzo (Vcd) viene considerato nullo e si considera esclusivamente il contributo dell’acciaio (Vwd). Se si verifica la condizione: V > 10 ⋅τ Rd ⋅ bw ⋅ d allora la resistenza deve venire affidata esclusivamente ad apposita armatura diagonale (45°) nei due sensi. Il significato dei simboli adottati è il seguente: V = il più grande dei valori assoluti tra Vmax e Vmin. τ Rd = Rck 2 / 3 / 28 (in Mpa) bw = larghezza dell’anima della trave d = altezza utile della sezione Riferimenti teorici Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 98 in ogni caso V non può superare il valore 15 ⋅τ Rd ⋅ bw ⋅ d . 4.18.2 PILASTRI. Per i pilastri, relativamente a strutture di tipo CD “A”, i momenti flettenti di calcolo si ottengono moltiplicando i momenti derivanti dall’analisi per un fattore di amplificazione α, allo scopo di proteggere i pilastri dalla plasticizzazione. Nella gerarchia di formazione di cerniere plastiche sulla struttura è bene infatti che queste si formino prima sulle travi. Il fattore di amplificazione α è dato dall’espressione: α = γ Rd ⋅ ∑M ∑M Rt p in cui si ha: γ Rd = 1.2 ∑M Rt = somma dei momenti resistenti delle travi convergenti sul nodo ed aventi verso p = somma dei momenti di calcolo nei pilastri al di sopra ed al di sotto del medesimo nodo. concorde ∑M Al fine di escludere meccanismi inelastici dovuti al taglio, gli sforzi di taglio nei pilastri da utilizzare per le verifiche si ottengono dalla condizione di equilibrio del pilastro soggetto all’azione dei momenti resistenti nelle sezioni di estremità di asta, secondo l’espressione: M Rp + M Rp s V = γ Rd ⋅ i lp con il seguente significato dei simboli: V = sforzo di taglio di verifica γ Rd = 1.20 MRps = momento resistente nella sezione di estremità superiore (testa) Riferimenti teorici Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 99 MRpi = momento resistente nella sezione di estremità inferiore (piede) lp = lunghezza del pilastro [da Ordinanza n.3274 del 2003 – punto 5.4.3] 5.4.3 Nodi trave-pilastro 5.4.3.1 Definizioni Si definisce nodo la zona del pilastro che si incrocia con le travi ad esso concorrenti. Si distinguono due tipi di nodo: nodi interamente confinati, così definiti quando in ognuna delle quattro facce verticali si innesta una trave. Il confinamento si considera realizzato quando su ogni faccia la sezione della trave si sovrappone per almeno i 3/4 della larghezza del pilastro, e su entrambe le coppie di facce opposte del nodo le sezioni delle travi si ricoprono per almeno i 3/4 dell'altezza; - nodi non interamente confinati: tutti i nodi non appartenenti alla categoria precedente. 5.4.3.2 Verifiche di resistenza La verifica di resistenza del nodo si assume automaticamente soddisfatta nel caso che esso sia interamente confinato. Per nodi non confinati, appartenenti a strutture di DC"A" e "B" deve essere verificata la seguente condizione: n st ⋅ Ast i ⋅b ≥ 0,15 Rck fy (5.6) nella quale nst è il numero di braccia delle staffe orizzontali presenti lungo l'altezza del nodo, Ast è l'area di ciascuna barra, i è l'interasse delle staffe, e b è la larghezza utile del nodo. 4.18.3 PARETI. SOLLECITAZIONI DI CALCOLO Riferimenti teorici Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 100 Per le strutture in CD"B", la distribuzione dei momenti flettenti e degli sforzi di taglio lungo l'altezza delle pareti è quella derivante dall'analisi dell'edificio per le combinazioni di carico proposte nei paragrafi precedenti. Per le pareti semplici delle strutture in CD"A" vale invece quanto segue: - Il diagramma dei momenti