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“IL CAVALIERE INESISTENTE”: IMPIEGHI TECNOLOGICAMENTE AVANZATI DELLA PIETRA COME
RIVESTIMENTO IN EDIFICI DI RECENTE REALIZZAZIONE
Prof. Ing. Franco Nuti*, ing. Emiliano Colonna**
Dipartimento di Ingegneria Civile, Università degli Studi di Firenze
Via di Santa Marta, 3 – 50139 Firenze
e-mail: (*) [email protected]; (**) [email protected]
“IL CAVALIERE INESISTENTE”: TECHNOLOGICALLY ADVANCED USES OF NATURAL COVERING
STONES IN RECENT BUILDINGS
As Calvino’s knight armour, at the same time,
promises and hides a nonexistent subject, so many
technologically advanced solutions for natural
covering stones in recent buildings present the
same ambiguity. Stone, traditionally identified with
solidity, compactness, rigorous control of façade
design, at the present time often became a
surrounding skin for the principal structural skeleton.
As a consequence of the very ample planning
freedom in assembling the wrap, often there’s not
coherence between structural skeleton and the
other building system parts. Wrap became a mask,
dressed by a structural support serving the wrap.
The modern supporting systems for wraps by
natural stones can support many different static and
geometric conditions. Once again, industry can
produce everything needed by the designers. The
project idea clearly prevails on the specific materials
characters. We can see an opposition between a
type of architecture, which uses modern materials
and new constructive techniques to obtain new
expressive languages, and another one which uses
traditional materials in new contexts. In these cases
it is interesting analyze the border between a
stimulating experimentation ad an uncontrolled
design criteria.
A. Problematiche generali.
Come l’armatura del “Cavaliere inesistente” di Italo
Calvino prometteva e celava, nello stesso tempo, un
contenuto reale, rivelatosi poi evanescente, così
numerose soluzioni di rivestimento lapideo di edifici,
impiegate negli anni più recenti con l’applicazione di
brevetti industriali tecnologicamente avanzati,
presentano una analoga ambiguità. La pietra,
materiale tradizionalmente legato a concetti di
solidità, di compattezza, di continuità delle
specchiature e, nello stesso tempo, di rigoroso
controllo nel disegno delle tessiture, viene forzata a
configurarsi come una vera e propria “incarteratura”
di rivestimento dell’ossatura strutturale. L’involucro
assume forme liberamente definite dal progettista,
spesso molto complesse, senza che il rivestimento,
sostenuto da strutture specificatamente previste,
riveli elementi di coerenza con la struttura portante e
con le altre parti costitutive del sistema edilizio. Il
rivestimento viene a configurarsi, in alcuni casi,
come una vera e propria “maschera”, indossata da
un organismo di supporto, i caratteri specifici del
quale tendono ad essere inevitabilmente servili. Le
tecniche di sostentamento dei rivestimenti lapidei
moderni sono peraltro disponibili per qualsiasi
straordinaria prestazione, si adattano cioè alle più
difficili condizioni statiche e costruttive. L’industria,
ancora una volta, produce (e spesso anche
progetta), senza limiti, qualsiasi soluzione tecnica
che il progettista richieda. L’idea progettuale, il
segno, il messaggio formale prevalgono, con forza,
sul carattere specifico dei materiali, sulla statica,
sulle regole costruttive. Ad una architettura che usa
legittimamente materiali moderni e tecniche
costruttive innovative per perseguire nuovi linguaggi
espressivi, si contrappone una architettura che
ripropone e reinterpreta i materiali tradizionali (come
la pietra, appunto) in contesti assolutamente nuovi e
diversi. In questi casi, vale la pena di indagare dove
si collochi il confine tra una stimolante
sperimentazione ed una incontrollata forzatura. Nel
merito specifico dell’argomento si propongono
alcune considerazioni.
