Marco Guazzone conquista Roma,Torino Jazz

Ci
vediamo
Dolcenera
in
tour
con
foto e testo: Stefanino Benni
Un nuovo interessantissimo appuntamento nella bellissima
compagine del Teatro San Domenico di Crema, con la data zero
che da il via al tour estivo di DOLCENERA
Nella sera di giovedì 3 maggio è così partito un tour che si
prospetta di sicuro successo per questa brava e bella artista
(pianista e cantante) oramai da un anno nelle prime posizioni
delle charts radiofoniche con singoli come radiofonico con
singoli come “Il mio amore unico”, “Com’è straordinaria la
vita”, “Il Sole di domenica”,
“L’amore è un gioco”, il
duetto “Read All about it (Tutto quello che devi sapere)” con
il rapper inglese Professor Green e ora il tormentone di
successo “Ci vediamo a casa”, che Dolcenera ha portato
all’ultimo Festival di Sanremo riscuotendo gran successo di
pubblico oltre a classificarsi in graduatoria finale.
“Ci vediamo a casa” tratto dalla riedizione dell’ultimo album
“Evoluzione della specie2” è oltremodo uno dei brani più
gettonati dalle radio italiane e fa parte anche della colonna
sonora dell’omonimo film, diretto da Maurizio Ponzi, uscita a
fine aprile 2012.
“CI VEDIAMO IN TOUR – 2012”, che per l’organizzazione vede
l’importante collaborazione tra Live Nation e RTL 102.5 (media
partner dell’evento), vedrà questa magica Dolcenera esibirsi
in tutta Italia
Non dimentichiamo tuttavia che il suo primo successo è stato
con la vincita al Festival di Sanremo 2003 nella sezione
“Proposte” con il brano “Siamo tutti là fuori” e chi non
ricorda poi la sua vittoria nel 2005 al reality show Music
Farm, condotto da Simona Ventura. Sempre nel 2005 Dolcenera
ottiene il Premio De André, il Leone d’argento come
Rivelazione Musicale dell’Anno e il riconoscimento come
Miglior Artista Emergente al Meeting Etichette Indipendenti,
ma a seguire ancora dischi d’oro e di platino. Nell’estate
2009 Dolcenera è stata poi premiata ai Venice Music Awards
come Artista Femminile dell’Anno, ricevendo anche il premio
speciale RTL 102.5 per il successo riscosso nelle radio con il
brano “Il mio amore unico”.
Tra le sue diverse collaborazioni artistiche vanno menzionate
quelle con Claudio Baglioni, Loredana Bertè, Morgan, PFM,
oltre all’apertura nel 2008 di alcuni concerti di Zucchero e
di Vasco Rossi. Ma non dimentichiamo poi che Dolcenera ha
anche aperto il concerto dei mitici Depeche Mode il 18.06 09
allo Stadio San Siro di Milano, nell’ambito del loro Tour of
the Universe 2009.
Ma a proposito di Fabrizio De Andrè, che prima abbiamo
menzionato, qualcosa di molto importante l’accomuna a questo
grandissimo artista/poeta, “Dolcenera” infatti era il titolo
di una canzone del cantautore genovese. Potrebbe quindi essere
un ottimo portafortuna
Ma ritornando a noi, in questa bellissima serata al Teatro San
Domenico di Crema il pubblico si è abbandonato alla sua
stupenda voce accompagnata da musica e sonorità di radice
pop/rock con sfumature di rock anglosassone e synth rock.
Nuovamente una grande serata di qualità con una Dolcenera
veramente travolgente.
< La…..chiamano realtà…….questa confusione……di dubbie
opportunità……questa specie di libertà…….grande cattedrale……ma
che non vale un monolocale….un monolocale…..
Come sarebbe bello potersi dire……che noi ci amiamo tanto……ma
tanto da morire….e che qualunque cosa accada……noi ci vediamo a
casa……. >
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Negramaro, emozioni live
testo di Erika Sambuco – foto di Federico Aniballi e Alessio
Molinas
Dopo le date sold-out di Ottobre e Novembre, la band salentina
ritorna nei palazzetti a primavera col Casa 69 Tour. Il tour è
partito il 30 Aprile a Genova e ieri, 2 Maggio, il grande
ritorno nella Capitale che già li ha ospitati diverse volte.
