X Stagione Concertistica 2006 Teatro La Fenice Auditorium San Rocco Chiesa dei Cancelli Comune di Senigallia Ente Concerti di Pesaro In collaborazione con la Diocesi di Senigallia Senigallia gennaio/aprile 2006 X Stagione Concertistica 2006 Teatro La Fenice Auditorium San Rocco Chiesa dei Cancelli Comune di Senigallia Ente Concerti di Pesaro In collaborazione con la Diocesi di Senigallia Senigallia gennaio/aprile 2006 Concerto inaugurale fuori abbonamento Domenica 8 Gennaio Teatro La Fenice, ore 18.15 Italian Saxophone Orchestra Federico Mondelci sassofono e direzione Musiche di Reich, Ligeti, Fitkin, Nyman, Marzocchi, Molinelli L'ingresso al concerto inaugurale sarà gratuito per gli abbonati alla Stagione Concertistica 2006 Domenica 29 Gennaio Auditorium San Rocco, ore 18.15 “Omaggio a Mozart” Orchestra Sinfonica Abruzzese Vittorio Antonellini direttore Ettore Pellegrino violino, Francesco Negroni viola, Riccardo Bricchi oboe, Gianluca Sulli clarinetto, Massimo Martusciello fagotto, Alessandro Monticelli corno. Musiche di Mozart Domenica 12 Febbraio Auditorium San Rocco, ore 18.15 “Gipsy” Roby Lakatos Ensemble Musiche di Balogh, Legrand, Lakatos, Weiner, Lewis, Monty, Corea Domenica 26 Febbraio Auditorium San Rocco ore 18.15 Quartetto d'Archi della Scala Musiche di Mozart, Beethoven, Debussy Domenica 12 Marzo Chiesa dei Cancelli, ore 18.15 “Il grande barocco italiano” Orchestra da Camera delle Marche Mario Ancillotti flauto e direzione Giovanna Manci soprano Musiche di Boccherini, Vivaldi Domenica 26 Marzo Auditorium San Rocco ore 18.15 Michele Sampaolesi pianoforte (vincitore XXI Edizione del “Premio Venezia”) Musiche di Mozart, Liszt, Chopin Domenica 23 Aprile Auditorium San Rocco ore 18.15 “I grandi del jazz” Danilo Rea pianoforte Musiche operistiche in versione jazz: Puccini, Mozart, Verdi, Mascagni, Gershwin, Bernstein Domenica 8 Gennaio Teatro La Fenice, ore 18.15 Programma Italian Saxophone Orchestra George Gershwin (1898-1937) American Suite The Man I Love Sweet And Low Down I Got Rhythm Summertime Let's Call The Whole Things Off Federico Mondelci sassofono e direzione Letizia Ragazzini sassofono sopranino Ivan Curzi, Matteo Villa sassofono soprano Stefano Pecci, Laura Masciotti, Giulio Petitta sassofono contralto Davide Bartelucci, Cristiano Rotatori, Claudio Marcantoni sassofono tenore Massimo Valentini, Ciro Ferraro sassofono baritono David Brutti sassofono basso Graham Fitkin (1963) Aract (prima italiana) Steve Reich (1936) New York Counterpoint (§) Paolo Marzocchi Albanian Folk Song (*) (prima assoluta) * * * Pedro Iturralde (1932) Suite Ellenica Kalamatianos Funky Valse Kritis Chick Corea (1941) Armando's Rumba Roberto Molinelli (1964) Four Pictures from New York* (2001) Dreamy Dawn Tango Club Sentimental Evening Broadway Night (*) scritto per l'Italian Saxophone Orchestra (§) elaborazione di David Brutti 8/01/’06 Note al programma Saxophone Orchestra Ideato nel 1840 dal belga Adolphe Sax, il sassofono trovò subito estimatori soprattutto in Francia presso Berlioz, Bizet e Massenet. Inizialmente fu utilizzato nei complessi di soli fiati tra i legni di registro basso e gli ottoni, poi anche nella musica sinfonica per arricchire la sonorità dell'orchestra. Iniziò così il suo cammino, in Francia, nel momento in cui a metà Ottocento si pensò alla riorganizzazione delle bande militari, suscitando un grandissimo entusiasmo perché i sassofoni davano al complesso “una sonorità più potente e più omogenea”, e per questa ragione nella seconda metà del secolo fu annessa al Conservatorio di Parigi una classe per questo strumento affidata proprio a Sax. Purtroppo però gli eventi della storia (la sconfitta nella guerra franco-prussiana) portarono ad un rivolgimento e questa piccola rivoluzione nella musica classica fu interrotta con la soppressione di questa classe. Fu un momento terribile per il sassofono, perché la mancanza di scuole portò alla mancanza di esecutori qualificati e virtuosi, e la mancanza di virtuosi non invogliò certo i compositori 'importanti' a scrivere per questo strumento, la cui letteratura si era invece arricchita notevolmente nei pochi anni di attività di Sax come insegnante (dal 1856 al 1870). Per questa ragione, tra Ottocento e Novecento noi non troviamo grandi autori anche se la tradizione didattica, affidata prevalentemente a clarinettisti, era rimasta viva in particolare in Belgio, in Francia e poi negli Stati Uniti. Fu proprio negli USA che si assistette alla rinascita dello strumento (che trovava posto nelle orchestre, in sezioni apposite, e in orchestre di soli sassofoni) che veniva utilizzato anche nelle bande militari, nel circo e nel vaudeville, dove sottolineava gli effetti più volgarmente plateali. Solo questo occorreva alla musica 'classica' per guardare lo strumento con sospetto, mentre ciò segnò sicuramente un momento di prosperità del sassofono, che acquistò oltre oceano una popolarità mai vista. Inizialmente utilizzato nelle orchestre da ballo per rafforzarne l'insieme, acquisì anche una grande letteratura 'leggera' e poi, a partire dagli anni Venti, divenne strumento fondamentale nella musica jazz. In Europa, invece, il sassofono prese strade diverse. La prima, ispirata proprio al jazz, usava i modi aggressivi di quella musica per rinnovare il linguaggio della tradizione. La seconda, invece, mirava a mettere in luce le tante possibilità sonore dello strumento, come dimostrano la Rapsodia di Debussy e il Bolero di Ravel, dove due delle ripetizioni del tema sono affidate ai sax soprano e sopranino. Il fatto poi che quella dei sassofoni sia una grande famiglia (comprende, dal più acuto al più grave, il sopranino, il soprano, il contralto, il tenore, il baritono, il basso e il contrabbasso) ha consentito anche la costruzione