Storia della scienza Dopo Darwin Le scienze della vita intorno al 1900

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Storia della scienza
per le lauree triennali
Prof. Giuliano Pancaldi
2011-12
Modulo 7
Dopo Darwin
Le scienze della vita intorno al 1900:
come è nato il concetto di gene
La scienza viene spesso presentata come un sistema unitario e coerente di conoscenze.
A ben guardare, tuttavia, anche all’interno di una tradizione di studi abbastanza
omogenea come la biologia esistono delle discipline con caratteristiche ben distinte
l’una dall’altra.
Così, per esempio, mentre molti biologi negli ultimi decenni dell’Ottocento guardavano
all’evoluzionismo come a una concezione capace di dare unità e coerenza alle scienze
della vita, altri sviluppavano studi che, in diversi casi, evitavano di misurarsi con
l’evoluzionismo o seguivano delle strade indipendenti.
La biologia di laboratorio – nei suoi rami più sviluppati nell’Ottocento, come la
fisiologia, la microscopia o la biochimica – rappresenta bene questa molteplicità di
tradizioni di ricerca, che continuarono a essere coltivate in relativa indipendenza
rispetto all’evoluzionismo di cui ci siamo occupati finora.
Quando, intorno al 1900, l’evoluzionismo conobbe un certo declino per effetto delle
polemiche e delle difficoltà che abbiamo visto nei moduli precedenti, la biologia di
laboratorio stava invece andando fortissimo.
Al successo della biologia di laboratorio avevano contribuito varie circostanze, tra cui lo
sviluppo di tecniche di osservazione al microscopio che, insieme con il perfezionamento
dello strumento, stavano cambiando la percezione delle componenti microscopiche
fondamentali degli esseri viventi.
In un paio di secoli il microscopio si era trasformato da strumento poco affidabile quale
era per le imperfezioni costruttive e le “immagini illusorie” che queste generavano, in un
prodotto al quale si applicavano le nuove conoscenze dell’ottica e le nuove tecnologie per
il trattamento dei materiali, generate dall’industrializzazione in atto nei maggiori paesi
europei.
Ecco, nell’ordine, un microscopio della fine del Seicento, simile ai primi che circolarono:
1665
Un microscopio di fine Seicento (da “Scienziati a corte”, 2001), una pulce e gli occhi di
una mosca osservati con il microscopio da Robert Hooke (1665).
Poi un “motore per la divisione” del 1867, con il suo inventore F. A. Nobert, utilizzato
per produrre finissime linee parallele, da usare come test per misurare la qualità dei
microscopi e di altre macchine di precisione:
1867
Nobert, 1867 (da G.L’E.Turner, Essays on the history of the microscope, 1980).
E infine il presidente della Royal Microscopical Society (fondata a Londra nel 1839),
ritratto con il suo microscopio nel 1910:
Un microscopio del 1910 (da G. L’E. Turner, The Microscopical Society…)
Come si intrecciavano lo sviluppo di questi strumenti e la ricerca in biologia?
Già nel 1839 le nuove immagini fornite dai microscopi di quegli anni si mescolavano con
altri motivi, di carattere scientifico e filosofico, nel favorire la nascita della teoria
cellulare, secondo cui tutti gli esseri viventi – piante e animali – sono formati da
cellule.
In effetti le immagini della cellula – concepita come unità fondamentale del vivente –
cambiarono rapidamente con lo sviluppo dei microscopi e delle tecniche di colorazione
dei diversi elementi sottoposti all’apparecchio, queste ultime messe a disposizione dalla
chimica industriale dei coloranti.
Ecco alcune cellule al microscopio come venivano rappresentate nel 1839 (NB: in
alcune cellule si vede il nucleo, ma ben pochi altri dettagli dell’interno della cellula
risultano visibili):
1839
Qui di seguito invece alcune cellule al microscopio come apparivano nel 1882, con in
evidenza il processo della mitosi (vedi sotto):
1882
I corpi filamentosi in nero in queste immagini del 1882 furono chiamati cromosomi
[=corpi colorati] per la loro proprietà di colorarsi più intensamente degli altri con le
tecniche di colorazione chimica allora in uso.
