MEDICINA LEGALE, CRIMINALISTICA E SCIENZE SOCIALI
COLLANA INTERNAZIONALE DIRETTA DA FRANCESCO VINCI

Direttore
%DITORIN#HIEF
Francesco V
Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”
Comitato scientifico
3CIENTIFICn%DITORIAL#OMMITTEE
Francesco V
Già professore ordinario di Medicina Legale
Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”
Francesco C
Giudice unico
Tribunale di Brindisi — Sezione distaccata di Ostuni
Nicoletta V
Professore a contratto di Diritto penale minorile
Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”
MEDICINA LEGALE, CRIMINALISTICA E SCIENZE SOCIALI
COLLANA INTERNAZIONALE DIRETTA DA FRANCESCO VINCI
Questa Collana Internazionale è una raccolta di studi di significativo
rilievo scientifico che affrontano, con rigore metodologico, argomenti
a valenza multidisciplinare, importanti anche sul piano giudiziario.
Corredati di bibliografia aggiornata e sovente, di iconografia a colori,
i libri inseriti nella presente Collana costituiscono fonte di aggiornamento e di approfondimento per medici e giuristi, nonché validi
strumenti didattici.
I volumi pubblicati nella presente Collana editoriale sono stati valutati secondo il
sistema di revisione tra pari.
This International Series is a collection of relevants scientific studies which, with multidisciplinarys contribution and methodological
rigour focus specifically on judicial matters. The books in this Series include the most recent bibliography, often colour image and
constitute tools of improvement and update for doctors and jurists.
The books published in this Series are blind peers reviewed.
Maria Antonella Pasculli
Neuroscienze e giustizia penale
Profili sostanziali. Volume I
Prefazione di
Francesco Vinci
Postfazione di
Giuseppe Dentamaro
Copyright © MMXII
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, /A–B
 Roma
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: ottobre 
A Stefano, mio compagno di vita sempre
Indice

Prefazione

Introduzione

Capitolo I
Diritto penale e neuroscienze
.. Di che parliamo?,  – .. L’evoluzione dei rapporti tra scienze e
diritto nella determinazione della responsabilità penale,  – .. Nodi
interpretativi irrisolti,  – .. Bloodstain Pattern Analysis ed argomentazioni deduttive analogiche,  – .. Dimostrazioni metodologiche su
automatismo cerebrale e fatto di reato,  – .. Flashback in tema di “letteratura” neuroscientifica,  – .. Brain–imaging e Brain–fingerprinting
alla luce dei principi di colpevolezza e personalità, .

Capitolo II
Infermità mentali e neuroscienze
.. I parametri medico–normativi versus le concezioni psico–sociologiche
di soggetto mentalmente “sano” e mentalmente “non sano”,  – .. Genere e specie nel modello integrato,  – .. Il ritardo psichico come
malattia mentale penalmente rilevante,  – .. La demenza come malattia mentale penalmente rilevante,  – .. La schizofrenia come malattia
mentale penalmente rilevante,  – .. Le psicosi distimiche come malattia mentale penalmente rilevante,  – .. I disturbi di personalità
penalmente rilevanti,  – .. Neuroni specchio ed ipotesi neocostitutive
di comportamenti umani devianti,  – .. Il meccanismo dell’empatia
alle origini del male, .

Capitolo III
Imputabilità e neuroscienze
.. Esiste il libero arbitrio?,  – .. Le possibili interpretazioni della
“libertà metafisica”,  – .. Un accettabile “compatibilismo” per una
(ri)lettura del sistema penale,  – .. Breve excursus storico sull’impu
Neuroscienze e giustizia penale

tabilità,  – .. Questioni di puro diritto: la capacità di intendere e di
volere,  – .. Infermità e malattia mentale,  – .. Imputabilità e
vizio totale/parziale di mente,  – .. Uso e abuso di alcool e di stupefacenti,  – .. Le risposte giurisprudenziali quali cause di deminutio
della penale capacità di intendere e volere,  – .. Neuroscienze e
perizia psichiatrica: un nuovo inizio,  – .. Il diritto penale del malato
di mente tra paradigmi costruttivi e de–costruttivi di imputabilità, .

Capitolo IV
Minori e neuroscienze
.. Imputabilità e minori,  – .. Glances dottrinali e giurisprudenziali
sulle ipotesi di im/maturità minorile,  – .. Il concetto di infermità applicato ai minori,  – .. Giudizio di maturità e neuroscienze per una
valutazione della capacità di intendere e volere degli imputati minorenni,  – .. Tecniche neuroscientifiche e minori. Recenti sviluppi,  –
.. Psicofarmaci e neuroenhancement, .

Capitolo V
Modelli di sanzioni e neuroscienze
.. I malati di mente possono essere rieducati?,  – .. Finalità special–
preventiva e contenuti empirici,  – .. Pericolosità sociale e non imputabilità,  – .. Pericolosità sociale presunta e neuroscienze: ritorno al
futuro,  – .. Le neuroscienze prima delle neuroscienze,  – .. Come
cambiano gli ospedali psichiatrici giudiziari,  – .. Finalità terapeutiche e ipotesi di trattamento alternative,  – .. Il diritto penale tra
verità processuale e certezza scientifica. Fugaci conclusioni, .

Postfazione

Bibliografia
Prefazione
Questo lavoro costituisce il confronto o, più specificatamente, un esperimento di contaminazione scientifica tra diverse discipline: il diritto penale,
la psicopatologia forense, le neuroscienze.
Contaminazione è di sicuro la parola che rappresenta compiutamente
lo sforzo dello studioso di affrontare la complessità e la precarietà del
nostro sistema di giustizia penale. L’analisi multifattoriale e contestuale
costituisce dal punto di vista scientifico il terreno e il metodo di questo
confronto, fervido di innovative indicazioni, ma assai lontano dalle certezze, certezze di facili modelli ed abitudini che caratterizzano luoghi e
professioni che frequentiamo ogni giorno.
Il termine neuroscienze indica un gruppo di discipline scientifiche
tra loro eterogenee, che ha alla base un programma comune, rivolto
allo studio del cervello umano, o meglio diretto a comprendere come
le aree cerebrali possano “dimostrare” i fenomeni mentali e i comportamenti umani, tradizionalmente considerati inaccessibili all’indagine
scientifico–dogmatica nell’ambito della dottrina penalistica, scientifico–
peritale nel’ambito dell’accertamento processuale. Il riferimento comune,
dunque, è il cervello, la cui struttura e funzionamento vengono indagati
con i metodi propri delle scienze naturali.
Importanti ricerche empiriche (Caspi et al. ; Canli et al. ; Bennet et al. ) hanno mostrato come il paradigma e i metodi neurologici
siano in grado di apportare significativi contributi alla comprensione di
comportamenti rilevanti in ambito giuridico, quali lo sviluppo della maturità del minore nel giudizio relativo e l’effetto del polimorfismo genetico
predisponente ai comportamenti violenti ed aggressivi a mo’ di esempio.
Per contro, il compito di stabilire se i comportamenti umani, rilevanti
da un punto di vista penale, possiedano o meno carattere di libertà e
razionalità così come qualificati nella nozione giuridica di “capacità di
intendere e di volere” spetta al giudice, ovviamente coadiuvato dal tecnico medico–legale e clinico che ne chiariscono gli aspetti che deviano
dalla “normalità”; ed il giudice mai potrà essere sostituito nella sua attività


Prefazione
ermeneutica, ma aiutato sì in questa sfida neuroscientifica. Il volume è
aperto da un paragrafo introduttivo che esemplifica il percorso tracciato
da Maria Antonella Pasculli, docente di diritto penale presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Bari, nonché presso la Scuola
di Specializzazione di Medicina legale della stessa Università, mettendo a
fuoco i temi centrali della ricerca sulle neuroscienze relazionate al diritto
penale. Il resto del lavoro si articola in cinque capitoli distinti. Il primo
tratta dell’evoluzione dei rapporti tra scienze e diritto nella determinazione della responsabilità penale con riferimento alla letteratura sostanziale
e neuroscientifica sull’argomento. Presente anche il profilo relativo agli
aspetti metodologici dell’intervento peritale. Il secondo capitolo è dedicato all’esegesi dogmatico–giurisprudenziale del concetto di malattia, letto
in un contesto medico–legale e di matrice “empatica”. Il terzo capitolo
riguarda il punto cruciale delle possibilità applicative delle nuove frontiere
neuroscientifiche, legate al modello dell’imputabilità penale ed ad un
nuovo “riferimento” della capacità di intendere e volere, tenendo conto
delle più recenti decisioni in merito. Nel capitolo quarto la studiosa approfondisce la tematica dell’imputabilità minorile alla luce delle ricerche
empiriche sull’argomento in una lettura in chiave innovativa del giudizio
di maturità dei soggetti underage.
L’ultimo capitolo del volume approfondisce gli aspetti consequenziali
del comportamento criminoso, sia nelle possibilità rieducative, che terapeutiche in vista della chiusura prossima ventura degli ospedali psichiatrici
giudiziari.
Dalla lettura del testo emerge lo scopo principale dello stesso, quello,
cioè, di costituire un’occasione e di fornire materiale e criteri di riflessione
su tematiche tanto complesse, quanto incerte, per quanto riguarda la
rappresentazione stessa dei problemi, prima che la ricerca delle soluzioni.
In tutto ciò, il consueto, opportuno e insostituibile “ponte” che la
Medicina Legale traccia tra il clinico e la “res biologica”.
Francesco Vinci
Professore di Medicina legale
dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”;
Direttore della Collana Internazionale
“Medicina legale, Criminalistica e Scienze Sociali”
(Aracne editrice)
Introduzione
Il paradigma su cui si fonda la responsabilità penale è dato dalla verifica
del libero arbitrio, dalla colpevolezza e imputabilità del soggetto agente, sempre che egli abbia agito con coscienza e volontà. Se io sono
libero, posso agire; se agisco, ci saranno conseguenze, di cui avrò consapevolezza, di cui sarò responsabile. Le neuroscienze coadiuvano la
dottrina e la giurisprudenza a capire quanto l’individuo sia veramente
libero e responsabile delle proprie azioni o piuttosto determinato nel
suo agire. L’incapacità di intendere e di volere rappresenta un motivo
rilevante per escludere o ridurre la pena. Se il soggetto non era libero
nel suo agire o nel suo omettere di agire, è responsabile da un punto
di vista morale prima, penale a seguire? Più o meno in tali termini uno
studioso del diritto penale porrebbe il suo interrogativo; un difensore
disserterebbe sulla posizione del suo assistito nelle aule dei tribunali;
un giudice si rivolgerebbe al perito.
I neuroscienziati pongono la questione diversamente: se l’aggressività è riconducibile a precisi circuiti nervosi, è possibile che un’alterazione congenita, morfologica o funzionale degli stessi possa portare
ad un comportamento abnorme che sfugga al controllo intenzionale
dell’individuo, pur non essendo riconducibile a nessuna patologia accertata? Possiamo parlare di libero arbitrio se la genetica molecolare
ha individuato con certezza un certo allele, che aumenta in maniera
significativa la spinta verso situazioni “estreme”, fuori, dunque, dalla
legalità? (Gazzaniga, ; Green, Cohen, ; Pietrini, ).
La presente ricerca vuole presentare i contributi degli studi sull’esplorazione metabolico–funzionale del cervello per comprendere
la relazione tra massa cerebrale e comportamento (criminoso), tra
massa cerebrale e controllo degli impulsi aggressivi ed antisociali per
una lettura dell’imputabilità e della responsabilità penale in chiave
neuroscientifica, ma soprattutto in chiave applicativa, considerando
il problema della pena efficace, legittima e delle misure di sicurezza
adeguate dagli immediati risvolti pratici.

Capitolo I
Diritto penale e neuroscienze
: .. Di che parliamo?,  – .. L’evoluzione dei rapporti tra scienze e diritto nella determinazione della responsabilità penale,  – .. Nodi
interpretativi irrisolti,  – .. Bloodstain Pattern Analysis ed argomentazioni deduttive analogiche,  – .. Dimostrazioni metodologiche su
automatismo cerebrale e fatto di reato,  – .. Flashback in tema di “letteratura” neuroscientifica,  – .. Brain–imaging e Brain–fingerprinting
alla luce dei principi di colpevolezza e personalità, .
.. Di che parliamo?
Con particolare efficacia la dottrina italiana ormai da qualche anno
affronta la tematica delle neuroscienze in lettura simbiotica con uno
degli istituti fondanti il sistema penale, quali l’imputabilità e l’accertamento della stessa, scatenando per effetto della binomica costruzione
entusiasmo (intellettuale) e critiche (feroci) .
Le “neuroscienze” studiano il sistema nervoso, analizzano la comprensione del pensiero umano, le emozioni ed i comportamenti, biologicamente correlati, attraverso cui si manifesta o non manifesta lo
. Da ultimo in tema le relazioni presentate al Convegno Diritto penale e neuroetica,
Foggia, – maggio , di P. C, Il codice di comunicazione dei neuroni: divagazioni
su emozioni, memoria, pensiero e altre funzioni mentali; P. P, Il libero arbitrio tra geni e
cervello: implicazioni per il concetto di imputabilità; I. M B, Cervelli criminali;
M. R, Sviluppi delle neuroscienze e libertà del volere; M. B, L’imputabilità penale
tra cervello e mente; G. C, Il potenziamento (enhancement) delle funzioni nervose
tra libertà personale e interesse comune: un punto di vista non moralista e un po’ evoluzionista;
S. C, Enhancement e diritto: il punto di vista del giurista penalista; B. M,
Enhancement e principio di precauzione nel diritto penale; O. E, Doping mentale e
concetto di salute: una possibile regolamentazione legislativa?, L. B, Empatia in Tribunale: il
difficile percorso di un’empatia negativa o senza simpatia; G. F, Sul ruolo delle emozioni
(e dei sentimenti) nella genesi e nell’applicazione delle leggi penali; P. F, Neuroscienze e
processo penale; G. M. F per la relazione di sintesi.


Neuroscienze e giustizia penale
stesso, utilizzando strumenti altamente scientifici, atti ad esaminare molecole, cellule, reti nervose . Le tecnologie neuroscientifiche
spiegano come funziona, si sviluppa e degenera il sistema nervoso.
Gli studiosi del campo si chiedono cosa sia la mente, in che modo
gli individui percepiscano le loro emozioni, quali siano le cause di
disturbi neurologici e psichiatrici.
Il “compasso” squisitamente scientifico accoglie in sé implicazioni
più complesse, quando gli esponenti delle più prestigiose università statunitensi coniano il termine neuroetica, quale «lo studio delle
questioni etiche, giuridiche e sociali che sorgono quando le scoperte
scientifiche sul cervello vengono portate nella pratica medica, nelle
interpretazioni giuridiche e nella politica sanitaria e locale» . Lo status della questione è, dunque, già operativo a livello intermedio, dal
momento in cui la ricerca neuroscientifica è transitata dalla descrizione del cervello umano e delle sue attività metabolico funzionali,
dalla determinazione degli sviluppi del sistema neuronale, dalla individuazione dei modi di prevenzione e cura dei disordini neurologici
e psichiatrici al riconoscimento, per un verso, di categoria generale,
ufficialmente riconosciuta, comprensiva di studi biologici, chimici,
fisici, integrati alla fisiologia e psicologia dei comportamenti umani,
che includono emozioni e funzioni cognitive, e, per altro verso, di categoria specifica, quale le neuroscienze “giuridiche” o “forensi”, dove lo
studio delle cellule nervose è parametrato al comportamento umano,
a quello specifico settore del comportamento umano, che afferisce alla
commissione dei fatti di reato e alla valutazione degli stessi all’interno
. Vedi A. S, Diritto, scienza, nuove tecnologie, CEDAM, Padova,  e la
ampia letteratura internazionale ivi richiamata; I., (a cura di), Le neuroscienze e il diritto,
Ibis, Como–Pavia, ; I., B. B, Neuroscienze e categorie giuridiche: quale impatto?,
in A. C, F. R (a cura di), Neuroetica, UTET, Torino, ,  ss.; I., B,
Neuroscienze, connessioni e confini dell’individuo, in Sistemi intelligenti, Agosto, , n. , 
ss.
. Cfr. S, Neuroscienze e diritto: un quadro delle opportunità, in Rivista italiana
di medicina legale, , n. ,  ss., in specie –, note , , , con richiami alla conferenza di
San Francisco, – giugno , dal titolo Neuroethics: Mapping the Field e alla letteratura
straniera in tema. Il discusso intreccio tra questioni etiche, scientifiche e giuridiche viene
affrontato in campo penale da O. D G, Un diritto penale empatico? Diritto penale,
bioetica e neuroetica, Giappichelli, Torino, , in specie  ss.; D. T, Problematiche
del diritto penale,  ss., in L. C, V. C, E. P, I., Neodiritto. Una
introduzione, Giappichelli, Torino, .
. Diritto penale e neuroscienze

del processo penale . La finalità, data dal rapporto multidisciplinare
tra medicina, diritto e etica, in quest’ottica è rivolta alla valutazione
dell’imputabilità, al suo allargamento o restringimento, ai fini della
determinazione in concreto del trattamento sanzionatorio, più idoneo
a tutelare Stato, individuo e collettività. Varcando i tracciati (certi?) delle norme penali si vuole indagare sulla capacità di intendere e volere
del soggetto, che pone in essere la condotta attiva od omissiva da cui
dipende l’esistenza del reato; ci si interroga se essa possa essere ancora
interpretata “libera” nel suo agire e, quindi, perseguibile nelle forme riconosciute della giustizia penale, o se affetta da “determinismo”
ineludibile, poiché fisiologico all’essere umano, scientificamente provato dalle «metodologie di esplorazione funzionale del cervello, quali
la risonanza magnetica funzionale (MRI), la magnetoencefalografia
(MEG)» , possa solo svelarci “menti criminali”, senza scelta, bisognose
di trattamenti specifici e non certo di pena .
.. L’evoluzione dei rapporti tra scienze e diritto nella determinazione della responsabilità penale
Il ricorso a metodologie “estranee” al diritto penale costituisce parte
integrante del giudizio di imputabilità operato dal giudice per l’accertamento della responsabilità in sede processuale. Stabilire se un
soggetto sia capace di intendere e di volere soggiace ad una valuta. Cfr. V. L. S, G. S, Neuroscienze giuridiche: i diversi livelli di interazione
tra diritto e neuroscienze, in A. B, G. G, G. S (a cura di), Manuale di
neuroscienze forensi, Giuffrè, Milano ,  ss.
. La citazione rimanda a P. P, G. S, Come si evolve il ruolo della perizia
psichiatrica alla luce delle acquisizioni delle neuroscienze, in Guida al Diritto, Focus on line, n.
/, .
. Degno di attenzione a riguardo l’ultimo lavoro di M B, Criminali si
nasce? Criminologia, determinismo e neuroscienze, Raffaello Cortina Editore, Milano, , 
ss., dove, tra l’altro nel capitolo Neuroscienze e determinismo, l’autrice opera una distinzione
chiarificatrice tra «l’ambito interdisciplinare di studio definito “neurodiritto” (neurolaw)
che appunto combina lo studio del diritto con quello delle neuroscienze», annoverando
nel dettaglio le “neuroscienze forensi”, rivolte alla possibilità d’impiego dei risultati delle
stesse nel processo penale, come prova “altamente” scientifica; le “neuroscienze criminali”,
rivolte alle indagini sui comportamenti criminali con metodologia neuroscientifica e le
“neuroscienze normative”, rivolte allo studio dei correlati neurologici del ragionamento
morale».

Neuroscienze e giustizia penale
zione “integrata” del giudice, che applica la norma ex art.  c.p., e
dell’“esperto” in materia, sia esso psichiatra, psicologo o, da ultimo,
neuroscienziato, che dimostri come l’infermità mentale alteri la capacità rappresentativa e volitiva del soggetto, autore della fattispecie
criminosa .
Giudice e scienziato lavorano insieme, l’uno per l’altro : il primo
definendo le regole nella sua discrezionalità, altrimenti detta libero
convincimento; il secondo stabilendo, in primo luogo, lo stato mentale,
in cui versava il soggetto agente al momento della commissione del
fatto, e, a seguire, se esso possa aver influito in maniera determinante
o, da ultimo, deterministica, sulle sue capacità di discernimento o
controllo degli impulsi, poi materializzatisi in azioni od omissioni
penalmente rilevanti.
Se questa è la definizione del rapporto interdisciplinare a sfondo
pratico–applicativo (quello per cui il diritto penale ha un senso logico) tra giudice e perito, che culmina nel conferimento della perizia
psichiatrica, un passaggio argomentativo come premessa appare indispensabile: la scienza, altrimenti detta psichiatria o psicologia, è
oggettiva? La metodologia d’indagine utilizzata in sede forense si avvale di procedure standard, affidabili a tal punto da assurgere a prova
scientifica, non confutabile? «Quali assicurazioni esistono di “scienti. Di recente in tema di rapporti tra scienze e diritto si veda il confronto di idee
su Scienza e giustizia penale in www.archiviopenale.it, n. , , con articoli di G. G,
Scienza e processo penale: introduzione al tema; S. S, Rilievi e accertamenti sulla scena
del crimine; D. C N, L. S, L’errore tecnico–scientifico sulla scena del crimine.
L’errore inevitabile e le colpe dello scienziato, del giurista, del legislatore; S. L, Il contributo
degli esperti alla formazione del convincimento giudiziale; D G, Chi ha paura delle
neuroscienze?, M. R, Imputabilità e colpevolezza della persona alla luce delle più recenti
ricerche in materia di neuroscienze; C. S, Modesti prolegomeni per buon e prudente
utilizzo della conoscenza scientifica nel processo penale; G. C, La valutazione della prova
scientifica fra verità processuale e ragionevole dubbio; P. T, Considerazioni su diritto di difesa
e prova scientifica.
. Contra c’è chi lo considera come concorrente con il giudice, come L. M, Su
teoria e prassi del rapporto fra diritto penale e criminologia, in Studi Urbinati, ,  ss., o
chi, provocatoriamente, come F. C asserisce che «se al giudice pare eccepibile la
conclusione del perito, ne nomina un secondo». La citazione è contenuta in A. M,
Nuovi scenari nei rapporti tra scienza e diritto?, in M. C (a cura di), Nuove tecnologie e
processo penale. Giustizia e scienza saperi giuridici a confronto, Giappichelli, Torino, , 
ss., in specie .
. In tema ex pluris, L. D C N (a cura di), La prova scientifica nel
processo penale, CEDAM, Padova, . Con riferimento specifico all’imputabilità, M.T.
. Diritto penale e neuroscienze

ficità” allorché ci si appoggia a contributi di accertamento esterni a
quello giuridico?» .
La questione è tutt’altro che univoca . «Il giudice entra in contatto
con il metodo scientifico, quando deve valutare una prova», servendosi,
pertanto, «di una legge scientifica che precisi qual è la causa che ha
determinato» il fatto per cui è processo. Il neuroscienziato entrerà in
questa ottica processuale per fornire con particolari technicalities la
prova dei fatti di reato, idonea a formulare una “certa” (il più possibile)
valutazione giudiziaria . La perizia e la consulenza tecnica sono i
canali principali attraverso cui la scienza entra nel processo penale .
Scegliere un perito è già di per sé attività rimessa all’esclusiva valutazione del giudice, senza considerare che in una stessa fase processuale
è altamente probabile riscontrare distinte consulenze psichiatriche,
facenti capo ad accusa e difesa, a sfondo diametralmente opposto e
con mutamento di regime dichiarativo–assertivo, se muta la persona
dell’esperto a seconda del suo apporto accusatorio o difensivo . In
tale “gioco delle parti” chi sceglie chi? Chi valuta chi? Il giudice terzo,
che terzo non è se sceglie il suo peritus? O le parti processuali quando,
nei limiti loro concessi, scelgono a loro volta il proprio esperto? L’albo
dei periti, con obbligo di verità, o dei consulenti di parte, con obbligo
della “parziale” verità, rappresentano l’unica garanzia processuale e
normativamente definita ex art.  disp. att. Talvolta il perito non è
neanche un medico, con conseguente mutamento delle competenze
C, Vizio di mente: nozione accertamento e prospettive, Giappichelli, Torino, .
. M, Nuovi scenari nei rapporti tra scienza e diritto?, cit., .
. La letteratura in tema di prova scientifica è piuttosto ampia. Con riferimento
ai più completi lavori sull’argomento si legga O. D, La prova penale scientifica,
Giuffrè, Milano, ; G. U, La prova penale. Profili giuridici ed epistemologici, UTET,
Torino, ; D C N (a cura di), Scienza e processo penale: linee guida per
l’acquisizione della prova scientifica, CEDAM, ; L (a cura di), Prova penale e metodo
scientifico, Giappichelli, Torino, ; G. S (a cura di), Le prove. Trattato di procedura
penale, vol. , UTET, Torino ; A. G (a cura di), La prova penale, UTET, Torino,
.
. Cfr. S, S, Neuroscienze e processo penale, in Cassazione penale, ,
 ss., in specie , con riferimenti in nota  alla dottrina processual–penalistica in
materia.
. Con richiami alla letteratura e alla giurisprudenza in tema vedi G, La psicologia forense oggi, in I, A. C (a cura di), Mente, società e diritto, Giuffré, Milano, , 
ss.
. Sul punto L, Il contributo degli esperti alla formazione del convincimento
giudiziale, cit., .

Neuroscienze e giustizia penale
professionali, che possono sfociare nelle loro articolazioni argomentative in semplici intuizioni, prive del rigore scientifico, quanto meno
auspicabile in tal sede .
Le distinte opinioni di chi invochi una comprovata professionalità degli esperti negli appositi albi, corredata da general acceptance test,
l’approvazione della comunità scientifica di riferimento, attraverso certificazioni chiare, documentate dalla rilevanza delle ricerche effettuate,
la cosiddetta peer review, una costante e continua verificabilità delle
stesse, attraverso la pratica del testing per mitigare al minimo gli effetti
dell’errore commesso (rate of error) o chi, viceversa, ritenga sufficiente e strettamente connesso al principio del libero convincimento del
giudicante la scelta dallo stesso effettuata in quanto funzionale alla propria attività giurisdizionale , non escludono l’ipotesi in entrambi i casi
valida di costituire un collegio peritale, con garanzie di indipendenza
ed imparzialità, che adempia correttamente all’espletamento delle
questioni proposte dal giudice, emerse dai fatti di causa, legate alla
diagnosi (secondo gli insegnamenti delle differenti scuole di pensiero e
dei diversi settori di disciplina) della malattia mentale dalle multiformi
sfaccettature, da cui possa conseguire l’“incapacità” di intendere e di
volere degli imputati, senza valutazioni preventive sulla pericolosità
sociale degli stessi.
. Rimando alle considerazioni di F. C, L’imputabilità, il vizio di mente e i
disturbi della personalità in Rivista italiana di diritto e procedura penale, ,  ss., in specie
.
. M, Nuovi scenari nei rapporti tra scienza e diritto?, cit., , con richiami alla
giurisprudenza statunitense in tema; B, Le incertezze della scienza e le certezze del
diritto a confronto sul tema dell’infermità mentale, in Rivista italiana di diritto e procedura penale,
,  ss.; G. M, Le neuroscienze nel processo: profili problematici e orizzonti prospettici
di un nuovo confronto fra scienza e diritto in Rivista italiana di diritto e procedura penale, ,
 ss. Inoltre, sugli additional factors, individuati dalle Corti americane (Sentenza Daubert,
Sentenza Kulmo), vedi C, Il giudizio di imputabilità tra complessità fenomenica ed
esigenza di rigore scientifico, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, ,  ss., in
specie  ss. e la bibliografia riportata alla nota .
. R. C, V. M, Verso una psichiatria forense basata su evidenze, in Rivista
italiana di medicina legale, ,  ss.
. Diritto penale e neuroscienze

.. Nodi interpretativi irrisolti
Se è pur vero che molti sono meglio di uno solo nell’articolazione del
mezzo di prova, da cui si enucleano le basi del giudizio di imputabilità,
(almeno sotto il profilo della multiformità delle opinioni espresse e
del minore condizionamento sulle stesse), altre questioni necessitano
di approfondimento. Il collegio peritale a composizione variegata e
formato in contraddittorio renderebbe superflua la presenza di consulenti tecnici di parte, valorizzando la pluralità delle posizioni espresse,
con tutte le eccezioni del caso .
La perizia altera in ogni caso “spazio” e “tempo” del fatto reato
accertabile nella commissione compromessa in itinere del “presunto”
malato. Ciò risulta perfettamente coniugabile con la rappresentazione
del processo penale, in cui si ricrea l’immagine della realtà fattuale sotto profili “alterati” di “alterità”. La verità processuale è “altro” rispetto
alla verità storica. Il giudice è “altro” rispetto all’idea di giustizia. Il
perito esamina lo stato mentale dell’imputato in un “altro” tempo ed
in un “altro” luogo (in taluni ed in parte dei casi assegnati) rispetto a
quello reale della commissione del fatto reato .
Ne consegue logicamente che la verifica dell’imputabilità non avviene nel momento in cui il soggetto ha agito o omesso di agire. Si
valuta ciò che sarebbe dovuto presuntivamente accadere e non è accaduto; ciò che non sarebbe dovuto presuntivamente accadere ed è
accaduto in una ricostruzione strutturalmente forzata ratione temporis
et loci. Anche il luogo del giudizio, infatti, appare vincolato ad una
realtà estranea al momento della commissione del fatto reato e ai pregressi mentali dell’individuo, magari sottoposto al regime detentivo
. Contra, infatti, chi sostiene la necessità di conferire gli incarichi di parte come
manifestazione della pluralità dei soggetti processuali coinvolti, che, pur, rappresentati in
un collegio, potrebbero subire possibili condizionamenti derivanti dalla decisione “univoca”
in ordine alla presenza o meno della capacità di intendere e di volere dell’esaminando. Vedi
C. C, Iudex peritus peritorum e ruolo degli esperti nel processo penale, in Diritto penale
e processo, , n. ,  ss. In generale sulle distinte figure di perito e consulente tecnico
vedi P.P. R, Perito e perizia, in Digesto delle discipline penalistiche, UTET, Torino, vol.
IX, , .
. F, Il giudizio penale: fatto e valore giuridico, in A.V., La prova nel dibattimento
penale, Giappichelli, Torino, IV ed., ,  ss.; I., Contraddittorio e verità nel processo penale,
in I., Studi sul processo penale, Anamorfosi del processo accusatorio, Giappichelli, Torino, vol.
II, ,  ss.

Neuroscienze e giustizia penale
del caso. La “delocalizzazione della scena giudiziaria” o indiziaria in
altro setting affranca dal contesto di riferimento le diverse modalità
di manifestazione della mens (non) rea, con perdita ulteriore di dati
tecnici, storici in progressione criminogena .
Il giudizio di imputabilità si presenta ontologicamente poco scientifico e molto ipotetico–probabilistico . I meccanismi presuntivi di
formulazione “a posteriori” dello stato mentale del soggetto sono i
rischi connessi alle manifestazioni della perizia psichiatrica.
Altro punto in sospeso è dato dal conflitto che potrebbe sorgere tra
la valutazione di imputabilità, legata allo stato mentale dell’individuo,
e il giudizio di responsabilità penale, connesso alla presunzione di
innocenza costituzionalmente garantita. Il perito dichiara imputabile
o non imputabile il soggetto da valutare rispetto a fatti cui lo stesso
potrà risultare estraneo o essere dichiarato innocente . La difficoltà è
più pratica che teorica, avendo giurisprudenza e dottrina, attraverso la
lettura degli artt. ,  c.p., rilevato che «il disturbo della personalità
deve
funzioni dell’Io, che, inconsapevolmente, renda l’agente incapace di
fruire di una percezione veritiera e fisiologica della realtà esterna
e del disvalore sociale del fatto commesso, impedendo al soggetto
una consapevole e libera autodeterminazione» , senza necessità di
scindere ad ogni costo modello oggettivo e soggettivo di reato.
. L’espressione è di A. G, Del giudicare. Saggio sul rituale giudiziario, Raffaello
Cortina Editore, , .
. Cfr. sul punto F. C, C, La perizia psichiatrica sull’autore del reato, in
Rivista italiana di medicina legale: evoluzione storica e problemi attuali, ,  ss. in specie .
. L’impasse tra i due livelli di cognizione valutativa, innocente/colpevole; imputabile/non imputabile, secondo la dottrina tedesca (Wolf, ), potrebbe essere superato
attraverso «l’idea del processo bifasico, ad una prima fase destinata all’accertamento della
responsabilità (processo di cognizione) seguirebbe una seconda fase orientata alla verifica
dell’imputabilità e del trattamento individualizzato (processo di esecuzione), sì da garantire
al perito la possibilità di un giudizio più scientifico», con i rischi relativi ad una scissione
tra imputazione oggettiva del reato e giudizio di colpevolezza, tipici della concezione
normativa. Così C, Il giudizio di imputabilità, cit., .
. Così A. M, Tutela penale del sofferente psichico, in A. B, S. R (a
cura di) Trattato di Biodiritto, diretto da S. R, P. Z, Giuffré, Milano, ,  ss.,
in specie , con riferimento alla sentenza della Cassazione a sezioni unite  gennaio/
marzo , n. , di cui si dirà nel dettaglio nei paragrafi successivi.
. Diritto penale e neuroscienze

.. Bloodstain Pattern Analysis ed argomentazioni deduttive analogiche
La tecnica dell’analisi delle macchie di sangue sulla scena del delitto
(BPA), utilizzata per la prima volta in Italia nel processo di Cogne,
“tecnica d’indagine riconducibile alla perizia” , che richiama facendo
proprie altre scienze, universalmente riconosciute, quali la matematica,
la fisica, la scienza, la biologia, è uno strumento scientifico tecnologico
che ricostruisce la dinamica dell’evento con relative posizioni di autore
del crimine, vittima del reato al momento del fatto, con indicazione
dei colpi inferti, del tipo di arma utilizzata, della presenza di altri
soggetti e altro.
Questa prova scientifica si avvale dell’esame delle macchie di sangue, studiate nella loro quantità, morfologia, distribuzione, posizione . L’acquisizione tecnica della ricostruzione è rimessa anche in
questo caso alla valutazione del perito, esperto in materia, nominato
. Cfr. Cass. pen., sez. I,  maggio , n. , riportata in Cassazione penale, ,
 ss. con nota a seguire di F. C, Scientific Evidence e logiche del probabile nel processo
per il delitto di Cogne,  ss.; N. V, Prove penali e leggi scientifiche, in La Giustizia
penale, , III,  ss. Vedi anche altro caso in tema di crime scene reconstruction (CSR) e
criminal investigative analysis (CIA) nel processo contro Amanda Knox e Raffaele Sollecito,
Corte d’Assise di Perugia,  maggio , Knox e altro, Corte d’Assise d’appello di Perugia,
 dicembre , Knox e altro, nonchè il dossier L’assassinio di Meredith Kercher pubblicato
su www.archiviopenale.it n. , , con premessa di M. M e articoli di E. A,
G. C, La ricostruzione di cronaca giudiziaria nei media; S. A, Ricostruzione del
fatto e contrasto di giudicati interno; R. B, Lineamenti di crime scene reconstruction
applicati alla sentenza di primo e di secondo grado: siamo davvero giunti oltre ogni ragionevole
dubbio?; D. C, Ricordando Meredith e, nel Suo Nome, Tutte le Donne straziate dalla
violenza. La vittima nel processo penale: un “personaggio in cerca d’autore”; C, Ragionevole
dubbio e “scienza delle prove”: la peculiarità dell’esperienza italiana rispetto ai sistemi di common
law; L. D C, Prova dichiarativa e prova scientifica: dalla marginalità della prima ad
una nuova prova “regina”?; F. D, Indagini e acquisizione di dati probatori sulla scena
del crimine Protocolli operativi e utilizzabilità della prova: aspetti criminalistici; F. G,
Irripetibilità della prova ed accertamenti tecnico scientifici; A. L, C. P, Le
“incursioni pericolose” del processo a stelle e strisce nel processo italiano; P. T, C, Il
processo di Perugia tra conoscenza istintuale e “scienza del dubbio”; T, La sentenza di
Perugia come occasione di ripensamento sul metodo scientifico di conoscenza; G. G, A.
P, Dal caso Reed ad Amanda Knox; ovvero quando in DNA non è abbastanza. . . , in
Diritto penale e processo, , n. ,  ss.
. Nella letteratura d’oltre oceano S.H. J, P.E. K; T.P. S, Principles of
Bloodstain Pattern Analysis: Theory and Practice, CRC Press, Boca Raton, Fl., ; T. B,
R. M. G, Bloodstain Pattern Analysis with an Introduction to Crime Scene Reconstruction,
Third Edition, CRC Press, Boca Raton, Fl., .

