libretto sala 2006 - Ente Concerti Pesaro

X Stagione Concertistica
2006
Teatro La Fenice
Auditorium San Rocco
Chiesa dei Cancelli
Comune di Senigallia
Ente Concerti di Pesaro
In collaborazione con la Diocesi di Senigallia
Senigallia gennaio/aprile 2006
X Stagione Concertistica
2006
Teatro La Fenice
Auditorium San Rocco
Chiesa dei Cancelli
Comune di Senigallia
Ente Concerti di Pesaro
In collaborazione con la Diocesi di Senigallia
Senigallia gennaio/aprile 2006
Concerto inaugurale fuori abbonamento
Domenica 8 Gennaio
Teatro La Fenice, ore 18.15
Italian Saxophone Orchestra
Federico Mondelci sassofono e direzione
Musiche di Reich, Ligeti, Fitkin, Nyman, Marzocchi,
Molinelli
L'ingresso al concerto inaugurale sarà gratuito per gli
abbonati alla Stagione Concertistica 2006
Domenica 29 Gennaio
Auditorium San Rocco, ore 18.15
“Omaggio a Mozart”
Orchestra Sinfonica Abruzzese
Vittorio Antonellini direttore
Ettore Pellegrino violino, Francesco Negroni viola,
Riccardo Bricchi oboe, Gianluca Sulli clarinetto,
Massimo Martusciello fagotto, Alessandro Monticelli
corno.
Musiche di Mozart
Domenica 12 Febbraio
Auditorium San Rocco, ore 18.15
“Gipsy”
Roby Lakatos Ensemble
Musiche di Balogh, Legrand, Lakatos, Weiner, Lewis,
Monty, Corea
Domenica 26 Febbraio
Auditorium San Rocco ore 18.15
Quartetto d'Archi della Scala
Musiche di Mozart, Beethoven, Debussy
Domenica 12 Marzo
Chiesa dei Cancelli, ore 18.15
“Il grande barocco italiano”
Orchestra da Camera delle Marche
Mario Ancillotti flauto e direzione
Giovanna Manci soprano
Musiche di Boccherini, Vivaldi
Domenica 26 Marzo
Auditorium San Rocco ore 18.15
Michele Sampaolesi pianoforte
(vincitore XXI Edizione del “Premio Venezia”)
Musiche di Mozart, Liszt, Chopin
Domenica 23 Aprile
Auditorium San Rocco ore 18.15
“I grandi del jazz”
Danilo Rea pianoforte
Musiche operistiche in versione jazz: Puccini, Mozart,
Verdi,
Mascagni, Gershwin, Bernstein
Domenica 8 Gennaio
Teatro La Fenice, ore 18.15
Programma
Italian Saxophone Orchestra
George Gershwin (1898-1937)
American Suite
The Man I Love
Sweet And Low Down
I Got Rhythm
Summertime
Let's Call The Whole Things Off
Federico Mondelci
sassofono e direzione
Letizia Ragazzini
sassofono sopranino
Ivan Curzi, Matteo Villa
sassofono soprano
Stefano Pecci, Laura Masciotti,
Giulio Petitta
sassofono contralto
Davide Bartelucci, Cristiano Rotatori,
Claudio Marcantoni
sassofono tenore
Massimo Valentini, Ciro Ferraro
sassofono baritono
David Brutti
sassofono basso
Graham Fitkin (1963)
Aract
(prima italiana)
Steve Reich (1936)
New York Counterpoint (§)
Paolo Marzocchi
Albanian Folk Song (*)
(prima assoluta)
* * *
Pedro Iturralde (1932)
Suite Ellenica
Kalamatianos
Funky
Valse
Kritis
Chick Corea (1941)
Armando's Rumba
Roberto Molinelli (1964)
Four Pictures from New York*
(2001)
Dreamy Dawn
Tango Club
Sentimental Evening
Broadway Night
(*) scritto per l'Italian Saxophone
Orchestra
(§) elaborazione di David Brutti
8/01/’06
Note al programma
Saxophone Orchestra
Ideato nel 1840 dal belga Adolphe Sax, il sassofono trovò subito
estimatori soprattutto in Francia presso Berlioz, Bizet e
Massenet. Inizialmente fu utilizzato nei complessi di soli fiati
tra i legni di registro basso e gli ottoni, poi anche nella musica
sinfonica per arricchire la sonorità dell'orchestra. Iniziò così il
suo cammino, in Francia, nel momento in cui a metà Ottocento
si pensò alla riorganizzazione delle bande militari, suscitando
un grandissimo entusiasmo perché i sassofoni davano al
complesso “una sonorità più potente e più omogenea”, e per
questa ragione nella seconda metà del secolo fu annessa al
Conservatorio di Parigi una classe per questo strumento
affidata proprio a Sax. Purtroppo però gli eventi della storia (la
sconfitta nella guerra franco-prussiana) portarono ad un
rivolgimento e questa piccola rivoluzione nella musica classica
fu interrotta con la soppressione di questa classe.
Fu un momento terribile per il sassofono, perché la mancanza
di scuole portò alla mancanza di esecutori qualificati e
virtuosi, e la mancanza di virtuosi non invogliò certo i
compositori 'importanti' a scrivere per questo strumento, la cui
letteratura si era invece arricchita notevolmente nei pochi
anni di attività di Sax come insegnante (dal 1856 al 1870).
Per questa ragione, tra Ottocento e Novecento noi non
troviamo grandi autori anche se la tradizione didattica,
affidata prevalentemente a clarinettisti, era rimasta viva in
particolare in Belgio, in Francia e poi negli Stati Uniti. Fu
proprio negli USA che si assistette alla rinascita dello
strumento (che trovava posto nelle orchestre, in sezioni
apposite, e in orchestre di soli sassofoni) che veniva utilizzato
anche nelle bande militari, nel circo e nel vaudeville, dove
sottolineava gli effetti più volgarmente plateali.
Solo questo occorreva alla musica 'classica' per guardare lo
strumento con sospetto, mentre ciò segnò sicuramente un
momento di prosperità del sassofono, che acquistò oltre
oceano una popolarità mai vista. Inizialmente utilizzato nelle
orchestre da ballo per rafforzarne l'insieme, acquisì anche una
grande letteratura 'leggera' e poi, a partire dagli anni Venti,
divenne strumento fondamentale nella musica jazz.
In Europa, invece, il sassofono prese strade diverse.
La prima, ispirata proprio al jazz, usava i modi aggressivi di
quella musica per rinnovare il linguaggio della tradizione. La
seconda, invece, mirava a mettere in luce le tante possibilità
sonore dello strumento, come dimostrano la Rapsodia di
Debussy e il Bolero di Ravel, dove due delle ripetizioni del
tema sono affidate ai sax soprano e sopranino.
