Tenuta di strada, aderenza delle ruote e l`attrito

Università di Udine - Unità di Ricerca in Didattica della Fisica
Fisica ed Educazione Stradale - Tenuta di strada, aderenza delle ruote e l’attrito
Tenuta di strada, aderenza delle ruote e l’attrito
Alberto Stefanel
Introduzione.
Situazioni di contesto. Se si prova a far muovere un’auto che è finita su un terreno sabbioso
accelerando troppo violentemente spesso succede che le ruote motrici sprofondino nella sabbia,
non producendo alcuno spostamento netto dell’automobile. Se un’auto è posta sul ghiaccio le
ruote non solo tenderanno a slittare in accelerazione, ma anche in curva. Quando un’auto che
viaggia a velocità sostenuta finisce in una pozzanghera può succedere che cominci a planare
sull’acqua essendo soggetta al così detto acqua planning.
Questi sono esempi, di situazioni particolari in cui le ruote perdono aderenza.
Ci si può chiedere:
-
perché avviene questa perdita di aderenza, nei diversi casi?
-
perché ordinariamente tale perdita di aderenza non si ha?
-
ovvero, da quali parametri dipende l’aderenza di un’auto, o di un veicolo in generale
Indicazione operativa per un’attività in classe: raccogliere le risposte dei bambini, raccogliere le
domande dei bambini. Costruire semplici esperimenti per dare risposta operativa alle domande
Per rispondere alle domande precedenti si deve considerare che le ruote di un’auto o di una
bicicletta devono avere una buona aderenza sulla strada per almeno due motivi:
-
non devono slittare all’indietro, per consentire ad esempio di effettuare un’efficace
accelerazione
-
non devono slittare lateralmente, per poter ad esempio effettuare una curva.
Accanto a queste esigenze di aderenza è necessario che le ruote di un’auto offrano una piccola
resistenza al rotolamento.
Che cosa rende efficace l’aderenza? Un alto attrito allo strisciamento
Che cosa rende facile il rotolamento? Un basso attrito al rotolamento
Tali esigenze, apparentemente incompatibili, si possono comprendere esplorando i diversi tipi di
attrito.
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I tipi di attrito e i modi con cui li si può riconoscere.
Si riconoscono in generale tre tipi di attrito:
-
l’attrito radente o di strisciamento, che si manifesta all’interfaccia di due sistemi a contatto
fra loro che strisciano l’uno sull’altro
-
l’attrito volvente o di rotolamento, che si ha quando ad esempio un oggetto circolare come
una ruota o un cilindro, o sferico come una sfera o una palla, rotola su un’altra superficie
-
l’attrito viscoso, che si ha quando un oggetto si sposta all’interno di un fluido
Attività 1. Riconoscere i diversi tipi di attrito.
Una prima attività ha come obiettivo il riconoscimento e l’identificazione dei tre diversi tipi di attrito.
Per questo obiettivo si possono proporre alcune semplici osservazioni sperimentali.
A) Esperimento A1. Una cassa, un armadio, un banco sono fermi sul pavimento. Si spinge
ciascun oggetto in modo da farlo muovere. Si riconosce che è necessario applicare una
forza per far muovere l’oggetto.
Esperimento A2. Si ripete l’esperimento ponendo un panno sotto all’oggetto. Si confrontano
le forze applicate nei due casi e si riconosce che nel secondo caso la forza applicata è
decisamente più piccola.
Domande guida. Quando la cassa è stata messa in movimento: Per spostare la cassa hai
fatto forza su di essa? In quale direzione? Il pavimento ha fatto forza sulla cassa? In quale
direzione? Come possiamo chiamare questa forza? Come facciamo per farla diventare più
piccola?
Quando la cassa scivola sul panno: Per spostare la cassa hai fatto forza su di essa? In
quale direzione? Il pavimento fa forza sulla cassa/sul panno? Confronta la forza fatta sulla
cassa, quando è appoggiata direttamente sul pavimento, quando è appoggiata sopra al
panno: hanno la stessa intensità? Come te lo spieghi?
