“LE INVALIDITÀ DEL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO” PROF. GIOVANNI SABBATO Università Telematica Pegaso Le invalidità del provvedimento amministrativo Indice 1 PROFILI GENERALI -------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3 2 ANNULLABILITÀ DEL CONTRATTO ED ANNULLABILITÀ DEL PROVVEDIMENTO: CARATTERISTICHE COMUNI E NOTE DIFFERENZIALI -------------------------------------------------------------- 5 3 ILLEGITTIMITÀ, INVALIDITÀ ED ANNULLABILITÀ IN RELAZIONE ALLA DISCIPLINA INTRODOTTA DALL’ART. 21 OCTIES L. N. 241/1990 -------------------------------------------------------------------- 10 4 PROFILI APPLICATIVI DELL’ART. 21 OCTIES L. N. 241/1990 ------------------------------------------------ 20 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 2 di 25 Università Telematica Pegaso Le invalidità del provvedimento amministrativo 1 Profili generali Su di un piano generale, l’invalidità è la conseguenza della difformità di un atto giuridico rispetto al modello prefigurato dalla legge ai fini della sua formazione: in termini di fattispecie e di rapporto tra fattispecie astratta e fattispecie concreta, l’invalidità consegue alla non perfetta sovrapponibilità della fattispecie concreta a quella astratta disegnata dal legislatore per quel determinato tipo di atto. All’interno della categoria generale della invalidità, poi, sono individuabili diverse sub- categorie in relazione al tipo di difformità sussistente tra l’atto concretamente posto in essere ed il suo schema normativo: al diverso tipo di difformità, infatti, si correla la specifica sanzione apprestata dall’ordinamento per reagire all’atto posto invalidamente in essere. In particolare, la sanzione della inefficacia definitiva dell’atto, che consegue all’invalidità dello stesso, può essere automatica, come nel caso della nullità, o necessitare di una apposita applicazione giudiziale, come nel caso dell’annullabilità. L’illustrato concetto di invalidità si attaglia, con i limiti che vedremo, anche al provvedimento amministrativo. Se infatti il legislatore non concede ai privati una illimitata libertà di azione nel costituire i presupposti per la produzione di effetti giuridici, dettando le condizioni in presenza dei quali gli effetti perseguiti possono trovare realizzazione, tale esigenza si presenta con accresciuto vigore nel campo pubblicistico, dove i fini da perseguire mediante l’adozione di ciascun tipo di provvedimento sono previsti dalla legge e dove l’autoritatività dell’azione amministrativa impone di circondarla di limiti e temperamenti a salvaguardia degli interessi individuali dei cittadini: limiti che, ove superati, si traducono appunto nella invalidità del provvedimento adottato. La categoria della invalidità, storicamente elaborata con riguardo ai rapporti disciplinati dallo ius civile, è stata quindi trapiantata, con dovuti aggiustamenti, nel settore pubblicistico: essa tuttavia, una volta trasferita in tale ambito, si è manifestata in forma semplificata rispetto alla sua versione originaria. Mentre infatti in campo privatistico l’invalidità, nella sua configurazione normativa, si presenta in forma essenzialmente bipartita (nullità/annullabilità), in campo pubblicistico ha assunto tradizionalmente valore assorbente, se non pressoché esclusivo, la figura della annullabilità, relegando la figura della nullità ad ipotesi marginali ed espressamente testualizzate dal legislatore. Deve a Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 3 di 25 Università Telematica Pegaso Le invalidità del provvedimento amministrativo questo punto sottolinearsi che la individuazione dei requisiti di validità di un atto giuridico, abbia esso carattere negoziale o provvedimentale, e la disciplina delle conseguenze che si riconnettono alla mancanza degli stessi costituiscono questioni di stretto diritto positivo: esse inoltre risentono della diversa natura giuridica dell’atto di volta in volta considerato. A tale proposito, è agevole cogliere la diversa valenza che l’elemento volontà possiede, rispettivamente, nel sistema delle invalidità contrattuali e provvedimentali: nell’un caso, infatti, il legislatore si ispira all’esigenza soggettivistica di assicurare che il procedimento di formazione della volontà del contraente si svolga correttamente, nell’altro, invece, balza in primo piano l’esigenza oggettiva che la funzione amministrativa sia stata esercitata in modo da garantire l’ottimale perseguimento del pubblico interesse. Va adesso osservato che sebbene la patologia dell’atto amministrativo abbia da sempre costituito una delle tematiche di maggiore interesse del diritto amministrativo, fino all’entrata in vigore della riforma della legge n. 241/90 (operata dalla legge n. 15/2005) è mancata una codificazione delle varie tipologie di invalidità del provvedimento. Con riguardo al regime delle invalidità nel diritto amministrativo, il legislatore si era limitato a prevedere che il giudice amministrativo decidesse sui ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere o per violazione di legge, contro atti e provvedimenti di un'autorità amministrativa (art. 26, r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, Testo Unico delle leggi sul Consiglio di Stato ed art. 2 legge 6 dicembre 1971, n. 1034, istitutiva dei Tar). Con tale disposizione, di contenuto solo processuale, era stato comunque codificato il principio secondo cui la tipica sanzione prevista per l’illegittimità del provvedimento amministrativo è l’invalidità sub specie di annullabilità del provvedimento medesimo. E’ stata la giurisprudenza a delineare i contenuti di altre tipologie di vizi: quelli più gravi, che operano di diritto e comportano, in via automatica, la nullità del provvedimento amministrativo o addirittura l’inesistenza, e quelli minori, che ne determinano la mera irregolarità. Tuttavia, proprio l’assenza di un intervento di codificazione aveva determinato profonde incertezze in ordine a contenuti, ai confini ed alla stessa configurabilità di tali istituti, quali appunto quelli della nullità, dell’inesistenza o della mera irregolarità dell’atto amministrativo. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 4 di 25 Università Telematica Pegaso Le invalidità del provvedimento amministrativo 2 Annullabilità del contratto ed annullabilità del provvedimento: caratteristiche comuni e note differenziali Sebbene le norme che disciplinano l’azione amministrativa abbiano generalmente connotazione imperativa, non essendo suscettibili di deroga ed essendo ispirate al perseguimento di finalità di interesse generale (appartenendo quindi al genus di quelle che, nel settore privatistico, producono la cd. nullità virtuale ex art. 1418, comma I, c.c.), la conseguenza prevista dal legislatore per l’ipotesi della loro violazione, in chiave di patologia del provvedimento, ricalca molto da vicino quella che, in ambito privatistico, assume il nomen iuris di annullabilità. Il carattere centrale della annullabilità nel sistema delle invalidità di diritto amministrativo si spiega con l’esigenza di garantire la stabilità delle decisioni amministrative e delle situazioni giuridiche che alle stesse si correlano: risultato raggiungibile mediante la sottoposizione dell’azione giurisdizionale di annullamento adun