Il fatto poi che quella dei sassofoni sia una grande famiglia
(comprende, dal più acuto al più grave, il sopranino, il
soprano, il contralto, il tenore, il baritono, il basso e il
contrabbasso) ha consentito anche la costruzione di ensembles
coi quali, come nel caso di questo concerto, possono essere
eseguite non solo musiche originali (come i pezzi di Molinelli)
ma anche efficacemente trascritti (come i brani di Gershwin e
di Reich).
La Saxophone Orchestra composta da 12 sassofonisti diretti da
Federico Mondelci, è un gruppo unico nel suo genere in Italia.
Costituitasi nel 1985 ha tenuto concerti in tutta Italia
riscuotendo entusiastici consensi. L'orchestra comprende nel
suo organico tutti gli strumenti della famiglia dei sassofoni: il
sopranino, il soprano, il contralto, il tenore, il baritono ed il
basso; la sua ricchezza timbrica ha sollevato l'interesse di molti
compositori che gli hanno dedicato musiche. Il repertorio spazia
dalla musica rinascimentale alla musica dei periodi classicoromantico fino ai nostri giorni includendo anche un nutrito
numero di brani jazzistici. I componenti, molti dei quali allievi
di Federico Mondelci, svolgono singolarmente una notevole
attività solistica, hanno inoltre vinto numerosi concorsi
nazionali ed internazionali, hanno effettuato tournées in
Francia, Spagna, Inghilterra, Stati Uniti, Giappone e collaborato
con le maggiori orchestre sinfoniche italiane. L'orchestra si
avvale anche della collaborazioni del soprano Agnese Rossi
Berluti che interpreta brani di Gershwin, Bernstein, Negro
Spirituals. La Saxophone Orchestra ha appena effettuato un
tour di concerti in Russia con importanti concerti a San
Pietroburgo in occasione del Festival di Musica da Camera
“Palazzi di San Pietroburgo”. È di prossima uscita un CD con la
musica originale per questa formazione per l'etichetta
americana DELOS. Il repertorio spazia dalle trascrizioni
classiche, alle composizioni originali del Novecento ai brani
contemporanei, al jazz. Principali autori in repertorio: Gabrieli,
Bach, Rossini, Beethoven, Catel Borodin, Bizet, Joplin,
Stravinsky, Milhaud, Mancini, Tesei, Cesa, Minciacchi, Nicolau,
Balliana, Rossé, Gershwin, Poulenc, Weill, Bernstein, Matitia,
Rex, Kinaston, Gillespie, Shorter, Parker, Corea, Comoglio.
Federico Mondelci
Diplomato con lode in sassofono al Conservatorio di Pesaro, ha
studiato canto, composizione e direzione d'orchestra,
diplomandosi poi al Conservatorio Superiore di Bordeaux. Ha
suonato come solista in tutto il mondo con le più importanti
orchestre, tra le quali la Filarmonica della Scala con Ozawa. Al
Festival Mondiale del Sassofono ha rappresentato l'Italia in
Germania, Giappone, Stati Uniti, Spagna e Italia; dalla sua
esibizione al Festival di San Pietroburgo collabora con la Moscow
Chamber Orchestra con cui ha registrato i Tanghi di Piazzola.
Profondamente interessato alla musica contemporanea ha
eseguito in prima a Manchester Cyberbird per sassofono,
pianoforte e orchestra di Yoshimatsu con la BBC Philharmonic
Orchestra diretta da Brabbins, e i due concerti per sassofono e
orchestra premiati al Concorso Internazionale di Composizione
del 2 Agosto di Bologna con la Toscanini di Parma. Ha inciso vari
CD che comprendono, tra l'altro, l'opera completa per sassofono
e pianoforte di Koechlin. Mondelci affianca a quella di solista
un'importante attività di direttore d'orchestra con un repertorio
che va dalla musica sinfonica classica e romantica alla lirica alla
letteratura del Novecento. Ha diretto solisti quali Ilya Grubert,
Michael Nyman, Kathryn Stott, Pavel Vernikov in Italia e Stati
Uniti e diretto concerti in Germania, Francia, Portogallo,
Russia. Ha in attivo collaborazioni, tra l'altro, con l'Orchestra
del Teatro Bellini di Catania, l'Orchestra Haydn di Bolzano,
l'Orchestra Giovanile del Teatro Marinsky di S.Pietroburgo,
l'Orchestra del Teatro Lirico di Cagliari, l'Orchestra Sinfonica di
San Remo, l'Orchestra Sinfonica del Lazio alla guida della quale
è stato al nuovo Auditorium di Roma. Ha diretto produzioni
operistiche di autori italiani del '700 in festival internazionali
come il St. Petersburg Music Festival (edizioni 2001 e 2002). Tra i
suoi prossimi impegni importanti suonerà come solista con
l'Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo (per l'inaugurazione
della Stagione 2005/2006) la New Zealand Symphonic Orchestra
(ottobre 2006).
Domenica 29 Gennaio
Auditorium San Rocco, ore 18.15
“Omaggio a Mozart”
Orchestra Sinfonica
Abruzzese
Vittorio Antonellini
direttore
Ettore Pellegrino
violino
Francesco Negroni
viola
Riccardo Bricchi
oboe
Gianluca Sulli
clarinetto
Massimo Martusciello
fagotto
Alessandro Monticelli
corno
29/01/’06
Programma
Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791)
Sinfonia Concertante in mi bemolle maggiore
per violino, viola e orchestra K.364
Allegro maestoso
Andantino
Presto
* * *
Sinfonia Concertante in mi bemolle maggiore
per oboe, clarinetto, fagotto, corno e orchestra
K.297b
Allegro
Adagio
Andantino con variazioni
Note al programma
Orchestra Sinfonica Abruzzese
Questo concerto, omaggio al 250° compleanno di Mozart, è
dedicato a una forma particolare del secondo Settecento spesso
trascurata rispetto alle più celebri sinfonia e concerto: la
sinfonia concertante, commistione tra i due generi, utilizzata in
un periodo e un in contesto geografico molto ristretti.
Nata nella seconda metà del Settecento a Parigi, la sinfonia
concertante sta a metà strada tra il concerto grosso e il
concerto solista, e ha la sua motivazione nel fatto che nelle
orchestre che tenevano concerti pubblici erano presenti buoni
esecutori che non erano tuttavia in grado di sostenere una
intera serata come solisti veri e proprio. Mozart compose solo le
due sinfonie concertanti che sono presentate in questo
concerto; e non a caso questi due lavori sono collocati negli anni
contemporanei e immediatamente successivi al suo viaggio a
Parigi del 1777-78.