1) Il rapporto che si viene ad instaurare tra la
struttura portante principale dell’edificio ed il
rivestimento lapideo, non è più, come nella
tradizione costruttiva, un rapporto diretto. Tale
rapporto viene mediato da una struttura, di secondo
ordine rispetto alla principale, le cui prestazioni si
amplificano progressivamente al crescere della
complessità formale del rivestimento. In molti casi la
struttura
secondaria
di sostentamento
del
rivestimento (detta usualmente “baraccatura”)
assume dimensioni e forme tipiche della carpenteria
metallica “pesante” strutturale, quasi essa fosse una
seconda struttura aggiunta, con peso gerarchico
confrontabile, all’ossatura strutturale principale
dell’edificio. Una sorta, insomma, di “ordine
gigante”, intermedio tra l’involucro esterno
dell’edificio e l’ossatura principale stessa, rischiando
di diventare il rivestimento un apparato di tipo
scenografico. Di conseguenza l’ossatura principale
dell’edificio
si
trova
a
svolgere,
quasi
inevitabilmente, una funzione di mero servizio nei
confronti dei sistemi di rivestimento lapideo di cui
stiamo trattando, accrescendosi, peraltro, la
sottostruttura
di
“interfacciamento”
con
il
rivestimento, in molti casi, oltre limiti tecnicoeconomici accettabili. Vanno in questa direzione, in
particolare, i sistemi di rivestimento lapideo
“baraccato”,
impiegati
come
amplificazione/enfatizzazione delle dimensioni di
elementi strutturali in c.a., ritenuti dal progettista
troppo esili, ai fini di una loro efficacia formale. In
questo modo l’ossatura strutturale principale non si
pone più come sub-sistema organicamente
interrelato con la totalità degli elementi che
costituiscono l’edificio e tantomeno può disporsi a
compartecipare
alla
complessiva dell’opera.
configurazione
formale
2) Si registra, in molti edifici di recente
realizzazione, l’impiego di elementi lapidei di
modesto spessore, come rivestimento di forme
architettoniche complesse basate su geometrie
curvilinee, sull’uso sistematico di angoli acuti, etc. In
questi casi si tende ad impiegare il rivestimento
lapideo “baraccato”, le cui caratteristiche peculiari
sono comunque legate al peso specifico del
materiale, alle sue prestazioni chimico-fisico e
strutturali ed alle modalità di messa in opera, come
se esso fosse un rivestimento leggero di tipo
metallico. Che i rivestimenti metallici (in alluminio,
acciaio, leghe speciali, etc.) sostenuti da
sottostruttura,
siano
particolarmente
adatti
all’ottenimento di forme architettoniche complesse
(organiche, libere, …) è testimoniato dai risultati
ottenuti in numerose e note opere di architettura
contemporanea. Non altrettanto convincente, dal
punto di vista tecnico-economico e costruttivo, ci
sembra l’impiego, in casi di configurazioni
architettoniche complesse, di elementi lapidei di
rivestimento, seppur caratterizzati da spessori molto
sottili e da “tessiture” particolarmente sofisticate.
Omologare ad un rivestimento in materiale
metallico, per sua stessa natura dotato di grande
flessibilità nella definizione dei componenti costitutivi
e nella tessitura d’insieme, ad un materiale lapideo
in lastre, significa, ancora una volta, essere costretti
ad ingigantire la funzione della “baraccatura”, ad
articolare massimamente l’abaco dei componenti
lapidei, rendendo peraltro difficili le fasi costruttive e
assai incerte le condizioni di mantenimento dei livelli
prestazionali del rivestimento nel tempo.
3) Circa i rapporti che si determinano tra i differenti
linguaggi dell’architettura e le tecniche di
rivestimento di cui stiamo trattando, proponiamo
alcune semplici notazioni relative a casi esemplari,
senza ovviamente pretendere in questa sede, di
sviluppare completamente l’argomento.
 L’adozione di una netta contrapposizione di
ampie specchiature rivestite in pietra con altrettanto
consistenti superfici esterne vetrate, deriva, in molti
casi, dalla necessità di concentrare le problematiche
tipiche dei rivestimenti lapidei baraccati e della
serramentistica metallica complessa in specifiche e
distinte “aree di pertinenza”, identificando con
chiarezza le zone di interfacciamento fra i diversi
sistemi costruttivi, in modo da ottimizzarne la
soluzione tecnica. I brevetti derivati dall’industria
vengono impiegati secondo le loro specifiche
prestazioni, delimitandone nettamente la superficie
di intervento. Tutto questo tende a semplificare e ad
omologare il linguaggio formale, riducendone
l’articolazione.