termine breve di decadenza. Della annullabilità di matrice civilistica, la patologia che inficia il provvedimento possiede le seguenti caratteristiche comuni: - ininfluenza della invalidità del provvedimento sulla idoneità dello stesso a produrre, fino alla pronuncia di annullamento, gli effetti che gli sono propri: tale connotato della invalidità provvedimentale si desume indirettamente dall’art. 39 R.D. 26 giugno 1924, n. 1054 (Testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato), ai sensi del quale “i ricorsi in via contenziosa non hanno effetto sospensivo” (se infatti la proposizione del ricorso non incide sulla efficacia del provvedimento impugnato, a maggior ragione questa non è inficiata dalla mera sussistenza del vizio invalidante); - necessità che l’invalidità del provvedimento viziato costituisca oggetto di una espressa pronuncia giurisdizionale di annullamento: ai sensi dell’art. 45, comma 1, R.D. n.1054/1924, infatti, “se il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale accoglie il ricorso per motivi di incompetenza annulla l’atto e rimette l’affare all’autorità competente. Se accoglie il ricorso per altri motivi, annulla l’atto o provvedimento, salvo gli ulteriori provvedimenti dell’autorità amministrativa”; nello stesso senso l’art. 26, comma 2, l. 7 dicembre 1971, n. 1034, dispone che se il Tribunale Amministrativo Regionale “accoglie il Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 5 di 25 Università Telematica Pegaso Le invalidità del provvedimento amministrativo ricorso per motivi di incompetenza, annulla l’atto e rimette l’affare all'autorità competente. Se accoglie per altri motivi annulla in tutto o in parte l’atto impugnato”; - necessità che l’invalidità del provvedimento sia fatta valere da un soggetto giuridico portatore di un interesse individuale, il quale proponga al giudice una espressa domanda di annullamento, con il correlato divieto per il giudice di pronunciare d’ufficio l’annullamento: ai sensi dell’art. 26 R.D. n. 1024/1954, infatti, “spetta al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale di decidere sui ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere o per violazione di legge, contro atti e provvedimenti di un’autorità amministrativa o di un corpo amministrativo deliberante, che abbiano per oggetto un interesse d’individui o di enti morali giuridici”; - necessità che il ricorrente rispetti, nella proposizione del ricorso, un termine prescritto a pena di decadenza (di prescrizione per l’azione contrattuale di annullamento); - suscettibilità di convalida del provvedimento annullabile: così come il contratto annullabile, ai sensi dell’art. 1444 c.c., può essere emendato dal vizio che ne mina la validità, anche la pubblica amministrazione che ha adottato il provvedimento annullabile ha il potere di convalidarlo. Con la convalida l’amministrazione rimuove, con effetto retroattivo, i vizi che inficiano il provvedimento di primo grado e, con una dichiarazione esplicita, esprime la volontà di eliminare il vizio di cui riconosce l’esistenza. Non tutti i vizi sono però suscettibili di convalida: la convalida non potrebbe infatti logicamente intervenire con valenza retroattiva per rimediare alla mancanza di presupposti e di requisiti di legge non sussistenti al momento dell’adozione dell’atto che si intenderebbe convalidare. L’ammissibilità della convalida del vizio di incompetenza già da tempo ha trovato soluzione positiva a livello normativo, perché l’art. 6 della legge 18 marzo 1968 n. 249 contenente la "Delega al Governo per il riordinamento dell'Amministrazione dello Stato, per il decentramento delle funzioni e per il riassetto delle carriere e delle retribuzioni dei dipendenti statali" - ha espressamente sancito che "alla convalida degli atti viziati di incompetenza può provvedersi anche in pendenza di gravame in sede amministrativa e giurisdizionale". Più in generale, poi, l’art. 21 nonies, comma II, l. n. 241/1990 prevede che “è fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole”. L’annullabilità del provvedimento, se è assimilabile a quella contrattuale sotto il profilo delle modalità attuative (fondate sul principio della non rilevabilità ex officio), non lo è dal punto di vista Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 6 di 25 Università Telematica Pegaso Le invalidità del provvedimento amministrativo della sua ragione ispiratrice. La necessità della domanda di parte, al fine di pronunciare l’annullamento del contratto, si correla infatti al carattere individuale dell’interesse leso per effetto della stipulazione di un contratto annullabile (l’interesse, solitamente, alla corretta formazione della volontà contrattuale); la necessità della domanda di parte, al fine di conseguire l’annullamento del provvedimento, per contro, si correla alla connotazione soggettiva della giurisdizione esercitata dal giudice amministrativo, quale giurisdizione posta a tutela delle posizioni individuali dei cittadini lesi dall’adozione di provvedimenti illegittimi. Del resto, l’annullabilità provvedimentale si differenzia sotto molti altri aspetti da quella contrattuale, assumendo in alcuni casi connotazioni tipiche della nullità civilistica, in altri casi connotazioni del tutto originali. Cominciamo ad esaminare le prime: - carattere generale della clausola normativa che prevede i casi in cui il giudice procede all’annullamento del provvedimento: ai sensi dell’art. 26, comma 1, R.D. n. 1054/1924, infatti, “spetta al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale di decidere sui ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere o per violazione di legge, contro atti e provvedimenti di un’autorità amministrativa o di un corpo amministrativo deliberante”; a sua volta, l’art. 2, comma 1, lett. b) l. n. 1034/1971 prevede che “il tribunale amministrativo regionale decide “sui ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere o per violazione di legge contro atti e provvedimenti”. Quindi, l’annullamento del provvedimento non è correlata al ricorrere di ipotesi tassative, ma alla mera illegittimità dello stesso: la stessa tripartizione delle ipotesi di illegittimità (nelle categorie della violazione di legge, dell’eccesso di potere e della incompetenza) non ha la funzione di delimitare l’ambito dei vizi adducibili a fondamento della domanda di annullamento, ma quella di sistematizzare, su di un piano prettamente classificatorio, l’altrimenti indistinta ed onnicomprensiva categoria della illegittimità; - carattere generale della legittimazione a proporre la domanda volta a far valere l’invalidità del provvedimento, semplicemente ancorata alla titolarità di un interesse legittimo da parte del ricorrente: mentre infatti la legittimazione a proporre la domanda di annullamento del contratto è circoscritta ai soggetti “nel cui interesse l’annullamento è stabilito dalla legge” (art. 1441 c.c.), la legittimazione a proporre il ricorso al giudice amministrativo si avvicina, quanto alla sua latitudine, all’azione contrattuale di nullità, che può essere fatta valere da “chiunque vi ha interesse” (art. 1421 c.c.), ed è integrata dalla mera titolarità in capo al ricorrente di un interesse legittimo; Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 7 di 25 Università