Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi* In questo mio intervento ripeterò in parte cose già dette negli anni scorsi. Per affrontare il problema del valore conoscitivo della scienza della natura mi sembra infatti essenziale partire ancora da quello del metodo, da come cioè la scienza viene costruita e da come le teorie scientifiche si articolano ed evolvono. Mi sembra importante da questo punto di vista porre a confronto la concezione della scienza nel mondo greco e quella della nostra moderna scienza sperimentale e allo stesso tempo cercare di capire che cosa di nuovo sia accaduto nel Rinascimento perché una scienza della natura nel senso che noi oggi diamo a questo termine potesse svilupparsi. L’idea di Scienza senza aggettivi nasce certamente nell’antica Grecia. Furono i Greci a giungere per primi al concetto di dimostrazione, a rendersi conto che non era importante solo sapere come le cose sono, ma anche capire perché sono come sono. Il mondo egiziano e quello mesopotamico erano in possesso di un buon numero di cognizioni che noi oggi diremo scientifiche; conoscenze di tipo geometrico, come regole per il calcolo di aree e volumi, di tipo algebrico, conoscenze di anatomia, sull’efficacia di erbe o altri medicamenti, conoscenze sul moto apparente degli astri. Tutte queste nozioni però erano strettamente finalizzate a scopi di carattere pratico; tracciare nuovi confini nei campi dopo le inondazioni, risolvere problemi relativi all’amministrazione dello stato o alla costruzione degli * Attualmente è Professore e ricercatore di istituzioni di Fisica Teorica presso l'Università di Milano, Dipartimento di Fisica dell’Università di Milano, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, sezione di Milano. Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 149 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones edifici, curare ferite e malattie, fissare un calendario (necessario per le esigenze dell’agricoltura e del culto), formulare oroscopi (in Mesopotamia era molto sviluppata la cultura del magico). Mancava invece ogni tentativo di giustificazione teorica delle conoscenze acquisite; ciò che interessava erano i risultati; se qualche metodo di carattere generale esisteva, come è probabile, esso era visto esclusivamente in funzione strumentale e non è stato tramandato. Mancava ogni sforzo di sistemazione organica, e qualunque cosa che possa anticipare l’idea di un trattato. L’atteggiamento cambia completamente con l’emergere della cultura greca. A Talete è già accreditata la dimostrazione di cinque teoremi di Geometria elementare e gran parte del vocabolario generale della Matematica che noi ancora oggi usiamo (termini come assioma, postulato, ipotesi, dimostrazione ...) sembra risalire alla scuola eleatica. La scuola pitagorica porta avanti importanti riflessioni sulla natura del numero e dell’armonia, compaiono i primi tentativi di organizzazione delle conoscenze matematiche, vengono formulati i primi modelli cosmologici, ci si pone in maniera esplicita il problema di cosa sia una scienza, del suo valore e dei suoi fondamenti. LA CONCEZIONE DELLA SCIENZA IN ARISTOTELE E LA NASCITA DELLA SCIENZA MODERNA Nei suoi Analitici Anteriori Aristotele si preoccupa di stabilire innanzitutto le regole del ragionamento corretto (la Logica) e poi negli Analitici Posteriori affronta il discorso su come una scienza debba essere organizzata e come possa essere fondata. Secondo Aristotele una scienza deve basarsi su un certo numero di concetti e di proposizioni primitive; queste ultime di tipo generale, comuni a tutte le scienze (assiomi) oppure specifiche della particolare scienza (postulati). A partire da tali Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 150 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones concetti primitivi si introducono gli altri concetti di cui la scienza ha bisogno attraverso definizioni formali. Dalle proposizioni primitive si traggono con metodo puramente deduttivo tutte le altre proposizioni (i teoremi) in cui essa si articola e tutta la solidità dell’edificio dipende da quella dei suoi postulati. I concetti e le proposizioni primitive secondo Aristotele si originano da un processo che egli chiama intuizione intellettiva, nella sostanza una sorta di processo di astrazione, e va quindi giudicata in qualche modo a priori e non sulla base delle conseguenze che ne derivano. Nella sua concezione l’esperienza svolge un ruolo essenziale evocativo e di stimolo, ma non è importante per i contenuti particolari che fornisce. Un’applicazione sostanzialmente fedele delle regole dettate da Aristotele si può vedere negli "Elementi" di Euclide, con le sue spiegazioni sostanzialmente ostensive dei concetti di punto, linea, figura, ..., i suoi sette assiomi e i suoi cinque postulati, da cui tutti i teoremi sono o vorrebbero essere successivamente dedotti. E’ chiaro che l’idea di un carattere a priori dei concetti può essere molto congeniale alla Matematica (almeno in una suo momento precritico), ma è anche molto lontana dall’idea di una scienza sperimentale di tipo ipotetico deduttivo, in cui la validità dei principi si giudica a posteriori, dalla conformità all’esperienza di conseguenze che possono essere anche il risultato di una lunga catena di deduzioni. Nel mondo greco anticipazioni del metodo sperimentale si hanno innanzitutto nella formulazione dei modelli cosmologici. Sia pure con un pregiudizio a favore del moto circolare, la giustificazione di questi sta infatti in ultima analisi nella loro capacita` di "salvare i fenomeni", cioè di dar ragione della posizione apparente degli astri e permettere previsioni. E’ questo il caso del modello a sfere omocentriche di Eudosso e Callippo, del primo tentativo di un modello eliocentrico da parte di Aristarco, del modello geocentrico basato sui concetti di deferente ed epiciclo sviluppato da Apollonio e Ipparco e ripreso da Tolomeo. Altre anticipazioni si possono vedere Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 151 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones nell’opera dei meccanici alessandrini, in Archimede e più in generale nel complesso della scienza ellenistica (le cui opere sono andate però in larga parte perdute). L’ideale dominante della cultura greca resta però quello di poter ricondurre tutto a principi necessari. Bisognerà attendere il Rinascimento perchè una Scienza della Natura nel senso moderno del termine possa affermarsi e un ruolo particolare