di ensembles coi quali, come nel caso di questo concerto, possono essere eseguite non solo musiche originali (come i pezzi di Molinelli) ma anche efficacemente trascritti (come i brani di Gershwin e di Reich). La Saxophone Orchestra composta da 12 sassofonisti diretti da Federico Mondelci, è un gruppo unico nel suo genere in Italia. Costituitasi nel 1985 ha tenuto concerti in tutta Italia riscuotendo entusiastici consensi. L'orchestra comprende nel suo organico tutti gli strumenti della famiglia dei sassofoni: il sopranino, il soprano, il contralto, il tenore, il baritono ed il basso; la sua ricchezza timbrica ha sollevato l'interesse di molti compositori che gli hanno dedicato musiche. Il repertorio spazia dalla musica rinascimentale alla musica dei periodi classicoromantico fino ai nostri giorni includendo anche un nutrito numero di brani jazzistici. I componenti, molti dei quali allievi di Federico Mondelci, svolgono singolarmente una notevole attività solistica, hanno inoltre vinto numerosi concorsi nazionali ed internazionali, hanno effettuato tournées in Francia, Spagna, Inghilterra, Stati Uniti, Giappone e collaborato con le maggiori orchestre sinfoniche italiane. L'orchestra si avvale anche della collaborazioni del soprano Agnese Rossi Berluti che interpreta brani di Gershwin, Bernstein, Negro Spirituals. La Saxophone Orchestra ha appena effettuato un tour di concerti in Russia con importanti concerti a San Pietroburgo in occasione del Festival di Musica da Camera “Palazzi di San Pietroburgo”. È di prossima uscita un CD con la musica originale per questa formazione per l'etichetta americana DELOS. Il repertorio spazia dalle trascrizioni classiche, alle composizioni originali del Novecento ai brani contemporanei, al jazz. Principali autori in repertorio: Gabrieli, Bach, Rossini, Beethoven, Catel Borodin, Bizet, Joplin, Stravinsky, Milhaud, Mancini, Tesei, Cesa, Minciacchi, Nicolau, Balliana, Rossé, Gershwin, Poulenc, Weill, Bernstein, Matitia, Rex, Kinaston, Gillespie, Shorter, Parker, Corea, Comoglio. Federico Mondelci Diplomato con lode in sassofono al Conservatorio di Pesaro, ha studiato canto, composizione e direzione d'orchestra, diplomandosi poi al Conservatorio Superiore di Bordeaux. Ha suonato come solista in tutto il mondo con le più importanti orchestre, tra le quali la Filarmonica della Scala con Ozawa. Al Festival Mondiale del Sassofono ha rappresentato l'Italia in Germania, Giappone, Stati Uniti, Spagna e Italia; dalla sua esibizione al Festival di San Pietroburgo collabora con la Moscow Chamber Orchestra con cui ha registrato i Tanghi di Piazzola. Profondamente interessato alla musica contemporanea ha eseguito in prima a Manchester Cyberbird per sassofono, pianoforte e orchestra di Yoshimatsu con la BBC Philharmonic Orchestra diretta da Brabbins, e i due concerti per sassofono e orchestra premiati al Concorso Internazionale di Composizione del 2 Agosto di Bologna con la Toscanini di Parma. Ha inciso vari CD che comprendono, tra l'altro, l'opera completa per sassofono e pianoforte di Koechlin. Mondelci affianca a quella di solista un'importante attività di direttore d'orchestra con un repertorio che va dalla musica sinfonica classica e romantica alla lirica alla letteratura del Novecento. Ha diretto solisti quali Ilya Grubert, Michael Nyman, Kathryn Stott, Pavel Vernikov in Italia e Stati Uniti e diretto concerti in Germania, Francia, Portogallo, Russia. Ha in attivo collaborazioni, tra l'altro, con l'Orchestra del Teatro Bellini di Catania, l'Orchestra Haydn di Bolzano, l'Orchestra Giovanile del Teatro Marinsky di S.Pietroburgo, l'Orchestra del Teatro Lirico di Cagliari, l'Orchestra Sinfonica di San Remo, l'Orchestra Sinfonica del Lazio alla guida della quale è stato al nuovo Auditorium di Roma. Ha diretto produzioni operistiche di autori italiani del '700 in festival internazionali come il St. Petersburg Music Festival (edizioni 2001 e 2002). Tra i suoi prossimi impegni importanti suonerà come solista con l'Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo (per l'inaugurazione della Stagione 2005/2006) la New Zealand Symphonic Orchestra (ottobre 2006). Domenica 29 Gennaio Auditorium San Rocco, ore 18.15 “Omaggio a Mozart” Orchestra Sinfonica Abruzzese Vittorio Antonellini direttore Ettore Pellegrino violino Francesco Negroni viola Riccardo Bricchi oboe Gianluca Sulli clarinetto Massimo Martusciello fagotto Alessandro Monticelli corno 29/01/’06 Programma Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791) Sinfonia Concertante in mi bemolle maggiore per violino, viola e orchestra K.364 Allegro maestoso Andantino Presto * * * Sinfonia Concertante in mi bemolle maggiore per oboe, clarinetto, fagotto, corno e orchestra K.297b Allegro Adagio Andantino con variazioni Note al programma Orchestra Sinfonica Abruzzese Questo concerto, omaggio al 250° compleanno di Mozart, è dedicato a una forma particolare del secondo Settecento spesso trascurata rispetto alle più celebri sinfonia e concerto: la sinfonia concertante, commistione tra i due generi, utilizzata in un periodo e un in contesto geografico molto ristretti. Nata nella seconda metà del Settecento a Parigi, la sinfonia concertante sta a metà strada tra il concerto grosso e il concerto solista, e ha la sua motivazione nel fatto che nelle orchestre che tenevano concerti pubblici erano presenti buoni esecutori che non erano tuttavia in grado di sostenere una intera serata come solisti veri e proprio. Mozart compose solo le due sinfonie concertanti che sono presentate in questo concerto; e non a caso questi due lavori sono collocati negli anni contemporanei e immediatamente successivi al suo viaggio a Parigi del 1777-78. La prima a vedere la luce è la Concertante per fiati, composta