Telematica Pegaso Le invalidità del provvedimento amministrativo - efficacia travolgente della pronuncia di annullamento nei confronti delle posizioni giuridiche acquistate dai terzi in forza del provvedimento annullato: tale efficacia è contemperata, nella disciplina dell’azione contrattuale di annullamento, dalla salvezza dei diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede (art. 1445 c.c.). Vediamo adesso le caratteristiche della annullabilità provvedimentale che la collocano in una posizione autonoma rispetto alla annullabilità ed alla nullità contrattuale: - possibilità che l’annullamento sia pronunciato dallo stesso soggetto che è stato autore dell’atto annullato: a tale riguardo, mentre le parti del contratto non dispongono del potere di produrre, nei confronti del contratto posto in essere, effetti giuridici assimilabili a quelli derivanti dalla sentenza di annullamento, tale potere è riconosciuto alla pubblica amministrazione che ha adottato il provvedimento annullabile, la quale può esercitarlo senza essere vincolata al rispetto di rigorosi termini decadenziali (cd. potere di autotutela); - preordinazione delle norme presidiate dalla sanzione di annullamento alla tutela di interessi di carattere complesso, non riducibili all’interesse dell’autore dell’atto o del soggetto pregiudicato dal provvedimento. Invero, le norme dalla cui violazione scaturisce l’annullabilità del provvedimento sono generalmente funzionali al perseguimento del pubblico interesse, anche quando possono apparire immediatamente rivolte alla tutela degli interessi della pubblica amministrazione come soggetto giuridico. Ad esempio, la norma che impone che l’istanza da presentare alla pubblica amministrazione sia corredata dalla fotocopia del documento di riconoscimento dell’interessato, ai sensi dell’art. 38 d.P.R. n. 445/2000, è sì funzionale ad alleggerire gli oneri del soggetto pubblico destinatario, sollevato da ogni particolare verifica circa la paternità dell’istanza stessa, ma in via mediata mira alla protezione dell’interesse pubblico alla certezza dell’azione amministrativa ed alla esigenza di prevenire contestazioni quanto alla identità dei soggetti che la stimolano. Inoltre, nel caso in cui l’istanza debba essere prodotta, ad esempio, ai fini della partecipazione ad una gara per l’aggiudicazione di un pubblico appalto, agli interessi sopra evidenziati si aggiunge l’interesse dell’impresa concorrente al rispetto della norma che impone la suddetta formalità, a tutela della par condicio dei partecipanti alla gara. E’ noto, invece, che mentre le norme che conducono all’annullabilità contrattuale sono funzionali alla tutela degli interessi individuali dei contraenti, quelle che generano la nullità sono funzionali alla tutela di interessi generali: ciò non deve peraltro far dimenticare che l’introduzione nell’ordinamento di ipotesi di cd. nullità di protezione ha Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 8 di 25 Università Telematica Pegaso Le invalidità del provvedimento amministrativo finito per alterare la linearità dell’originario impianto codicistico. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 9 di 25 Università Telematica Pegaso Le invalidità del provvedimento amministrativo 3 Illegittimità, invalidità ed annullabilità in relazione alla disciplina introdotta dall’art. 21 octies l. n. 241/1990 Come accennato, la ripartizione dei vizi invalidanti entro le tre tipologie dianzi ricordate (violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere) ha acquisito carattere meramente classificatorio, dal momento che l’inquadramento del vizio di illegittimità entro una delle tre tipologie suindicate non produce effetti di rilievo quanto al regime giuridico applicabile: tale circostanza, del resto, si spiega con il fondamento comune delle tre tipologie, ravvisabile nel principio di legalità, ovvero nel vincolo di conformità alla legge che pervade l’intera attività amministrativa. Invero, anche la figura apparentemente più distante, nelle sue ragioni ispiratrici, rispetto a tale vincolo, ovvero l’eccesso di potere, viene ricondotto all’area della illegittimità mediante la sua ricostruzione come vizio che tradisce il cattivo perseguimento da parte dell’amministrazione dei fini di pubblico interesse determinati dalla legge. Si tratta adesso di analizzare i rapporti esistenti tra le categorie della illegittimità, della invalidità e della annullabilità. Tali figure sono state tradizionalmente viste come aspetti di un’unica nozione, se non addirittura come modi equivalenti per designare lo stato patologico del provvedimento (non potendo darsi un provvedimento illegittimo che non fosse allo stesso tempo invalido ed annullabile). Tuttavia, recenti novità legislative hanno imposto di approfondire il loro autonomo significato. In via di prima approssimazione, può comunque affermarsi che: - l’illegittimità indica la contrarietà del provvedimento ad una norma di legge o principio giuridico, costituenti parametro di legittimità dell’azione amministrativa; - l’invalidità indica la non rispondenza del provvedimento, a causa della sua illegittimità, allo schema delineato dalla legge per la sua valida formazione (schema di cui la legittimità del provvedimento integra, appunto, un elemento costitutivo): il provvedimento invalido è un provvedimento cui l’ordinamento non attribuisce la capacità di modificare, con effetti stabili, la realtà giuridica, apprestando reazioni diversificate in relazione alla gravità del vizio invalidante; - l’annullabilità, infine, indica la specifica sanzione concepita dall’ordinamento per Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 10 di 25 Università Telematica Pegaso Le invalidità del provvedimento amministrativo reagire nei confronti del provvedimento illegittimo: essa, quindi, costituisce una species del genus invalidità, e si risolve nella possibilità dell’annullamento del provvedimento illegittimo ad opera degli organi competenti e su impulso dei soggetti legittimati. Come si è anticipato, il legislatore è in tempi recenti intervenuto espressamente sul sistema delle invalidità amministrative. In particolare, ai sensi dell’art. 21 octies, comma 2, l. n. 241/1990, “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”. Alla base della disposizione vi è una diversa concezione del processo amministrativo e dello stesso interesse legittimo i cui segnali anticipatori possono individuarsi in quel filone giurisprudenziale che, in tema di art. 7 della legge n. 241, ha stabilito che la mancata comunicazione non può comportare l’annullamento dell’atto impugnato allorchè l’eventuale apporto partecipativo del privato non avrebbe potuto indurre l’amministrazione ad adottare una decisione diversa (Cons. Stato, IV, 22.6.2004, n. 4445 e 3.7.2003, n. 3969). Questa concezione si fonda sulla nozione di interesse legittimo come interesse sostanziale al raggiungimento di un bene della vita, con la considerazione che la sua lesione potrebbe avvenire solo se la aspirazione al bene può essere soddisfatta, ed è cioè fondata. Sul piano processuale questo significa che il motivo di ricorso può essere accolto solo se vi è un collegamento stretto tra vizio denunciato e possibilità di realizzazione della pretesa sostanziale. L’art. 21-octies si inserisce