I tre principi della dinamica Definizione operativa di forza e principio zero della dinamica La definizione operativa di forza è data su base sperimentale. Si tratta della cosiddetta definizione statica, basata cioè sulle osservazioni condotte su un sistema fermo. A titolo di esempio, si supponga di voler misurare la forza applicata da una fune a un piccolo oggetto. Si ricorre all’uso di un opportuno strumento di misura, il dinamometro, montato come in figura. L’estensione del dinamometro (schematizzato come una molla), valutata su una scala graduata, indica l’intensità della forza. Si nota tuttavia che la forza applicata è caratterizzata anche da una direzione e da un verso, che sono determinati osservando l’orientazione assunta dal dinamometro. In definitiva, si può associare alla forza un segmento orientato, caratterizzato da una lunghezza proporzionale all’intensità della forza. Prima di concludere che è corretto descrivere la forza come un vettore, si deve però effettuare una verifica sperimentale. Consideriamo queste due situazioni: r r a) su un piccolo oggetto1 agiscono due distinte forze, F1 ed F2 ; r b) sullo stesso oggetto agisce un’unica forza, F . Sotto quali condizioni tutti gli effetti delle forze (cioè, tutti gli effetti dinamici) sono equivalenti? r r r L’esperimento (condotto già da Newton) prova che il sistema di forze ( F1 , F2 ) è equivalente a F proprio se vale la regola di somma dei vettori: r r r F = F1 + F2 1 Cioè, su un punto materiale. Questa circostanza è nota come principio zero della dinamica, o anche principio di sovrapposizione. Il principio zero della dinamica afferma dunque che: r a) un sistema di forze Fi che agiscono su un piccolo oggetto è equivalente a una sola forza, detta risultante; r r r r b) la risultante si calcola con la regola della somma vettoriale: F = ∑ Fi = F1 + F2 + ... i Quando si considerano oggetti di dimensioni non trascurabili, è evidente che gli effetti dinamici dipendano anche da dove le forze sono applicate. Per studiare gli effetti di un sistema di forze agenti su un corpo esteso, non è quindi sufficiente valutare la risultante, ma si dovrà tenere anche conto dei punti di applicazione. D’altronde, un vettore non è caratterizzato dal punto di applicazione del segmento orientato. Per questo motivo, si suole dire che una forza è caratterizzata completamente se è assegnato un vettore r F e il suo punto di applicazione P: r forza → ( F , P) I diagrammi nei quali vengono riportati i vettori forza agenti su un corpo si chiamano diagrammi di corpo libero. In base alle osservazioni precedenti, nei diagrammi di corpo libero per piccoli oggetti non è importante considerare il punto di applicazione; spesso i vettori forza sono disegnati come applicati tutti allo stesso punto, ad esempio il centro. Una importante conseguenza di questa approssimazione è che non sarà possibile discutere le possibili rotazioni del corpo come effetto delle forze applicate. I legge della dinamica: enunciato di Galileo (principio di inerzia) L’enunciato classico del principio di inerzia afferma che: Un corpo permane nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme finché su di esso non agiscono forze. Tuttavia, in natura è impossibile trovare condizioni nelle quali la forza su un punto materiale sia nulla. Il principio di inerzia vale però anche per i punti sui quali agiscano più forze, a condizione che la risultante sia nulla. In conclusione, il I principio stabilisce (su base sperimentale) una relazione biunivoca: se e solo se la risultante delle forze agenti su un punto materiale è nulla, l’accelerazione del punto è nulla. r F= r r r ∑ F =F +F i i 1 2 + ... = 0 r ←→ a = 0 Relatività del moto Il reale contenuto del principio di inerzia può essere apprezzato solo tenendo conto del fatto che il moto è un concetto relativo: ci si muove sempre “rispetto a” qualcosa. In fisica, si intende generalmente che il moto sia descritto “rispetto a” un certo sistema di riferimento. In linea di principio possiamo pensare a un numero illimitato di sistemi di riferimento. Alcuni saranno fermi l’uno rispetto all’altro. Questi sistemi, che differiscono solo per una traslazione dell’origine e per una rotazione degli assi, sono sicuramente tutti equivalenti. Poi ci sono i sistemi che si muovono gli uni rispetto agli altri. Evidentemente, le grandezze cinematiche (velocità, accelerazione) che caratterizzano il punto P potranno avere valori diversi a seconda del riferimento scelto. Il problema della relatività classica (di Galileo) è trovare come questi valori sono collegati tra di loro. A questo scopo, si consideri una situazione semplificata. 