di calcolo si ottiene linearizzando dapprima il diagramma dei momenti ottenuti dall'analisi (congiungendo i punti estremi), e poi traslando verticalmente il diagramma linearizzato per una distanza pari ad hcr (altezza della zona inelastica di base). L'altezza hcr è data dal più grande tra i seguenti valori: altezza della sezione di base della parete (l), un sesto dell'altezza dell'edificio (H), altezza del piano terra. - Il diagramma degli sforzi di taglio di calcolo si ottiene moltiplicando quello ottenuto dall'analisi per il fattore α dato da: α = γ Rd ⋅ MRd MSd nella quale γRd = 1,20, mentre MRd ed MSd sono rispettivamente il momento resistente della sezione di base della parete, calcolato considerando le armature effettivamente disposte, ed il corrispondente momento ottenuto dall'analisi. Il fattore di amplificazione α deve essere calcolato per entrambi i versi della azione sismica, applicando il fattore di amplificazione calcolato per ciascun verso ai momenti calcolati con l’azione agente nella medesima direzione. Nel caso di pareti tozze (H/l < 2) si applica solo l'amplificazione degli sforzi di taglio secondo l'espressione sopra riportata, mentre i momenti di calcolo possono coincidere con quelli forniti dall'analisi. VERIFICHE DI RESISTENZA [da Ordinanza n.3274 del 2003 – punto 5.4.5.2] a) Flessione In ogni sezione il momento resistente, associato al più sfavorevole valore dello sforzo normale e calcolato come per le situazioni non sismiche, deve risultare superiore od eguale al momento esterno di calcolo, determinato come indicato in 5.4.5.1. b) Taglio - Verifica dell'anima a compressione Deve essere verificata la condizione Riferimenti teorici Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 101 V < VRd2 (5.8) nella quale: VRd2 = 0.4 (0.7 – fck/200) · fcd bo z con (5.9) fck espresso in MPa e non superiore a 40 MPa bo = spessore dell'anima della parete z = braccio delle forze interne, valutabile come: 0,8 l - Verifica del meccanismo resistente a trazione Deve essere verificata la condizione: V < VRd3 < Vcd + Vwd (5.10) nella quale Vcd e Vwd rappresentano rispettivamente il contributo del conglomerato e dell'armatura, e sono da valutare con le espressioni valide per le situazioni non sismiche nelle sezioni al di fuori dell’altezza hcr, mentre nelle zone critiche valgono le espressioni: sforzo normale di trazione: Vcd = 0 sforzo normale di compressione: Vcd = τRd(1.2 + 0.4ρ) b0 z (5.11) dove ρ è il rapporto geometrico dell’armatura longitudinale espresso in %. - Verifica a scorrimento lungo piani orizzontali Deve essere verificata la condizione V < VRd,s < Vdd + Vfd (5.12) nella quale Vdd e Vfd rappresentano rispettivamente il contributo dell'effetto "spinotto" delle armature verticali, e Vfd il contributo della resistenza per attrito e sono dati dalle espressioni: Vdd = 0.25 fyd ΣAsi Riferimenti teorici Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 102 Vfd = 0.25 fcd · ξ l bo essendo ΣAsi la somma delle aree delle barre verticali intersecanti il piano, e ξ l l’altezza della parte compressa della sezione. 4.18.4 TRAVI DI COLLEGAMENTO. Travi aventi altezza pari allo spessore del solaio non sono da considerare efficaci ai fini del collegamento. La verifica delle travi di collegamento è da eseguire con i procedimenti contenuti in 5.4.1.2 se è soddisfatta almeno una delle due condizioni seguenti: - il rapporto luce netta e altezza è uguale o superiore a 3; lo sforzo di taglio di calcolo risulta: Vd ≤ 4 b d τ rd (5.13) Se le condizioni precedenti non sono soddisfatte lo sforzo di taglio deve venire assorbito da armature ad X, con sezione pari ad As per ciascuna diagonale, che attraversano diagonalmente la trave e si ancorano nelle pareti adiacenti, in modo da soddisfare la relazione: Vd ≤ 2 As fyd ⋅sinα essendo α l'angolo tra le diagonali e l'asse orizzontale. In ogni caso deve risultare: Vd < 15 b d τrd. 4.19 PARTICOLARI COSTRUTTIVI. 