HEART RATE VARIABILITY Area d’interesse: Cardiologia Autore: Bruna Maciocchi Med. Vet. Istituto (i) d’appartenenza: libera professionista, Roma Per frequenza cardiaca si intende il numero di battiti cardiaci al minuto (bpm). Questo numero, ad esempio 80 bpm, è solo un valore medio, perchè in realtà il tempo che intercorre fra un battito cardiaco e l'altro (equivalente allo spazio RR sul tracciato ECG), non è costante, ma cambia in continuazione determinando variazioni istantanee della frequenza cardiaca. Con il termine anglosassone Heart Rate Variability (HRV) si intende variabilità della frequenza cardiaca. Questo costituisce un parametro che, sulla scorta di valutazioni statistiche della variabilità dello spazio RR, può essere stimato ed analizzato tramite monitoraggio Holter. A tal riguardo, in commercio sono disponibili sistemi di analisi Holter con software HRV. Effettuare la misurazione dell’HRV sta assumendo una grande importanza in quanto consente l’ottenimento di varie informazioni tra cui quelle che permettono di valutare il rischio di aritmie cardiache. Sono tre i fattori che contribuiscono al verificarsi di aritmie sul piano clinico: Il “trigger”, ossia l’evento scatenante rappresentato ad esempio da un battito ectopico prematuro, che viene studiato mediante l’ECG-Holter un substrato, ovvero la condizione elettrofisiologia di base (funzione e conduzione del ventricolo sinistro), che viene esaminata sia mediante l’ECG ad alta definizione (SA-ECG: signal averaged) utilizzando la tecnica del calcolo medio computerizzato, sia mediante l’ecografia bidimensionale che consente di valutare il cuore dal punto di vista morfo-funzionale. l’ambiente, rappresentato dal sistema nervoso autonomo (SNA) e dalle modificazioni dell’attivazione elettrica cardiaca o tono autonomico. Occorre puntualizzare che il ritmo cardiaco rappresenta normalmente il risultato del bilancio degli impulsi autonomici afferenti al nodo seno-atriale, che variano in risposta a fattori quali il ritmo del respiro, l’esercizio fisico, gli stati emozionali, la pressione sanguigna, i ritmi circadiani, il sistema renina angiotensina. In un cuore sano, la frequenza cardiaca risponde velocemente a tutti questi fattori, modificandosi a seconda della situazione, per assicurare una valida perfusione dei vari organi ed apparati dell'organismo. Il monitoraggio Holter permette di analizzare queste variazioni per fornire una sensibile e non invasiva misurazione degli impulsi autonomici diretti al cuore. Delle modificazioni dell’HRV, (costituendo quest’ultima il risultato della variazione degli stimoli autonomici al nodo sinusale) possono essere ritenute un attendibile “marker” del tipo di segnale autonomico diretto al cuore. Si consideri che l’attività vagale riduce l’insorgenza di aritmie ventricolari e che al contrario, quella del sistema nervoso simpatico, incrementa la possibilità della comparsa di aritmie quali la tachicardia ventricolare e la fibrillazione ventricolare. L’HRV costituisce quindi un parametro in grado di valutare lo stato relativo al sistema nervoso Simpatico e Parasimpatico. La misura dell’HRV viene eseguita secondo parametri relativi al tempo e alla frequenza. La valutazione dell’HRV secondo il parametro del tempo si basa sulla stima della variazione di durata di cicli cardiaci adiacenti, misurati in millisecondi. Il metodo più semplice per valutare la variabilità della frequenza cardiaca nel dominio del tempo consiste nel calcolo della deviazione standard della med ia di tutti gli RR consecutivi dei battiti sinusali misurati all’Holter. Questo indice detto SDNN (Standard Deviation Normal beat to Normal beat) è stato utilizzato da Kleiger e collaboratori che hanno dimostrato per la prima volta come i pazienti con una deviazione standard inferiore a 50 msec presentino un rischio di morte quattro