Presto ci si accorse che i cromosomi dovevano avere una parte nel processo di
riproduzione delle cellule somatiche o mitosi: il numero dei cromosomi infatti veniva
raddoppiato prima della divisione che produceva due cellule figlie aventi lo stesso
numero di cromosomi della cellula madre (vedi le due figure in basso nell’illustrazione
qui sopra).
Questo genere di studi sulla riproduzione, centrati sulla cellula e sui suoi componenti
microscopici, a fine Ottocento si intrecciava naturalmente con i nuovi tentativi di
individuare le leggi della trasmissione ereditaria dei caratteri macroscopici degli
esseri viventi da una generazione all’altra, leggi su cui Lamarck, Darwin e tanti altri
avevano fatto delle ipotesi che non avevano però conquistato il consenso dei biologi.
In questo contesto – in cui ricerche di laboratorio sulla struttura microscopica della
cellula, ricerche sull’ibridazione e l’ereditarietà e ricerche sull’evoluzione
interagivano in forme nuove – nel 1900 furono riscoperti gli studi di Gregor Mendel
(1822-1884) sull’ibridazione dei piselli, che risalivano a quasi quarant’anni prima.
Parleremo di Mendel in dettaglio nel prossimo modulo.
L’impatto di “Mendel ritrovato” fu notevolissimo. Nel 1905-6 William Bateson,
zoologo evoluzionista di Cambridge in Inghilterra, interessato agli studi sperimentali
sull’ibridazione, coniò il termine “genetica” per indicare una nuova scienza che
avrebbe dovuto occuparsi della generazione degli esseri viventi combinando le idee
sull’evoluzione (ma non la teoria della selezione naturale, in cui Bateson non credeva)
con le leggi dell’ereditarietà formulate da Mendel, sulle quali si stavano moltiplicando i
nuovi studi.
William Bateson (1861-1926) al lavoro.
Pochi anni dopo, nel 1909, il danese W. L. Johannsen propose la parola “gene”
per indicare invece l’unità dell’ereditarietà, che per lui era soprattutto un simbolo o
un’unità astratta, utile per il calcolo dei fenomeni dell’ereditarietà nella prospettiva
rilanciata con la riscoperta di Mendel, secondo cui i fenomeni dell’ereditarietà sono
scomponibili in unità separate (vedi modulo 8).
Johannsen veniva da studi informali di chimica: per mantenersi aveva fatto pratica come
farmacista. Prima di diventare un accademico esperto di ereditarietà aveva lavorato nei
laboratori della birra Carlsberg – NB: ricerca avanzata in un contesto industriale – dove
gli era garantita abbastanza libertà da permettergli di coltivare i suoi interessi vasti, anche
di natura teorica.
Per qualche tempo - dopo l’introduzione della parola - restò incerto se il gene
dovesse essere inteso come unità materiale, da individuare nei cromosomi come molti
suggerivano, oppure come unità astratta o simbolo utile per il calcolo dei fenomeni
dell’ereditarietà studiati da Mendel. Come vedremo nelle prossime lezioni il concetto
di gene è ancora oggi, a un secolo dalla sua introduzione, al centro di vivaci discussioni.
Wilhelm Ludvig Johannsen (1857-1927)
Intanto può essere utile ricordare che, intorno al 1900, anche la biologia di laboratorio,
come l’evoluzionismo qualche decennio prima, stava conquistando un posto
nell’immaginario collettivo dell’“età del progresso”.
Lo conferma questa pubblicità dell’“essenza di cacao” prodotta dalla ditta Cadbury, che
garantiva la “purezza” del suo cacao ricorrendo all’immagine-simbolo di uno scienziatoprofeta, ritratto nel suo laboratorio armato di alambicchi e microscopio e impegnato a
controllare scientificamente la qualità della cioccolata Cadbury:
Scienza e pubblicità della cioccolata intorno al 1900
( da “Album of science”).
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