4.19.1 TRAVI. LIMITI GEOMETRICI Riferimenti teorici Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 103 La larghezza, b, della sezione non deve essere minore di 20 cm e, per le travi basse comunemente denominate “a spessore”, non maggiore della larghezza del pilastro, aumentata da ogni lato di metà dell’altezza della sezione trasversale del pilastro stesso. Il rapporto b/h, infine, non deve essere minore di 0.25. ARMATURE LONGITUDINALI Per le armature longitudinali delle travi valgono i seguenti limiti: 1,4 7 <ρ< f yk f yk A' s ≥ 0.50 As in cui: A' A ρ = rapporto geometrico di armatura s ; s b⋅h b⋅h fyk = tensione caratteristica di snervamento dell’acciaio As’ = area dell’armatura in zona compressa As = area dell’armatura in zona tesa b = base della sezione della trave h = altezza della sezione della trave ARMATURE TRASVERSALI Nelle zone di attacco dei pilastri, per un tratto pari a due volte l’altezza utile della sezione trasversale per strutture a CD “A” e pari a una volta tale altezza per strutture a CD “B”, devono essere previste delle zone di raffittimento delle staffe di contenimento. La prima staffa non deve distare più di 5 cm dalla sezione a filo pilastro, e le successive devono essere disposte ad un passo non maggiore della più piccola fra le seguenti grandezze: Riferimenti teorici un quarto dell’altezza utile della sezione trasversale Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 104 - sei volte il diametro minimo delle barre longitudinali considerate ai fini delle verifiche (solo per strutture di tipo CD “A”) - 15 cm 4.19.2 PILASTRI. LIMITI GEOMETRICI La dimensione minima della sezione trasversale non deve essere inferiore a 30 cm. Il rapporto tra i lati minimo e massimo della sezione trasversale non deve essere inferiore a 0.3. Nel caso in cui non fosse verificata una di queste condizioni, l’elemento verrà considerato, e quindi verificato, come elemento bidimensionale di tipo parete. ARMATURE LONGITUDINALI Per le armature longitudinali dei pilastri deve valere la seguente relazione: 1% ≤ A ≤ 4% Ac in cui si ha: A = area dell’armatura longitudinale Ac = area della sezione in calcestruzzo In ogni caso, per tutta la lunghezza dell’elemento, l’interasse tra le barre non deve mai superare i 25 cm. ARMATURE TRASVERSALI Relativamente alle armature trasversali, tanto per strutture di tipo CD “A” che di tipo CD “B”, alle due estremità del pilastro si devono disporre staffe di contenimento e legature per una lunghezza, misurata a partire dalle sezione di estremità, pari alla maggiore delle seguenti quantità: Riferimenti teorici il lato maggiore della sezione trasversale Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 105 - un sesto dell’altezza netta del pilastro - 45 cm Il diametro delle staffe di contenimento e legature non deve essere inferiore a 8 mm. Tali armature saranno disposte ad un passo pari alla più piccola delle seguenti quantità: - 6 volte il diametro minimo delle barre longitudinali che collegano (solo per strutture di tipo CD “A”) - un quarto del lato minore della sezione trasversale - 15 cm 4.19.3 NODI TRAVE-PILASTRO. [da Ordinanza n.3274 del 2003] 5.5.4.1 Limiti geometrici Sono da evitare per quanto possibile eccentricità tra l'asse della trave e l'asse del pilastro concorrenti in un nodo. Nel caso che tale eccentricità superi 1/4 della larghezza del pilastro la trasmissione degli sforzi deve essere assicurata da armature adeguatamente dimensionate allo scopo. 