quindi nel trasformazione del solco della processo amministrativo da giudizio sull’atto in giudizio sul rapporto: il rischio che la norma comporta è però che questa trasformazione possa avvenire, per così dire a senso unico, cioè attraverso una riduzione della tutela giurisdizionale perchè sono stati introdotti nuovi strumenti per il rigetto del ricorso senza che però, nel contempo, si siano introdotti obblighi per il giudice di valutazione della pretesa sostanziale, quando invece il ricorso venga accolto per motivi formali e vengono assorbiti gli altri motivi. Costituisce oggetto di discussione l’inerenza della norma al piano della legittimità, della invalidità o della annullabilità del provvedimento; in altre parole, si tratta di verificare: Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 11 di 25 Università Telematica Pegaso Le invalidità del provvedimento amministrativo - se essa incida sullo stesso carattere imperativo delle norme che prevedono requisiti di carattere formale o procedimentale del provvedimento, espungendole dall’ambito dei parametri di legittimità del provvedimento stesso; - se essa, pur lasciando intatta la qualificazione di illegittimità del provvedimento contrastante con le norme suindicate, produca l’effetto di escludere che tale qualificazione si riverberi nella invalidità del provvedimento: il provvedimento adottato in violazione di norme sulla forma o sul procedimento, quindi, sarebbe illegittimo ma non invalido; - se essa, pur non toccando la qualificazione come illegittimo ed invalido del provvedimento contrastante con le norme dettate in tema di forma e di procedimento, incida sul regime della annullabilità, vietando in concreto l’applicazione da parte del giudice amministrativo, in presenza delle condizioni da essa delineate, della sanzione di annullamento. In primo luogo, dal tenore testuale della disposizione non sembra potersi desumere che il provvedimento adottato in violazione di norme sulla forma o sul procedimento sia ugualmente legittimo. Tale assunto è smentito in primo luogo dal fatto che la norma fa espressamente riferimento alla “violazione di norme”, e questa, quale che sia il contenuto della norma violata ovvero il profilo dell’atto amministrativo da essa disciplinato, integra il nucleo costitutivo del concetto di “illegittimità”: se vi è violazione, vuol dire che le norme in materia di forma e di procedimento continuano a rappresentare altrettanti vincoli per l’azione della pubblica amministrazione. Che poi la norma non giustifichi alcuna attenuazione della forza imperativa delle norme sulla forma o sul procedimento si coglie anche da un altro punto di vista: invero, in mancanza delle condizioni cui la norma subordina la “non annullabilità” del provvedimento, questo, ove contrastante con le norme suindicate, non può sfuggire alla sanzione di annullamento. Se appare corretto, come pure si è fatto, descrivere il contesto giuridico-culturale nel quale trova spiegazione la norma in esame come caratterizzato da un fenomeno di “dequotazione” dei vizi formali e delle norme dalla cui violazione essi derivano: essi cioè, pur generando la illegittimità del provvedimento, non sarebbero sufficienti ad integrare la fattispecie “invalidità” dello stesso, dando luogo ad una fattispecie invalidante minore cui viene dato il nome di mera “irregolarità”, caratteristica principale della quale sarebbe l’inidoneità a dare luogo all’annullamento del provvedimento (nonché la sanabilità sine die, di cui la norma in esame costituirebbe appunto manifestazione). L’assunto, per quanto detto, non sembra Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 12 di 25 Università Telematica Pegaso Le invalidità del provvedimento amministrativo condivisibile, ove si consideri che l’irregolarità indica le ipotesi in cui la difformità dallo schema normativo del provvedimento da luogo a conseguenze diverse dalla annullabilità dello stesso: conseguenze individuabili, ad esempio, nella applicazione di sanzioni nei confronti del funzionario responsabile. La violazione delle norme di carattere formale, invece, resta suscettibile di generare l’annullabilità del provvedimento, salva la possibilità che il potere del giudice di disporla in concreto resti paralizzato dalla correttezza contenutistica del provvedimento stesso. L’irregolarità, invero, designa un fenomeno molto secondario e si verifica allorchè vi è una lieve divergenza nelle forme, una discrasia tra atto e norma che non inficia il provvedimento, poichè l’anomalia è del tutto superabile attraverso una interpretazione complessiva del provvedimento stesso: si tratta di quella categoria che la dottrina ha definito “irregolarità per minimalità”. L’esclusione della configurabilità dell’atto non annullabile ex art. 21 octies in termini di irregolarità ha condotto parte della dottrina ad aderire alla tesi del raggiungimento dello scopo. La c.d. “regola del raggiungimento dello scopo” è mutuata dalla previsione ex art. 156, comma 3, c.p.c., che stabilisce che “la nullità non può mai essere pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato”. La regola del raggiungimento dello scopo presuppone, diversamente dall’irregolarità, che l’invalidità dell’atto sussista in astratto, ma che essa venga reputata in concreto irrilevante, in ragione del fatto che, da un’indagine operata ex post da parte del giudice, rispetto a quel singolo caso, emerge che lo scopo dell’atto è stato comunque raggiunto, nonostante il vizio riscontrato. Proprio in tema di violazione dell’art. 7 della legge n. 241/90, più volte la giurisprudenza ha ritenuto che tale disposizione non può essere applicata meccanicamente e formalisticamente, dovendosi escludere il vizio nei casi in cui lo scopo della partecipazione del privato sia stato comunque raggiunto o vi sia comunque un atto equipollente alla formale comunicazione. Neanche tale ricostruzione della ratio dell’art. 21 octies è parsa tuttavia condivisibile: la disposizione, invero, rende irrilevante la violazione delle norme sul procedimento o sulla forma dell’atto, per una ragione diversa che non attiene al (sostanziale) rispetto della specifica disposizione sulla forma o sul procedimento, bensì al fatto che il contenuto dispositivo dell’atto “non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”. Qui, si è in presenza di una norma che si muove in un’altra ottica ben definita come quella (non del raggiungimento dello scopo, ma) del “raggiungimento del risultato”. Né sarebbe corretto inquadrare la funzione della norma attraverso il ricorso Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 13 di 25 Università Telematica Pegaso Le invalidità del provvedimento amministrativo all’istituto della sanatoria: questo infatti si fonda sull’elisione del vizio inficiante l’atto invalido, a prescindere da ogni valutazione concernente l’idoneità dell’atto stesso a rappresentare uno strumento per la corretta composizione degli interessi che vi sono sottesi. La norma in esame, invece, opera secondo un meccanismo inverso a quello che anima la vera e propria sanatoria: essa prescinde dalla eliminazione del vizio formale, ruotando la sua applicazione intorno alla valutazione della idoneità del provvedimento a corrispondere ad una corretta regolamentazione della fattispecie che