Neuroscienze e giustizia penale
dal giudice, confutato e/o coadiuvato dai consulenti tecnici di parte
nelle sue conclusioni induttive.
Da studi scientifici, dunque, si cerca di ricavare la dinamica dell’azione criminosa al momento del fatto: la “lettura” delle macchie
di sangue, presenti sul piumone del letto, su pigiama e sugli zoccoli
dell’imputata, nonché sui muri e sul soffitto della stanza da letto ed in
altri locali avrebbero dimostrato, secondo l’elaborazione accusatoria,
anche per effetto della void area (area immune dalle zone ematiche
limitata ad uno spazio sul piumone) che l’autore dell’infanticidio aveva
“agito inginocchiato sul letto di fronte al bimbo, indossando il pigiama
e gli zoccoli succitati e brandendo con la destra un oggetto contundente munito di manico e di apprezzabile lunghezza”, contrariamente
a quanto sostenuto dalla difesa, secondo cui l’autore dell’infanticidio
avrebbe agito in piedi, senza indossare alcun pigiama, riverso sul piumone nella zona off limits per il sangue, né gli zoccoli privi di sangue
sulle tomaie .
La tecnicità della suddetta prova è soggetta secondo l’esegesi giurisprudenziale alla verifica del giudicante in termini di scientificità:
occorre, infatti, stabilire secondo criteri affidabili e certi se lo strumento di prova BPA appartenga alla scienza “buona” o alla scienza “cattiva”
(termini giuridicamente e fintamente etici, ma oltremodo rispettosi
della presunzione d’innocenza beyond any reasonable doubt ) e l’unico
soggetto preposto a farlo rimane lo stesso. Secondo la Cassazione il
valore di scientificità della prova in oggetto è stato comprovato ex ante
dall’avvenuto collaudo della stessa nei Paesi anglosassoni e in Germania e dalla corrispondenza del BPA ai criteri di valutazione previsti
dalla giurisprudenza piuttosto rigorosa d’oltre oceano .
Il perito ha concluso la sua relazione in senso di schiacciante colpevolezza nei confronti dell’imputata, che, al momento del fatto, indossava non solo i pantaloni del pigiama, ma anche la casacca (oltre gli
. Così Cass. pen., sez. I,  maggio , n. , cit., .
. Cfr. C, La scienza “cattiva maestra”: le insidie della prova scientifica nel processo
penale, in Cassazione penale, ,  ss.; D C N, Aspetti, psicologici nella
formazione della prova: dal’ordalia alle neuroscienze, in Diritto penale e processo, , n. , 
ss.; C. B, Scienza e processo penale: brevi appunti sulla valutazione della prova scientifica,
in Rivista italiana di medicina legale, ,  ss., in specie –.
. Cosi C, Scientific Evidence e logiche del probabile nel processo per il delitto di
Cogne, cit., . Vedi supra nota .
. Diritto penale e neuroscienze

zoccoli). Prescindendo dalle argomentazioni in diritto circa l’ascrivibilità del BPA alla disciplina dell’art.  c.p.p., in quanto prova atipca,
“nuova” o “controversa”, il giudicante abbraccia la tesi accusatoria
fondata sull’alto livello di scientificità dello strumento utilizzato, ma se
ne serve per supportare la prova logica, data dall’inferenza deduttiva
basata sul “Chi altri, se non lei?”, in quanto esclusi “tutti i tentativi di
ricostruzione alternativa dell’episodio criminoso” .
Nelle conclusioni processuali si coglie chiaramente l’interazione
tra diritto penale e neuroscienze in una prospettiva nel contempo de
iure condito, intendendo la neuroscienza nelle sue variegate tipologie,
come strumento di prova con finalità di valutazione ed accertamento,
definibile a tutti gli effetti “prova scientifica” , e de iure condendo,
come ampliamento cognitivo dell’esperienza normativa «per fornire
al giudice un sapere che esula dallo scibile comune» , nel tentativo
esperibile di (ri) ‹comprendere» nel procedimento valutativo, tipico
del processo penale, «la criminogenesi e la criminodinamica», per
realizzare il progetto di una “perizia globale”, dove l’esperto esamini
il cervello e il giudice la persona .
.. Dimostrazioni metodologiche su automatismo cerebrale e fatto di reato
Le neuroscienze limitano pesantemente l’idea di essere liberi di agire,
senza tuttavia negare rilievo all’autodeterminazione individuale . Gli
impulsi neurologici, da cui hanno origine le azioni umane definite
volontarie, sono state osservate in via sperimentale qualche centinaia
. C, Scientific Evidence e logiche del probabile nel processo per il delitto di Cogne,
cit. .
. Cfr. D, La prova penale scientifica, cit.,  ss.
. S, S, Neuroscienze e processo penale, cit., .
. Sono le indicazioni prospettiche di M B, Il colpevole è il cervello.Imputabilità, neuroscienze e libero arbitrio: dalla teorizzazione alla realtà, in Rivista italiana di
medicina legale, ,  ss., , con richiami al pensiero di U. F, I. G, Il caso
giudiziario di Gianfranco Stefanin, Centro Scientifico Editore, Torino, , , al fine di
far entrare nella valutazione peritale in ambito penale il logos criminologico, ad onta delle
proibizioni di perizie criminologiche ex art.  c.p.p. e della sempre frequente richiesta
da parte dei giudici di una spiegazione criminogenetica, che renda comprensibili in sede
processuale carattere, personalità e qualità psichiche dell’imputato.
. Cfr. D G, Chi ha paura delle neuroscienze?, cit., .

Neuroscienze e giustizia penale
di millesimo di secondo prima che il soggetto agente percepisca la
sua decisione cosciente . I movimenti volontari sono preceduti da un
cambiamento elettrico dell’attività cerebrale, che si registra nell’area
del cuoio capelluto, in genere collocata sulla sommità della testa. Il
movimento comincia prima di cominciare; prima che il soggetto agente ponga in essere l’azione in una fase di reazione, definita readiness
potential o potenziale di prontezza (RP) .
Libet ha registrato i tempi che intercorrono tra il movimento “involontario” e il “diritto di veto” “volontario”, a seguito dei suoi esperimenti di cronometraggio dei processi cerebrali sulla volontà cosciente,
giungendo alla conclusione che il cervello dà luogo alla preparazione
dell’atto volontario, di origine inconscia. L’attivazione dell’RP cerebrale precede l’effettivo movimento di circa un secondo (non meno
di  msec prima dell’azione); il W, ovvero l’emersione alla coscienza
della volontà di compiere il movimento stesso, sopravviene in seguito
(non meno di / msec prima dell’azione) .
Alla fine del timing of brain process e qualora non venga esercitato
il controllo di bloccare l’atto in potenza, il muscolo compie il movimento volontario. L’assenza di un RP che precede il veto all’azione
(la quale ha origine inconsapevole) convince Libet che esso ha invece un’origine esclusivamente cosciente e che, quindi, siamo liberi
di scegliere . Le conclusioni cui giunge Libet a proposito dell’esi. Cfr. M B, Colpevoli si nasce?, cit., .
. L’esperimento di B. L, Do we have free will?, in R. H. K (eds.), The Oxford
Handbook of Free Will, Oxford University Press, NY, ,  ss., ha misurato il rapporto
tra Timing of Brain Process and Conscius Will. «The onset of this electrical indication of
movement of certain brain activities proceded the actual movement by up to  sec. or
more. It was termed “Bereitschaftpotential” or “readiness potential” (RP). Subjects were
therefore asked to perform their acts within time of  sec. to make the total study
manageable. In our experiments, however, we removed the constraint on freedom of
action; subjects performed a simple flick or flexion of the wrist at any time capriciously,
free of any external limitations or restrictions (L et. al., ). RPs in these acts began
with onsets averaging  msec. before activation of the involved muscle. The brain was
evidently beginning the volitional process in this voluntary act well before activation of
the muscle» ().
. In senso critico L. B, Alcune considerazioni sui limiti semantici della fisiologia.
Gli studi di Benjamin Libet sul libero arbitrio, in Humana. Mente, , n. ,  ss.
. Sui primi dati della sperimentazione cfr. L, C. A. G, E. W. W, D. K.
P, Time of Conscious Intention to Act in Relation to Onset of Cerebral Activity (Readiness
Potential). The Incoscious Intention of a Free Voluntary Act, in Brain, , vol. ,  ss. Libet
inventò un dispositivo sperimentale che sembra un orologio a muro: invece che di lancette
. Diritto penale e neuroscienze

stenza del libero arbitrio hanno il pregio di mostrare come, da dati
sperimentali ottenuti in laboratorio, si possano motivare posizioni
antiriduzioniste . Nella descrizione in itinere della fattispecie di reato,
dunque, l’essere umano, in qualità di soggetto agente, ha la possibilità di intervenire sia omettendo l’azione che il cervello comincia a
compiere, sia agendo contra l’inazione che il cervello si prepara a non
compiere.
Anche nel Moral Sense Test, dalla duplice prospettiva del trolley
dilemma, ideato da Greene e dai suoi collaboratori, o footbridge dilemma,
la cosiddetta variante di Thomson, la scansione cerebrale dei soggetti,
sottoposti alle tecniche di imaging, ha dimostrato come la decisione
“impersonale” e razionale di sacrificare la vita di un uomo per salvarne
cinque, azionando uno scambio del carrello ferroviario, attivi aree
cerebrali associate alla corteccia dorso laterale prefrontale, ovvero
quella del ragionamento e della pianificazione, mentre la decisione
“personale” di buttare giù dal ponte “l’uomo grasso” per salvare cinque
vite attivi aree cerebrali, legate al cingolato anteriore, ovvero alle
emozioni e all’empatia individuale .
Il due esperimenti, meno originali rispetto alla metodologia utilizzata, si traducono da un punto di vista penalistico nell’applicazione al
fatto di reato commesso della scriminante amorale per eccellenza ex
art.  c.p., per cui sarò razionalmente coinvolto se costretto a mangiare carne umana per sopravvivere sulle Ande innevate, emotivamente
coinvolto e socialmente condizionato se costretto a mangiare pezzi
per le ore ed i minuti, un punto luminoso rosso indica i microsecondi; i soggetti riferivano
verbalmente (e in seguito) la posizione esatta in cui si trovava il punto luminoso sul disco
al momento in cui erano consapevoli di voler alzare un braccio, ad esempio, o compiere
uno dei semplici gesti standard scelti da Libet, affinché l’esperimento fosse riproducibile.
. Sulle differenti concezioni cfr. D G, Un diritto penale empatico?, cit.,  ss.; E.
M, Cesare Lombroso e le neuroscienze: un parricidio mancato. Devianza, libero arbitrio,
imputabilità tra antiche chimere ed inediti scenari, Franco Angeli, Bologna, ,  ss.
. L’opera di J. G, R. B. S, L. E. N, J. M. D, J. D. C
è dettagliatamente indicata da D G, Un diritto penale empatico?, cit., , nota ,
ed ivi commentata  ss. Per una valutazione del rapporto tra emotività e scelta morale
nella riconsiderazione delle teorie criminologiche in senso economico razionale della
valutazione costi–benefici, cfr. M B, Colpevoli si nasce?, cit.,  (passim), con
richiami espressi all’opera di Gary Becker, per cui «i teorici dell’approccio economico–
razionale riconoscono che tra i costi del crimine suscettibili di valutazione economica sono
da considerare anche la violazione dei valori etici, il contrasto con l’educazione morale,
l’eventuale compromissione dei valori affettivi, le variabili di tipo caratteriale».

Neuroscienze e giustizia penale
di essere umano in qualche modo conosciuto. Se butto in mare un
“estraneo” dal mezzo di fortuna su cui sono aggrappato in alto mare, la pianificazione criminosa e scriminante del mio agire utilizzerà
variabili “impersonali” ed organizzative delle mie attività cerebrali.
Se butto in mare mio fratello per salvarmi la vita, l’impatto emotivo–
sentimentale raggiungerà picchi di empatia nell’emisfero cerebrale del
caso. Il fine rimane lo stesso, muta il motivo interiore dell’azione scriminante e la modalità di accertamento del medesimo (e conseguente
attendibilità scientifica).
Le neuroscienze in realtà non spiegano, né negano l’importanza
dei fattori culturali, educativi, ambientali, sottolineando però il ruolo
dei fattori epigenetici vincolati alla struttura biologica con cui interagiscono, per cui anche i fattori ambientali producono “modificazioni
nell’espressione di specifici geni in specifici neuroni in specifiche regioni cerebrali”, con la conseguenza che persino la “cultura” diventa
“natura” .
.. Flashback in tema di “letteratura” neuroscientifica
Oltre Libet , gli studi in tema di determinismo o riduzionismo del
libero arbitrio sono in costante evoluzione. Una corrente di pensatori indica la necessità di una base fisica come origine delle proprietà
mentali. Le attività cerebrali, infatti, emergono, «quando la materia
raggiunge un certo grado di complessità (emergentismo)» . Altro indirizzo viene individuato nell’“esternalismo” o “esternismo”, posizione
che opta per una distinzione tra cervello e mente, tra base cerebrale e
“liberi” pensieri, materializzandosi nell’ipotesi della “mente estesa”,
ovvero la mente non intesa solo come complesso di neuroni e neurotrasmettitori, ma come tutto ciò che integra e trascende il materiale
. Cfr. E. R. K, Psichiatria, psicanalisi e nuova biologia della mente, Raffaello Cortina
Editore, Milano, , trad. it.
. La citazione rimanda ad un paragrafo di S, D. R, S, L’orologio
di Libet e la responsabilità penale, in G, C (a cura di), Mente, società e diritto, cit.,
 ss., e agli studi in tema di neuroscienze giuridiche, aventi, cioè, applicazione diretta e
indiretta nel settore penalistico.
. M B, Colpevoli si nasce?, cit.,  con riferimento all’opera di Libet.
. Diritto penale e neuroscienze

cognitivo, mnemorico, interiore della mente . Nel funzionalismo,
invece, la funzione cerebrale determina l’organizzazione e la struttura
del sistema mentale .
Gazzaniga ha sviluppato una sua teoria in cui sostiene che il determinismo neurobiologico non intacca il libero arbitrio e di conseguenza la responsabilità penale degli individui . La nostra libertà è
relazionata all’azione interattiva che gli esseri umani hanno tra di loro
nella società in cui vivono. Il determinismo neurobiologico non ha
nulla a che fare con le strutture normative e sociali del nostro sistema
giudiziario, per la relativa specificità dei due settori ben distinti. Le
reazioni del cervello sono automatiche, ma le persone sono libere .
Secondo il neuroscienziato la nostra libertà è relazionata all’azione
interattiva che gli esseri umani hanno tra loro nella società. In altri
termini è possibile scindere le funzioni del nostro cervello (regno
delle neuroscienze) dalle funzioni del contesto sociale (regno della
libertà) .
La genetica comportamentale, tuttavia, ha fortificato il legame tra
risultati ed esperimenti neuroscientifici, operati da medici del settore, e patologie e/o disturbi mentali, connessi necessariamente con il
problema della capacità di intendere e di volere nel cosiddetto determinismo hard . Gli studi più avanzati in tema di imaginig cerebrale
hanno individuato compiutamente le strutture cerebrali alla base delle
capacità empatiche dell’uomo, che coinvolgono aree diverse della cor. Ex pluris, A. N, Perché non siamo il nostro cervello. Una teoria radicale della coscienza,
Raffaello Cortina Editore, Milano, .
. M B, Colpevoli si nasce?, cit., , con riferimenti all’opera di Hilary
Putnam.
. M. S. G, The Ethical Brain, Dana, N.Y. ,  ss.; I., The Law and Neuroscience, in Neuron, , vol. , n. ,  ss.; I., Cerebral Specialization and Interhemispheric
Communication. Does the Corpus Callosum Enable the Human Condition?, in Brain, , vol.
,  ss.
. G, The Ethical Brain, cit., .
. «In altre parole ciò che l’uomo possiede non è la facoltà di autodeterminarsi secondo
libera e totale scelta, bensì quella di controllare e di bloccare certi impulsi deterministicamente generati». Libero veto più che libero arbitrio. Così a commento degli studi di
G, P. P, V. B, Homo Ferox: il contributo delle neuroscienze alla comprensione dei comportamenti aggressivi e criminali, in B, G, Sartori, Manuale di
neuroscienze forensi, cit.,  ss., in specie .
. Cfr. G, C, For the Law, Neuroscience Changes Nothing and Everything, in S.
Z, O. G (eds.), Law and the Brain, Oxford University Press, ,  ss.

Neuroscienze e giustizia penale
teccia prefrontale, l’insula, la congiunzione temporo–parietale, il polo
temporale sinistro, l’amigdala e il cingolo anteriore e posteriore .
I risultati di ricerche empiriche e teoriche suggeriscono i seguenti
dati: la componente emotiva dell’empatia non è soltanto una reazione
automatica bottom–up alla visione dello stimolo doloroso nell’altro, ma
le aspettative, il contesto emotivo, il giudizio sulla persona che subisce
il dolore, la prospettiva da cui ci si pone, influiscono in maniera determinante sulla risposta empatica e sulla correlata attivazione cerebrale,
concludendo che, almeno per la parte “emotiva” dell’empatia, il ruolo
top–down del contesto cognitivo ed emotivo è essenziale .
La dinamica temporale di attivazione cerebrale durante la risposta
empatica al dolore presenta un modello a due componenti, la prima
emotiva, la seconda cognitiva. Da questo studio è emersa la differenziazione temporale di una prima componente della risposta empatica
(“condivisione emotiva”), che scatta nella corteccia frontale–centrale
circa  ms dopo la presentazione dello stimolo. Questa iniziale “condivisione emotiva” correlerebbe il grado di “realismo” dello stimolo
presentato con la valutazione dell’intensità del dolore nell’altro e con
la stima di self–unpleasantness, indipendentemente dall’esecuzione dei
compiti richiesti al soggetto. Al contrario, una seconda componente
che si attiverebbe successivamente, dopo circa  ms, nelle regioni
centro–parietali (soprattutto nell’emisfero sinistro) non sarebbe cor. S, R, S, L’orologio di Libet e la responsabilità penale, cit., –,
con richiami alla letteratura scientifica sull’argomento.
. M. A, A. P, Come cambia l’empatia per il dolore nelle neuroscienze:
influenze reciproche tra piano concettuale e sperimentazione. Una revisione critica della letteratura
sulle neuroimmagini funzionali, in Giornale italiano di psicopatologia, ,  ss., in specie 
ss. Dopo aver tracciato un quadro evolutivo sul concetto biologico, filosofico e psicologico
del concetto di empatia i due studiosi italiani hanno effettuato «una ricerca sui seguenti
database: PubMed (MedLine, Index Medicus), Embase (Excerpta Medica) e PsycLit (American
Psychological Association) aggiornata a ottobre »; hanno incrociato «l’insieme di empathy
(empatia) o sympathy (simpatia) o emotional attunement (sintonizzazione emotiva) con
l’insieme di pain (dolore). Il sottoinsieme ottenuto è stato successivamente incrociato con
un insieme comprendente una delle seguenti tecniche: neuroscience, neurophysiology, TMS
(repetitive transcranialmagnetic stimulation), fMRI (functional magnetic resonance imaging),
PET (positron emission tomography), SPECT (single photon emission computerised tomography),
CEEG (computerised electroencephalography), magnetic resonance», includendo tutti gli studi
incentrati sullo studio dell’empatia intesa come la capacità di mettersi nei panni degli
altri condividendone l’atmosfera emotiva e che utilizzassero una metodologia adeguata
per misurare l’empatia (apparecchiatura, tecnica, numerosità del campione, campione
composto da persone normali, dati non inquinati da confounder ecc.).
. Diritto penale e neuroscienze

relata al “realismo” dello stimolo, ma piuttosto funzionale al tipo di
compito assegnato, secondo una modulazione di meccanismi topdown,
legata alla valutazione cognitiva .
Di riflesso in relazione al sistema penale–criminologico, sono risultati soggetti con ridotta capacità empatica, gli autistici, gli schizofrenici,
gli psicopatici e i pazienti con degenerazione frontotemporale. Gli
studi su Phineas Gage, ampiamente descritti da Damasio, e della sua
versione al femminile attestano come nei cervelli di individui con
ridotte capacità empatiche «le regioni cerebrali deputate a mediare i
comportamenti empatici mostrino anomalie strutturali e/o funzionali
rispetto ad individui con normali livelli di empatia» . Anche ulteriori
ricerche elaborate su un gruppo piuttosto esteso di reduci dal Vietman
hanno rilevato che «i punteggi più elevati sulle scale per la valutazione dell’aggressività/violenza erano associati a lesioni nella corteccia
prefrontale» . L’apporto fornito dagli strumenti scientifici “ad effetti
speciali” consente di visualizzare tali anomalie in diretta senza modalità invasive e di presentarle al giudice per far luce su altri aspetti
della valutazione, senza alcuna equazione “condotta–reato–lesione
cerebrale”, o pixel cromatico–colpevole.
.. Brain–imaging e Brain–fingerprinting alla luce dei principi di
colpevolezza e personalità
Le tecniche di neuroimaging, ovvero le metodologie di esplorazione
metabolico–funzionale del cervello e le potenti tecnologie neurofisiologiche, hanno fornito i dati che permettono di affrontare la correlazione fra sintomi e strutture neuronali nei rapporti tra attività cerebrali,
. Y.F, S.H Temporal Dynamics of Neural Mechanisms Involved in Empathy for Pain:
an Eventrelated Brain Potential Study, in Neuropsychologia, , vol. ,  ss.
. Per tutti A. R. D, L’errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano,
Adelphi, Milano, , ª ed. Sui vari dilemmi etici a sfondo penalistico–scientifico, leggi D
G, op. loc. cit., –.
. M B, Colpevoli si nasce?, cit.,  ss.
. S, R, S, L’orologio di Libet e la responsabilità penale, cit., .
. P, B, Homo Ferox: il contributo delle neuroscienze alla comprensione dei
comportamenti aggressivi e criminali, cit., con riferimento agli studi di G.

Neuroscienze e giustizia penale
funzioni mentali e comportamenti patologici . Uno tra i primi strumenti che permisero di indagare in vivo la morfologia degli organi
interni del corpo umano fu la TAC o tomografia computerizzata. Le
immagini scintigrafiche prodotte con una TAC hanno un alto grado
di risoluzione spaziale e garantiscono quindi reperti significativi da un
punto di vista diagnostico. Nella TAC il dato morfologico emerge in
relazione ai diversi coefficienti di assorbimento della radiazione X da
parte dei tessuti presenti nella scatola cranica .
Un settore di ricerca particolarmente significativo è costituito dai
metodi di visualizzazione funzionale che permettono, grazie alle elevate caratteristiche di risoluzione spaziale e di contrasto, l’osservazione
delle strutture profonde del cervello. La tomografia ad emissione di
positroni, positron emission tomography, PET, viene usata per gli studi sulle funzioni cognitive e senso–motorie. Tramite PET vengono
evidenziate le modificazioni locali del flusso sanguigno.
Le immagini della attività cerebrale si ottengono “tracciando” modelli del flusso del sangue: quando in una parte del cervello aumenta
l’attività, in quell’area viene richiamato un maggior afflusso di sangue. La prova di questo emerse nel  da studi compiuti su un
paziente che dopo un’operazione chirurgica era rimasto senza calotta
cranica, solo con il cuoio capelluto. Con lo stetoscopio fu possibile
controllare che, mentre il soggetto era impegnato in una semplice
attività, il flusso sanguigno aumentava. Quando il compito cessava,
cessava anche il rumore collegato al flusso sanguigno. Il metodo di
analisi della PET consiste nel contrassegnare il sangue (o il glucosio)
con una “etichetta radioattiva” che consente di rilevare l’attività: il
tracciante emette positroni che in interazione con gli elettroni del
. Cfr. P, Responsabilmente: dai processi cerebrali al processo penale. Prospettive e
limiti dell’approccio neuroscientifico, in D C N, La prova scientifica nel
processo penale, cit.,  ss.
. Cfr. M. B, Neuroimaging: continuità e innovazione, in Humana. Mente, , n.
,  ss. «Nell’affrontare la discussione sulla valenza euristica del neuroimaging possiamo
citare uno dei primi studi sul cervello fatti con la TAC, nel . Questo venne realizzato
su pazienti psichiatrici affetti da schizofrenia. Rispetto a un gruppo di controllo, i risultati
tomografici evidenziarono differenze topografiche (i ventricoli cerebrali apparivano ingranditi). L’impiego di questa tecnica permise di concludere il percorso conoscitivo iniziato
nell’Ottocento da Theodor Meynert. All’epoca gli strumenti di cui si avvaleva non gli
avevano permesso di giungere ad una conclusione definitiva, perché non fornivano una
visione strutturale di insieme per i cervelli analizzati» (–).
. Diritto penale e neuroscienze

corpo, emettono raggi gamma rilevabili dalle apparecchiature. Tale
metodo è stato utilizzato per osservare pazienti con lesioni al cervello in rapporto a pazienti sani . Tramite l’utilizzo della PET è stato
possibile osservare «una significativa diminuzione di flusso ematico
nella corteccia prefrontale ed un incremento del flusso ematico nelle
regioni occipitali visive e nel cingolo», a dimostrazione del ruolo determinante della corteccia orbifrontale nella manifestazione rilevata
del comportamento aggressivo nel cervello integro, che attiva una
funzione inibitoria. Viceversa la marcata riduzione del flusso ematico
nei soggetti con lesioni mostra l’interdipendenza del comportamento
aggressivo (anche solo immaginato) con la soppressione funzionale
della corteccia orbito–frontale .
Un’altra tecnica di visualizzazione funzionale è la single photon emission computerised tomography, SPECT. Essa permette di misurare la
perfusione cerebrale e il sistema recettoriale del Sistema Nervoso Centrale. I campi specifici di applicazione sono le malattie cerebrovascolari
e quelle psichiatriche .
Con la risonanza magnetica funzionale, functional magnetic resonance imaging, viene misurato il flusso ematico all’interno del cervello, che
aumenta quando i neuroni si attivano, registrando in questo modo indirettamente la loro attività. Per esempio, è possibile utilizzare la fMRI
per visualizzare l’attività del cervello quando i soggetti di una ricerca
sono impegnati in un compito mentale come le prove di memoria su
numeri a sette cifre e poi comparare i risultati con scansioni effettuate
sui soggetti a riposo. Confrontando i gruppi di soggetti, impegnati in
diverse attività, è possibile evidenziare nel cervello di ognuno di tali
individui le differenze a colori più o meno marcati. Le coloratissime
“mappe di attivazione” si riferiscono a queste aree differenziate. In tale
attività di comparazione delle attività del cervello fra gruppi differenti
di persone, ovvero individui sani versus individui affetti da schizofrenia, i neuroscienziati individuano quali aree del cervello differiscono o
. Le ricerche sono state condotte da P, M. G, G. B, K. J, J.
G, Neural Correlates of Imaginal Aggressive Behaviour Assessed by Positron Emission
Tomography in Healthy Subjects, in American Journal of Psychiatric, , vol. ,  ss.
. Cfr. P, B, Homo Ferox: il contributo delle neuroscienze alla comprensione
dei comportamenti aggressivi e criminali, cit., –.
. Cfr. S, Neuroscienze e diritto, cit., –.

Neuroscienze e giustizia penale
mutano la loro consistenza . La ricerca nel settore del neuroimaging
ha fornito intuizioni fondamentali sul funzionamento del cervello
e sui disturbi mentali e pressoché ogni area della psicologia e della
psichiatria è cambiata di conseguenza .
Il principale effetto pratico di tali ricerche è dato dal loro ingresso
nel processo penale (non del tutto, non ancora in Italia) quali metodi
per la valutazione della risposta come vera o falsa nella cosiddetta lie
detection.
Una fenomenologia meno invasiva e di derivazione psicologica
è data dal Forensic IAT (Implicit Association Test), somministrato al
soggetto che vi si sottopone per mezzo di un computer. L’individuo
in questione dovrà classificare delle frasi che compaiono sullo schermo, dando delle risposte a loro volta raggruppate in congruenti o
incongruenti . La tipologia di tali test rimanda alla metodologia della
memory detection, rivolta a scovare nella mente dell’esaminando ciò che
neanche lui ricorda consciamente, a prescindere dalle determinazioni
vero/falso delle possibili risposte .
Per individuare le tracce di memoria presenti nel cervello dell’imputato , il neuroscienziato Farwell ha esaminato l’accuratezza e
l’affidabilità della memoria, correlandola alla rilevazione di onde cerebrali tramite un apposito strumento (MERMER, memory and encoding
related multifaceted electroencephalographic response). Le informazioni
. H. T. G, J. I, Neuroscience–Based Lie Detection: The Urgent Need for Regulation,
in American Journal of Law and Medicine, , vol. , /,  ss.; N.K. L, What
We Can Do and What We Cannot Do with fMRI, in Nature, , vol.  n. ,  ss; A. J.
O’T, F. J, H. A, N. P, J. P. D, M. A. P, Theoretical, Statistical,
and Practical Perspectives on Pattern–Based Classification Approaches to the Analysis of Functional
Neuroimaging Data, in Journal of Cognitive Neuroscience, , vol.  n. ,  ss.; R. A.
P, Can Cognitive Processes Be Inferred from Neuroimaging Data?, in Trends in Cognitive
Science, , vol., n. , ss.; E. R, O. B–I, J. I, fMRI in the Public Eye, in
Nature Reviews Neuroscience, , vol. , n. ,  ss.
. Cfr. P, Neuroimaging: Separating the Promise from the Pipe Dreams, in
Cerebrum,, Trad. it. M. M, in www.dana.org.
. Nel dettaglio delle varie tipologie di IAT, cfr. Cfr. S, S. A, Menzogna,
cervello e Lie Detection, in Manuale di neuroscienze forensi, cit,  ss., in specie –.
. Cfr. C. I, Le neuroscienze ed il paradigma della nuova prova scientifica, in Manuale
delle neuroscienze forensi, cit,  ss., in specie –.
. S, Neuroscienze e diritto, cit., . La tecnica creata da Lawrence Farwell,
neuroscienziato dell’Università di Harvard, e dal suo gruppo, consente di sondare, attraverso uno specifico dispositivo, «le cosiddette impronte cerebrali, rivelatrici di memorie e di
avvenimenti passati».
. Diritto penale e neuroscienze

vengono attinte dalla mente dell’indiziato/perpetrator mediante somministrazione di test a risposta multipla presentati allo stesso attraverso
una serie di stimoli, quali parole e frasi relative a determinati eventi .
Parole ed immagini relative ad un crimine, così come parole e
immagini estranee al crimine, vengono “proiettate” sullo schermo
di un computer. Sono tre i tipi di stimoli utilizzati: l’esperienza di
vita correlata, le domande ed i ricordi relativi agli eventi vissuti e
le informazioni irrilevanti. Ogni set di stimoli è stato testato su due
individui: uno coinvolto nel caso in questione, quindi, in possesso delle
informazioni relative memorizzate nel cervello, e uno non coinvolto.
Sei soggetti sono stati testati. Le risposte cerebrali sono state registrate
in modo non invasivo dal cuoio capelluto e analizzati attraverso la
decodificazione encefalografica, di cui il P è un sub–componente ,
“un’onda anomala” del cervello, che ci comunica dettagli non detti sul
fatto di reato .
L’uso dei test MERMER è stato molto discusso anche in relazione alle evidenti anologie con la macchina della verità, ergo il
poligrafo con il Control Question Test. Tale strumento, deputato a
rilevare reazioni neurovegetative, quali sudorazione, pressione arteriosa, frequenza cardiaca, utilizza due tipi di metodologie diverse:
il Control Question Tecnique (CQT) , in cui vengono confrontate le
risposte verbali ad una domanda critica con le reazioni relative e le
domande di controllo, e il Guilty Knowledge Test (GKT) , durante
il quale vengono presentate al soggetto varie scene dal contenuto
indifferente, cui sono alternate immagini associate al crimine, “pre. L.A. F, S. S, Using Brain MERMER Testing to Detect Knowledge Despite
Efforts to Conceal, in Journal of Forensic Science, , vol. , n. ,  ss. Con qualche
perplessità J. P. R, “Brain Fingerprinting”: A Critical Analysis, in The Scientific Review
of Mental Health Practice, , vol. , n. ,  ss.
. «La P è un parametro elettrofisiologico, rilevato mentre al sospettato vengono
presentati degli stimoli collegati al crimine». Si parla anche di potenziali cognitivi evocati,
ovvero registrazioni elettrofisiologiche, ottenute mediante elettrodi posti sullo scalpo che
rilevano le attività minime dell’attività elettrica cerebrale, mentre il soggetto sta svolgendo
determinate operazioni mentali. Cfr. S, A, Menzogna, cervello e Lie Detection,
in Manuale di neuroscienze forensi, cit, –.
. Cfr. I, Neuroscienze e processo penale. L’era dell’Habeas mentem, in Mente,
diritto e società, cit.,  ss., in specie .
. G. B S, A critical review of the Control Question Test (CQT), in M. K
(eds.), Handbook of Polygraphy Testing, Accademy Press, London, ,  ss.
. S, A, Menzogna, cervello e Lie Detection, cit., .