5.5.4.2 Armature Le armature longitudinali delle travi, sia superiori che inferiori, devono attraversare, di regola, il nodo senza giunzioni. Quando ciò non risulti possibile, sono da rispettare le seguenti prescrizioni: le barre vanno ancorate oltre la faccia opposta a quella di intersezione, oppure rivoltate verticalmente in corrispondenza di tale faccia, a contenimento del nodo; la lunghezza di ancoraggio va calcolata in modo da sviluppare una tensione nelle barre pari a 1,25 fyk, e misurata a partire da una distanza pari a 6 diametri dalla faccia del pilastro verso l'interno. Indipendentemente da quanto richiesto dalla verifica in 5.4.2.2, lungo le armature longitudinali del pilastro che attraversano i nodi non confinati devono essere disposte staffe di contenimento in Riferimenti teorici Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 106 quantità almeno pari alla maggiore prevista nelle zone del pilastro inferiore e superiore adiacenti al nodo. Questa regola può non essere osservata nel caso di nodi interamente confinati. 4.19.4 PARETI. Bisogna innanzitutto dire che si definiscono “pareti” quegli elementi portanti verticali il cui rapporto tra le due dimensioni della sezione trasversale orizzontale (spessore diviso lunghezza) sia inferiore al valore 0.3. Le armature, sia orizzontali che verticali, devono essere disposte su entrambe le facce della parete, e devono essere collegate con almeno 9 legature per metro quadro. Il passo tra le barre non deve superare i 30 cm ed il loro diametro non deve essere maggiore di un decimo dello spessore della parete. Detti h ed L rispettivamente l’altezza e la lunghezza della parete, per h/L < 4 deve essere valida l’espressione: 0.25% ≤ ρ ≤ 4% per h/L ≥ 4: 1% ≤ ρ ≤ 4% essendo: ρ = rapporto geometrico di armatura totale verticale Anche per le armature orizzontali vanno rispettate le medesime condizioni. 4.19.5 TRAVI DI COLLEGAMENTO. Nel caso di armatura ad X, ciascuno dei due fasci di armatura deve essere racchiuso da armatura a spirale o da staffe di contenimento con passo non superiore a 100 mm. In questo caso, in aggiunta all'armatura diagonale sarà disposta su ciascuna faccia della trave una rete di diametro 10 mm a maglia quadrata di lato 10 cm, ed armatura corrente di 2 barre da 16 mm ai bordi superiore ed inferiore. Riferimenti teorici Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 107 Gli ancoraggi delle armature nelle pareti saranno del 50% più lunghi di quanto previsto per il dimensionamento non sismiche. 4.19.6 REQUISITI ADDIZIONALI PER EDIFICI CON TAMPONAMENTI IN MURATURA. CRITERI GENERALI Le prescrizioni di cui al presente punto si riferiscono ad edifici con struttura in cemento armato e tamponamenti in muratura non collaboranti. È in generale necessario considerare: - le conseguenze di possibili irregolarità in pianta o in altezza provocate dalla disposizione dei tamponamenti; - gli effetti locali dovuti all’interazione tra telai e tamponamenti. Sono esclusi da queste prescrizioni i tamponamenti interni di spessore non superiore a 10 cm. IRREGOLARITA’ PROVOCATE DAI TAMPONAMENTI Qualora la distribuzione dei tamponamenti sia fortemente irregolare in pianta, gli effetti sulla distribuzione delle forze equivalenti al sisma dovranno essere valutati e