Ruben De Luca - Classificazione di Pietro Pacciani come serial

Ruben De Luca - Classificazione di Pietro Pacciani come serial killer-artista
Pietro Pacciani ha realizzato una serie nutrita di disegni sul retro delle pagine di un librettino dattiloscritto
intitolato «La Passione di Gesù». Si tratta di un testo di meditazione e preghiera che tratta la sofferenza e la
morte di Cristo ed è molto probabile che la scelta di realizzare le sue rappresentazioni grafiche proprio su
questo supporto non sia stata casuale, ma dettata dalla precisa volontà di mischiare l'argomento della
religiosità con la violenza, il sesso estremo e la morte, cioè i temi dei suoi disegni. (1)
Il testo è formato da cinquantotto pagine e il retro di quarantanove di esse è riempito dalle creazioni di
Pacciani, disegni eseguiti a matita o a penna, in bianco e nero, ognuno dei quali è formato da più figure che
arrivano a un totale di circa un centinaio. Il soggetto è sempre lo stesso: uomini e, soprattutto, donne
intente in attività sessuali nelle quali sono presenti elementi di violenza e degradazione. Analizziamo in
dettaglio alcune di queste rappresentazioni.
Figura 1: nel disegno sono raffigurate due coppie e un trio di persone nude e impegnate in pratiche
sessuali, eppure non si possono classificare come rappresentazioni pornografiche atte a stimolare un
desiderio erotico, perché il loro obiettivo principale è di esprimere violenza e terrore. Fra i personaggi è
assente qualsiasi forma di intimità: lo sguardo della donna è sempre diretto verso un punto lontano,
comunicando l'impressione di un essere del tutto passivo e privo di volontà. La sessualità non implica
relazione e partecipazione, ma è soltanto un'imposizione che si deve subire. Nel disegno della parte
superiore del foglio, la figura maschile si lancia su quella femminile con l'enorme fallo eretto puntato in
direzione della vagina come se fosse un'arma pronta a colpire, un coltello che deve trafiggere la carne della
vittima, mentre la donna resta immobile e a gambe spalancate. Nel disegno centrale, l'uomo penetra la
femmina da dietro, quasi con l'intenzione di sottolineare la bestialità dell'atto vissuto come semplice sfogo
fisico. L'apoteosi della mancanza d'intimità si raggiunge nell'ultimo disegno in basso, nel quale viene
distrutto anche il concetto di rapporto diadico, dato che i protagonisti del rapporto sessuale sono tre, come
se l'Autore volesse dare l'idea che si tratti di una specie di violenza sessuale consumata in gruppo.
Figura 2: in questo disegno la simbologia diventa un po' più raffinata rispetto al precedente e non viene
raffigurata l'esternazione immediata della bestialità. Vediamo un signore seduto sopra una poltrona, un
uomo elegante in giacca e cravatta, che mostra un sorriso perverso mentre pronuncia alcune parole a una
donna dalla corporatura enorme inginocchiata di fronte a lui, completamente nuda a parte un paio di
scarpe con i tacchi, e che ha stampata sul viso un'espressione di paura mista a disgusto. Anche in questo
caso, come nella figura precedente, regna la spersonalizzazione e la mancanza d'intimità, infatti lo sguardo
della donna è rivolto altrove mentre accarezza il viso dell'uomo. Il titolo dato dall'Autore al disegno è
abbastanza significativo: «Eva e Adamo. Lo sguardo nel vuto» (cioè «vuoto»). L'errore di ortografia può
essere una semplice distrazione oppure indicare uno stato di eccitazione nel quale Pacciani ha eseguito il
disegno. Stesso discorso vale per «ho» nella didascalia al posto del corretto «oh». Il binomio fra sesso e
morte è chiarissimo nella parola «vieni» che rimanda a un contesto sessuale, mentre il «Ho ti strozzo»
evidenzia l'intenzione di uccidere del soggetto maschile. Che non si tratti di un rapporto amoroso ordinario,
si denota anche dal fatto che l'uomo è completamente vestito, mentre la donna è nuda, in una chiara
accentuazione del suo ruolo di sottomissione al volere del padrone maschile che controlla la situazione. Il
tema centrale della rappresentazione è il desiderio di uccidere una donna nuda per provare un piacere
sessuale.
Figura 3: qui la rappresentazione della bestialità raggiunge l'apice e non è più soltanto simboleggiata dalle
azioni perverse dell'essere umano, ma è mostrata direttamente con l'introduzione di una figura animalesca
reale, un gorilla intento a defecare e, contemporaneamente, a eiaculare con il membro eretto. La scelta di
disegnare una scimmia non sembra affatto casuale, essendo il più antropomorfo degli animali, quindi quello
che riesce a sintetizzare meglio l'unione fra l'umano e il bestiale. Accanto al gorilla, è raffigurata una donna
che indossa una minigonna e regge in mano un fucile; una didascalia ci informa che si tratta di una «Donna
a caccia di uccelli e brava», dove il doppio senso erotico sulla parola «uccelli» è decisamente voluto. Sotto il
gorilla, c'è l'immagine di San Gabriele Arcangelo ed ecco che si completa la rappresentazione simbolica di
una perversione che unisce l'eccitazione bestiale (il gorilla), la vittima designata e compiacente (la donnaputtana a caccia di «uccelli») e una sorta di religiosità missionaria (l'angelo). Come figure di contorno, ci
sono due cervi in lotta fra loro, la cui immagine accresce la dimensione di violenza del disegno; ma
l'elemento più importante si trova in basso a destra: la rappresentazione di un'automobile, un'utilitaria,
presente in tutte le scene dei crimini del «Mostro di Firenze».
