Sentenza Tribunale monocratico di Forlì in data 14/4/2015 (Giudice Di Giorgio) Massima In materia di colpa specifica il rispetto della regola cautelare scritta esonera da responsabilità penale allorché quest’ultima abbia carattere esaustivo, residuando altrimenti una componente di colpa generica laddove vi sia violazione delle norme di comune diligenza e prudenza imposte dal caso concreto ed esigibili dal professionista mediamente esperto. Il nesso di casualità non può essere affermato sulla sola base di una valutazione di probabilità statistica, essendo necessaria la formulazione altresì di un giudizio di probabilità razionale che consenta la verifica aggiuntiva dell'attendibilità logica dell'impiego della legge statistica al caso concreto. (Fattispecie in tema di colpa medica ove è stata ritenuta la colpa del medico specialista nel rilascio del certificato di idoneità sportiva, il quale, pur avendo sottoposto l’atleta agli esami legalmente previsti dal DM 18/2/1982, ha omesso l’espletamento di più approfondite indagini diagnostiche che una corretta valutazione anamnestica avrebbe imposto nel caso concreto alla stregua delle generiche norme di cautela attinenti alla sfera della prudenza e della diligenza. La contraddittorietà ed incertezza del riscontro probatorio in ordine alla concreta efficacia predittiva della malattia dell’atleta, ingenerando il ragionevole dubbio sull’efficienza impeditiva dell’evento anche nel caso di mantenimento del comportamento corretto da parte degli imputati, ha tuttavia giustificato l’esito assolutorio). Motivazione Con decreto di citazione regolarmente notificato –omissis- e –omissis- venivano tratti a giudizio per rispondere del reato di cui in epigrafe. Presenti gli imputati, preliminarmente costituitisi parte civile –omissis-, all'udienza del 6/11/2014 le medesime parti revocavano la costituzione in giudizio a seguito di intervenuto risarcimento del danno da parte delle imprese assicuratrice degli imputati La successiva istruzione dibattimentale avveniva mediante esame testimoniale e dei CT di parte, nonché produzione documentale, tra cui, sull’accordo delle parti, gli atti d’indagine contenuti nel fascicolo del PM; All’esito le parti concludevano come in atti. Dall'indagine svolta nel corso del dibattimento non è apparsa sufficientemente dimostrata la responsabilità penale degli imputati in ordine al reato ascritto. Pressoché pacifica è risultata la vicenda sanitario-sportiva di –omissis- pallavolista di alto livello (già giocatore della Nazionale Italiana di Volley ed Atleta Olimpico) quale ricostruita nei seguenti termini dai CT del PM prof.ri –omissis-, nel corso dell’esame dibattimentale ed all’esito degli accertamenti medico-legali espletati, trasfusi in atti nella relazione di CT depositata in data 17/1/2013 e nel supplemento depositato in data 24/5/2013: 1) In data 24/3/2012, nel corso di un incontro di pallavolo della serie B2 tenutosi in Macerata, omissis-, militante nella squadra –omissis-, decedeva improvvisamente all’età di quasi 38 anni, con le caratteristiche tipiche della MIS (morte improvvisa da sport, in cui si fanno rientrare casi in cui un atleta ritenuto sano dal punto di vista medico viene invece colpito da patologia letale); 2) Sulla base dell’esame dei campioni istopatologici analizzati in sede di accertamento autoptico (trasfuso in atti nella relazione medico-legale depositata in data 17/1/2013), le cause del decesso venivano individuate in una severa e diffusa coronaropatia di cui –omissisera portatore e rappresentata da “Aterosclerosi coronanica multivasale, con trombosi della coronaria destra su placca infiammata in quadro di infarto miocardico iperacuto della parete inferiore” che ebbe appunto ad innescare, durante la partita, una sindrome coronarica acuta con irreversibile fibrilazione ventricolare (significativa a riguardo la dinamica dell’evento, visibile anche nel filmato prodotto in atti: -omissis-, mentre si apprestava ad effettuare