tenuti in conto. Questo requisito si intende soddisfatto incrementando l’eccentricità accidentale di un fattore 2. Qualora la distribuzione dei tamponamenti sia fortemente irregolare in altezza, la possibilità di forti concentrazioni di danno ai piani con significativa riduzione dei tamponamenti dovrà essere considerata. Questo requisito si intende soddisfatto incrementando le azioni di calcolo per gli elementi verticali (pilastri e pareti) dei piani con riduzione dei tamponamenti di un fattore 1.4. EFFETTI LOCALI Nel caso in cui i tamponamenti non si estendano per l’intera altezza dei pilastri adiacenti, gli sforzi di taglio da considerare per la parte del pilastro priva di tamponamento dovranno essere calcolati utilizzando la relazione M Rp + M Rp s V = γ Rd ⋅ Riferimenti teorici i lp Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 108 dove l’altezza lp sarà assunta pari alla parte di pilastro priva di tamponamento. L’armatura risultante dovrà essere estesa per una distanza pari alla profondità del pilastro oltre la zona priva di tamponamento. Nel caso in cui l’altezza della zona priva di tamponamento fosse inferiore a 1.5 volte la profondità del pilastro, dovranno essere utilizzate armature bi-diagonali. Nel caso precedente e nel caso in cui il tamponamento sia presente su un solo lato di un pilastro, l’armatura trasversale da disporre alle estremità del pilastro dovrà essere estesa all’intera altezza del pilastro. LIMITAZIONI DEI DANNI AI TAMPONAMENTI In zone sismiche 1, 2 e 3 oltre alle verifiche precedentemente descritte, dovranno essere adottate misure atte ad evitare collassi fragili e prematuri dei pannelli di tamponamento esterno e la possibile espulsione di elementi di muratura in direzione perpendicolare al piano del pannello. Questa regola si intende soddisfatta con l’inserimento di leggere reti in acciaio sui due lati della muratura, collegate tra loro a distanza non superiori a 500 mm sia in direzione orizzontale sia in direzione verticale, ovvero con l’inserimento di elementi di armatura orizzontale nei letti di malta, a distanza non superiore a 500 mm. Riferimenti teorici Capitolo 4 – Progettazione sismica secondo l’Ordinanza 3274/03 • 109 Capitolo 5 – Confronto fra le normative. NORMATIVA VIGENTE ORDINANZA P.C.M. n° 3274 SPETTRO DI PROGETTO a = g ⋅ C ⋅ β ⋅ R(T ) ⋅ ε ⋅ I T 2.5 a = a g ⋅ S ⋅ 1 + ⋅ − 1 TB q 0 ≤ T < TB 2.5 a = ag ⋅ S ⋅ q TB ≤ T < Tc 2.5 TC a = ag ⋅ S ⋅ ⋅ q T TC ≤ T < TD 2.5 TC ⋅ TD ⋅ q T2 TD ≤ T a = ag ⋅ S ⋅ Classificazione sito: 0.1 ⋅ g ; I ° 0.07 ⋅ g ; II ° g ⋅C = 0 . 04 ⋅ g ; III ° 0 ⋅ g ; NO− SISMA Coefficiente di fondazione: ε = 1 ÷ 1.3 Riferimenti teorici 0.35 ⋅ g ; I ° 0.25 ⋅ g ; II ° ag = 0.15 ⋅ g ; III ° 0.05 ⋅ g ; IV ° Categoria suolo: cat. A – Suoli omogenei molto rigidi, Vs30 > 800 m/s cat. B – Sabbie molto addensate, 360 m/s < Vs30 < 800 m/s cat. C – Sabbie mediamente addensate, 180 m/s < Vs30 < 360 m/s Capitolo 5 – Confronto fra le normative. • 111 NORMATIVA VIGENTE ORDINANZA P.C.M. n° 3274 cat. D – Terreni granulari poco addensati, Vs30 < 180 m/s cat. E – Terreni a strati superficiali alluvionali, Vs30 come C e D, giacenti su un substrato di materiale più rigido. Categoria ⋅ suolo TB TC TD 0.15 0.40 2.0 A 0.15 0.50 2.0 B, C , E 0.20 0.80 2.0 D 1; A S = 1.25; B, C , E 1.35; D Coefficiente di protezione sismica: I = 1 ÷ 1.4 Fattore di importanza: γ I = 1÷ 1.4 Questo parametro è utilizzato nelle formule di combinazione dell’azione sismica Coefficiente di struttura: β = 1÷ 4 Fattore di struttura: q = 1.0 ÷ 6.5 4 q≈ β per il calcolo di “q” per