Obiettivo d’apprendimento. Il pavimento esercita su uno degli oggetti appoggiati una forza
verso l’alto uguale per intensità al peso dell’oggetto stesso appoggiato, in modo tale che la
somma del peso e della forza esercitata dal tavolo sia uguale a 0. Per spostare uno di
questi oggetti facendolo strisciare sul tavolo si deve applicare una forza. Tale forza deve
essere appena superiore alla forza che agisce in senso contrario al verso del moto
dell’oggetto rispetto al pavimento. La forza esercitata dal pavimento in direzione orizzontale
e che ostacola il moto della cassa è quella che prende il nome di forza d’attrito radente o di
strisciamento. Con il panno appoggiato sotto all’oggetto si riconosce che tale forza è dovuta
al tipo di interfaccia oggetto-pavimento: in tale caso la forza da applicare è decisamente (e
percettivamente) inferiore a quella applicata in precedenza; di conseguenza anche la forza
d’attrito esercitata dal pavimento sull’oggetto è inferiore.
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Nodo: uguaglianza delle forze agenti sull’oggetti sia all’equilibrio statico, sia in condizioni
dinamiche (nel moto uniforme). La forza sperimentata è uguale alla forza d’attrito.
B) Esperimento B1. Un semplice esperimento che permette di evidenziare l’attrito viscoso
consiste nel far cadere una stessa pallina d’acciaio o palline uguali all’interno di liquidi
diversi (acqua, olio, alcool, glicerina) contenuti in cilindri (uguali) graduati. Dalla misura del
tempo in cui la pallina raggiunge il fondo del cilindro se ne ricava la velocità di caduta e la si
può correlare al tipo di materiale ovvero alla sua viscosità.
Esperimento B2. Un esperimento aggiuntivo consiste nel trainare una barchetta all’interno
di una vaschetta piena d’acqua.
Esperimento B3. Un terzo esperimento consisterebbe nel cambiare la dimensione degli
oggetti che si muovono nel fluido.
Domande guida: Chi fa cadere la pallina? Il fluido (l’acqua, l’olio…) fa forza sulla pallina? È
uguale per i diversi liquidi? Come lo si può riconoscere? La pallina all’interno del liquido
cade nello stesso modo che in aria? La velocità della pallina che si muove in aria cambia?
Come? La velocità della pallina in acqua cambia? Come? Con che tipo di moto si muove la
pallina in aria e con che tipo di moto si muove nei diversi liquidi? Come lo si può spiegare?
Traini la barchetta a velocità costanti, ma diverse: devi applicare la stessa forza? Quali è
maggiore? Come te lo spieghi?
Esperimento B5. Se si muove rapidamente un foglio di carta tenuto in mano esso si piega
nel verso opposto al moto. Se si irrigidisce il foglio (piegandolo leggermente in senso
longitudinale) e si ripete l’esperimento si può percepire chiaramente la resistenza offerta
dall’aria. Tale esperimento può essere ripetuto con un cartoncino, ovvero con la mano fuori
dal finestrino quando si viaggia in auto. Se si aumenta la velocità aumenta anche la
resistenza dell’aria.
Analoghe prove si possono fare con la mano mossa in acqua, ovvero muovendo
rapidamente un bastoncino immerso nell’acqua, ovvero trascinando una barchetta che
galleggia su una superficie d’acqua.
Quando un corpo si muove in un fluido subisce una forza che è tanto maggiore quanto più
è grande la superficie del corpo in direzione trasversale rispetto al moto e tanto maggiore è
la velocità dell’oggetto rispetto al fluido..
Obiettivo d’apprendimento. Un oggetto che si muove all’interno di un fluido (come lo sono
l’aria dell’atmosfera o l’acqua) subisce una forza opposta al moto relativo rispetto al fluido
stesso. La forza esercitata dal fluido sull’oggetto in moto si chiama forza d’attrito viscoso.
Tale forza dipende dal mezzo (è diversa per esempio in acqua e in olio) e dalla velocità
dell’oggetto stesso. Se si propone anche il moto di oggetti di dimensioni diverse si può
riconoscere che essa dipende anche dalle dimensioni del sistema in moto.
Nodo. Come nel caso precedente, si deve riconoscere che il moto uniforme delle palline è
determinato dalla risultante nulla della forza peso e della forza di attrito viscono.