volte superiore rispetto ai soggetti con valori superiori ai 100 msec. Il valore prognostico del SDNN risultava in questo studio indipendente da quello della frazione di eiezione e dalla presenza di aritmie ventricolari. Questi dati sono stati successivamente confermati in diversi altri studi clinici. L’analisi dell’HRV eseguita nel dominio della frequenza permette di valutare il ritmo di oscillazione del ciclo cardiaco. Questo è reso possibile da un’analisi spettrale computerizzata (analisi di Fourier) degli spazi RR, seconda la quale cicli cardiaci di breve durata descrivono un’onda ad alta frequenza, mentre quelli di maggiore lunghezza uno spettro a bassa frequenza. Le singole frequenze risultanti da tale analisi vengono raggruppate in bande a cui è associato un diverso significato fisiopatologico. In particolare possono individuarsi le seguenti bande: Alta Frequenza (High Frequency; HF): valori compresi tra 0.15 e 0.45 Hz vengono considerati espressione dell’attività vagale e sono legati all’attività respiratoria. Bassa Frequenza (Low Frequency; LF): valori compresi tra 0.04 e 0.15 Hz sono espressione dell’attività simpatica ma risentono anche dell’influsso della modulazione vagale. Le basse frequenze includono anche due ulteriori bande dette Frequenza Molto Bassa (Very Low Frequency; VLF) e Ultra Bassa (Ultra Low Frequency; ULF). Modificazioni dell’impulso simpatico al nodo seno-atriale tendono ad influenzare l’HRV a bassa frequenza mentre lo stimolo parasimpatico influenza l’HRV ad alta frequenza. In considerazione del fatto che le componenti autonomiche simpatiche e parasimpatiche hanno attività ciclica con lunghezze d’onda a diversa frequenza, si puo affermare che una valutazione, non solo quantitativa, ma qualitativa della variabilità del ciclo, può fornire informazioni più accurate sui meccanismi fisio-patologici che possono ridurre la normale ciclicità della frequenza cardiaca e, quindi, esprimere un parametro d’individuazione di maggiore rischio d’insorgenza di patologie cardiovascolari. Sulla base di quanto precedentemente affermato l’analisi dell’HRV fornisce un utile informazione sia sulla risposta seno-atriale all’impulso autonomico, sia sul rischio di mortalità in alcuni pazienti con malattie cardiache. In corso di cardiopatia, infatti, i fattori che aumentano il tono simpatico o diminuiscono il parasimpatico, incrementano il rischio di aritmie ventricolari, mentre il parasimpatico riduce il rischio di aritmie ventricolari, quindi un decremento degli indici dell’HRV nei parametri temporali e di frequenza, viene associato ad un elevato tasso di mortalità dopo infarto del miocardio, così come l’incremento del rapporto tra bassa ed alta frequenza è associato ad un rischio maggiore di morte per cardiopatia. Per quanto riguarda l'utilizzo nella pratica clinica occorre affermare che l'analisi HRV non viene utilizzata per diagnosticare specifiche patologie come le cardiomiopatie, ma, una volta diagnosticata una malattia, soprattutto se associata a tachiaritmie ventricolari potenzialmente letali, può essere di qualche utilità per la quantificazione del rischio. E stato osservato nei Doberman pinscher che l'HRV non è decrementata negli stadi iniziali di cardiomiopatie occulte, ma solo dopo accertamento ecocardiografico di moderata disfunzione del ventricolo sinistro, generalmente associata a gravi tachiaritmie ventricolari. Anche in pazienti asintomatici affetti da una malattia valvolare mitralica cronica, i parametri dell’HRV vengono utilizzati per misurare il grado di avanzamento della malattia. In conclusione lo studio dell’HRV costituisce un parametro che, pure in medicina veterinaria, ha una valenza prognostica permettendo la diversificazione dei soggetti in base alla gravità della loro malattia cardiaca. Bibliografia disponibile su richiesta: [email protected]