Neuroscienze e giustizia penale
suntivamente” (!) commesse dallo stesso, per misurare le reazioni
emotive, fisiologicamente distinte.
Gli elencati sistemi di neuroimaging devono essere letti in combinato disposto con le norme del codice di procedura penale , necessariamente interpretati attraverso la presunzione di innocenza e il
modello di responsabilità penale, costituzionalmente garantito. Se «il
flusso sanguigno ci permette di avere, sotto forma di un’istantanea
del cervello, un’immagine di ciò che accade quando rileviamo un
conflitto morale. Il neuroimaging ci dice se l’individuo in dilemma
percepisce un conflitto, le fonti del conflitto, la natura della sua risoluzione» , il giudice valuta la correttezza del ricordo, ancorché deviato
da suggestioni o errori, per rendere oggettivamente utilizzabile la
testimonianza, per rendere ammissibile il tracciato scientifico della
memoria finalizzandolo alla ricostruzione dei fatti di reato per cui
è processo. L’interpretazione del flusso sanguigno, dunque, come
(ancora una volta) giudizio di valore, rimesso al libero convincimento
del giudicante e alle regole del sistema penale .
. Si rinvia con tutta l’attenzione del caso al lavoro di N. V, Neuroscienze e
giustizia penale, Profili processuali, Aracne editrice, Roma, , passim.
. Così M B, Colpevoli si nasce?, cit., , citando l’opera del biologo e
psicologo evolutivo Hauser.
. M B, Colpevoli si nasce?, cit., . Vedi anche D C N,
Aspetti psicologici nella formazione della prova, cit., –, nell’analisi del rapporto tra la
Signal Detection Theory, e l’acquisizione della prova testimoniale ex art.  c.p.p. mediante
cross examination
Capitolo II
Infermità mentali e neuroscienze
: .. I parametri medico–normativi versus le concezioni psico–
sociologiche di soggetto mentalmente “sano” e mentalmente “non sano”,  – .. Genere e specie nel modello integrato,  – .. Il ritardo
psichico come malattia mentale penalmente rilevante,  – .. La demenza
come malattia mentale penalmente rilevante,  – .. La schizofrenia
come malattia mentale penalmente rilevante,  – .. Le psicosi distimiche come malattia mentale penalmente rilevante,  – .. I disturbi di
personalità penalmente rilevanti,  – .. Neuroni specchio ed ipotesi
neocostitutive di comportamenti umani devianti,  – .. Il meccanismo
dell’empatia alle origini del male, .
.. I parametri medico–normativi versus le concezioni psico–
sociologiche di soggetto mentalmente “sano” e mentalmente
“non sano”
La malattia mentale non è definita dal codice penale. Si parla di “infermità”. Il concetto rimanda in prima istanza alla teoria “medico–
organicistica”, per cui «le infermità mentali sono vere e proprie malattie del cervello o del sistema nervoso», con substrato organico o
biologico . Il modello primario di infermità si traduce in un’accerta. La ricostruzione dell’evoluzione del concetto è riportata nel corpo della sentenza
della Cassazione a sezioni unite  gennaio/ marzo , n. , in Cassazione penale,
, con nota di F, I disturbi gravi di personalità rientrano nel concetto di infermità,
 ss.; I., Una sentenza “storica” e il suo inquadramento, in M. C (a cura di), Nuove
tecnologie e processo penale. Giustizia e scienza saperi giuridici a confronto, cit.,  ss.; in Diritto
penale e processo, , n. ,  ss., con nota di B, L’infermità mentale al vaglio delle
Sezioni Unite; I., “Normalità” del male e patologia mentale, in Diritto penale e processo, ,
 ss.; in Rivista italiana di medicina legale, ,  ss., con nota a seguire di M
B, I nomi e le cose; in Rivista italiana di diritto e procedura penale, ,  ss., con nota a
seguire di C, Anche i “disturbi della personalità” sono infermità mentale; in ibidem, ,
 ss., con nota a seguire di G. F, Le Sezioni unite riconoscono rilevanza ai disturbi di
personalità; M, Tutela penale del sofferente psichico, cit.,  ss.


Neuroscienze e giustizia penale
ta patologia, attraverso tipologie formali e documentali di “disturbo
psichico”, secondo l’equazione malattia mentale uguale classificazione nosografica, riconosciuta dalla scienza psichiatrica, escludendo
l’atipicità o la non riconducibilità delle manifestazioni mentali extra
ordinem .
Il passaggio temporale successivo comporta l’influsso del movimento psicologico freudiano (e/o junghiano), attraverso la valorizzazione
dei substrati dell’inconscio, Es, Ego, Super Ego, per cui anche “semplici” disarmonie psichiche possono assurgere a livello di malattia
mentale, quando i confini dell’interiorità della mente prevalgano sulla
realtà riconosciuta al di là del proprio io, in una sorta di mistificazione
accettata e riconosciuta del mondo circostante. In tale lettura sono
ricomprese non solo le malattie mentali, ma anche «le psicopatie, le
nevrosi, i disturbi dell’affettività», legati alla psiche, sottolineando l’effettivo rapporto tra le anomalie psichiche del soggetto ed il fatto di
reato da lui commesso .
La variabile dell’inconscio quale disturbo psicologico si colora di
connotazioni sociali nel momento in cui la malattia mentale è correlata
all’ambiente condizionante, in cui il soggetto vive. La natura fisiologica o psicologica dell’infermità mentale muta in interazioni sociali
devianti del sistema nervoso, non conformi al modello di controllo
riconosciuto dalla società . Attualmente il modello di malattia mentale
si manifesta come “integrato” su sfondo “bio–psico–sociologico” ,
coniugando il fattore biologico, a base fondante, con altri fattori extra
biologici, quali quello psicologico, socioculturale e, come vedremo,
. In giurisprudenza cfr. Cass. pen., sez. VI,  aprile , CED Cass. rv. ; Cass.
pen., sez. I,  marzo , in Cassazione penale, , ; Cass. pen. sez. I,  marzo ,
in CED Cass. rv. ; Cass. pen., sez.VI,  marzo , in CED Cass., rv. .
. La giurisprudenza evidenzia il nesso eziologico tra la patologia psichica ed il determinismo della condotta concretamente realizzatasi. Cfr. Cass. pen., sez. I,  aprile , in
CED. Cass., rv. ; Cass. pen., sez. I,  marzo , in Indice penale ,  ss., con
nota a seguire di Bertolino, Il nuovo volto dell’imputabilità penale. Dal modello positivistico del
controllo sociale a quello funzional–garantista.
. Il terzo paradigma della malattia mentale si fonda sul ruolo dei fattori sociali,
strutturandosi come orientamento antipsichiatrico, che rifiuta di ammettere i fenomeni
psicopatologici per privilegiare le disfunzioni della società, nel silenzio della giurisprudenza.
Cfr. C, Anche i”disturbi della personalità” sono infermità mentale, cit., –, con
richiami alla nota –.
. Ex pluris O. G–C, Malattia mentale e giustizia penale: la percezione sociale
della malattia mentale e della pericolosità del malato di mente, Giuffrè, Milano, .
. Infermità mentali e neuroscienze

neuroscientifico. Il modello integrato è stato ufficializzato dalle Sezioni unite della Cassazione, con la nota massima chiarificatrice secondo
cui anche i disturbi della personalità, come nevrosi e psicopatie, possono costituire infermità penalmente rilevanti, a «condizione che il
giudice ne accerti la gravità e l’intensità, tali da escludere o scemare
grandemente la capacità di intendere e di volere, e il nesso eziologico
con la specifica azione criminosa». I disturbi della personalità, dunque,
acquistano qualifica “penalmente” rilevante di infermità, purché abbiano inciso in modo altamente significativo sul funzionamento dei
meccanismi intellettivi e volitivi del soggetto agente al momento della
commissione del fatto.
Il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM–IV) e la
Classificazione internazionale delle malattie e dei problemi correlati (ICD–
), proposta dall’Organizzazione mondiale della sanità e giunta alla sua decima revisione, costituiscono un supporto valido ma non
esaustivo del mondo emerso delle “malattie mentali” , considerando
anche lo slittamento temporale della quinta edizione del DSM nel
maggio , data in cui l’American Psychiatric Association pubblicherà
ufficialmente l’elenco dei disturbi, proponendo un modello ibrido
dimensionale–categoriale per la personalità, che coniughi la possibilità
di misurare il funzionamento personologico con la nosografia . La
. La Cassazione ha definito le indicazioni ivi contenute come «le ultime e
generalmente condivise acquisizioni del sapere psichiatrico».
. A tale scopo è stata ideata una scala, definita “del Funzionamento della Personalità”,
in cui si valutano le compromissioni del dominio del sé, che si riflettono nelle dimensioni dell’identità e della auto–direzionalità (self–directness), mentre quelle interpersonali
sono considerate alterazioni nella capacità di empatia e di intimità. Il grado di disturbo
presente nei domini, del sé e interpersonale, è stato pensato lungo un continuum che va
da un livello , equivalente a una assenza di deficit, a un livello  che indica una compromissione estrema. I temi principali riguarderanno la stessa definizione di “disordine
mentale”, soprattutto in considerazione delle “miriadi di sfumature che possono assumere i comportamenti dei soggetto aventi disturbi significativi del funzionamento sociale,
lavorativo e di disagio personale”. Così G, Capacità di intendere e di volere e disturbi della personalità, cit.,  ss., in specie –. Sulle novità e le osservazioni operate
dell’APA (American Psychiatric Association) al  giugno , cfr. www.dsm.org. Per una
letteratura minima in tema cfr. P.R. MH, Psychiatry at stalemate, Cerebrum, , in
http://dana.org/news/cerebrum/detail.aspx?id=#McHugh_jump; S. E. H, The diagnosis of mental disorders: The problem of reification, in Annual Review of Clinical Psychology,
, n. ,  ss.; I., Can neuroscience be integrated into the DSM–V?, in Nature Reviews
Neuroscience, , n. ,  ss.;R. F. K, K. E. M, Reinterpreting Comorbidity: A
Model–Based Approach to Understanding and Classifying Psychopathology, in Annual Review of

Neuroscienze e giustizia penale
Cassazione ha ipotizzato una stretta correlazione tra categorie psichiatriche e categorie giuridiche, valorizzando la nozione di infermità,
come comprensiva dell’aspetto “categoriale” (la diagnosi ovvero da
che disturbo è affetto il soggetto) e dell’aspetto “dinamico–funzionale”
(il funzionamento della mente ovvero come ha funzionato la “psiche”
del soggetto al momento della commissione del fatto di reato). I due
aspetti sono complementari e non possono essere confusi o assorbiti
tra loro . Si può essere “infermi” nel senso etimologico–semantico di
“non fermo”, in cui non è ricompreso il concetto di disturbo mentale;
si può essere malati mentali e di riflesso infermi, nel momento in cui la
patologia influenzi il funzionamento psichico dell’agente con ricadute
sul comportamento. Lo schizofrenico può essere al contempo malato
mentalmente ed affetto da infermità, se sviluppa la patologia nelle
forme accertate della sua manifestazione nosografica e somatologica,
che modifica il suo patrimonio psichico con comportamenti dissociativi ed antisociali, portatori di fattispecie di reati. La malattia mentale
è causa ed effetto del fatto reato. Al contrario, in senso psichiatrico
forense uno schizofrenico «ben compensato, come non viene ritenuto
più clinicamente malato, così può non essere considerato infermo
se commette o subisce un reato che non sia sintomatico di una sua
patologia mentale» .
Perché i disturbi gravi di personalità hanno difficoltà di accertamento ed istaurano un rapporto complesso tra psichiatria e diritto
penale? Le prospettive (valore giuridico e valore psichiatrico) sono
ambivalenti e si intersecano tra loro nel positivo tentativo di dare una
risposta in merito.
Nel corpo della decisione si separa il concetto di malattia mentale,
progressione nosografica di tipo morboso, in cui sono presenti distinte patogenesi e somatologia, che si manifestano in un arco temporale
di difforme entità, dal concetto di infermità, quale non corretto funClinical Psychology, , n. ,  ss.; K. S. K, S. H. A, G. P. K, E. R,
M. C. N, T. R–K, The Structure of Genetic and Environmental Risk
Factors for Syndromal and Subsyndromal Common DSM–IV Axis I and all Axis II Disorders, in
American Journal of Psychiatry, , vol.  (),  ss. In Italia S. C, A. B (a cura
di), Scienze giuridico–penali e scienze empirico sociali a confronto, Bruyland, Bruxelles, ;
B, Neuroetica. La morale prima della morale, Raffaello Cortina Editore, Milano, .
. F, I disturbi gravi di personalità rientrano nel concetto di infermità, cit., –.
. F, op. loc. cit., .
. Infermità mentali e neuroscienze

zionamento dell’organismo umano, sia sotto il profilo fisico, sia sotto
il profilo psichico . Il rapporto tra genus/infermità e species/malattia
è argomentato in senso sistematico come staticità e dinamicità del
processo morboso/disfunzionale in corso del quale è stato commesso
il fatto di reato; come rapporto eziologico tra capacità di intendere e
di volere ex  c.p. e vizi di mente ex artt. ,  c.p.; come condizione
determinante la compromissione dello status cognitivo e volitivo del
soggetto . In tale intersezione si collocano i disturbi gravi di personalità che, per accettazione convinta della comunità scientifica, presentano
l’attitudine ad essere causa idonea ad escludere la capacità di intendere
e volere del soggetto .
«Non è in discussione l’impianto concettuale dell’imputabilità»,
quanto l’utilizzo o meno di «interessanti e promettenti tecniche di
accertamento», in una sorta di simbiosi tra piano empirico e piano normativo, di necessaria collaborazione tra giustizia penale e scienza, cui
il giudice non può in alcun caso rinunciare . In tale ambito le neuroscienze cognitive potrebbero accertare concretamente i gravi disturbi
di personalità, dalla Cassazione individuati come causa di esclusione
dell’imputabilità se “consistenti”, “intensi”, “rilevanti”, “gravi”, attraverso l’imaging del relativo correlato neurale, con possibilità di serio
distinguo rispetto ai disturbi lievi .
. Nella letteratura anglosassone si parla di insanity per parlare di infermità. Il concetto,
tuttavia, espunge dalle sue variabili interpretative la valenza medica per privilegiare la
definizione normativa in quanto la sua collocazione all’interno di una legge ne determina
gli scopi senza rimandi a categorie concettuali tipiche di altre discipline. Cfr. M
B, Il colpevole è il cervello. Imputabilità, neuroscienze e libero arbitrio: dalla teorizzazione
alla realtà, cit., , con riferimenti all’opera di F. S D S, Razionalità, identità e
controllo: le condizioni soggettive della responsabilità, in Rivista di filosofia, , vol. XCVII,
fasc. n. .
. Cfr. Cass.  gennaio/ marzo , n. , punti ., ., ., . .
. Sui rapporti tra imputabilità e colpevolezza vedi ultra capitolo III; sui rapporti tra
imputabilità e funzioni della pena vedi ultra capitolo V.
. M B, Il colpevole è il cervello. Imputabilità, neuroscienze e libero arbitrio:
dalla teorizzazione alla realtà, cit., , con riferimento a Cass.  gennaio/ marzo , n.
.
. A. S, B, S, Neuropsicologia Forense, Il Mulino, Bologna, .

Neuroscienze e giustizia penale
.. Genere e specie nel modello integrato
La psichiatria forense trascende dalle categorie generali di malattie
mentali per studiare il “malato di mente” caso per caso . Al giudice,
infatti, interessa conoscere l’inquadramento diagnostico, oltre che
quello nosografico, includendo non solo «l’aspetto categoriale, la diagnosi, l’accertamento della patologia da cui la persona è affetta, ma
anche l’approccio di tipo dinamico–funzionale» . I quadri psicopatologogici, aventi rapporto diretto con il diritto penale nell’interpretazione
del nesso tra malattia ergo disturbo mentale e fattispecie criminosa,
possono essere clinicamente definiti nel ritardo mentale, nelle varie
forme di demenza, nella schizofrenia, nelle psicosi distimiche e nei
disturbi di personalità .
La ricerca nel settore del neuroimaging ha notevolmente modificato
il modo di “intendere giuridico” dei disturbi psichiatrici, bandendo l’idea delle attuali categorie diagnostiche, schematicamente distinte, quali,
ad esempio, la schizofrenia o il disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività (ADHD). Attualmente le diagnosi relative a tali patologie sono
basate su criteri formali, delineati nel Manuale Diagnostico e Statistico
dei Disturbi Mentali della American Psychiatric Association (DSM–IV), che
specifica i sintomi relativi a ciascun disturbo. Questi criteri, tuttavia, non
hanno fondamento neuroscientifico. Infatti, la comunità psichiatrica si
è progressivamente preoccupata del fatto che le categorie diagnostiche
tradizionali alla fine “oscurano” i sottostanti sistemi cerebrali e i fattori
genetici che portano a problemi di salute mentale. Inoltre, un crescente
accumulo di evidenze indica che parecchi problemi psichiatrici, più che
essere disturbi distinti, si trovano su un continuum tra lo stato normale
e quello patologico, allo stesso modo in cui l’ipertensione rappresenta il
termine estremo di un continuum di misurazioni della pressione arteriosa.
Le tecniche di neuroimaging ci forniscono, pertanto, il mezzo per andare
. A. B, G. G, G. S (a cura di), Manuale di neuroscienze forensi,
Giuffrè, Milano, ; F, Trattato di psichiatria forense, UTET, Torino, ª ed., ;
C, Criminologia, difesa sociale e psichiatria forense, con contributi di G, C,
V. M. M, V, Edi–Ermes, Milano, .
. Così F, Una sentenza “storica” e il suo inquadramento, cit., .
. Ex ceteris C, Criminologia, difesa sociale e psichiatria forense, cit.,  ss., con
riferimento a American Psychiatric Association, DSM–IV, Manuale diagnostico e statistico dei
disturbi mentali, Text Revision, Masson, Milano, , edizione italiana a cura di V. A,
G. B. C, R. R.
. Infermità mentali e neuroscienze

oltre le attuali categorie diagnostiche, allo scopo di sempre meglio comprendere in che modo l’attività del cervello si rapporti alla disfunzione
psicologica; al contrario un suo utilizzo per la “diagnosi” dei disturbi
psichiatrici classici potrebbe oscurare i problemi reali.
.. Il ritardo psichico come malattia mentale penalmente rilevante
Il ritardo mentale si qualifica come un deficit delle prestazioni intellettive, standardizzato a quattro livelli, che comportano una generale
immaturità della persona, cui si correla un deficit delle relazioni affettive e di adattamento sociale. I quattro sottotipi riconosciuti dal
DSM–III–R ricoprono i ritardi mentali lievi, moderati, gravi e gravissimi con riferimento ad una misurazione di tipo psicometrico riferita al
quoziente di intelligenza (QI).
Solo in un caso su quattro è possibile individuare un fattore organico. Si tratta in questi casi di anomalie cromosomiche, come la
sindrome di Down, e metaboliche, come la fenilchetonuria, o di encefalopatie di varia natura, legate alla gravidanza, al parto o ai primi
mesi di vita del bambino.
Da un punto di vista penalistico–criminologico i soggetti con patologie gravissime o gravi risultano maggiormente protetti e “controllati”
per effetto delle loro minime capacità motorie e sensoriali; viceversa
maggiori problematiche sorgono per i soggetti dal lieve o moderato ritardo mentale, il cui modus vivendi risulta ulteriormente compromesso
da un ambiente sociale, dove l’influsso criminogenetico è determinante. Non avendo, infatti, tali individui possibilità lavorative normali è
assai probabile che commettano reati (sia contro il patrimonio) alla
mercé di organizzazioni criminali, o a sfondo sessuale in altri casi .
.. La demenza come malattia mentale penalmente rilevante
I caratteri generali di tale malattia sono rappresentati da un deficit della
memoria a breve e lungo termine, anche in assenza di sintomi confusionali, unito a deficit di pensiero astratto e di sintesi, di capacità critica
. Cfr. C, op. loc. cit., –, con indicazioni dei casi pratici, passim.

Neuroscienze e giustizia penale
e di giudizio, mortificazioni della personalità, deficit delle funzioni
corticali superiori — come afasia e aprassia —, tali da influire in maniera determinante con lo svolgimento della attività lavorative, sociali
ed affettive. Le cause delle demenze possono essere diverse come,
ad esempio, nelle patologie sistemiche o in alterazioni anatomico–
patologiche del sistema nervoso centrale. I casi più evidenti sono
costituiti dalla demenza di Alzheimer e dalla demenza vascolare .
Le limitazioni delle capacità intellettive, cognitive e di memoria incidono profondamente sulla personalità dei soggetti che ne sono affetti,
destrutturando il loro equilibrio psicofisico e provocando gravi disturbi del comportamento. Da un punto di vista penalistico–criminologico
il commettere reati o comportamenti marcatamente aggressivi da parte di tali individui ha origine all’interno di reazioni impulsive, create
da una forte labilità emotivo– comportamentale, per effetto di disturbi
deliranti o sotto l’influsso di idee persecutorie. Il range delle fattispecie criminose è alquanto ampio, passando da piccoli furti, ingiurie,
calunnie, ai reati sessuali fino a giungere ai casi di omicidio o lesioni
gravissime nelle ipotesi di soggetti anziani affetti da demenza .
.. La schizofrenia come malattia mentale penalmente rilevante
La malattia mentale si presenta come psicosi endogena, dall’eziologia sconosciuta, dibattuta fra ipotesi somatiche o psicogenetiche,
dalle multiformi manifestazioni di disturbi primari, quali del pensiero,
della percezione, dell’affettività, dell’attività, della coscienza dell’Io,
psicomotori.
Tali disturbi ingenerano gravi disordini dell’attività mentale e del
comportamento, rendendo il soggetto affetto come estraneo alla realtà circostante, in piena rottura con il mondo esterno. La medicina
riconosce quattro forme accertate di schizofrenia: simplex, con manifestazioni del disturbi primari del pensiero; ebefrenica, dalle manifestazioni puerili, bizzarre, a sfondo ipocondriaco; catatonica, caratterizzata
da disturbi psicomotori; paranoide con presenza di deliri lucidi, di
colpa, persecuzione e grandezza. Da un punto di vista penalistico–
. C, op. loc. cit., –.
. Cfr. C, op. loc. cit., –, con indicazioni dei casi pratici, passim.
. Infermità mentali e neuroscienze

criminologico, la malattia ha gravi conseguenze già nella sua fase
iniziale, manifestandosi con omicidi aggravati, lesioni gravissime, reati
a sfondo sessuale. L’omicidio da parte degli schizofrenici, solitamente
intellettivamente dotati, ha origine da un impulso incontrollato degli
stessi ad uccidere, senza un’apparente ragione, con manifestazioni
di freddezza e lucidità di controllo comportamentale e alcun senso
di colpa o di pentimento successivo all’evento criminoso. Le modalità di attuazione delle fattispecie dimostrano all’apparenza un certo
finalismo delle azioni violente o pericolose, per effetto della buona
organizzazione mentale ed esecutiva, in realtà frutto di un irrefrenabile impulso, che lo schizofrenico non riesce a controllare e che
“necessariamente” deve seguire .
.. Le psicosi distimiche come malattia mentale penalmente rilevante
Gli stati maniacali sono malattie endogene, senza manifestazioni organiche, ma con alterazioni di rilievo della sfera affettiva. I soggetti affetti
presentano improvvisi ed evidenti mutamenti dell’umore e dello stato
d’animo, alternando fasi depressive con atteggiamenti di disperazione,
pessimismo, svalutazione, tendenti al suicidio a fasi maniacali, con
atteggiamenti di autoesaltazione, che danno luogo a manifestazioni
antisociali.
Se nella fase depressiva l’individuo con tali psicosi distimiche può
essere dannoso principalmente a se stesso e ai suoi cari, nella fase
maniacale è incline a commettere reati particolarmente gravi, quali
delitti di omicidio e lesioni, nonché crimini a sfondo sessuale .
.. I disturbi di personalità penalmente rilevanti
Come già evidenziato anche dalla Cassazione, la presente categoria
nosografica si colloca in una zona grigia a metà strada tra “normalità” e “patologia mentale”. I disturbi della personalità si dividono
. Cfr. C, op. loc. cit., –, con indicazioni dei casi pratici, passim.
. Cfr. C, op. loc. cit., –, passim.

Neuroscienze e giustizia penale
in tre gruppi: quelli afferenti all’area psicotica (paranoide, schizoide, schizotipo) caratterizzati da forte eccentricità dei comportamenti,
molto distanti dalla realtà del controllo sociale; quelli afferenti all’area
nevrotica (ossessivo–compulsivo, di evitamento, dipendente, passivo–
aggressivo), con comportamenti di forte soffocamento della personalità affetta, sottomessi alla realtà circostante in modo esasperato; infine,
quelli marginali (istrionico, narcisistico, borderline, antisociale, personalità multipla), con modalità di comportamento a forte risonanza
emotiva ed imprevedibile .
A seconda dell’area di appartenenza si riscontrano diverse tipologia
di crimini. I soggetti “paranoidi”, ad esempio, tendono a commettere
reati di calunnia, ingiuria, diffamazione; i soggetti “schizoidi” si rendono responsabili di reati piuttosto gravi, quali lesioni, omicidi, rapine,
violenza sessuale, con atteggiamento di completa indifferenza nei confronti della vittima. Nei disturbi istrionici di personalità è frequente la
commissione di truffe, millantato credito .
.. Neuroni specchio ed ipotesi neocostitutive di comportamenti umani devianti
In termini chiari, la teoria dei neuroni specchio ci fa capire cosa fa
l’altro (essere umano) senza bisogno di ragionamenti complessi. Il
giornale New York Times il  gennaio  ha pubblicato l’esperimento
del gruppo di ricerca italiano, con a capo il neurofisiologo Rizzolatti,
. «Il problema clinico e la conseguente valutazione psichiatrico forense di un disturbo grave della personalità (per quanto complesso esso sia) è quello di comunicare,
alla luce della storia clinica, delle risultanze psicodiagnostiche, delle modalità che hanno
preceduto, accompagnato e seguito il delitto, se i disturbo si è (o meno) manifestato in
maniera qualitativamente e quantitativamente sufficiente per conferire “valore di malattia”
al reato commesso. In altre parole, anche in presenza di un disturbo grave e serio, se la
genesi (progettazione) e la dinamica (esecuzione) del comportamento criminale indicano
che — nello svolgimento complessivo e nel resoconto retrospettivo dello stesso — l’autore ha conservato e contiene nel funzionamento borderline le aree del suo Io preposte
alla comprensione del significato del suo atto e delle conseguenze dello stesso (funzioni
percettivo–memorizzative, organizzative, previsionali, decisionali ed esecutive) non si può
concludere nel senso dell’esistenza del vizio totale di mente o se ne può discutere la rilevanza in tema di vizio parziale di mente». Così F, I disturbi gravi di personalità rientrano
nel concetto di infermità, cit., .
. Cfr. C, op. loc. cit., –, passim.
. Infermità mentali e neuroscienze

condotto in un laboratorio di Parma diversi anni prima . Una scimmia, cui erano stati applicati fili sottili nella regione del suo cervello,
interessata alla pianificazione ed esecuzione dei movimenti (per cui
ogni volta che la stessa compiva un movimento o muoveva un oggetto
un monitor registrava con un suono le onde cerebrali), alla vista di
un ricercatore che mangiava con gusto un gelato rimase immobile. Il
monitor, applicato al cervello del primate, tuttavia, registrò dei suoni
anche senza alcun movimento. Il senso della scoperta (straordinaria)
si riassume nell’individuazione nel cervello di una classe speciale di
cellule, chiamate “neuroni specchio”, che reagiscono quando l’animale, sia esso essere umano o no, vede o sente un’azione e quando lo
stesso animale esegue la stessa azione per conto proprio .
I neuroni specchio ci fanno entrare in empatia con i nostri interlocutori; rappresentano un meccanismo per mettere in contatto gli
esseri umani, per volersi bene, per capirsi in un linguaggio che viene
prima del linguaggio; in termini di “altruismo naturale”, attraverso
tale sistema riusciamo a metterci al posto degli altri. La biologia evolutiva e la scoperta dei neuroni specchio hanno rivelato che gli individui
non manifestano alcuna predisposizione genetica ad essere aggressivi
o egoisti. L’empatia è il collante sociale che permette all’umanità di
integrarsi socialmente in famiglie più estese, che vanno dai legami
. Cfr. G. R, . C, The Mirror–Neuron System, in Annual Review of
Neuoscience, , vol. ,  ss; I., L. F, V. G, L. F, Premotor Cortex
and the Recognition of Motor Actions, in Cognitive Brain Research, , vol. ,  ss.; I.,
F, Gallese, Neurophysiological mechanisms underlying the understanding and imitation
of action, in Nature Reviews Neuroscience, , vol. ,  ss. In italiano I., C. S,
So quel che fai. Il cervello che agisce i i neuroni specchio, Raffaello Cortina Editore, Milano,
. Nella dottrina italiana D G, Per un diritto penale empatico?, cit.,  ss., che
analizza l’opera dei due neuroscienziati sulle funzioni dei neuroni motori. «La prova che il
sistema motorio dell’uomo possedesse capacità “specchio” era già stata ottenuta attraverso
gli studi di “stimolazione magnetica transcranica” (TMS), che agiva sul sistema nervoso.
Tale strumento ancora non consentiva tuttavia di localizzare le aree corticali ed i circuiti
neuronali coinvolti. Ciò è diventato possibile per effetto del ricorso alle moderne tecniche
di brain imaging, quali la Positron Emission Tomography (PET), poi sostituita dalla risonanza
magnetica funzionale (fRMI). Esse hanno consentito di visualizzare in tre dimensioni le
parti del cervello che si attivano in determinate circostanze e che oggi forniscono una
rappresentazione abbastanza attendibile di quello che avviene all’interno della nostra testa
non soltanto quando un soggetto agisce, ma quando vede altri agire» (–) passim).
. Vedi il lavoro di M. I, Imitation, Empathy and Mirror Neurons, in Annual
Review of Psychology, , vol. ,  ss. In italiano I., I neuroni specchio. Come capiamo ciò
che fanno gli altri, Bollati Boringhieri, Torino, .