un “servizio”, accusava, dapprima, un giramento di testa e si inginocchiava a terra, poi, si avvicinava alla panchina ove perdeva i sensi e si accasciava al suolo); 3) Con rifermento alle valutazioni di idoneità medico-sportiva a cui –omissis- era stato sottoposto nel corso dell’attività agonistica, i CT del PM hanno reperito idonea documentazione relativa all’attività sportiva sino all’anno 2009 e a quella svolta negli anni 2011 e 2012 presso la -omissis-; 4) Quanto all’attività antecedente all’anno 2010 i CT non hanno rilevato carenze diagnostiche, giacché la documentazione raccolta prevalentemente presso il CONI (dove –omissis- era stato seguito come atleta di interesse olimpico) è stata ritenuta congrua e completa rispetto alle modalità di valutazione previste dal COCIS (Comitato Organizzativo Cardiologico per l’idoneità allo Sport); in particolare dagli esiti degli screening utilizzati e dei test ergometrici regolarmente eseguiti era stata correttamente confermata, a parere dei CT, l’idoneità alla pratica sportiva dell’atleta, ancorché dopo una sospensione degli allenamenti intervenuta tra il febbraio e il marzo 1999, durata circa tre settimane ed imposta dagli stessi sanitari del CONI che, riscontrata una extrasistolia ventricolare, avevano inizialmente attestato la controindicazione alla pratica sportiva di –omissis- (con comunicazione in data 18/2/1999) e raccomandato approfondite indagini; l’esito favorevole di quest’ultime (segnatamente una RMN che aveva escluso displasie aritmogene del VDx e di miocardite, attestando così la scomparsa di aritmie ventricolari) aveva di poi indotto nel maggio 1999 gli stessi sanitari del CONI a riconfermare l’idoneità alla pratica sportiva dell’atleta. 5) Quanto alla documentazione sanitaria relativa all’attività agonistica svolta negli anni 2011 e 2012 (anni in cui –omissis- militava nella -omissis-) i CT del PM hanno invece rilevato carenze negli iter diagnostici utilizzati dagli odierni imputati –omissis- nel certificare rispettivamente in data 12/1/2011 e 28/10/2011, in qualità di medici specializzati in Medicina dello Sport preposti alla tutela della salute nella pratica sportiva agonistica ai sensi del DM 18/2/1982, l’idoneità di –omissis- alla pratica sportiva agonistica; in particolare, posta l’omessa effettuazione in entrambi i casi del Test massimale con ciclo ergometrico – speciale modalità di esecuzione di ECG da sforzo prevista dai protocolli cardiologici per il giudizio di idoneità allo sport agonistico (cd. COCIS) per esplorare la reale riserva cardiaca e dunque la presenza di lesioni coronariche significative negli atleti di età superiore ai 35 anni, in relazione ai quali è maggiore il rischio di complicanze cardiache indotte dallo sforzo agonistico – quanto alla certificazione rilasciata in data 12/1/2011 a firma dott. -omissis-, la stessa è risultata rilasciata a seguito di ECG dopo sforzo effettuato ad una frequenza cardiaca (FC) di soli 112 bpm, ritenuta dai CT non diagnostica in quanto inadeguata a rilevare la riserva coronarica dell’atleta e ad evidenziare nel caso di specie la patologia cardiaca di cui omissis- era affetto; 6) Ancor più carente è risultata l’indagine medica effettuata dal dott. -omissis- in sede di ulteriore certificazione in data 28/10/2011 dell’idoneità dell’atleta alla pratica sportiva in quanto è risultata sostanzialmente omessa l’effettuazione di ECG da o dopo sforzo, riscontrandosi solo due ECG a riposo, il primo dei quali, non refertato; il secondo, registrato circa 5 minuti dopo, condotto in maniera tecnicamente scorretta (per assenza derivazione D1 e derivazioni precordiali per verosimile distacco degli elettrodi) e pur evidenziante extrasistola sopraventricolare. Tali le risultanze fattuali e medico-legali, l’assunto originario d’accusa imputa la riconduzione eziologica del decesso di -omissis- alla concorrente condotta colposa degli imputati consistita nell’omessa effettuazione da parte di entrambi di appropriate