1. Il primo sistema di riferimento Oxy, che sarà chiamato “sistema di laboratorio” sia fisso rispetto al suolo. 2. Il secondo sistema, che sarà indicato come O’x’y’, si muova di moto traslatorio rispetto al laboratorio.Nel moto traslatorio, gli assi corrispondenti si mantengono sempre paralleli gli uni agli altri. Si sta escludendo dunque la possibilità, importante ma più difficile da trattare, che il riferimento O’x’y’ sia in rotazione rispetto a Oxy. Si può immaginare, per fissare le idee, una situazione realistica come quella proposta da Galileo. Il “laboratorio” Oxy è il sistema di riferimento solidale alla Terra; il secondo sistema O’x’y’ è una nave in movimento; il punto P un insetto che vola nella cabina della nave. Convenzionalmente, si associa a ciascun sistema di riferimento un “osservatore” collocato nell’origine; si dirà perciò che l’osservatore O si trova nell’origine O del riferimento Oxy, ecc. Allo stesso moto, dunque, l’osservatore O e l’osservatore O’ assegneranno distinte leggi orarie r r r r r r r r ( r = r (t ) e r ' = r ' (t ) ), diverse velocità ( v e v' ), diverse accelerazioni ( a e a' ). Tuttavia, è facile trovare la relazione che esiste tra le diverse descrizioni usando le trasformazioni galileiane tra sistemi di riferimento in moto relativo. Dalla figura si evince la relazione geometrica r r r r = rO' + r ' . Derivando rispetto al tempo ambo i membri dell’equazione e usando le definizioni date a sinistra, si ottengono i risultati elencati a destra2: r r r r = rO' + r ' r r r r r dr ' dr r dr ; v O' = O' ; v' = v = dt dt dt r r r r r dv' r dv dv O ' ; a O' = ; a' = a = dt dt dt ⇒ r r r r = rO' + r ' r r r v = vO' + v' r r r a = a O' + a' Limiti di validità della relatività galileiana; cenni alla relatività ristretta di Einstein Implicitamente, nel calcolo sopra riportato si suppone che gli intervalli di tempo misurati da O e da O’ abbiano la stessa durata (cioè, O e O’ concordano sul valore dell’intervallo di tempo tra due dati eventi). In realtà, ciò non è vero, come dimostrato da Einstein all’inizio del secolo scorso. I risultati della relatività galileiane sono perciò approssimati. Si può dimostrare che gli errori sono trascurabili finchè tutte le velocità in gioco siano molto minori della velocità della luce nel vuoto ( co = 3 × 108 m s-1 ). Consideriamo un problema unidimensionale. La relatività di Galileo afferma che vale la regola di somma delle velocità: v = vo’ + v’ A velocità elevate, Einstein mostrò che invece: v= v o' + v' v v' 1 + o'2 c Questa regola porta a un risultato non molto intuitivo, ma corretto: se v’ = c , anche v = c ! Effettivamente, la velocità della luce è una costante universale e il suo valore non cambia mai, neppure passando da un riferimento a un altro che si muova rispetto al primo. 2 r r r con i simboli rO' , v O' , a O' sono indicate la posizione, velocità e accelerazione di O’ come viste da O. Un’applicazione della relatività di Galileo: moto di un oggetto in caduta libera Supponiamo che O’x’y’ sia un vagone che si muove a velocità costante rispetto al sistema di r laboratorio Oxy. Allora la velocità del vagone è v O' e, se all’istante t = 0 il vagone si trova in O, la sua legge oraria è: r r rO' = vO' t r Per semplicità, supporremo che v O' sia orizzontale, e che cioè vO’x = vO’ ; vO’y = 0 Supponiamo ora che il punto P cada liberamente in O’. Per esempio uno sperimentatore, che fino r all’istante t = 0 reggeva in mano P nella posizione r ' (0) = 0 , lo lascia cadere senza imprimere alcuna spinta. Lo sperimentatore in O’ assegnerà a P la legge oraria di caduta dei gravi: r 1r 2 r' = g t 2 che corrisponde alla traiettoria verticale in rosso in figura. Al tempo stesso, uno sperimentatore in O registra la legge oraria di P in modo diverso. In base r r all’equazione della relatività, egli troverà la legge oraria r = r (t ) data dalla relazione: r r r r = rO' + r ' da cui, sostituendo, si ha: r r 1r r = v