Neuroscienze e giustizia penale
di sangue a quelli religiosi, da quelli affettivi ai sentimenti d’identità
nazionale. L’empatia globale spiega come si possa provare affetto, dolore o dispiacere per popoli lontani in simbiosi con le altre creature del
pianeta . Nel circuito dell’empatia sono coinvolte diverse aree del cervello, interconnesse tra loro, oltre all’amigdala, posta sotto la corteccia
del sistema limbico . Condivisione dell’esperienza, riconoscimento
razionale e risposta sociale sono elementi costitutivi del concetto di
empatia.
.. Il meccanismo dell’empatia alle origini del male
I neuroni specchio presenti nel nostro cervello “riflettono” la capacità
di empatia di ogni essere umano. Per effetto delle dimostrazioni neuroscientifiche del caso , è possibile misurare lo spettro quantitativo
(e qualitativo) dell’empatia, in base al quale il grado  caratterizza gli
individui con disturbi mentali di vario genere. Tali ricerche potranno
in un futuro già in divenire costituire lo strumento peritale più attendibile per coadiuvare il giudice nell’accertamento dell’imputabilità
previa verifica dell’infermità mentale totale o parziale.
La misurazione del quoziente di empatia (QE) è subordinata al
verificarsi di determinate condizioni, che indicano le “fluttuazioni
transitorie” della stessa, all’interno delle quali si riconoscono sette
tipologie caratteriali. Il livello  raccoglie nella curva empatica potenziali assassini, gente in grado di commettere aggressioni, torture,
stupri senza provare alcun rimorso o senso di colpa: il male non significa nulla per loro . La totale assenza di empatia rende i soggetti
portatori altamente insensibili nei confronti degli altri con rischio di
commettere atti di crudeltà, oltre che reati penali . Autorevole dottri. Cfr. ex pluris J. R, La civiltà dell’empatia. La corsa verso la coscienza globale nel
mondo in crisi, Mondadori, Milano, .
. Vedi supra capitolo I.
. Cfr. S. B–C, La scienza del male. L’empatia e le origini della crudeltà, Raffaello
Cortina Editore, Milano, . «L’empatia è la nostra capacità di identificare ciò che qualcun
altro sta pensando e provando, e di rispondere a quei pensieri e sentimenti con un’emozione
corrispondente» (, originale in corsivo).
. Così B–C, La scienza del male, cit., .
. Cfr. M B, Colpevoli si nasce?, cit., – per una riscrittura dell’art. 
c.p. alla luce della sede neuronale dell’emozione empatica.
. Infermità mentali e neuroscienze

na in tema si è espressa a favore di un possibile ampliamento delle
circostanze attenuanti, spostando il locus della responsabilità penale
nelle azioni “fuori carattere”, ovvero una sorta di (ir)responsabilità
per come si è .
Al livello  si riscontra la presenza di individui che, pur in grado di
ferire gli altri, sono capaci di comprendere la lesività dell’azione posta
in essere e di mostrare in certo qual modo rammarico. «L’empatia
non ha la forza sufficiente per frenare il comportamento. Per tali
individui “fa cilecca” una parte del circuito cerebrale dell’empatia che
gli consente di inibire la tendenza a far male fisicamente agli altri» .
La mancanza di freni li rende autori di comportamenti estremamente
violenti, nella confusione mentale che porta loro a “trasformare le
persone in oggetti” .
Al livello  i soggetti presentano evidenti difficoltà empatiche, ma
sono in grado di inibire aggressioni fisiche, non tuttavia quelle verbali,
attraverso urla e frasi offensive, che ripetono per tutto l’arco della sua
esistenza. Al livello  l’empatia è interiorizzata e visibilmente mascherata.
Chi copre tale range della curva a campana cerca di mantenersi “normale”,
evitando contatti con gli atri esseri umani e cercando di rimanere quanto
più possibile solo per essere se stesso.
Il livello  raccoglie per lo più individui di sesso maschile con grado
empatico medio–basso, che manifestano la loro capacità di interazione
con i propri simili su attività ed interessi condivisi, piuttosto che su di
una intima emotività, basata sui sentimenti o sulle discussioni sentimentali. Differentemente dal livello  popolato in maggioranza dal genere
femminile dal livello empatico medio–alto. In questa fascia si collocano
persone in grado, dunque, di condividere emozioni, sentimenti, pensieri
con il genere umano, impegnandosi nelle relazioni affettive e sociali,
senza mai prevaricare gli altri, ponendo anzi attenzione e tempo nella
. M B, Colpevoli si nasce?, cit., nell’esegesi dell’opera di S  S,
per cui ci sarebbero due tipi di responsabilità: una per quanto facciamo (consapevolmente
e razionalmente) e una per come siamo (inconsapevolmente ed impulsivamente) ().
. Così B–C, La scienza del male, cit., .
. Così B–C, La scienza del male, cit.,  ss., nell’attenta spiegazione degli
“esperimenti nazisti”, cui rimando.
. Così B–C, La scienza del male, cit., .
. Così I., La scienza del male, cit., –.

Neuroscienze e giustizia penale
considerazione altrui. Il livello  presenta il picco massimo dell’empatia,
con focalizzazione principale sugli altri più che su se stessi. Il circuito
dell’empatia dal livello minino a quello massimo passa dal cervello
umano e i neuroscienziati con la fMRI hanno sviluppato un quadro
chiaro delle tracce empatiche attraverso le zone coinvolte del cervello umano. Si tratta di una decina di aree tra loro interconnesse,
tra cui la corteccia mediale prefrontale (medial prefrontal cortex),
sede della consapevolezza e della valenza emotiva, nonché della
rappresentazione dei pensieri e sentimenti altrui ; la corteccia
orbito–frontale (orbito–frontal cortex), il cui danneggiamento porta
alla perdita della capacità di giudizio sociale e alla produzione di
comportamenti socialmente disinibiti ; l’opercolo frontale (frontal operculum), sede del circuito del linguaggio ; il giro frontale
inferiore (inferior frontal gyrus), il cui danneggiamento produce
difficoltà nel riconoscere le emozioni ; la corteccia cingolata anteriore (anterior cingulate cortex) e l’insula anteriore (anterior insula),
zone in cui si attiva la matrice del dolore o dei sentimenti negativi ;
la giunzione parietotemporale (right temporo–paretial junction), o
zona in cui si individua la “teoria della mente”, immaginando i
pensieri dell’altro o le visioni extracorporali, giudicando le altrui
. Così, sulla differenza tra i livelli  e , B–C, Questione di cervello. La differenza
essenziale tra uomini e donne, trad. it., Mondadori, Milano, .
. Vedi gli studi di J. P. M, C. N. M, M. R. B, Dissociable Medial
Prefrontal Contribution to Judgments of Similar and Dissimilar Others, in Neuron, , vol.
, ; D, L’errore di Cartesio, cit.; D. M. A, C. D. F, Meeting of Minds:
the Medial Frontal Cortex and Social Cognition, in Nature Reviews Neuroscience, , vol.
,  ss.
. V. S, B–C, K. K, Frontal Lobe Contribution to the Theory of
Mind, in Journal of Cognitive Neuroscience, , vol. ,  ss.
. Così B–C, La scienza del male, cit., –, con riferimento agli studi di
P. K, G. W, T. A, M. M, I. R, J. D. S, Frontal Operculum
Temporal Difference Signals and Social Motor Response Learning, in Human Brain Mapping,
, vol. ,  ss.
. Cfr. S.G. S–T, J. A–P, D. P, Two Systems for Empathy:
a Double Dissociation between Emotional and Cognitive Empathy in Inferior Frontal Gyrus
versus Ventromedial Prefrontal Lesions, in Brain, , vol. ,  ss.
. Vedi W. D. H, K. D. D, A. M. L, R.R. T, J.O. D,
Pain–related neurons in the Human Cingulate Cortex, in Nature Neuroscience, , vol. ,
 ss.; A.D. C, How Do You Feel — Now? The Anterior Insula and Human Awareness,
in Nature Reviews Neuroscience, , vol.,  ss.
. Infermità mentali e neuroscienze

intenzioni ; il solco temporale superiore (posterior superior temporal sulcus), zona cerebrale legata al “monitoraggio” dei luoghi
e all’osservazione del movimento biologico ; la corteccia somatosensoriale, che interpreta la codifica del tatto e rende empatici
le esperienze sensoriali altrui, nell’identificazione del disagio ; il
lobulo parietale inferiore (inferior paretial lobule), zona della mimica
integrativa o dell’effetto camaleonte ; infine l’amigdala, coinvolta
nell’apprendimento emotivo e nella regolazione delle emozioni .
La visualizzazione dell’esperienza empatica attraverso la risonanza magnetica funzionale ha ulteriormente permesso nella valutazione dei dati sperimentali di riconoscere nei cervelli borderline
una minore attività cerebrale nelle zone interessate dal circuito
empatico nella lettura dei testi sull’abbandono, viceversa un aumento dell’attività nell’amigdala durante la visione di immagini
terribilmente negative .
Attraverso le tecniche di misurazione fisiologiche del sistema
nervoso autonomo è stato possibile accertare che le menti psicopatiche hanno una ridotta reattività autonoma quando osservano
immagini di sofferenza . Attraverso le tecniche di neuroimaging
le scansioni dei cervelli psicopatici hanno rivelato un grado  di
empatia, con attività dell’amigdala minima.
. Così B–C, La scienza del male, cit.,  con riferimento agli studi di R.
S, N. K, People Thinking about Thinking People: the Role of the Temporoparietal
junction in “theory of mind”, in Psychological Science, , vol. ,  ss;O. B, S.
A, The out of Body Experience: Disturbed Self–processing at The Temporoparietal junction,
in Neuroscientist, , vol.,  ss.
. B–C, La scienza del male, cit., –.
. Cfr. C. K, J. H K. V. G, Somatosensation in Social Perception, in
Nature Reviews Neuroscience, , vol. ,  ss.; B. W et al., Both of Us Distusted in
My Insula: the Common Neural Basis of Seeing and Feeling Disgust, in Neuron, , vol. ,
 ss.
. Cfr. R, . C, The Mirror–Neuron System, cit.; T.L. C
J.A. B, The Camaleont Effect: the Perception–Behavior Link and Social Interaction, in
Journal of Personality and Social Psychology. , vol. ,  ss.
. Cfr. K.H. L, G.J. S, Common and Distinct Brain Networks Underlying Explicit
Emotional Evaluation: a Meta–analytic Study, in Social Cognitive and Affective Neuroscience,
 marzo ; T.D. W et al., Prefrontal–subcortical Pathways Mediating Successful
Emotional Regulation, in Neuron, , vol. ,  ss.
. B–C, La scienza del male, cit., –.
. ., La scienza del male, cit.,  ss.
Capitolo III
Imputabilità e neuroscienze
: .. Esiste il libero arbitrio?,  – .. Le possibili interpretazioni
della “libertà metafisica”,  – .. Un accettabile “compatibilismo” per
una (ri)lettura del sistema penale,  – .. Breve excursus storico sull’imputabilità,  – .. Questioni di puro diritto: la capacità di intendere e
di volere,  – .. Infermità e malattia mentale,  – .. Imputabilità e
vizio totale/parziale di mente,  – .. Uso e abuso di alcool e di stupefacenti,  – .. Le risposte giurisprudenziali quali cause di deminutio
della penale capacità di intendere e volere,  – .. Neuroscienze e
perizia psichiatrica: un nuovo inizio,  – .. Il diritto penale del malato
di mente tra paradigmi costruttivi e de–costruttivi di imputabilità, .
.. Esiste il libero arbitrio?
Con le neuroscienze la libera volontà acquista una molteplicità di
sfumature interpretative . Il dibattito on Free Will in ambito filosofico si fonda sulla compatibilità tra libero arbitrio e determinismo,
articolandosi su tre posizioni distinte: libertarismo , determinismo, compatibilismo . Nelle argomentazioni di chi pone l’esistenza
del libero arbitrio sempre e comunque e chi lo nega decisamente
possiamo cogliere le teorie agli antipodi dei libertaristi puri e dei
. A. N, Il confronto tre neuroscienze e diritto penale sulla libertà di volere, in Diritto
penale e processo, , n. ,  ss., dopo un interessante excursus sugli esperimenti
relativi al “potenziale di prontezza” ed in assenza di una dimostrazione inconfutabile
dell’inesistenza della libera volontà, illustra il c.d. “programma forte” dei neuroscienziati tedeschi, che, ipotizzando l’assenza del libero arbitrio, mette al bando l’idea della
colpevolezza ed imputabilità all’interno del sistema penale, contra un “programma debole”, limitato all’accertamento probatorio mediante le neuroscienze dell’imputabilità
ai fini di una riduzione di pena ex art.  c.p.
. Si tratta del grafema italiano per l’inglese libertariarism.
. Cfr., per una schematizzazione formale, G, La responsabilità penale nell’era
delle neuroscienze, cit.,  ss., in specie .


Neuroscienze e giustizia penale
deterministi hard. Le due correnti di pensiero su libero arbitrio
e determinismo sono incompatibili. I libertaristi ritengono che il
libero arbitrio esista sia come libertà di agire, sia come libertà di volere; i deterministi duri sostengono l’incompatibilità, che imposta
le azioni umane come causalmente determinate dalle condizioni
genetiche, psicologiche e sociali, interconnesse alle medesime, sullo sfondo dell’illusorietà della libertà di sceglierle se compierle o
meno. In una prospettiva meramente deterministica appare difficile spiegare le nostre intuizioni morali e le responsabilità connesse
all’esercizio delle nostre scelte nel momento in cui si asserisce che
il libero arbitrio è illusion . Una delle sfide sostenute dai libertaristi,
al contrario, è rivolta a conciliare il binomio libertà/responsabilità
con le scoperte scientifiche della fisica e delle neuroscienze, dimostrando che i comportamenti umani sono determinati da leggi
naturali e da cablaggio neuronale  .
La terza via indicata del compatibilismo rappresenta, in linea
di principio, la possibilità teorica di conciliare libero arbitrio e
determinismo per capire in che modo gli esseri umani possano
esercitare le loro scelte o se esse siano a priori negate .
Il libero arbitrio si colloca, dunque, come alternativa tra due
scenari: «uno nel quale gli esseri umani sono vincolati in modo
ferreo, come fossero automi, ad agire e a scegliere d’agire in un
. L’espressione è di G, C, For the Law, Neuroscience Changes Nothing and
Everything, cit.
. In tale ottica la letteratura sull’argomento non può prescindere dall’ampliarsi
del confini delle neuroscienze. La neuroetica, infatti, è l’ultima frontiera delle neuroscienze: un campo d’indagine legato agli attuali progressi delle conoscenze neuropsicobiologiche e al complesso delle loro implicazioni etiche, legali e sociali. Il termine
racchiude in sé due significati: da un lato, “etica delle neuroscienze”, cioè la riflessione
filosofica che riguarda il trattamento, il potenziamento e la manipolazione del cervello
umano; dall’altro, “neuroscienze dell’etica”, vale a dire la possibilità di analizzare come
il cervello prende decisioni, qual è la neurobiologia, ossia i fenomeni biologici del
sistema nervoso che attengono alla ’credenza’ e in cosa consiste il substrato neuronale
della rappresentazione dei valori e della fede stessa.
In una prospettiva interdisciplinare cfr. V.A. S, M. D F (a cura di),
Neuroetica Tra neuroscienze, etica e società. La nuova sfida delle neuroscienze, Editori Laterza, Roma–Bari, ; A. L, S (a cura di), Neuroetica, Il Mulino, Bologna,
; A. C, F. R (a cura di), Neuroetica, UTET giuridica,Torino, ; B,
Neuroetica. La morale prima della morale, cit.
. Cfr. sulle più recenti teorie in tema M B, Colpevoli si nasce?, cit.,
, con riferimenti ex pluris all’opera di B, Neuroetica. La morale prima della morale.
. Imputabilità e neuroscienze

certo modo; l’altro nel quale gli esseri umani sono agenti che hanno
la possibilità di determinare il proprio destino» .
.. Le possibili interpretazioni della “libertà metafisica”
La discussione sul libero arbitrio attraversa le posizioni di diversi autori
e fornisce strumenti di esegesi possibile della responsabilità penale.
Una recente trattazione del problema da parte della dottrina valorizza una distinzione fondamentale, quella del “compatibilismo”, in base
alla quale il libero arbitrio è compatibile con il determinismo o addirittura lo richiede, e quella dell“incompatibilismo”, in base alla quale la
libertà è inconciliabile con il determinismo . Secondo l’impostazione
tradizionale del compatibilismo soltanto le nostre azioni discendono
causalmente dalla nostra volontà, anche se questa è interamente determinata . Secondo una versione più moderna di compatibilismo la
libertà si basa sulla capacità di offrire ragioni razionali per giustificare
le nostre azioni, azioni che riflettono il nostro sé e i nostri fini, le
nostre credenze e i nostri valori, sebbene la decisione che alla fine
prenderemo non possa che essere quella determinata da fattori fuori
dal nostro controllo .
Il libertarismo è associato ad una concezione dualistica delle sostanze, una mentale ed una fisica (il cervello), ma esistono anche forme
non dualiste della stessa, come l’agent causation . Tale orientamento,
. Così M. D C, Il libero arbitrio. Una introduzione, Editori Laterza, Roma–Bari,
, ª ed., .
. Vedi l’introduzione di D C, L, S (a cura di), Siamo davvero liberi?
Le neuroscienze e il mistero del libero arbitrio, Codice Edizioni, Torino, .
. Cfr. D.C. D, L’evoluzione della libertà, Raffaello Cortina Editore, Milano, ,
con rimandi, tra l’altro, a L, L, H, M.
. M. S, A. W,The BCN Challenge to Compatibilist Free Will and Personal
Responsibility, in Neuroethics, , vol. ,  ss.
. Cfr. G. G, Free Will, the Self and the Brain, in Behavioral Science and the Law,
John Wiley & Sons.,  vol. ,  ss. Viene realizzata una dettagliata classificazione
tra multiformi posizioni. Secondo la prima corrente di pensiero non esiste libero arbitrio
(Il libero arbitrio è un’illusione, chi da origine alla catena causale non è la persona; ogni
punizione non ha carattere retributivo, ma soltanto uno scopo pratico. Le decisioni sono
determinate da altri eventi antecedenti e dalla natura della persona, non da un atto di
deliberazione, da una decisione prioritaria. L’individuo non avrebbe potuto decidere di fare
altrimenti da quanto ha fatto). In base ad una seconda corrente di pensiero il determinismo

Neuroscienze e giustizia penale
quando si appella alla meccanica quantistica e all’“indeterminismo”
come difesa del libero arbitrio, è soggetto a critiche nel momento
in cui è alquanto difficile spiegare come sia possibile un controllo
cosciente su eventi che sono essenzialmente aleatori. Anche credere
in un universo indeterministico altera il concetto delle libertà dell’io:
alcuni eventi, come il collasso della funzione d’onda, nascono da situazioni random e, pertanto, sono anch’essi fuori dal nostro controllo,
con la conseguenza che è il caso e non la libera scelta a governare le
azioni umane e il loro divenire .
Per ciò che concerne l’incompatibilismo vengono evidenziate due
sottocategorie concettuali. La prima è quella dell’“illusionismo”, secondo il quale il determinismo è vero e, dunque, la libertà è impossibile. La seconda concezione, definita “libertarismo”, afferma sia che il
determinismo è falso, sia che gli esseri umani godono del libero arbitrio. Alcuni libertaristi sostengono che la libertà richieda, al livello
degli eventi neurali, una rottura indeterministica dei processi causali,
che viene poi governata dai poteri causali degli agenti; altri, seguendo
le teorie Kantiane, enfatizzano una spaccatura concettuale diversa
rispetto allo svolgersi della causalità naturale . I recenti sviluppi nel
campo delle neuroscienze sono spesso interpretati come una minaccia
fisico non può essere esteso alle azioni umane (la volontà cosciente causa eventi fisici, ma
non è, a sua volta, da alcuni di essi determinata. Il libero arbitrio non può essere ridotto a
eventi neurali, che accadono nel cervello. Il libero arbitrio è un processo che può cambiare
il corso naturale degli eventi). Secondo una terza corrente di pensiero la scienza sostiene
che tutti gli eventi sono causati da altri eventi (La mente umana dipende sostanzialmente
dall’attività del cervello umano. Non c’e motivo di pensare che la catena causale degli eventi
si interrompa ad un certo punto. Dobbiamo intendere il libero arbitrio come parte del
lavoro del cervello umano. Dobbiamo vedere il libero arbitrio non esulante dalla causalità
naturale. La persona è responsabile in ultima istanza quando l’azione dipende dalla sua
volontà cosciente). Per un interessante rassegna in tema vedi N. S, Coscienza e
libero arbitrio nelle neuroscienze: un dibattito filosofico e scientifico, in http://www.psicolab.net.
. A.L. R, Neuroscientific Challenges to Free Will and Responsibility, in Trends in
Cognitive Sciences, , vol. , n., ,  ss.; I., Response to Sie and Wouters: A neuroscientific
Challenge to Freewill and Responsibility?, ibidem, , vol. , n.,  ss.; in italiano Esiste la
libertà se decidono i nostri neuroni?, in D C, L, S (a cura di), Siamo davvero
liberi? Le neuroscienze e il mistero del libero arbitrio, cit.,  ss.
. Cfr. R. K, The Significance of Free Will, Oxford University Press, N.Y., ; J.R.
S, La mente, Raffaello Cortina Editore, Milano, , ª ed.
. Cfr. J.H. MD, Mind and World, Harvard University Press, Cambridge, ; A.
B, Some Philosophical Integrations, in C. M, G. M (eds.), McDowell
and his Critics, Blackwell, Oxford, .
. Imputabilità e neuroscienze

alla “metafisica libertà” o in casi estremi una negazione del libero
arbitrio, come se la comprensione dei meccanismi biologici e genetici
del cervello minasse la concettualizzazione della libertà di scegliere,
ergo di agire, e di conseguenza la responsabilità morale, ergo penale.
Il rapporto tra neuroscienze e libero arbitrio non si risolve in una
secessione riduzionista libertà si/libertà no o in un distinguo culturale,
legato al linguaggio, tra mente e cervello . La risonanza magnetica
funzionale ci spiega come funziona il processo decisionale umano,
ma sicuramente non lo determina perché esso non è aprioristicamente determinato. Un’interessante intepretazione “neuroscientifica”
in ordine alla possibile coniugabilità di scienza e conoscenza ha come base speculativa iniziale la diversa considerazione concettuale tra
mente e cervello, pur “costruzioni culturali”, ma anche modelli di
comunicazione semantica sulle modalità di manifestazione degli “stati
neurofisiologici e mentali” . La risonanza magnetica funzionale, infatti, registra l’attività cerebrale in termini encefalografici, ma non i
pensieri umani, e la singolarità e dinamicità che li caratterizza . Ancora una volta «noi non siamo il nostro cervello» . Le neuroscienze non
metteranno in questione l’esistenza del libero arbitrio, ma piuttosto
genereranno una condizione di equilibrio riflessivo tra dati empirici
ed intuizioni ordinarie . «Per il diritto le neuroscienze non cambiano
nulla, in quanto esso dispone di strumenti concettuali atti a definire la
responsabilità civile e penale che non possono essere messi in crisi dai
nuovi dati sperimentali» . Le neuroscienze ci pongono di fronte alla
complessità delle correlazioni tra dati neuronali e comportamenti nell’evoluzione del concetto che abbiamo di noi stessi, del nostro essere
umani per riformulare “questioni e decisioni che nessuna disciplina
può, da sola, permettersi di esaurire” .
. Cfr., M B, Colpevoli si nasce?, cit., –.
. G, Human. Quello che ci rende unici, Raffaello Cortina Editore, Milano, ;
P.J. R, R. B, Non di soli geni. Come la cultura ha trasformato l’evoluzione umana,
Codice Edizioni, Torino, ; Criticamente D, L’errore di Cartesio. Emozione, ragione
e cervello umano, nell’interpretazione di M B, Colpevoli si nasce?, cit., .
. Cfr. M. R, The Challenges of Neuroethics, in Functional Neurology, , vol. ,
n. ,  ss.
. N, Perché non siamo il nostro cervello. Una teoria radicale della coscienza, cit., xv.
. R, Neuroscientific Challenges to Free Will and Responsibility, .
. Così B, Neuroetica. La morale prima della morale, cit., .
. Sono le conclusioni di M. T, Diritto e scienza, in B. M (a cura

Neuroscienze e giustizia penale
.. Un accettabile “compatibilismo” per una (ri)lettura del sistema penale
Gli studiosi hanno difficoltà a comprendere e conciliare l’idea di un
mondo in cui la libera volontà sia una credenza narcisistica e che il libero arbitrio un’illusione generata dalla nostra architettura cognitiva .
Nella critica a Dennett vengono evidenziate una serie di obiezioni a
contestare l’equivoco epistemologico legato al determinismo: necessità di superare la connaturata negazione dei valori ed, in primis, del
valore della verità se il mondo fosse solo una sequenza di accadimenti;
considerazione della libertà come processo e non come oggetto dell’analisi; possibilità di intervento per la promozione delle opportunità
di scelta in ambito sociale .
In ambito penalistico libero arbitrio si traduce normativamente nell’espressione capacità di intendere e di volere e nella sua verificabilità ai
fini dell’accertamento della colpevolezza/responsabilità, cui è ontologicamente legata l’applicazione della sanzione e/o misura di sicurezza.
Si può rimproverare e, conseguentemente, punire solo chi è capace
di intendere e di volere. L’atteggiamento morale della scelta, che poi
diventa penale nella commissione delle fattispecie oggettivamente e
soggettivamente previste, è una manifestazione esplicita dell’atteggiamento interiore ed esteriore del soggetto che la pone in essere e riflette
la variegata articolazione del binomio determinismo/libertarismo .
Prima lo psichiatra, ora il neuroscienziato vagliano la libertà di scelta dell’agente (se possieda le qualità genetico–biologiche–cognitive per
poterla effettuare ed in che maniera) nel momento in cui ha compiuto
il fatto di reato. Ricerche filosofiche e riflessioni delle scienze esatte
individuano gli strumenti di lettura del reale divenire da valutare in
chiave processuale che prima il perito poi il giudice applicheranno al
di), Luoghi della filosofia del diritto. Un manuale, Giappichelli, Torino, ,  ss., in specie
–.
. Cfr. M B, Colpevoli si nasce?, cit.,  ss., in senso critico sulla posizione
di D. W, The Illusion of Conscious Will, L’illusione della libertà cosciente, in D C,
L, S (a cura di), Siamo davvero liberi? Le neuroscienze e il mistero del libero arbitrio,
cit.,  ss.
. M B, Colpevoli si nasce?, cit.,  con riferimento ai lavori di E
e M; D G, Per un diritto penale empatico?, cit.,  ss.
. G. P, Il dibattito sull’imputabilità, in A. C, M B (a cura di),
Questioni sull’imputabilità, CEDAM, Padova, ,  ss.
. Imputabilità e neuroscienze

caso di specie secondo «una coerenza compositiva e sintattica all’interno di un particolare linguaggio formale». Se la filosofia si interroga
se siamo liberi e in che modo, se la (neuro)scienza dimostra se c’è
prima l’azione o la decisione di compierla, il diritto osserva e dispone la materializzazione di tali impulsi teorici nella codificazione ed
applicazione delle norme del codice penale .
.. Breve excursus storico sull’imputabilità
L’imputabilità è una fictio iuris dai notevoli effetti teorici ed applicativi . Già dal codice napoleonico l’“istato di pazzia” in cui “trovavasi
l’imputato commise l’azione” limitava fino all’esclusione il libero arbitrio . Lo schema si ripropose nei codici preunitari, in cui l’imputabilità
veniva meno nei soggetti, che “non ebbero coscienza dei loro atti e
libertà di elezione” . Il concetto di infermità, allo stato presupposto
imprescindibile dell’imputabilità, così come gli stati emotivi e passionali non incidenti in alcun modo sulla stessa ex art.  c.p., venivano
semanticamente individuati nella “forza irresistibile” o “forza esterna”.
Il libero arbitrio come “possibilità di agire diversamente” o altrimenti si fondava sull’impostazione ideologica della scuola classica,
in cui il soggetto agente ha la capacità di riconoscere il valore delle
azioni che compie e di relazionarsi alle conseguenze derivanti dalle
proprie scelte. Il progetto presentato alla Camera dal Ministro Zanardelli nel  distingueva tra “lo stato di deficienza” o di “morbosa
alterazione di mente”, quali cause da togliere la “coscienza dei propri
atti o la possibilità di agire altrimenti”. Nella stesura finale del codice
. M B, Colpevoli si nasce?, cit., –.
. Rimando ex pluris alle principali trattazioni monografiche sull’argomento degli
ultimi anni con espresso riferimento alle indicazioni bibliografiche ivi riportate. Cfr. L.
F, Le infermità psichiche nella giurisprudenza penale, CEDAM, Padova, ; B, L’imputabilità e il vizio di mente nel sistema penale, Giuffré, Milano, ; M,
L’imputabilità e i nuovi modelli di sanzione. Dalle “finzioni giuridiche” alla “terapia sociale”,
Giappichelli, Torino, ; M. A, Incapacità per vizio totale di mente ed elemento psicologico del fatto, Giappichelli, Torino, ; C, Vizio di mente: nozioni, accertamento,
prospettive, Giappichelli, Torino, ; S. A, S. D N, Responsabilità penale e complessità. Il diritto penale di fronte alle altre scienze sociali. Colpevolezza, imputabilità, pericolosità
sociale, Giuffré, Milano, .
. M, L’imputabilità e i nuovi modelli di sanzione, cit., , nota .
. M, L’imputabilità e i nuovi modelli di sanzione, cit., , nota .

Neuroscienze e giustizia penale
Zanardelli, promulgato nel , nell’art.  compariva per la prima
volta il concetto omnicomprensivo di stato di infermità di mente .
Al meccanismo “classicista” dell’imputazione penale si contrappone a ragione il modello “positivista” della responsabilità legale,
formalizzato nel Progetto Ferri, dove vennero distinti i trattamenti
sanzionatori per i cosiddetti sani e i malati di mente, autori del reato .
Merita approfondimento, prima di passare alla disamina dell’art. 
c.p., la discussione in ordine alla differenza concettuale tra la capacità
di intendere e di volere e la coscienza e volontà del fatto ex art.  c.p.
L’elemento psicologico, infatti, attiene esclusivamente alla coscienza
e volontà dell’azione o dell’omissione; il presupposto della responsabilità penale, la capacità generale di essere soggetto di diritto penale,
invece, si fonda sulla capacità di intendere e volere ex art.  c. p. Tale
capacità dà luogo all’“imputabilità”, generica attitudine a rispondere
del fatto proprio. La concreta volontà in ambito penalistico acquista
l’ulteriore specificazione di “responsabilità”, ovvero quel rapporto per
cui la legge mette in conto di un determinato soggetto imputabile le
conseguenze delle sue azioni ed omissioni. Sono, dunque, due prospettive diverse della volontà. Nell’imputabilità la volontà è valutata
nel momento della possibilità, nella responsabilità penale la volontà è
considerata nel momento della sua attuazione .
.. Questioni di puro diritto: la capacità di intendere e di volere
L’art.  c.p. è considerato da autorevole dottrina dalla collocazione
legis apparentemente non idonea, poiché inserito nel titolo IV dedicato al reo e alla persona offesa e non nel titolo relativo all’elemento
soggettivo del reato, in qualità di riconosciuto presupposto della colpe. Sulle discussioni parlamentari in ordine alle modifiche operare dal Codice Zanardelli, con riferimenti dettagliati ai passaggi contenuti sulla relazione al guardasigilli del re, vedi
A, D N, Responsabilità penale e complessità. Il diritto penale di fronte alle altre scienze
sociali. Colpevolezza, imputabilità, pericolosità sociale, –.
. M, L’imputabilità e i nuovi modelli di sanzione, cit., –. Vedi, inoltre, ultra
capitolo V.
. A, D N, Responsabilità penale e complessità. Il diritto penale di fronte alle altre
scienze sociali. Colpevolezza, imputabilità, pericolosità sociale, cit., –.
. Imputabilità e neuroscienze

volezza. In realtà, dalla definizione ivi contenuta non possiamo essere
certi dell’una o dell’altra posizione codicistica e/o contenutistica.
L’imputabilità, ovvero la verifica dell’esistenza nel reo della capacità d’intendere e di volere al momento della commissione del fatto,
rappresenta l’elemento di collegamento tra reo e condotta criminosa sotto diversi profili di soggettività: la valutazione della personalità
dell’individuo, l’esistenza o meno di volizione al momento del porre
in essere la condotta criminosa, la diversa conseguenza sanzionatoria
in ordine alla libertà subiettiva ed individuale del soggetto agente. A
ragione l’impostazione della questione deve trascendere il setting penalistico, sottolineando la triplice funzione sottesa al concetto stesso,
inteso come principio costituzionale, categoria dogmatica del reato,
criterio applicativo della pena , nonché la collocazione bifida della
stessa tra dimensione empirica e dimensione normativa, segnando
necessariamente «l’ambito delle valutazioni normative entro i confini
segnati dall’indagine empirica» .
Il profilo costituzionale ex art. , °, ° comma Cost. traccia la
soglia operativa del giudizio normativo di colpevolezza, legando il
concetto di imputabilità ai fondamenti della stessa. Il soggetto potenzialmente libero, ovvero in grado di rappresentarsi il significato e le
conseguenze del proprio comportamento, commette un reato, rendendosi nel superamento dei dettami legalistici assoggettabile a sanzione
penale. La mancanza del criterio dell’imputabilità rende l’autore della
condotta criminosa, ascrivibile alla fattispecie, non responsabile e di
conseguenza non astrattamente idoneo ad essere sottoposto a rimprovero e non concretamente idoneo ad essere passibile di pena. Il profilo
dogmatico coglie l’accertamento delle condizioni naturalistiche del
soggetto e verifica l’incidenza delle stesse sulla capacità di intendere e
di volere.
Per capacità di intendere si indica «il possesso di abilità cognitive
tali da consentire la comprensione degli elementi della scelta e del loro
significato in termini di eventuale distacco dalle norme socialmente
condivise e sanzionate nei codici. Capacità di volere significa, invece,
. Sono le considerazioni di B, Fughe in avanti e spinte regressive in tema
di imputabilità penale, in M (a cura di), Verso un codice penale modello per l’Europa.
Imputabilità e misure di sicurezza, CEDAM, Padova, ,  ss.
. Così F, I presupposti della responsabilità penale tra dogmatica e scienze sociali,
in Dei delitti e delle pene, , .