C) Esperimento C1. Se spingo l’armadio nella parte più alta può accadere che l’armadio,
invece di scivolare, cominci a ruotare intorno allo spigolo della base d’appoggio più lontana
rispetto a dove si sta spingendo. La forza da applicare in questo caso risulta in generale
decisamente più piccola di quella necessaria per far strisciare l’armadio sul pavimento.
Obiettivo d’apprendimento. L’armadio non striscia, appoggiato su tutta la base d’appoggio,
ma ruota intorno allo spigolo di base che resta fermo. L’appoggio su un solo asse è quello
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che si realizza nel rotolamento di un cilindro su un piano. Ad ogni istante il cilindro ruota
intorno alla retta di appoggio. In una sfera l’appoggio è su un punto, intorno a cui avviene la
rotazione istantanea della sfera stessa.
L’attrito che si manifesta nella rotazione, o più precisamente nel rotolamento, si chiama
attrito volvente o di rotolamento.
Domande di verifica. Quali tipi di attrito conosci? Porta un paio di esempi per ciascuno di essi. Che
cosa hanno in comune? Che cosa caratterizza ciascuno di essi? Come li si può distinguere? Fai
alcuni esempi della vita quotidiana (almeno 3) in cui si evidenzi che è importante/utile la presenza
dell’attrito. Fai alcuni esempi della vita quotidiana (almeno 3) in cui si cerca di ridurre al minimo tale
attrito.
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Le diverse forme d’attrito e il moto dell’auto.
I diversi tipi d’attrito sono sempre presenti nel movimento di un’auto. L’attrito viscoso è la causa
principale del rallentamento di un’auto quando si stacca il pedale dall’acceleratore. Per far sì che
un’auto avanzi a velocità costante è necessario che su di essa agisca una forza uguale e
contraria alla somma delle forze d’attrito che tendono a frenare l’auto stessa. Queste sono
essenzialmente tutte di tipo viscoso o volvente. Tutte le parti striscianti sono lubrificate proprio per
far sì che l’attrito tra esse sia di tipi viscoso e non radente. A velocità relativamente elevate le forze
d’attrito volvente agente sulle ruote (e su tutte le parti ruotanti dell’auto) sono decisamente inferiori
rispetto a quelle di attrito viscoso dovute all’aria.
L’attrito radente è rilevante e in generale si cerca di fare in modo che sia maggiore possibile, per
quello che riguarda soprattutto l’avanzamento di una macchina e la sua stabilità sull’asfalto. In altre
parole si deve fare in modo che sia alto l’attrito radente agente all’interfaccia ruote-asfalto in modo
che le ruote stesse non slittino sull’asfalto né nella direzione del moto, né in direzione trasversale
ad esso.
Per garantire una buona aderenza delle ruote è necessario che su di esse venga esercitata, la più
alta forza d’attrito radente possibile. Questo garantisce sia stabilità allo slittamento laterale, sia un
buon rotolamento in avanti. L’avanzamento per rotolamento garantisce che la forza complessiva
(d’attrito) all’interfaccia asfalto-ruote, che agisce nel verso opposto al moto, sia la più piccola
possibile.
Per il buon funzionamento di un’auto è quindi importante rendere massimo possibile l’attrito
radente e ridurre al minimo l’attrito volvente e quello viscoso. Dato che questo ha rilevanza per la
sicurezza stradale è importante in particolare approfondire da che cosa dipendono le forze d’attrito
e in particolare quelle d’attrito radente e volvente.
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L’attrito radente o di strisciamento.
Per introdurre l’attrito radente nel caso di una ruota da bicicletta, la situazione più semplice da
studiare è quella del trascinamento della ruota lateralmente, come illustrato in figura. Il misuratore
di forza viene applicato alla base della ruota. La ruota viene prima mantenuta verticale, poi viene
trainata inclinandola nel verso opposto a moto.
In figura è riportato il grafico della
forza esercitata dal sensore nel
tempo. Si evidenzia che la forza
d’attrito cresce fino a un valore
massimo quando la ruota è
ancora ferma, mentre decresce
quando la ruota è già in moto e
viene mantenuta in moto.
La
forza
d’attrito
dinamico
(quando la ruota si muove rispetto
al piano del tavolo) è minore della
forza d’attrito statico al distacco
(quando la ruota comincia a
muoversi).