“È la sesta volta che torniamo a Roma dove c’è stato anche il
concerto ai Fori con 350 mila persone” racconta lo spericolato
vocalist e frontman della band salentina, attivissimo su tanti
fronti (da Celentano, a Mina, ai Planet funk, a un libro
prossimo all’uscita per Einaudi). L’evento, organizzato da
LiveNation, era già “caldo” ancor prima che i Negramaro
facessero il loro ingresso quando, finalmente, è un astronauta
a fare i primi passi sul palco, un po’ come Neil Armstrong
fece sulla Luna quarant’anni fa. Un grande telo bianco con
stampata la cover dell’ultimo album della band, Casa 69,
crolla a terra e mentre il gruppo
comincia a suonare vengono
svelati
i
mega
schermi
posizionati sul palco: una
struttura divisa in tre
blocchi, due laterali e una
sospesa al centro a fare da
schermo alla band che canta la
prima canzone come fosse
“ingabbiata” tra i led. Sold
out anche stavolta! I fan sono
seduti
ovunque
che
impazziscono già al primo
brano, Singhiozzo; è sul
secondo, Se un giorno mai, che
la struttura si apre e libera
la band: gli schermi che
rappresentano le immagini di
una Luna rossa si innalzano e
Giuliano saluta prima di apparire alla folla e incitarla nel
battere le mani e senza troppe manfrine, ma con una carica e
un impatto visivo davvero potente, il suo pubblico risponde
cantando.
Attacca Mentre tutto scorre che fa esplodere la folla in un
coro unico che copre quasi la voce di Giuliano. Il Nostro
prende la chitarra e solo in un angolo del palco si esibisce
in un assolo, attimi durante i quali il pubblico sembrerebbe
perdere un po’ l’attenzione, salvo poi applaudire il suo
beniamino che intona Quel matto sono io. Dopo l’omaggio a
Domenico Modugno (che Giuliano chiama amichevolmente Mimì) con
Meraviglioso, parte Manchi, egregiamente introdotta dal
batterista e da Sangiorgi che incita il pubblico a “muovere il
culo”.
Londra brucia è uno dei momenti più alti del concerto. La
canzone, quella che si fa più attendere forse per via di un
lungo e suggestivo intro, impegna Giuliano in un’esibizione
che mette in risalto le sue le doti canore. “C’era un paese
dove erano tutti ladri. La notte ogni abitante usciva, coi
grimaldelli e la lanterna cieca, e andava a scassinare la casa
di un vicino. Rincasava all’alba, carico, e trovata la casa
svaligiata.
E così tutti vivevano in concordia e senza danno, poiché l’uno
rubava all’altro, e questo a un altro ancora e così via,
finché non si rubava a un ultimo che rubava al primo. Il
commercio in quel paese si praticava solo sotto forma
d’imbroglio e da parte di chi vendeva e da parte di chi
comprava. Il governo era un’associazione a delinquere ai danni
dei sudditi, e i sudditi dal canto loro badavano solo a
frodare il governo. Così la vita proseguiva senza inciampi, e
non c’erano né ricchi né poveri…” Queste sono le parole che
porta sul palco l’attore Neri Marcoré che ci recita Il Paese
dei Ladri di Italo Calvino.
Italia togliamo le mani davanti agli occhi… VIA LE MANI DAGLI
OCCHI! E il pubblico trema per un attimo per via della potenza
dei suoni della canzone appena annunciata, una delle hit di
maggior successo della band e uno dei pezzi più adatti ad
essere eseguiti dal vivo, con luci, pubblico, mani, cori e
pause musicali realizzate ad hoc.
Si riprende con gli omaggi, questa volta dedicati a Mario
Monicelli (“Ciao Mario, grazie Mario”), Michele Santoro e Rai
per una notte, sui quali parte Casa 69. Nonostante non ci sia
stata un’interruzione del live, sembra partire una seconda
parte del concerto: mentre la prima era incentrata più sui
brani tratti dall’ultimo album, la seconda è dedicata alle
canzoni più datate che splendono di luce propria per via di
immediatezza e credibilità ma che vengono messe un po’ in
discussione da un’esecuzione a volte un po’ poco fedele
all’originale.
Solo tre minuti, Un passo indietro e L’immenso sono accolte
con grande partecipazione e affetto. A questo punto Giuliano
incita al silenzio, il più bel “coro” che esista dice e parte
Nuvole e lenzuola. Poi Giuliano, in versione Aladino, prende
il volo su uno dei mega schermi che magicamente si gira
diventando una piattaforma-tappeto volante che porta Sangiorgi
in alto a tutti per Apollo 11: “Ciao a tutti” urla quando da
lassù canta le ultime parole della canzone “Irraggiungibile,
irraggiungibile”.
Uno zapping generale poi durante il quale vengono proiettate
scene prese dalla televisione italiana. Scorrono così le
immagini di Mario Monti, Bud Spencer, Roberto Farnesi, qualche
spot, una partita di calcio:
“Vi piace la televisione
italiana?” Domanda Sangiorgi tra i fischi del pubblico
(ovviamente indirizzati alle immagini), e terminato di cantare
Io non lascio traccia, aggiunge: “Non dovete avere paura di
dire che la televisione italiana è una merda. Forza, muovete
il culo!!” e… Io voglio molto di più.