 Il rivestimento lapideo degli involucri esterni può
essere chiamato a contribuire, secondo un preciso
disegno formale, insieme alle specchiature vetrate,
all’ottenimento di una configurazione articolata e
complessa dell’involucro esterno. Si realizza
appieno in questo caso una progressione nelle
soluzioni tecniche adottate, di cui si è già fatto
cenno, che porta dalla tradizionale diretta aderenza
del rivestimento al supporto strutturale, alle facciate
a corpo multiplo e/o ventilate (nelle quali il
rivestimento si distacca anche sensibilmente dal
supporto, pur rimanendo ad esso vincolato secondo
precise regole), ad una condizione, infine, di totale
svincolamento
del
rivestimento
dall’ossatura
strutturale principale ed alla sua “libera”
configurazione formale. Alla straordinaria possibilità
espressiva legata a quest’ultimo modo di procedere,
corrispondono tuttavia evidenti situazioni di “criticità”
prestazionali, costruttive, di durabilità, alcune delle
quali sono illustrate nella seconda parte di questo
contributo.
 Il rivestimento lapideo baraccato può essere
inteso come una delle tante componenti che
costituiscono le specchiature di tamponamento di un
edificio, in rapporto ad altri eventuali materiali di
finitura esterna e al sistema della serramentistica. Si
tratta, in questo caso, di un processo che potremmo
definire di “contaminazione” del materiale lapideo
con altri materiali, tradizionali o innovativi, impiegati
per rivestire l’involucro esterno degli edifici. Le
grandi potenzialità dimostrate dai sistemi di
“baraccatura” permettono di ottenere i più
sorprendenti effetti, nel contrapporre parti piene e
parti vetrate anche non complanari, nel
“sospendere” parti rivestite in pietra, magari con
forte articolazione plani-volumetrica, ad una
struttura nascosta, nell’ottenere i più vivaci
cromatismi. Si colloca in questo ambito l’uso di
prodotti lapidei ricomposti e trattati industrialmente a
partire da componenti naturali, ma spesso integrati
con elementi di diversissima natura per
impreziosirne la colorazione, la tessitura, etc. Tutto
questo costituisce un indubbio arricchimento nel
repertorio delle scelte che il progettista mette in atto,
nel momento in cui, tuttavia, si accetti l’idea che il
materiale lapideo può essere pienamente dissociato
dalle connotazioni linguistiche che nella tradizione si
sono storicamente sedimentate.
B. Situazioni di criticità nelle soluzioni tecniche
dei rivestimenti in materiale lapideo
Come precedentemente esposto il rapporto fra
forma del rivestimento e supporto portante, e il
tentativo di far assumere alla pietra di rivestimento
forme che non le siano usuali, possono portare nel
processo di progettazione al verificarsi di una serie
di condizioni di criticità per il rivestimento lapideo.
Tali condizioni si traducono molto sinteticamente in
due categorie: da un lato, nella progettazione di
sistemi di baraccatura molto complessi ed articolati,
che si discostano anche di molto dalla geometria e
dalle caratteristiche della struttura portante;
dall’altro, in una serie di configurazioni che chiedono
alle lastre di rivestimento un comportamento
sostanzialmente diverso da quello che normalmente
è richiesto ad un paramento lapideo, costringendo la
pietra a situazioni di sollecitazioni meccaniche o
configurazioni geometriche a volte estremamente
delicate.
Di seguito, senza alcuna presunzione di
completezza, si riportano delle sintetiche descrizioni
di situazioni in cui, a nostro parere, la progettazione
del
sistema
“struttura
portante-architetturarivestimento” porta al verificarsi di situazioni di
criticità per il rivestimento lapideo.