da Mozart nel 1778 per essere eseguita nella stagione pubblica dei Concerts Spirituels a Parigi e destinata a quattro suoi amici (Wendling, Ramm, Stich e Ritter). Il lavoro non venne poi proposto pubblicamente a causa di intrighi ostili al musicista; inoltre l'unica partitura rimastaci sostituisce il flauto con l'oboe, in analogia col quintetto per fiati e pianoforte e secondo i gusti di Mozart, che non amava troppo lo strumento previsto in origine. La pagina è di straordinaria poesia e, a differenza di quanto accadeva di solito, presenta nella parte d'orchestra una grande densità, oltre a richiedere ai solisti un'abilità che solitamente comuni orchestrali non possedevano. In realtà la sinfonia più che pensare alla destinazione reale si mostra come la definitiva assimilazione da parte del compositore del colorismo di Mannheim e della sua capacità di mescolare lo stile galante con le nuove istanze espressive. Seconda in ordine di tempo (1779) la Concertante per violino e viola sicuramente era destinata (anche se non si sa per quale occasione) agli strumentisti dell'orchestra di Mannheim. Punto cardine e vero capolavoro nel percorso sinfonico del Salisburghese, questa pagina non solo splende nella parte orchestrale per ricchezza e tensione emotiva, ma mostra una straordinaria nobiltà nell'intreccio tra i solisti e tutta la compagine. Ne risulta un brano dove si mostrano assimilate e trasformate tutte le correnti estetiche di quel momento, cruciale non solo nella vita del compositore ma anche per la storia della musica e della cultura europea. L'Istituzione Sinfonica Abruzzese (ISA), fondata nel 1970, è una delle 12 Istituzioni Concertistico-Orchestrali italiane riconosciute dallo Stato. Protagonista della rinascita della vitalità musicale della propria Regione e del centro Italia, l'ISA opera una significativa azione culturale. Tra le principali strutture di produzione musicale del Paese, l'orchestra ha tenuto oltre tremila concerti di rilevante livello artistico (ospite di importanti istituzioni musicali in Italia e all'estero) e svolge un'intensa attività di promozione musicale con concerti nella Regione Abruzzo, anche nei centri più piccoli. Hanno diretto l'Orchestra Sinfonica Abruzzese artisti tra i quali ricordiamo direttori come Carlo Zecchi, Gianluigi Gelmetti, Bruno Aprea, Piero Bellugi, Donato Renzetti, Philippe Bender, Massimo De Bernart e solisti quali Ashkenazy, Bruson, Andrè, Firkusni, Tortellier, Grondona, Rava, Tipo, Petrushansky, Hendricks, Brunello, Nordio, Persichilli, Milva, Elio Pandolfi, Massimo Dapporto, Sylvano Bussotti, Ughi, Antonella Ruggiero. L'Orchestra ha inciso numerosi CD per importanti case discografiche (BMG Ariola, Rugginenti Milano, Sonzogno…) registrando per la RAI numerose prime esecuzioni assolute dedicate da importanti compositori contemporanei all'ensemble abruzzese. Fin dalla sua fondazione, l'ISA si avvale della direzione artistica del maestro Vittorio Antonellini. Dall'ottobre 2003 direttoresolista principale è il maestro Massimo Quarta. Vittorio Antonellini Dopo gli studi a Santa Cecilia (fagotto, composizione, strumentazione per banda, musica corale e direzione di coro) si è specializzato in paleografia musicale all'Università di Pavia. Ha insegnato nei Conservatori di Bolzano, Bologna e Roma; è stato direttore dei Conservatori di Campobasso e L'Aquila e consulente, con compiti ispettivi, presso l'Ispettorato Istruzione Artistica del Ministero della Pubblica Istruzione. Consulente della RAI per la realizzazione di programmi di musica classica, in particolare sugli autori italiani contemporanei, dal 1968 opera in Abruzzo: qui ha fondato I Solisti Aquilani (di cui è stato direttore fino al 1999) e dal 1974 è direttore artistico dell'Istituzione Sinfonica Abruzzese. Ha tenuto tournées in Europa, USA, Canada, Sud America, Africa e Medio Oriente, esibendosi in Italia e all'estero per le più prestigiose istituzioni musicali e i maggiori festival. Ha ripetutamente registrato per radio e televisioni nazionali ed estere e ha effettuato incisioni per prestigiose case discografiche. Come direttore d'orchestra ha collaborato con numerosi solisti di fama internazionale quali Ancillotti, Asciolla, Ayo, Bianchi, Borgonovo, Carnini, Cascioli, Gasdia, Gazzelloni, Geringas, Grubert, Karr, Maggio Ormezowski, Petracchi, Rampal, Scotto, Badura Skoda, Stanciu, Tortellier, Vernikov, Yepes, Zagnoni, Ottetto Vocale Italiano e Coro da Camera della RAI. Da gennaio 2001 è stato eletto Presidente dell'Associazione delle Orchestre riconosciute dallo Stato italiano (ICO). Domenica 12 Febbraio Auditorium San Rocco, ore 18.15 “Gipsy” Roby Lakatos Ensemble Roby Lakatos violino Kálman Cséki pianoforte Lászlo Bóni secondo violino Ernest Bangó cymbalom e chitarra Oszkár Németh contrabbasso Attila Rontó chitarra 12/02/’06 Programma “Fire Dance” Fire Dance (J. S. Balogh) Gypsy Bolero (J. S. Balogh) Cickom Paraphrase (J. S. Balogh) Papa Can You Hear Me (M. Legrand) Hora di Marrachi (R. Lakatos) Memory of Bihari (I. Csàmpai) Hejre Kati (J. Hubay) Que reste-t-il de nos amours (C. Trenet) Intro (R. Lakatos) * * * Divertimento (L. Weiner) Wherever My Roads (R. Lakatos) Russian Tango (trad.) Django (J. Lewis) Cdardas (V. Monty) Ciflico (Got a Match) (C. Corea) Note al programma Roby Lakatos Il violinista gitano Roby Lakatos non è solo un sorprendente virtuoso, ma anche un musicista di straordinaria versatilità stilistica. Ugualmente a suo agio nel suonare musica classica, musica jazz, musica pop o musica folkloristica ungherese Lakatos, violinista gitano definito “l'archetto del diavolo”, è anche, insieme, un virtuoso classico, un improvvisatore jazz, un compositore e un arrangiatore. In questo concerto Roby Lakatos ci propone materiali originali, se pure