O' t + g t 2 2 Alcune osservazioni: a) Sia in O che in O’, il moto è uniformemente accelerato (le leggi orarie sono polinomi di II r grado), e le accelerazioni sono uguali e pari a g . Questo è ragionevole, perché O’ si muove r r rispetto a O con velocità costante, e quindi, secondo la teoria, si deve avere a = a ' b) La traiettoria vista da O è una parabola. Questo si vede proiettando la legge oraria sugli assi: r r 1r r = v O' t + g t 2 2 x = v O' t 1 2 y = − g t 2 ed eliminando t tra le due equazioni: y=− c) g 2vO2 ' x2 La legge oraria in O è proprio quella di un proiettile che venisse lanciato con velocità orizzontale vO’x . Con le parole di Galileo, allora, diremmo che la traiettoria di un tale proiettile si ottiene con una “composizione di due moti”, uno rettilineo uniforme sull’asse x, l’altro rettilineo uniformemente accelerato (verso il basso) sull’asse y. x' (m) 0.0 0.5 1.0 r rO' 0 -20 r r' 0 -10 r r -20 -30 -30 -40 -40 -50 y' (m) y (m) -10 1.5 -50 0.0 0.5 1.0 1.5 x (m) Il grafico riporta in nero le coordinate x y del punto P, come viste in O, e in blu le coordinate xO’, yO’. Le coordinate x’ y’ di P, come viste in O’, sono riportate in rosso (e riferite agli assi con etichette in rosso). E’ stato posto vO’ = 0.5 m s-1; i punti sono segnati a intervalli ∆t = 0.02 s. r r r Le frecce indicano, a titolo di esempio, i vettori r , rO' , r ' all’istante t = 0.5 s, dimostrando graficamente la regola di somma, e mostrando come il moto di P in O possa essere visto come composizione di 2 moti. Sistemi inerziali In base alle trasformazioni di Galileo, si nota come non tutti gli osservatori siano d’accordo nel r r r r r valutare l’accelerazione di un punto materiale. In generale, infatti, a = a O' + a' → a ≠ a' Una conseguenza importante di questa circostanza è che il principio di inerzia non vale in tutti i sistemi di riferimento, ma solo in sistemi di riferimento particolari, detti sistemi inerziali. Un sistema adatto è il cosiddetto sistema di laboratorio, cioè un sistema con assi solidali al suolo terrestre. In alcuni esperimenti (pendolo di Foucault, etc.) si notano tuttavia gli effetti della rotazione della terra. In questi casi si può ricorrere ai sistemi di riferimento astronomici: a) centro nel centro della Terra, assi rivolti verso le stelle fisse; b) centro nel centro del Sole, assi rivolti verso le stelle fisse. Nessuno di questi riferimenti è “perfetto”. La relatività generale di Einstein ha provato che non esistono riferimenti perfetti, ma solo riferimenti più o meno adatti a descrivere determinati esperimenti. Nel corso di Fisica Generale si adotteranno comunemente, a seconda dei casi, i tre riferimenti citati. Altri sistemi inerziali Dato un sistema inerziale (ad esempio il sistema di laboratorio) se ne possono costruire infiniti altri. Infatti, tutti i sistemi che si muovono di moto traslatorio, a velocità costante, rispetto a un sistema inerziale dato, sono inerziali. r Per dimostrarlo, supponiamo che il sistema Oxy sia inerziale, e che v O' = cost. r Allora, a O' = 0 e le equazioni della relatività di Galileo diventano: r r r r = rO' + r ' r r r v = v O ' + v' ar = ar ' Pertanto, l’accelerazione del punto P ha lo stesso valore in O e in O’. In particolare, se non agiscono r forze, O affermerà che l’accelerazione a è nulla; ma allora, anche O’ concorderà affermando che r a ' è nulla, e dunque varrà anche per O’ la legge di inerzia: il punto P, in assenza di forze, non subirà accelerazioni e dunque permarrà nel suo stato di moto rettilineo uniforme. Si noti che O e O’ non concordano invece sulla valutazione della velocità del punto P. II principio della dinamica e definizione di massa inerziale Il primo principio spiega cosa accade se su un punto materiale non agisce alcuna forza. Il secondo risponde invece alla domanda: cosa accade invece, se la forza è diversa da zero? Su base sperimentale, Newton mostrò che: se su un punto materiale agisce una forza, esso subisce un’accelerazione proporzionale alla forza applicata, e di pari direzione e verso. L’equazione che condensa queste affermazioni è la seconda legge di Newton: r r F=ma r In questa equazione, F è la risultante delle forze agenti sul punto materiale: r F= r r r ∑ F =F +F i 1 2 + ... i Il coefficiente m è detto massa inerziale del punto