Neuroscienze e giustizia penale
la possibilità di autodeterminazione e autolimitazione di fronte ad
una scelta che trasgredisce una norma anche se appaga un proprio
bisogno» .
La capacità d’intendere non può essere identificata con l’“intelligere”,
limitando in senso altamente restrittivo il costrutto semantico (nell’atto intellettivo sono da includere il concetto di comprensione, l’atto di
critica, di invenzione, la forza di determinazione) e di conseguenza
l’apparato normativo di accertamento, per cui solo le gravi deficienze
mentali sarebbero escludenti la facoltà riconosciuta ex art.  c.p.  . Si
riferisce evidentemente alle sfere dell’intelletto, ma anche a quelle del
sentimento, quali componenti fondanti la psiche umana. Non a caso
in una visione unitaria la capacità d’intendere è inscindibilmente legata
alla capacità di volere, come «sintesi delle condizioni fisiopsichiche che
consentono l’ascrizione di responsabilità all’autore del fatto–reato» .
In questa molteplicità di attribuzioni psichiche, da vagliare secondo parametri di normalità, in cui confrontare la situazione–tipo di meccanismo
e di procedimenti mentali con la media degli altri individui, orientati
verso una cognizione della realtà e dell’ambiente che li circonda, le cui
azioni poste in essere abbiano lo stesso significato attribuito dagli altri
consociati, l’attitudine dell’agente ad intendere include sia il rendersi
conto del disvalore sociale della propria condotta, sia il percepire il
disvalore giuridico della medesima in una sorta di “coscienza dell’antigiuridicità”. Alcune condizioni psicopatologiche, infatti, possono
. Così, per tutti, A, D N, Responsabilità penale e complessità. Il diritto penale di
fronte alle altre scienze sociali. Colpevolezza, imputabilità, pericolosità sociale, cit., .
. Cfr. C, Criminologia, difesa sociale e psichiatria forense, cit., –, con riferimento a C, a G, P. La capacità di intendere, definita come «una facoltà
di analisi e di valutazione dei motivi, come utile possibilità di discernimento, come coscienza
dell’atto che si compie», passa anche attraverso la valutazione psicologica di K–E,
ovvero «quel complesso di processi psichici, elementari e compositi, affettivi ed intellettivi,
che si presentano nell’unità di tempo e che ci permettono la coscienza e consapevolezza
della nostra vita interiore e di quella esterna».
. M. R (a cura di), Commentario sistematico del codice penale, sub pre–art. , vol. II,
ª ed., Giuffrè, Milano, , –, secondo cui la capacità di volere consiste nell’attitudine
del soggetto ad attivare meccanismi psicologici di impulso ed inibizione per attuare una
scelta d’azione, che la capacità d’intendere ha mostrato come la migliore sulla base del
significato e della portata che la stessa possiede nel mondo esterno.
. Cfr. G. C, Corso di diritto penale, Editori Laterza, Roma–Bari, , .
. Cfr. R (a cura di), Commentario sistematico del codice penale, sub pre–art. , cit.,.
. Cfr. R (a cura di), Commentario sistematico del codice penale, sub pre–art. , cit.,.
. Imputabilità e neuroscienze

incidere sui processi volitivi ed influire sulla capacità di volere, strettamente connessa alla capacità di intendere, atteso che il presupposto di
una volontà valida risiede nei poteri di discernimento e comprensione,
tipici dell’“intelligere” giuridicamente inteso, in una sorta di «schemi
di convergenze controllabili» .
L’atto volontario deriva dalla coscienza quale risultante del libero
gioco pulsionale tra spinte e controspinte che la psiche umana giudica
e critica in base al grado di importanza, necessità, utilità. Le pulsioni
sono state classificate da un punto di vista medico–legale in primarie,
intese come substrato generale dell’attività psichica; istintive, dirette
al compimento di azioni di cui non si è completamente consapevoli;
volontarie, espresse da spinte volute e controllate, che costituiscono
la volontà in quanto tale, ovvero l’azione umana rivolta verso uno
scopo predeterminato . Tali spinte rientrano nel concetto di capacità
di volere. Se si inverte la gerarchia dei livelli pulsionali, l’atto di volontà soggiace alle pulsioni istintive, invece di controllarle. Ciò accade
nell’ambito delle manifestazioni morbose riconducibili alle malattie
mentali.
.. Infermità e malattia mentale
La malattia di mente incide nel processo criminogenetico e nelle capacità rappresentative e volitive del soggetto come un parametro causale,
nel senso di collegamento eziologico tra il disturbo psicopatologico e
il fatto commesso, per cui quest’ultimo, evento dannoso o pericoloso
che sia, risulti causato ex art.  c.p. dal primo . L’interpretazione
. R (a cura di), Commentario sistematico del codice penale, Giuffré, Milano, ,
ª ed., vol. I, sub art. , .
. Per una chiarificazione concettuale dell’atto del volere, vedi C, Criminologia,
difesa sociale e psichiatria forense, cit., 
. Per completezza vedi la tavola rotonda L’imputabilità penale: tra vincoli definitori,
evidenze empiriche e prospettive politico–criminali, in Legislazione penale, , n. ,  ss. con
articoli a seguire di B, Empiria e normatività nel giudizio di imputabilità per infermità
di mente,  ss.; M, L’ imputabilità tra prevenzione generale e principio di colpevolezza, 
ss.; P, La disciplina dell’imputabilità tra diritto e scienza,  ss.; F, L’imputabilità nell’interazione tra epistemologia scientifica ed epistemologia giudiziaria,  ss.; P,
M (a cura di), Psichiatria e giustizia, RCE, Milano, , nel capitolo Imputabilità
in crisi,  ss.

Neuroscienze e giustizia penale
sistematica della disciplina dettata dagli artt. , ,  c.p., per cui
l’imputabilità viene meno solo per effetto di patologie psichiatriche a
base organica, con substrato somatico, era basata in senso restrittivo
sull’orientamento di tradizione medico–organicista.
Il significato di infermità era riferito esclusivamente alle sole disfunzioni psichiche, clinicamente accertate, rientranti in un preciso
quadro nosografico. L’ampliamento della valenza semantica di infermità, unitamente al superamento della tassatività imperante tra cause
attenuanti od escludenti la capacità di intendere e volere, ha limitato,
relegando definitivamente, il nesso causale monotematico, per cui un
(solo) preciso disturbo a carattere patologicamente definito poteva
scemare o far venir meno l’imputabilità, enfatizzando la presenza al
momento del fatto ed in concreto della «comorbillità», sia pure aspecifica e transeunte e non classificabile come incidente sull’imputabilità .
In tale riconoscimento amplificato di “infermità” la giurisprudenza
ha stabilito dei parametri selettivi, afferenti al carattere patologico del
disturbo, come l’intensità o il valore della malattia, nonché la sua capacità di influire sulla rilevanza del nesso causale tra malattia mentale
e reato.
Sono così rientrati nel concetto di infermità, in primis, le “reazioni
a corso circuito” ; le nevrosi, le psicopatie, i disturbi di personalità
di tipo border–line, nonché le psicosi in senso lato, sottolineando, oltre i criteri suindicati, anche «l’eventuale sussistenza di un rapporto
motivante e causalmente rilevante tra l’anomalia psichica ed il fatto
di reato, tale da far fondamentalmente ritenere che il soggetto non
fosse in grado di percepire il valore e il significato del proprio agire» .
Il deficit di tali indicatori è dato dalla loro referenza oggettiva, valevole in astratto, non consentendo ‘in concreto” di accertare l’effettiva
sussistenza della capacità di intendere e volere del soggetto al momento della commissione del fatto in chiave normativa, ovvero con la
. Cfr. M, Tutela penale del sofferente psichico, cit., , con riferimento in nota a
sentenze della Cassazione in tema (Cass. pen., sez. I,  settembre ; Cass. pen., sez. I, 
marzo ). Vedi, inoltre, supra capitolo II.
. Cfr. Cass. pen., sez. I,  ottobre , in CED Cass. n. ; Cass. pen., sez. I, 
aprile , in CED Cass. n. ; Cass. pen., sez. I,  aprile , in CED Cass. .
. Così M, Tutela penale del sofferente psichico, cit., , con riferimento in nota a
sentenze della Cassazione in tema (ex pluris Cass. pen., sez. I,  settembre , in CED
Cass. n.; Cass. pen., sez. I,  marzo , in CED Cass. n. ; Cass. pen., sez. I, 
aprile , in CED Cass. n.).
. Imputabilità e neuroscienze

possibilità di muovere un rimprovero penalisticamente e colpevolisticamente inteso per non aver agito altrimenti. Da ultima la Corte di
Cassazione ha stabilito che «per riscontrare l’incapacità d’intendere
e volere totale o parziale, non basta affermare che un soggetto sia
affetto da un disturbo della personalità di matrice psicotica, essendo
necessario dimostrare che questo disturbo abbia un nesso eziologico
con lo specifico fatto di reato commesso, sì da poter qualificare tale
disturbo come la causa della condotta criminosa. La sentenza delle SS.
UU. Raso, Rv. , sebbene abbia riconosciuto che le infermità di
mente non sono solo quelle a base organica clinicamente accertabili,
ma possono essere anche i disturbi della personalità o comunque
tutte quelle anomalie psichiche non inquadrabili nelle figure tipiche
della nosografia clinica, è stata ben chiara nel precisare che queste
ultime, per comportare l’esclusione o l’attenuazione della imputabilità, devono essere di gravità ed intensità tali da escludere o scemare
grandemente la capacità di intendere o di volere.
Nella sentenza delle Sezioni Unite, di cui sopra, è stato condivisibilmente rilevato che, fermo restando l’accertamento in concreto del
nesso eziologico fra il disturbo rilevato, che può essere anche transeunte, e l’azione delittuosa commessa, possono acquistare rilievo, ai
fini dell’applicazione degli artt.  ed  c.p., solo quei disturbi della
personalità, che siano di consistenza, intensità, rilevanza e gravità tali
da incidere concretamente sull’imputabilità.
Deve quindi trattarsi di un disturbo idoneo a determinare e che
in effetti abbia determinato una situazione psichica incontrollabile
ed ingestibile, tale da rendere l’agente incolpevolmente incapace di
esercitare il dovuto controllo dei propri atti, di indirizzarli e di percepire il disvalore del fatto commesso (cfr., in termini, Cass. ..
n. ). Nel caso di specie non risultava che l’accertamento medico
svolto nei confronti dell’imputato nel corso delle indagini preliminari
avesse rilevato una situazione psichica dell’agente così compromessa
e caratterizzata da connotati di così grave consistenza da incidere con. Cfr. Cass pen., sez. I,. sentenza  agosto , n. , riportata integralmente in
http://www.studiolegalelaw.net, categoria Leggi sentenze circolari, relativo al caso di un
uomo che aveva ucciso la moglie, invocando la patologia psichiatrica da cui era affetto.
In realtà la perizia psichiatrica aveva accertato una semplice depressione reattiva di grado
moderato, tendente a risolversi con il passare del tempo e non connotata da elementi
degenerativi.

Neuroscienze e giustizia penale
cretamente sulla sua imputabilità. Questa “mutazione genetica” del
concetto di infermità da elemento descrittivo a elemento extragiuridico scientificamente incerto ha consentito l’ingresso nel giudizio di
imputabilità di «valutazioni di pura prevenzione generale o retributiva a scapito di quelle di prevenzione speciale e di colpevolezza del
fatto, che impongono una risposta sanzionatoria modulata sulle reali
condizioni del reo» .
.. Imputabilità e vizio totale/parziale di mente
L’infermità mentale viene immaginata plasticamente come il vertice
di un cono, la cui superficie laterale comprende tutte le possibili
manifestazioni cliniche, dalle malattie fisiche e/o mentali ai disturbi
di personalità, dalle condizioni morbose transeunti alle tossicosi, che
si riverberano sullo stato mentale. Questa figura immaginaria tocca in
qualche punto l’esistenza degli individui nel tempo coincidente con la
commissione del fatto–reato, determinando la condizione soggettiva,
istantanea e puntiforme del vizio totale o parziale di mente .
Partendo anche in questo caso dalla lettera legis, mancando ogni riferimento al concetto di malattia o infermità mentale, la metodologia
medico–legale, così come la psicologia, la psicopatologia e, da ultimo,
le neuroscienze devono riscontrare se l’infermità sia in rapporto causale con la fattispecie posta in essere, in modo da graduare, in base alle
circostanze emerse nel corso del giudizio o nell’immediatezza dell’iter
criminoso, l’incidenza della accertata infermità sullo stato di mente del
soggetto per capire se sia affetto da vizio totale o parziale di mente .
La dottrina criminologica e psicopatologico–forense ha da sempre sostenuto che «anche un malato di mente possa essere chiamato
a rispondere del suo operato se non viene stabilita una sufficiente
correlazione — in termini di causalità circolare — fra le patologie di
. Cosi B, Empiria e normatività nel giudizio di imputabilità per infermità di
mente, cit., , on riferimento alla sentenza Trib. Milano,  ottobre , che, pur avendo
riconosciuto l’imputato seminfermo di mente per un disturbo della personalità tra il
narcisistico e lo schizotipico, lo aveva condannato a trenta anni di reclusione.
. Cfr. C, Criminologia, difesa sociale e psichiatria forense, cit., .
. C, Criminologia, difesa sociale e psichiatria forense, cit.
. Imputabilità e neuroscienze

cui è portatore e il delitto commesso» . Secondo autorevole dottrina
«il vizio di mente è in stretta correlazione con i disturbi patologico–
psichici, presenti nella categoria diagnostica individuata, purchè aventi
connessione con le modalità del fatto reato. Si ribadisce che l’incidenza
dell’infermità sullo stato di mente va valutata sotto il profilo psicopatologico, secondo il modello teorico dell’ «autonomia funzionale
dell’Io», ovvero come «possibilità di emettere risposte adeguate ed
adattate» .
L’alveo quantitativo è il distinguo di partenza tra vizio totale e vizio
parziale. L’esistenza dell’infermità, ovvero il disturbo sulla psiche del
soggetto, incide in maniera essenzialmente numerica in relazione alla
capacità di intendere e di volere . «Il vizio di mente (totale o parziale)
esiste solo quando il reato può, a buon ragione, essere iscritto nella
patologia di mente di cui il soggetto è portatore e del o dei relativi
effetti psicopatologici di cui può essere ritenuto sintomatico» . In
assenza o in mancanza di tale rapporto anche il malato di mente può
essere ritenuto imputabile per ciò che gli viene addebitato, ribadendo
l’esigenza del nesso causale ed evitando qualsiasi automatismo tra
diagnosi e conclusioni peritali.
.. Uso e abuso di alcool e di stupefacenti
L’abuso di alcool e di droghe per espresso riconoscimento del codice
penale e della psichiatria forense è causa di gravi disturbi mentali,
sia di origine transitoria che permanente, sino a determinare vere e
proprie psicosi. Entrambe le situazioni possono generare forme di
non imputabilità, legate all’incidenza dell’uso delle predette sostanze
sulla capacità di intendere e di volere. Risulta, pertanto, indispensabile
definire i quadri pato–gnomonici relativi all’uso cronico delle sostanze,
. G. G (a cura di), Trattato di Medicina Legale e scienze affini, Genetica, psichiatria
forense e criminologia, medicina del lavoro, vol. IV, CEDAM, Padova, ª ed., , , con
riferimento al lavoro di C.
. Vedi supra, F capitolo I.
. Cfr. vedi giurisprudenza in tema Cass. pen., sez. I,  marzo , in CED Cass.
n. ; Cass. pen., sez.V,  ottobre , in CED Cass. n.  ; Cass. pen., sez.I,
ºdicembre , in CED Cass. n. .
. G (a cura di), Trattato di Medicina Legale e scienze affini, Genetica, psichiatria
forense e criminologia, medicina del lavoro, cit., , con riferimento all’opera di F.

Neuroscienze e giustizia penale
soprattutto a fine di comprendere se sussista «un’alterazione psichica
permanente», cui riconoscere valore di malattia .
Il legislatore nel  con la stesura degli artt. ,  c.p. non ha
disconosciuto la reale portata negativa di tali sostanze sulla psiche
dei presunti colpevoli, ma ha sottolineato nel dettato normativo il
principio dell’actio libera in causa, secondo cui il soggetto agente è
(penalmente) responsabile delle scelte che compie. Ne consegue che,
pur in stato di incapacità legato all’uso di alcool e droghe, l’individuo
che scelga di iniettarsi lo stupefacente o di assumere alcolici opera
iuris et de iure in stato di normalità psichica .
Per giurisprudenza costante lo stato di intossicazione temporanea
da alcool o da stupefacenti, che altera la capacità di intendere e di volere solo durante l’assimilazione della sostanza nell’organismo, anche
in presenza di uno stato di dipendenza, di certo livello, non inficia
l’imputabilità del soggetto che ha commesso il reato sotto l’azione
(anche grave) delle predette sostanze, ad eccezione dei casi in cui
l’intossicazione acuta non sia né voluta, né prevista, rientrando nelle
ipotesi (rare) di caso fortuito o forza maggiore .
Diverso approccio normativo si presenta nei casi di intossicazione
cronica. L’art.  c.p. necessita di contorni clinici che delimitino gli
ambiti applicativi sanciti dagli art. ,  c.p. La dottrina medico–
legale ha, innanzitutto, individuato i diversi stadi legati all’uso delle
sostanze alcoliche e stupefacenti. Il primo stadio è quello dei semplici
consumatori definiti come coloro che usano la droga, qualunque essa
sia, saltuariamente o in situazioni eccezionali; oppure anche in modo
ripetuto, ma utilizzando dosaggi del tutto innocui e mantenendo
sempre la possibilità di interrompere l’assunzione senza risentirne
conseguenze. Il secondo stadio è individuato nei tossicodipendenti,
cioè in coloro nei quali la dipendenza si è instaurata, a cagione del
. Per completezza G. S, F. B, M. G (a cura di), Elementi di
neuroscienze e dipendenze. Manuale per operatori di dipartimenti delle dipendenze, Verona, ª
ed., ; R. S, C. T, R. F, U. F, S. L, S. D. F,
Linee Guida metodologico accertative–criteriologico valutative. Alcool droga imputabilità, Piccin,
Padova .
. Cfr. C, Criminologia, difesa sociale e psichiatria forense, cit., .
. Vedi sul punto M. L, Il problema dell’imputabilità penale, in R (a cura di),
Commentario al Codice penale, Persone e sanzioni. Presupposti soggettivi, previsione, comminazione ed esecuzione delle sanzioni penali, Zanichelli, Bologna, , vol. III,  ss., in specie  ss.,
con richiami alla giurisprudenza del caso.
. Imputabilità e neuroscienze

protrarsi dell’uso. Nel tossicodipendente si è ormai innestata una
dipendenza psichica e, se la droga è idonea, anche quella fisica. Lo
stadio più grave di tossicodipendenza è rappresentato dai tossicomani,
individui quasi esclusivamente assuntori di eroina, più raramente di
cocaina, e spesso di entrambe le sostanze, rispetto ai quali per essere
diventata la tossicodipendenza particolarmente intensa, l’assunzione
di droga è assurta a tale imperatività da diventare l’unica ragione di
vita. Il tossicomane perde tutti i valori che aveva precedentemente,
non ha più gli stessi interessi di prima e finisce per condurre uno stile
di vita totalmente diverso e, quasi sempre, delinquenziale .
La cronica intossicazione da sostanze stupefacenti, come asserito
dalla Corte di Cassazione, condiziona tutto il comportamento del
soggetto, incidendo sulla sfera neuropsichica e provocando lo sfacelo
della personalità con carattere permanente, proprio di una malattia,
così da escludere o diminuire grandemente la capacità di intendere e di
volere . Da essa in via di principio si distingue l’intossicazione, anche
grave, ma transeunte, che non ha rilievo alcuno sulla imputabilità, in
quanto le relative manifestazioni psichiche sono direttamente correlate
all’azione perturbatrice delle sostanze nell’organismo umano, per cui
una volta cessati i relativi effetti perversi, lascia il tossicomane in una
situazione di normalità, salvo il suo stato di dipendenza che lo risospinge all’uso ripetuto di droga. Più pronunce hanno affermato che la
tossicomania è pur sempre una condizione tendenzialmente permanente con effetti devastanti e, dunque, sostanzialmente incidente sulla
coscienza e volontà, per cui anche laddove manchi una alterazione
patologica di tipo permanente, la capacità di intendere e soprattutto di
volere del tossicodipendente è già gravemente compromessa dalla situazione di dipendenza psico–fisica da sostanza stupefacente, peraltro
contrassegnata dall’insorgere della c.d. sindrome da astinenza . Sia
nelle ipotesi di intossicazione cronica da alcool che da stupefacenti è
possibile rilevare strumentalmente i danni alle attività neurobiologiche
del cervello attraverso brain–mapping, RMF e TAC.
. Vedi per i casi di abuso la rassegna riportata da C, Criminologia, difesa sociale e
psichiatria forense, cit.,  ss.
. Cfr. le sentenze della Cassazione riportate in R, S. A, Codice penale
ipertestuale, UTET, Torino, , .
. Sul concetto di astinenza e la sua complessità da C, Criminologia, difesa sociale
e psichiatria forense, cit., –.

Neuroscienze e giustizia penale
.. Le risposte giurisprudenziali quali cause di deminutio della
penale capacità di intendere e volere
Mentre la dottrina discute sulla compatibilità tra libero arbitrio e determinismo funzionale, sulle variabili del concetto di malattia mentale,
sulla strutturazione normativa della capacità di intendere e di volere, sulle fictiones giuridiche normativizzate, la giurisprudenza ha
acconsentito all’ingresso delle neuroscienze nel giudizio penale quale
strumento di accertamento della imputabilità penale . Il primo caso
riguarda la drammatica vicenda di un cittadino algerino, da anni residente in Italia, che accoltellava a morte un cittadino colombiano nei
pressi della stazione ferroviaria di Udine.
Nel corso del giudizio di primo grado, all’esito della perizia espletata, veniva riscontrata un’importante patologia psichiatrica di stampo
psicotico e, in particolare, un disturbo psicotico di tipo delirante in
soggetto con disturbo della personalità con tratti impulsivi, asociali e
con capacità cognitive, intellettive nei limiti inferiori alla norma. L’imputato veniva ritenuto persona socialmente pericolosa e parzialmente
incapace d’intendere e di volere, fondando tale parziale incapacità (al
posto di quella totale richiesta dalla difesa) sui diversi elementi di giudizio, acquisiti nel corso dell’istruttoria dibattimentale: comportamento
antecedente al delitto, sostanzialmente immune da indici di incapacità
o di disturbo mentale, consapevolezza dell’antigiuridicità del proprio
comportamento, comportamento improntato ad indifferenza successivamente al delitto. Seguiva la condanna dell’imputato alla pena del
caso applicate tutte le attenuanti e le diminuenti possibili. La sentenza
veniva appellata dalla difesa dell’imputato che lamentava l’erronea
valutazione in ordine alla capacità di intendere e di volere e la mancata
applicazione della riduzione della pena per la seminfermità mentale
nel suo massimo, per mancato riferimento alla gravità della patologia
. Cfr. C, Il riconoscimento del ruolo delle neuroscienze nel giudizio di imputabilità,
in http://www.dirittopenalecontemporaneo.it, ; M, I nuovi orizzonti della prova
(neuro)scientifica nel giudizio sull’imputabilità, in Rivista italiana di medicina legale, , 
ss; F, Le neuroscienze entrano nel processo penale, in Rivista penale, , n. ,  ss. I.,
La psicologia nel processo penale. Pratica forense e strategie, Giuffré, Milano, , nel § La
genetica molecolare e la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Trieste,  ss.; F. C,
Neuroscienze, genetica comportamentale e processo penale, in Diritto penale e processo, , n. ,
 ss.
. Imputabilità e neuroscienze

di cui era affetto l’imputato. Nel corso del giudizio di secondo grado
così instaurato venivano espletate ulteriori perizie, all’esito delle quali,
la capacità di intendere e di volere dell’imputato risultava grandemente
scemata dalla estrema difficoltà di un quadro psichiatrico caratterizzato
da una tipologia di personalità di tipo dipendente, negativistico con
un importante disturbo ansioso–depressivo, accompagnato da pensieri
deliranti ed alterazione del pensiero associata a disturbi cognitivi legati
alla corretta interpretazione della situazione in cui si trovava, pur non
risultando tali deficit di livello talmente grave da abolire la capacità di
intendere .
L’organo giudicante, al fine di valutare la capacità di intendere e
di volere dell’imputato, tra i vari test ed indagini peritali ai quali lo
sottoponeva, faceva effettuare anche delle indagini genetiche alla «ricerca di polimorfismi genetici significativi per modulare le reazioni a
variabili ambientali fra i quali l’esposizione ad eventi stressanti ed a
reagire agli stessi con comportamenti di tipo impulsivo» . Il ricorso
alla risonanza magnetico funzionale dell’encefalo, così come i test
effettuati sono «del tutto “innovativi” rispetto al livello di approfondimento degli accertamenti giudiziari», consentendo di accertare che
l’imputato risultava «possedere, per ciascuno dei dimorfismi esaminati, almeno uno e non tutti e due gli ellepi che, in base a numerosi
studi internazionali riportati sinora in letteratura, sono stati riscontrati
conferire un significativo aumento del rischio di sviluppo di comportamento aggressivo, impulsivo (socialmente inaccettabile). In particolare
l’essere potatore dell’allele a bassa attività per il gene MAOA (MAOA–
L) potrebbe rendere il soggetto maggiormente incline a manifestare
aggressività se provocato o escluso socialmente» .
Per la prima volta la ratio della decisione si fonda sugli esiti di una
perizia, che si è avvalsa di indagini e strumentazione neuroscientifica
e genetica per la valutazione “certa” della seminfermità. Nel dettaglio la RMF è servita a documentare l’alterato funzionamento del
lobo frontale, in presenza di una morfologia normale. In tali malattia psichiatriche è evidente un’alterazione funzionale, non del tutto
un’alterazione strutturale. L’utilizzo della strumentazione neuroscien. La decisione della Corte d’Assise in Rivista penale, cit., .
. Cfr. La massima riportata tra l’altro in Rivista penale, cit., .
. La decisione della Corte d’Assise in Rivista penale, cit., .

Neuroscienze e giustizia penale
tifica ha consentito una verifica dei circuiti neuronali coinvolti nel
controllo dell’azione (criminosa) e della sua possibilità di bloccarla
una volta iniziata, a prescindere dal significato causale e correlazionale
del rapporto tra cervello e comportamento .
Nella decisione hanno fatto il loro ingresso anche gli studi di biologia molecolare e di genetica, a dimostrare il ruolo determinante
del gene MAOA, che codifica l’enzima monoaminossidasi A, ovvero
«un enzima centrale del metabolismo della serotonina, un importante
neurotrasmettitore coinvolto nella regolazione del tono dell’umore
e del comportamento» . I soggetti con ridotta capacità enzimatica
hanno la tendenza a sviluppare comportamenti violenti, se cresciuti
in una ambiente malsano, dove sono stati esposti ad abusi e maltrattamenti sin dalla più tenera età. La predisposizione genetica della
variante alleica di bassa intensità non influisce sullo sviluppo di un
comportamento deviante, ma rappresenta un elemento di maggiore
vulnerabilità genetica ad eventi esterni di maggior rischio criminogenetico . La “vulnerabilità genetica”, così come dimostrata, renderebbe
l’imputato «particolarmente reattivo in termini di aggressività — e, conseguentemente, vulnerabile — in presenza di situazioni di stress»; con
conseguente riconoscimento della parziale incapacità di intendere e di
volere e riduzione della pena nella misura massima di un terzo, escluse le attenuanti generiche, per effetto dell’efferatezza della condotta
criminosa, a nulla rilevando al riguardo il diverso contesto religioso e
sociale in cui l’imputato era cresciuto (radicate tradizioni culturali della
famiglia d’origine e regole comportamentali connesse alla fede islamica
professata), nè le differenze culturali e la fede religiosa professata, non
«fondamento giustificativo per un’aggressione a fini omicidi».
. F, Le neuroscienze entrano nel processo penale, cit., ; I., Neuroscienze e diritto, in
Rivista penale, , n. ,  ss.
. Cfr. C, Neuroscienze, genetica comportamentale e processo penale, cit., , con
riferimento a S. P, Il ruolo dei fattori genetici nella modulazione del comportamento: le
nuove acquisizioni della biologia molecolare genetica, in Manuale di neuroscienze forensi, cit., 
ss., in specie . «Questo gene esiste in ben quattro varianti alleliche, due che comportano
una maggiore espressione del gene stesso e quindi una maggiore attività enzimatica e due
che invece hanno una ridotta espressione e quindi una ridotta attività dell’enzima».
. Cosi P, Il ruolo dei fattori genetici nella modulazione del comportamento: le
nuove acquisizioni della biologia molecolare genetica, cit., –, con riferimento agli studi di
C e altri.
. La decisione della Corte d’Assise in Rivista penale, cit., .
. Imputabilità e neuroscienze

.. Neuroscienze e perizia psichiatrica: un nuovo inizio
L’accertamento dell’imputabilità passa, per la seconda volta, al vaglio
delle indagini neuroscientifiche e morfologiche sul cervello e sul suo
patrimonio genetico, affiancandosi alla metodica psichiatrica fin ora
utilizzata . Partendo dalla mappatura dello stato psichico dell’imputato per stabilire l’effettiva capacità di intendere e volere posseduta
all’atto di commettere la fattispecie penale, il giudice in tale pronuncia
spiega alla luce delle perizie effettuate in che misura il dato genetico
possa aver influito sulla perpetrazione dell’atto criminale. Nella forma
del rito abbreviato, una giovane donna imputata è stata riconosciuta
colpevole di aver ucciso a Cirmido la sorella quarantenne e condannata
alla pena di venti anni di reclusione. I resti ormai carbonizzati della
vittima sono stati rinvenuti solamente due mesi dopo l’esecuzione
dell’omicidio. La donna, indagata in quello stesso periodo, aveva, inoltre, tentato di uccidere, mediante strangolamento, anche sua madre
e di distruggerne il cadavere con le medesime modalità incendiarie . L’imputabilità della stessa è risultata grandemente scemata per
riconoscimento del vizio parziale di mente.
La decisione giudiziale è effetto delle risultanze di specifiche indagini neuroscientifiche tese ad accertare se la perizianda presentasse alleli
significativamente associati «ad un maggior rischio di comportamento impulsivo, aggressivo e violento». La metodica tecnico–giuridica
mediante la quale si è pervenuti al riconoscimento del vizio parziale
di mente, ex art.  c.p., è stato, nelle predette circostanze giudiziarie,
un fattore essenziale al fine della comminazione della sanzione de qua.
Nella sentenza deliberata dal Gip di Como, ben due consulenze tecniche
erano state escluse dal magistrato de quo: una perché del tutto deficitaria in esito ad un percorso logico argomentativo che appariva non così
pregnante ai fini di un’esclusione ovvero riduzione della responsabilità
penale dell’imputata, privilegiando la relazione tecnica proposta dei consulenti della difesa. Il giudicante ha riconosciuto valore di completezza
. Cfr. Tribunale Como, sentenza  maggio , Gup Lo Gatto, in Rivista italiana di
medicina legale, cit., sulla perizia psichiatrica “giusta, quale «parere tecnico che non fornisce
verità, ma solo conoscenza», svolgendo una «funzione di supporto alla decisione».
. C, Il riconoscimento del ruolo delle neuroscienze nel giudizio di imputabilità, cit.
. M, I nuovi orizzonti della prova (neuro)scientifica nel giudizio sull’imputabilità, cit.,
–.