La prima a vedere la luce è la Concertante per fiati, composta
da Mozart nel 1778 per essere eseguita nella stagione pubblica
dei Concerts Spirituels a Parigi e destinata a quattro suoi amici
(Wendling, Ramm, Stich e Ritter). Il lavoro non venne poi
proposto pubblicamente a causa di intrighi ostili al musicista;
inoltre l'unica partitura rimastaci sostituisce il flauto con l'oboe,
in analogia col quintetto per fiati e pianoforte e secondo i gusti
di Mozart, che non amava troppo lo strumento previsto in
origine. La pagina è di straordinaria poesia e, a differenza di
quanto accadeva di solito, presenta nella parte d'orchestra una
grande densità, oltre a richiedere ai solisti un'abilità che
solitamente comuni orchestrali non possedevano. In realtà la
sinfonia più che pensare alla destinazione reale si mostra come
la definitiva assimilazione da parte del compositore del
colorismo di Mannheim e della sua capacità di mescolare lo stile
galante con le nuove istanze espressive.
Seconda in ordine di tempo (1779) la Concertante per violino e
viola sicuramente era destinata (anche se non si sa per quale
occasione) agli strumentisti dell'orchestra di Mannheim. Punto
cardine e vero capolavoro nel percorso sinfonico del
Salisburghese, questa pagina non solo splende nella parte
orchestrale per ricchezza e tensione emotiva, ma mostra una
straordinaria nobiltà nell'intreccio tra i solisti e tutta la
compagine. Ne risulta un brano dove si mostrano assimilate e
trasformate tutte le correnti estetiche di quel momento,
cruciale non solo nella vita del compositore ma anche per la
storia della musica e della cultura europea.
L'Istituzione Sinfonica Abruzzese (ISA), fondata nel 1970, è una
delle 12 Istituzioni Concertistico-Orchestrali
italiane
riconosciute dallo Stato. Protagonista della rinascita della
vitalità musicale della propria Regione e del centro Italia, l'ISA
opera una significativa azione culturale. Tra le principali
strutture di produzione musicale del Paese, l'orchestra ha
tenuto oltre tremila concerti di rilevante livello artistico (ospite
di importanti istituzioni musicali in Italia e all'estero) e svolge
un'intensa attività di promozione musicale con concerti nella
Regione Abruzzo, anche nei centri più piccoli. Hanno diretto
l'Orchestra Sinfonica Abruzzese artisti tra i quali ricordiamo
direttori come Carlo Zecchi, Gianluigi Gelmetti, Bruno Aprea,
Piero Bellugi, Donato Renzetti, Philippe Bender, Massimo De
Bernart e solisti quali Ashkenazy, Bruson, Andrè, Firkusni,
Tortellier, Grondona, Rava, Tipo, Petrushansky, Hendricks,
Brunello, Nordio, Persichilli, Milva, Elio Pandolfi, Massimo
Dapporto, Sylvano Bussotti, Ughi, Antonella Ruggiero.
L'Orchestra ha inciso numerosi CD per importanti case
discografiche (BMG Ariola, Rugginenti Milano, Sonzogno…)
registrando per la RAI numerose prime esecuzioni assolute
dedicate da importanti compositori contemporanei
all'ensemble abruzzese.
Fin dalla sua fondazione, l'ISA si avvale della direzione artistica
del maestro Vittorio Antonellini. Dall'ottobre 2003 direttoresolista principale è il maestro Massimo Quarta.
Vittorio Antonellini
Dopo gli studi a Santa Cecilia (fagotto, composizione,
strumentazione per banda, musica corale e direzione di coro) si
è specializzato in paleografia musicale all'Università di Pavia.
Ha insegnato nei Conservatori di Bolzano, Bologna e Roma; è
stato direttore dei Conservatori di Campobasso e L'Aquila e
consulente, con compiti ispettivi, presso l'Ispettorato Istruzione
Artistica del Ministero della Pubblica Istruzione. Consulente
della RAI per la realizzazione di programmi di musica classica, in
particolare sugli autori italiani contemporanei, dal 1968 opera
in Abruzzo: qui ha fondato I Solisti Aquilani (di cui è stato
direttore fino al 1999) e dal 1974 è direttore artistico
dell'Istituzione Sinfonica Abruzzese. Ha tenuto tournées in
Europa, USA, Canada, Sud America, Africa e Medio Oriente,
esibendosi in Italia e all'estero per le più prestigiose istituzioni
musicali e i maggiori festival. Ha ripetutamente registrato per
radio e televisioni nazionali ed estere e ha effettuato incisioni
per prestigiose case discografiche. Come direttore d'orchestra
ha collaborato con numerosi solisti di fama internazionale quali
Ancillotti, Asciolla, Ayo, Bianchi, Borgonovo, Carnini, Cascioli,
Gasdia, Gazzelloni, Geringas, Grubert, Karr, Maggio
Ormezowski,
Petracchi, Rampal, Scotto, Badura Skoda,
Stanciu, Tortellier, Vernikov, Yepes, Zagnoni, Ottetto Vocale
Italiano e Coro da Camera della RAI.
Da gennaio 2001 è stato eletto Presidente dell'Associazione
delle Orchestre riconosciute
dallo Stato italiano (ICO).
Domenica 12 Febbraio
Auditorium San Rocco, ore 18.15
“Gipsy”
Roby Lakatos Ensemble
Roby Lakatos
violino
Kálman Cséki
pianoforte
Lászlo Bóni
secondo violino
Ernest Bangó
cymbalom e chitarra
Oszkár Németh
contrabbasso
Attila Rontó
chitarra
12/02/’06
Programma
“Fire Dance”
Fire Dance (J. S. Balogh)
Gypsy Bolero (J. S. Balogh)
Cickom Paraphrase (J. S. Balogh)
Papa Can You Hear Me (M. Legrand)
Hora di Marrachi (R. Lakatos)
Memory of Bihari (I. Csàmpai)
Hejre Kati (J. Hubay)
Que reste-t-il de nos amours (C. Trenet)
Intro (R. Lakatos)
* * *
Divertimento (L. Weiner)
Wherever My Roads (R. Lakatos)
Russian Tango (trad.)
Django (J. Lewis)
Cdardas (V. Monty)
Ciflico (Got a Match) (C. Corea)
Note al programma
Roby Lakatos
Il violinista gitano Roby Lakatos non è solo un sorprendente
virtuoso, ma anche un musicista di straordinaria versatilità
stilistica. Ugualmente a suo agio nel suonare musica classica,
musica jazz, musica pop o musica folkloristica ungherese
Lakatos, violinista gitano definito “l'archetto del diavolo”, è
anche, insieme, un virtuoso classico, un improvvisatore jazz, un
compositore e un arrangiatore.