le strutture in c.a., vedere pagine seguenti. Coefficiente di risposta: Riferimenti teorici Capitolo 5 – Confronto fra le normative. • 112 NORMATIVA VIGENTE ORDINANZA P.C.M. n° 3274 MASSE SISMICHE W = G + s ⋅ Qk s = [0%,33%,50%,100%] (funzione della destinazione d’uso) W = Gk + ∑(ψ Ei ⋅ Qki ) ψ Ei = ψ 0i ⋅ ϕ ; ( StatoLimit eDanno) ψ Ei = ψ 2i ⋅ ϕ ; ( StatoLimit eUltimo ) ψ 0i = [0.7 ÷ 1] ψ 2i = [0.3 ÷ 0.8] (funzione della destinazione d’uso) ϕ = [1,0.8,0.5] (funzione del piano) COMBINAZIONE DELL’AZIONE SISMICA γ g Gk + γ p Pk + γ q⋅ [Qtk + ∑(ψ oi ⋅ Qik )] ± γ Eα γ g = [1,1.4]; γ p = [0.9,1.2]; γ q = [0,1.5]; γ E = 1.5 γ I ⋅ E + Gk + Pk + ∑(ψ ji ⋅ Qki ) ψ ji = ψ 0i ; ( S .L.D.) ψ ji = ψ 2i ; ( S .L.U .) in cui si ha: Gk = valore caratteristico delle azioni permanenti = valore caratteristico della forza di Pk precompressione Q1k = valore caratteristico dell’azione di base di ogni combinazione Qik = valori caratteristici delle azioni variabili tra loro indipendenti ANALISI STATICA (solo per edifici regolari) Riferimenti teorici Capitolo 5 – Confronto fra le normative. • 113 NORMATIVA VIGENTE ORDINANZA P.C.M. n° 3274 Fi = Fh Fi = K hi ⋅ Wi K hi = C ⋅ β ⋅ ⋅ε ⋅ γ i zi ⋅ Wi ∑ z j ⋅W j Fh = S d (T1 ) ⋅ W / g ⋅ λ T1 = C1 ⋅ H 3 / 4 (Primo Periodo) C1 = 0.085 - Telai in acciaio C1 = 0.075 - Telai in c.a. C1 = 0.050 – Altre tipologie λ = [0.85,1.00] λ = 0.85 (se l’edificio ha almeno 3 piani e T1<2TC) Sd(T1) = ordinata spettro di risposta Le azioni di calcolo si ottengono sommando I due sismi sono considerati indipendenti. all'azione massima di un sisma un'aliquota pari al 30% dell'azione dovuta ai sismi nelle altre direzioni. E ' x = ± E x ± 0.30 ⋅ E y ± 0.30 ⋅ E z Momento torcente minimo per l'Analisi statica: M ti min = λD n ∑ Effetti torsionali accidentali: Incrementare l'eccentricità di una distanza pari 5% Fj della dimensione massima ortogonale alla direzione j =1 D λ = 0.03 + 0.02 ⋅ − 2.5 B del sisma. Incrementare le sollecitazioni con un fattore: < 3.5 λ = 0.05 oppure 2.5 < D/B δ = 1 + 0.6 ⋅ x / Lc D/B > 3.5 x = distanza dell’elemento resistente verticale dal baricentro geometrico dell’edificio, perpendicolarmente alla direzione del sisma. Lc = distanza tra i due elementi resistenti più lontani, perpendicolarmente alla direzione del sisma. (funzione della geometria della struttura) (sempre, indipendentemente dalla geometria della struttura) ANALISI DINAMICA ( E = ∑ E 2i ) ( 1/ 2 E = ∑ E 2i ) 1/ 2 oppure, se i periodi differiscono meno del 10% E= Riferimenti teorici (∑∑ ρ ij ⋅ Ei ⋅ E j ) 1/ 2 Capitolo 5 – Confronto fra le normative. • 114 NORMATIVA VIGENTE ORDINANZA P.C.M. n° 3274 (8 ⋅ ξ ⋅ (1 + β )⋅ β ) = ((1 − β ) + 4 ⋅ξ ⋅ β ⋅ (1 + β ) ) Con 3/ 2 2 ρi j ij 2 βi j = Considerare un numero di modi sufficienti ad eccitare 85% della massa totale. I due sismi sono considerati indipendenti. 2 ij 2 2 ij ij ij ωi ωj Considerare un numero di modi sufficienti ad eccitare 85% della massa totale, ovvero tutti quelli che hanno una massa eccitata superiore al 5%. Le azioni di calcolo si ottengono sommando all'azione massima di un sisma un'aliquota pari al 30% dell'azione dovuta ai sismi nelle altre direzioni. E ' x = ± E x ± 0.30 ⋅ E y ± 0.30 ⋅ E z Momento torcente minimo per l'Analisi dinamica: Effetti torsionali accidentali: Incrementare l'eccentricità di una distanza pari Nessuno 5% della dimensione massima ortogonale alla direzione del sisma. oppure Incrementare le sollecitazioni con un fattore: δ = 1 + 0.6 ⋅ x / Lc x = distanza dell’elemento resistente verticale dal baricentro geometrico