1) Facciate inclinate verso l’esterno e verso l’interno
Nel caso di facciate inclinate il rivestimento lapideo,
oltre a dover sopportare l’azione del vento, per la
quale
normalmente
viene
progettato
e
dimensionato, deve anche sopportare una quota
parte del suo peso proprio. In particolare, nel caso
in cui le lastre fossero di spessore sottile si
accentua il fatto che la pietra debba sopportare il
suo peso per flessione, piuttosto che non per
compressione
come
normalmente
dovrebbe
avvenire. Questa situazione porta all’adozione di
spessori maggiori, oppure all’utilizzo di tecnologie di
ancoraggio e di rinforzo maggiormente invasive.
2) Sovrapposizioni a strutture o finiture sulle quali
non sia possibile predisporre ancoraggi
Nella soluzione delle problematiche relative
all’involucro edilizio, può verificarsi che per la
soluzione di posizioni particolari si riscontri una
parziale sovrapposizione fra sistemi di finitura
diversi: il rivestimento lapideo assume una
dimensione decisamente superiore rispetto al suo
supporto, andando a sovrammettersi ad altri sistemi.
In questi casi la sottostruttura di sostegno assume
un ruolo di portanza decisamente maggiore rispetto
agli impieghi usuali, costringendo all’adozione di
accorgimenti in termini di baraccatura che si
spostano dalla tipologia di “carpenteria leggera” a
quella di “carpenteria pesante”. Peraltro, la criticità è
spesso accentuata dal fatto che il rivestimento
lapideo vive generalmente in maniera staccata
rispetto alle altre finiture, e quindi la possibilità di
trovare anche parziale sostegno su di esse è
progettualmente negata.
3) Angoli acuti
La realizzazione di angoli acuti porta con se sia la
necessità di assottigliare lo spessore delle lastre in
corrispondenza delle loro parti terminali, sia
l’aumento della distanza dello spigolo in pietra dallo
spigolo del supporto portante rispetto alla normale
situazione del sistema costruttivo.
Nel primo caso si viene a creare un evidente
indebolimento della lastra lapidea, con conseguente
aumento della probabilità di rotture locali, mentre nel
secondo caso il maggiore aggetto costringe
all’adozione di soluzioni costruttive localizzate che
prevedono baraccature di maggiore impegno,
oppure l’adozione di sistemi di mutuo fissaggio fra le
lastre che legano fra di loro due facciate giacenti su
piani diversi.
4) Forme curve
La realizzazione di forme con geometria curva
presenta il problema della dimensione delle lastre,
per cui la larghezza deve essere contenuta entro un
limite che permetta di seguire la curvatura della
parete senza far emergere denti eccessivi nella
connessione fra lastre contigue. Inoltre, l’andamento
curvilineo della parete condiziona notevolmente
anche la tessitura del rivestimento, in quanto la
possibilità di realizzare giunti sfalsati diminuisce
all’aumentare della dimensione delle lastre,
emergendo, per semplice questione geometrica, lo
spigolo di una lastra rispetto allo spessore delle
lastre soprastante e sottostante.
5) Realizzazione di geometrie e volumi molto
diversi rispetto al supporto portante
La realizzazione di geometrie e volumi molto diversi
rispetto al supporto portante comporta l’adozione di
sistemi di baraccatura molto più invasivi rispetto alla
normale applicazione dei sistemi di sostegno a
secco di rivestimenti lapidei.
L’incremento dell’incidenza della baraccatura
all’interno del sistema, al di là di un non
proporzionale incremento dei costi legato alla
necessità di realizzare carpenterie dalla geometria
spesso non semplice, espone il sistema costruttivo
ad un aumento dei rischi tecnici legati alle modalità
operative e al moltiplicarsi della necessità di punti di
aggancio in relazione alla variazione di geometria
fra supporto e rivestimento.
6) Risvolti d’angolo sottili
Nel caso in cui il sistema di sostegno della pelle
lapidea dell’edificio crei una parete ventilata, e
quindi il rivestimento lapideo si discosti
sensibilmente dal suo supporto, si pone spesso il
problema dell’aggancio e del sostegno dei risvolti
laterali della facciata in corrispondenza degli infissi.