In questo concerto Roby Lakatos ci propone materiali originali,
se pure adattati al complesso, certamente collocabili nel
genere della “musica ungherese” (ungheresi sono infatti autori
Balogh, Csàmpai, Hubay, Weiner). Ma attraverso la magia della
vitalità gitana ungherese, ci presenta rielaborazioni di materiali
che parrebbero estranei a questa cultura e, persino, refrattari
ad una rilettura così identificata (M. Legrand, J. Lewis, C.
Corea, C. Trenet).
Viene quasi automatico fare paragoni con Liszt e Brahms e la
loro 'musica ungherese'. Oppure anche con Bartok e il suo
rapporto con la musica popolare. Ebbene, il cammino di Lakatos
è molto diverso e, in alcuni casi, speculare a quelli. Liszt e
Brahms nell'Ottocento hanno fatto conoscere al pubblico dei
concerti di tutta Europa una tradizione considerata
genericamente 'ungherese' e che invece era tzigana, cioè tipica
delle popolazioni nomadi. Ma hanno compiuto questa
operazione (raccogliendo, il primo le melodie che aveva
ascoltato in gioventù e il secondo le melodie eseguite dai
complessi popolari che lungo il Danubio erano giunti da
Budapest a Vienna) adattando le musiche attraverso strumenti e
linguaggi della cultura musicale occidentale europea. Anche
Bartok cerca e ripropone la musica ungherese (quella magiara,
questa volta), ma la sua è un'operazione ancora diversa. Egli
infatti utilizza le vere musiche popolari, quelle che adoperano
modelli melodici, ritmici e armonici differenti da quelli della
musica occidentale, per cambiare il linguaggio della musica
colta del Novecento.
Lakatos e il suo ensemble compiono invece due operazioni
differenti: la prima è quella di attingere ad autori ungheresi, di
presentare la musica zingara, quella vera, quella senza
mediazioni 'commerciali', proporre pagine originali della
tradizione o riscritte sull'onda di quella tradizione e per gli
organici di un'orchestra tzigana. La seconda coinvolge
direttamente il profondo spirito gitano di Lakatos e del suo
gruppo che rileggono con un nuovo spirito pagine celeberrime di
Trenet e di Corea, compiendo attraverso i modi di una
tradizione popolare la rilettura di un patrimonio musicale ad
essa estraneo.
Nato nel 1965 nella leggendaria famiglia di musicisti gitani
discendente da Janos Bihari, ha debuttato a nove anni come
primo violino in una band gitana. Non ha però trascurato gli
studi classici, diplomandosi nel 1984 in violino (conseguendo
anche un premio) al Béla Bartók Conservatory di Budapest. Tra il
1986 e il 1996, lui e il suo ensemble si sono esibiti al "Les Atéliers
de la grande Ile" di Bruxelles collaborando anche con Vadim
Repin e Stéphane Grappelli e ottenendo l'approvazione
incondizionata di Sir Yehudi Menuhin. Nel marzo del 2004,
Lakatos è apparso con grande successo insieme alla London
Symphony Orchestra al festival per orchestre “Genius of the
Violin” accanto a Maxim Vengerov. Si è esibito nelle più grandi
sale concertistiche in America, in Europa e in Asia e incide in
esclusiva per la Deutsche Grammophon..
ROBY LAKATOS ENSEMBLE
Kálman Cséki,
pianista, nato nel 1962, inizialmente suonava il violoncello ma
presto ha cambiato il suo strumento studiando piano classico
con Lilly Wiedener e piano jazz con Attila Garay. Ha studiato al
Béla Bartók Conservatory e ha passato otto anni girando il
mondo con le pop band prima di tornate a Budapest ed
insegnare alla Special Academy of Music.
Lászlo Bóni,
secondo violino del gruppo, nato a Budapest nel 1968, ha
studiato con il padre di Roby Lakatos, suonando nella sua
orchestra e prendendo un diploma di violinista gitano nel 1987.
Successivamente ha passato sei mesi in Giappone suonando con
un trio gitano facendo anche un tour in tutta Europa. Dal 1991 al
1994 ha lavorato ad Anversa.
Ernest Bangó,
nato nel 1968, è il figlio di un famoso esecutore di cimbalo.
Prima che gli fosse permesso di studiare quello strumento,
all'età di sette anni, suo padre ha insistito perché studiasse il
violino e il pianoforte. Dopo gli studi classici al Béla Bartók
Conservatory, dove tra i sui insegnanti c'era anche Ferenc
Gerencsir, è passato alla musica gitana prendendo il diploma di
solista nel 1986. È apparso a Ginevra, Dusseldorf e Montréal.
Oszkár Németh,
nato nel 1968 nella città ungherese di Eger aveva solo sei anni
quando ha preso parte come violinista alla famosa Rajko Gypsy
Orchestra. È rimasto con il gruppo fino alla fine degli anni '80
suonando per la Regina Elisabetta II, tra altre importanti
personalità. Nel 1984 si è dedicato al contrabbasso prendendo
un diploma nel 1987 e per i numerosi impegni lavorativi è
rimasto a Budapest fino al 1992. è membro del Roby Lakatos's
Ensemble dal 1991.
Attila Rontó,
chitarrista, è nato nel 1969 a Miskolc in Ungheria e ha
cominciato a studiare all'Accademia di musica all'età di nove
anni. Contemporaneamente si è avvicinato alla musica gitana
ed ad altri tipi di musica grazie al padre e al nonno e, dall'età di
undici anni, ha suonato regolarmente in vari ensemble.
Successivamente si è interessato alla musica jazz studiano per
quattro anni al conservatorio e formando il suo gruppo
specializzato in latin jazz e flamenco. È apparso in numerosi
festival e in televisione e ha al suo attivo numerose
registrazioni. Fa parte del Roby Lakatos's Ensemble dal 1991.