indagini strumentali idonee ad evidenziare la grave malattia coronarica di cui l’atleta era affetto, segnatamente la mancata sottoposizione dell’atleta al Test ergometrico massimale che, consentendo la diagnosi precoce della cardiopatia ischemica di cui omissis- era affetto, avrebbe impedito a quest’ultimo l’esercizio dell’attività agonistica – rispetto alla quale la cardiopatia in atto era del tutto incompatibile – e consentito all’atleta di sottoporsi, già in vita, ai trattamenti farmacologici e/o chirurgici necessari alla rivascolarizzazione. Simile assunto non può tuttavia ritenersi sufficientemente dimostrato all’esito dell’istruttoria dibattimentale espletata. Va preliminarmente osservato che in capo agli imputati è stato correttamente configurato e riscontrato un preciso obbligo di garanzia a tutela della salute dell’atleta, essendo pacifico che gli stessi, in qualità di medici specializzati in Medicina dello Sport preposti alla tutela della salute nella pratica sportiva agonistica ai sensi del DM 18/2/1982, erano tenuti non solo a sottoporre l’atleta alle indagini strumentali previste dal DM cit. e dai Protocolli cardiologici per il giudizio di idoneità allo sport agonistico (cd. protocolli raccolti nel COCIS) ma anche a condurre siffatti indagini strumentali con modalità tecnicamente corrette ed appropriate per rilevare eventuali patologie incompatibili con l’esercizio dell’attività agonistica. È stato a riguardo evidenziato dai CT del PM che rappresenta dato esperienziale riconosciuto dalla comune conoscenza in campo medico-sportivo che i fenomeni di aterosclerosi coronarica aumentano nella popolazione sportiva di età superiore ai 35 anni e che nel soggetto sportivo allenato la cardiopatia ischemica è spesso silente e asintomatica per le presenza di elevati livelli di Beta-endorfine (l’infarto miocardico e/o la MIS potendo costituire la prima e unica manifestazione clinica), di talché è notoriamente avvertita la necessità di uno screening adeguato dei fattori di rischio coronarico con specifico riferimento agli atleti che, come nel caso di -omissis-, abbiano superato i 35 anni di età. A fronte infatti delle previsione nell’allegato 1, tabella 2, del DM 18/2/1982 dell’effettuazione ai fini della certificazione dell’idoneità alla pratica sportiva agonistica di pallavolo del solo ECG a riposo e dopo sforzo, i citati protocolli elaborati dalla Società Italiana di Cardiologia dello Sport sottolineano l’importanza - ed esigono - l’espletamento, ai fini della valutazione dell’idoneità sportiva per gli atleti che hanno superato i 35 anni di età, altresì del test ergometrico massimale da sforzo al cicloergometro (cyclette) o al treadmill (pedana mobile) che, monitorando elettricamente l’attività del cuore durante un sforzo progressivamente incrementato sino al raggiungimento di una frequenza cardiaca prossima alla massima (relativamente alle condizioni soggettive del paziente) rappresenta metodica di primo livello indispensabile per l’esplorazione dell’effettiva riserva coronarica dell’atleta e dunque per la rilevazione, con alto grado di affidabilità, di coronaropatie incompatibili con l’attività agonistica. Così è testualmente impartito a pag. 82 dei citati protocolli COCIS per l’idoneità medico-sportiva (nella versione pubblicata nel 2010 sul Volume 63 n. 1 del giornale Medina dello Sport prodotta in atti), nella sessione dedicata a profili di rischio cardiovascolare medio-basso, riguardante dunque indagini già di primo livello: “Ai fini della formulazione del giudizio d'idoneità allo sport agonistico, negli sportivi di età superiore a 35-40 anni, la visita deve prevedere sempre la esecuzione di un test ergometrico massimale (TE). Infatti, il TE consente di valutare, oltre alle modificazioni del segnale elettrocardiografico, anche la capacità lavorativa, la risposta cronotropa e presso ria all'esercizio, il doppio prodotto, la frequenza cardiaca nel recupero e la eventuale presenza di aritmie