‘OFFERTE’ ILLEGALI? Riceviamo e pubblichiamo per ricordare il nostro ruolo (iscritti) a chi offre il proprio ‘fianco’ a tutti coloro che offrono servizi giornalistici in cambio di pubblicità. E’ accaduto con l’evento Louis Vuitton, marchio registrato, e prosegue senza tregua. GIORNALISMO E PUBBLICITA’ La situazione La Commissione Culturale del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, con la collaborazione del Segretario nazionale Vittorio Roidi, del delegato dell’Esecutivo, Claudio Santini e del consigliere Sergio Miravalle, sta affrontando il tema “Giornalismo e pubblicità” per proporre al Consiglio Nazionale una bozza di decalogo in merito. Dalle varie riunioni finora tenute è emerso un labirinto dagli infiniti “passaggi” nei quali scorrono i vari settori dell’informazione. Il settore a più alto rischio pubblicitario risulta essere quello dei periodici femminili che frammistano “notizie” su stili, modelli, novità industriali, sì da fare apparire “interi servizi giornalistici come vere vetrine commerciali”. Copertine che presentano lo stilista come “giornalista” o “condirettore” della stessa pubblicazione, mentre l’interno del numero è dedicato tutto allo stesso stilista con i vari “prodotti” delle sue “linee”. Direttori delle testate di moda che fanno spudoratamente da testimonial nel presentare prodotti di vario tipo, dai profumi alle auto. Il turismo si presenta, sulla stampa, non soltanto con l’informazione “culturale”, “climatica” o “ambientale” ma con la velata o, a volte chiara, esposizione dei plus, dovuti al coinvolgimento del giornalista, grazie al viaggio o all’ospitalità gratuiti. Lo stesso si deve dire del collega che presenta un servizio turistico in televisione. Il settore dell’editoria turistica ci si dice viva sul 95% di pubblicità, risparmi e assistenze promozionali. Illustrazioni e testi gratuitamente forniti da “cartelle stampa”, viaggi e soggiorni a spese dei “fabbricanti” di prodotti, degli organizzatori o promotori. Il giornalista è non “inviato” ma “inviato speciale”. Accanto al turismo va lo sport. Vi sono trasmissioni televisive nelle quali giornalisti e tecnici, ad esempio di F1, dibattono un Gran Premio. Il “parterre” vede la presenza di una moto, nel nuovo modello e di una brillante autovettura: a fare da “comparse fisse”. Pubblicazioni specialistiche e accreditate promuovono sondaggi per giudicare l’auto “più”. La vittoria viene assegnata all’auto della casa costruttrice che ha concesso più pubblicità. Aziende automobilistiche invitano, a meeting di presentazione di un “modello”, colleghi conosciuti come “sempre disponibili”. Il giornalista “tecnico” prova un’autovettura o una moto, ne descrive i pregi, le novità ed altri lati tecnici, difficilmente ne tocca i difetti, e a volte sbanda… accennando al concessionario cui rivolgersi. Possiamo parlare dell’editoria, dove non c’è la presentazione generica delle nuove proposte, ma quella “riservata” e “scelta” e, naturalmente, “interessata”. Nella enogastronomia: ecco, a seconda delle stagioni, apparire pagine intere sui quotidiani o le più disparate “linee” in Tv. E non possiamo dimenticare i giornalisti “modelli” per abiti o camicerie, oppure “attori” sullo schermo televisivo dissertanti su un “biscottino”. Hanno fatto da testimonial quindi dando forza, verso il pubblico lettore o spettatore, alla validità “indiscutibile” del prodotto commerciale, vantando, infine, di avere sì partecipato nel “messaggio” ma devolvendo il ricavato in beneficenza. Informazione e comunicazione Noi desideriamo parlare di giornalismo, cioè: informazione. Purtroppo le nuove frontiere che si sono aperte nella formazione al giornalismo e che passano sotto il titolo di “scienza della comunicazione” permettono interpretazioni e formazioni professionali errate. Non esplicitamente ed esclusivamente di “giornalismo” come è scritto nella legge ordinistica la quale, sola, dà titolo professionale. Gianni De Felice ci suggerisce di pensare alla nuova frontiera degli Uffici Stampa in Enti pubblici e, noi aggiungiamo, privati: dove si scopre la distinzione fra “comunicazione” (al servizio di chi vuole far sapere) e “informazione” (al servizio di chi vuole sapere). Purtroppo, però, oggi comunicazione, informazione, promozione (o pubblicità) sono in certi casi sovrapposte e intimamente interconnesse al limite di buon gusto e di leggi. In realtà, attraverso questo innaturale impasto scorre il grande fiume della pubblicità occulta e dell’informazione “di servizio”, l’informazione “taroccata” oppure detta “marchetta”. Nell’indagine testè compiuta da questa Commissione su “giornalismo oggi: informazione o manipolazione?” con interviste rivolte ai Direttori dei maggiori Media nazionali, alla domanda: “secondo lei è più grave per un giornalista censurare la notizia, bucare la notizia, esagerarla, edulcorarla o ignorarla”, Ferruccio De Bortoli ha risposto: “il giornalista che divorzia dalla notizia forse è meglio che cambi mestiere. Se un giornalista pensa di edulcorarla o di esagerarla è ancora un pessimo giornalista ma è sicuramente al servizio di qualcuno. Un buon giornalista si muove con il barometro della propria conoscenza, della propria moralità e della propria etica della funzione. Qualche volta sbaglia ma l’importante è che non sbagli per conto terzi”. In questo caso, nel nostro caso, i terzi sono i “committenti” che trasformano il giornalista in “copywriter” e l’informazione in pubblicità o, a volte, “comunicazione”. Esame critico Ora, dinnanzi al drammatico quadro generazionale del “giornalista pubblicitario”, dei giornali con “redazionali pubblicitari”, dei “periodici pubblicitari”, dei giornaletti o inserti “cataloghi commerciali”, dei giornalisti “testimonials” televisivi ed altro, l’operazione più immediata da fare è rileggere la legge ordinistica che abbiamo, riproporla ai vari settori di controllo e di formazione, fissando, poi, punti chiave o “paletti” nei quali il giornalista deve sentirsi “rispettoso”. Quando un giornalista, tanto più se noto e stimato, si presta a pubblicizzare un prodotto di consumo (auto, moto, vino, telefonino, biscotto, ecc.) ne accredita l’affidabilità con la sua stessa figura professionale (C.A.). Perché, se non per questo, l’azienda produttrice affida ad un volto noto del giornalismo la promozione di un suo prodotto? Diverso è prestarsi gratuitamente per “assistere” o “promuovere” un’iniziativa umanitaria di grande portata, per la quale viene dichiarato, in modo chiaro e ben visibile, il motivo della presenza di quel giornalista. Un fenomeno da eliminare o, almeno, da limitare, è quello di fare interviste su sfondi pieni di cartelli (o cartellini) pubblicitari. Tali operazioni non devono essere generalizzate ma limitate a espliciti “momenti” di immediato “post avvenimento sportivo”. Altro intervento che questa Commissione segnala riguarda l’invalso uso – da parte di un conduttore – dell’interruzione di una trasmissione televisiva per dare spazio alla pubblicità. Riteniamo che questo atto sia un invito esplicito a dedicare attenzione agli “spots” che seguono: è fare “pubblicità” e corrisponde all’altro tipo di giornalismo, quello della carta stampata, quando il redattore frammista un “pezzo” con un “annuncio pubblicitario”. L’informazione economica e finanziaria, inoltre, che già gode di un codice di autoregolamentazione, del quale vedremo in particolare nelle proposte in conclusione, mostra espliciti vuoti di autocontrollo: tacere sul possibile conflitto di interessi fra l’editore e le notizie che lo riguardano pubblicate sul suo stesso giornale, può di fatto costituire una specie di commistione tra informazione e pubblicità. Stato, questo, che la Commissione ribadisce proponendo che lo stesso venga sottoposto a sanzioni. Il piano etico deontologico Nel quadro del grave argomento finora esaminato, pensare che i Consigli regionali dell’Ordine possano assumere, di volta in volta, atteggiamenti interpretativi e applicativi di autonomia, non può essere ritenuto corretto. La legge ordinistica esistente, nei punti essenziali, dal 1963 è chiara ancorché necessaria di perfezionamento dovuto ai vari “nuovi tempi” professionali apparsi e che stanno apparendo. Pertanto, partendo dai punti essenziali di quella legge possiamo stendere il nuovo piano etico professionale del giornalista di fronte alla pubblicità. Un piano etico e deontologico che dovrà essere vissuto, discusso, perfezionato e, poi, inculcato soprattutto nelle Scuole di giornalismo, nei Master e portato, oltre che