Domenica 26 Febbraio
Auditorium San Rocco ore 18.15
Programma
Quartetto d'Archi della Scala
Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791)
Quartetto in do maggiore K. 157
Allegro
Andante
Presto
Francesco Manara, Pierangelo Negri
violini
Simonide Braconi
viola
Massimo Polidori
violoncello
Ludwig van Beethoven (1770-1827)
Quartetto in fa minore op.95 "Serioso"
Allegro con brio
Allegrtto ma non troppo
Allegro assai vivace ma serioso
Larghetto espressivo-Allegretto agitato
* * *
Claude Debussy (1862-1918)
Quartetto in sol minore op.10
Animé et très décidé
Assez vif et bien rythmé
Andantino,duocement expressif
Très modéré-Très mouvimenté et avec passionTrès animé
---
26/02/’06
Note al programma
Quartetto d'archi della Scala
La vicenda storica del quartetto per archi non è lunghissima,
ma assolutamente centrale non solo nell'ambito della musica
da camera, ma della musica intera. È il Classicismo viennese
infatti ad 'inventare' il quartetto non come tanto come
complesso cameristico (grande importanza hanno infatti
anche i musicisti di area padana, eredi dei grandi sonatisti
barocchi) ma come modo di concepire la musica come entità
sonora in grado dapprima di esprimere l'idealità di 'fare musica
tra amici' (i quartetti di Haydn, splendido esempio del genere
'da conversazione' del secondo Settecento) per divenire in
seguito, con Beethoven, una delle più alte espressioni del
pensiero musicale.
Ma sempre nel classicismo c'è un 'unicum', Mozart, i cui
quartetti non solo sono collocati in anni cruciali per la storia
del genere, ma sottolineano anche snodi fondamentali nel
cammino estetico dell'artista. Se i quartetti del primo gruppo,
ancora spesso definiti Divertimenti, subiscono l'influsso dello
stile rococò, i sei quartetti “Milanesi”, preparati nel corso del
viaggio italiano del 1772-73, cominciano ad affrontare il
genere tenendo conto della sua storia.
In questo primo importante ciclo mozartiano spicca proprio il
Quartetto K. 157, che ne è il cuore espressivo, per l'ampiezza
delle strutture del primo tempo, per lirismo del secondo, per
la vivacità ritmica del rondò.
Sono però i diciassette quartetti di Beethoven a costituire un
punto 'di non ritorno' per l'intero del genere. Collocati infatti
lungo tutto l'arco della vita del musicista, essi sembrano
esaurire tutte le possibilità espressive ed estetiche del
complesso. In particolare il Quartetto op.95 (1816) è il perno
tra il mondo eroico di inizio Ottocento e gli stravolgenti
capolavori dell'ultimo periodo. Non a caso il colore generale di
questo lavoro, che è celebre col sottotitolo di “serioso”, è
oscuro, indescrivibile, quasi minaccioso nei sussulti ritmici,
nella costante amarezza raramente stemperata nelle pagine
più dolci e nel finale quasi trionfante.
Pare evidente che con questi precedenti qualsiasi musicista da
un lato abbia avuto timore di cimentarsi col genere, e dall'altro
sia quasi stato costretto a farlo per dimostrare la sua capacità
ad affrontarlo. È questa la motivazione che spinge un giovane
Debussy, che poi non userà più questo organico, a cimentarsi
con esso. Il Quartetto in sol è del 1892 e pur rispondendo alle
strutture tardo ottocentesche, mostra già la libertà armonica
e il fascino inquietante dello stile 'sfumato' che caratterizzerà
da quegli anni in poi le pagine più celebri del musicista
francese.
La prima formazione del Quartetto d'archi della Scala è storica
e risale al 1953, quando le prime parti sentirono l'esigenza di
sviluppare un importante discorso musicale cameristico
seguendo l'esempio delle più grandi orchestre del mondo.
Nel corso dei decenni il Quartetto d'archi della Scala è stato
protagonista di importanti eventi musicali e registrazioni;
dopo qualche anno di pausa, quattro giovani musicisti, già
vincitori di concorsi solistici internazionali e prime parti
dell'Orchestra del Teatro, decidono di ridar vita a questa
prestigiosa formazione, sviluppando le loro affinità musicali
già consolidate all'interno dell'Orchestra, elevandole nella
massima espressione cameristica quale è il quartetto d'archi.
Numerosi i loro concerti per alcune tra le più prestigiose
associazioni concertistiche in Italia (Musica Insieme a Bologna,
Serate Musicali, Società dei concerti e stagione Cantelli a
Milano, Associazione Scarlatti a Napoli, Sagra Malatestiana a
Rimini, Festival delle Nazioni a Città di Castello, Settimane
musicali di Stresa, Asolo musica, Estate Musicale a Portoguaro,
Festival Galuppi a Venezia, Ravenna Festival, Amici della
musica di Palermo, ecc.) e all'estero (Brasile, Perù, Giappone,
Stati Uniti, Croazia, Germania, Francia ecc.).
Hanno inciso per l' etichetta DAD, per la rivista musicale
Amadeus , per il giornale “La Provincia” di Cremona dove
hanno suonato i preziosi strumenti del museo e per Radio 3.
Hanno inciso per l' etichetta DAD e per la rivista musicale
Amadeus.
Domenica 12 Marzo
Chiesa dei Cancelli, ore 18.15
“Il grande barocco italiano”
Orchestra da Camera delle
Marche
Mario Ancillotti
flauto e direzione
Giovanna Manci
soprano
Programma
Luigi Boccherini (1743-1805)
Stabat Mater per soprano e archi (verifica)
Stabat Mater
Cuius animam
Quae moerebat
Quis est homo
Pro peccatis
Eja mater
Tui nati
Virgo virginum
Fac ut portem
Fac me plagis
Quando corpus
* * *
Antonio Vivaldi (1678-1741)
Concerto in do maggiore F. VI n° 4 per ottavino
e archi
Allegro non molto
Largo
Allegro molto
Concerto in sol minore op X. n° 2 per flauto e
archi "La Notte"
Largo
Fantasmi (Presto - Largo Presto)
Il sonno (Largo)
Allegro
Concerto in re maggiore op. X n° 3 per flauto e
archi "Il Cardellino"
Allegro
Largo cantabile
Allegro
Mottetto a' Canto solo, archi e continuo RV 626
“In Furore” RV 626 per soprano e archi
In Furore iustissimae irae (Allegro)
Miserationem Pater piissime (Recitativo)
Tunc meus fletus (Largo)
Alleluia
12/03/’06
Note al programma
Abbiamo accomunato i due autori in programma sotto l'ala del
barocco, quasi come una provocazione, perché sicuramente
entrambi non possono essere del tutto inquadrati nella
definizione solita di quell'estetica.
Vivaldi, infatti, raccoglie gli ultimi bagliori del barocco,
piegandoli alla volontà razionalistica che vuole a poco a poco
dimenticare, soprattutto nella musica strumentale, la
ridondanza estetica. Egli fu forse il più celebre rappresentante
della musica a Venezia, città che nel primo Settecento era uno
dei luoghi più ricchi di musica del mondo: in molti teatri si
presentava il melodramma, in tanti palazzi i nobili superavano
la soglia del dilettantismo e divenivano celebri musicisti e nelle
chiese erano presenti complessi celeberrimi per la loro bravura.