ventricolari indotte dall'esercizio muscolare dinamico. Numerosi studi clinici hanno mostrato che le suddette variabili ergometriche forniscono informazioni prognostiche indipendenti nei soggetti normali, in pazienti con cardiopatia ischemica cronica e nei sopravvissuti ad infarto miocardico. Inoltre, la stima della prognosi può essere migliorata con la combinazione di più variabili ergometriche e cliniche in sistemi a punti ("score systems"), che sono stati già validati in popolazioni di soggetti affetti da sospetta cardiopatia ischemica e nel post-infarto. L’omessa sottoposizione di -omissis- da parte degli imputati al test ergometrico massimale, si appalesa poi ingiustificata nello specifico in ragione dei dati anamnestici dell’atleta che (come sopra rilevato al punto n. 4), oltre ad aver più di 35 anni, era già stato sottoposto in passato a controlli cardiologici, aveva già subito nel marzo 1999 una sospensione dell’attività agonistica per motivi cardiologici a seguito del riscontro di un’aritmia extrasistolica ventricolare complessa, ed era sempre stato sottoposto al test ergometrico massimale anche nei controlli annuali eseguiti prima dei 35 anni, l’ultimo dei quali effettuato in data 5/10/2009 presso il Sevizio di Medicina dello Sport dell’USL di Perugia. Se dunque si considera che l’effettuazione del test ergometrico massimale è imposto dai protocolli medici già come indagine di primo livello nei confronti di soggetti a basso rischio e per il solo fatto che abbiano superato i 35 anni di età, va da sé che la mancata effettuazione da parte degli imputati del test in questione ha rappresentato un’omissione censurabile sul piano della colpevole violazione di regole di comune prudenza e diligenza esigibili da un medico dello sport mediamente esperto. Siffatte omissioni degli imputati nell’effettuazione delle indagini cardiologiche dell’atleta sono state fondatamente e correttamente ricondotte dagli stessi CT del PM nell’ambito delle generiche norme di cautela attinenti già alla sfera della prudenza e della diligenza, stante appunto il riconoscimento dalla comunità scientifica del carattere comunemente cogente della doverosa e positiva valutazione dei precedenti anamnestici nella formulazione del giudizio di idoneità sportiva di un atleta che aveva già superato i 35 anni di età ed esigente, come tale, un screening dei fattori di rischio coronarico implicanti l’utilizzo di metodologie appropriate ed ultronee rispetto ad esami che, pur legalmente richiesti dal DM 18/2/1982 (ECG a riposo e dopo sforzo), apparivano insufficienti ed inadeguati nello specifico all’esplorazione dell’effettiva riserva coronarica. Tale condivisibile valutazione dei CT del PM induce dunque a ritenere inconferenti i rilievi svolti dalla difesa dell’imputato -omissis- in ordine all’asserita diversa normazione dei protocolli in materia di medicina sportiva che, nello stralcio della versione allegata dalla difesa (pag. 120 dell’edizione COCIS del ventennale 1989-2009), esigerebbe l’effettuazione del test ergometrico massimale solo per gli atleti Master al di sopra dei 40 anni, tra i quali dunque non sarebbe rientrato -omissis-. Va infatti rilevato in proposito che, conformemente all’orientamento espresso dalla Suprema Corte (cfr. Cass. n. 11493/2013; n. 16237/2013; 5460/2013; 47289/2014), il teorico ambito di operatività dei novellati criteri di responsabilità medica introdotti dall’art. 3, comma 1, del d.l. 13/9/2012 n.158, convertito con modifiche dalla legge dell'8/11/2012 n.189, implicanti appunto casi di efficacia esimente del rispetto delle linee-guida da parte del medico, attiene tipicamente e tendenzialmente alla sfera della perizia e non va esteso anche a quello della comune diligenza e della prudenza al quale vanno ricondotte le omissioni oggetto di addebito. A riguardo non può peraltro trascurarsi il dato che siffatti rilievi difensivi appaiono già contrastati dalla lettura dello stralcio degli stessi protocolli indicati