materiale. Per comprendere il significato fisico di m, si consideri la seguente situazione. Sullo stesso punto materiale, in esperimenti successivi, sono applicate forze diverse e si misura l’accelerazione impressa. Risulterà che modulo della forza e dell’accelerazione sono direttamente proporzionali; il coefficiente di proporzionalità è la massa inerziale m. Ripetendo le osservazioni con un diverso oggetto, si troverà un diverso valore per il coefficiente di proporzionalità. Se ne deduce che la massa inerziale è una proprietà caratteristica di ciascun corpo. Unità di misura della massa e della forza Nel SI, l’unità di misura della massa è il kilogrammo: [m] = kg L’unità di misura della forza è derivata; dall’equazione F=ma si ottiene l’equazione dimensionale [F] = [m] [a] da cui: [F] = kg m s-2 In un simbolo compatto, l’unità è indicata col simbolo N (Newton): kg m s-2 = N Sistemi non inerziali In un sistema non inerziale non vale il principio di inerzia. Anche la seconda legge di Newton va corretta come segue. r r L’equazione che lega le accelerazioni a , a ' è: r r r a = a O' + a ' r r Moltiplicando ambo i membri per m, e tenendo conto del fatto che F = m a , si ha: r r r F = m a O' + m a ' r Allora l’osservatore O’ , valutando a sua volta il prodotto m a ' , troverà: r r r m a ' = F − m a O' r r Dunque per O’ non agisce solo la forza F , ma anche la forza − m a O' . Non esistendo una causa r esterna per tale forza, O’ dirà che − m a O' è una forza apparente. Si supponga che il punto P non sia soggetto all’azione di alcuna forza reale. Allora, O’ scriverà l’equazione del moto: r r m a ' = − m a O' da cui r r a' = − a O' Quindi il punto materiale appare a O’ in moto accelerato, con un’accelerazione pari proprio a quella del sistema non inerziale, ma cambiata di segno. Inoltre, tutti i punti materiali su cui non agiscono forze esterne appariranno in O’ soggetti alla stessa accelerazione. Questo è un elemento caratteristico delle forze apparenti. III legge della dinamica. Principio di azione e reazione Il terzo principio della dinamica dà due prescrizioni distinte ed indipendenti per le leggi di forza: r a) se il corpo 1 esercita una forza F12 sul corpo 2, allora il corpo 2 esercita una forza sul corpo 1 r r uguale e opposta : F12 = − F21 ; cioè, le forze hanno stesso modulo, uguale direzione e verso opposto; r r b) Le forze F12 , F21 giacciono sulla stessa retta di applicazione. r F21 r F12 Permesso (forze attrattive) 2 1 r F21 r F12 Permesso (forze repulsive) 2 1 r F21 r F12 1 2 Vietato (le forze non giacciono sulla stessa retta di applicazione, pur essendo i vettori uguali e opposti). Commenti sul III principio della dinamica Limiti della legge di azione e reazione. Il terzo principio è correttamente verificato da molte leggi di forza; esistono però importanti eccezioni, tra le quali la forza magnetica. Il problema è che la formulazione del terzo principio in termini di azione e reazione è basata sulla concezione di azione a distanza, introdotta da Newton, ma inadatta a descrivere alcuni tipi di forza, tra i quali le forze elettromagnetiche. La descrizione moderna di interazione è data invece in termini di campi (campo gravitazionale, elettrico, magnetico, ecc.). Per tenere conto dell’esistenza dei campi è necessario modificare l’enunciato del terzo principio. In pratica, esso è sostituito dalle leggi di conservazione della quantità di moto e del momento angolare. Nelle applicazioni della meccanica classica (inclusi i problemi di gravitazione universale), la legge di azione e reazione è equivalente ai principi di conservazione della quantità di moto e del momento angolare. Risultante delle forze e principio di azione e reazione. rA titolo di esempio, consideriamo due corpi a contatto. Se il corpo 1 spinge il corpo 2 con la forza F , il corpo 2 respinge il corpo 1 con la forza r r F' = − F . Attenzione a non fare confusione:r r a) la somma delle due forze F , F' è nulla, visto che si tratta di vettori uguali e opposti: r r F + F' = 0 r r b) tale somma non rappresenta la risultante delle forze applicate a un corpo: F e F' sono applicate a due corpi distinti! Naturalmente i due corpi possono avere accelerazioni diverse r r da zero, sebbene F + F' = 0 , come ad esempio nel caso in cui l’uno rimbalzi sull’altro.