Neuroscienze e giustizia penale
e serietà alla consulenza basata sull’anamnesi del caso, all’utilizzo dei test
neuropsicologici impiegati, nonché agli accertamenti tecnici in grado di
evidenziare un’anomala struttura dell’encefalo. Il giudicante ha decretato pieno valore di prova scientifica ai test biologici che hanno fatto
emergere la presenza di alcuni sfavorevoli alleli presenti nel patrimonio genetico dell’imputata . Le nuove metodiche tecnico–giuridiche
hanno dimostrato che la personalità dell’autore del reato deve essere
valutata considerando tre essenziali parametri: la biologia dell’encefalo
(da vagliare, in questo ambito, il peculiare aspetto genetico del soggetto), la personalità dell’autore e l’ambiente in cui il reo vive ovvero è
vissuto. Il tutto unitamente agli esami diagnostici, quali la RMF, volti
ad accertare mediante l’impiego di sofisticate tecniche topografiche
se la morfologia celebrale del soggetto sia effettivamente normale.
Nel caso di Como sono state impiegate, ancora una volta, tecniche di
neuroimaging cerebrale e studi di genetica molecolare per “provare”
come nella mente dell’omicida sia stato possibile attuare una precisa
correlazione tra anomalie di certe aree sensibili del cervello (cingolo anteriore, dovute ad un’anormale densità della sostanza grigia) e
comportamenti aggressivi unitamente alla presenza di tre alleli (particolari tipologie di geni) in grado di predisporre il soggetto a porre
in essere comportamenti antisociali, ovvero assolutamente aggressivi.
L’introduzione di tale metodiche in processo è stata attuata mediante
l’impiego degli articoli  e  c.p.p. . La sentenza in analisi, dunque,
apre le porte a riflessioni più ampie, centrate su una rilettura in chiave
scientifico–genetica della nozione di imputabilità . Così, se è vero
che la risposta penale trova necessaria applicazione ove il delitto risulti
. Cfr. Tribunale Como, sentenza  maggio , Gup Lo Gatto, cit., , passim. «Le
conclusioni cui sono giunti i consulenti tecnici della difesa sono il frutto dell’analisi e della
valutazione di tutti i sintomi del quadro clinico, ma altresì della ricostruzione del correlato
anatomo–funzionale della sfera psichica della paziente attraverso le indagini di imaging cerebrale
e di genetica molecolare».
. Cfr. Tribunale Como, sentenza  maggio , Gup Lo Gatto, cit., , passim. «In
particolare sono emerse alterazioni nella densità della sostanza grigia, in alcune zone chiare
del cervello, in particolare nel cingolo anteriore, area del cervello che ha la funzione di inibire il comportamento automatico e sostituirlo con altro comportamento e che è coinvolto
anche nei processi che regolano la menzogna, oltre che nei processi di suggestionalibilità e
nella regolazione delle azioni aggressive».
. Vedi ultra V, Neuroscienze e giustizia penale. Profili Processuali, cit.
. Cfr. M, I nuovi orizzonti della prova (neuro)scientifica nel giudizio sull’imputabilità,
cit., –.
. Imputabilità e neuroscienze

perpetrato dal reo che sia pienamente capace d’intendere e volere secondo i parametri codicistici e che abbia agito nell’esercizio del libero
arbitrio, allora il vaglio di tale capacità, da correlarsi alla nozione di
responsabilità penale, diverrà segmento basilare del processo penale .
Le neuroscienze possono coprire il vuoto lasciato dalla disgregazione del concetto univoco di malattia mentale al passaggio multiforme
delle patologie di insanità psichica, per divenire un rilevante strumento
di indagine della mens rea, da condursi anche alla stregua della biologia
dell’encefalo, radicata sullo studio dei geni indicati come potenziali
fattori scatenanti dell’aggressività umana, non necessariamente alterando la “linea riconoscibile” che lega le prove assunte in un tempo
presente con il fatto legato ad una frazione dinamica ormai decorsa.
.. Il diritto penale del malato di mente tra paradigmi costruttivi e de–costruttivi di imputabilità
Il legislatore italiano per diverse volte ha tentato di riscrivere la disciplina dell’imputabilità in merito alla indeterminatezza del concetto
di infermità . L’art.  del Progetto Pagliaro, inserito nella sezione
dedicata al reo, introduce il collegamento tra la capacità di intendere
e di volere del soggetto al momento della condotta, inserendo nel
novero delle infermità, le altre anomalie o altre cause che inficino lo
status mentale del soggetto agente, ampliando la categorie dirimenti
o attenuanti l’imputabilità .
L’estensione valutativa ha una svolta in senso restrittivo negli artt.
,  del Disegno di legge parlamentare Riz, dove è scritto che la
. Cfr. C. B, Scienza e processo penale: brevi appunti sulla valutazione della prova
scientifica, in Rivista italiana di medicina legale, ,  ss.; G, P, Dal caso
Reed ad Amanda Knox; ovvero quando il DNA non è abbastanza, cit., –.
. Cfr. con riferimento alla dottrina maggioritaria M B, Nuove idee in
tema di imputabilità, in V.G. G (a cura di), Trattato di medicina legale e scienze affini,
CEDAM, Padova, , vol. IV,  ss., in specie  ss. Viene valorizzata in tal senso la
pars costruens con analisi del Disegno di legge n. , presentato alla Presidenza del Senato
il  settembre , in cui per la prima volta veniva richiesta formalmente l’abrogazione
dell’art.  c.p.
. Cfr. per tutti M, Tutela penale del sofferente psichico, cit., nel paragrafo Il modello
“aperto” della categoria delle cause dirimenti od attenuanti nei Progetti di riforma del codice penale,
 –. In tema anche P, M, Psichiatria e giustizia, cit.,  ss.

Neuroscienze e giustizia penale
dichiarazione di non imputabilità del soggetto consegue in caso di
“gravissime anomalie psichiche”, tali da escludere la capacità di intendere e di volere per ciò che concerne il vizio totale di mente, mentre
è rimessa all’accertamento delle anomalie gravi tali da scemare grandemente la capacità di intendere e volere per ciò che concerne il vizio
parziale .
Il rifiuto della tassatività delle cause di esclusione od attenuazione
della capacità penale è ribadito agli art.  e ss. del Progetto Grosso,
dove compare la locuzione “ altra grave anomalia”, riferibile non solo
alle nevrosi, ma anche ad altri disturbi psicopatologici, quali l’ansia, il
mancato controllo degli impulsi, per effetto di un “flessibile adeguamento dettato dal mutare delle conoscenze scientifiche”. Il Progetto
Nordio si discosta dal paradigma aperto delle esimenti effetto della
scienza e dei suoi progressi in campo psichiatrico e/o psicoterapeutico, per limitare agli artt. ,  l’esclusione della capacità di intendere
e volere solo alle infermità .
Ora con la crisi dell’imputabilità a suo tempo segnalata è seguita
la crisi del patto tra psichiatria e giustizia anche e soprattutto nelle
ipotesi di accertamento che il perito ha il compito di verificare legate
alla verifica della malattia mentale; e/o dei disturbi psicopatologici e/o
della loro gravità; e/o della loro persistenza al momento della perizia;
e/o della loro interferenza/incidenza con la capacità di intendere e di
volere del soggetto che ha posto in essere la condotta delittuosa .
Le neuroscienze potrebbero in un futuro molto prossimo, con gli
apporti strumentali del caso, scindere il momento processuale della
perizia in una doppia dimensione: la prima scientifica pura, dove si
accerterà se il soggetto sia “malato di mente” o meno , con illustra. M, Tutela penale del sofferente psichico, cit., . In tema anche M,
L’imputabilità nel disegno di legge n.  (Libro primo del codice penale), in Rassegna italiana di
Criminologia, ,  ss.
. M, Tutela penale del sofferente psichico, cit., .
. M B, Nuove idee in tema di imputabilità, cit., –, con riferimento
alla dottrina psichiatrica e penalistica maggioritaria, in tema di perizia.
. Cfr. M B, Colpevoli si nasce?, cit.,  ss., nel paragrafo Le neuroimmagini nei Tribunali italiani, in cui la criminologa, dopo aver presentato casi eclatanti e le relative
valutazioni dei giudici, conclude, asserendo che «L’imaging cerebrale rende l’elaborato più
certo, più oggettivo, più convincente, facendo tesoro delle condivise acquisizioni in tema di
morfologia cerebrale e di assetto genetico, alla ricerca di possibili correlazioni tra le anomalie di certe aree sensibili del cervello e il rischio, per esempio, di sviluppare comportamenti
. Imputabilità e neuroscienze

zione al giudice di natura, dinamiche e caratteristiche del disturbo
considerato; la seconda processuale pura, effettuata dal giudice, che
dovrà “decidere” se il reato sia o meno proiezione sintomatica di una
causa di esclusione o limitazione della capacità penale del soggetto .
aggressivi o di discontrollo dell’impulsività, oppure tra la presenza di determinati alleli di
geni e il rischio di maggiore vulnerabilità allo sviluppo di comportamenti socialmente
inaccettabili». (–, passim).
. Vedi V, Neuroscienze e giustizia penale. Profili processuali, cit.
Capitolo IV
Minori e neuroscienze
: .. Imputabilità e minori,  – .. Glances dottrinali e giurisprudenziali sulle ipotesi di im/maturità minorile,  – .. Il concetto di infermità
applicato ai minori,  – .. Giudizio di maturità e neuroscienze per
una valutazione della capacità di intendere e volere degli imputati minorenni,  – .. Tecniche neuroscientifiche e minori. Recenti sviluppi, 
– .. Psicofarmaci e neuroenhancement, .
.. Imputabilità e minori
Al pari di malati di mente più o meno gravi, intossicati da alcol e da
sostanze stupefacenti, l’imputabilità per i minori costituisce ulteriore
ipotesi di costruzione giuridica sia in ordine ai presupposti, sia in
ordine agli effetti che essa scaturisce.
Presupposto oggettivo essenziale è dato dalla fondata considerazione che il minore non ha ancora raggiunto un grado di sviluppo fisico
e psichico tale da poter comprendere il valore etico–sociale, talvolta
anche il significato, delle proprie azioni, al fine di distinguere “bene” e
“male” penalmente intesi. Qui la scissione tra diritto e scienze è netta:
qual è il limite di età a partire dal quale si può ritenere il soggetto under
age capace di intendere e di volere? Tale limite è vincolato al reale
raggiungimento della maturità psico–intellettiva del minorenne?
Per il diritto connaturate esigenze di certezza, uguaglianza e legalità
impongono l’adozione di un criterio cronologico, il quale, sulla base
dei dati offerti dall’esperienza, deve essere altamente presuntivo della
raggiunta maturità. Per le scienze psicologiche, l’età della maturazione
psichica varia da persona a persona, e, dunque, l’accertamento della
stessa, finalizzato ad una sorta di equilibrio mentale e comportamentale, andrebbe verificato caso per caso. Per le neuroscienze il “cut–off
stabilito per l’età minima del’imputabilità” dovrebbe essere agganciato


Neuroscienze e giustizia penale
ai risultati della ricerca scientifica . L’art.  c.p. è stato elaborato dal
legislatore del  come fictio iuris, indicando un’espressa presunzione assoluta di non imputabilità, elusiva dell’effettivo riscontro della
capacità di intendere e di volere. Il giudizio di immaturità è l’unica
causa di esclusione dell’imputabilità, apparentemente costruita non in
relazione al concetto di capacità di intendere e di volere, bensì sulla
base di un dato tecnico, quale l’età anagrafica. Il legislatore ha escluso
l’imputabilità del minore di quattordici anni proprio perché, sulla base
dell’id quod plerumque accidit, è necessario valutare concretamente la
capacità dell’autore di reato minorenne di rendersi conto del disvalore penale relativo alla condotta criminosa posta in essere e della sua
effettiva capacità di autodeterminazione .
Si presume, pertanto, in una sorta di sovrapposizione dei piani
giuridico, psicologico, criminologico per una “lettura integrata dei
fattori”, che la formazione del carattere e della personalità non si sia
ancora realizzata . E, dal momento che la personalità del minore di
quattordici anni è ancora in fieri, si cerca di non impedirne il regolare
sviluppo prevedendo, appunto, la non sottoposizione a giudizio e, di
conseguenza, la non applicazione della sanzione penale. La discrezionalità del giudice in questo settore è fortemente condizionata dalla
concezione “paternalistica/assistenziale” del diritto penale minorile.
Nel caso dibattuto all’art.  c.p. ciò è maggiormente evidente. Il
minore che ha più di quattordici anni, ma non ha ancora compiuto
diciotto anni, infatti, è imputabile solo se, al momento in cui ha commesso il fatto, aveva la capacità di intendere e di volere . Nei confronti
degli infradiciottenni, pertanto, non opera alcuna presunzione né di
. Cfr. G, Z, La neuropsicologia criminale e dell’imputabilità minorile, cit., 
ss.
. Cfr. per tutti M. M, L’imputabilità del minorenne: problemi e prospettive, in G.
G (a cura di), Per uno Statuto europeo dell’imputato minorenne, Giuffrè, Milano, , 
ss. Vedi in giurisprudenza, Cass. pen., sez. I, sentenza  febbraio , n.  in Altalex
Massimario.
. Cfr. C, Il concetto di maturità del minore. Alcune proposte per una sua valutazione
dal punto di vista dello scienziato dell’uomo, in Minori Giustizia, , n. ,  ss., in specie
.
. Vedi in tema E. P F, A. P (a cura di), Diritto e procedura penale
minorile, Trattato di giustizia penale minorile, Giuffrè, Milano, , vol. V; D N, G.
G, Diritto e procedura penale minorile. Profili giuridici, psicologici, sociali, Giuffrè, Milano,
, ª ed.
. Minori e neuroscienze

capacità, né di incapacità, dovendo il giudice accertare se il soggetto
era imputabile o meno caso per caso. L’assenza di presunzione di
imputabilità comporta l’accertamento processuale dell’effettiva acquisizione della capacità di intendere e di volere per specifica scelta del
legislatore. Anche in tale situazione, alla base di questa scelta vi è la
consapevolezza che fra i quattordici e i diciotto anni vi può essere
la capacità di intendere e di volere necessaria per essere considerati
penalmente responsabili delle proprie azioni, come vi può non essere,
indipendentemente da patologie giuridicamente rilevanti, poiché si
tratta di una fascia di età in cui i soggetti raggiungono la maturità
richiesta ai fini penali in momenti diversi, a causa delle multiformi
varietà ambientali in cui si svolge tale processo di maturazione .
.. Glances dottrinali e giurisprudenziali sulle ipotesi di im/maturità
minorile
La locuzione «capacità di intendere e di volere» di cui all’art.  c.p. ha
un’accezione diversa rispetto a quella esaminata ex art.  c.p., come
rapporto da genus a species. Bisogna, quindi, conferire alla capacità di
intendere e di volere del minore infradiciottenne una propria sfera di
operatività, in considerazione della peculiarità dell’età minorile, diversa e aggiuntiva rispetto a quella “originaria” dell’adulto. La capacità
di cui all’art.  c.p. si distingue, infatti, anche dalla malattia mentale
e dalle altre ipotesi di incapacità, quali il sordomutismo e la cronica
intossicazione da alcool o stupefacenti. Essa viene solitamente individuata nel concetto di “maturità”. Si tratta di un concetto controverso.
Il termine “immaturità” non risulta contenuto in nessuna disposizione
. Cfr., per i molteplici riferimenti, G. M, voce Imputabilità, in Digesto delle Discipline penalistiche, UTET, Torino, , vol. VI,  ss.; B, sub artt. –, in G.
M, E. D ( a cura di), Codice penale commentato, Giuffrè, Milano, , ª ed.,
 ss.; V. M, sub artt. , , in R, A, Codice penale ipertestuale,
UTET, Torino, ,  ss.; R (a cura di), Commentario sistematico del codice penale,
sub art. , vol. II, cit.,  ss.; G. P, Il minore reo, in A. P (a cura di), La giustizia penale minorile: formazione, devianza, diritto e processo, Giuffrè, Milano, ,  ss.; S.
L, Il diritto penale dei minori. Evoluzione e rischi di involuzione, CEDAM, Padova, ;
P F, voce Minori (responsabilità penale dei), in S. C (a cura di), Dizionario
di diritto pubblico, Giuffrè, Milano, ,  ss.

Neuroscienze e giustizia penale
legislativa, in quanto frutto della elaborazione giurisprudenziale . La
giurisprudenza della Corte di Cassazione interpreta il concetto in
questione, proponendo vari parametri, diversamente definiti: armonico sviluppo della personalità, sviluppo intellettivo adeguato all’età,
capacità di valutare adeguatamente i motivi degli stimoli a delinquere,
comprensione del valore morale della propria condotta, capacità di
capire le conseguenze dannose del proprio operato per sé e per gli
altri, forza del carattere, comprensione dell’importanza di certi valori
etici, dominio acquisito su se stessi, unità funzionale delle facoltà psichiche, attitudine a distinguere il bene dal male l’onesto dal disonesto
il lecito dall’illecito, loro normale sviluppo rispetto all’età, capacità
di percepire criticamente il contenuto etico di un atto e di correlarlo
al contesto dei rapporti e interessi socialmente protetti, capacità di
elaborare i comportamenti umani a livello della coscienza, capacità di
volere i propri atti come risultato di una scelta consapevole, attitudine
a far entrare nel proprio patrimonio di cognizioni e di esperienze il
concetto della violazione, assimilazione delle regole morali e sociali in
base ad un’autentica convinzione e non per un processo di imitazione
formale .
Per quanto riguarda l’elaborazione dottrinale del concetto di maturità, merita approfondimento il contributo offertoci dalla letteratura
psicopedagogica. Nella negazione del binomio immaturità/malattia
di mente, il minore può essere immaturo, ma perfettamente sano di
mente. Come evidenziato nel capitolo precedente fino a non molto
tempo fa l’unico parametro che veniva accettato per valutare la capacità di intendere e di volere era quello medico: La facoltà intellettiva
veniva distinta da quella volitiva ed entrambe venivano esaminate per
valutare una loro possibile compromissione a causa di una malattia
di ordine fisiologico o psichiatrico, arrivando così ad avere un quadro clinico del soggetto. Questi orientamenti restrittivi hanno tentato
di ancorare il giudizio di immaturità a criteri biologici ed organici,
. Cfr. M. B, L. P, L’imputabilità, in P F, P (a cura di),
Diritto e procedura penale minorile, cit.,  ss.; P. V, L’imputabilità e la maturità del
minore, in F, S. G, P. M (a cura di), Difendere, valutare e giudicare il minore.
Il processo penale minorile, Giuffrè, Milano, ,  ss.; P, P. G F, voce
Immaturità, in Digesto delle discipline penalistiche, UTET, Torino, , vol. VI, .
. Cfr. tra le più recenti Cass., Sez. IV, Sent. n. ,  aprile– maggio ; Cass.
Sez. V, Sent., n. ,  gennaio– maggio .
. Minori e neuroscienze

come le carenze o i ritardi dello sviluppo intellettivo, l’immaturità
psicomotoria ed altri, per cui il ragazzo è incapace se, dalla perizia
psichiatrica e da esami clinici diversi, come l’elettroencefalogramma,
risulta essere mitomane isterico, epilettoide, cerebropatico, paranoide, schizoide, esaminando esclusivamente le sue condizioni mentali,
senza alcuna considerazione per la sua storia e per le modalità del suo
reato. Un paradigma di questo tipo offre indiscutibilmente il vantaggio che la scienza medica e psichiatrica possono accertare eventuali
alterazioni della funzione conoscitiva e intellettiva del soggetto con
una certa sicurezza. L’art.  c.p., tuttavia, menziona la tipologia di
ragazzo clinicamente “normale”, che deve essere considerato ai fini
dell’imputabilità.
E sulla base di tale asserzione normativa, col tempo, sono stati
sempre più utilizzati i contributi della psicologia dell’età evolutiva
per l’analisi delle dinamiche adolescenziali. Il ricorso a paradigmi psicologici ha permesso di prendere in considerazione situazioni più
sfumate, caratteristiche peculiari dell’individuo in via di sviluppo, come il problema del’aggressività distruttiva . Le diverse interpretazioni
dell’aggressività, intesa come marcato malfunzionamento di alcuni
sistemi neurobiologici o genetici, o come istinto cui soggiace una
forza biologica da scaricare in qualche modo, interagenti con i fattori
ambientali e comportamentali , spiegano le ipotesi tipo in cui l’adolescente “scarica” le pulsioni di aggressività, ostilità, sopraffazione,
sul contesto sociale ed ambientale, commettendo reati, senza badare
alle regole esistenti e ai diritti degli altri. I minori sono considerati
“irresponsabili” nei confronti delle convenzioni sociali e delle norme
penali; moralmente e giuridicamente “disimpegnati” rispetto le regole
etiche e le leggi . Tutte le indicate situazioni comportano una devianza legata alla fase pre e adolescenziale dei minori, comune alla stessa
fascia d’età. Questi casi di “immaturità non inferma” sono sostenute
. A, D N, Responsabilità penale e complessità. Il diritto penale di fronte alle altre
scienze sociali. Colpevolezza, imputabilità, pericolosità sociale, cit.,  ss.
. A, D N, op. loc. cit., –, con riferimenti in nota alle opere di L,
F, B, F, B.
. Sulle varie teorie a spiegazione del fenomeno, da quelle struttural–funzionaliste,
relative alle sub–culture, ai “contenitori”, al conflitto, al labelling, all’approccio economico–
razionale, all’azione comunicativa, cfr. per tutti A, Criminologia e sistema penale, CEDAM,
Padova, , ª ed.

Neuroscienze e giustizia penale
da forme di autogiustificazione poste in essere dai minori, autori di
fattispecie criminose, come “negazione della propria responsabilità”;
“minimizzazione del danno provocato”; “negazione della vittima”;
“condanna di chi condanna l’azione criminosa”; “ giustificazione etica”; “attribuzione di colpa ad altri”; “etichettamento eufemistico”;
“diffusione della responsabilità” . Altro fattore caratterizzante l’immaturità è la specifica percezione della “rilevanza causale” o di agency, che
può essere “deterministica” (o sequenziale), per cui ad una certa causa
segue un certo effetto, o “non–deterministica” (fortuita), per cui non
è possibile attribuire effetto ad una causa . In tali scenari di diversa
responsabilità la percezione dell’ im/maturità minorile conferisce una
più complessa lettura del sistema imputabilità penale ex art.  c.p.
.. Il concetto di infermità applicato ai minori
Il rapporto tra maturità e infermità mentale in campo minorile presenta ulteriori specificazioni . Nel caso in cui l’infermità psichica, lieve
o grave che sia, riguardi i minori di anni , prevale la presunzione
assoluta di non imputabilità legata alla minore età. Il dato anagrafico
supera il vizio di mente nel giudizio di imputabilità . La questione
acquista altre sfumature nei casi di minori infradiciottenni .
Nell’ipotesi in cui il minore sia totalmente infermo di mente, il
problema che si pone è se si debba prosciogliere ex art.  o ex art. 
. Vedi sul punto D. M, Come si diventa devianti, Il Mulino, Bologna, ; V.G.
C, Tempi moderni, Giunti, Firenze, .
. A. B, Social Cognitive Theory. An Agentic Perspective, in Annual Review of
Psychology, , vol. ,  ss.
. L. D M, Artt. ,  c.p., in G. L E. L, Codice penale. Rassegna di
giurisprudenza e di dottrina, Il reo e la persona offesa dal reato, Giuffrè, Milano, , vol. IV, 
ss., in specie con riferimento alla giurisprudenza del caso  ss.
. Proc. Rep. Trib. minorenni L’Aquila, //, Morelli e altri, in Giurisprudenza di
Merito, , , nota. Qualora nel corso delle indagini preliminari risulti che l’indagato
è minore degli anni quattordici, e quindi non imputabile ex art.  c.p., il g.i.p. minorile
deve disporre l’archiviazione degli atti per l’impossibilità di una valida costituzione del
rapporto processuale, e non pronunciare sentenza di non luogo a procedere, data l’inapplicabilità, in tal caso, dell’art.  delle nuove disposizioni sul processo minorile, non potendo
l’infraquattordicenne assumere formalmente la qualità di imputato.
. Cfr. per tutti B, Trattato di diritto penale, Il reo e la persona offesa. Il diritto
penale minorile, Giuffrè, Milano, vol. III, .
. Minori e neuroscienze

c.p.. Si tratta, in realtà, di un problema puramente teorico, in quanto
entrambe queste cause escludono l’imputabilità.
Se dovessimo limitare ex littera legis il campo di applicazione dell’art.  c.p. ai soli casi di incapacità da immaturità, al minore affetto
da vizio totale di mente, come conseguenza logica, dovrebbe applicarsi la disciplina ex art.  c.p. per rendere attuativa la sentenza di
non procedibilità . Il giudizio sull’esistenza o meno di una infermità
di mente totale offre maggiori garanzie di certezze rispetto ad un
giudizio sulla maturità. Alcune pronunce giurisprudenziali includono
nel concetto di capacità di intendere e di volere, ai sensi dell’art. 
c.p., l’assenza di malattie . E ci sono poi sentenze in base alle quali
deve essere ravvisata l’immaturità «non solo quando per un ritardato
sviluppo individuale in un minorenne atto a raggiungere il normale
sviluppo, non si abbia in concreto la capacità di intendere e di volere,
che è invece comune nelle persone della stessa età, ma anche quando
si tratta di deficiente organico o di altro infermo di mente» . Queste
conclusioni a cui giunge la Corte di Cassazione non rappresentano
l’esegesi del combinato rapporto ex artt. ,  c.p., quanto il risultato
di un’interpretazione del concetto di maturità fatta alla luce del solo e
riduttivo paradigma medico–biologico . Il superamento dei vincoli
restrittivi legati alle tipologie riconosciute è stato già esaminato per
ciò che concerne il concetto di malattia .
Da ultimo la Cassazione auspica l’applicazione di un giudizio nel
merito dello stato del minore , con riferimento ai parametri ormai
diffusi di accertamento sociologico e psicologico, al fine di stabilire se
l’indagine sulla maturità del minore attenga all’assenza di turbe psichiche ed alla verifica di una personalità clinicamente sana o se le manifestazioni della personalità del soggetto possono accedere alle ipotesi
riconosciute e socialmente condivise di sofferenza psicologica .
. B, Trattato di diritto penale, Il reo e la persona offesa, cit., .
. Di recente Cass. pen., sez. II,  febbraio , ordinanza, in www.altalex.com.
. Cfr. Cass. pen.,  dicembre , in Rivista penale, ,  ss.
. Cfr. P F, L’imputabilità del minore, in R (a cura di), Commentario al
Codice penale, Persone e sanzioni, cit.,vol. III,  ss., in specie .
. Vedi supra il capitolo I.
. Cass. pen., sez. V, .., sentenza n. .
. Per un commento in tema P F, L’imputabilità del minore, cit.,  ss. con
riferimento al Caso Chiavenna.

Neuroscienze e giustizia penale
.. Giudizio di maturità e neuroscienze per una valutazione della capacità di intendere e volere degli imputati minorenni
Le dinamiche evolutive, quali orientamenti indicati dalle scienze psicologiche, per aiutare il giudice (e lo studioso) ad individuare e comprendere se un soggetto di età inferiore ai  anni sia maturo, ergo
capace di intendere e di volere, sono allo stato disancorate da parametri
puramente biologici o medici.
Si vuole in questa sede riflettere sull’introduzione in tale ambito
di metodologie diversificate in maniera tale che i risultati della ricerca
scientifica, fondati su dati empirici, possano fornire letture alternative
alla maturità dei minorenni ex art. ,  c.p.
Gli scienziati sostengono che lo sviluppo del cervello avvenga tra i
 e i  anni. Il lasso temporale rispetto ai dettami giuridici della maggiore età risulta, pertanto, di difficile coordinamento logico–temporale.
Premessa la scelta dell’età dell’imputabilità come rispondente ad una
convenzione culturalmente accettata e geograficamente definita, legata al contesto storico–politico di appartenenza, i dati statistici evidenziano come i comportamenti antisociali, delinquenziali, trasgressivi,
criminali in senso lato, si manifestano principalmente nella fase preadolescenziale, ovvero nell’arco di età compresa tra i  e i  anni,
rientrando nelle fasce protette sia dalla presunzione iuris et de iure di
inimputabilità, sia dall’accertamento rimesso alla discrezionalità del
giudice.
La ratio della ricerca neuroscientifica è rivolta a comprendere e a
dimostrare se in questa soglia d’età i soggetti coinvolti in attività criminose siano in grado o meno di controllare il proprio comportamento.
La maturità si rileva, dunque, quale manifestazione di scelte consapevoli di evitare il rischio, di prevedere le conseguenze dell’azione, di
moderare i propri impulsi.
Il codice penale sancisce, come scelta di politica criminale, che i
minori di anni  siano non imputabili, non in grado, cioè, di operare
quelle scelte consapevoli e di evitare le conseguenze derivanti; come
scelta culturale legata al contesto sociale in cui si innesta, dispone
che fino ai  anni possano essere imputabili o non imputabili, previo accertamento della loro maturità di intendere e di volere. Nelle
scienze esatte il limite cronologico–culturale, dettato dalla “giustizia
geografica” scompare e la valutazione della maturità minorile è ri-
. Minori e neuroscienze

messa all’analisi dello sviluppo neuropsicologico su base oggettiva
mediante l’utilizzo della RMF .
Il cervello del minorenne viene studiato come mappa delle cellule nervose, capaci di generare connessioni tra le parti, trasmettere
le informazioni, attraverso impulsi elettrici, che governano le azioni sia esse volontarie, che involontarie. Esso si compone di materia
grigia e bianca, soggette nel corso degli anni a processi di crescita
e di decrescita (arborization and pruning). La materia grigia cresce
durante l’infanzia, definisce la propria organizzazione intorno ai 
anni e poi comincia a disfarsi dei neuroni non utilizzati. In questa
progressione maturano prima i controlli sensoriali e le capacità motorie, acquisendo funzionalità ed efficienza. Da ultimo, a partire dai 
anni, arriva lo sviluppo della corteccia prefrontale, sede del giudizio e
dell’autocontrollo.
Durante l’infanzia, l’adolescenza, la prima giovinezza (range compreso tra i  e  anni), si assiste, tramite brainimaging o mappatura
della distribuzione spaziale del cervello, ad una stretta correlazione
negativa tra crescita cerebrale e riduzione della sostanza grigia corticale, soprattutto nei lobi frontali e parietali. Nelle predette fasce
d’età si verificano “eventi cellulari regressivi” e “progressivi” . I cambiamenti morfologici di synaptic pruning e myelination hanno sicuro
impatto a livello comportamentale. Negli individui con istinti omicida
e nei soggetti con istinti predatori si riscontra un ridotto metabolismo
prefrontale e anormalità funzionali cerebrali .
Attraverso la lettura delle immagini della risonanza magnetica
del cervello dei minori e di quello degli adulti emerge una evidente
differenza nella struttura delle funzioni esecutive e nel loro perfezionamento. L’area del lobo frontale, infatti, non risulta adeguatamente
sviluppata negli adolescenti delinquenti o dai comportamenti devianti.
I percorsi di crescita e di sviluppo del cervello sono influenzati durante
la giovinezza dal sistema limbico e dall’amidgala, zone associate ai
. Vedi a riguardo gli studi di J.N. G, Structural Magnetic Resonance Imaging of the
Adolescent Brain, in Annals of the New York Academy of Sciences, , vol. ,  ss.
. G, Z, La neuropsicologia criminale e dell’imputabilità minorile, cit., –,
con riferimenti ai lavori di F, S, H, D C, A.
. Cfr. G, I volti del’aggressività e dell’aggressione: predatori strumentali ed affettivi,
in G. M B (a cura di), L’omicidio e la sua investigazione, Giuffré, Milano,
,  ss.

Neuroscienze e giustizia penale
tassi di aggressività ed impulsività . Mentre, infatti, tale area della
corteccia prefrontale “interviene” nel mondo degli adulti sul controllo
e sulla determinazione delle emozioni, negli adolescenti essa non interagisce in maniera convincente con la modulazione della sfera delle
pulsioni e dei sentimenti, ragion per cui i minorenni si comportano
in maniera instabile .
I minorenni, dunque, in base alla ricerca empirica, non sono neuropsicologicamente e neurofisiologicamente in grado di utilizzare
le proprie funzioni cognitive, di pianificazione e controllo, perché
l’area cerebrale del caso non è ancora giunta ad un livello di mielinazione adeguato, e di controllare le proprie emozioni in un rapporto
di «bidirezionalità interattiva tra cervello ed emozioni» . I minori,
così come gli adulti, con accertati danni a livello frontale manifestano
comportamenti caratterizzati da un deterioramento ed indebolimento
della capacità decisionale, con conseguente produzione di condotte
distruttive ed antisociali .
Di qui la necessità da tempo individuata di sostituire il “concetto
astratto ed ambiguo” di maturità minorile per un costrutto dalla
. Vedi supra capitolo I.
. Cfr. D C N, Esame e controesame nel processo penale. Diritto e psicologia, CEDAM, Padova, , ª ed., nel capitolo Il nuovo sapere (una micro riflessione su diritto,
psicologia giuridica e sapere scientifico.),  ss., valorizza l’approccio della giurisprudenza
americana alle neuroscienze soprattutto per evitare la comminazione della pena capitale ad
imputati minorenni. Riportando un articolo dell’American Bar Asssociation Juvenile Justice
Center del gennaio  (–, passim), l’autrice sottolinea come le scoperte neuroscientifiche inducano a rivedere il problema della devianza giovanile. «Le competenze del lobo
frontale responsabili del comportamento concernono anche molti aspetti dell’imputabilità
specie per il coinvolgimento di quelle regioni del cervello che controllano l’aggressività
e gli impulsi. Se i substrati neuronali che stanno alla base di questi comportamenti raggiungono la maturazione solo nel passaggio all’età adulta, non è ragionevole attendersi
che i comportamenti dell’adolescente riflettano processi di pensiero maturi. Il cervello non
cessa di maturare fino ai  anni. E le zone che governano l’impulsività, il giudizio e la
pianificazione del futuro, le conseguenze delle previsioni, sulle quali riposa la responsabilità
sono le ultime».
. Cfr. R. E, The Myth of Teen Brain, , in www. sciammind.com
. G, Z, La neuropsicologia criminale e dell’imputabilità minorile, cit., , con
riferimenti agli studi di Anderson e altri, secondo cui i pazienti con danno precoce manifestavano inadeguatezza sociale in tutto il corso della vita; le difficoltà comportamentali
risultavano più severe e gravi; erano incapaci di trasferire alle situazioni concrete conoscenze ed informazioni adeguate; le disfunzioni a livello comportamentale erano causate dal
danno cerebrale, indipendentemente da fattori psicologici e sociali.
. Cfr. G, Come difendere un minore dal punto di vista psicologico, in F, S.
. Minori e neuroscienze

maggiore valenza pragmatica ed operativa come quello di “intelligenza sociale”, ovvero «quel complesso di skills cognitivi, emozionali,
relazionali e comportamentali, che la persona utilizza o potrebbe utilizzare per organizzare ed interpretare gli eventi, pianificare e modificare
la propria vita», per risolvere problemi di carattere personale e altro al
fine di operare una “meta–valutazione” del minore, autore del reato,
tenendo conto dell’analisi integrata (psicologica, neuropsicologica,
comportamentale, relazionale, sociale) in prospettiva del disvalore
giuridico del caso .
.. Tecniche neuroscientifiche e minori. Recenti sviluppi
La ricerca nel campo del neuroimaging ha anche fornito intuizioni
relative allo sviluppo del cervello dei minori. Studi effettuati tramite la
fMRI hanno associato il periodo dell’adolescenza a una maggiore attività dei sistemi di ricompensa immediata, rispetto allo sviluppo delle
funzioni della corteccia prefrontale, quali la capacità di giudizio e il controllo degli impulsi, che maturano successivamente. Questa differenza
aiuta a spiegare negli adolescenti la prevalenza di comportamenti
impulsivi, guidati dalla ricompensa immediata .
Un’altra applicazione potenzialmente importante del neuroimaging
è quella di determinare il miglior trattamento per soggetti affetti da
disturbi mentali . Alcuni bambini affetti dal deficit dell’attenzione e
iperattività, infatti, non rispondono ai farmaci stimolanti, che i medici generalmente prescrivono per questo disturbo. Pur in assenza
di dimostrazioni scientifiche, degne di attendibilità, l’uso delle tecniche di neuroimaging è stato introdotto ed utilizzato per ottimizzare il
trattamento dei disturbi psichiatrici nei bambini. Amen ha eseguito
scansioni di tomografia computerizzata a emissione di singolo fotone
(SPECT), che prevedono l’iniezione di una limitata quantità di tracG, P. M (a cura di), Difendere, valutare e giudicare il minore. Il processo penale
minorile, cit.,  ss.
. G, Z, La neuropsicologia criminale e dell’imputabilità minorile, cit.,  ss.
. Cfr. G, Z, La neuropsicologia criminale e dell’imputabilità minorile, in
B, G, S, Manuale di neuroscienze forensi, cit.,  ss., in specie  ss.
. Cfr. P, Neuroimaging: Separating the Promise from the Pipe Dreams, cit., in
http://www.dana.org.