dalla difesa (estrapolato dal testo relativo alla valutazione dell’atleta Master, vale a dire all’atleta di età compresa tra i 35 e i 40 anni, dell’edizione COCIS del ventennale 1989-2009) ove il TE (Test ergometrico massimale) viene definito come esame di fondamentale importanza non solo per gli atleti Master al di sopra dei 40 anni ma anche per quelli “più giovani ma con fattori di rischio coronarico” tra i quali poteva rientrare anche -omissis- alla luce del precedente amnestico di tipo cardiologico imprudentemente ignorato. L’omissione del test ergometrico e la sua esigibilità - sub specie anche di doverosa assunzione dei precedenti anamnestici di un atleta ormai prossimo all’età di 38 anni - connotano dunque in termini colposi la condotta omissiva mantenuta; termini questi, giova ricordarlo, attinenti alla sfera normativa della condotta degli imputati (cioè al suo dover essere) e non già alla sfera naturalistica (cioè al suo fattuale esplicarsi), sulla quale ultima le difese hanno invece inteso appuntare parte delle rispettive deduzioni difensive, dando unico rilievo ai soli dati anamnestici fattualmente conosciuti al momento della visita in quanto evidenziati verbalmente dall’atleta – che pure ebbe a tacere ai sanitari il precedente arresto dell’attività agonistica per motivi cardiologici - trascurandosi invece i dati clinici doverosamente conoscibili e/o acquisibili a necessario fondamento di un’idoneità sportiva riguardante un atleta ultratrentacinquenne, già per definizione appartenete alla categoria dei “soggetti con fattore di rischio cardiovascolare” (cfr. pag. 82 dei citati protocolli COCIS per l’idoneità medico-sportiva, nella versione pubblicata nel 2010 sul Volume 63 n. 1 del giornale Medina dello Sport prodotta in atti). A significazione poi della non esaustività degli esami legalmente previsti, va rilevato che a mente del combinato disposto degli stessi artt. 2, 1 comma, e 3, 3 comma, DM 18/2/1982, l’accertamento dell’idoneità per l’accesso alle attività sportive agonistiche deve essere condotto dal medico visitatore anche “relativamente all’età” e che quest’ultimo ha sempre “facoltà di richiedere ulteriori esami specialistici e strumentali su motivato sospetto clinico”. Non esaustività peraltro espressamente riconosciuta dallo stesso CT della difesa dott. –omissis(professore ordinario di medicina legale presso l’università di Roma Sapienza e consulente medico legale dell’Istituto di scienza dello Sport di Roma) il quale, esclusa per la categoria di appartenenza di omissis- (svolgente al momento del decesso attività agonistica nello sport della pallavolo, non rientrante tra quelle cd. professionistiche; cfr. pag. 44 delle trascrizioni del verbale d’udienza del 3/3/2015) la necessità di tenuta, a cura della società sportiva di appartenenza, di un libretto sanitario dell’atleta ove annotare i precedenti amnestici e gli esiti delle precedenti visite mediche, riconosceva nello specifico l’intrinseco carattere deficitario di un sistema di controllo medico-sportivo rimesso ad un’anamnesi sostanzialmente affidata alle mere dichiarazioni dello stesso atleta - soggetto chiaramente interessato al conseguimento dell’idoneità sportiva- e che esiga l’effettuazione di esami clinici che una valutazione medica coscienziosa potrebbe ritenere inutili e/o scarsamente diagnostici; ciò che lo stesso CT dott. –omissis- ha riferito anche all’omessa previsione legale dell’obbligatorietà del test ergometrico massimale; cfr. pagg. 46 e ss. delle trascrizioni del verbale d’udienza del 3/3/2015. Deve dunque ritenersi che, versandosi principalmente in materia di colpa specifica, l’osservanza delle norme cautelari legalmente scritte - più volte richiamate dalle difese a sostento di un effetto esimente della colpa degli imputati – avrebbe potuto esimere quest’ultimi da responsabilità colposa solo nel caso in cui le stesse fossero state esaustive delle regole prudenziali realisticamente esigibili rispetto alla