in questo contesto è comunemente riconosciuto alla figura di Galileo. Il merito di quest'ultimo sta non tanto, o non solo, nelle scoperte di tipo astronomico e negli studi sulla caduta dei gravi, quanto nell'aver per primo saputo prender piena coscienza di un metodo che caratterizza la disciplina almeno quanto i suoi contenuti, e che con i dovuti aggiornamenti e sviluppi resta tutt'oggi alla base del nostro modo di procedere. All'origine della scienza sperimentale nel Rinascimento e nell'Europa occidentale stanno certamente molti fattori. Tali sono il ricupero di gran parte del pensiero greco nella sua espressione originale (molto importante tra le altre l'opera di Archimede); i notevoli progressi nella Matematica, legati in parte agli sviluppi del commercio e della navigazione; i progressi in vari rami della tecnologia, dalla lavorazione dei metalli alla molatura delle lenti, che rendevano possibile la costruzione di strumenti sempre più perfetti. Alcuni autori, però, come Pierre Duemme, Alfred Whitehead e successivamente lo storico californiano Lynn Whyte, rivendicano un ruolo particolare a tutto il complesso delle Filosofia e della Teologia medievale e sottolineano che la "Rivoluzione Scientifica" è stata il risultato di un lungo processo di maturazione iniziatosi nel ‘200 e che ha avuto espressione per esempio nella la scuola di Oxford (Ruggero Bacone, Roberto Grossatesta, Guglielmo di Okham, ...) e nei suoi epigoni francesi (Giovanni Buridano, Nicola di Oresme, ...), e ha portato ad una rivalutazione dei contenuti specifici dell'esperienza come fonte di conoscenza. Tale processo ha origine nel clima culturale in cui questi movimenti sono nati e ha una chiara radice nella concezione Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 152 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones ebraico-cristiana di un Dio creatore, che portava a respingere aspetti del pensiero aristotelico che apparivano inaccettabili alla luce di quella. Di questo tipo era l'idea di un mondo eterno e necessario, che non potesse essere diverso da come era e che appariva in contrasto con la libertà di Dio. Se il mondo è il risultato di una libera scelta di Dio, la pretesa di una conoscenza fondata esclusivamente su principi filosofici di carattere generale diviene inconcepibile e il ricorso ad unesperienza specifica diviene essenziale. E' così che nell'opera degli studiosi citati, in particolare in Nicola di Oresme, l'idea di un metodo ipotetico deduttivo comincia a delinearsi. L'esperienza a cui i tardo medievali si riferivano restava però sempre l'esperienza ordinaria, cioè un'esperienza sostanzialmente passiva. Il merito di Galileo è non solo quello di avere applicato il metodo ipotetico sistematicamente e con piena consapevolezza, ma soprattutto di aver introdotto il concetto di esperimento, o sensata esperienza, come "interrogazione" ragionata ed esplicita della Natura, come esperienza guidata da un'ipotesi interpretativa e riguardante eventi riprodotti in laboratorio nelle condizioni più favorevoli per l'osservazione. LA SCIENZA SPERIMENTALE Nonostante l'atteggiamento polemico di Galileo verso gli aristotelici del suo tempo, l'ideale ultimo della Fisica in senso moderno resta quello di un sapere organizzato secondo i canoni aristotelici, con le sue definizioni, i suoi principi i suoi teoremi. Questo è ovvio per i Principia di Newton, che ricalcano sotto molti aspetti la linea degli Elementi di Euclide, ma è già evidente in Galileo, per esempio nell'immaginario trattato riportato all'interno della sua opera più matura, i Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze. Ancora oggi le formulazioni cosiddette assiomatiche, delle teorie che hanno raggiunto un grado sufficiente di sviluppo e di elaborazione, tendono a strutturarsi come vere e proprie teorie matematiche. Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 153 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones Ciò che Galileo criticava della Fisica aristotelica era in realtà la sostanza dei principi su cui essa si basava ed il modo aprioristico con cui essi pretendevano di essere fondati. L'idea che noi oggi abbiamo di scienza sperimentale è invece quella di una scienza i cui postulati sono giustificati, come abbiamo detto, sulla base del loro potere esplicativo e predittivo. Si suppone di partire da un certo numero di fatti dell'esperienza ordinaria o da un corpo di risultati già acquisiti tramite effettivi esperimenti e si tenta la formulazione di principi che possano rendere conto di tali fatti o risultati. Si cerca di dedurre dai principi ipotetici introdotti il maggior numero di conseguenze empiricamente verificabili e di concepire esperimenti che possano confermarle o smentirle (Popper parlerà di falsificabilità delle teorie). Galileo individua i due elementi fondanti nelle già ricordate sensate esperienze e nelle necessarie dimostrazioni. La "nuova scienza" si svilupperà appunto da un rapporto dialettico continuo tra costruzione teorica ed esperimento. E' importante sottolineare che alla formulazione dei principi il ricercatore non è mai condotto in maniera univoca dal risultato di esperimenti attraverso un puro processo di induzione, come avrebbe voluto Francesco Bacone. Nella formulazione delle ipotesi alla base di una teoria intervengono l'intuizione e la fantasia del ricercatore, il suo senso estetico, i suoi pregiudizi filosofici. Il modo in cui egli vi giunge è per se irrilevante. Ciò che importa è che le ipotesi siano in grado di dar ragione dei fatti per la cui interpretazione sono state create e che portino a previsioni che possano superare successivamente controlli rigorosi. All'idea, apparentemente contraria all'esperienza ordinaria, che tutti i corpi, fatta astrazione dalla resistenza dell'aria, cadessero con accelerazione costante ed indipendente dalla loro stessa natura, Galileo fu guidato da vari elementi, tra questi un'ipotesi di massima semplicità e la considerazione di un esperimento ideale (sul confronto tra il comportamento di due corpi quando essi cadessero separatamente o saldati in un unico corpo). Contestualmente egli però elaborò varie Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 154 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones conseguenze della sua ipotesi, tra cui quella della proporzionalità tra lo spazio percorso nella caduta e il quadrato del tempo impiegato. Combinando quest'ultimo risultato con una seconda ipotesi (che nel