Il compositore era maestro appunto nell'Ospitale della Pietà
(pia istituzione affiancata all'omonima chiesa), e aveva incarico
di preparare musica per le ragazze di questo ricovero, in modo
che potessero prestare la loro opera all'interno della chiesa. Per
questo il catalogo vivaldiano è così ricco di brani di musica sacra
(come ad esempio il Mottetto “In furore”) e di concerti per tutti
gli strumenti. Tuttavia queste pagine, oggi celeberrime,
rimasero per secoli nell'ombra e non furono nemmeno mai
pubblicate, tranne una piccolissima parte alla quale
appartengono i Concerti per flauto e per ottavino.
Boccherini, dal canto suo, pur innegabilmente figlio delle
ultime estremità della concezione musicale barocca, assimilò
però le istanze della cultura europea contemporanea, dallo
Sturm und Drang al tono intimistico, dalla nuova concezione
armonica all'impeto protoromantico, raggiungendo un
incredibile equilibrio tra la scrittura solistica, quella vocale e
quella orchestrale, in uno straordinario e continuo alternarsi
della tensione tra rarefazione e compattezza della struttura
formale.
Lo Stabat Mater del musicista lucchese ebbe due versioni
successive. La prima è ancora legata alla tradizione sacra del
primo Settecento, più vicina al teatro che alla chiesa. La
seconda (del 1781) presenta un uso più moderato dell'agilità
esibizionistica, poiché le esigenze ormai più sentite dello stile
espressivo richiedevano una più intensa affinità tra il senso del
testo e la densità della musica. E anche l'uso della voce acuta
non è forse solo più antico retaggio delle voci 'bianche' utilizzate
in chiesa, ma riflesso di religiosità angelica, assai più vicina a un
sentimento umano che a un distaccato concetto sacrale.
Orchestra da Camera delle Marche
Fondato da affermati professionisti marchigiani che hanno
raccolto l'eredità dell'Orchestra Sinfonica delle Marche,
l'ensemble è formato da quindici musicisti che sono componenti
anche di gruppi cameristici di trio e quartetto. L'organico può
espandersi fino a 28 archi con alcuni fra i migliori fiati italiani,
prime parti d'importanti istituzioni orchestrali. L'Orchestra ha
collaborato con direttori e solisti di prestigio (De Bernart,
Mondelci, Braconi, Prandina) ed ha eseguito in prima assoluta
brani di Bellafronte, Samale e Molinelli. Ha partecipato alle
stagioni sinfoniche del Teatro Gentile di Fabriano, alla Sagra
Malatestiana di Rimini, al Todi Festival, al Festival Perosiana di
Tortona; collabora poi con l'Ente Concerti di Pesaro e il Comune
di Senigallia. L'Orchestra ha partecipato alla produzione di varie
opere tra cui La Serva Padrona, La Traviata, L'Elisir d‚Amore, La
Cavalleria Rusticana, Il Maestro di Cappella ed all'incisione di CD
(Sinfonia in Re minore di Franck, Requiem di Cherubini, Ottava
di Beethoven). Su invito dell'Ambasciata Italiana in Grecia, si è
esibita a Preveza e Atene nell'ambito delle manifestazioni per le
Olimpiadi
Giovanna Manci
Soprano tra le più dotate per qualità tecniche e vocali
dell'odierno panorama musicale, ha interpretato molti ruoli di
protagonista sia in opere di repertorio che in rarità nei più
importanti teatri. Ha collaborato con molti dei più rinomati
direttori e registi tra cui Peter Maag, Hickox, Giovaninetti,
Haider, Sanzogno, Lü Jia, De Bernart, Armiliato, Fasciutti, Beni
Montresor, Maurizio Scaparro. Amplissimo il suo repertorio
concertistico che spazia dal barocco al contemporaneo con
numerose prime esecuzioni.
Ha inciso per Chandos, Nuova Era, Arcadia, Bongiovanni.
Mario Ancillotti
Mario Ancillotti, fiorentino, ha compiuto gli studi musicali di
flauto e composizione, fra i suoi insegnanti Alfieri, Dallapiccola,
Lupi, Franco Rossi.
È stato primo flauto dell'Orchestra della Rai di Roma e di Santa
Cecilia fino al 1979. Si è poi dedicato all'attività concertistica
che svolge come solista in tutta Europa, Nord e Sud America,
Giappone, Africa, suonando nelle sale e nei teatri più prestigiosi
(tra essi Scala, Suntory Hall a Tokyo, Teatro Coliseo a Buenos
Aires, Teatro Municipal a San Paolo) e per i festivals più
importanti (tra essi Biennale di Venezia, Musique d'aujourd'hui a
Strasburgo). Ha collaborato con importantissimi solisti (quali
Accardo, Giuranna, Geringas, Leister), direttori (come
Soudant, Gelmetti, Ferro, Melles, Renzetti), complessi (quali
Virtuosi di Mosca e Franz Listz Orchestra), compositori (come
Berio, Penderecki, Henze, Guarnieri) dei quali ha tenuto
numerose prime esecuzioni.
Incide per la Koch Schwann, Camerata Tokyo, Nuova Era, Tactus,
Dynamic.
Insegna ai Corsi Speciali di Perfezionamento della Scuola di
Musica di Fiesole e alla Hochschule della Svizzera Italiana a
Lugano, e tiene corsi estivi in varie parti del mondo.
Si dedica anche alla direzione, con l'Orchestra Regionale del
Lazio, l'Orchestra del Teatro Olimpico di Vicenza, l'Orchestra
Sinfonica di San Remo, la Filarmonica Marchigiana, I Solisti di
Perugia; dirige ed organizza l'Ensemble Nuovo Contrappunto,
che si dedica prevalentemente alla musica del nostro tempo,
realizzando le partiture più significative e impegnative dei
nostri giorni.
Domenica 26 Marzo
Auditorium San Rocco ore 18.15
Programma
Michele Sampaolesi
Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791)
Fantasia in re minore K. 397
pianoforte
(vincitore XXI Edizione del “Premio Venezia”)
Sonata in re maggiore K. 576
Allegro
Adagio
Allegretto
Franz Liszt (1810-1886)
Rapsodia ungherese n°2
* * *
Fryderyk Chopin (1810-1949)
Polacca-Fantasia op.61
Tre Valzer op.34
n. 1 in la bemolle maggiore
n. 2 in la minore
n. 3 in fa maggiore
Scherzo n°2 in si bemolle minore op.31
26/03/’06
Note al programma
Michele Sampaolesi
Mozart, Liszt, Chopin: tre pianisti-compositori che hanno
segnato momenti importanti nella storia della musica e in quella
dell'evoluzione della letteratura pianistica, strettamente
collegati non solo alle modificazioni del gusto degli ascoltatori,
ma anche ai cambiamenti sostanziali del loro strumento.