specifica attività o situazione pericolosa, ben potendo secondariamente residuare la colpa generica ravvisata nello specifico nei termini di cui sopra, né potendosi accettare che una valutazione medica coscienziosa esegui e si accontenti di esami concretamente inutili ed omettendo invece di eseguire quelli clinicamente appropriati. Ciò ritenuto e una volta ravvisata in capo agli imputati la colposa omissione del test ergometrico massimale occorre nondimeno procedere all’ulteriore e necessario vaglio concernente la riconduzione eziologica della morte di -omissis- a siffatta condotta colposa. Vaglio questo diretto ad accertare, in applicazione dei noti criteri in materia di giudizio controfattuale, se in caso di mantenimento da parte degli imputati delle condotta omesse, e dunque di sottoposizione di omissis- al test ergometrico, la malattia coronarica di cui questi era affetto sarebbe stata evidenziata e quest’ultimo dunque, con alto grado di probabilità razionale, non sarebbe deceduto – o sarebbe deceduto in epoca significativamente successiva - per effetto del doveroso mancato rilascio dell’idoneità sportiva da parte degli imputati. A riguardo va preliminarmente osservato che i CT del PM hanno concluso, sulla base dei riscontri autoptici e con valutazione rimasta sostanzialmente incontestata tra le parti, che l’arresto cardiaco letale per l’atleta si è determinato da trombosi su placca aterosclerotica della coronaria destra, risultata occlusa da stenosi in misura del 30% circa (cfr. pag 10, 21 della trascrizioni del verbale d’udienza del 10/2/2015) sia pure in contesto di generale e severa coronaropatia aterosclerotica multivasale. È stato inoltre riscontrato dai CT del PM un infiltrato flogistico molto marcato, oggettivamente sintomatico di una sicura disfunzione endoteliale e di una ipercoagulabilità che, associate alla presenza di strie lipiche a livello aortico, inducevano i CT a ritenere in stato avanzato il processo aterosclerotico delle coronarie dell’atleta e sicuramente risalente nel tempo la patologia cardiologica di quest’ultimo. Gli stessi CT del PM dott. -omissis- e dott. –omissis-, specificamente richiesti nel corso dell’esame dibattimentale di individuare i presumibili tempi di insorgenza di siffatta coronaropatia dell’atleta, collocavano quest’ultimi a far da anni prima del decesso (il dott. -omissis- addirittura collocandoli sino a dieci anni prima) e quanto meno, con elevata probabilità, già prima della sottoposizione dell’atleta all’ultimo test ergometrico massimale, effettuato in data 5/10/2009, che pure ebbe ad escludere ischemie e/o aritmie non rilevando controindicazione all’idoneità sportiva dell’atleta, che venne dunque riconosciuta sino al 5/10/2010, cioè sino a tre mesi prima del controllo medico effettuato dall’imputato -omissis- (cfr. dichiarazioni del CT del PM dott. -omissis- a pag 65 e 66 delle trascrizioni del verbale d’udienza del 10/2/2015). Inoltre lo stesso CT del PM dott. -omissis-, specialista in cardiologia, riteneva già aprioristicamente inutili gli esami effettuati dagli imputati, precisando che anche l’effettuazione a regola d’arte degli stessi - legalmente richiesti dal DM 18/2/1982 e consistenti in particolare nell’ECG a riposo e dopo sforzo – non avrebbe evidenziato la patologia cardiologica di cui -omissis- era affetto, in tal modo espressamente negando qualsivoglia incidenza causale, rispetto alla corretta diagnosi della patologia, le stesse carenze operative riscontrate nella conduzione dell’ECG da parte dell’imputato -omissis- (sopra indicate al punto sub 6). In buona sostanza il CT del PM ha conferito esclusivamente al test ergometrico massimale la dignità di unico esame clinico esigibile dagli imputati e idoneo a rilevare la patologia dell’atleta - riscontrata solo ex post in sede autoptica - correlativamente attribuendo alla sola omissione del test ergometrico efficienza causale rispetto alla mancata diagnosi di una patologia cardiaca incompatibile con