ne costituisce oggetto. Deve quindi ritenersi che la norma in esame non sia orientata a disciplinare l’astratta condizione sostanziale del provvedimento illegittimo per violazione di norme sul procedimento o sulla forma: infatti, la sussistenza delle condizioni che impediscono di pronunciare l’annullamento del provvedimento illegittimo, così come delineati dalla norma citata, è destinata ad emergere solo in ambito processuale, non potendosi prevedere, prima ed al di fuori del processo (e quindi secondo una valutazione di ordine strettamente sostanziale), se nel corso di questo sarà “palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato” né tantomeno se, nell’ipotesi in cui sia stata omessa la comunicazione dell'avvio del procedimento, l'amministrazione sarà in grado (o semplicemente vorrà) “dimostrare in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”. Tale conclusione trova conforto nella considerazione secondo cui, qualora la norma incidesse sulla stessa qualificazione sostanziale del provvedimento illegittimo per violazione di norme sulla forma o sul procedimento, il ricorso volto a lamentare tale violazione, in presenza delle condizioni da essa previste, dovrebbe essere considerato inammissibile, perché volto ad ottenere l’annullamento di un provvedimento che la legge considera “non annullabile” (e quindi, sostanzialmente, valido): l’inaccettabilità di tale tesi si coglie facilmente, tuttavia, ove si consideri che l’inammissibilità costituisce una qualità originaria del ricorso, indipendente da eventi successivi ed inerenti allo svolgimento del processo (quali sono quelli cui la norma subordina la non annullabilità del provvedimento contrastante con le norme sulla forma o sul procedimento). E’ evidente, quindi, la connotazione puramente processuale della norma, siccome volta a disciplinare non l’astratta condizione sostanziale del provvedimento contrastante con le norme sulla forma o sul procedimento né ad incidere sulla sua invalidità, ma il concreto potere del giudice di pronunciare il suo annullamento: il provvedimento quindi rimane illegittimo, invalido ed annullabile, ma la Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 14 di 25 Università Telematica Pegaso Le invalidità del provvedimento amministrativo pronuncia di annullamento è impedita, nell’ambito della concreta vicenda processuale, dal divieto opposto dalla disposizione esaminata. Così ricostruito il modus operandi della norma, essa si presta ad essere tacciata di illegittimità costituzionale, dando luogo ad una divaricazione tra la disciplina sostanziale delle situazioni giuridiche ed il relativo sistema di tutela giurisdizionale: questo, infatti, non garantisce al ricorrente, titolare di un interesse legittimo leso da un provvedimento illegittimo della pubblica amministrazione, di ottenere il risultato cui avrebbe diritto (l’annullamento del provvedimento illegittimo). Tali dubbi, tuttavia, possono essere facilmente fugati ove si consideri che la massima chiovendiana, secondo cui il processo deve garantire all’attore di ottenere tutto ciò che gli riconoscono le norme di diritto sostanziale, deve essere applicata al processo amministrativo avendo chiaro che il “bene della vita”, il cui conseguimento da parte dell’avente diritto essa si propone di salvaguardare, non si risolve nel mero annullamento del provvedimento illegittimo, ma nel soddisfacimento dell’interesse “finale” che costituisce il sostrato sostanziale dell’interesse legittimo. Così definito il “bene della vita” in relazione al quale deve essere misurata l’idoneità delle norme processuali a proteggere adeguatamente gli interessi del cittadino, non resta che concludere nel senso della perfetta consonanza costituzionale della norma in esame: questa infatti esclude la praticabilità del rimedio dell’annullamento solo quando sia accertata, secondo canoni di ragionevole certezza, l’ininfluenza del vizio formale o procedimentale sul contenuto provvedimento impugnato, ovvero su quella parte dispositivo del del provvedimento destinata a stabilire la spettanza o meno al cittadino del bene della vita cui egli aspira. Problemi maggiori si pongono, invece, quando la norma formale o procedimentale con la quale il provvedimento si pone in contrasto abbia derivazione comunitaria: secondo infatti una giurisprudenza comunitaria consolidata, spetta a tutte le autorità degli Stati membri garantire il rispetto delle norme di diritto comunitario nell’ambito delle loro competenze. Inoltre, va segnalato che, pur avendo il diritto comunitario ripreso dal diritto francese la nozione di violazione di forme sostanziali, contrapposta alla violazione di forme formali (prescrizione sulla forma che non incide sulla sostanza dell’esercizio del potere e che pertanto non determina annullabilità), la giurisprudenza comunitaria fa rientrare tra le forme sostanziali tutte le disposizioni che garantiscono il contraddittorio nel procedimento. Ebbene, la mancata applicazione della sanzione di annullamento potrebbe indirettamente risolversi nell’attenuazione della portata vincolante della disposizione comunitaria, con la Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 15 di 25 Università Telematica Pegaso conseguente violazione attuazione. Le invalidità del provvedimento amministrativo dell’obbligo dello Stato membro di dare ad essa completa Il riconoscimento che la norma in esame attiene alla disciplina processuale dell’annullabilità, lasciando intatta l’invalidità che inficia il provvedimento sul piano sostanziale, non è priva di rilevanti ricadute in ordine all’applicazione di altri istituti di diritto sostanziale e processuale. In primo luogo, infatti, resta salva la potestà di autotutela dell’amministrazione nei confronti del provvedimento viziato sotto il profilo formale o procedimentale: l’art. 21 octies l. n. 241/1990, infatti, contiene disposizioni insuscettibili di ricevere applicazione al di fuori del contesto strettamente processuale. Naturalmente, proprio perché il vizio attiene al piano strettamente formale o procedimentale, la valutazione concernente la sussistenza di un interesse pubblico atto a giustificare l’esercizio del potere di autotutela deve essere condotta con particolare rigore: si pensi, ad esempio, ad un permesso di costruire rilasciato senza l’acquisizione di un parere obbligatorio ed all’interesse pubblico al suo annullamento derivante dall’esigenza di salvaguardare il valore paesaggistico dell’area interessata dai lavori. Acclarata l’inapplicabilità dell’art. 21 octies al potere di autotutela della p.a., va osservato che la natura discrezionale di quest’ultimo (ovvero il fatto che in tanto l’annullamento d’ufficio nell’esigenza possa essere pronunciato in quanto trovi fondamento di perseguimento di uno specifico interesse pubblico) non consente di ravvisare un surplus di efficacia che le norme sulla forma e sul procedimento acquisirebbero quando la loro violazione sia accertata da parte della stessa amministrazione piuttosto che da parte del giudice amministrativo: se così non fosse, sarebbe legittimo dubitare della ragionevolezza dell’art. 21 octies l. n. 241/1990, ponendo esso il cittadino-ricorrente in una posizione deteriore, quanto alla possibilità di far discendere l’annullamento del provvedimento dalla sua