richiesto, agli esami professionali. Dobbiamo, tutti insieme, proporre regole precise, condivise – forse coinvolgenti Fnsi, Fieg, AP – che tengano conto, come accennato sopra, degli sviluppi tecnologici di stampa, tv, radio, internet. REGOLAMENTO DEONTOLOGICO 1) L’Ordine dei Giornalisti, con i suoi poteri di Ente pubblico, vigila nei confronti di tutti e nell’interesse della collettività, sulla rigorosa osservanza di quella dignità professionale che si traduce, anzitutto e soprattutto, nel non abdicare mai alla libertà di informazione e di critica e nel non cedere a sollecitazioni che possano comprometterla (Sent. n. 11/1968 Corte Cost.) 2) La fissazione di norme interne, individuatrici di comportamenti contrari al decoro professionale, ancorché non integranti abusi o mancanze, configura legittimo esercizio dei poteri affidati agli Ordini professionali, con la consequenziale irrogabilità, in caso di inosservanza, di sanzione disciplinare (Sent. n. 7543-9/7/1991 – Cass. Civ.) 3) La pubblicità deve essere palese, veritiera e corretta (Art. 1, comma 2, D.L. 25/1/1992 n. 74) 4) E’ diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà di informazione e di critica … (Art. 2, Legge n. 69/1963) 5) Costituisce illecito disciplinare, in quanto contrario al prescritto dovere di lealtà nell’informazione, il comportamento del Direttore responsabile di un periodico, che avalli la pubblicazione di una copertina e di articoli dotati di contenuto pubblicitario non chiaramente differenziato rispetto al dato informativo (Trib. MI 11/2/1999). 6) E’ dovere del Direttore di un giornale o di un periodico evitare che prodotti reclamizzati vengano confusi con quanto, nella stessa pagina, è argomento redazionale. 7) Di fronte a iniziative di marketing e puramente pubblicitarie, il Direttore di un giornale o di periodici, deve vegliare e dissentire. 8) Il giornalista che redige articoli a sostegno di campagne pubblicitarie o che accetta che il suo pezzo compaia in pagine o inserti la cui natura è chiaramente promozionale, deve togliere la propria firma. 9) Il giornalista non può fare spot pubblicitari né può prestare il proprio volto ad essere testimonial di prodotti o di aziende commerciali. 10) La pubblicità televisiva e radiofonica deve essere riconoscibile come tale ed essere distinta dal resto dei programmi con mezzi ottici o acustici di evidente percezione (Legge n. 223/1990) 11) Il giornalista televisivo o radiofonico, conduttore di un programma, non può prestarsi a lanciare uno spazio pubblicitario interrompendo il programma. Diventerebbe egli stesso promotore di quella pubblicità. 12) L’art. 5 del Codice di autoregolamentazione per l’informazione economica e finanziaria stabilisce che il giornalista, tanto più se ha responsabilità direttive, deve assicurare un adeguato standard di trasparenza sulla proprietà editoriale del giornale e sull’identità di eventuali interessi di cui siano portatori i suoi analisti e commentatori esterni in relazione allo specifico argomento dell’articolo. In particolare va precisato al lettore chi è l’editore del giornale quando un articolo tratti problemi economici e finanziari che direttamente lo riguardino e possano in qualche modo favorirlo o danneggiarlo. 13) Il giornalista che compia viaggi organizzati da società private o pubbliche è tenuto a rispettare il valore etico dell’obiettività fornendo tutte le informazioni sulla materia oggetto del servizio e sulle opportunità offerte dal mercato. 14) Il giornalista rifiuta pagamenti, rimborsi spese, elargizioni, vacanze gratuite, trasferte, inviti a viaggi, facilitazioni, tutto che possa condizionare il suo lavoro e l’attività redazionale o ledere la sua credibilità e dignità professionale. 15) Il giornalista che partecipa ad un viaggio a nome di una testata lo farà soltanto previo esplicito accordo con il giornale interessato. 16) Un articolo collocato in una rubrica dedicata alla salute o alla bellezza contenente specifici riferimenti, anche fotografici, a determinati prodotti nonché ad un eventuale inserto recante consigli sull’igiene, accompagnati dall’indicazione dei prodotti da prediligere con relativa documentazione fotografica, è da qualificarsi come messaggio ingannevole (Provv. N. 3618 – 15/2/1996 Antitrust)