linguaggio attuale può essere identifica con il carattere vettoriale dell'accelerazione) fu capace di concepire i suoi esperimenti di verifica con i piani inclinati, che, pur nella loro grossolanità, rivestono un grande valore concettuale. Un discorso simile può essere fatto per le leggi che Newton pone alla base della sua meccanica e della sua teoria della gravitazione. Tali leggi furono scelte in modo da rendere conto di quelle sulla caduta dei gravi come formulate da Galileo; di quelle sulla conservazione del momento lineare nell'urto, come postulata dapprima in maniera imperfetta da Cartesio e poi da Wallis, Wen e Huygens; delle leggi di Keplero sul moto dei pianeti. Una loro prima conferma si ebbe nel successo della loro applicazione al moto della luna attorno alla Terra e nell'interpretazione del moto dei corpi su scala terrestre. Una ulteriore e definitiva conferma si avrà, poi, con l'osservazione delle deviazioni del moto dei pianeti dalle leggi di Keplero e la loro interpretazione come perturbazioni prodotte dall'attrazione reciproca tra gli stessi pianeti. OPZIONI FONDAMENTALI E LINGUAGGIO Oltre al modo di procedere per continua dialettica tra costruzioni teoriche ed esperimenti sopra discusso, un'altra caratteristica molto importante della nuova scienza nata nel Rinascimento è l'angolo visuale sotto cui gli oggetti sono guardati. La Filosofia greca come quella medievale sono dominate dal problema della ricerca dell'essenza e delle cause. Così si esprime invece Galileo nella sua terza lettera a Marco Wesler: "O noi vogliamo specolando tentar di penetrar l'essenza vera ed intrinseca delle sustanze naturali; o noi vogliamo contentarci Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 155 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones di venire in notizia di alcune loro affezioni. Il tentar l'essenza l'ho per impresa non meno impossibile e per fatica non meno vana nelle prossime sustanze elementari che nelle remotissime e celesti ... Ma se vorremo fermarci all'apprensione di alcune affezioni, non mi par ci sia da disperar di poter conseguirle anco nei corpi lontanissimi da noi, non meno che nei prossimi". L'aspetto rivoluzionario di questo atteggiamento sta da una parte nella rinuncia a spiegare i fenomeni naturali ricorrendo a principi metafisici generali, dall'altra nel riconoscimento della possibilità di isolare alcuni aspetti degli oggetti studiati, di delimitare in maniera precisa un certo ambito di fenomeni e di ottenere una conoscenza valida senza necessariamente porli in relazione col tutto. Nel pensiero classico la comprensione del tutto è condizione per la comprensione delle parti, ora invece è spesso dalla conoscenza delle parti che si può giungere a sintesi più ampie. E' ad un tale atteggiamento che è evidentemente legata la stessa possibilità della Scienza della Natura moderna di articolarsi in capitoli e settori tra loro in larga misura indipendenti. E' in quest'ordine di idee che nasce la possibilità di procedere per idealizzazioni, per modelli e di ragionare su esperimenti ideali; strumento quest'ultimo molto usato in analisi di tipo concettuale nella Fisica moderna, ma già presente in Galileo. Si tratta infatti di prescindere da aspetti della realtà che si studia ritenuti inessenziali allo scopo che ci si prefigge, per concentrarsi su quelli più rilevanti. E' questo il caso del moto di rivoluzione dei pianeti intorno al sole, idealizzati come punti, o della caduta dei gravi supponendo di poter prescindere dalla resistenza dell'aria. Riguardo alle particolari affezioni, alle "qualità" dei corpi da considerare, inoltre, Galileo nella sua opera Il Saggiatore distingue tra quelle quantificabili e matematizzabili, come sono le dimensioni, l'estensione, la disposizione nello spazio, considerate oggettive e che saranno dette in seguito qualità primarie, e quelle più direttamente legate alla percezione del Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 156 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones soggetto, come il colore, che saranno dette qualità secondarie. Nello sforzo di creare una scienza per quanto possibile oggettiva e incontrovertibile, egli stabilisce che l'attenzione debba essere ristretta alle sole qualità primarie. E' quest'ultima da ritenersi una seconda opzione, fondamentale e in qualche modo costitutiva, della Scienza sperimentale. Essa oggi si traduce tra l'altro nel requisito di operatività nella definizione delle grandezze e di protocolli precisi per la loro misura e sono proprio queste caratteristiche che rendono non ambigua l'enunciazione e la comunicazione di un risultato. Per finire va precisato che quanto detto a proposito delle relazioni tra le parti e il tutto, non significa che la Fisica si debba esaurire in una pura analisi, rivolta ad individuare semplicemente i costituenti più elementari degli oggetti e a studiarne le proprietà. A parte l'importanza del modo di organizzarsi di tali costituenti, che non è solamente riconducibile alle proprietà dei singoli, nelle teorie più fondamentali si punta ad un punto di vista sempre più unitario. Nell'ambito della Teoria Quantistica dei Campi poi gli stessi costituenti perdono la loro individualità per diventare semplice modo di apparire dello stato di campi che sono per se degli oggetti olistici. Veniamo al problema del linguaggio. Sempre nel Saggiatore Galileo scrive anche: "La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto davanti agli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, a conoscere i caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi e altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola: senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto". L'affermazione più significativa di questo secondo brano è che la Matematica costituisce il linguaggio stesso in cui la Fisica Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 157 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones deve essere espressa. Questa circostanza, se era vera per la Fisica dei tempi di Galileo, lo è molto di più per la Fisica attuale e l'averla posta in evidenza va considerata una grande scoperta. Le ragioni di questo ruolo sono certamente nella scelta di privilegiare gli aspetti quantitativi del mondo sensibile. Ma non meno importante è che la Matematica fornisce lo strumento logico con cui le ipotesi fondamentali di una teoria fisica possono essere formulate in modo inequivoco, le loro conseguenze essere elaborate e tradotte