Il concerto si chiude con “Polvere” e “Basta così” ma, colpo
di scena, sui titoli di coda arrivano “Luna” e “Parlami
d’amore”, non proprio due pezzi minori. Un live di grande
emozione!
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Torino festeggia il primo
maggio con il Jazz Festival
foto e testo: Vincenzo Nicolello
TORINO – Non è bastato un violento acquazzone per costringere
il pubblico a ritornare a casa, ma quell’acqua ha in compenso
costretto gli organizzatori a sospendere il concertone del
Torino Jazz Festival, una risposta raffinata e aristocratica
all’happening di piazza San Giovanni a Roma.
Anche il 1° maggio (così come i quattro giorni precedenti) ha
portato in piazza Castello a Torino circa 10 mila persone:
molte erano appassionate di jazz, ma altrettante erano lì a
sfidare il freddo e l’umidità per assistere ad un lungo
pomeriggio di buona musica.
La pioggia ha battuto incessantemente sugli ombrelli dei
presenti, che hanno comunque applaudito con convinzione i vari
ospiti che si sono alternati sul palco, presentati da Dario
Salvatori (il direttore artistico del Tjf), Fabio Giudice e
Rossana Casale.
Ad aprire la “Grande Festa Jazz” è stato Cfm Quartet, un
ensemble formatosi a Torino, nell’ambito della scuola di
musica, che si esibisce nei più prestigiosi jazz festival
italiani ed esteri, collaborando con i grandi nomi del
panorama internazionale. Subito dopo è arrivato il momento dei
Chorus, interessante formazione jazz “a cappella” che ha
presentato cover famosissime, spaziando da Fred Buscaglione ai
suoni Rhythm & Blues di New Orleans.
Il concerto è entrato nel vivo quando sul palco è salito un
vero mito italiano all’estero: Lino Patruno. Con il suo banjo
ha regalato momenti di grande jazz, mandando in visibilio i
presenti, nonostante qualche inconveniente tecnico l’avesse
privato delle spie.
Dopo di lui è arrivato il momento di “Greg and the Swingin’
Storm”, gruppo formato da sette musicisti romani legati da una
conoscenza ormai ventennale, ognuno dei quali porta la sua
carica per dare vita a un gruppo che produce una musica dallo
swing contagioso. Il leader Claudio Gregori, in arte Greg, è
noto al grande pubblico per la sua attività televisiva e
radiofonica: è infatti autore e speaker di “610” e fa parte
del duo comico “Lillo & Greg”. Questa fresca ventata musicale,
ha trascinato il pubblico in piena atmosfera “Blue’s
Brothers”, costringendo tutti a scatenarsi nelle danze più
sfrenate.
La piazza si è ricomposta quando sullo stage è salito il Trio
Rosenberg & Friends. La band olandese ha contaminato con
atmosfere gipsy e latino-americane la musica jazz, regalando
sensazioni di altissimo impatto.
Con il calare della notte ecco arrivare Chiara Civello.
L’artista, reduce dal Festival di Sanremo, è stata
accompagnata da un altro monumento vivente della musica jazz:
Fabrizio Bosso. Una voce limpida e sincera e una tromba
suonata in modo magistrale hanno regalato un valore aggiunto
ad una serata indimenticabile.
Indimenticabile come l’esibizione di Stefano Bollani (in
versione Danish Trio). Il genio del pianoforte, ormai
consacrato come figura planetaria della musica, ha iniziato ad
esibirsi, nonostante la pioggia iniziasse a cadere anche sul
suo strumento a coda. Sono stati 20 minuti intensissimi, prima
che l’acqua prendesse il sopravvento. Ad alzare bandiera
bianca è stata la strumentazione elettrica. Un black out che
ha consigliato gli organizzatori di sospendere il tutto, prima
che si potessero manifestare problemi di sicurezza. Il
pubblico ha sperato in una ripresa. E’ rimasto composto sotto
gli ombrelli ad aspettare, ma alla fine è arrivato il commiato
da parte di Dario Salvatori. Uno stop che ha fatto saltare
anche l’ultimo ospite in programma: Peppe Servillo,
celeberrimo frontman dell’orchestra Avion Travel che avrebbe
dovuto proporre un “tributo” ad Adriano Celentano.
Peccato davvero per questo finale, che ha cancellato in modo
traumatico il successo incredibile di una kermesse nata come
una scommessa e trasformatasi in un evento da 100 mila
spettatori, nei 5 giorni di programmazione.
L’unica consolazione è arrivata dal sindaco torinese, che ha
già promesso il patrocinio da parte del comune, per l’edizione
2013.
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Primo maggio: grande musica
per il concertone romano
foto e testo: Serena De Angelis
E’ arrivato anche quest’anno l’atteso tradizionale concertone
di Piazza S. Giovanni a Roma: nonostante la pioggia prevista,
la piazza è gremita di folla sin dalle prime ore del
pomeriggio.