adattati al complesso, certamente collocabili nel genere della “musica ungherese” (ungheresi sono infatti autori Balogh, Csàmpai, Hubay, Weiner). Ma attraverso la magia della vitalità gitana ungherese, ci presenta rielaborazioni di materiali che parrebbero estranei a questa cultura e, persino, refrattari ad una rilettura così identificata (M. Legrand, J. Lewis, C. Corea, C. Trenet). Viene quasi automatico fare paragoni con Liszt e Brahms e la loro 'musica ungherese'. Oppure anche con Bartok e il suo rapporto con la musica popolare. Ebbene, il cammino di Lakatos è molto diverso e, in alcuni casi, speculare a quelli. Liszt e Brahms nell'Ottocento hanno fatto conoscere al pubblico dei concerti di tutta Europa una tradizione considerata genericamente 'ungherese' e che invece era tzigana, cioè tipica delle popolazioni nomadi. Ma hanno compiuto questa operazione (raccogliendo, il primo le melodie che aveva ascoltato in gioventù e il secondo le melodie eseguite dai complessi popolari che lungo il Danubio erano giunti da Budapest a Vienna) adattando le musiche attraverso strumenti e linguaggi della cultura musicale occidentale europea. Anche Bartok cerca e ripropone la musica ungherese (quella magiara, questa volta), ma la sua è un'operazione ancora diversa. Egli infatti utilizza le vere musiche popolari, quelle che adoperano modelli melodici, ritmici e armonici differenti da quelli della musica occidentale, per cambiare il linguaggio della musica colta del Novecento. Lakatos e il suo ensemble compiono invece due operazioni differenti: la prima è quella di attingere ad autori ungheresi, di presentare la musica zingara, quella vera, quella senza mediazioni 'commerciali', proporre pagine originali della tradizione o riscritte sull'onda di quella tradizione e per gli organici di un'orchestra tzigana. La seconda coinvolge direttamente il profondo spirito gitano di Lakatos e del suo gruppo che rileggono con un nuovo spirito pagine celeberrime di Trenet e di Corea, compiendo attraverso i modi di una tradizione popolare la rilettura di un patrimonio musicale ad essa estraneo. Nato nel 1965 nella leggendaria famiglia di musicisti gitani discendente da Janos Bihari, ha debuttato a nove anni come primo violino in una band gitana. Non ha però trascurato gli studi classici, diplomandosi nel 1984 in violino (conseguendo anche un premio) al Béla Bartók Conservatory di Budapest. Tra il 1986 e il 1996, lui e il suo ensemble si sono esibiti al "Les Atéliers de la grande Ile" di Bruxelles collaborando anche con Vadim Repin e Stéphane Grappelli e ottenendo l'approvazione incondizionata di Sir Yehudi Menuhin. Nel marzo del 2004, Lakatos è apparso con grande successo insieme alla London Symphony Orchestra al festival per orchestre “Genius of the Violin” accanto a Maxim Vengerov. Si è esibito nelle più grandi sale concertistiche in America, in Europa e in Asia e incide in esclusiva per la Deutsche Grammophon.. ROBY LAKATOS ENSEMBLE Kálman Cséki, pianista, nato nel 1962, inizialmente suonava il violoncello ma presto ha cambiato il suo strumento studiando piano classico con Lilly Wiedener e piano jazz con Attila Garay. Ha studiato al Béla Bartók Conservatory e ha passato otto anni girando il mondo con le pop band prima di tornate a Budapest ed insegnare alla Special Academy of Music. Lászlo Bóni, secondo violino del gruppo, nato a Budapest nel 1968, ha studiato con il padre di Roby Lakatos, suonando nella sua orchestra e prendendo un diploma di violinista gitano nel 1987. Successivamente ha passato sei mesi in Giappone suonando con un trio gitano facendo anche un tour in tutta Europa. Dal 1991 al 1994 ha lavorato ad Anversa. Ernest Bangó, nato nel 1968, è il figlio di un famoso esecutore di cimbalo. Prima che gli fosse permesso di studiare quello strumento, all'età di sette anni, suo padre ha insistito perché studiasse il violino e il pianoforte. Dopo gli studi classici al Béla Bartók Conservatory, dove tra i sui insegnanti c'era anche Ferenc Gerencsir, è passato alla musica gitana prendendo il diploma di solista nel 1986. È apparso a Ginevra, Dusseldorf e Montréal. Oszkár Németh, nato nel 1968 nella città ungherese di Eger aveva solo sei anni quando ha preso parte come violinista alla famosa Rajko Gypsy Orchestra. È rimasto con il gruppo fino alla fine degli anni '80 suonando per la Regina Elisabetta II, tra altre importanti personalità. Nel 1984 si è dedicato al contrabbasso prendendo un diploma nel 1987 e per i numerosi impegni lavorativi è rimasto a Budapest fino al 1992. è membro del Roby Lakatos's Ensemble dal 1991. Attila Rontó, chitarrista, è nato nel 1969 a Miskolc in Ungheria e ha cominciato a studiare all'Accademia di musica all'età di nove anni. Contemporaneamente si è avvicinato alla musica gitana ed ad altri tipi di musica grazie al padre e al nonno e, dall'età di undici anni, ha suonato regolarmente in vari ensemble. Successivamente si è interessato alla musica jazz studiano per quattro anni al conservatorio e formando il suo gruppo specializzato in latin jazz e flamenco. È apparso in numerosi festival e in televisione e ha al suo attivo numerose registrazioni. Fa parte del Roby Lakatos's Ensemble dal 1991. Domenica 26 Febbraio Auditorium San Rocco ore 18.15 Programma Quartetto d'Archi della Scala Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791) Quartetto in do maggiore K. 157 Allegro Andante Presto Francesco Manara, Pierangelo Negri violini Simonide Braconi viola Massimo Polidori violoncello Ludwig van Beethoven (1770-1827) Quartetto in fa minore op.95 "Serioso" Allegro con brio Allegrtto ma non troppo Allegro assai vivace ma serioso Larghetto espressivo-Allegretto agitato * * * Claude Debussy (1862-1918) Quartetto in sol minore op.10 Animé et très décidé Assez vif