In particolare spesso si verifica che il filo esterno
della facciata trasparente e il filo esterno della
facciata opaca siano sfalsati di una misura minima,
abbastanza consistente da necessitare una
chiusura laterale, ma non sufficientemente profonda
da permettere di sovrapporre la spalletta alla faccia
laterale del supporto. In questo caso il risvolto
laterale è interamente sostenuto dalla struttura del
piano principale, che quindi è costretta a sopportare
un incremento percentuale di carico solitamente
consistente.
7) Rapporto fra spessore e superficie della lastra
eccessivamente ridotto
L’applicazione di rivestimenti lapidei porta spesso
alla necessità di ridurre lo spessore delle lastre per
ottimizzarne i costi. Il fatto, di per se stesso
fisiologico, trova una sua criticità nel caso in cui
l’analisi progettuale preliminare si basi solamente
sulla tessitura diffusa del rivestimento, senza
approfondire questioni legate alla soluzione di
posizioni particolari, che potrebbero portare
all’adozione di lastre di superficie maggiore rispetto
al taglio standard. Si corre pertanto il rischio di
dover applicare in parti dell’edificio un rivestimento
lapideo nel quale il rapporto spessore/superficie
diventa troppo esiguo, creando pertanto la necessità
di adottare sistemi di sostegno e rinforzo delle lastre
alternativi alla tecnologia impiegata nelle restanti
parti dell’edificio. Di più, si corre il rischio di lasciare
alla sensibilità e capacità del posatore, o di chi si
occupa della progettazione costruttiva della facciata,
la decisione di intervenire localmente con sistemi in
variante rispetto allo standard di progetto, per
prevenire possibili criticità locali.
Pertanto, un approccio che esasperi la sottigliezza
della pietra in relazione alla sua superficie rischia di
non essere in grado di cogliere ed assorbire
eventuali casi di sollecitazione maggiormente
impegnativi rispetto ai parametri standard di
progetto.
8) Localizzazione di rivestimenti ancorati a secco in
posizioni nelle quali sia probabile l’urto in esercizio
Una posizione solitamente critica per i rivestimenti
lapidei posati a secco è quella in cui il rivestimento
stesso sia facilmente accessibile dall’utenza
dell’edificio o dall’esterno. In questo caso, la
probabilità di urti sulle pietre diventa elevata,
soprattutto in localizzazione prossime a vie o rampe
carrabili, portando così ad un’estrema facilità di
degrado del paramento lapideo.
In tali posizioni, solitamente localizzabili nelle parti
basse degli edifici, appare sicuramente consigliabile
la posa del rivestimento con sistemi ad umido, che
distribuendo il carico dell’eventuale urto su tutta la
superficie della lastra, ne permettono una maggiore
durabilità.
9) Realizzazione di trame e decori di facciata
La progettazione del disegno della facciata che
comprenda una trama fitta di inserti, decori, ed
episodi diversi comporta in genere la necessità di
incrementare l’incidenza superficiale della struttura
di sostegno, sia in termini di peso assoluto che in
termini di costi rispetto al valore del rivestimento
lapideo.
Infatti, nel caso in cui la trama della facciata con
rivestimento in pietra sia uniforme è generalmente
possibile studiare un sistema di sostegno il più
diffuso possibile, che minimizzi l’incidenza della
sottostruttura ed ottimizzi il numero e la posizione
degli ancoraggi fra pietra e baraccatura.
La progettazione di una trama complessa (si pensi a
piani sfalsati anche di pochi centimetri, l’alternanza
di vuoti e pieni, l’utilizzo di lastre di diverse
dimensioni)
comporta
invece
un’altrettanto
complessa sottostruttura di sostegno, che
sostanzialmente si trasforma da un sistema diffuso
al quale si ancora il rivestimento lapideo in un
insieme di episodi singolari accostati uno all’altro,
con un conseguente incremento dei rischi tecnici
legati alla incrementata difficoltà di posa, sia della
sottostruttura che delle lastre di rivestimento.
Nota
Il contributo nasce da una comune riflessione degli autori. F. Nuti ha curato la parte A ed E. Colonna ha
curato la parte B.