I vulcani sottomarini attivi in Italia

SCIENZE
I vulcani
sottomarini
attivi in Italia
Palermo. Scoperta dall’Istituto di genetica vegetale del Cnr
Quella pianta preistorica vive
in pochi metri da migliaia d’anni
Zelkova sicula
rara e ha origini antichissime. La
Zelkova, questo è il nome scientifico
della pianta, appartiene infatti a un
genere relitto della flora forestale del Terziario, che si è estinto in tutta Europa in seguito
alle glaciazioni del Quaternario. Due elementi
in grado di far comprendere perfettamente
l’importanza della scoperta, da parte di Giuseppe Garfì, della sezione di Palermo dell’Istituto di genetica vegetale (Igv) del Cnr, nell’area dei monti Iblei (Sicilia sud-orientale), di
alcuni esemplari di questa specie, nuova per la
scienza, e descritta come Zelkova sicula. “Si
tratta di un evento eccezionale, soprattutto in
un contesto in cui l’estinzione di innumerevoli
entità floro-faunistiche e i problemi della
conservazione della biodiversità sono diventati un fatto pressante”, commenta Francesco
Carimi dell’Igv-Cnr.
L’INTERA POPOLAZIONE DI ZELKOVA
(230 individui) è concentrata su una superficie
estremamente ridotta (circa 200 x 15 m), che
si sviluppa lungo un piccolo impluvio, una
“nicchia di rifugio” che offre una disponibilità
idrica in grado di compensare, seppure parzialmente, il deficit di umidità climatica. Allo
stato attuale, inoltre, i frutti sono risultati
sterili e la capacità riproduttiva di queste
piante sembra affidata unicamente all’emissione di polloni caulinari (rami che si formano
dal fusto) e, soprattutto, radicali (rami che si
formano
dalle
radici).
“La presenza di questa specie relitta in un’unica zona molto circoscritta e il delicato equilibrio che caratterizza il suo attuale habitat -
È
spiega Carimi - rendono indispensabile assicurarne la sopravvivenza e migliorarne le prospettive di conservazione. Per questo l’IgvCnr ha messo a punto, con il patrocinio del
ministero dell’Ambiente e la collaborazione di
Legambiente, un progetto di recupero della
Zelkova sicula collegato alla campagna della
Iucn “Countdown 2010”, finalizzata alla riduzione significativa della perdita di biodiversità
entro il 2010, e che passa attraverso fasi ben
definite: censimento dell’intera popolazione;
conservazione dell’habitat attuale e restauro
ambientale; studio della struttura genetica
della popolazione sopravvissuta attraverso
l’analisi del Dna; produzione di materiali di
moltiplicazione (talee autoradicate); diffusione
della specie in riserve gestite da Legambiente;
realizzazione di un campo collezione presso
un sito dell’Igv-Cnr; infine, campagne di
educazione e sensibilizzazione”.
NELL’AMBITO DELLE INIZIATIVE per la
conservazione della biodiversità, l’intervento
attuato per la Zelkova si inserisce pienamente
nelle attività specifiche dell’Istituto del Cnr
che, sempre nello stesso territorio, ha appena
concluso il progetto “Valutazione e conservazione della variabilità del germoplasma forestale in Sicilia”, che la sezione di Firenze
dell’Igv-Cnr ha intrapreso con l’Azienda
Foreste Demaniali dell’Isola allo scopo di
salvaguardare le specie forestali, con particolare riferimento a quelle endemiche e relitte.
“La nostra ricerca - spiega Anna De Carlo
dell’Igv-Cnr di Firenze - ha fornito un’ampia
integrazione di informazioni sulla caratterizzazione strutturale del soprassuolo, sulla tipologia vegetazionale e sulla caratterizzazione
genetica delle specie presenti nelle aree gestite
all’Azienda Forestale sicula e ha evidenziato
una diversità genetica molto elevata in tutte le
specie esaminate, mostrando anche che alcune
popolazioni sono un residuo di quelle ancestrali presenti durante il Terziaro. I risultati
ottenuti sottolineano dunque la necessità di
potenziare gli sforzi per la conservazione e la
protezione di questa area, importante bacino di
biodiversità”.
Tra le specie studiate nel corso del progetto,
oltre alla Zelkova sicula, l’ Abies nebrodensis
e la Betula aetnensis, il Taxus baccata, la
Quercus petraea, e il Pinus pinaster di Pantelleria.
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Rita Buglioli www.cnr.it
6 - n. 21 Venerdì 1 Giugno 2007
U
n vulcano viene classificato attivo se
a memoria d’uomo è stato sede di
eruzioni. Questo criterio di distinzione, apparentemente semplice e chiaro, in
verità è di delicata applicazione e presenta
nell’uso pratico ampie zone grigie. Alcuni
esempi. Il vulcano Santorini entrò in attività,
in epoca minoica, dopo una quiescenza durata
15.000 anni. Applicando il criterio distintivo
avanti ricordato, Santorini sarebbe stato considerato, al momento della sua eruzione (una
delle più violente della storia) un vulcano
spento, inattivo. In Italia la memoria collettiva
inizia dall’arrivo dei primi coloni greci e
comprende, quindi, un periodo lungo circa
3.000 anni. Dall’altra parte del mondo, in
Oceania, alcune zone vulcaniche sono state
raggiunte dalla “storia” solo alcuni secoli fa e
solo da quel momento le eruzioni sono entrate
nella nostra memoria.
Fatte queste premesse, passiamo a considerare
i vulcani attivi sottomarini italiani procedendo
da nord verso sud. Saranno contrassegnate con
il punto interrogativo (?) le attività per le quali
esistono solo indicazioni e segnalazioni mai,
però, controllate e documentate. Marsili.
Grande e profondo edificio, ubicato nel centro
della piana abissale tirrenica. Palinuro. Tra le
Eolie e Capo Palinuro, emerso in epoca glaciale, sede di bocche esalative in vivace attività. Sconquasso (?). I pescatori locali così
chiamano una ristretta area posta tra Lipari e
Salina (isole Eolie), dove sarebbe avvenuta
attività vulcanica. Ferdinandea. Nel Canale
di Sicilia a sud-ovest di Sciacca, entrato in
attività nel 1831. L’eruzione creò un’isola
effimera che, cessata l’alimentazione vulcanica, il mare smantellò nell’arco di pochi mesi.
Per estensione deve essere considerata attiva
la vasta struttura vulcanica basale (20x30 km)
su cui è impiantato il vulcano Ferdinandea ed
alla quale, in via preliminare, è stato attribuito
il nome di Empedocle. Foerstner. Eruzione
sottomarina che nel 1891 prese posto sulla
base sommersa dell’isola di Pantelleria, costruendo un edificio vulcanico la cui sommità
non riuscì ad emergere dal mare per più di
qualche ora. Sempre nel Canale di Sicilia
esistono ripetute segnalazioni di eruzioni
sottomarine, riportate anche dalla letteratura
scientifica italiana e internazionale. La effettiva esistenza di queste attività non ha però mai
ricevuto conferma e documentazione. Tali
eruzioni sono state segnalate nel mare poche
miglia a sud-ovest di Agrigento (?) e a largo
di Malta (?), verso nord-ovest .
Gianni Lanzafame www.ingv.it
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