Figura 4: come nella figura precedente, anche qui emerge con prepotenza la concatenazione sessualitàvolgarità-violenza-sacro, attraverso il disegno di una donna enorme che «scoreggia» e «ha sfondato la
terra». Sui seni nudi, c'è un crocifisso.
Figura 5: il disegno s'intitola «Amor fraterno: l'uomo e la bestia» e, in questo caso, il tema spesso ricorrente
dell'unione fra l'umano e il bestiale è trattato in maniera più delicata rispetto alle raffigurazioni precedenti.
Un animale, mezzo asino e mezzo cervo, bacia un uomo sulla bocca e l'elemento più caratteristico
dell'opera è la stretta somiglianza fra il volto del cacciatore e quello dell'animale: hanno lo stesso pelo, le
stesse pieghe cutanee e lo stesso sguardo. Sembra quasi di assistere a una specie di metamorfosi da uomo
a bestia ed è evidente cosa ciò vuole rappresentare: in ogni uomo esiste una parte bestiale legata agli istinti
che, in determinate circostanze, può venire allo scoperto.
Figura 6: si riscontra lo stesso tema del precedente, la simbiosi uomo-animale, ma con una confusione
ancora maggiore perché le diverse figure non sono più separate, ma si fondono fra loro: il gallo è vestito da
uomo; l'ochetta, identificata con la donna, sembra quasi indossare un abito monacale; nella parte bassa
della pagina, ci sono due galline e il commento: «La gallina senza mutande. Se ti prendo, lo senti».
Attraverso la sovrapposizione tra uomo e animale, Pacciani vuole comunicare che il rapporto sessuale
comporta sempre una perdita di elementi razionali a favore di una parte marcata di istintualità che prende
naturalmente il sopravvento.
Figura 7: questo disegno è particolarmente interessante perché è interamente dedicato alle armi e, dalla
meticolosità mostrata da Pacciani nella descrizione dei particolari, si comprende che le conosceva molto
bene: non fa riferimento solo a fucili o ad armi pesanti da guerra, come i carri armati, ma anche alla pistola,
raffigurata nei suoi componenti con la massima precisione. Anche nell'evenienza che abbia copiato, la
riproduzione fedele dei dettagli indica un forte interessamento e una buona conoscenza dell'argomento.
Nel disegno, risulta molto evidente l'associazione fra armi da fuoco e il membro maschile; sono raffigurate
tutte armi a canna e sono messe in bella mostra le pallottole, che escono come una specie di sperma letale.
Figura 8: qui sono raffigurate due aquile in volo e l'animale è un chiaro simbolo di potenza e aggressività. In
basso a destra, c'è anche la vittima designata e completamente impotente, «l'agnello di Dio, che togli i
peccati del mondo, povera bestia». È abbastanza evidente come Pacciani si sia identificato nell'aquila, il
rapace pronto a colpire la sua preda.
Figura 9: è di nuovo presente un'aquila, quasi appoggiata sopra una stella a otto punte che viene definita
«la luce di Dio», ma l'elemento più interessante è la raffigurazione di una macchina molto grande e
potente, denominata «la belva del 2000», in una chiara associazione fra automobile, azione da belva e,
quindi, omicidio.
Figura 10: l'automobile è diventata la protagonista assoluta del disegno e campeggia possente al centro del
foglio con il soprannome di «la belva volante», con un nuovo significato di strumento predatorio simile
all'aquila. Si tratta di un particolare importante, considerando che, nella dinamica dei delitti commessi, era
presente un momento in cui il Mostro trascorreva del tempo a osservare gli amoreggiamenti delle coppie
appartate in macchina nella campagna toscana.