Il programma del concerto propone così una serie di percorsi
paralleli.
Il primo è quello nelle forme pianistiche, dalla fantasia di
retaggio barocco ma venata di sensibilità protoromantica (la K.
397) alla sonata dove lo stile galante lascia il posto alla
complessità polifonica (la K. 576); dalla Rapsodia di ampie
dimensioni sui temi più alla moda nel secondo Ottocento (quelli
ungheresi) al piccolo pezzo da salotto, distillato e sintetizzato
in forme raffinatissime.
Il secondo itinerario è invece quello nella storia del pianoforte.
Lo strumento di Mozart, pur senza le possibilità di un moderno
pianoforte, era in grado di dare voce alle inquietudini di una
nuova estetica attraverso i repentini cambiamenti dinamici.
Diverso è il pianoforte di Chopin; e lo si comprende dalla
timbrica e dalla sonorità di pagine come la Polacca-Fantasia, ma
anche dall'irruenza romantica del Secondo Scherzo. Il suo
strumento poteva aderire al mondo dell'espressione eroica, ma
gli consentiva anche il raffinatissimo modo di costruire
attraverso il timbro e non solo attraverso le melodie. Ancora più
perfezionato è il pianoforte di Liszt, che riesce addirittura a
trasportarvi (come accade nella Seconda Rapsodia) i suoni degli
strumenti tzigani, reinventati con un virtuosisimo che ha pochi
eguali nella storia
Ma il nostro programma propone un terzo (e sociologico)
itinerario musicale. Le pagine proposte ci consentono anche di
vedere come cambia il pubblico della musica tra fine Settecento
e metà Ottocento. Le opere pianistiche viennesi di Mozart erano
destinate ai 'concerti' che lo stesso compositore organizzava per
mettere in luce le proprie capacità. Chopin, a parte i primissimi
anni, suonava le sue composizioni solamente nei salotti
culturali parigini, non per un pubblico vero e proprio ma per un
piccolo gruppo di colti appassionati che lo ascoltavano da
vicino, in religioso silenzio, apprezzandone il messaggio e lo
stile. Liszt, invece, era l'idolo del pubblico pagante che
affollava i suoi concerti, e per il quale preparava le sue
strabilianti architetture di note. Inventore di un modo di porsi e
di proporre la musica che, da metà Ottocento, in fondo, non è
più cambiato.
Michele Sampaolesi è nato ad Ancona nel 1982. Ha studiato al
Conservatorio G.Rossini di Pesaro con il Ettore Peretti e con il
Giovanni Valentini, diplomandosi nel 2003 con il massimo dei
voti, lode e menzione speciale. Ha proseguito gli studi con Aldo
Ciccolini al MusicaRivafestivaldi Riva del Garda, con Elissò
Virsaladze ai Corsi Estivi di Sermoneta, con Dmitri Bashkirov al
Mozarteum di Salisburgo e con Joaquin Achucarro all'Accademia
Chigiana di Siena..
Dal 1996 è allievo dell'Accademia Pianistica
Internazionale"Incontri col Maestro" di Imola, dove attualmente
frequenta l'ultimo anno del corso Triennale di Alto
Perfezionamento. Nel 2004 ha studiato presso la Southern
Methodist University di Dallas (Texas, U.S.A.) con Joaquin
Achucarro.
Ha vinto concorsi pianistici nazionali e internazionali, tra cui
Società Umanitaria di Milano (1999), Yamaha Music Foundation
of Europe di Londra (2002), Concorso Pianistico Internazionale
Sanremo Classico (2003). Nel Novembre 2004 è risultato il
vincitore della XXI Edizione del “Premio Venezia” indetto dagli
Amici della Fenice.
Svolge un'intensa attività concertistica in Italia e all'estero:
Mittelfest di Cividale (UD), Fondazione Teatro la Fenice di
Venezia, Amici della Musica di Mestre, Accademia Filarmonica di
Verona, Amici della Musica di Padova, Amici della MusicaSocietà del Quartetto di Vicenza, Salone degli Affreschi di
Milano, Nuovo Auditorium dell'Orchestra Sinfonica di Milano
Giuseppe Verdi, Teatro Grande di Brescia, Teatro del Casino di
Sanremo, Teatro Verdi di Pisa, Accademia Navale di Livorno,
Bologna Festival “I nuovi Interpreti”, Teatro Rossini di Pesaro,
Palazzo Ducale di Camerino, Circolo degli Ufficiali di Napoli,
Amici del Teatro Massimo di Palermo, Festival Pianistico
Internazionale La Roque-d'Anthéron (Francia), Castello di
Wolfsburg (Germania), Conservatorio di Innsbruck (Austria),
Anversa (Belgio), Caruth Auditorium e Van Katwijk Club (Dallas,
U.S.A.).
Si è esibito al fianco di orchestre quali l'Orchestra Sinfonica di
Sanremo diretta da Piero Bellugi e l'Orchestra Sinfonica di
Pesaro diretta da Manlio Benzi.
Ha registrato per Radio France Preludi e Fughe di Sostakovic e
inciso un CD per la Sarx Records con musiche di Chopin e Liszt.
Domenica 23 Aprile
Audtorium San Rocco ore 18.15
“I grandi del jazz”
Danilo Rea
pianoforte
“Lirico”
Programma
Giacomo Puccini (1858-1924)
Da “Tosca”
Recondita armonia - Vissi d'arte - E lucevan le
stelle
Da “Madama Butterfly”
Un bel di' vedremo
Da “La bohème”
Che gelida manina - Mi chiamano Mimi'
Da “La rondine”
Il sogno di Doretta - Bevo al tuo fresco sorriso
Da “Turandot”
Nessun dorma
Wolfgang Amadeus Mozart (1756 1791)
Da “Don Giovanni”
Là ci darem la mano
Christoph Willibald Gluck (1714 1787)
Da “Orfeo ed Euridice”
Che farò senza Euridice?