alla fine in predizioni precise e controllabili. Ovviamente per Galileo il "linguaggio matematico" era innanzitutto quello della Geometria elementare. Questa era sufficiente per formulare i modelli cosmologici che erano discussi a quel tempo. E' chiaro tuttavia che come la comprensione del mondo della natura ha proceduto, hanno dovuto essere impiegati tipi di linguaggio matematico sempre nuovi e avanzati. La formulazione della Meccanica data da Newton nei suoi Principia, ad esempio non sarebbe stata semplicemente possibile senza l'introduzione delle prime idee di Analisi Infinitesimale. Il concetto di equazione differenziale ha dominato tutta la Fisica Classica. Il concetto di differenziale esatto è stato essenziale per l'introduzione di quelli di forza conservativa in Meccanica, di energia interna o di entropia in Termodinamica; senza di esso interi capitoli di fisica non sarebbero mai stati scritti. Nella Fisica Classica la relazione tra simboli matematici e realtà empirica è comunque molto diretta. Il punto materiale idealizza un corpo le cui dimensioni siano trascurabili alla scala considerata; le sue coordinate corrispondono a tipi di osservazione concettualmente molto semplici, come quelle eseguite con comuni strumenti ottici. I campi elettrici e magnetici possono essere in linea di principio posti immediatamente in relazione con gli effetti prodotti su corpi di prova in quiete o in movimento; la distribuzione delle Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 158 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones temperature in un fluido fa riferimento almeno idealmente alle indicazioni di un sistema di termometri. Il grado di astrazione diviene invece grandissimo nella Fisica Quantistica. In questo caso il linguaggio matematico non ha per se alcun corrispettivo immediato nell'intuizione ordinaria. Il contatto con il mondo reale, con ciò che noi possiamo percepire o su cui possiamo agire, è dato da un insieme di regole matematiche astratte che acquistano senso solo nella loro unità. E' solo con l'uso dell'intero complesso di queste regole che noi possiamo fare delle predizioni verificabili, "spiegare" determinati fenomeni, capire le loro connessioni con altri. Non sempre il fisico riesce inoltre a trovare nella Matematica esistente il formalismo che gli è necessario per costruire una nuova teoria. In molti casi egli stesso deve crearselo. Molte volte proprio in questo modo sono stati aperti dei capitoli completamente nuovi della Matematica. E' stato questo il caso del concetto di derivata come introdotto da Newton, quello di serie di Fourier, di certi sviluppi della teoria degli operatori, della teoria delle distribuzioni. E' particolarmente interessante ad esempio il modo in cui Dirac ha organizzato il suo famoso libro Quantum Mechanics e molti dei suoi lavori scientifici. Di norma egli presuppone solo una matematica molto elementare e cerca di costruirsi il formalismo necessario assiomaticamente in stretto contatto con la teoria fisica. La struttura matematica è così fatta emergere direttamente dalla Fisica. Alcune delle idee introdotte in questo modo da Dirac sono state sviluppate da matematici di grande valore, come L. Schwartz o I. M. Gel'fand, e hanno dato origine a capitoli interamente nuovi della Matematica. SVILUPPO ED EVOLUZIONE DELLE TEORIE E DEI MODELLI CONCETTUALI Se le teorie ricevono una loro legittimazione dalla capacità di spiegare i fenomeni conosciuti e dalla conferma dei fenomeni Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 159 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones che prevedono, è chiaro che esse devono essere innanzitutto modificate o sostituite come emergono dei risultati nuovi che non possono essere inquadrati nelle vecchie idee. Questo non è però l'unico modo in cui le teorie evolvono. Esse progrediscono in larga parte anche per logica interna, nello sforzo di raggiungere una sempre maggiore coerenza e semplicità di presupposti e di ottenere sintesi sempre più ampie. Esempi della prima circostanza, a parte il caso di innumerevoli teorie particolari, si possono avere nel definitivo prevalere della teoria ondulatoria della luce su quella corpuscolare, nell'abbandono dell'idea del calore come sostanza per passare ad una sua interpretazione energetica, nella creazione di una Teoria Quantistica in sostituzione di quella Classica per l'interpretazione dei fenomeni di emissione e assorbimento della radiazione e lo studio della costituzione microscopica della materia. Numerosissimi sono però anche gli esempi della seconda circostanza. Possiamo ricordare innanzitutto lo stesso caso della Meccanica, in cui Newton, come ho detto, riuscì a comporre in un quadro unitario e a ricondurre ad un unico sistema di principi, la caduta dei gravi, i fenomeni d'urto, il moto dei pianeti. Possiamo ricordare come altro classico esempio del risultato di un simile sforzo di sintesi l'elettromagnetismo di Maxwell, nelle cui famose equazioni quest'autore riuscì a inglobare tutte le leggi particolari sul campo elettrico e magnetico ai suoi tempi conosciute, prevedendo tra l'altro l'esistenza delle onde elettromagnetiche, successivamente verificata da Hertz. Nello stesso ordine di idee possiamo pensare al caso della Teoria della Relatività di Einstein, nata da una esigenza fondamentalmente estetica, dalla convinzione che il principio di relatività valido per la Meccanica dovesse potersi estendere a tutte le leggi fisiche (e non, si badi, dal risultato dell'esperienza di Michelson di cui Einstein neppure parla nel suo primo lavoro). Esempi del tipo indicato potrebbero Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 160 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones poi moltiplicarsi indefinitamente nel periodo più recente. Ignorando i moltissimi tentativi che non hanno avuto successo, possiamo ricordare come particolarmente significativo il caso della teoria unificata delle interazioni elettro-deboli di Glashow, Weinberg e Salam che è riuscita a comporre in un quadro unitario la teoria delle forze elettromagnetiche e delle forze deboli, arrivando a prevedere con grande precisione tutta una serie di fenomeni nuovi, tra cui l'esistenza delle famose particelle W e Z, le loro masse e le loro principali proprietà. Questa teoria costituisce insieme alla QCD (Cromo Dinamica Quantistica), teoria delle interazioni forti, la base di quello che è chiamato oggi il "modello standard" delle particelle e la premessa