dell’edificio, perpendicolarmente alla direzione del sisma. Lc = distanza tra i due elementi resistenti più lontani, perpendicolarmente alla direzione del sisma. (sempre, indipendentemente dalla geometria della struttura) CONTROLLO SPOSTAMENTI RELATIVI - VERIFICHE DEL DANNO (S.L.D.) Compatibilità degli spostamenti utilizzando lo spettro di progetto. δ <α ⋅h α = 0.002 ÷ 0.004 δ = µ p ± λ ⋅ µD λ = [2,3,4] Riferimenti teorici Seconda risoluzione con uno spettro elastico ottenuto da quello dello S.L.U. ridotto di un fattore pari a 2.5 e masse incrementate (vedi tabella MASSE SISMICHE), al solo scopo di controllo compatibilità spostamenti. δ <α ⋅h α = 0.003 ÷ 0.0075 Capitolo 5 – Confronto fra le normative. • 115 NORMATIVA VIGENTE ORDINANZA P.C.M. n° 3274 VERIFICHE DI RESISTENZA Tensioni ammissibili oppure S.L.U. S.L.U. e, per classe di duttilità “A”, verifiche gerarchie resistenze e iper-resistenze EDIFICI CON STRUTTURA IN C.A. Classificazione in base alla capacità dissipativa: Nessuna classificazione • CD"A" classe ad alta capacità dissipativa; prevede che sotto l'azione sismica di progetto la struttura si trasformi in un meccanismo dissipativo ad elevata capacità. Richiesta la verifica esplicita delle gerarchie delle resistenze • CD"B" classe a bassa capacità dissipativa; prevede che tutti gli elementi a comportamento flessionale (travi, pilastri, pareti) abbiano una soglia minima di duttilità. Coefficiente di struttura Fattore di struttura β = 1 ÷ 1.2 q = 1.68 ÷ 5.85 q = q0 ⋅ K D ⋅ K R in base alla percentuale di forze orizzontali assorbite da telai e pareti. in base alla percentuale di forze orizzontali assorbite da telai, pareti e nuclei, alla classe di duttilità, alla regolarità in altezza. q0 = funzione della tipologia strutturale KD = funzione della classe di duttilità KR = funzione della regolarità dell’edificio In particolare: q0 = 4.5 αu/α1 (strutture a telaio) q0 = 4.0 αu/α1 (strutture a pareti) q0 = 4.0 αu/α1 (strutture miste telaio-pareti) q0 = 3.0 (strutture a nucleo) KD = 1.0 KD = 0.7 KR = 1.0 KR = 0.8 (Classe di Duttilità “A”) (Classe di Duttilità “B”) (Edifici regolari in altezza) (Edifici non regolari in altezza) Sollecitazioni di calcolo: Sollecitazioni ottenute dall'analisi sismica. Riferimenti teorici Per strutture classe CD"A" le sollecitazioni di calcolo si ottengono in modo da garantire la formazione di meccanismi duttili ad esempio sovrastimando il taglio di calcolo in modo da garantire l'equilibrio con i momenti resistenti ultimi di estremo di asta: Capitolo 5 – Confronto fra le normative. • 116 NORMATIVA VIGENTE ORDINANZA P.C.M. n° 3274 M Rp + M Rp s V = 1.2 ⋅ i lp Per strutture classe CD"B" si utilizzano sollecitazioni ottenute dall'analisi sismica. le Particolari costruttivi travi: CIRCOLARE MIN. LL.PP. N° 65 DEL 10/04/1997 Limiti geometrici: La larghezza, b, della sezione non deve essere minore di 20 cm e, per le travi basse comunemente denominate “a spessore”, non maggiore della larghezza del pilastro, aumentata da ogni lato di metà dell’altezza della sezione trasversale del pilastro stesso. Il rapporto b/h, infine, non deve essere minore di 0,25. Limiti armature longitudinali per le travi: La larghezza, b, della sezione non deve essere minore di 20 cm e, per le travi basse comunemente denominate “a spessore”, non maggiore della larghezza del pilastro, aumentata da ogni lato di metà dell’altezza della sezione trasversale del pilastro stesso. Il rapporto b/h, infine, non deve essere minore di 0,25. 