L'analisi dei disegni realizzati da Pietro Pacciani ci aiuta a comprendere alcuni elementi della psicodinamica
dei delitti in maniera molto più veritiera rispetto a qualunque tipo di colloquio, perché a differenza del
linguaggio verbale il tratto grafico non può mentire. Dall'esame delle opere, emerge un evidente
voyeurismo del soggetto, cioè la tendenza a osservare passivamente gli altri che hanno rapporti sessuali;
ciò si evidenzia soprattutto nella Figura 2 nella quale l'uomo (cioè Pacciani stesso) rimane vestito e guarda
compiaciuto la donna nuda che invece è pronta per il rapporto. L'immaturità mentale e la fissazione
sessuale a uno stadio sadico-anale sono messe in risalto nei disegni di un gorilla (Figura 3) e di una donna
(Figura 4) che defecano, in quanto l'attenzione morbosa delle feci è un simbolo classico di infantilismo e
regressione a una fase della sessualità non genitale e, quindi, non adulta. Il legame indissolubile sessomorte viene fuori da quasi tutti i disegni: la donna nuda è sempre associata a una qualche forma di violenza
che, inevitabilmente, andrà a sfociare nella morte della vittima. Il bisogno di potere si evince dalle
raffigurazioni di animali forti e vincenti, come il gorilla e l'aquila, nei quali, evidentemente, Pacciani si
identifica. Il soggetto ha la necessità di compensare le carenze affettive utilizzando la violenza omicida che
arriva al culmine di una scena erotica perversa, e quindi, tramite la sessualità, riesce a dimenticare la
debolezza del proprio Io sconfitto ripetutamente. Le figure del libretto non sono gli unici disegni realizzati
da Pacciani, infatti nelle perquisizioni della sua casa ne sono stati trovati diversi. Uno dei più significativi è
un quadro raffigurante un paesaggio di Badia a Passignano (Figura 11). Nella parte anteriore del quadro si
vedono in primo piano sette alberi allineati, lo stesso numero delle donne uccise dal Mostro di Firenze
(escludendo il primo delitto, quello del 1968) (2), e, dalla base di ogni tronco, si allungano minacciose delle
ombre inclinate verso destra che hanno quasi la forma di una bara. In generale, Pietro Pacciani può essere
definito un contadino-pittore che cattura con gli occhi della mente le immagini che lo colpiscono e le
riproduce con notevole efficacia. È probabile che, in molti casi, abbia effettuato un lavoro di copiatura più o
meno pedissequa di soggetti rubati da altri quadri, ma è indubbio che lo ha fatto personalizzando ogni
opera, aggiungendo, nella maggior parte dei casi, delle didascalie e un commento. I disegni mostrano una
cura puntigliosa e una riproduzione meticolosa dei particolari che sconfina nell'ossessione: addirittura,
quando disegna una figura maschile, è capace di tracciare persino i segni delle vene del braccio (3). In
carcere, Pacciani ha dimostrato a più riprese di avere numerose velleità artistiche: ha composto canzoni,
stornelli, ma soprattutto ha riempito blocchi interi di poesie e disegni, mostrando una chiara predilezione
per quest'ultima espressione creativa, infatti gli elaborati scritti sono sempre corredati da alcune immagini
che ne puntualizzano il significato. Tutti i detenuti del carcere di Sollicciano erano a conoscenza della
passione di Pacciani per il disegno e hanno raccontato di averlo visto disegnare sempre lo stesso tipo di
soggetti: armi, animali, soggetti a sfondo erotico, paesaggi più o meno immaginari e fantastici. Per far
parlare i personaggi dei suoi quadri Pacciani utilizza la tecnica fumettistica e non tralascia di riferirsi a
situazioni che lo vedono protagonista come in un disegno intitolato «La mia cinquecento», nel quale
l'Autore dipinge un uomo alla guida della macchina con un braccio fuori dal finestrino; la mano è grande,
quasi sproporzionata, e fa pensare a quella di un contadino. Nei numerosi disegni raffiguranti animali, si
nota un particolare in comune, il taglio degli occhi simile a quello umano e una vivacità particolare. La
commistione fra essere umano e animale è sempre presente e si esprime in particolare nel corpo e
nell'abbigliamento: nel disegno «L'uomo è gallinaccio», una figura umana vestita in giacca e cravatta ha la
testa di gallina e, sopra, è raffigurata una «donna ochetta» (Figura 6). In alcuni disegni, Pacciani sembra
avere anche una reale attenzione per la natura, come dimostra anche dai titoli: «Salviamo l'aquila, la regina
della montagna», oppure «L'agnello di Dio che togli i peccati del mondo», dove a margine annota «povera
bestia perché lo mangiate» (Figura 8). I volti delle figure umane sono raffigurati con le sembianze delle
maschere, diventando personaggi quasi irreali. In un'altra serie di disegni che invece prendono spunto da
situazioni di politica contemporanea, i protagonisti sono figure reali, come Saddam Hussein, George Bush, il
Papa e Gorbaciov.(4)
Tratto dal testo “Omicida e artista. Le due facce del serial killer” di Ruben De Luca.
NOTE:
1 - Tutti i commenti ai disegni di Pietro Pacciani sono tratti da: V. Andreoli, Il lato oscuro. Un grande
psichiatra racconta nove storie italiane di crimine e follia, Milano, Rizzoli, 2002, pp. 294-317.
2 - Nota ndr: il quadro che rappresenta la veduta di Badia a Passignano è stato ultimato da Pacciani
nell’aprile 1985; all’epoca le vittime femminili del mostro erano 7 (inclusa quella del 1968), proprio come gli
alberi.
3 - A. Agostini, Quei disegni da incubo, «La Nazione», 25 ottobre 1994.
4 - Ibidem.
LINK AD UN VIDEO DEI DISEGNI: www.youtube.com/watch?v=GQk2bZa9sF4