dei molti sforzi per creare una teoria unificata di tutte le forze che includa anche la Gravità. Venendo ai contenuti ed alle articolazioni delle varie teorie che si sono succedute, un rapido sguardo storico, permette di individuare diversi momenti, corrispondenti a capitoli e problematiche diverse, caratterizzati dall'affermarsi di determinati modelli concettuali. Tali modelli si sono rivelati insufficienti in una fase successiva e hanno dovuto essere integrati o radicalmente trasformati; Thomas S. Kuhn parla di rivoluzioni scientifiche e di cambiamenti di paradigma. Il primo capitolo della Fisica che ha acquistato la forma di una teoria organica è stato ovviamente la Meccanica. L'idea centrale nella Meccanica è quella di "punto materiale". In certe classi di fenomeni noi possiamo trascurare la forma e le dimensioni di un corpo, specificarne semplicemente la massa e la posizione e scrivere un sistema di equazioni che regola il variare con il tempo delle sue coordinate. Una tale idealizzazione è sufficiente per descrivere il moto di molti corpi pesanti in prossimità del suolo o quello di rivoluzione dei pianeti intorno al sole. Il comportamento dei corpi estesi può essere trattato nello stesso ordine di idee, pensando a questi come aggregati di piccole parti. In questo modo è stato possibile Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 161 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones costruire una teoria dei corpi rigidi, una teoria dell'elasticità, una teoria dei fluidi. La perfezione formale e i risultati raggiunti dalla Meccanica sono stati tali che per quasi tre secoli molti scienziati hanno potuto avere la convinzione che tutti fenomeni fisici dovessero essere inquadrati nell'ambito di tale disciplina. Lo stesso Newton riteneva che, col progredire delle conoscenze sulla costituzione microscopica della materia, tutte le forze, incluse quelle elettriche e quelle magnetiche, avrebbero potuto essere ricondotte alla sola forza di gravitazione. Ma primi dubbi sulla possibilità di comprendere la natura esclusivamente con concetti di tipo meccanico nacquero già nella prima metà del XIX secolo, come conseguenza sia dello sviluppo della termodinamica, sia soprattutto dell'idea di "campo" introdotta da Ampere e da Faraday. Ogni tentativo di interpretare l'elettromagnetismo in termini meccanici fu poi abbandonato all'inizio di questo secolo con la comparsa della Teoria della Relatività, oltre trent'anni dopo la definitiva formulazione della teoria di Maxwell. Ci si è resi conto che il "campo" doveva essere considerato come un'entità completamente nuova; una entità priva di qualsiasi supporto "materiale", eppure estremamente concreta. Essa poteva essere direttamente percepita come luce, poteva essere misurata, era capace di trasportare energia e momento, ma non poteva essere ricondotta a deformazione o spostamento di corpi. Il cambiamento nell'ordine delle idee è stato drastico. Un cambiamento anche più importante si è avuto con la nascita della Fisica Quantistica. E' apparso chiaro che i concetti della Meccanica Classica, se insufficienti per la comprensione dei fenomeni elettromagnetici, ancora di più risultavano inadeguati per lo studio di quei costituenti elementari della materia a cui pure poteva sembrare che più immediatamente dovessero applicarsi. In effetti l'idea di punto materiale, su cui come abbiamo detto l'intera Meccanica si basa, doveva essere Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 162 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones radicalmente rivista e perdeva molto del suo significato originario. La caratteristica essenziale della nuova teoria è che a ciascuno di quegli oggetti che chiamiamo "particelle" (elettroni, protoni, neutroni, ecc.) appare associato un campo soddisfacente un'appropriata equazione d'onda. Nella formulazione più elementare, la cosiddetta Meccanica Quantistica o "prima quantizzazione", il quadrato del modulo del campo è legato, come è noto, alla probabilità di "rivelare" la particella con uno strumento effettivo disposto in una determinata posizione nello spazio. In questo senso il campo può essere visto come un semplice strumento matematico per effettuare previsioni osservabili. Tuttavia con le onde associate alle particelle è possibile ripetere esperimenti di interferenza e diffrazione largamente analoghi a quelli effettuati con la luce. Con un fascio di elettroni è possibile ottenere effetti di diffrazione su cristalli del tutto simili a quelli ottenuti con i raggi X ed è anche possibile riprodurre l'esperimento di Young, di interferenza da due fenditure. In questo contesto è importante sottolineare che in un dispositivo in cui le particelle possano essere registrate singolarmente la figura di interferenza è effettivamente progressivamente ricostruita come conseguenza della loro distribuzione statistica sullo schermo. E' d'altra parte chiaro che il concetto stesso di interferenza è in contraddizione con l'idea di una particella puntiforme che segue una traiettoria continua. Se infatti nell'esperimento di Young, noi vogliamo anche solo immaginare che la particella passi per una soltanto delle due fenditure, immediatamente siamo costretti a concludere che l'interferenza è impossibile. Ciò che resta nella Meccanica Quantistica dell'idea di particella puntiforme è semplicemente la circostanza che essa, essendo un oggetto indivisibile, può agire solo su uno per volta degli elementi di un sistema di rivelatori, per quanto piccoli questi possano essere. L'allontanamento dai concetti classici diviene ancora più drastico ed evidente nella Teoria Quantistica dei Campi Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 163 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones (seconda quantizzazione), essenziale per conciliare la teoria quantistica con la Relatività. In tale teoria le particelle sono pensate come "quanti" di campi appropriati, esse divengono cioè una manifestazione del fatto che l'energia ed il momento del campo possono cambiare solo per quantità discrete. Parlare di un elettrone, due elettroni, molti elettroni ha solo il senso di specificare lo stato di un determinato campo. In questa prospettiva la singola particella perde anche quell'individualità che le era rimasta nella prima quantizzazione. In un dato processo certe particelle possono sparire e altre essere create; questo fatto essendo semplicemente un modo di apparire degli scambi di energia tra campi. OPZIONI