l’idoneità sportiva (cfr. sul punto dichiarazioni rese dal dott. -omissis- a pag 104-106 delle trascrizioni del verbale d’udienza del 10/2/2015). Se ciò dunque, da un lato, induce a ritenere causalmente irrilevanti le carenze operative pur evidenziate dagli stessi CT del PM nella conduzione degli esami clinici effettuati dagli imputati (e pur trasfuse nel capo d’imputazione), stante appunto la ritenuta inutilità della conduzione alternativamente corretta degli stessi esami clinici da parte degli imputati, dall’altro lato, rende decisivo al fine del giudizio di responsabilità degli imputati il vaglio concernente il grado di efficienza diagnostica e predittiva che avrebbe avuto, nel caso concreto, l’esame colposamente omesso dagli imputati. In proposito va evidenziato che, a fronte della valutazione operata dai CT del PM., che pure avevano attribuito al test in questione, in sede di redazione della CT, una teorica probabilità statistica di rilevare marker di ischemia pari al 90%, in soggetto affetto da coronaropatia multivasale (cfr. pag 12 del supplemento di CT redatto in data 24/5/2013), l’opposta valutazione espressa dai CT della difesa si è appuntata su dati clinico-autoptici rimasti pervero incontestati da tutti i CT delle parti, ovverosia, da un lato, che l’arresto cardiaco dell’atleta si è determinato da trombosi su placca aterosclerotica della coronaria destra risultata occlusa solo in misura del 30%, non presentante dunque restringimenti critici (cfr. pag 10, 21 della trascrizioni del verbale d’udienza del 10/2/2015); dall’altro lato, che la stenosi più severa, pari al 70-80%, ha riguardato unicamente il ramo intermedio della coronaria sinistra. Dati questi che, in assenza di stenosi significative interessanti i rami coronarci principali e/o più coronarie contemporaneamente, hanno dunque indotto i CT della difesa a ritenere prossima addirittura allo 0% la probabilità di diagnosticare la cardiopatia ischemica dell’atleta attraverso il test ergometrico massimale (cfr. in atti relazione a firma del CT dott. -omissis- redatta in data 19/2/2013). Ciò posto, al di là della diversa valutazione dei CT in ordine al grado di importanza del ramo intermedio nell’anatomia coronarica dell’atleta - diversa valutazione apoditticamente espressa dai CT in termini, ora, di “ramo non piccolo” (cfr pag 11 del citato supplemento di relazione redatto dai CT del PM) ora di “ramo piccolo e collaterale” dunque non significativo (cfr. pag. 2 della relazione redatta dal CT della difesa dott. -omissis- in data 19/2/2013), giova peraltro rilevare che il giudizio prognostico offerto dai CT del PM non appare coerentemente sostenuto dai dati fattuali emersi dall’istruttoria né dalle valutazioni espresse dagli stessi CT del PM in ordine ai tempi di presumibile insorgenza della malattia coronarica dell’atleta. Il richiamato e concorde riconoscimento che quest’ultima, in ragione dell’avanzato stato del processo aterosclerotico riscontrato, fosse risalente nel tempo e molto probabilmente antecedente all’effettuazione dell’ultimo test ergometrico massimale a cui -omissis- fu sottoposto in data 5/10/2009 presso il Servizio di medicina dello Sport dell’ASL di Perugia, avrebbe infatti dovuto implicare un esito di tale test ragionevolmente e logicamente compatibile con l’elevato giudizio prognostico originariamente indicato nella relazione redatta dai CT del PM, evidenziando dunque segni e/o rischi di ischemia da indagare più approfonditamente; ciò che invece non è in concreto accaduto, essendo risultato tale test del tutto negativo per la rilevazione di ischemie e/o aritmie e dunque di controindicazioni di sorta all’idoneità sportiva, che venne dunque regolarmente riconosciuta sino al 5/10/2010, vale a dire sino a pochi mesi prima (tre) del controllo medico effettuato dall’imputato omissis-. Addentrando dunque il giudizio controfattuale in siffatte e concrete dinamiche fattuali e facendo applicazione dei consolidati criteri stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità (risalente già alla nota Sentenza, SU, n. 30328/2002, Franzese, successivamente confermata da Cass n. 20560/2005; n. 39594/2007; n. 17523/2008; n. 10615/2013), secondo cui la sussistenza del nesso di causalità non può essere affermata sulla sola base di una valutazione di probabilità statistica, risultando invece necessaria la formulazione di un giudizio di probabilità logica che, consentendo la verifica aggiuntiva dell'attendibilità dell'impiego della legge statistica al caso concreto, permetta di ritenere l'evento riconducibile all'omissione dell'agente al di là di ogni ragionevole dubbio, la regola statistica astrattamente enunciata dai CT a fondamento della riconduzione eziologica della morte di -omissisall’omessa effettuazione del test ergometrico da parte degli imputati non può ritenersi nello specifico sufficientemente supportata altresì sul piano del giudizio di credibilità razionale o probabilità logica, I riferimenti operati dai CT della difesa, vuoi, alla riconduzione dell’arresto cardiaco dell’atleta a trombosi su placca aterosclerotica della coronaria destra risultata occlusa solo in misura del 30%, vuoi, all’assenza di stenosi significative interessanti i rami coronarci principali e/o più coronarie contemporaneamente, addotti dagli stessi CT a sostegno dell’inidoneità del test ergometrico a diagnosticare nello specifico con elevato grado di probabilità la cardiopatia dell’atleta, hanno infatti trovato un riscontro fattuale nella storia clinica dell’atleta, laddove, posta la verosimile preesistenza della malattia ischemica al momento di effettuazione dei precedenti test ergometrici – l’ultimo dei quali eseguito in data 5/10/2009 – nessuno di questi ha rilevato patologie di tipo cardiologico. Riscontro fattuale, questo, da cui non può prescindersi al fine della richiamata verifica di resistenza aggiuntiva sul piano logico della regola statistica offerta dai CT del PM (nel richiamato supplemento di CT) in quanto tale regola, supponente in astratto una capacità del test ergometrico di pronosticare la malattia ischemica multivasale in misura del 90% (percentuale diversamente rimodulata, con riferimento alle malattie monovasali, in misura compresa tra il 25 e il 75% dagli stessi CT del PM; cfr. pag. 28 delle trascrizioni del verbale d’udienza del 3/3/2015) è risultata confutata nel caso concreto dall’esito prognostico negativo dei precedenti test ergometrici pur verosimilmente effettuati in costanza della patologia cardiologia dell’atleta rilevata dai CT del PM. Né, alla luce di simili dati fattuali, i dubbi sull’attendibilità dell’impiego al caso concreto della regola statistica offerta dai CT del PM possono ritenersi superati dal richiamo operato dal dott. -omissis- al mero dato temporale di validità legale del test (cioè 1 anno, corrispondente alla cadenza annuale delle visite per l’idoneità sportiva), trattandosi di dato genericamente afferente alla mera periodicità degli obblighi di controllo medico-sportivo, di per sé non direttamente correlato all’intrinseca attendibilità predittiva del test. Tali risultanze, obiettivanti dunque nel caso di specie una contraddittorietà ed incertezza del riscontro probatorio circa la concreta efficacia predittiva della malattia dell’atleta da parte del test ergometrico e dunque circa l’efficienza impeditiva dell’evento anche nel caso di mantenimento del comportamento corretto da parte degli imputati, ingenerano dunque il ragionevole dubbio sulla sussistenza del nesso causale tra la condotta omessa e la morte dell’atleta, e giustificano ex art. 530, 2 comma, c.p.p. l’assoluzione degli stessi perché il fatto non sussiste, conformemente alle omologhe conclusioni assolutorie del PM. P.Q.M. Il Giudice, visti l’art, 530, 2 comma, c.p.p., assolve gli imputati dal reato ascritto perché il fatto non sussiste. Fissa termine di giorni 60 per il deposito della motivazione. Forlì, 14/4/2015 Il Giudice Dott. G. Di Giorgio