et bien rythmé Andantino,duocement expressif Très modéré-Très mouvimenté et avec passionTrès animé --- 26/02/’06 Note al programma Quartetto d'archi della Scala La vicenda storica del quartetto per archi non è lunghissima, ma assolutamente centrale non solo nell'ambito della musica da camera, ma della musica intera. È il Classicismo viennese infatti ad 'inventare' il quartetto non come tanto come complesso cameristico (grande importanza hanno infatti anche i musicisti di area padana, eredi dei grandi sonatisti barocchi) ma come modo di concepire la musica come entità sonora in grado dapprima di esprimere l'idealità di 'fare musica tra amici' (i quartetti di Haydn, splendido esempio del genere 'da conversazione' del secondo Settecento) per divenire in seguito, con Beethoven, una delle più alte espressioni del pensiero musicale. Ma sempre nel classicismo c'è un 'unicum', Mozart, i cui quartetti non solo sono collocati in anni cruciali per la storia del genere, ma sottolineano anche snodi fondamentali nel cammino estetico dell'artista. Se i quartetti del primo gruppo, ancora spesso definiti Divertimenti, subiscono l'influsso dello stile rococò, i sei quartetti “Milanesi”, preparati nel corso del viaggio italiano del 1772-73, cominciano ad affrontare il genere tenendo conto della sua storia. In questo primo importante ciclo mozartiano spicca proprio il Quartetto K. 157, che ne è il cuore espressivo, per l'ampiezza delle strutture del primo tempo, per lirismo del secondo, per la vivacità ritmica del rondò. Sono però i diciassette quartetti di Beethoven a costituire un punto 'di non ritorno' per l'intero del genere. Collocati infatti lungo tutto l'arco della vita del musicista, essi sembrano esaurire tutte le possibilità espressive ed estetiche del complesso. In particolare il Quartetto op.95 (1816) è il perno tra il mondo eroico di inizio Ottocento e gli stravolgenti capolavori dell'ultimo periodo. Non a caso il colore generale di questo lavoro, che è celebre col sottotitolo di “serioso”, è oscuro, indescrivibile, quasi minaccioso nei sussulti ritmici, nella costante amarezza raramente stemperata nelle pagine più dolci e nel finale quasi trionfante. Pare evidente che con questi precedenti qualsiasi musicista da un lato abbia avuto timore di cimentarsi col genere, e dall'altro sia quasi stato costretto a farlo per dimostrare la sua capacità ad affrontarlo. È questa la motivazione che spinge un giovane Debussy, che poi non userà più questo organico, a cimentarsi con esso. Il Quartetto in sol è del 1892 e pur rispondendo alle strutture tardo ottocentesche, mostra già la libertà armonica e il fascino inquietante dello stile 'sfumato' che caratterizzerà da quegli anni in poi le pagine più celebri del musicista francese. La prima formazione del Quartetto d'archi della Scala è storica e risale al 1953, quando le prime parti sentirono l'esigenza di sviluppare un importante discorso musicale cameristico seguendo l'esempio delle più grandi orchestre del mondo. Nel corso dei decenni il Quartetto d'archi della Scala è stato protagonista di importanti eventi musicali e registrazioni; dopo qualche anno di pausa, quattro giovani musicisti, già vincitori di concorsi solistici internazionali e prime parti dell'Orchestra del Teatro, decidono di ridar vita a questa prestigiosa formazione, sviluppando le loro affinità musicali già consolidate all'interno dell'Orchestra, elevandole nella massima espressione cameristica quale è il quartetto d'archi. Numerosi i loro concerti per alcune tra le più prestigiose associazioni concertistiche in Italia (Musica Insieme a Bologna, Serate Musicali, Società dei concerti e stagione Cantelli a Milano, Associazione Scarlatti a Napoli, Sagra Malatestiana a Rimini, Festival delle Nazioni a Città di Castello, Settimane musicali di Stresa, Asolo musica, Estate Musicale a Portoguaro, Festival Galuppi a Venezia, Ravenna Festival, Amici della musica di Palermo, ecc.) e all'estero (Brasile, Perù, Giappone, Stati Uniti, Croazia, Germania, Francia ecc.). Hanno inciso per l' etichetta DAD, per la rivista musicale Amadeus , per il giornale “La Provincia” di Cremona dove hanno suonato i preziosi strumenti del museo e per Radio 3. Hanno inciso per l' etichetta DAD e per la rivista musicale Amadeus. Domenica 12 Marzo Chiesa dei Cancelli, ore 18.15 “Il grande barocco italiano” Orchestra da Camera delle Marche Mario Ancillotti flauto e direzione Giovanna Manci soprano Programma Luigi Boccherini (1743-1805) Stabat Mater per soprano e archi (verifica) Stabat Mater Cuius animam Quae moerebat Quis est homo Pro peccatis Eja mater Tui nati Virgo virginum Fac ut portem Fac me plagis Quando corpus * * * Antonio Vivaldi (1678-1741) Concerto in do maggiore F. VI n° 4 per ottavino e archi Allegro non molto Largo Allegro molto Concerto in sol minore op X. n° 2 per flauto e archi "La Notte" Largo Fantasmi (Presto - Largo Presto) Il sonno (Largo) Allegro Concerto in re maggiore op. X n° 3 per flauto e archi "Il Cardellino" Allegro Largo cantabile Allegro Mottetto a' Canto solo, archi e continuo RV 626 “In Furore” RV 626 per soprano e archi In Furore iustissimae irae (Allegro) Miserationem Pater piissime (Recitativo) Tunc meus fletus (Largo) Alleluia 12/03/’06 Note al programma Abbiamo accomunato i due autori in programma sotto l'ala del barocco, quasi come una provocazione, perché sicuramente entrambi non possono essere del tutto inquadrati nella definizione solita di quell'estetica. Vivaldi, infatti, raccoglie gli ultimi bagliori del barocco, piegandoli alla volontà razionalistica che vuole a poco a poco dimenticare, soprattutto nella musica strumentale, la ridondanza estetica. Egli fu forse il più celebre rappresentante della musica a Venezia, città che nel primo Settecento era