EPISTEMOLOGICHE Lo sviluppo storico delle idee in Fisica che ho cercato di delineare nei suoi tratti essenziali nella sezione precedente, la progressiva crisi dei concetti teorici fondamentali e la necessità di rimpiazzarli successivamente porta a porsi molto naturalmente il problema del significato e del valore delle "conoscenze" acquisite. Dopo quanto detto in particolare a proposito della Teoria Quantistica, è chiaro che una posizione di realismo ingenuo come quella di molti scienziati del passato, che pretenderebbe di poter dare una descrizione del mondo come è, visualizzare gli oggetti fisici in maniera immediata e porli in corrispondenza diretta con gli enti matematici, non appare oggi sostenibile. Come la ricerca si sviluppa tutte le teorie mostrano i loro limiti e nuove teorie devono essere create. Anche se le vecchie teorie in molti casi vengono conglobate e restano nelle successive (nel contesto di sintesi più generali o come approssimazioni valide in determinate situazioni limite), è evidente che ad ogni stadio alle nostre acquisizioni può essere attribuito solo un carattere parziale e provvisorio. Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 164 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones Insistiamo sul fatto che col trascorrere del tempo non si è verificato solo uno sviluppo quantitativo delle conoscenze, ma sono gli stessi schemi concettuali utilizzati che hanno dovuto essere radicalmente modificati e sono venuti ad assumere un carattere progressivamente più astratto. Nell'affrontare i problemi posti dall'estremamente piccolo abbiamo dovuto rinunciare in larga parte alla nostra intuizione e formulare teorie in cui la Matematica da semplice mezzo di calcolo è diventata, come abbiamo detto, sempre più un indispensabile strumento espressivo, a un livello e in una misura che Galileo mai avrebbe potuto immaginare. Emblematicamente i problemi di interpretazione posti dalla Fisica moderna possono essere colti nel dibattito che si è acceso, al suo apparire, attorno alla Teoria Quantistica e che, nonostante l'atteggiamento molto più pragmatico dei fisici di oggi, è ancora aperto e rivela una notevole varietà di posizioni. Di fronte all'astrattezza del formalismo e alle difficoltà di lettura dei risultati, tra molti scienziati e filosofi della scienza si è manifestato un atteggiamento puramente strumentalista largamente diffuso soprattutto negli anni dai ‘20 ai ‘40. Questo atteggiamento consiste nel negare alla teoria ogni contenuto, oltre a quello di una pura correlazione tra i fenomeni, e nel ridurla a semplice strumento di previsione, senza alcun riferimento a una realtà indipendente dall'osservatore. Esso è stato interpretato nella maniera più esplicita dal neopositivismo, che ha avuto a un certo punto la pretesa di assurgere al ruolo di filosofia ufficiale della nuova Fisica. Una posizione così estrema è a mio parere insostenibile ed è addirittura in contraddizione con la stessa motivazione di fondo della ricerca scientifica. Credo che all'idea di una qualche realtà al di fuori di noi sia molto difficile rinunciare. Tale idea nasce infatti dalla nostra stessa fondamentale esperienza che non è possibile modificare il "mondo" a nostro piacere e che per poter agire su di esso noi dobbiamo innanzitutto "comprenderlo". Inoltre in un punto di vista puramente convenzionalista o Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 165 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones strumentalista non c'è in realtà posto per l'elemento teorico che pure, come abbiamo detto, è essenziale per la Fisica e strettamente legato a parole come "spiegare" e "capire". In una tale prospettiva la teoria può al massimo ridursi ad un criterio di ordinamento di una molteplicità di fatti empirici. Ma un tale declassamento è decisamente contro l'atteggiamento psicologico e la stessa esperienza di lavoro di ogni scienziato. Come Whitehead diceva, la scienza nasce da "una convinzione istintiva e generalizzata che esiste un ordine delle cose e più precisamente un ordine della Natura" e che tale ordine, almeno in una certa misura può venire compreso. Anche quando motivato da ragioni applicative, l'atteggiamento dello scienziato nell'ambito del suo lavoro resta sempre un atteggiamento conoscitivo, non congruo con una semplice ricerca di utilità. Se però rifiutiamo un realismo ingenuo, se insistiamo sul carattere provvisorio di ogni teoria e allo stesso tempo riteniamo incongruo un puro strumentalismo, quale può esser il vero senso delle nostre teorie e delle nostre progressive acquisizioni? Credo che la risposta vada trovata nel concetto di modello, nell'idea che ogni teoria fisica debba essere riguardata appunto come un modello (in linea con l'assunto che non possiamo "tentar le essenze"), come uno strumento di tipo analogico, che è certamente per molti aspetti una nostra creazione, ma che, pur sempre ci parla di un mondo reale. Comunque la si metta, tuttavia, il problema del valore conoscitivo della Fisica, del fatto che essa parli appunto o non parli di un mondo reale, appare (qualunque cosa questa ultima posizione possa voler dire) strettamente legato al ruolo che nell'interpretazione si attribuisce al concetto di causa e al senso che si ritiene di dover dare a questa parola. E' su questo concetto che mi voglio un momento soffermare prima di ritornare su quello di modello. Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 166 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones RUOLO DEL CONCETTO DI CAUSA Nella filosofia classica il termine causa ha parecchie accezioni. Per i nostri scopi, al di là delle distinzioni più sottili, ne interessano fondamentalmente due. La prima è il concetto di causa in rapporto alla dimensione temporale: causa come ciò che produce un evento (causa efficiente) o a cui un evento è indirizzato (causa finale). La seconda il concetto in rapporto alla dimensione dell'essere: causa come ragione dell'essere le cose come sono, ragione delle caratteristiche e delle proprietà del mondo che ci circonda. La prima accezione appare costitutiva del concetto stesso di ordinamento temporale. Un evento che è determinato, condizionato, influenzato da un altro è percepito come successivo, come verificantesi dopo il primo evento; uno che lo condiziona, lo influenza come verificantesi prima dello stesso. La percezione di un tale tipo di rapporto appare intrinseca e all'origine della stessa nozione di tempo. Non è un caso che proprio