Georg Friedrich Händel (1685 1759)
Da “Rinaldo”
Lascia ch'io pianga mia cruda sorte
Georges Bizet (1838 1875)
Da “Carmen”
L'amour est un oiseau rebelle - Près de
remparte de Seville En va pour eviter
Camille Saint-Säens (1835 1921)
Da “Samson et Dalila”
Mon cœur s' ouvre à ta voix
Giuseppe Verdi (1813 1901)
Da “Nabucco”
Va', pensiero sull'ali dorate
Da “La traviata”
Libiam nei lieti calici
Pietro Mascagni (1863 1945)
Da “Cavalleria Rusticana”
Intermezzo
23/04/’06
George Gershwin (1898 1937)
Da “Porgy and Bess”
Summertime
Leonard Bernstein (1918 1990)
Da “West Side Story”
Maria
Note al programma
Danilo Rea
Quasi anello di congiunzione tra classico e pop, tra musica colta
e musica leggera, questo programma annoda generi lontani: il
jazz e il melodramma. Ed è straordinario notare come il modo
col quale questi due linguaggi riescono a incrociarsi attraverso il
pianoforte, secondo il principio dell'elaborazione tematica, sia
comune ai pianisti di un secolo e mezzo fa come ai jazzisti del
Novecento.
La modalità di composizione del jazz, basata sull'elaborazione
personale da parte di ciascun compositore-interprete di idee
musicali chiamate “standard” è la stessa che guidava la mano
dei pianisti dell'Ottocento che utilizzavano temi tratti dai
melodrammi più in voga in parafrasi e fantasie “su temi favoriti”
che avevano la funzione ben precisa di presentare brani del
repertorio operistico o sinfonico ad un pubblico e in un circuito
che non era quello tradizionale del teatro d'opera per favorirne
la diffusione e la popolarità.
Così potevamo incontrare nelle composizioni vari livelli d'arte,
di difficoltà, di impegno. Da un lato c'erano i tecnici funambolici
che si limitavano ad arricchire di svolazzi, scale, arpeggi,
ottave… (l'armamentario che serviva a un pianista per stupire la
platea) i temi sempre riconoscibili dagli ascoltatori, dall'altro
artisti come Liszt erano riusciti a fare del genere non solo una
palestra tecnica, ma anche un luogo di ricerca estetica. Allora
come oggi (e Rea ne è un esempio), brani di questo tipo
potevano essere punto di partenza per una ricerca sonora,
timbrica, tecnica e strumentale che sfruttasse la libertà del
genere per approfondire le possibilità tecniche ed espressive
dello strumento.
Questo fece Liszt, che non sempre metteva in gioco la sua
enorme e stupefacente bravura ma spesso giungeva in territori
di elaborazione distillata e di ricerca sonora, dove le melodie
più popolari erano solo un punto di partenza per andare in
territori inesplorati.
Questo fa anche Rea, che non mette la propria bravura in primo
piano, e non considera la parola “virtuosismo” solo come
sinonimo di “pirotecnico”, per il quale la trascrizione diventa
un'interpretazione, un momento di analisi, di introspezione, di
rivisitazione poetica di un tema, di un brano, di una sensazione,
di un'emozione.
Ed emozione è quella che si prova ad ascoltare la poesia del Va'
pensiero, la seduzione dell'Habanera della Carmen, l'essenza
del pensiero e del ricordo che permea Un bel dì vedremo.
Insomma, come dice un critico questo c'è dell' “incanto, in
questa elaborazione in chiave jazzista delle più belle melodie di
tutti i tempi, che laddove è possibile, riesce a conservare la
poesia che avvolge quelle note pregne di grande storia e
freschezza di sempre.”
Componente del trio jazz Doctor 3 (con Enzo Pietropaoli e
Fabrizio Sferra), come solista Danilo Rea è tra i più noti artisti
del panorama nazionale e riscuote da anni innumerevoli
consensi e riconoscimenti. Considerato uno dei migliori pianisti
del jazz italiano, vanta una solida preparazione accademica
essendosi diplomato presso il conservatorio di musica S.Cecilia
di Roma. Passa disinvoltamente dal jazz al pop: svolge infatti la
sua attività sia nelle sale d'incisione con Mina, Pino Daniele,
Claudio Baglioni e Fiorella Mannoia, sia in concerto, a fianco di
mostri sacri del jazz mondiale quali Aldo Romano, Chet Baker,
Steve Grossman, Bob Berg Micheal Brecker, Joe Lovano, Dave
Liebman, Lee Konitz e Kenny Wheeler ecc.
Con la sua creatività e le sue capacità tecniche ed artistiche da
tempo allarga la sua attività in contesti sempre nuovi rispetto a
quello jazzistico originario.
Ha collaborato, fra gli altri,con il quintetto di Giovanni
Tommaso in “Lingomania”(Top jazz 1987) e ha dato concerti in
ancia,Inghilterra,USA,India,Senegal,Cina.Con il batterista
Roberto Gatto ha inciso “Improvvisi”( Gala Records).
Ha inciso per l'etichetta “Via Veneto” il cd in solo “Lost in
Europe”che testimonia il lungo tour del 2000.
In particolare oggi Danilo Rea rivolge il suo interesse ad un
repertorio musicale piuttosto insolito per il mondo del jazz: la
lirica. Le sue esibizioni si estendono anche al circuito dei grandi
teatri e in ambito 'classico': ricordiamo la partecipazione come
solista all'opera di Roberto De Simone “Requiem per PierPaolo
Pasolini” al teatro San Carlo di Napoli (direttore Zoltan Pesko) e
in ensemble al teatro “Rossini” di Pesaro per il “Rossini Opera
Festival” in seno al progetto “Rossini mon amour”. Da alcuni
anni si dedica anche all'insegnamento partecipando a master di
jazz e tecnica di improvvisazione.
Affascinato dal mondo del melodramma, elabora con
l'improvvisazione melodie di Puccini, Verdi, Mascagni, Bizet,
Saint-Säens e altri evidenziandone la grande attualità.
Abbonamenti
La Stagione Concertistica 2006 comprende 6 concerti in
abbonamento.
Prezzi: intero € 40, ridotto € 25 (meno di 25 anni e più di 65).
Gli abbonamenti saranno in vendita presso l'Ufficio Attività
Culturali del Comune di Senigallia, dal 19 dicembre 2005 al 3
gennaio 2006 nei seguenti orari:
mattino: dal lunedì al venerdì, ore 9.00 - 13.00
pomeriggio: martedì e giovedì, ore 16.00 - 18.00.
Gli abbonati avranno diritto all'ingresso gratuito al Concerto
Inaugurale.
Non è previsto il diritto di prelazione per gli abbonati alla Stagione
2005.
Biglietti
Biglietto intero € 8, ridotto € 5 (meno di 25 anni e più di 65).
I biglietti saranno posti in vendita il giorno di ogni singolo concerto
con inizio alle ore 17.00.
Grafica Paolo Turchi Stampa Tecnostampa Ostra Vetere
Informazioni: tel. 071- 6629350