uno dei luoghi più ricchi di musica del mondo: in molti teatri si presentava il melodramma, in tanti palazzi i nobili superavano la soglia del dilettantismo e divenivano celebri musicisti e nelle chiese erano presenti complessi celeberrimi per la loro bravura. Il compositore era maestro appunto nell'Ospitale della Pietà (pia istituzione affiancata all'omonima chiesa), e aveva incarico di preparare musica per le ragazze di questo ricovero, in modo che potessero prestare la loro opera all'interno della chiesa. Per questo il catalogo vivaldiano è così ricco di brani di musica sacra (come ad esempio il Mottetto “In furore”) e di concerti per tutti gli strumenti. Tuttavia queste pagine, oggi celeberrime, rimasero per secoli nell'ombra e non furono nemmeno mai pubblicate, tranne una piccolissima parte alla quale appartengono i Concerti per flauto e per ottavino. Boccherini, dal canto suo, pur innegabilmente figlio delle ultime estremità della concezione musicale barocca, assimilò però le istanze della cultura europea contemporanea, dallo Sturm und Drang al tono intimistico, dalla nuova concezione armonica all'impeto protoromantico, raggiungendo un incredibile equilibrio tra la scrittura solistica, quella vocale e quella orchestrale, in uno straordinario e continuo alternarsi della tensione tra rarefazione e compattezza della struttura formale. Lo Stabat Mater del musicista lucchese ebbe due versioni successive. La prima è ancora legata alla tradizione sacra del primo Settecento, più vicina al teatro che alla chiesa. La seconda (del 1781) presenta un uso più moderato dell'agilità esibizionistica, poiché le esigenze ormai più sentite dello stile espressivo richiedevano una più intensa affinità tra il senso del testo e la densità della musica. E anche l'uso della voce acuta non è forse solo più antico retaggio delle voci 'bianche' utilizzate in chiesa, ma riflesso di religiosità angelica, assai più vicina a un sentimento umano che a un distaccato concetto sacrale. Orchestra da Camera delle Marche Fondato da affermati professionisti marchigiani che hanno raccolto l'eredità dell'Orchestra Sinfonica delle Marche, l'ensemble è formato da quindici musicisti che sono componenti anche di gruppi cameristici di trio e quartetto. L'organico può espandersi fino a 28 archi con alcuni fra i migliori fiati italiani, prime parti d'importanti istituzioni orchestrali. L'Orchestra ha collaborato con direttori e solisti di prestigio (De Bernart, Mondelci, Braconi, Prandina) ed ha eseguito in prima assoluta brani di Bellafronte, Samale e Molinelli. Ha partecipato alle stagioni sinfoniche del Teatro Gentile di Fabriano, alla Sagra Malatestiana di Rimini, al Todi Festival, al Festival Perosiana di Tortona; collabora poi con l'Ente Concerti di Pesaro e il Comune di Senigallia. L'Orchestra ha partecipato alla produzione di varie opere tra cui La Serva Padrona, La Traviata, L'Elisir d‚Amore, La Cavalleria Rusticana, Il Maestro di Cappella ed all'incisione di CD (Sinfonia in Re minore di Franck, Requiem di Cherubini, Ottava di Beethoven). Su invito dell'Ambasciata Italiana in Grecia, si è esibita a Preveza e Atene nell'ambito delle manifestazioni per le Olimpiadi Giovanna Manci Soprano tra le più dotate per qualità tecniche e vocali dell'odierno panorama musicale, ha interpretato molti ruoli di protagonista sia in opere di repertorio che in rarità nei più importanti teatri. Ha collaborato con molti dei più rinomati direttori e registi tra cui Peter Maag, Hickox, Giovaninetti, Haider, Sanzogno, Lü Jia, De Bernart, Armiliato, Fasciutti, Beni Montresor, Maurizio Scaparro. Amplissimo il suo repertorio concertistico che spazia dal barocco al contemporaneo con numerose prime esecuzioni. Ha inciso per Chandos, Nuova Era, Arcadia, Bongiovanni. Mario Ancillotti Mario Ancillotti, fiorentino, ha compiuto gli studi musicali di flauto e composizione, fra i suoi insegnanti Alfieri, Dallapiccola, Lupi, Franco Rossi. È stato primo flauto dell'Orchestra della Rai di Roma e di Santa Cecilia fino al 1979. Si è poi dedicato all'attività concertistica che svolge come solista in tutta Europa, Nord e Sud America, Giappone, Africa, suonando nelle sale e nei teatri più prestigiosi (tra essi Scala, Suntory Hall a Tokyo, Teatro Coliseo a Buenos Aires, Teatro Municipal a San Paolo) e per i festivals più importanti (tra essi Biennale di Venezia, Musique d'aujourd'hui a Strasburgo). Ha collaborato con importantissimi solisti (quali Accardo, Giuranna, Geringas, Leister), direttori (come Soudant, Gelmetti, Ferro, Melles, Renzetti), complessi (quali Virtuosi di Mosca e Franz Listz Orchestra), compositori (come Berio, Penderecki, Henze, Guarnieri) dei quali ha tenuto numerose prime esecuzioni. Incide per la Koch Schwann, Camerata Tokyo, Nuova Era, Tactus, Dynamic. Insegna ai Corsi Speciali di Perfezionamento della Scuola di Musica di Fiesole e alla Hochschule della Svizzera Italiana a Lugano, e tiene corsi estivi in varie parti del mondo. Si dedica anche alla direzione, con l'Orchestra Regionale del Lazio, l'Orchestra del Teatro Olimpico di Vicenza, l'Orchestra Sinfonica di San Remo, la Filarmonica Marchigiana, I Solisti di Perugia; dirige ed organizza l'Ensemble Nuovo Contrappunto, che si dedica prevalentemente alla musica del nostro tempo, realizzando le partiture più significative e impegnative dei nostri giorni. Domenica 26 Marzo Auditorium San Rocco ore 18.15 Programma Michele Sampaolesi Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791) Fantasia in re minore K. 397 pianoforte (vincitore XXI Edizione del “Premio Venezia”) Sonata in re maggiore K. 576 Allegro Adagio Allegretto Franz Liszt (1810-1886) Rapsodia ungherese n°2 * * * Fryderyk Chopin (1810-1949) Polacca-Fantasia op.61 Tre Valzer op.34 n. 1 in la bemolle