Quando una macchina per un qualche motivo perde aderenza la forza d’attrito agente su di essa
decresce bruscamente. Tale cambiamento si ha anche quando l’auto si ferma. Questo
contribuisce alla difficoltà nel riprendere in mano il controllo del veicolo quando ha cominciato a
slittare.
La tenuta della ruota in curva è dovuta all’attrito radente statico: infatti la ruota normalmente non
scivola in direzione radiale, altrimenti l’auto non descrive la curva, ovvero esce di strada.
Come emerge facilmente con il secondo esperimento tale attrito dipende da quale parte della
ruota tocca il piano d’appoggio.
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In figura è riportato il grafico della
forza misurata dal sensore
quando la ruota viene trascinata
tenendola inclinata.
Nel caso della ruota da bicicletta
utilizzata, come illustrato nei
grafici riportati e in particolare nel
successivo dove viene fatto il
confronto della forza di traino con
la ruota verticale (linea rossa) e la
ruota inclinata (linea blu), la forza
necessaria per far muovere la
ruota (che è uguale alla forza d’attrito esercitata sulla ruota al distacco – ovvero subito prima che
inizi il movimento) è maggiore con la ruota verticale rispetto al caso della ruota inclinata.
Questo dovrebbe comportare
una minore aderenza della ruota
in curva. Tuttavia c’è da
considera che quando si va in
bicicletta e si effettua una curva
si ha una compressione della
ruota stessa e quindi un
aumento della forza premente:
questo determina anche un
aumento della forza d’attrito
esercitata sulla ruota e quindi
una migliore aderenza.
L’aumento della forza d’attrito in conseguenza dell’aumento della forza esercitata sulla ruota da
parte della superficie d’appoggio è una delle caratteristiche sia dell’attrito radente sia di quello
volvente, come è facile verificare qualitativamente con la ruota da bicicletta.
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Un dinamometro auto costruito
Come misuratore di forza si può utilizzare un
dinamometro auto costruito con: un righello, un
elastico, un gancio e un po’ di filo.
Si taglia l’elastico in modo da renderlo lineare. Si
fissa un capo dell’elastico a un estremo del righello.
All’altra estremità dell’elastico si attacca un gancio
(una vite a gancio), a cui viene poi agganciata la
funicella di traino.
Tale strumento può essere utilizzato anche per
effettuare gli esperimenti con la ruota da bicicletta.
Il dinamometro ad elastico ha i seguenti vantaggi: è costruito con materiali facilmente reperibili;
può essere costruito facilmente con sensibilità e portata molto differenti.
Tale dinamometro ha i seguenti svantaggi: può essere utilizzato solo in ristretti intervalli di forza, in
quanto l’intervallo di deformazioni in cui risponde in modo proporzionale alla sollecitazione è molto
limitato e se si esce da tale intervallo l’allungamento non è univocamente determinato dalla
sollecitazione, ma anche dalla storia precedente (fenomeno di isteresi); non ha lunghezza a riposo
ben definita e richiede una sollecitazione relativamente elevata perché cominci a deformarsi a in
particolare a deformarsi elasticamente; è soggetto facilmente ad usura. Più che i un dinamometro
si dovrebbe pertanto parlare di un dinamoscopio, ossia uno strumento in grado di rilevare una
forza ed eventualmente caratterizzarla qualitativamente, ma non propriamente di misurarla.
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Esplorare l’attrito radente di un’automobilina giocattolo sul piano del tavolo
Gli stessi esperimenti prima descritti possono essere ripetuti utilizzando un’automobilina giocattolo
al posto della ruota da bicicletta. Analogamente al posto del sensore di forza si può utilizzare il
dinamometro auto costruito descritto in precedenza.
Per studiare l’attrito radente si traina sul piano liscio la macchinina: longitudinalmente con le ruote
bloccate; trasversalmente, avendo cura di fissare la cordicella di traino in modo che la macchinina
resti trasversale e non
tenda
a
disporsi
longitudinalmente.
Si riconosce che la forza
d’attrito
misurata
nei
diversi casi è praticamente
la stessa.
Se si cambia la superficie
su cui è appoggiata la
macchinina
si
può
riconoscere la dipendenza
dell’attrito dai materiali di
cui sono composte le
superfici interfacciate.