Il cielo invece è divenuto azzurro nelle ore
centrali del pomeriggio e ha accompagnato le centinaia di
migliaia di persone per tutta la durata della manifestazione.
La conduzione quest’anno è affidata a Francesco Pannofino e
Virginia Raffaeli, supportati per la parte iniziale da Enrico
Capuano; lo slogan: La musica del desiderio, la speranza, la
passione, il futuro.
Il palco non è più girevole, come gli anni scorsi, ma ha un
meccanismo ancora più complesso: la parte centrale può
arretrare per lasciare il posto a due palchi laterali che
scorrono su dei binari.
Gli artisti arrivano infatti sui
palchi già allestiti, sui binari, come fossero passeggeri di
un treno.
In una giornata dove si festeggiano i lavoratori, oltre ai
vari musicisti in molti si sono avvicendati sul palco
passandosi il microfono per parlare di argomenti importanti:
primo tra tutti quello delle morti sul lavoro. Ma anche la
mancanza del lavoro stesso. Commovente e surreale il minuto
di silenzio chiesto da
Virginia quando il sole è
ormai calato, proprio per
commemorare le centinaia di
morti che avvengono sul posto
di lavoro ogni anno: dalle
prime file piano piano verso
il fondo della piazza, come
un’onda, si è disteso il
silenzio. Un’enorme piazza gremita da centinaia di migliaia
di persone, in silenzio, per un minuto sospeso nel tempo,
culminato con un applauso.
La diretta prende il via con l’inno di Mameli suonato dalla PFunking Band, una formazione di una decina di elementi di soli
fiati, seguito dall’immancabile Bella Ciao. Subito dopo il
palco viene invaso dagli energici e pazzeschi Stomp.
Molti gli artisti italiani che si alternano sul palco: da
Dente agli A67, dai Sud Sound System che fanno esplodere la
Piazza con Sciamu a ballare, a Marina Rei che canta mentre
suona la batteria, dal Teatro degli Orrori a Mannarino,
amatissimo a Roma e accolto con urla e applausi degni di una
rockstar.
E ancora i Nobraino, dove il cantante Lorenzo
Kruger si è letteralmente rasato tutti i capelli sul palco,
per
poi togliersi il cappotto, mostrare una divisa da
militare e fare il saluto dell’attenti.
Il cast di Boris sale sul palco per “non preannunciare”,
forse, una quarta serie, e per parlare del caso del Teatro
Valle occupato: gli applausi sono molti.
Ospiti internazionali gli americani Young The Giant, che hanno
cantato il successo passato in tutte le radio Cough syrup.
Poi è la volta di Vittorio Cosma, uno dei geni della musica
italiana con i suoi musicisti della Gnu Quartet.
E poi al bellissima e bravissima Nina Zilli esplosa in seguito
a Sanremo, talmente amata che è l’unica ad avere 5 pezzi in
scaletta.
Di estrema forza come sempre Stefano Di Battista che riesce a
tenere il palco da solo con il suo clarinetto, suonando l’Inno
d’Italia.
Meraviglioso poi Mauro Pagani, che dirige l’Orchestra
Sinfonietta per ospitare Elisa che canta i Beatles, ma anche i
Rolling Stones;
Raiz che canta i Led Zeppelin: Cachemir
suonata dall’Orchestra, Pagani che accompagna al violino e la
potente voce di Raiz. Pagani non solo suona il violino, ma
canta anche Purple Haze di Hendrix, accompagna Finardi che
canta Like a Rolling Stones e Manuel Agnelli degli AfterHours
che canta Shine on your crazy diamonds dei Pink Floyd.
Caparezza è esplosivo come sempre, scenografico come pochi,
per ogni brano ha un travestimento diverso. E non solo lui,
ma tutta la band, con scenografia al seguito, ovviamente.
Dall’enorme astronave gonfiabile per Io vengo dalla Luna, a
una ghigliottina, e una gabbia da Inquisizione essendo lui
giudicato “eretico”, fino a un enorme dito medio portato da
due della band, per il quale il Capa incita il pubblico a
mostrare ognuno il suo dito medio. E ci riesce: migliaia di
persone mostrano il dito medio al cielo. E alle telecamere.
Ultima ad esibirsi la rossa e sorridente Noemi che canta Hey
Jude e viene accompagnata addirittura da un coro degli
orchestrali stessi.
A mezzanotte in punto i saluti finali dei due bravi
conduttori, che chiamano il Patron Marco Godano a salire sul
palco, a seguire i ringraziamenti per un Concerto che è
riuscito proprio bene, con i giusti contenuti, e che ha
ricordato quel che doveva nella giusta misura, e soprattutto è
stato ricco di musica di straordinaria qualità.