maggiore n. 2 in la minore n. 3 in fa maggiore Scherzo n°2 in si bemolle minore op.31 26/03/’06 Note al programma Michele Sampaolesi Mozart, Liszt, Chopin: tre pianisti-compositori che hanno segnato momenti importanti nella storia della musica e in quella dell'evoluzione della letteratura pianistica, strettamente collegati non solo alle modificazioni del gusto degli ascoltatori, ma anche ai cambiamenti sostanziali del loro strumento. Il programma del concerto propone così una serie di percorsi paralleli. Il primo è quello nelle forme pianistiche, dalla fantasia di retaggio barocco ma venata di sensibilità protoromantica (la K. 397) alla sonata dove lo stile galante lascia il posto alla complessità polifonica (la K. 576); dalla Rapsodia di ampie dimensioni sui temi più alla moda nel secondo Ottocento (quelli ungheresi) al piccolo pezzo da salotto, distillato e sintetizzato in forme raffinatissime. Il secondo itinerario è invece quello nella storia del pianoforte. Lo strumento di Mozart, pur senza le possibilità di un moderno pianoforte, era in grado di dare voce alle inquietudini di una nuova estetica attraverso i repentini cambiamenti dinamici. Diverso è il pianoforte di Chopin; e lo si comprende dalla timbrica e dalla sonorità di pagine come la Polacca-Fantasia, ma anche dall'irruenza romantica del Secondo Scherzo. Il suo strumento poteva aderire al mondo dell'espressione eroica, ma gli consentiva anche il raffinatissimo modo di costruire attraverso il timbro e non solo attraverso le melodie. Ancora più perfezionato è il pianoforte di Liszt, che riesce addirittura a trasportarvi (come accade nella Seconda Rapsodia) i suoni degli strumenti tzigani, reinventati con un virtuosisimo che ha pochi eguali nella storia Ma il nostro programma propone un terzo (e sociologico) itinerario musicale. Le pagine proposte ci consentono anche di vedere come cambia il pubblico della musica tra fine Settecento e metà Ottocento. Le opere pianistiche viennesi di Mozart erano destinate ai 'concerti' che lo stesso compositore organizzava per mettere in luce le proprie capacità. Chopin, a parte i primissimi anni, suonava le sue composizioni solamente nei salotti culturali parigini, non per un pubblico vero e proprio ma per un piccolo gruppo di colti appassionati che lo ascoltavano da vicino, in religioso silenzio, apprezzandone il messaggio e lo stile. Liszt, invece, era l'idolo del pubblico pagante che affollava i suoi concerti, e per il quale preparava le sue strabilianti architetture di note. Inventore di un modo di porsi e di proporre la musica che, da metà Ottocento, in fondo, non è più cambiato. Michele Sampaolesi è nato ad Ancona nel 1982. Ha studiato al Conservatorio G.Rossini di Pesaro con il Ettore Peretti e con il Giovanni Valentini, diplomandosi nel 2003 con il massimo dei voti, lode e menzione speciale. Ha proseguito gli studi con Aldo Ciccolini al MusicaRivafestivaldi Riva del Garda, con Elissò Virsaladze ai Corsi Estivi di Sermoneta, con Dmitri Bashkirov al Mozarteum di Salisburgo e con Joaquin Achucarro all'Accademia Chigiana di Siena.. Dal 1996 è allievo dell'Accademia Pianistica Internazionale"Incontri col Maestro" di Imola, dove attualmente frequenta l'ultimo anno del corso Triennale di Alto Perfezionamento. Nel 2004 ha studiato presso la Southern Methodist University di Dallas (Texas, U.S.A.) con Joaquin Achucarro. Ha vinto concorsi pianistici nazionali e internazionali, tra cui Società Umanitaria di Milano (1999), Yamaha Music Foundation of Europe di Londra (2002), Concorso Pianistico Internazionale Sanremo Classico (2003). Nel Novembre 2004 è risultato il vincitore della XXI Edizione del “Premio Venezia” indetto dagli Amici della Fenice. Svolge un'intensa attività concertistica in Italia e all'estero: Mittelfest di Cividale (UD), Fondazione Teatro la Fenice di Venezia, Amici della Musica di Mestre, Accademia Filarmonica di Verona, Amici della Musica di Padova, Amici della MusicaSocietà del Quartetto di Vicenza, Salone degli Affreschi di Milano, Nuovo Auditorium dell'Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi, Teatro Grande di Brescia, Teatro del Casino di Sanremo, Teatro Verdi di Pisa, Accademia Navale di Livorno, Bologna Festival “I nuovi Interpreti”, Teatro Rossini di Pesaro, Palazzo Ducale di Camerino, Circolo degli Ufficiali di Napoli, Amici del Teatro Massimo di Palermo, Festival Pianistico Internazionale La Roque-d'Anthéron (Francia), Castello di Wolfsburg (Germania), Conservatorio di Innsbruck (Austria), Anversa (Belgio), Caruth Auditorium e Van Katwijk Club (Dallas, U.S.A.). Si è esibito al fianco di orchestre quali l'Orchestra Sinfonica di Sanremo diretta da Piero Bellugi e l'Orchestra Sinfonica di Pesaro diretta da Manlio Benzi. Ha registrato per Radio France Preludi e Fughe di Sostakovic e inciso un CD per la Sarx Records con musiche di Chopin e Liszt. Domenica 23 Aprile Audtorium San Rocco ore 18.15 “I grandi del jazz” Danilo Rea pianoforte “Lirico” Programma Giacomo Puccini (1858-1924) Da “Tosca” Recondita armonia - Vissi d'arte - E lucevan le stelle Da “Madama Butterfly” Un bel di' vedremo Da “La bohème” Che gelida manina - Mi chiamano Mimi' Da “La rondine” Il sogno di Doretta - Bevo al tuo fresco sorriso Da “Turandot” Nessun dorma Wolfgang Amadeus Mozart (1756 1791) Da “Don Giovanni” Là ci darem la mano Christoph Willibald Gluck (1714 1787) Da “Orfeo ed Euridice” Che farò senza Euridice? Georg Friedrich Händel (1685 1759) Da “Rinaldo” Lascia ch'io pianga mia cruda sorte Georges Bizet (1838 1875) Da “Carmen” L'amour est un oiseau rebelle - Près de remparte de Seville En va pour eviter Camille Saint-Säens (1835 1921) Da “Samson et Dalila” Mon cœur s' ouvre à ta voix Giuseppe Verdi (1813 1901) Da “Nabucco” Va', pensiero sull'ali dorate