nella teoria della Relatività, che nella divulgazione è spesso presentata come la teoria della relatività del tempo, sia in effetti ritenuto essenziale per una definizione operativa non ambigua di questa grandezza la non reversibilità del rapporto di successione tra ciò che in un dato contesto è considerato causa e ciò che è considerato effetto. Nella Teoria della Relatività Speciale il suddetto requisito è garantito dal teorema di causalità relativistico che è una conseguenza del carattere limite della velocità della luce. Dal punto di vista fisico, perché un evento A che si verifica in un certo luogo e ad un certo tempo (e che è perciò idealmente specificato da tre coordinate spaziali e una temporale) possa influenzare un secondo evento B è necessario che il luogo di quest'ultimo possa essere raggiunto al tempo in cui si verifica da un segnale originatosi da A (e quindi dal luogo di A al tempo di A): occorre cioè che nella rappresentazione dello spaziotempo quadridimensionale il punto che rappresenta B cada all'interno del cono di luce di A (cioè all'interno della Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 167 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones ipersuperficie che nello spazio-tempo rappresenta la propagazione di un segnale di luce originantesi da A). Orbene secondo le equazioni di trasformazione di Lorenzt la coordinata temporale di un evento dipende dal sistema di riferimento adottato, ma mentre se B è fuori dal cono di luce di A può essere tB > tA per un certo osservatore e tB < tA per un altro, se B cade all'interno del cono di luce di A (e quindi A e B possono essere in rapporto di causa e di effetto) risulta tB > tA per tutti gli osservatori. La seconda accezione del concetto di causa è evidentemente ancora più fondamentale. Essa appare intrinsecamente legata al concetto stesso di spiegazione. Spiegare è dare la ragione di qualche cosa, ricondurla alle sue cause. Spiegare le proprietà della materia nelle condizioni a noi familiari o in quelle particolari che si possono ottenere solo nei nostri laboratori, che si trovano all'interno delle stelle o addirittura riteniamo si siano verificate in uno stadio iniziale del nostro universo (altissime e bassissime temperature, altissime densità, stato di plasma ecc.), significa ricondurre tali proprietà ad un modello di costituzione microscopica e alle leggi che regolano il comportamento dei costituenti elementari. Un discorso simile vale per il problema dell'origine dell'energia irraggiata dal sole, del meccanismo di formazione delle stelle, dell'evoluzione dell'universo, del numero, delle proprietà e della natura degli stessi costituenti elementari ecc.. In quanto legato al concetto di spiegazione il concetto di causa come ragione sembrerebbe costitutivo del concetto stesso di Scienza: scientia est cognitio rei per causas. Ma dopo quanto detto a proposito di Galileo, del nuovo modo di guardare alle cose della scienza moderna rispetto alla Filosofia precedente ci si può domandare se le concezioni classiche di causa, di spiegazione, di scienza siano ancora applicabili?. O, in altri termini, la scienza moderna può ancora dare risposte a dei perché? o soltanto, come è stato detto, a dei come?. Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 168 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones E' evidente che, se ci mettessimo in quella prospettiva puramente strumentalista che sopra abbiamo rifiutato, la risposta sarebbe già data. Anche a prescindere da posizioni estreme, mi sembra comunque esemplificativa di posizioni esistenti la voce causality che compare sull'Encyclopedia Britannica (edizione 1962). Si riconosce in tale articolo che la semplice idea humiana di associazione abituale non può giustificare quella di una connessione necessaria tra due eventi, e quindi la capacità di predizione delle teorie scientifiche. Si sostiene però che il concetto di causa, come evento che ne produce un altro, sia di natura sostanzialmente antropomorfa; che al di fuori di un riferimento ad azioni umane esso possa avere solo un significato analogico. In linea con Ernest Mach, si sostiene anche che il concetto di rapporto causale andrebbe ovunque sostituito con quello di relazione funzionale, che ad esso non si farebbe in realtà alcun riferimento nelle teorie più evolute e che esso potrebbe al massimo conservare un suo ruolo nelle spiegazioni di tipo qualitativo. La spiegazione scientifica si ridurrebbe alla semplice verifica che un evento o le proprietà di un corpo siano la conseguenza logica di certe leggi generali (già accertate o semplicemente ipotizzate), posti certi eventi precedenti o fatte certe ipotesi sulla costituzione del corpo. La spiegazione scientifica consisterebbe cioè semplicemente nel mostrare la conformità a certe leggi e non nel cercare di individuare relazioni di causa ad effetto. Quella dell'Encyclopedia Britannica è certamente una posizione diffusa. In proposito vorrei osservare che effettivamente può essere vero che, finché ci si limita agli aspetti formali di una teoria, al modo concreto di procedere nella deduzione, un riferimento esplicito al concetto di causa può essere evitato. Mi sembra tuttavia che, perché ci si senta autorizzati a parlare di spiegazione, occorra qualcosa di più. La semplice deducibilità formale da una legge non si vede come possa portare a superare i limiti dellanalisi di Hume. E' necessario qualcosa che permetta di tradurre il rapporto logico in un rapporto reale e Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 169 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones questo è proprio il ruolo del concetto di causa. Se questo concetto può essere ignorato nel momento formale, esso diviene essenziale a livello di interpretazione dei risultati, nel momento in cui pretendiamo che le nostre deduzioni siano applicabili ad un mondo distinto da noi. La stessa pretesa che la teoria abbia una capacità predittiva, che certe leggi di cui abbiamo sempre constatato la validità in passato restino tali anche in futuro, può essere compresa solo se noi siamo, almeno implicitamente convinti, che essa colga effettivamente qualcosa della realtà degli oggetti alla quale la applichiamo. Voglio in particolare osservare che nel concetto di relazione funzionale manca quella direzionalità che è propria del rapporto di causa ad effetto o di quello di successione temporale. Note ad esempio le leggi della meccanica e della gravitazione, noi possiamo porre