1,4 7 <ρ< f yk f yk 1,4 7 <ρ< f yk f yk A' s ≥ 0.50 As A' s ≥ 0.50 As Passo massimo armature trasversali delle travi Passo massimo armature trasversali delle travi il minore dei seguenti: il minore dei seguenti: • un quarto dell’altezza utile della sezione trasversale; • sei volte il diametro minimo delle barre longitudinali considerate ai fini delle verifiche; • 15 cm. • un quarto dell’altezza utile della sezione trasversale; • sei volte il diametro minimo delle barre longitudinali considerate ai fini delle verifiche (solo per CD''A''); • 15 cm. per una lunghezza minima di due volte l’altezza utile. per una lunghezza minima di due volte l’altezza utile (solo per CD''A''). Almeno un quarto dell’armatura necessaria all’estremità deve essere mantenuta per tutto il bordo superiore. Almeno un quarto dell’armatura necessaria all’estremità deve essere mantenuta per tutto il bordo superiore. Il rapporto armatura compressa su armatura tesa deve essere > 50%. Il rapporto armatura compressa su armatura tesa deve essere > 50%. All’estremità delle travi deve essere contenuta almeno al 75% entro la lunghezza dell’anima. Staffe di contenimento con ganci a 135° prolungati per almeno 10 diametri alle 2 estremità. Particolari costruttivi pilastri: Staffe di contenimento con ganci a 135° prolungati per almeno 10 diametri alle 2 estremità. CIRCOLARE MIN. LL.PP. N° 65 DEL 10/04/1997 Limiti geometrici: La dimensione minima della sezione trasversale non deve essere inferiore a 30 cm; mentre il rapporto tra i lati minimo e massimo non deve essere inferiore a Riferimenti teorici Limiti geometrici: La dimensione minima della sezione trasversale non deve essere inferiore a 30 cm; mentre il rapporto tra i lati minimo e massimo non deve essere inferiore a Capitolo 5 – Confronto fra le normative. • 117 NORMATIVA VIGENTE 0,3. In caso contrario, l’elemento è assimilato alle pareti portanti. Armature longitudinali: 1% ≤ ORDINANZA P.C.M. n° 3274 0,3. In caso contrario, l’elemento è assimilato alle pareti portanti. Armature longitudinali: A ≤ 4% Ac 1% ≤ A ≤ 4% Ac Armature trasversali: Alle due estremità del pilastro si devono disporre staffe di contenimento e legature per una lunghezza, misurata a partire dalle sezione di estremità, pari alla maggiore delle seguenti quantità: il lato maggiore della sezione trasversale; • un sesto dell’altezza netta del pilastro; • 45 cm. • Armature trasversali: Alle due estremità del pilastro si devono disporre staffe di contenimento e legature per una lunghezza, misurata a partire dalle sezione di estremità, pari alla maggiore delle seguenti quantità: • il lato maggiore della sezione trasversale; • un sesto dell’altezza netta del pilastro; • 45 cm. Il diametro delle staffe di contenimento e legature non deve essere inferiore a 8 mm. Tali armature saranno disposte ad un passo pari alla più piccola delle seguenti quantità: 6 volte il diametro minimo delle barre • longitudinali che collegano; un quarto del lato minore della sezione • trasversale; 15 cm. • Il diametro delle staffe di contenimento e legature non deve essere inferiore a 8 mm. Tali armature saranno disposte ad un passo pari alla più piccola delle seguenti quantità: • 6 volte il diametro minimo delle barre longitudinali che collegano; (solo per CD''A'') • un quarto del lato minore della sezione trasversale; • 15 cm. Particolari costruttivi pareti: CIRCOLARE MIN. LL.PP. N° 65 DEL 10/04/1997 per h/L < 4 (h = altezza della parete, L = lunghezza): per h/L < 4 (h = altezza della parete, L = lunghezza): 0,25% ≤ ρ ≤ 4% 0,25% ≤ ρ ≤ 4% per h/L ≥ 4: 1% ≤ ρ ≤ 4% Riferimenti teorici per h/L ≥ 4: 1% ≤ ρ ≤ 4% • 118