Da “La traviata” Libiam nei lieti calici Pietro Mascagni (1863 1945) Da “Cavalleria Rusticana” Intermezzo 23/04/’06 George Gershwin (1898 1937) Da “Porgy and Bess” Summertime Leonard Bernstein (1918 1990) Da “West Side Story” Maria Note al programma Danilo Rea Quasi anello di congiunzione tra classico e pop, tra musica colta e musica leggera, questo programma annoda generi lontani: il jazz e il melodramma. Ed è straordinario notare come il modo col quale questi due linguaggi riescono a incrociarsi attraverso il pianoforte, secondo il principio dell'elaborazione tematica, sia comune ai pianisti di un secolo e mezzo fa come ai jazzisti del Novecento. La modalità di composizione del jazz, basata sull'elaborazione personale da parte di ciascun compositore-interprete di idee musicali chiamate “standard” è la stessa che guidava la mano dei pianisti dell'Ottocento che utilizzavano temi tratti dai melodrammi più in voga in parafrasi e fantasie “su temi favoriti” che avevano la funzione ben precisa di presentare brani del repertorio operistico o sinfonico ad un pubblico e in un circuito che non era quello tradizionale del teatro d'opera per favorirne la diffusione e la popolarità. Così potevamo incontrare nelle composizioni vari livelli d'arte, di difficoltà, di impegno. Da un lato c'erano i tecnici funambolici che si limitavano ad arricchire di svolazzi, scale, arpeggi, ottave… (l'armamentario che serviva a un pianista per stupire la platea) i temi sempre riconoscibili dagli ascoltatori, dall'altro artisti come Liszt erano riusciti a fare del genere non solo una palestra tecnica, ma anche un luogo di ricerca estetica. Allora come oggi (e Rea ne è un esempio), brani di questo tipo potevano essere punto di partenza per una ricerca sonora, timbrica, tecnica e strumentale che sfruttasse la libertà del genere per approfondire le possibilità tecniche ed espressive dello strumento. Questo fece Liszt, che non sempre metteva in gioco la sua enorme e stupefacente bravura ma spesso giungeva in territori di elaborazione distillata e di ricerca sonora, dove le melodie più popolari erano solo un punto di partenza per andare in territori inesplorati. Questo fa anche Rea, che non mette la propria bravura in primo piano, e non considera la parola “virtuosismo” solo come sinonimo di “pirotecnico”, per il quale la trascrizione diventa un'interpretazione, un momento di analisi, di introspezione, di rivisitazione poetica di un tema, di un brano, di una sensazione, di un'emozione. Ed emozione è quella che si prova ad ascoltare la poesia del Va' pensiero, la seduzione dell'Habanera della Carmen, l'essenza del pensiero e del ricordo che permea Un bel dì vedremo. Insomma, come dice un critico questo c'è dell' “incanto, in questa elaborazione in chiave jazzista delle più belle melodie di tutti i tempi, che laddove è possibile, riesce a conservare la poesia che avvolge quelle note pregne di grande storia e freschezza di sempre.” Componente del trio jazz Doctor 3 (con Enzo Pietropaoli e Fabrizio Sferra), come solista Danilo Rea è tra i più noti artisti del panorama nazionale e riscuote da anni innumerevoli consensi e riconoscimenti. Considerato uno dei migliori pianisti del jazz italiano, vanta una solida preparazione accademica essendosi diplomato presso il conservatorio di musica S.Cecilia di Roma. Passa disinvoltamente dal jazz al pop: svolge infatti la sua attività sia nelle sale d'incisione con Mina, Pino Daniele, Claudio Baglioni e Fiorella Mannoia, sia in concerto, a fianco di mostri sacri del jazz mondiale quali Aldo Romano, Chet Baker, Steve Grossman, Bob Berg Micheal Brecker, Joe Lovano, Dave Liebman, Lee Konitz e Kenny Wheeler ecc. Con la sua creatività e le sue capacità tecniche ed artistiche da tempo allarga la sua attività in contesti sempre nuovi rispetto a quello jazzistico originario. Ha collaborato, fra gli altri,con il quintetto di Giovanni Tommaso in “Lingomania”(Top jazz 1987) e ha dato concerti in ancia,Inghilterra,USA,India,Senegal,Cina.Con il batterista Roberto Gatto ha inciso “Improvvisi”( Gala Records). Ha inciso per l'etichetta “Via Veneto” il cd in solo “Lost in Europe”che testimonia il lungo tour del 2000. In particolare oggi Danilo Rea rivolge il suo interesse ad un repertorio musicale piuttosto insolito per il mondo del jazz: la lirica. Le sue esibizioni si estendono anche al circuito dei grandi teatri e in ambito 'classico': ricordiamo la partecipazione come solista all'opera di Roberto De Simone “Requiem per PierPaolo Pasolini” al teatro San Carlo di Napoli (direttore Zoltan Pesko) e in ensemble al teatro “Rossini” di Pesaro per il “Rossini Opera Festival” in seno al progetto “Rossini mon amour”. Da alcuni anni si dedica anche all'insegnamento partecipando a master di jazz e tecnica di improvvisazione. Affascinato dal mondo del melodramma, elabora con l'improvvisazione melodie di Puccini, Verdi, Mascagni, Bizet, Saint-Säens e altri evidenziandone la grande attualità. Abbonamenti La Stagione Concertistica 2006 comprende 6 concerti in abbonamento. Prezzi: intero € 40, ridotto € 25 (meno di 25 anni e più di 65). Gli abbonamenti saranno in vendita presso l'Ufficio Attività Culturali del Comune di Senigallia, dal 19 dicembre 2005 al 3 gennaio 2006 nei seguenti orari: mattino: dal lunedì al venerdì, ore 9.00 - 13.00 pomeriggio: martedì e giovedì, ore 16.00 - 18.00. Gli abbonati avranno diritto all'ingresso gratuito al Concerto Inaugurale. Non è previsto il diritto di prelazione per gli abbonati alla Stagione 2005. Biglietti Biglietto intero € 8, ridotto € 5 (meno di 25 anni e più di 65). I biglietti saranno posti in vendita il giorno di ogni singolo concerto con inizio alle ore 17.00. Grafica Paolo Turchi Stampa Tecnostampa Ostra Vetere Informazioni: tel. 071- 6629350