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Marco Guazzone conquista Roma
foto e testo:
Serena De Angelis
Dopo numerosi concerti in giro per Londra tra pub e locali, in
Europa ad aprire i concerti del tour del newyorkese
Jay
Brannan, tra il 2008 e il 2010, e dopo aconvincever fatto da
spalla a nomi come Moby e Suzanne Vega, finalmente nel 2012
Marco Guazzone è protagonista di un tour tutto suo.
Nuova promessa della discografia italiana, ha pubblicato da
poco il suo nuovo album L’ATLANTE DEI PENSIERI, prodotto da
Steve Lyon (Depeche Mode, The Cure, Paul McCartney) e dalla
sua band, gli Stag.
L’album è stato anticipato dalla
partecipazione al Festival di Sanremo, dove ha spopolato con
il brano “Guasto”.
Il tour italiano 2012 è partito il 27 aprile dalla Salumeria
della Musica di Milano, e si concluderà il 12 Maggio a
Livorno. Con lui sul palco la band degli Stag: Giosuè Manuri
alla
batteria,
Suelo
Rinchiusi al basso, Andrea
Benedetti alla chitarra e
Stefano Costantini alla
tromba.
Ieri sera la data romana al Circolo degli Artisti: “questa è
la nostra città, ha detto Marco, ed è per questo che siamo
molto contenti, ma anche molto emozionati!”
Dopo l’apertura della band della cantautrice sudafricana Dear
Reader, la band di Marco entra sul palco: la scaletta alterna
pezzi “classici” come “Love will save Us”, il brano passato a
rotazione da Fox Life Tv per il promo di San Valentino, alcune
cover a sorpresa di famosi brani della storia della musica
italiana e internazionale e ovviamente tutte le canzoni del
primo album.
Marco è giovanissimo, ma il suo talento e il suo essere un
vero musicista, dovuto anche ad anni di studio fin da piccolo,
sono già evidenti: la sua voce, che a volte ricorda il mitico
Jeff Buckley, ma soprattutto le sue canzoni, ti rimangono
nella testa e il successo che sta riscuotendo è più che
meritato.
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Torino Jazz Festival: gran
successo per Dionne Warwick e
Billy Cobham
foto e testo di Vincenzo Nicolello
Siamo d’accordo, quando una manifestazione è a titolo gratuito
è abbastanza scontato che abbia successo. Ma alzi la mano chi
avrebbe scommesso su una tale folla per un evento tutto
dedicato al jazz?
Il Torino Jazz Festival è entrato nel vivo e a cavallo del
week end ha sparato due cartucce di grande fascino: Dionne
Warwick e Billy Cobham.
La prima è certamente un volto noto della musica pop/soul/jazz
americana. Una voce poderosa e una presenza scenica notevole,
nonostante la carta d’identità ci ricordi che ha superato la
settantina.
Il secondo è probabilmente una pietra miliare della batteria e
del ritmo. Lui che negli ultimi 40 anni ha stravolto il modo
di battere le bacchette su piatti, rullanti e gran cassa,
trasformando in modo irreversibile un genere musicale
storicamente ingessato.
Due concerti incredibili che hanno portato in piazza Castello
a Torino una folla da happening rock. Almeno 10-12 mila
persone per la Warwick, altrettante, se non di più per Cobham.
Ma andiamo con ordine, parlando dell’esibizione del 28 aprile.
Alle 21 in punto accompagnata dalla Torino Jazz Orchestra sale
sul palco la divina Dionne. La sua scaletta è rigorosamente
top secret, anche se in molti si aspettano di ascoltare i
pezzi scritti da Burt Bacharach. Così non è. Almeno all’inizio
la Warwick propone brani del suo ultimo Ep, Only Trust Your
Heart , dedicato a Sammy Cahn. Quindi arriva il momento di
Bacharach e quindi anche di una rivisitazione di Begin the
Beguine, prima di lei proposta da Ella Fitzgerald, Frank
Sinatra ed anche Artie Shaw. Il gran finale è dedicato al suo
pezzo più famoso: Never Love this Way Again, scritto per lei
da Barry Manilow. Un’ora e un quarto di musica da sognare ed
un unico rammarico per tutti i presenti: nessun bis. Alle
22.15 la divina lascia il palco e sparisce nella tiepida notte
torinese.
Passano 24 ore e sullo stesso palco arriva Billy Cobham. Se
per gli addetti ai lavori la sua abilità è indiscussa, per il
popolo torinese, giunto in grande numero in piazza, c’è da
scoprire con una certa curiosità, come sia possibile fare
spettacolo con una batteria.
Ci vuole davvero poco per capirlo. Cobham al centro del palco
inizia a fare virtuosismi incredibili, accompagnato dalla sua
band. Le bacchette volano leggere, quasi a dimostrare che il
talento rimane cristallino, anche con il passare degli anni.