Se si appesantisce la
macchinina, appoggiando
sopra di essa un pesetto,
si può riconoscere la
dipendenza della forza
d’attrito
dalla
forza
premente, ovvero dalla forza esercitata dal tavolo d’appoggio.
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Le grandezze da cui dipende l’attrito radente
Per caratterizzare la forza d’attrito radente è
conveniente effettuare l’esplorazione con un
blocchetto di legno a forma di parallelepipedo.
Il blocchetto appoggiato su un piano viene trainato a
velocità costante con un dinamometro (il sensore di
forza, il dinamometro a molla, il dinamometro auto
costruito).
1) Forza d’attrito ed estensione della superficie dì appoggio. Si traina il blocchetto
appoggiandolo su ciascuna delle tre superfici: Si misura con il dinamometro la forza F a
necessaria per metterlo in movimento a velocità costante.
Si riconosce che la forza Fa ha lo stesso valore per le tre facce.
Conclusione: La forza Fa al distacco è indipendente dall’estensione della superficie dì appoggio.
Nota. È necessario che il piano si cui è appoggiato il blocchetto sia sufficientemente piano e
regolare e che il blocchetto abbia le tre facce lavorate nelle stesso modo (preferibilmente
verniciate).
1B) Si può ottenere lo stesso risultato, effettuando l’esperimento con il blocchetto appoggiato su
un piano inclinato. Si aumenta l’inclinazione del piano registrando l’altezza al distacco. Se si ripete
l’esperimento cambiando la faccia appoggiata il distacco si ottiene sempre con lo stesso angolo.
2) Forza d’attrito e reazione vincolare.
Si traina il blocchetto prima da solo, poi appoggiandovi sopra un numero crescente di pesetti
da 50 g. Ogni volta si
misura la forza Fa
50 g
50 g
d’attrito al distacco. Se
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si costruisce un grafico dei valori di Fa in funzione del peso del blocchetto si trova una
correlazione lineare.
Conclusione: La forza necessaria per mettere in moto il blocchetto e quindi la forza d’attrito al
distacco dipende proporzionalmente dalla forza premente, ovvero dalla reazione vincolare
esercitata dal piano d’appoggio.
Se si ripete l’esperimento con il metodo del piano inclinato si ottiene sempre lo stesso valore
dell’angolo al distacco.
Si può riconoscere che l’attrito dipende dalla forza premente o meglio dalla reazione vincolare
e si sviluppa ortogonalmente ad essa spingendo un libro contro il muro. La forza che noi
esercitiamo sul libro è bilanciata dalla reazione del muro (infatti il libro non sfonda il muro). Il
libro non cade sotto l’azione della forza di gravità (il peso), che è verticale, in quanto ikl muro
esercita una forza in direzione verticale verso l’alto che è tanto maggiore tanto maggiore è la
forza di reazione del muro stesso.
3) Forza d’attrito e superficie. Si traina il blocchetto appoggiandolo sempre sulla stessa faccia
sopra a superfici piane di materiali diversi (si può effettuare l’esperimento anche trainando il
blocchetto
appoggiato su fogli
di materiali diversi:
carta,
plastica,
alluminio, gomma
…).
Conclusione: la forza d’attrito dipende dall’interfaccia dei sistemi a contatto.
L’esperimento può essere realizzato anche solo qualitativamente con il piano inclinato,
riconoscendo la correlazione tra inclinazione e coefficiente d’attrito che dipende dai
materiali inrefacciati.
4) Forza d’attrito e velocità. Si tiene in moto il blocchetto appoggiato sulla stessa superficie
piana muovendolo a velocità diverse. Quando la velocità è costante la forza per tenerlo in
moto è sempre la stessa.
L’esperimento può essere realizzato efficacemente con sensori di moto e forza.
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Il rotolamento e l’attrito volvente
Nell’approfondire le forze d’attrito nel contesto del
movimento di un veicolo, come si è detto, è
rilevante l’attrito volvente o di rotolamento. Si può
esplorare tale forma d’attrito utilizzando la ruota
da bicicletta e la macchinina come fatto nel caso
dell’attrito radente (figura destra).