Neuroscienze e giustizia penale
ciante radioattivo su individui con uno o più di un ampio ventaglio di
disturbi, promettendo un “trattamento su misura del cervello” dello
specifico paziente. Relativamente a uno di questi disturbi, Amen ha
dichiarato che bambini con deficit dell’attenzione e iperattività (siglata,
dall’inglese ADHD), che hanno un pattern di attività cerebrale “ad
anello di fuoco”, rispondono meglio ai farmaci anticonvulsivanti e agli
antipsicotici, rispetto agli stimolanti. La ricerca di Amen, comunque,
riporta una accuratezza inferiore all’% nella previsione dei risultati
del corretto trattamento. E questo numero è probabilmente sovrastimato, dal momento che lo studio in questione — che ha coinvolto
complessivamente  bambini — ha escluso  pazienti, che non
mostravano attivazione in una particolare regione del cervello . Vista
la scarsa evidenza, sembra improbabile che i benefici potenziali sui risultati del trattamento giustifichino l’esposizione dei bambini alle seppur
limitate quantità di radiazione dovute all’uso di scansioni SPECT. Non a
caso l’American Psychiatric Association ne ha escluso l’attendibilità.
Un campo applicativo di rilevante interesse è quello relativo alla testimonianza dei minori, la cui memoria è soggetta a «gravi rischi di
inquinamento». In uno studio effettuato da scienziati del MIT e della Washington University a San Luis, è stata osservata la formazione nel cervello
della materia bianca da una certa età in poi. Quest’area del cervello è
considerata il canale di collegamento dei ricordi. Attraverso la tecnica
della fRMI alcuni gruppi di studenti di varia età sono stati sottoposti a
compiti differenziati come associare o dividere lettere, associare suoni
già riprodotti. I risultati sono stati riportati in due diagrammi distinti: uno
di adolescenti che attivavano i network “il cingulo opercolare” e il “fronto–
parietale”, a seconda della maggiore o minore capacità nella velocità di
scambio degli impulsi conoscitivi e nella capacità di collegamento e di
coordinamento tra i vari settori del cervello, investiti nella rievocazione
ed elaborazione dei ricordi.
. D.G. A, C. H, J. P, Predicting Positive and Negative Treatment Responses to
Stimulants with Brain SPECT Imaging, in Journal of Psychoactive Drugs, vol. , n. ,  ss.
. Cfr. Council on Children, Adolescents, and Their Families, Brain Imaging and Child and
Adolescent Psychiatry with Special Emphasis on Single Photon Emission Computed Tomography
(SPECT) (Arlington, VA, The American Psychiatric Association, ).
. I, Le neuroscienze ed il paradigma della nuova prova scientifica, in Manuale delle
neuroscienze forensi, cit, –, con dettagliato riferimento agli studi indicati.
. Minori e neuroscienze

.. Psicofarmaci e neuroenhancement
Il percorso neuroscientifico passa anche attraverso alcuni complessi
neurotrasmettitoriali e relative funzioni connesse, che si manifestano nell’uso di sostanze farmacologiche in grado di incrementare
performances mentali .
I cognitive enhancers sono utilizzati per la cura delle malattie neurodegenerative legate soprattutto all’età avanzata. Nel contempo l’utilizzo
di tali farmaci è stato testato su soggetti di fatto sani per migliorare le
potenzialità intellettive, lavorative degli stessi per effetto delle spinte
competitive della società globalizzata, dei ritmi serrati del contesto
sociale in cui vive la maggior parte degli abitanti del pianeta.
In una sorta di temibile simbiosi tra case farmaceutiche e ricerca
neuroscientifica sono state introdotte nei mercati mondiali sostanze
definite ottimisticamente smart drugs, o da un punto di vista chimico
nootropi, ovvero «composti di origine sia naturale che sintetica non
proibiti dalle leggi vigenti sugli stupefacenti, che possono contenere
principi attivi con presunte o accertate proprietà psicoattive» . Con
specifico riferimento alla condizione del minore il potenziamento
cognitivo è legato ad una sostanza chimica, il metilfenidato , leggi
. S. R, Il Cervello del ventunesimo secolo. Spiegare, curare e manipolare la mente, trad. it.,
Codice Edizioni, Torino, ; C. N, M. B, Neuroenhancement: status quo
and perspectives, in European Archives of Psychiatry and Clinical Neuroscience, , vol.  (),
 ss. D. F, Our Post–Human Future: Consequences of the Biotechnology Revolution,
Profile Books, London , trad. it. L’uomo oltre l’uomo. Le conseguenze della rivoluzione
biotecnologica, Mondadori, Milano ; N. R, Becoming Neurochemical Selves, in N. S
(eds.), Biotechnology between Commerce and Civil Society, Transaction Press, New Brunswick
, –; Rapporto al Council on Bioethics presso la Presidenza degli Stati Uniti, Beyond
Therapy: Biotechnology and the Pursuit of Happiness, Dana Press, New York, ; C. Z,
Soul Made Flesh: The Discovery of the Brain — and How it Changed the World, Heinemann,
London ; Better Brains, Scientific American, settembre ; S. G, Tomorrow’s
People: How st Century Technology Is Changing the Way We Think and Feel, Allan Lane,
London , trad. it. Gente di domani. Come la tecnologia del ventunesimo secolo sta cambiando
il nostro modo di pensare e di sentire, Newton Compton, Roma .
. Cfr. E, Doping mentale e concetto di salute: una possibile regolamentazione legislativa?, inedita, , con riferimento al testo sulle Smart Drugs, redatto dal Dipartimento del
farmaco–Istituto Superiore di Sanità, Roma, , ª ed..
. Il metilfenidato è la molecola base di diversi principi psicoattivi (psicofarmaci) per
l’infanzia. È una meta–anfetamina (derivato anfetamino–simile, ovvero prodotto similare
alle anfetamine illegali), somministrata in quantità negli Stati Uniti, ma da alcuni anni
anche in Europa ed in Italia, per “tranquillizzare” bambini ed adolescenti troppo attivi

Neuroscienze e giustizia penale
Ritalin, farmaco utilizzato in medicina per il trattamento del deficit
dell’attenzione e iperattività, nonché per curare i sintomi della narcolessia e della sindrome da affaticamento cronico. Prescindendo dalle
valutazioni medico–cliniche del disturbo e delle sue modalità di cura , tale sostanza viene utilizzata per rendere accettabili da genitori
ed insegnanti alcuni “movimentati” e “non consoni al contesto sociale” comportamenti di figli e studenti, senza curarsi degli effetti
neurologici che il farmaco produce sul cervello dei minori .
Prova dell’utilizzo indiscriminato del Ritalin è ulteriormente data
dal massiccio impiego dello stesso da parte di soggetti non affetti
da alcun disturbo, ma orientati verso un maggiore potenziamento
cognitivo dell’attenzione e, dunque, del rendimento scolastico .
e disattenti, sofferenti della sindrome da deficit di attenzione e iperattività (“ADHD”), un
disagio del comportamento caratterizzato da atteggiamenti del bimbo socialmente poco
accettabili e per questo considerati “patologici”. La molecola è alla base di prodotti come il
Ritalin, molto contestata, sia in letteratura scientifica che sui media, per gli effetti collaterali
a medio–lungo termine e per il significativo potenziale di abuso.
. Vedi sul punto R, Il Cervello del ventunesimo secolo, cit.,  ss.
. Per qualche considerazione sociologica del doping nella società post moderna dagli
effetti collaterali, S. B, Doping e diritto penale, CEDAM, Padova, ,  ss.
. Cfr. in senso critico G, La mente etica, cit., . Vedi anche M.J. S,
Contro la perfezione. L’etica nell’età dell’ingegneria genetica, Ed. Vita & Pensiero, Milano, ,
in specie .
Capitolo V
Modelli di sanzioni e neuroscienze
: .. I malati di mente possono essere rieducati?,  – .. Finalità
special–preventiva e contenuti empirici,  – .. Pericolosità sociale e
non imputabilità,  – .. Pericolosità sociale presunta e neuroscienze:
ritorno al futuro,  – .. Le neuroscienze prima delle neuroscienze,  –
.. Come cambiano gli ospedali psichiatrici giudiziari,  – .. Finalità
terapeutiche e ipotesi di trattamento alternative,  – .. Il diritto penale
tra verità processuale e certezza scientifica. Fugaci conclusioni, .
.. I malati di mente possono essere rieducati?
Durante un convegno una nota psicologa, impegnata da tempo sul territorio nel recupero dei detenuti affetti da patologie più o meno gravi,
mi disse testualmente che se una ricerca (empirico–scientifica) c’era
da fare questa era nelle carceri per capire se la pena fosse realmente
rieducativa. In ogni caso la sua esperienza pluridecennale le aveva già
insegnato che sicuramente la detenzione in un istituto penitenziario,
in cui d’estate in una cella di pochi metri dormono  detenuti ( strutture a castello per tre letti, un materasso per terra al centro), non
era sanzione finalizzata alla rieducazione del condannato, così come
proclamato nella Costituzione.
Si studia che lo scopo delle sanzioni criminali sta nel “bene” che
esse producono. Il concetto di un beneficio che esplicherà i suoi effetti
nel futuro si articola attraverso le finalità di prevenzione generale,
di prevenzione speciale, di riabilitazione, di neutralizzazione del reo.
Se si punisce il singolo individuo la società sarà condizionata verso il
non compimento di reati da parte dei consociati (general prevention).
Se si punisce il singolo individuo, costui in futuro sarà dissuaso dal
commettere altri reati (special prevention). La sottoposizione del singolo a trattamenti durante la reclusione in carcere eviterà la recidiva
(rehabilitation), impedendo che costui possa costituire un pericolo per


Neuroscienze e giustizia penale
la società in funzione di difesa sociale. Tutte le prospettive sono state
affrontate dalla dottrina in tema .
Gli scopi di difesa sociale e sicurezza si infrangono sulla dimensione costituzionale della pena che pone da subito due interrogativi
diretti: può e deve esistere una distinzione tra la pena detentiva e le
altre sanzioni? Può e deve la pena essere giusta? I due risvolti individuano i casi di imputati “malati” e, pertanto, bisognosi di trattamento
e non certo di reclusione in carcere, risultando del tutto indifferente
«accertare se, in una particolare occasione, “gli sia accaduto” di commettere un reato» ; risultando del tutto rilevante sapere se egli fosse
capace di intendere e di volere al momento del fatto, se fosse, dunque,
“destinatario naturale delle misure di sicurezza” .
.. Finalità special–preventiva e contenuti empirici
L’introduzione nel codice penale delle misure di sicurezza ha rappresentato il ragionato compromesso che il legislatore degli anni ’
operò tra gli opposti indirizzi dottrinari di matrice classica e positivista.
Anteriormente all’emanazione del codice di rito , il codice penale
del  prevedeva, di fatto, istituti assimilabili alle attuali misure di
. Vedi ex pluris G. F, Grammatica del diritto penale, trad.it., Il Mulino, Bologna,
,  ss.; T. P., La disintegrazione attuale del sistema sanzionatorio e le prospettive
di riforma: il problema della comminatoria edittale, in Rivista italiana di diritto e procedura
penale, ,  ss.; F. G, L’effettività della pena nell’epoca del dissolvimento del sistema
sanzionatorio, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, , I,  ss.; L. E, La pena
in crisi: il recente dibattito sulla funzione della pena, Morcelliana, Brescia , F. M,
La perenne crisi e la perenne vitalità della pena. E la crisi di solitudine del diritto penale, in E.
D, C.E.P, (a cura di), Studi in onore di Giorgio Marinucci, vol. I Teoria della pena.
Teoria del reato, Giuffre, Milano ,  ss.; A. D M, La sequenza infranta. Profili
della dissociazione tra reato e pena, Giuffre, Milano, ; M. P, La penalità, oggi, nella
critica penologica, in P, B. G (a cura di), Saggi sul governo della penalità,
Martina, Bologna ,  ss.; R, Il problema della pena. Alcuni profili relativi allo sviluppo
della riflessione sulla pena, Giappichelli, Torino, .
. F, Grammatica del diritto penale, cit., –.
. Con ricchezza di particolari, M. P, Pericolosità sociale e doppio binario. Vecchi
e nuovi modelli di incapacitazione, Giappichelli, Torino, ,  ss.
. Sul punto, cfr. I. C, I problemi generali delle misure di sicurezza, Milano,
Giuffrè, ,  ss. Nel testo viene esaminata autorevole dottrina (A, Pene e misure
di sicurezza, in I., Scritti di diritto penale, Milano, Giuffrè, , –), il quale aveva
a riguardo sostenuto che le misure di sicurezza introdotte nel codice Rocco fossero di
derivazione straniera, tipizzate per la prima volta dal criminalista Stooss nel progetto di
. Modelli di sanzioni e neuroscienze

sicurezza, applicabili a soggetti che avessero commesso il reato «in
condizioni tali di morbosità mentale da non avere la coscienza e la
libertà dei propri atti», senza un complesso di disposizioni comuni
a tali «misure di difesa sociale», come, ad esempio, all’art.  cpv.,
il ricovero facoltativo dell’imputato seminfermo di mente in casa di
custodia, o il ricovero in casa o istituto di educazione e correzione
dell’imputato minorenne, che avesse commesso reati di certa gravità .
Dopo il codice Zanardelli si assisté al tentativo dall’infausto esito di inserire le misure di sicurezza nell’ordinamento italiano attraverso il c.d.
Progetto Ferri del , «di marca positivista», dove veniva impostato
un sistema sanzionatorio unificato graduato esclusivamente in base
alla pericolosità del soggetto verso cui erano dirette . Non si trattava di
misure a carattere preventivo–curativo, da affiancare alle pene, bensì,
di «sistema radicalmente nuovo, fondato sull’unico presupposto della
pericolosità soggettiva» .
La scelta normativa, operata con stesura degli artt.  ss. del codice
penale, rifletté il dibattito culturale della dottrina penalistica italiana
del tempo, divisa tra metodo analitico–scientifico e positivismo criminologico. La prima scuola, com’è noto, indicava, quale oggetto di
ricerca, il reato, inteso come azione umana, frutto del libero arbitrio,
presupponendo a tale visione un soggetto moralmente responsabile e
pienamente imputabile e sottintendendo, come logica conseguenza,
l’inderogabilità di una pena afflittiva e direttamente proporzionale al
codice penale per la Svizzera del . Nel contempo altra altrettanto autorevole dottrina
(M, Trattato di diritto penale, III, Torino, , ) ribadì la matrice nazionalista
delle misure di sicurezza. La stessa relazione ministeriale sul progetto Rocco (Relazione
ministeriale sul progetto definitivo del codice penale, in Lavori preparatori del codice penale e
del codice di procedura penale, V, parte I, ,  ss.) indica la presenza nella legislazione
vigente, sia pure a livello embrionale, di istituti affini per scopi, natura e caratteri alle
neointrodotte misure di sicurezza (–).
. Le impostazioni del codice Zanardelli variamente riprese dalla dottrina del tempo
sono esaminate da C, I problemi generali, cit.,  ss. Per una critica sulla pretesa
continuità storica del codice Rocco con il codice del , cfr. E. M, La misura di
sicurezza detentiva. Profili storici e costituzionali, Giuffré, Milano, , , che analizza,
secondo una prospettiva di tipo storicistico, come le pretese misure di sicurezza del codice
Zanardelli, cui solitamente si fa riferimento, costituivano solo una modalità di espiazione
della pena detentiva o al meglio «rappresentavano dei provvedimenti pro individuo di natura
liberale e non di competenza del giudice penale».
. Sul Progetto Ferri si leggano le critiche di F, M Diritto penale, p. gen., ª
ed., rist. agg., Bologna, , XXIX.
. Così C, I problemi generali, cit.,  ss.

Neuroscienze e giustizia penale
danno arrecato. Per contro, l’impostazione della scuola positiva ne capovolgeva i presupposti: il reato cedeva il posto all’uomo, non più soggetto agente e cosciente, bensì espressione evidente di determinismo
biologico, costretto ad agire da criminale per cause antropologiche
e sociali da neutralizzare con strumenti sanzionatori alternativi alla
pena, le misure di sicurezza, appunto . La mutazione di tali premesse
ideologiche, realizzata dal codice Rocco, determinò la creazione di un
doppio sistema punitivo, denominato del c.d. doppio binario ed articolato nella bipartizione pene e misure di sicurezza, che specificatamente
prevedeva l’applicazione cumulativa di pene e misure di sicurezza per
i soggetti imputabili e pericolosi, esclusiva delle misure di sicurezza
per i soggetti non imputabili e pericolosi . Se la pena, fermo il suo
carattere retributivo, è la risposta in chiave di prevenzione generale
alla difesa sociale, alla tutela dei beni giuridici, aggrediti dal delitto, la
misura di sicurezza assolve alla funzione special–preventiva e, dunque,
di recupero di particolari categorie di soggetti, attraverso opera di
rieducazione e cura, «fermo il collegamento con il fatto commesso» .
.. Pericolosità sociale e non imputabilità
L’art.  c.p. individua, ai sensi della legge penale, i soggetti socialmente pericolosi, in coloro i quali, pur non imputabili o non punibili, abbiano già commesso reati o quasi reati ed è probabile che ne
. Cfr., in sintesi, C. P, voce «Misure di sicurezza (profili sostanziali)», in Digesto
delle Discipline penalistiche, UTET, Torino, , vol. VIII,  ss. Cfr. anche C,
Corso di diritto penale, Editori Laterza, Roma–Bari, vol. I, ,  ss. Per altri risvolti, cfr.
P (a cura di), L’utopia punitiva. Il problema delle alternative alla detenzione nella sua
dimensione storica, Milano, Giuffrè, , nel par. Il positivismo criminologico e la crisi dei
postulati del sistema penale,  ss.
. Purtroppo gli auspici di Exner non hanno sortito effetto alcuno. Secondo l’Autore,
infatti, (Die Theorie der sicherungsmittel , -), riportato da A. M, Il problema
dell’unificazione delle pene e delle misure di sicurezza nella Costituzione italiana, in Rivista
italiana di diritto e procedura penale, ,  ss., la polemica tra scuola classica e positiva
sulla natura e finalità della pena era destinata a placarsi con l’introduzione nei codici
moderni delle misure di sicurezza.
. Così M, sub artt. –, in M, L. L M, M. M (diretto
da), Commentario al codice penale, UTET, Torino, ,  ss., in specie , che evidenzia
come pene e misure di sicurezza presentino come tratti in comune l’essere «conseguenza
sfavorevole del reato» e l’avere «la finalità di difesa della società».
. Modelli di sanzioni e neuroscienze

commettano altri . Per circoscrivere le prospettive apparentemente
illimitate dell’art.  c.p., ° co., si dispone a seguire, ex ° co., che il
giudice, nel valutare l’individuo socialmente pericoloso, deve rimettersi ai criteri di cui all’art.  c.p., ovvero gli stessi indici attraverso cui
desumere nell’esercizio del proprio potere discrezionale, la gravità del
reato, nonché la capacità a delinquere del reo per applicare la pena .
La generica polivalenza del simbolo ha variamente articolato la sua
interpretazione, descritta come pericolosità criminale ; come probabilità di recidiva; come probabilità di commettere reati; come attitudine
a commettere reati ; come prognosi attendibile in ordine ad un futuro
. La dottrina in tema di pericolosità sociale è piuttosto corposa. Cfr. a partire da scritti
più lontani nel tempo, B. P, La pericolosità criminale e la sua posizione giuridica,
CEDAM, Padova, ; M. P, Sulla valutazione unitaria della pericolosità criminale, in
Rivista di diritto penitenziario, ,  ss.; S. R, La pericolosità criminale nel codice
vigente, in I., Scritti e discorsi vari, I, Scritti di diritto penale, Giuffré, Milano, ,  ss.; G.
G, voce «Pericolosità sociale», in Novissimo Digesto, UTET, Torino, , vol. XII, 
ss.; G. C, Riflessioni sulla pericolosità sociale come presupposto delle misure di sicurezza
nella Costituzione, in Archivio penale, ,  ss.; L. D’O, Pericolosità sociale: elemento
di opposizione alla coesistenza umana, in Critica penale, , fasc. ,  ss.; F. T,
voce «Pericolosità», in Enciclopedia del Diritto, Giuffré, Milano, , vol. XXXIII,  ss; S.
M, Crisi del concetto di pericolosità sociale, in Rivista penale, ,  ss.; G. D’O,
Capacità a delinquere e pericolosità sociale, Giuffré, Milano, ; G.B. T, Il giudizio
di pericolosità ed il suo accertamento, in Rivista italiana di medicina legale, ,  ss.; A.
M, Applicazione ed esecuzione delle misure di sicurezza: due momenti distinti per
l’accertamento della pericolosità sociale, in Foro italiano, , I,  ss.; A. M T,
voce «Pericolosità sociale», in Enciclopedia Giuridica Roma, , vol. XXIII; A. C,
Sul problema dell’accertamento della pericolosità sociale, in Rivista italiana di diritto e procedura
penale, ,  ss.; I., voce «Pericolosità sociale», in Digesto delle Discipline penalistiche,
UTET, Torino, IX, ,  ss.; M, Imputabilità, pericolosità e misure di sicurezza: verso
quale riforma?, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, ,  ss.; M. G,
Verso l’abolizione delle misure di sicurezza, in Rassegna italiana di criminologia, ,  ss.; R.
C, Brevi note in tema di imputabilità e pericolosità sociale, in Giurisprudenza merito, ,
 ss.; M (a cura di), Verso un codice penale modello per l’Europa. Imputabilità e misure di
sicurezza, CEDAM, Padova, .
. Anche se su piani diversi «in funzione dello scopo che si intende raggiungere»,
ovvero giudizio di responsabilità nel primo caso; di probabilità a delinquere nel secondo
caso. Così P, op. cit., , passim. Contra tale potere discrezionale del giudice, che deve
«semplicemente» tener conto dei criteri di massima dell’art.  c.p., cfr. C, Note
sulla discrezionalità del giudice penale, con particolare riguardo al giudizio di comparazione delle
circostanze, in G. S (a cura di), Scritti –, Editori Laterza, Roma–Bari, ,
 ss., in specie,  ss.
. L’espressione è di P, La pericolosità criminale, cit., .
. Vedi la posizione di A, Manuale di diritto penale, p. gen., Giuffré, Milano,
, ª ed., .

Neuroscienze e giustizia penale
comportamento criminale ; come giudizio di pericolosità. Destrutturando l’indeterminatezza del concetto, la pericolosità sociale si impone
attraverso il presupposto della commissione (passata–presente–futura)
del reato o quasi reato; l’irrilevanza della imputabilità o punibilità del
soggetto, intesa come qualità eventuale e non indefettibile; il giudizio
di cui all’art.  c.p.  .
Dalla vaghezza del termine, dunque, si passa all’analisi di duplice
rapporto biunivoco, quale quello esistente tra «pericolosità sociale e
capacità a delinquere», e tra «pericolosità sociale e reato»  . La prima
relazione, imperniata sulla valutazione giudiziale della personalità del
reo, è stata oggetto, nell’ambito del dibattito teorico, di due distinte
impostazioni normo–temporali: in senso etico–retributivo, la capacità
a delinquere si proietta nel passato in una sorta di «attitudine al reato
commesso», non necessariamente coincidente con la colpevolezza ;
in senso prognostico–preventivo, la capacità a delinquere si proietta
nel futuro, in una sorta di «attitudine a commettere nuovi fatti delittuosi» nell’area propria della colpevolezza . Nella prospettiva del
futuribile criminoso, alcuni studiosi inquadrano la possibile «duplice
funzione» della capacità a delinquere, come indice di graduazione
della colpevolezza, e come giudizio sulla potenzialità criminosa del
soggetto, marcando la funzione special–preventiva.
La seconda relazione instaura più propriamente la c.d. prognosi
criminale futura, ovvero il giudizio di accertamento della pericolosità
sociale agganciato alla rilevanza del fatto di reato. L’inquadramento
della fattispecie criminosa prescinde dal fatto in senso naturalistico e si
colloca in un rapporto di stretta interdipendenza funzional–strutturale
con il comportamento pericoloso del suo autore. Pericolosità e reato
rappresentano, dunque, «un nesso logico causale», per cui il soggetto
agente è pericoloso in quanto ha commesso il reato; ne consegue
che tale status può travalicare i limiti temporali del fatto naturalisticamente inteso e collocarsi post factum, purchè comunque riferibile
. Così C, Corso, vol. I, cit., .
. Sono le indicazioni di C, voce «Pericolosità sociale», cit., –.
. È sempre attuale l’analisi di C, I problemi generali, cit.,  ss.
. . Cfr. per tale orientamento si veda G. B, Diritto penale, p. gen., CEDAM,
Padova, , ª ed., ; P, La funzione della pena, in I., Saggi di diritto penale,
CEDAM, Padova, ,  ss.
. Così in chiave più moderna cfr. F, M, op. cit., ; D’O, op. cit., .
. Modelli di sanzioni e neuroscienze

al nomen criminis . Nel suddetto binomio occorrerà fare riferimento
al tempo relativo allo stato di pericolosità, nel senso che l’accertata
qualità presuppone l’attuale permanenza della stessa derivante dal
reato commesso  .
Sulla definibilità normativa del concetto di pericolosità sociale la
giurisprudenza di legittimità si è pronunziata tracciando un orientamento pressoché univoco sulla necessaria valutazione in concreto
dell’esistenza della stessa relazionata ai parametri di cui all’art. 
c.p. , la cui genericità sicuramente non consente di sussumere il giudizio formulato a leggi scientifiche, privilegiando il criterio intuitivo.
Dai semplici indizi, dunque, si può prevedere il comportamento a
venire del reo, sottoponibile come tale alla misura di sicurezza più
congrua, adeguatamente motivata.
Nel vasto alveo della pericolosità sociale si opera una distinzione
tra pericolosità sociale comune o cognitiva, di cui, come già visto, al
combinato disposto degli artt. ,  c.p. e pericolosità sociale speciale
. È la dettagliata impostazione di C, I problemi generali, cit., –. Di
diverso avviso F. M, Diritto penale, CEDAM, Padova, , , passim, secondo
il quale «circa i rapporti tra pericolosità e reato, trattasi di entità distinte: questo consiste
e si esaurisce in un accadimento storicamente circoscritto, mentre quella implica una
situazione soggettiva durevole, anche se non necessariamente permanente. La pericolosità
di per sé non ha alcun necessario riferimento al fatto concreto, sia nel senso che essa, se è
vero che si manifesta nel reato, può tuttavia esistere anche ante delictum o sine delicto. Una
cosa è la pericolosità sociale dell’azione, cioè oggettiva, altra cosa è la pericolosità sociale
dell’autore, cioè soggettiva».
. Cfr. C, I problemi generali, cit., .
. Sul punto Cass. Pen., sez. I,  aprile , in Rivista penale ,  ss., secondo
cui «al fine di accertare l’attuale pericolosità sociale del soggetto, nel momento in cui deve
essere applicata in concreto una misura di sicurezza, il giudice deve tener conto non solo
della gravità del fatto reato, ma anche dei fatti successivi, come il comportamento tenuto
durante l’espiazione della pena, quale risultante ad esempio dalle relazioni comportamentali
e dalla concessione di benefici penitenziari o processuali». In senso conforme Cass. Pen.,
sez. I,  gennaio , ivi, , ; Id., sez. VI,  luglio , in CED Cass., rv. ; Id.,
sez. VI,  dicembre , ibidem, rv. , in relazione al ricovero in ospedale psichiatrico
giudiziario dell’imputato assolto per vizio totale di mente, per cui «in materia di misure di
sicurezza personali, ai fini della prognosi di pericolosità sociale, il giudice non può prendere
in considerazione le sole emergenze di natura medico–psichiatrica, ma deve procedere
alla verifica di tutte le circostanze di cui all’art.  c.p., prima di tutte la gravità del fatto
commesso e deve approdare ad un giudizio globale di pericolosità, non limitato ad alcun
tipo di reato»; Cass. Pen., sez. I,  novembre , ibidem, rv. ; Id., sez. I,  giugno
, ibidem, rv. , secondo cui «le disposizioni che concernono le misure di sicurezza
impongono sempre di accertare la persistenza della pericolosità sociale del soggetto riferita
al momento di applicazione della misura oltre che a quello della sua esecuzione».

Neuroscienze e giustizia penale
o qualificata, da accertare solo nei confronti dei soggetti imputabili,
appartenenti a specifiche categorie tipologiche di comportamenti
criminali, con la conseguenza di applicare in aggiunta alla pena la
misura di sicurezza .
In tali specifiche tipologie si riscontrano la pericolosità minorile,
riformulata dall’art. , ° co., d.p.r. /, la cui sussistenza il giudice deve verificare attraverso il «concreto pericolo a che il ragazzo
commetta nuovi delitti con le armi o altri mezzi di violenza personale
o diretti contro la sicurezza collettiva o l’ordine costituzionale oppure
gravi delitti di criminalità organizzata» ; la pericolosità penitenziaria,
prevista dall’art.  bis ord. penit., quale presupposto per l’applicazione del regime di sorveglianza speciale, e con particolare riguardo la
pericolosità esecutiva, relativa all’esecuzione della pena, quale presupposto per la concessione di benefici penitenziari, come, ad esempio
nell’ipotesi dell’art. , ° co., ord. penit., che disciplina l’ammissibilità
dell’affidamento in prova al servizio sociale, nei casi in cui si assicuri
la prevenzione del pericolo che il reo commetta altri reati . Al di là
delle specifiche ipotesi variamente estensibili, in sede di riforma del
giudizio di pericolosità sociale, si riscontra «la mancanza di una predeterminazione legislativa delle tipologie delittuose», per cui, alla luce
della crisi di affidabilità del giudizio stesso, basato su di una prognosi,
sottratta ad «un riscontro empirico scientificamente attendibile», parrebbe indispensabile definire una selezione normativa dei tipi di reato
di cui si debba valutare la probabile commissione da parte del reo, che
evidenzia, inoltre, come «altra distinzione potrebbe essere quella tra
pericolosità soggettiva e pericolosità oggettiva: la prima afferisce al
soggetto e giustifica in via generale la sua assoggettabilità alle misure
di sicurezza; la seconda, invece, afferirebbe alla pericolosità — per l’uso che ne può essere fatto — di determinate ‘cose’ e giustificherebbe,
pertanto, l’applicazione di sanzioni ‘di sicurezza’ ablative.
. Cfr. in sintesi, M sub art. , in M, L M, M (diretto da),
op. cit., .
. Nel dettaglio cfr. F. Z, Le misure di sicurezza per i minorenni, in Cassazione
penale, ,  ss.
. Nello specifico delle classificazioni, cfr. C, voce «Pericolosità sociale», cit.,
–.
. Modelli di sanzioni e neuroscienze

.. Pericolosità sociale presunta e neuroscienze: ritorno al futuro
Ab origine l’art.  c.p., regolando l’accertamento della pericolosità
ex lege, stabiliva ipotesi presuntive della medesima, identificate in due
distinte categorie: la prima a carattere generale, relativa alle condizioni
patologiche o di immaturità intrinseca; la seconda, a carattere speciale,
relativa alle condizioni psicologiche o morali dell’individuo . Nel
riconoscimento presuntivo della pericolosità sociale, con applicazione
di misura di sicurezza, a limitata efficacia temporale, rientravano sub ,
ex art. , ° co., c.p., i condannati per delitti non colposi ad una pena
non inferiore a cinque anni, diminuita a causa di infermità psichica,
intossicazione cronica da alcool o da stupefacenti, sordomutismo; ex
art. , ° co., c.p., i prosciolti da contravvenzioni, delitti colposi o
dolosi, per cui fosse stabilita la pena pecuniaria o la reclusione non
inferiore a due anni, a causa di infermità fisica intossicazione cronica
da alcool o da stupefacenti, sordomutismo; nonché ex art. , ° co.,
c.p., i minori imputabili condannati per delitto durante l’esecuzione di
una misura di sicurezza, a lui precedentemente applicata per difetto
di imputabilità. Sub  erano socialmente pericolosi iuris et de iure i
delinquenti abituali, professionali e per tendenza, nonché i condannati
. Sulla dibattuta ipotesi di pericolosità presunta ante art. , l.  ottobre , n. , cfr.
in tema C, Sulla legittimità costituzionale della pericolosità presunta, in Rivista italiana
di diritto e procedura penale, ,  ss.; I., Le presunzioni di pericolosità sociale tra Corte
Costituzionale e progetto di riforma, ivi, ,  ss.; A. P, Misure di sicurezza e pericolosità
sociale presunta, in Giurisprudenza costituzionale, ,  ss.; G. V, Le presunzioni
di pericolosità sociale di fronte alla Costituzione, ivi, ,  ss.; I., Ancora sulla pericolosità
sociale presunta dell’infermo totale di mente, ivi, ,  ss.; I., Una battuta d’arresto nella
lunga marcia verso l’abolizione della pericolosità presunta, ivi, , I,  ss.; F. F,
Brevi note in tema di legittimità costituzionale della pericolosità presunta, inGiurisprudenza
costituzionale, ,  ss.; P. G, Alcuni profili costituzionali della pericolosità presunta,
in Giurisprudenza costituzionale, ,  ss.; M, Misure di sicurezza e pericolosità: profili
di riforma, in Problemi generali di diritto penale, Giuffré, Milano, ,  ss.; I., Variazioni
minime in tema di pericolosità presunta, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, ,
 ss.; G. D G, La pericolosità sociale: sopravvivenza della presunzionedi pericolosità
in seguito alla graduale modificazione dell’art.  c.p., in Critica penale, , fasc. ,  ss.;
M, Linee di tendenza seguite dalla Corte Costituzionale in tema di pericolosità presunta, in
Rivista penale, ,  ss.; P, Corte Costituzionale e presunzioni di pericolosità, in Rivista
italiana di diritto e procedura penale, ,  ss.; C, Le presunzioni di pericolosità
nella giurisprudenza della Corte Costituzionale prima e dopo la legge abrogatrice del , in
Giurisprudenza costituzionale, ,  ss. Da ultimo P, Pericolosità sociale e doppio
binario. Vecchi e nuovi modelli di incapacitazione, cit., in specie  ss.