illegittimità formale o procedimentale, rispetto alla pubblica amministrazione. Problemi si pongono, tuttavia, alla luce della recente lettura che la giurisprudenza comunitaria ha offerto del potere di riesame della pubblica amministrazione, attenuando la sua connotazione discrezionale ed accrescendone il valore di strumento di tutela degli interessi legittimi del cittadino, lesi da un provvedimento amministrativo contrastante con le disposizioni di matrice comunitaria. I punti salienti della giurisprudenza in esame ( 1 ) sono così riassumibili: 1 Corte di Giustizia delle Comunità Europee, Grande Sezione, Kempter KG e Hauptzollamt Hamburg-Jonas sentenza 12 febbraio 2008, Willy Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 16 di 25 Università Telematica Pegaso Le invalidità del provvedimento amministrativo - il carattere definitivo di una decisione amministrativa, acquisito alla scadenza di termini ragionevoli di ricorso o in seguito all’esaurimento dei mezzi di tutela giurisdizionale, contribuisce alla certezza del diritto e da ciò deriva che il diritto comunitario non esige che un organo amministrativo sia, in linea di principio, obbligato a riesaminare una decisione amministrativa che ha acquisito tale carattere definitivo ( 2 ); - in circostanze particolari, un organo amministrativo nazionale può essere tenuto, in applicazione del principio di riesaminare una decisione all’esaurimento dei cooperazione amministrativa rimedi giurisdizionali dell’interpretazione della derivante divenuta interni, dall’art. 10 definitiva al in fine di CE, a seguito tener conto disposizione pertinente di diritto comunitario nel frattempo 3 accolta dalla Corte ( ); - tra le condizioni che possono fondare un tale obbligo di riesame la Corte ha preso in considerazione, in particolare, il fatto che la sentenza del giudice di ultima istanza, in virtù della quale la decisione amministrativa contestata è divenuta definitiva, alla luce di una giurisprudenza della Corte successiva alla medesima risultasse fondata su un’interpretazione errata del diritto comunitario adottata senza che la Corte fosse stata adita in via pregiudiziale alle condizioni previste all’art. 234, terzo comma, CE; - il sistema introdotto dall’art. 234 CE per assicurare l’unità dell’interpretazione del diritto comunitario negli Stati membri istituisce una cooperazione diretta tra la Corte e i giudici nazionali attraverso un procedimento estraneo ad ogni iniziativa delle parti; - non si può dunque dedurre dalla sentenza Kühne & Heitz, citata, che le parti debbano aver sollevato dinanzi al giudice nazionale la questione di diritto comunitario di cui trattasi: infatti, basterebbe o che detta questione di diritto comunitario, la cui interpretazione si è rivelata erronea alla luce di una sentenza successiva della Corte, sia stata esaminata dal giudice nazionale che statuisce in ultima istanza, oppure che essa avesse potuto essere sollevata d’ufficio da quest’ultimo; - a tal riguardo occorre ricordare che, sebbene il diritto comunitario non imponga ai giudici nazionali di sollevare d’ufficio un motivo vertente sulla violazione di disposizioni comunitarie se l’esame di tale motivo li obbligherebbe ad esorbitare dai limiti della controversia come è stata circoscritta dalle parti, tali giudici sono tenuti a 2 3 sentenza Kühne & Heitz v., in tal senso, la citata sentenza Kühne & Heitz Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 17 di 25 Università Telematica Pegaso Le invalidità del provvedimento amministrativo sollevare d’ufficio i motivi di diritto relativi ad una norma comunitaria vincolante quando, in virtù del diritto nazionale, essi hanno l’obbligo o la facoltà di farlo con riferimento ad una norma interna di natura vincolante ( 4 ); - di conseguenza, occorre risolvere la prima questione proposta nel senso che, nell’ambito di un procedimento dinanzi ad un organo amministrativo diretto al riesame di una decisione amministrativa divenuta definitiva in virtù di una sentenza pronunciata da un giudice di ultima istanza, la quale, alla luce di una giurisprudenza successiva della Corte, risulta basata su un’interpretazione erronea del diritto comunitario, tale diritto non richiede che il ricorrente nella causa principale abbia invocato il diritto comunitario nell’ambito del ricorso giurisdizionale di diritto interno da esso proposto contro tale decisione; - il diritto comunitario non impone alcun termine preciso per la presentazione di una domanda di riesame; - occorre tuttavia precisare che, secondo una costante giurisprudenza, in mancanza di una disciplina comunitaria in materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro designare i giudici competenti e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme di diritto comunitario, purché tali modalità, da un lato, non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) né, dall’altro, rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività) Da questa giurisprudenza costante deriva che gli Stati membri possono richiedere, in nome del principio della certezza del diritto, che una domanda di riesame e di rettifica di una decisione amministrativa divenuta definitiva e contraria al diritto comunitario così come interpretato successivamente dalla Corte venga presentata all’amministrazione competente entro un termine ragionevole. Ebbene, dai principi di diritto formulati dal giudice comunitario deriva che un organo amministrativo, al verificarsi delle condizioni contemplate dalla sentenza richiamata, sia tenuto a riesaminare (ergo, ad annullare) un provvedimento contrastante con una norma comunitaria, anche di carattere formale o procedimentale, e ciò anche quando, qualora il giudice amministrativo avesse attribuito alla norma il significato poi individuato dalla Corte 4 v., in tal senso, sentenza van Schijndel e van Veen Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 18 di 25 Università Telematica Pegaso Le invalidità del provvedimento amministrativo di Giustizia in sede di rinvio pregiudiziale, non avrebbe potuto pronunciare l’annullamento del provvedimento perché impedito dalla disposizione di cui all’art. 21 octies l. n. 241/1990. Quanto ai riflessi processuali della persistente illegittimità-invalidità del provvedimento, nonostante il ricorrere delle condizioni ostative alla sua annullabilità contemplate dalla disposizione in esame, merita di essere menzionato quello relativo alla possibilità di avanzare domanda di risarcimento del danno prodotto dalla omissione procedimentale: si pensi alla mancata comunicazione del provvedimento di esclusione da un procedimento di gara, che abbia indotto l’impresa concorrente a confidare sulla sua perdurante possibilità di concorrere all’aggiudicazione dell’appalto, in tal modo inducendola a non concorrere all’aggiudicazione di altro appalto analogo. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 19 di 25 Università Telematica Pegaso Le invalidità del provvedimento amministrativo 4 Profili applicativi dell’art. 21 octies l. n. 241/1990 Su di un piano concretamente applicativo, la norma si prefigge di accrescere i contenuti di accertamento della sentenza amministrativa: essa persegue tale risultato stimolando l’attività di allegazione delle parti e rendendola più complessa rispetto alla tradizionale unilateralità che la caratterizzava in passato. Nella struttura tradizionale del processo amministrativo, infatti, l’onere di allegare i fatti (ovvero i profili di illegittimità del provvedimento), e quindi di delimitare l’oggetto del giudizio, fa carico al ricorrente, mentre all’amministrazione fa capo una posizione di carattere sostanzialmente passivo: essa deve difendere il provvedimento dalle censure formulate dal ricorrente, senza poter tuttavia modificare quest’ultimo, emendandolo dei vizi che ne inficiano eventualmente la legittimità, mediante un’attività meramente processuale (potendo essa solo rinnovarlo, nell’esercizio del potere pubblico di cui è titolare, ovvero adottare un provvedimento nuovo sostitutivo di quello impugnato ed immune dai vizi lamentati dal ricorrente). A tale ricostruzione ha contribuito la stessa giurisprudenza, elaborando regole e principi che rendono inutile, ai fini della definizione della controversia, qualsiasi attività dell’amministrazione volta a modificare l’oggetto del giudizio così come cristallizzato dal provvedimento e dalle censure formulate dal ricorrente: basti pensare alla regola che sancisce il divieto di integrazione postuma della motivazione del provvedimento che ne fosse eventualmente carente. Lo stesso ricorso incidentale, quale mezzo per allargare l’oggetto del giudizio rispetto al perimetro delle allegazioni del ricorrente, ha in comune con il ricorso la funzione destruens, sebbene rivolta nei confronti di un provvedimento diverso da quello impugnato principaliter (ovvero nei confronti dello stesso provvedimento gravato dal ricorrente, ma relativamente ad aspetti diversi da quelli sui quali si appuntano le censure attoree). La norma in esame, invece, rompe il rigido schematismo del processo amministrativo, incentrato sull’onere del ricorrente di allegare i fatti a fondamento della domanda di annullamento: l’illegittimità dell’accertamento formale della essa, aprendo o procedimentale sua del alla possibilità provvedimento di sulla superare scorta legittimità sostanziale e contenutistica, sprona l’amministrazione a collaborare con il giudice allo scopo di indurlo ad escludere che sussistessero alternative plausibili al provvedimento adottato e, di riflesso, spinge lo stesso Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 20 di 25 Università Telematica Pegaso Le invalidità del provvedimento amministrativo ricorrente a fornire elementi di giudizio travalicanti l’aspetto della mera legittimità formale del provvedimento impugnato (poco significativa ai fini della individuazione di un assetto di interessi conforme a legge). In tal modo, la dialettica processuale subisce un netto incremento e miglioramento qualitativo rispetto alla sua configurazione tradizionale e si accresce, di riflesso, la capacità definitoria dell’assetto sostanziale di interessi proprio della sentenza del giudice amministrativo. Si è anche osservato che la disposizione produce la conversione dell’azione di annullamento in azione di accertamento: il fuoco del sindacato giurisdizionale non è circoscritto ai fatti accertati dall’amministrazione e posti a fondamento del provvedimento, ma si allarga a ricomprendere tutti i fatti rilevanti ai fini della individuazione dell’assetto di interessi conforme alle norme di legge (sostanziale). L’applicazione della norma non solleva particolari questioni relativamente alla sua prima parte: il carattere vincolato del provvedimento rappresenta un terreno congeniale per l’esplicazione del potere di accertamento del giudice amministrativo, senza alcun rischio di sconfinamento nell’area delle valutazioni (discrezionali) amministrazione. Quanto poi al carattere “palese” che riservate l’assenza alla pubblica di alternative contenutistiche del provvedimento deve presentare, esso deve intendersi come “ragionevole certezza” circa la mancanza di soluzioni regolatrici alternative a quella recepita dal provvedimento impugnato: un accertamento consentito, nell’ipotesi di provvedimenti vincolati, dal fatto che, date determinate circostanze di fatto, unico è essere l’assetto di interessi conforme a legge. Meno semplice è determinare quando il contenuto del provvedimento impugnato non sarebbe stato diverso anche qualora, nell’ipotesi di provvedimenti discrezionali, sia stata omessa la comunicazione di avvio del procedimento. Deve in primo luogo osservarsi che la norma, coerentemente con la riserva di cui gode la pubblica amministrazione in tema di valutazioni discrezionali, demanda alla stessa amministrazione, quale parte del giudizio, il compito di addurre elementi atti a convincere il giudice dell’assenza di ipotesi regolatrici diverse da quella consacrata nel provvedimento impugnato. Nell’assolvimento di tale onere, l’amministrazione non fa altro che arricchire il corredo istruttorio e motivazionale del provvedimento impugnato: sembra, in altri termini, che al giudice, per quanto questo possa risultare adeguatamente motivato e suffragato da un congruo accertamento dei fatti rilevanti, sia precluso, in mancanza di un ulteriore sforzo istruttorio e motivazionale dell’amministrazione resistente, di ritenere l’irrilevanza della omissione comunicativa lamentata dal ricorrente. Anche in tale caso, sarà interesse Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 21 di 25 Università Telematica Pegaso del ricorrente contrastare Le invalidità del provvedimento amministrativo le allegazioni difensive dell’amministrazione: ciò, naturalmente, abbandonando il terreno delle censure di carattere meramente formale, ed adducendo quegli elementi di carattere istruttorio, che l’omissione partecipativa gli ha impedito di travasare nell’alveo procedimentale, suscettibili di orientare l’esercizio del potere discrezionale verso esiti diversi da quelli che hanno trovato espressine nel provvedimento impugnato. Deve aggiungersi che la possibile diversità contenutistica del provvedimento illegittimo sul piano formale o procedimentale non potrebbe essere ancorata al mutamento della disciplina successivo all’adozione del suddetto provvedimento: ad esempio, colui che impugna il permesso di costruire ottenuto da terzi, adducendo violazioni di carattere formale o procedimentale, non potrebbe sostenere che il contenuto del provvedimento, dopo il suo annullamento, sarebbe diverso in quanto il permesso, nel nuovo contesto normativo, non potrebbe essere rilasciato. In altre parole, la valutazione circa il contenuto che il provvedimento avrebbe assunto ove fossero state rispettate le prescrizioni formali e procedimentali deve assumere a riferimento la situazione di fatto e di diritto esistente al momento dell’adozione del provvedimento impugnato: ove così non fosse, infatti, la regola interpretativa correttamente desumibile dalla disposizione in esame, secondo cui non può essere annullato il provvedimento il cui contenuto sarebbe stato identico anche qualora fossero state osservate le norme in tema di forma e di procedimento, verrebbe tradotta nell’altra secondo cui non può essere annullato il provvedimento il cui contenuto, anche dopo l’annullamento, sarebbe identico a quello del provvedimento annullato. Così opinando, a tacer d’altro, verrebbe violato il principio che impone che la valutazione della legittimità del provvedimento deve