Dato che l’intensità della forza d’attrito volvente è
di almeno un ordine di grandezza inferiore a
quella di attrito radente, è necessario disporre di
un dinamometro sufficientemente sensibile.
È possibile realizzare facilmente un dinamometro ad elastico auto costruito con la sensibilità
voluta, sebbene tali strumenti
Esperimento.
Con un misuratore di forza (un dinamometro a molla o un sensore di forza) si misura la forza
necessaria per metter in moto una ruota da bicicletta appoggiata su un piano liscio e rigico.
Si sorregge la ruota e la si mette in moto trainando la funicella con un dinamometro. La forza
rilevata nel tempo ha un andamento del tipo illustrato in figura.
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L’evoluzione temporale della forza misurata dal sensore nel trainare la ruota è rappresentata dalla
linea in rosso; La forza media agente sul sensore nell’intervallo 1,0-4,5 s, ossia nella fase in cui la
ruota si muove, è rappresentata dalla linea continua nera parallela all’asse del tempo.
Per mettere in moto la ruota è necessario applicare una forza sufficientemente grande, infatti tra
0,5 s e 1,0 s la ruota pur soggetta a una forza non si muove. Nella fase di moto la ruota si muove
a velocità costante. Le forze agenti su di essa danno somma complessiva nulla.
La forza esercitata dal dinamometro è uguale e contraria alla forza agente sul filo, ossia alla forza
agente sulla ruota da parte del filo (terza legge della dinamica – azione e reazione).
Dato che il moto della ruota è uniforme, la forza applicata dal filo è uguale e contraria alla forza
d’attrito volvente (Fa.volvente +Ffilo =0  Fa.volvente=- Ffilo). La misura della forza applicata dal sensore ci
fornisce una misura della forza esercitata dall’attrito volvente.
Tale forza è nulla quando la ruota non viene sollecitata, cresce fino a un valore massimo quando la
ruota comincia a muoversi si mantiene a un valore mediamente costante durante il moto.
Per mettere in moto la ruota è necessario applicare una forza almeno superiore a un valore
minimo, anche se molto piccola rispetto al peso della ruota e anche alla forza d’attrito radente che
si rileva nello strisciamento della ruota. Se si confronta la forza d’attrito volvente con la forza
d’attrito radente precedentemente misurata, si rileva che la forza d’attrito radente agente sulla
ruota ha un’intensità di 10-14 N, che è quasi due ordini di grandezza maggiore della forza rilevata
nel caso dell’attrito volvente (0.4-0.8 N).
Per comprendere da che cosa tale forza dipenda, ossia quale ne
sia l’origine, si può creare una situazione in cui l’attrito volvente
aumenta.
1) Per aumentare la forza d’attrito volvente si può sgonfiare
la gomma da bicicletta. Se si ripete l’esperimento
precedente si osserva che aumenta considerevolmente la
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forza minima necessaria per mettere in moto la ruota, ovvero la forza d’attrito volvente
agente sulla ruota stessa.
2) Si può osservare che la deformazione della ruota sul piano d’appoggio è asimmetrica
rispetto al piano verticale per il punto d’appoggio ortogonale alle ruota.
Nel particolare della foto riportata si può riconoscere una debole asimmetria nella
deformazione dei tubolari, più accentuata verso avanti.
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Ruota ferma: la deformazione della ruota è simmetrica rispetto alla verticale passante per il centro
della ruota; le forze agenti sulla ruota sono distribuite su tutta la superficie d’appoggio in modo
simmetrico e danno una risultante (freccia arancione) che è diretta verso il centro della ruota. Tale
risultante non produce alcun tipo di azione rotatoria sulla ruota, essa è uguale alla forza peso della
ruota (costituisce quella che comunemente si chiama reazione vincolare del piano.
Ruota in movimento: la deformazione del piano d’appoggio è asimmetrica rispetto alla verticale
passante per il centro della ruota e ortogonale ad essa. Produce una risultante di forze non passante
per il centro della ruota ma spostata in avanti rispetto ad esso nel verso del moto. La forza risultante
determinata dal piano d’appoggio produce un momento di forze che tende a rallentare il
rotolamento della ruota.