Neuroscienze e giustizia penale
per reati associativi  . Le fondate critiche della dottrina si sono rivolte
contro i radicati convincimenti, imposti dal codice Rocco, che determinati presupposti fossero sufficienti al giudice per convincersi della
pericolosità del soggetto; contro la diffidenza del legislatore avverso
le allegazioni di infermità mentale, tutte indirizzate ad un eventuale
immeritato proscioglimento; contro la disposizione dell’art. , °
cpv., c.p., poi abrogato dall’art. , l.  luglio , n. , che riservava
il vaglio del riesame della pericolosità al ministro di giustizia, anziché
al giudice di sorveglianza . L’uso indiscriminato delle presunzioni
iuris et de iure, inoltre, stigmatizzava tendenze meramente repressive
soprattutto nei confronti dei delinquenti di professione .
Sollecitata sul punto la Corte Costituzionale è intervenuta ripetutamente a riguardo, dapprima in maniera lieve, respingendo «una condanna indiscriminata della pericolosità presunta» . Le prime pronunce
in tema, infatti, ritengono legittima l’applicazione di una misura di
sicurezza, non preceduta dall’accertamento in concreto della pericolosità sociale . Tale orientamento conservatore muta gradatamente
dapprima con la pronuncia d’incostituzionalità di alcune ipotesi presuntive, quale, ad esempio, quella relativa al minore non imputabile,
dichiarando la parziale illegittimità costituzionale dell’art. , ° co.,
c.p.; poi a seguire quella relativa al prosciolto per infermità psichica,
dichiarando la parziale illegittimità costituzionale degli artt. , °
co., , ° co., , ° co., c.p.; infine, quella relativa ai condannati,
per delitti non colposi a causa della loro infermità psichica o di cronica
intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti o per sordomutismo, dichiarando la parziale illegittimità costituzionale dell’art. , °
co., ° co., c.p. . Il ruolo determinante svolto dalla giurisprudenza
. Di tali categorie presuntive permangono per ciò che concerne la pericolosità sociale
cognitiva i delinquenti abituali. Cfr. sul punto, M, sub art. , op. cit., ; F, M, op. cit., , con riferimento all’art.  c.p.; L.R. R, Pericolosità sociale e
tipologia di delinquenza qualificata: una simmetria infranta o riaffermata, in Cassazione penale,
,  ss.
. In tema, V, L’abolizione della pericolosità, cit., –, passim.
. Cfr. M, voce «Misure di sicurezza», cit., .
. L’espressione è diV, L’abolizione della pericolosità, cit., .
. A riguardo cfr. C. Cost.,  marzo , n. , in Giurisprudenza costituzionale, ,
 ss., con nota di P; I.,  giugno , n. , ivi, ,  ss., con nota di V; I.,
 giugno , n. , ivi, ,  ss., con nota di F.
. Si vedano C. Cost.,  gennaio , n. , in Giurisprudenza costituzionale, ,  ss.,
. Modelli di sanzioni e neuroscienze

di legittimità ha condotto all’emanazione della l.  luglio , n.
, il cui art.  ha abrogato l’art.  c.p. Da quel momento in poi
l’inflizione delle misure di sicurezza personali è subordinata all’accertamento in concreto dell’effettiva pericolosità sociale. Tuttavia la
portata innovativa svolta dall’art. , l. / ha diviso la dottrina circa gli effetti, interpretati in senso più restrittivo per cui l’abrogazione
dell’art.  c.p. colpisce le sole presunzioni di esistenza di pericolosità sociale, limitando l’accertamento alla fase cognitiva del giudizio
e non anche esecutiva oppure la presunzione di persistenza della
pericolosità sociale, operando l’accertamento solo in sede esecutiva .
L’esegesi prevalente della norma ha ritenuto l’effetto abrogativo dell’art.  totalizzante, per cui sono venute meno tutte le presunzioni
legali di pericolosità, da accertare, dunque, sia in fase cognitiva, sia in
fase esecutiva.
Alcuni autori hanno parlato di effetto mutante ex art.  sulle singole fattispecie presuntiva, divenute per ciò «fattispecie indizianti di
pericolosità», argomentando la portata abrogatrice sulle presunzioni
assolute di pericolosità, che non ammettono accertamento contrario
e che fanno scattare obbligatoriamente l’applicazione delle misure di
sicurezza. Permangono, pertanto, le presunzioni relative di pericolosità, che impongono al giudice, in sede di cognizione, di verificare
la pericolosità sociale, ammettendo elementi di prova che possano
confermarla o escluderla .
A tale condivisibile orientamento dottrinale si è affiancata la giurisprudenza . L’attuale orientamento del dettato costituzionale in tema
di pericolosità ex lege è di manifesta chiusura nei confronti delle ipotesi
presuntive, denunciando l’automatismo del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario anche per l’adulto totalmente incapace e giudicato
socialmente pericoloso  . A contrario seguendo il fondamento di tale
con nota di V, La pericolosità presunta del minore non imputabile; Corte cost.,  luglio
, n. , in Foro italiano, , I,  ss.; la sentenza è riportata anche in Rivista italiana di
diritto e procedura penale, ,  ss., con nota di D. G, Infermità psichica e presunzione
di pericolosità nel giudizio della Corte Costituzionale.
. In tal senso, M, Applicazione ed esecuzione, cit., .
. Cosi G. C, Manuale dell’esecuzione penale, Giuffrè, Milano, , ª ed., .
. Su tale impostazione C, voce «Pericolosità sociale», cit.,  ss.
. Cfr. Cass. Pen., sez. VI,  giugno , in Cassazione penale, , .
. Si veda da ultima C. Cost.,  luglio , n. , in Foro italiano, , I,  ss., con
nota di richiami. La predetta sentenza con cui viene dichiarata l’illegittimità costituzionale

Neuroscienze e giustizia penale
deduzione avallato dalle idee più radicali dei neuroscienziati tedeschi,
è in atto un possibile ritorno al paradigma organicistico–determinista
dell’imputabilità , aggravato da un’ipotesi di modificazione dell’intero sistema penale. Se, infatti, nessun individuo è libero, il concetto
di imputabilità, colpevolezza, responsabilità penale per comminare
misure idonee, viene necessariamente meno.
Nel programma “forte” della (neuro)scienza penalistica germanica
poter agire diversamente (Andershandelkönnen) rende operativa la premessa logica della responsabilità penale. Dimostrando l’ontologica
inesistenza del libero arbitrio, la pena risulterebbe inutile oltre che inumana e andrebbe di fatto sostituita da un’ipotesi correttiva con finalità
terapeutiche e preventive. Viene ipotizzato un apparato sanzionatorio
caratterizzato da un’offerta di terapie efficaci, alternative alla pena tradizionale, con il consenso del paziente (che non si comprende come
possa darlo se non libero), fino a giungere ad “inquietanti” misure
educative che influenzino il comportamento pericoloso, mediante
“utilizzo di attrattori nel suo cervello che innalzerebbero le soglie inibitorie in questione” per un programma di prevenzione alla Kubrick
in Arancia meccanica. Dalla presunzione della pericolosità sociale alla
presunzione della irresponsabilità penale si coglie il profilo interpretativo delle ricerche neuroscientifiche più inclini ad un ragionamento
deduttivo logico, che ad una valutazione mediata degli strumenti di
ricerca per un nuovo quadro della prevenzione speciale.
dell’art.  c.p., nella parte in cui non consente al giudice, nei casi ivi previsti, di adottare
in luogo del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, una diversa misura di sicurezza,
prevista dalla legge, idonea ad assicurare adeguate cure dell’infermo di mente e a far
fronte alla sua pericolosità sociale è stata pubblicata anche in Diritto penale e processo, ,
 ss., con nota di C, Ospedale psichiatrico giudiziario: non più misura unica per
l’infermo di mente adulto e pericoloso; in Giurisprudenza italiana, , – con nota di
richiami; in Rivista italiana di medicina legale, ,  ss., con nota di M B,
F. M, I cascami del positivismo: ancora su ospedali psichiatrici giudiziari e pericolosità
sociale. Anteriormente a tale sentenza la Corte Costituzionale, pur ribadendo la propria
incompetenza ad adottare interventi additivi in tema di misure di sicurezza, aveva sollevato
il problema relativo al trattamento degli autori del reato infermi di mente. Cfr. sul punto C.
Cost.,  aprile , n. , in Foro italiano, , I,  ss.; Id.,  giugno , n. , ivi,
, I,  ss.; I.,  marzo , n. , ivi, , I,  ss. con nota di richiami.
. N, op. loc. cit.,  con richiami all’opera di G, The Law and Neuroscience.
. N, op. loc. cit., – con richiami all’opera di W. H, Grenzen den Wissens
in Strafprozess; di G. R, nota –, di W. S, nota .
. Modelli di sanzioni e neuroscienze

.. Le neuroscienze prima delle neuroscienze
Lombroso prima delle neuroscienze «legittimò scientificamente l’opinione che delinquenti si nasce» , articolando una “complessa” teoria
in base alla quale determinati soggetti sono rivolti al delitto per effetto
di una condizione “naturale”, quale “un’anormalità di tipo antropologico”, correlata ad un arresto nella crescita di tipo fisico–psichico.
Da medico prima e da professore di medicina legale prima e di psichiatria ed antropologia criminale dopo, studiò le caratteristiche e le
malformazioni del cranio, del cervello, del viso, dello spettro morale
di ogni essere umano per la costruzione di un’ipotesi di “delinquente
sostanzialmente congenito”.
Ne L’uomo delinquente analizzò non solo lo studio del fenomeno
criminoso in senso lato, ma ogni manifestazione umana di devianza,
intesa come “deragliamento patologico dalla normalità”, elaborando
una vera e propria scienza della devianza . Attraverso la sua opera
viene stravolta l’originaria impostazione metodologica dell’analisi
penalistica, invertendo il sistema in chiave sperimentale–scientifica: lo
studioso esamina il delinquente nella sua individualità e concretezza,
nella sua evidente soggettività, prescindendo dalla considerazione del
delitto nella sua oggettività ed ipotizzando una valutazione modernista
“caso per caso”, non soltanto in relazione al soggetto “delinquente nato,
occasionale, pazzo, per passione, d’abitudine”, ma soprattutto allo
strumento più efficace e variabile per affrontarlo (carcere, manicomio,
isolamento, multa, libertà condizionata) .
Lo spirito riduzionista dei più accaniti neuroscienziati ed esperti di
genetica appare intrinsecamente pervaso dagli “spettri lombrosiani”,
. Cfr. A, Criminologia e sistema penale, cit.,  ss., con riferimento espresso all’opera
di L, L’uomo delinquente in rapporto all’antropologia, alla giurisprudenza e alle discipline
carcerarie, Hoepli, Milano, , ª ed. Sull’ascesa e l’oblio del “fenomeno” Lombroso,
legata agli eventi storici successivi al periodo della sua morte (era ebreo) e al diffondersi
in maniera prevalente della scuola classica, anche con riferimento alla dottrina italiana in
tema, M, Cesare Lombroso e le neuroscienze: un parricidio mancato. Devianza, libero
arbitrio, imputabilità tra antiche chimere ed inediti scenari, cit.,  ss.
. Cfr. M, Cesare Lombroso e le neuroscienze: un parricidio mancato. Devianza,
libero arbitrio, imputabilità tra antiche chimere ed inediti scenari, cit., , , con richiamo agli
autori citati (note –).
. A, Criminologia e sistema penale, cit., .

Neuroscienze e giustizia penale
di cui si volevano perdere le tracce . I modelli di criminalità biologica
erano già stati “creati” dalle visioni di Lombroso nella Scuola positiva
di diritto penale dove «i criminali delinquano non già per atto cosciente
e libero di volontà malvagia, ma perché hanno tendenze malvagie,
tendenze che ripetono la loro origine da un’organizzazione fisica e
psichica diversa da quella dell’uomo normale», per cui, invece che
il delitto astratto, si studia «il delinquente» e si prende «per base del
diritto della società ad agire contro di esso, non la sua malvagità, ma
la sua pericolosità» .
La “tara ereditaria” diventa la “predisposizione genetica”; la “conformazione cranica” muta in “aree cerebrali”; i “folli morali” non
sono poi così lontani dagli psicopatici privi di empatia. Ed ancora oggi, continuiamo a chiederci se “gli individui privi di morale possano
ricondurre tali deficienze a cause organiche” , se il colpevole sia il
cervello.
.. Come cambiano gli ospedali psichiatrici giudiziari
Il doppio binario alla luce delle neuroscienze comporta il passaggio
dalla pericolosità sociale al ‘bisogno di trattamento’ con la creazione
di una sorta di «terzo piano dell’imputabilità», dove messe al bando
le attuali misure di sicurezza custodiali, inefficaci ed anacronistiche
si possa, in primis, normativizzare una serie di interventi rivolti al
recupero psichico, rieducazione e reinserimento dei soggetti “non
liberi” e pericolosi per sé e la società in cui vivono. Già nel  la
Corte Costituzionale invitava a studiare «idonei luoghi di cura con
specifici presidi terapeutici» .
Sul punto si sono succedute pronunce di legittimità e di merito,
soprattutto a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art.  c.p., nella parte in cui precludeva al giudice, che, in
concreto, ravvisasse l’inidoneità della misura del ricovero in ospedale
psichiatrico giudiziario a rispondere alle complementari esigenze di
. Cfr. le conclusioni di M, op. loc. cit.,  ss.
. L, L’uomo delinquente in rapporto all’antropologia, alla giurisprudenza e alle
discipline carcerarie, cit., –.
. Con efficacia M, op. loc. cit., –, passim.
. Cfr. Corte cost.,  marzo , n. , in www.cortecostituzionale.it.
. Modelli di sanzioni e neuroscienze

cura e tutela della persona da un lato e di controllo e contenimento
della pericolosità sociale dall’altro, di adottare un’altra tra le misure
previste dalla legge, e in specie, la misura della libertà vigilata, accompagnata, ex art. , ° co., c.p., da prescrizioni idonee nella specie ad
evitare le occasioni di nuovi reati  .
La Consulta, infatti, dopo aver richiamato alcune pronunce della
stessa in materia minorile, ha statuito l’incostituzionalità della norma
in questione con riferimento alla esclusività della misura da adottarsi,
in ossequio alla molteplicità dei beni costituzionalmente garantiti,
sacrificati da tale scelta univoca, escludente ogni libero apprezzamento
del giudicante in merito. Sull’argomento il giudice per le indagini
preliminari di Bari, sulla base della suddetta pronuncia, ha ammesso
l’interessato, pur pericoloso, come ampiamente dimostrato dalle risultanze peritali, alla misura della liberta vigilata nella misura di un
anno, ritenendo che il ricovero nella struttura di recupero cui era affidato avesse contribuito, in realtà, a determinare i suoi comportamenti
violenti .
Ultima tra queste la decisione della Cassazione, che ha stabilito
come ai fini dell’individuazione della pena stabilita dalla legge per
il reato addebitato al prosciolto per infermità di mente e sulla base
della quale, ai sensi dell’art.  c.p., va determinata la durata minima
del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, il concetto di legge si
intende riferito alla norma incriminatrice di natura sostanziale, giacché
solo tali norme valgono a definire l’oggettiva gravità del fatto, alla
quale il legislatore ha inteso correlare la durata minima della misura
di sicurezza, con esclusione consequenziale della diminuente prevista
in sede di rito abbreviato ex art.  c.p.p.  .
In tema di misure di sicurezza personali, inoltre, in caso di proscioglimento per infermità psichica, non può essere disposta, in luogo
del ricovero in manicomio giudiziario, l’assegnazione ad una casa
di cura e di custodia, trattandosi di misure non fungibili, fondate su
presupposti diversi. Trattasi di fattispecie, in cui il Tribunale del riesame, investito dell’impugnazione avverso l’ordinanza di applicazione
. Cfr. Cass. Pen., sez. I,  dicembre , cit.
. Cfr. G.U.P. Trib. Bari,  dicembre , inedita; conf. G.U.P. Trib. Bari,  dicembre
, inedita.
. Cfr. sul punto Cass. Pen., sez. I,  marzo , in Rivista penale, , –.

Neuroscienze e giustizia penale
provvisoria, ex art.  c.p., della misura di sicurezza del ricovero in
ospedale psichiatrico giudiziario per la durata minima di anni cinque
all’esito dell’assoluzione dell’imputato da uxoricidio per vizio totale di
mente, aveva applicato ai sensi dell’art.  c.p. il ricovero in una casa
protetta .
Ancora oggi l’internamento in un ospedale psichiatrico giudiziario
è una misura di sicurezza comminabile ai soggetti non imputabili
per vizio totale di mente, disciplinato dall’ art.  c.p., che ne fissa
una durata minima ma non una durata massima, sui presupposti
applicativi della commissione di un fatto tipico costituente reato e
della “pericolosità sociale” del suo autore. Il riesame della pericolosità,
regolato dall’art.  c.p., è affidato alla competenza del magistrato
di sorveglianza. Tale esame, qualora si riscontri cessata la causa della
pericolosità, può avere ad esito la dimissione dell’internato, in caso
contrario determina la proroga della misura di internamento. Tra
gli elementi sui quali il magistrato di sorveglianza basa il proprio
giudizio vi è la produzione documentaria fornita dal Servizio sanitario
nazionale.
Ai sensi del D.P.R. /, ovvero il regolamento recante norme
sull’ordinamento penitenziario, «il servizio sanitario pubblico, territorialmente competente, accede all’istituto per rilevare le condizioni
e le esigenze degli interessati e concordare con gli operatori penitenziari l’individuazione delle risorse esterne utili per la loro presa in
carico da parte del servizio sanitario pubblico e per il loro successivo
reinserimento sociale» . Mancando tali risorse, il magistrato di sorveglianza può concludere per la conferma della pericolosità sociale
della persona sottoposta all’accertamento, alla luce della previsione
di cui all’art.  c.p. che fa menzione di “condizioni sociali” del reo;
la misura dell’internamento sarà dunque prorogata sino a un successivo riesame. Dovrebbero, invece, essere indicate dal giudice, nelle
prognosi positive di pericolosità sociale, le garanzie di assistenza e
di controllo, materialmente offerte dalle strutture psichiatriche civili,
al fine di fornire una risposta penale, incentrata su quel bisogno di
. Cfr. a riguardo Cass. Pen., sez. I,  gennaio , in Rivista penale, , .
. Vedi il Decreto del Presidente della Repubblica  giugno , n. . Regolamento recante
norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà, in Gazzetta
Ufficiale, supplemento ordinario, n. ,  agosto, , art. , comma , .
. Modelli di sanzioni e neuroscienze

trattamento, che «consentirebbe non solo di fondare il giudizio prognostico su di una ben più adeguata base empirica, ma garantirebbe
altresì l’attuazione del principio del “minimo intervento possibile”» .
.. Finalità terapeutiche e ipotesi di trattamento alternative
Nel rapporto tra infermità mentale e diritto penale si pongono contrapposte esigenze di tutela, quelle della collettività, che deve essere
tutelata da comportamenti pericolosi; quelle individuali dei malati,
che devono essere curati, ricevere trattamenti non discriminatori, riconosciuti e rispettati nei propri diritti costituzionalmente garantiti a
tutti. La contrapposizione in realtà è solo apparente perché i malati di
mente sono parte integrante della società che si vuole proteggere.
L’internamento e la permanenza del reo nell’ospedale psichiatrico giudiziario spesso non dipendono realmente dalle sue condizioni
soggettive di salute, dalla sua propensione a comportamenti delittuosi,
bensì da fattori esterni, quali la disponibilità della propria famiglia a
farsene carico o la qualità dell’offerta sanitaria sul territorio. La permanenza in tali strutture sostituisce lo stato sociale inesistente . Non
essendoci, inoltre, limiti temporali massimi alla durata dell’internamento, né limiti al numero delle proroghe, concessa dal magistrato di
sorveglianza, la situazione detentiva potrebbe reiterarsi all’infinito, al
pari di un ergastolo ad hoc per i malati di mente.
Il  gennaio  è stato approvato dal Senato della Repubblica
italiana un emendamento al c.d. decreto svuota–carceri (poi convertito
in legge il  febbraio , L. n. /) che dispone il “superamento
degli ospedali psichiatrici giudiziari” .
La legge dispone la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari
entro marzo , in specie dei sei ospedali psichiatrici giudiziari
. Così M, Tutela penale del sofferente psichico, cit., –, con riferimento alla nozione di bisogno di trattamento, presente nel codice penale svedese del , che aboliva, su
piano dell’imputabilità, la distinzione tra pene e misure di sicurezza, creando un articolato
sistema di sanzioni, che escludeva la reclusione in carcere per i mentally ill offenders.
. Per una breve rassegna sulla legislazione psichiatrica in tema, C, Criminologia,
difesa sociale e psichiatria forense, cit.,  ss.
. Cfr. Conversione in legge, con modificazioni, del decreto–legge  dicembre , n. ,
recante interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento
delle carceri, in Gazzetta Ufficiale, supplemento ordinario, n. ,  febbraio .

Neuroscienze e giustizia penale
attualmente in funzione, ma non abroga né modifica la misura di
sicurezza dell’internamento in tali strutture. Le innovazioni positive
in cui si può ragionevolmente sperare sono l’abbandono delle sei
grandi strutture esistenti, lontane dai luoghi d’origine degli internati,
in favore di un maggior numero di piccole strutture distribuite sul
territorio, in condizioni di minore degrado, dipendenti dal Servizio
sanitario nazionale, anziché dal sistema penitenziario e con personale
prevalentemente sanitario, anziché di custodia (è previsto un servizio
di vigilanza perimetrale, solo all’esterno degli istituti) .
.. Il diritto penale tra verità processuale e certezza scientifica.
Fugaci conclusioni
Al termine di questo “differenziato” percorso all’interno delle scienze
penalistiche la conclusione più efficace è che non ci sono conclusio. Vedi D.P.C.M.  aprile , in Gazzetta Ufficiale, supplemento ordinario, n. , 
maggio , che disciplina “le modalità, i criteri e le procedure per il trasferimento al
Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, delle risorse finanziarie, dei rapporti
di lavoro, delle attrezzature, arredi e beni strumentali relativi alla sanità penitenziaria” in
attuazione dell’articolo , comma , Legge  dicembre , n. , dove all’articolo  è
previsto che «vengono trasferite al Servizio sanitario nazionale tutte le funzioni sanitarie
svolte dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e dal Dipartimento della giustizia minorile del Ministero della giustizia, comprese quelle concernenti il rimborso alle
comunità terapeutiche, sia per i tossicodipendenti e per i minori affetti da disturbi psichici,
delle spese sostenute per il mantenimento, la cura e l’assistenza medica dei detenuti di cui
all’art. , commi  e  bis, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica
 ottobre , n. , e successive modificazioni, nonché per il collocamento, disposto
dall’autorità giudiziaria, nelle comunità terapeutiche per minorenni e per giovani adulti di
cui all’art.  del decreto legislativo  luglio , n. . Le regioni assicurano l’espletamento delle funzioni trasferite con il presente decreto attraverso le Aziende sanitarie locali
comprese nel proprio territorio e nel cui ambito di competenza sono ubicati gli istituti e
servizi penitenziari e i servizi minorili di riferimento». A riguardo vedi anche l’allegato C a
D. P. C. M. Linee di indirizzo per gli interventi negli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) e nelle
case di cura e custodia, dove «È da sottolineare che il successo del programma specifico per
gli OPG è strettamente connesso con la realizzazione di tutte le misure e azioni indicate per
la tutela della salute mentale negli istituti pena, con particolare riferimento all’attivazione,
all’interno degli istituti, di sezioni organizzate o reparti, destinati agli imputati e condannati,
con infermità psichica sopravvenuta nel corso della misura detentiva che non comporti
l’applicazione provvisoria della misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico
giudiziario o l’ordine di ricovero in O.P.G. o in case di cura o custodia; presso le stesse
sezioni potrebbero essere assegnati, per l’esecuzione della pena, anche i soggetti condannati
a pena diminuita per vizio parziale di mente».
. Modelli di sanzioni e neuroscienze

ni. Di fatto se le questioni relative all’imputabilità, responsabilità e
connessa risposta sanzionatorio–terapeutica si manifestano come altamente complesse, le risposte penali non possono essere elusive, né
semplificate.
Ne consegue che le teorie giuridiche sul punto devono, come
è stato finora, rispecchiare le risultanze delle scienze psicologiche
e psichiatriche ed allargare il loro campo d’azione includendo gli
approcci di tipo neuroscientifico in generale, neuroetico in particolare.
A fronte di una normativa ed una prassi in divenire che seguono
ritmi a volte serrati, a volta rallentati, sempre comunque alternati,
diritto penale e scienza segnano i propri limiti. Il diritto penale
ha il proprio limite nelle norme codificate, “trapassate” le quali la
condotta dell’individuo diviene prima responsabile, poi sanzionabile, nel momento in cui la si collega con la capacità (di intendere e
di volere) dello stesso di percepire il limite e con la volontà (consapevole) di adeguarsi ad esso. La scienza coglie il limite umano
nella capacità di autolimitazione del soggetto, ovvero nella regolamentazione tra norme e impulsi (primari e secondari) e verifica
se il comportamento dello stesso nell’appagamento dei bisogni sia
autonomo o si adegui passivamente alle proibizioni o agli ordini
provenienti dall’esterno.
Nella realtà processuale l’incontro tra diritto penale e neuroscienze spinge nelle valutazioni peritali per l’utilizzo di strumenti
quali la risonanza magnetica funzionale o le altre tecniche di neuroimaging al fine di capire per dimostrare se il malato di mente sia in
grado di dire e/o riconoscere il vero, o di partecipare al processo
o di comprendere il significato della sanzione, o di difendersi, seguendo le regole stabilite nel codice; o contra se una persona sana
possa porre in essere una condotta affine a quella degli infermi
dichiarati per disturbo più o meno grave della personalità, o perché
coinvolto in problematiche nevrotiche.
Nella ricerca delle ragioni neurobiologiche dei comportamenti
penalmente rilevanti non vi è nulla di certo, ma anche nell’attuale
formulazione della perizia non vi è nulla di certo, essendo contestabili in molte situazioni vaghezza diagnostica, carenza di test, fretta
e mancata analisi dei fatti contenuti nel fascicolo dibattimentale.
Perché, dunque, non percorrere la “nuova” strada aperta dalle
neuroscienze verso un modello di giustizia penale, sempre finaliz-

. Modelli di sanzioni e neuroscienze
zato ad assicurare il rispetto delle regole e dei valori assoluti del
nostro sistema?
Postfazione
Nel presente volume diversi profili del sistema penale vengono correlati a specifiche condizioni neuropsicologiche. Il riferimento immediato
è dato dall’imputabilità ed dall’accertamento della stessa, studiata attraverso la neuroscienza, la genetica comportamentale, le tecniche
più avanzate di analisi cerebrale, note come la risonanza magnetica
funzionale, la tomografia assiale.
Un nuovo paradigma scientifico è in atto nella sua elaborazione
teorica, ma non di meno nella sua attuazione applicativa. L’aspetto
mentalistico presente nel codice penale, legato alla “coscienza”, alla
“volontà”, all’“intendere”, ai “motivi a delinquere”, viene riletto in
chiave metodologica differenziata, includendo dati neuroscientifici
rilevanti ai fini della valutazione giudiziaria nella pratica del diritto.
Nel dibattito relativo all’uso della prova scientifica nel processo
penale, la maggiore persuasività riconosciuta alle neuroimmagini, utilizzate per osservare certe regioni cerebrali o certe combinazioni
genetiche, è stata evidente nella formalizzazione di un giudizio di
seminfermità fondato sui nuovi criteri di acquisizione probatoria. L’impiego delle neuroscienze nei tribunali ripropone il tema del confronto
tra prova fornita dalla scienza e standard probatori e di giudizio applicabili in sede dibattimentale. L’intreccio è alquanto complesso, cogliendo tre aspetti fondanti la decisione sull’accertamento della capacità di
intendere e di volere dell’imputato.
Il primo è quello relativo al giudizio sull’ammissibilità della neo
prova, che pone il giudice di fronte alla scelta del “giusto metodo
scientifico”, per consentire la formazione di un sapere scientifico affidabile che entri a far parte dell’insieme delle emergenze processuali
a sua disposizione. Il secondo attiene alla “giusta applicazione” dello
strumentario “neoscientifico”, acquisito al processo, ovvero alla valutazione del peso specifico che le neuroscienze eserciterebbero nel
quadro probatorio delle emergenze disponibili. Infine, il terzo, più
importante, riguarda più specificatamente la “giusta decisione” che


Postfazione
spetta sempre al giudice. I due casi esaminati nel lavoro in questione, la
sentenza della Corte d’Appello di Trieste e la pronuncia del Tribunale
di Como, sono espressione di una nuova tendenza in senso neuroscientifico forense ai fini della valutazione della capacità d’intendere e
di volere dell’imputato.
Le due decisioni hanno utilizzato gli esiti di perizie fondate su indagini neuroscientifiche e genetiche per esaminare lo status di seminfermità di soggetti condannati per omicidio e altro e per comprenderne
la ratio attraverso lo studio dell’esplorazione metabolico–funzionale
del cervello e della decodificazione del genoma umano. Il rapporto
tra sviluppo della personalità e patrimonio genetico, infatti, riveste
un ruolo importante nella modulazione dei comportamenti aggressivi, senza sottendere alcuna certezza di causalità diretta tra geni e
comportamento per effetto di variabili genetiche. Pertanto se il gene
MAOA, che codifica l’enzima monoaminossidasi A, coinvolto nella
regolazione del tono dell’umore e del comportamento, sia causa della
parziale incapacità di intendere e di volere dell’imputato, sarà, come
è stato, rimesso alla libera determinazione del giudice, con tutti gli
interrogativi del caso.
In quest’ottica l’imput lanciato dalla giurisprudenza sembra destinato a richiamare l’attenzione generale sulla rinnovata necessità
di comprendere la scienza e di farne buon uso, evitando pregiudizi
riduzionisti e degenerazioni applicative.
Giuseppe Dentamaro
Sostituto procuratore della Repubblica
presso il Tribunale di Bari
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MEDICINA LEGALE, CRIMINALISTICA E SCIENZE SOCIALI
COLLANA INTERNAZIONALE DIRETTA DA FRANCESCO VINCI
. Francesco Vinci, Rosa Falamingo, Annamaria Fasano
Armi. Disciplina giuridica, interesse medico-legale e risvolti sociali
 ---, formato x cm,  pagine,  euro
. Francesco Vinci, Antonio De Donno, Maricla Marrone (a cura di)
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giurisprudenza. Con questionari autovalutativi
 ----, formato x cm,  pagine,  euro
. Francesco Vinci (a cura di)
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 ----, formato x cm,  pagine,  euro
. Francesco Vinci, Maricla Marrone, Francesca Tarantino, Antonio De
Donno
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 ----, formato x cm,  pagine,  euro
. Nicoletta Ventura
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 ----, formato x cm,  pagine,  euro
. Maria Antonella Pasculli
Neuroscienze e giustizia penale. Profili sostanziali. Volume I
 ---xxxx-x, formato x cm,  pagine,  euro
. Nicoletta Ventura
Neuroscienze e giustizia penale. Profili processuali. Volume II
 ---xxxx-x, formato x cm,  pagine,  euro
In corso di pubblicazione
. Francesco Vinci, Rossana Gianciotta, Sabrina Leonardi, Maricla Marrone, Pasquale Beltempo Alessio Romanelli Veneziani, Carolina Maria
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Compilato il  ottobre , ore :
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 Ariccia (RM) – via Quarto Negroni, 
per conto della «Aracne editrice S.r.l.» di Roma