essere rapportata alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento della sua adozione. Alla stressa conclusione deve pervenirsi qualora il ricorrente assuma che, annullato il provvedimento per vizi di forma o di procedimento, il potere di cui esso è espressione non sarebbe riesercitabile, come nel caso di impugnazione di un atto che poteva essere adottato solo entro un breve termine. Particolare attenzione deve essere altresì prestata alla delimitazione delle norme alla cui violazione fa riferimento la norma in esame: deve infatti escludersi la riconducibilità alla nozione di “norme sul procedimento” di quella che, ad esempio, pur nell’ambito del procedimento inteso alla adozione di un provvedimento di carattere vincolato, esige l’acquisizione del nulla-osta o dell’autorizzazione di un’autorità diversa da quella procedente, costituente espressione di un potere di carattere discrezionale. Una norma Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 22 di 25 Università Telematica Pegaso Le invalidità del provvedimento amministrativo siffatta, infatti, non prevede un mero adempimento procedimentale funzionale all’esercizio del potere vincolato di cui è espressione il provvedimento finale, ma delinea un potere autonomo, di carattere discrezionale, il quale concorre alla costruzione dell’assetto di interessi, relativamente ad aspetti la cui valutazione è appunto demandata all’autorità deputata al rilascio del nulla-osta o dell’autorizzazione. Si discute di quale debba essere l’esito del processo, una volta accertato il sussistere delle condizioni applicative della norma in esame. Si è sostenuto che si attaglierebbe, ad individuare l’esito del ricorso una volta accertata la sussistenza delle condizioni per applicare la disposizione in esame, la formula della improcedibilità per sopravvenuta carenza dell’interesse del ricorrente all’accoglimento della proposta domanda di annullamento: formula la quale descrive sinteticamente, appunto, il sussistere di una situazione, sopravvenuta nel corso del giudizio, tale da escludere che dall’accoglimento del ricorso la parte ricorrente possa ottenere una qualsiasi utilità. Potrebbe infatti addursi che l’assenza di alternative contenutistiche al provvedimento impugnato, procedimentale, sebbene illegittimo privi il ricorrente di ogni per profili di serio e concreto carattere formale o interesse al suo annullamento, essendo comunque destinato ad essere sostituito, ove annullato dal giudice, da un provvedimento avente lo stesso contenuto di quello impugnato sebbene depurato dai vizi formali o procedimentali che lo inficiavano. A tale riguardo, si è anche sostenuto che la norma rinviene i suoi immediati antecedenti nei tentativi giurisprudenziali volti a rescindere il legame necessario tra illegittimità del provvedimento per vizi di carattere formale e suo annullamento: tali tentativi, in mancanza di espressi appigli di carattere normativo idonei a dare ad essi fondamento, hanno fatto essenzialmente leva su istituti di carattere processuale, come l’ammissibilità del ricorso. In particolare, la mancanza di alternative contenutistiche al provvedimento impugnato, accertata dal giudice eventualmente su sollecitazione dell’amministrazione resistente, ha fatto propendere per la carenza a monte dell’interesse del ricorrente al suo annullamento, con la conseguente declaratoria di inammissibilità del ricorso. Tuttavia, tale impostazione presentava limiti evidenti, tali da ridurne al minimo le possibilità applicative: basti considerare che, almeno relativamente ai provvedimenti lesivi di interessi legittimi oppositivi, l’annullamento del provvedimento impugnato per vizi di carattere formale o procedimentale, pur quando esso rappresenti l’unica soluzione regolatrice possibile di una determinata fattispecie amministrativa, è foriera quantomeno della utilità per il ricorrente rappresentata dalla Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 23 di 25 Università Telematica Pegaso Le invalidità del provvedimento amministrativo possibilità di richiedere il risarcimento dei danni verificatisi nelle more, possibilità che ha sovente indotto il giudice amministrativo ad evitare la statuizione di inammissibilità del ricorso. La norma in esame invece, introducendo un ostacolo assoluto (cioè non legato a valutazioni relative all’interesse del ricorrente) all’annullabilità del provvedimento, non si presta ad essere spiegata sulla scorta di considerazioni di ordine esclusivamente processuale: non si spiegherebbe, altrimenti, la preclusione da essa opposta all’annullabilità del provvedimento, anche quando dal suo annullamento il ricorrente possa aspettarsi il soddisfacimento di un interesse succedaneo come quello di carattere risarcitorio. Si è quindi osservato che essa estende il richiamato principio giurisprudenziale (circa l’inammissibilità del ricorso nell’ipotesi di assenza di alternative contenutistiche al provvedimento impugnato) agli interessi legittimi di tipo oppositivo, correggendo forse quella che era stata definita una iperprotezione di tali interessi. La non annullabilità del provvedimento, sulla scorta della norma in esame, non è d’altro canto adducibile a fondamento di una pronuncia di rigetto del ricorso, quale discende normalmente dall’accertamento della insussistenza dei vizi lamentati dal ricorrente: si è visto infatti che il provvedimento contrastante con le norme in tema di forma e di procedimento non è legittimo né valido, ma semplicemente soggetto ad una forma di “annullabilità condizionata” (all’accertamento del giudice circa la non ineluttabilità, sul piano contenutistico, del provvedimento impugnato). Deve altresì escludersi che l’assenza di ipotesi contenutistiche alternative a quella trasfusa nel provvedimento impugnato costituisca oggetto di una eccezione in senso sostanziale formulabile dall’amministrazione intimata: la norma infatti è ispirata ad una visione di carattere oggettivo, dalla quale esula ogni onere di parte, sì che anche l’oggettiva evidenza della mancanza di alternative contenutistiche, rilevabile ex officio dal giudice amministrativo, si presta a dare luogo alla “non annullabilità” del provvedimento ai sensi della norma de qua. Deve quindi concludersi nel senso che la disposizione contiene una direttiva indirizzata al giudice prima che alle parti, volta a circoscriverne e condizionarne il potere di statuire l’annullamento del provvedimento: essa, quindi, opera secondo uno schema analogo a quello che ispira l’art. 43 d.P.R. n. 327/2001 (oggi, dopo la declaratoria di incostituzionalità della norma, sostituito dall’art. 42 bis), laddove dispone che “qualora sia impugnato uno dei provvedimenti indicati nei commi 1 e 2 ovvero sia esercitata una azione volta alla restituzione di un bene utilizzato per scopi di interesse pubblico, l’amministrazione che ne ha Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 24 di 25 Università Telematica Pegaso Le invalidità del provvedimento amministrativo interesse o chi utilizza il bene può chiedere che il giudice amministrativo, nel caso di fondatezza del ricorso o della domanda, disponga la condanna al risarcimento del danno, con esclusione della restituzione del bene senza limiti di tempo”. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 25 di 25