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Aumentiamo l’attrito volvente: il rotolamento sulla gommapiuma
Si può aumentare l’attrito volvente anche
appoggiamo la ruota su una tappeto di
gommapiuma (come illustrato in figura).
La ruota trainata quando è appoggiata sulla gommapiuma subisce una forza d’attrito volvente
tanto maggiore quanto maggiore.
Se si ripete la misura si possono confrontare le forze agenti sulla ruota quando essa è appoggiata
sul tavolo e quando è appoggiata sulla gommapiuma.
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In figura sono riportati i grafici di due misure: in rosso nel caso della ruota appoggiata sul tavolo; in
blu nel caso della ruota appoggiata sulla gommapiuma. La forza che è necessario applicare sulla
ruota per metterla e tenerla in moto è evidentemente maggiore.
Perché in questo caso la forza necessaria per mettere in moto la ruota aumenta?
Si confronta la deformazione della gommapiuma quando la ruota è ferma, quando la ruota è in
moto. La deformazione della gommapiuma è uguale o diversa nei due casi?
Si confronta la deformazione della ruota rispettivamente avanti ad essa e dietro ad essa.
Quando la ruota è ferma le due deformazioni sono uguali?
Quando la ruota avanza le deformazioni sono uguali?
La forza d’attrito volvente è dovuta alla diversa deformazione che la ruota e il piano d’appoggio
subiscono nelle parti a contatto rispettivamente in avanti rispetto al verso del moto e indietro..
Nell’esempio fatto si può riconoscere la diversa deformazione della gommapiuma nel verso del
moto rispetto a quella nel verso opposto: questo determina una forza complessiva sulla ruota che
tende a frenare la ruota ossia che agisce sulla ruota nel punto di contatto con l’appoggio in verso
opposto a quello di rotazione.
Ruota ferma: la deformazione del piano d’appoggio è simmetrica rispetto alla verticale passante per
il centro della ruota; le forze agenti sulla ruota sono distribuite su tutta la superficie d’appoggio in
modo simmetrico e danno una risultante (freccia arancione) che è diretta verso il centro della ruota.
Non produce alcun tipo di azione rotatoria sulla ruota. Tale risultante è uguale alla forza peso della
ruota (costituisce quella che comunemente si chiama reazione vincolare del piano.
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Ruota in movimento: la deformazione del piano d’appoggio è asimmetrica rispetto alla verticale
passante per il centro della ruota produce una risultante di forze non passante per il centro della
ruota ma spostato in avanti rispetto ad esso nel verso del moto. La forza risultante determinata dal
piano d’appoggio produce un momento di forze che tende a rallentare il rotolamento della ruota.
L’azione frenante delle forze d’attrito volvente agenti su una ruota si può descrivere empiricamente
con una forza Fvolvente che agisce nel verso opposto a quello del centro della ruota rispetto alla
superficie d’appoggio, è proporzionale alla forza Fn di reazione della superficie stessa e
inversamente proporzionale al raggio r della ruota: F =Kvolvente Fn/r (Kvolvente è il coefficiente d’attrito
volvente che dipende sia dai materiali di cui sono composti gli oggetti le cui le superfici sono a
contatto, sia dalla condizione di tali superfici.
Affinché ci sia un buon rotolamento è pertanto preferibile porre a contatto superfici che si
deformino poco e che hanno un raggio di curvatura sufficientemente grande). Questo è possibile
nel caso per esempio delle parti in rotazione del motore o della trasmissione di un’auto o del perno
delle ruote dell’auto sull’asse in cui si utilizzano cuscinetti a sfera per i quali è minimo l’attrito
volvente, proprio grazie alla piccola deformazione cui sono soggette le sfere ruotanti. Questo è
anche quello che viene fatto nel caso del treno, in cui le ruote sono d’acciaio in quanto appoggiate
e vincolate sui binari.
Nel caso di una macchina o di una bicicletta le ruote sono di gomma. Perché?
Oltre a garantire un basso attrito di rotolamento le ruote delle auto, delle biciclette, delle moto,
come si è detto, devono garantire l’aderenza allo strisciamento nella direzione del moto e in
direzione ortogonale ad esso.
La ruota infatti deve rotolare senza strisciare, come invece accade sulla sabbia o sul ghiaccio, e
non deve slittare lateralmente, pena l’uscita di strada in curva.