Il suo repertorio forse non è così famoso come quello proposto
dalla Warwick, ma la musica è vibrante, coinvolgente e
soprattutto jazz. Una piazza intera applaude e dimostra di
gradire un qualcosa che probabilmente dovrebbe essere di
nicchia ed invece diventa popolare.
Dopo queste due esibizioni, non resta che dare atto
all’Amministrazione comunale Torinese di aver avuto ragione a
scommettere su questo festival, affidandolo alle sapienti mani
di Dario Salvatori, che lo ha trasformato in un evento per
tutti.
Ora si attende con ansia la giornata di chiusura, quando è
previsto un happening di 8 ore consecutive. Tra gli artisti
più attesi di questo 1° maggio “made in Torino”: Lino Patruno,
Chiara Civello e, soprattutto, Stefano Bollani, che in
compagnia del Danish Trio, farà di tutto per far amare il jazz
anche al più scettico dei torinesi.
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I Subsonica fanno (s)ballare
Roma
foto di Federico Aniballi – testo di Francesco Corbisiero
1997: in Italia c’era ancora il governo Prodi ( il primo ), in
Inghilterra varcava le porte di Downing Street Tony Blair.
Dario Fo vinceva il Premio Nobel per la letteratura. Il rapper
americano Notorius B.I.G. veniva assassinato a Los Angeles. E
un gruppo di ragazzi torinesi provenienti da esperienze
musicali diverse dava alle stampe il loro primo album.
2012: è l’anno delle Olimpiadi a Londra, delle elezioni
presidenziali in Francia, della nevicata a Roma e delle
rivolte popolari in Siria. E soprattutto quei ragazzi di
Torino nel frattempo sono un po’ invecchiati, hanno raggiunto
vette di popolarità inaudite, oltre a un nutrito seguito di
adepti. Hanno pubblicato l’anno prima il loro sesto album in
studio, hanno affrontato un tour acustico in giro per i teatri
d’Italia, uno in Europa ( ovunque sold-out anche fuori dai
confini nazionali ) e si apprestano a celebrare il 15°
anniversario di quella loro primo cd che ha segnato la nascita
di una creatura che è una band e che si chiama Subsonica.
1° assunto fondamentale: se non avete mai visto live un
concerto dei Subsonica, beh, fatelo. E’ una di quelle
esperienze che vi cambia. Dopo, la parola ‘divertimento’ per
voi non avrà più lo stesso significato e il termine ‘concerto’
vi apparirà inadeguato a descrivere quegli spettacoli di
gruppi mollaccioni che sul palco amano pavoneggiarsi donando
al pubblico a malapena l’1% di quello che sono. I Subsonica
non sono un gruppo, sono una macchina da guerra. Una bomba ad
orologeria ben collaudata, capace di far saltare le vostre
gambe, che vi piaccia o no, in grado di trasformare un
palazzetto in un’enorme, scatenata, appassionata dancehall.
2° assunto fondamentale: se cercate il tentativo più riuscito
in Italia di ricerca musicale, nel senso più
ampio, non
potete che rivolgervi a loro. Una band che è partita proprio
dal fervore degli anni ’90, mischiando le influenze del triphop della scena di Bristol col funk, col rock e l’elettronica
dei Chemical Brothers, il tutto coronato dai testi importanti
e dalla voce di Samuel, dalle parti di chitarra mai banali di
un monumento vivente alla musica chiamato Max Casacci, da
quello che probabilmente è uno dei tastieristi più talentuosi
d’Europa ( Boosta ), dai silenziosi e pazienti operai dei
ritmi, indispensabili, Vicio e Ninja, rispettivamente al basso
e alla batteria. E, a farla da protagonista, una discografia
che è un gioiello, un disco migliore dell’altro. E gli ultimi
3 ( ‘Terrestre’, ‘L’eclissi’ e ‘Eden’ ) che rappresentano
picchi altissimi della musica in Italia. I Subsonica sono come
uno di quei vini di terra sabauda: più invecchiano, più
diventano saporiti e si fanno gustare, ricchi di retrogusti,
sfumature e colori.
La prima volta che vidi un loro concerto, lo scorso giugno
all’Ippodromo delle Capannelle per il Rock in Roma, spinto
dalla frenesia del mio migliore amico, loro fan sfegatato, il
risultato non fu bello. Fu perfetto: una scaletta da pelle
d’oca, una partecipazione di pubblico inaudita, un
divertimento colossale, un pogo selvaggio da cui si uscì con
le ossa rotte e vari stiramenti a fare da postumi il giorno
dopo, sbronzi di una musica coinvolgente. Stavolta è diverso,
sono solo, seduto sugli spalti, ad ascoltarli da vero nerd
della musica e non soltanto da fan, ma il risultato non
cambia. Mi ritrovo qui, al Palalottomatica, in una fresca e
piacevole serata di fine aprile. C’è un mucchio di loro fan,
tra cui la percentuale di ragazze splendide è altissima, ma
non mi lascio distrarre.