Università di Udine - Unità di Ricerca in Didattica della Fisica
Fisica ed Educazione Stradale - Tenuta di strada, aderenza delle ruote e l’attrito
L’attrito volvente con la macchinina.
Gli stessi esperimenti prima descritti possono
essere ripetuti utilizzando un dinamometro fatto in
casa e una macchinina giocattolo.
Per costruire il dinamometro di può usare un
righello, un elastico, un gancio e un po’ di filo.
Un capo dell’elastico è attaccata a un estremo del
righello. All’altra estremità dell’elastico è attaccato
un gancio (una vite a gancio) a cui si attacca la
macchinina utilizzando la cordicella.
Si traina la macchinina sul piano liscio
prima con le ruote libere e poi con le
ruote bloccate, Si traina la macchinina
longitudinalmente
e
quindi
trasversalmente. Si riconosce la
diversa forza d’attrito misurata nei
diversi casi.
L’attrito volvente. Si
traina la macchinina
facendola muovere nella
direzione delle ruote.
Si riconosce la presenza
di una forza massima al
distacco. Tale forza è
maggiore
di
quella
necessaria
a
far
muovere la macchinina
di
moto
rettilineo
uniforme.
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Fisica ed Educazione Stradale - Tenuta di strada, aderenza delle ruote e l’attrito
Le leggi dell’attrito e il battistrada
L'aderenza degli pneumatici è essenzialmente dovuta all’attrito all’interfaccia pneumatico-fondo
stradale. Può essere caratterizzata fenomenologicamente dal valore medio del coefficiente d’attrito
radente statico (detto coefficiente d'aderenza dello pneumatico). Tale coefficiente dipende da
diversi fattori, come: la mescola dello pneumatico, la sua larghezza, l’integrità delle sculture incuse
su di esso; la sua temperatura; il tipo e la condizione del manto stradale; la presenza o l’assenza di
acqua sull’asfalto.
Il fatto che l’aderenza dipenda dalla larghezza dello pneumatico e in particolare la larghezza del
battistrada delle auto da corsa sembra contraddire quanto abbiamo concluso sull’esplorazione
delle forze d’attrito.
Vanno allora fatti almeno due ordini di considerazioni.
Da un lato bisogna considerare il fatto che l’aderenza degli pneumatici sull’asfalto dipende da molti
fattori che non sono sempre uguali. Per esempio l'asfalto o meglio l’interfaccia pneumatico-asfalto
non ha un coefficiente d'attrito omogeneo. Questo comporta che lo pneumatico più è largo e più
probabilmente è a contatto con parti di asfalto con buona aderenza. Al tempo stesso uno
pneumatico largo, a parità di sollecitazioni, tenderà a scaldarsi di meno di uno pneumatico
eccessivamente stretto. L’aumento eccessivo di temperatura può portare a una diminuzione del
coefficiente di aderenza.
In base a queste considerazioni sembrerebbe dunque che uno pneumatico largo garantirebbe
un’aderenza maggiore. In realtà è ben noto che la larghezza dello pneumatico non deve eccedere
un certo valore massimo, in quanto lo pneumatico non raggiungerebbe la temperatura ideale di
lavoro, sarebbe più a rischio qualora si interponesse qualche cosa tra asfalto e pneumatico (per
esempio uno pneumatico largo tende più facilmente a produrre il fenomeno dell’aquaplaning, ossia
lo scivolamento dello pneumatico sulla superficie di una pozzanghera). Esistono altri motivi legati
proprio alla funzionalità dell’autovettura ad esempio alla facilità di sterzata che limitano la
larghezza dello pneumatico.
Le considerazioni precedenti dovrebbero far capire che la larghezza degli pneumatici di un’auto è
determinata da un compromesso che permetta di massimizzare l’aderenza compatibilmente con
la guidabilità del veicolo, la sua adattabilità a superfici e asfalti anche piuttosto diversi fra loro.
È solo il caso qui di richiamare il fatto che esiste una normativa ben precisa che definisce le
dimensioni minime-massime degli pneumatici e parallelamente che le case automobilistiche
indicano uno al massimo due soli tipi di pneumatici per ciascun modello di auto.