Salgono sul palco con le luci accese, gli abiti dell’epoca e
gli strumenti che usarono per registrare quel loro primo
disco, le cui canzoni sono elemento unico della prima parte
del concerto. Infatti s’inizia con ‘Come se’, ‘Cose che non
ho’, ‘Istantanee’, ‘Onde quadre’, ‘Radioestensioni’ e ‘Per
un’ora d’amore’. La prima parte si conclude con la versione
acustica di quello che fu il singolo spartiacque, ‘Tutti i
miei sbagli’, cantata da Samuel e accompagnata da Max e
Boosta. Da segnalare anche la presenza per alcuni brani di
Pierfunk, bassista originario dei Subsonica, non più nel
complesso dal 1999. Dopo il grande telo con il simbolo del
gruppo scende a coprire la visuale, i componenti si cambiano
d’abito, sostituiscono gli strumenti, il palco si amplia e
comincia il secondo atto. Partono in sequenza ‘Ratto’, ‘Aurora
sogna’ e ‘Depre’. Sulle note di ‘Liberi tutti’ e ‘Il diluvio’
il palazzetto letteralmente esplode in un ballo disinibito e
liberatorio. E poi ancora ‘L’errore’, ‘Tu menti’ ( canzone dei
CCCP- Fedeli alla Linea, già coverizzati nella tourneè estiva
con ‘Io sto bene’ ), ‘Colpo di pistola’, ‘Istrice’, ‘Nuova
ossessione’ ( su calorosa richiesta del pubblico ), ‘La
glaciazione’, ‘Il cielo su Torino’, ‘Discolabirinto’, ‘Up
patriots to arms’ ( tributo a Franco Battiato e registrata in
studio con il Maestro siciliano per un repackage autunnale di
‘Eden’ ), ‘Preso blu’, ‘Nuvole rapide’, ‘Benzina Ogoshi’ e
‘Nicotina groove’, presentata sull’onda dei ricordi dei primi
giorni di quella che sarebbe stata una lunga storia, non
ancora conclusa. E per tutto il concerto un lancio di pallucce
colorate da parte del pubblico sul palco, accolto con ilarità
e simpatia dalla band.
A tratti sembrava che non volessero proprio andare via dalla
piattaforma, che volessero suonare ancora e la platea
adorante, state sicuri, glielo avrebbe lasciato fare. I
Subsonica sono così: vivono nel loro rapporto con chi li
ascolta e dal vivo danno tutto, i fan lo sanno. Non è un caso
se un sondaggio li vuole come la band italiana più acclamata
al momento. Ed è un momento che sembra non avere fine, una
continua, prolissa presenza nell’Olimpo dei gruppi più amati.
Merito del loro saper essere alla portata di tutti, mainstream
e underground insieme, impegnati e anche leggeri, quando
serve. Di seguire la propria strada e le proprie intuizioni
senza scontentare nessuno. E se vi chiedessi di trovare un
altro gruppo del genere, fidatevi, voi non ci riuscireste. Ve
lo spiego io il perché: perché non esiste.
Organizzazione Evento Goigest/Godzillamarket srl
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Claudio Santamaria & Jazz All
Star al Parioli di Roma
Ultimo appuntamentoal Teatro Parioli Peppino De Filippo, per
“Parioli in Musica”, lunedi 30 aprile, con l’ “Omaggio ai
poeti della canzone Italiana”, presentato da Claudio
Santamaria, nell’insolita veste di cantante, accompagnato da
una Jazz All Star composta da alcuni dei più importanti
musicisti del jazz italiano: Roberto Gatto alla batteria,
Fabio Zeppetella alla chitarra, Ares Tavolazzi al contrabbasso
e Ramberto Ciammarughi al pianoforte.
Verranno eseguiti brani di Piero Ciampi, “Ha tutte le carte
in regola”, “Te lo faccio vedere io chi sono”,”Adius”, di
Luigi Tenco “Averti tra le braccia”, “Quasi sera”, “Vedrai
vedrai”, “Quando”, di Fabrizio De Andre’ “La canzone di
Marinella”, “Un blasfemo” “Quello che non ho”, di Giorgio
Gaber,“La libertà” e altri brani ancora in via di definizione.
Chiuderà il concerto “Nun te regghe chiù” di Rino Gaetano con
un testo attualizzato ai giorni nostri.Aprirà il concerto
Fabio Mercuri.
Subsonica: farlo in casa è
meglio
foto e testo: Vincenzo Nicolello
Quello del Palaolimpico di Torino non era soltanto un
concerto, ma una grande festa popolare per celebrare
degnamente i 15 anni di attività dei Subsonica nella loro
città di origine.
Samuel, Max, Ninja, Boosta e Vicio hanno preparato con cura
questa serata, allestendo un palco molto stretto e creando
quelle atmosfere fumose che respiravano all’inizio della
carriera, quando a seguirli c’erano pochi fan e quei fan erano
conosciuti per nome.
Oggi la situazione è cambiata. In quindici anni ne è passata
di acqua sotto i ponti. La band è maturata, ha vissuto
l’uscita di “Pierfunk” (per
altro ospite della serata e
protagonista di un “cameo”
nel corso del concerto),
vivendo anche una certa crisi
di identità, quando per
qualche tempo l’elettronica
ha lasciato spazio al rock,
stravolgendo
un’identità
consolidata e amata.
Sono passaggi obbligati nella carriera degli artisti, che
portano a maggiore consapevolezza e, magari a rinnegamenti di
scelte fatte. Tutte queste riflessioni
prepotentemente lo scorso 26 aprile.
sono
emerse
Samuel con il suo inseparabile “Vocoder” ha iniziato a
presentare la storia musicale del gruppo, omettendo
accuratamente di proporre i brani del penultimo album
L’eclissi, nonostante dalla platea venissero richiesti a gran
voce alcuni pezzi. E’ stata una scelta rigorosamente voluta e
sottolineata a più riprese.
Che dire del concerto? L’atmosfera era quella giusta, così
come il colpo d’occhio. Del resto il record di spettatori per
il Palaolimpico è detenuto proprio dai Subsonica, che
raccolsero nell’ultima esibizione oltre 18 mila paganti.
Questa volta qualche spazio vuoto si è visto, ma siamo
pressoché convinti che ci sia discostati pochissimo da quel
record.
L’impressione musicale della serata è stata positiva, anche se
è emersa una certa difficoltà nel rodare. Stanchezza?
Emozione? Di sicuro l’esibizione ha preso piede a partire
dall’ “encore 2”, quando finalmente il torpore ha lasciato
spazio alla loro vera essenza. Samuel ha iniziato a
scorrazzare come una gazzella sul palco e lo spettacolo ha
preso piede. Un’altra piccola pecca è parsa quella dell’audio:
il suono risultava un po’ sporco, ma comprendiamo come
talvolta trovare un giusto set al mixer, specie in aree così
vaste e rimbombanti, può non essere un’impresa agevole.
Dopo due ore e una trentina di pezzi i cinque ragazzacci
terribili sono ritornati nel backstage: ora li aspetta
“Istantanee tour x15” che proseguirà fino all’estate, quando
la loro musica uscirà dai palazzetti e inebrierà gli spazi
aperti.
Scaletta del 26 aprile
Come se
Cose che non ho
Istantanee
Onde quadre
Radioestensioni
Giungla Nord
Per un’ora d’amore
Funkstar (acustica)
Tutti I Miei Sbagli (Acustica)
Ratto
Aurora sogna
Depre
Liberi tutti
Il diluvio
L’errore
Tu menti(CCCP cover)
Colpo di pistola
Istrice
Il cielo su Torino
La glaciazione
Discolabirinto
Nuvole rapide
Nuova ossessione
Up patriots to arms(Franco Battiato cover)
Tutti i miei sbagli
Preso
Blu
Benzina Ogoshi
Nicotina Groove
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Dalla lirica al gothic rock
con i maestosi Nightwish
Foto e testo: Stefanino Benni
Musica symphonic metal e ghotic Rock per i finlandesi
Nightwish in uno spettacolo denso di luci e di bellissima
musica che delizia i palati dei numerosissimi fan accorsi al
Mediolanum Forum di Assago (MI).
Nati nel 1996 dall’idea del genio musicale Tuomas Holopainen
(tastierista e compositore, dallo sguardo diabolico), che con
questo symphonic metal orchestrale regala nei live anche
scenografie di tipo cinematografico.
Atmosfere nordiche da sogno e mistiche che hanno fatto di
questo gruppo uno dei più importanti testimoni per il loro
genere, ed il seguito di pubblico ne è anche la prova di tale
successo mondiale, coronato da diversi dischi d’oro e di
platino fino poi ad aggiudicarsi nel 2008, nell’ambito degli
MTV Europe Music Awards, la vittoria nella categoria Best
Finnish Act nonché una nomination nella categoria Europe’s
Favourite Act.
A gennaio 2012 ha avuto inizio il nuovo tour per il lancio del
nono e bellissimo album “Imaginarium”, che è una accuratissima
fusione tra heavy metal, musica lirica, atmosfere gothic/dark,
con parti tipiche di colonne sonore cinematografiche.
Definirei una vera e propria “Opera Gothic Metal” dove la voce
della frontwoman svedese Anette Olzon ha sostituito ormai da
qualche tempo la prima bravissima cantante Tarja Turunen.
Un grandissimo ritorno alle scene per i NIGHTWISH,
accompagnati dall’interessantissimo gruppo heavy metal dei
finlandesi Battle Beast.
Organizzazione Barley Arts
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