in relazione la posizione e la velocità dei pianeti in un dato momento con quelle da essi assunte in un momento precedente. Ma non c'è nulla nel formalismo che faccia riferimento ad un prima o ad un poi. A livello di interpretazione noi dobbiamo fare appello alla nostra percezione di questo prima e di questo poi, senza la quale le nostre relazioni matematiche restano prive di un senso. Possiamo illustrare il discorso con le convinzioni istintive che in noi si sviluppano di fronte a fatti della vita ordinaria. Consideriamo per esempio il fenomeno del verificarsi di frane in territori di montagna in conseguenza del disboscamento e di forti piogge (un'autentica piaga in alcune regioni italiane). Nel riconoscere piogge e disboscamento come le cause di un evento di questo tipo noi siamo pienamente coscienti di fare affermazioni sulla realtà, di indicare circostanze che hanno realmente prodotto l'evento. E, si noti, che, se il disboscamento è qualcosa che dipende dall'azione dell'uomo, questo non è vero per l'occorrere delle piogge. Noi non possiamo in effetti comunemente disporre delle piogge, né sarebbe sensato fare esperimenti su scala reale in proposito. Raggiungiamo, tuttavia, ugualmente empiricamente la convinzione del fatto che la pioggia sia una delle cause delle frane semplicemente Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 170 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones confrontando quanto accade durante i periodi di pioggia e durante i periodi secchi e possiamo spiegarlo come il risultato della riduzione dell'attrito tra i vari strati di terreno in conseguenza all'interporsi tra essi di strati di acqua. In tutto ciò noi siamo convinti di aver compreso realmente qualche cosa della realtà dell'evento ed è proprio per questo che pensiamo di poter utilizzare queste conoscenze per delle contro misure e pensiamo magari di poter avanzare l'accusa di responsabilità umane. Il concetto di causa è chiaramente più ricco del concetto di relazione funzionale ed è essenziale alla nostra comprensione delle cose. E' in questo senso che deve essere intesa l'affermazione sulla conoscenza scientifica come conoscenza per modelli, ma conoscenza vera. IL CONCETTO DI MODELLO IN FISICA Cerchiamo, allora, di approfondire e chiarire in qualche misura il concetto di modello in Fisica, le sue analogie e le sue principali differenze con il corrispondente concetto in Matematica. In Matematica il termine modello è usato con riferimento alla concezione attuale degli gli enti matematici come sprovvisti di significato intrinseco. Per modello di una certa teoria si intende un insieme di oggetti (eventualmente costruiti con gli elementi stessi di un'altra teoria nel contesto considerata meno astratta) che ne soddisfa i postulati, secondo un preciso codice di traduzione o regola di corrispondenza. Se noi associamo, ad esempio, secondo l'usuale prassi cartesiana, una coppia ordinata di numeri reali ad ogni punto del piano, un'equazione lineare ad ogni linea retta e facciamo altre ben note convenzioni, otteniamo un modello della Geometria Euclidea. Se, data una stella di rette in un ordinario spazio euclideo, decidiamo di chiamare punto una retta e retta un piano passante per il centro della stella, abbiamo un ben noto modello Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 171 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones di Geometria Ellittica. Due diversi modelli della medesima struttura astratta possono essere di natura molto diversa. Una coppia di numeri è qualcosa di molto diverso da una qualsiasi realizzazione concreta dell'idea di punto. I ruoli del punto e della retta possono essere completamente scambiati nella Geometria Proiettiva portando a proposizioni "duali". Ciò che è importante nel contesto è che ogni teorema per il modello può essere immediatamente tradotto in un teorema per la struttura astratta e viceversa. Il termine modello in Fisica presenta delle analogie ma anche delle differenze rispetto all'uso che se ne fa in Matematica. Anche in Fisica è essenziale il concetto di corrispondenza; ma in Fisica è pure importante il riferimento ad un contesto, ad una scala di osservazione, alla precisione con cui si pretende che certe affermazioni siano soddisfatte. Ciò posto, il termine frequentemente allude ad una idealizzazione e ad una semplificazione di una situazione complessa con lo scopo di capire i più importanti aspetti di un fenomeno trascurandone dettagli meno rilevanti. Ma che cosa sia più o meno importante, cosa sia rilevante o non lo sia, dipende appunto dal contesto e dalla scala di osservazione. Si può parlare perciò di un modello valido ad una data scala, adeguato per certi scopi, non adeguato per altri. L'idealizzazione dei pianeti come semplici punti è perfettamente sufficiente per comprendere la loro progressiva disposizione rispetto al sole e alle altre stelle o, applicata alla terra e alla luna, il moto apparente del sole o del nostro satellite contro il cielo stellato. Il modello è invece insufficiente per spiegare l'alternarsi del giorno e della notte, o il mutare delle fasi lunari; a questo scopo è necessario far ricorso al concetto di corpo rigido applicato alla terra e alla luna. Nello stesso modo, se vogliamo studiare i complessi fenomeni che si verificano nella nostra atmosfera o sulla crosta terrestre, dobbiamo considerare in dettaglio la natura chimica, le proprietà e lo stato fisico delle varie parti del pianeta, il loro modo di reagire le une sulle altre, l'effetto della radiazione solare ecc. Ciò che è importante sottolineare è che questi Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 172 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones modelli, che in ultima analisi vogliono riferirsi al medesimo oggetto, sono disposti in un certo qual modo in gerarchia. Quando per un determinato scopo un dato livello della gerarchia risulta adeguato, noi non guadagniamo nulla a passare ad un modello più raffinato. Per quello scopo i due modelli sono del tutto equivalenti, essi ci dicono sostanzialmente le stesse cose. Per altri scopi il ricorso al modello superiore diviene essenziale. Ci sembra che i discorsi precedenti ci permettano di capire in che senso una teoria fisica può essere sempre pensata in uno stato provvisorio e incompleto ed allo stesso tempo insegnarci qualche cosa di definitivo sul mondo della natura. Anche se non può pretendere di darci una comprensione esaustiva del suo oggetto, essa ci fornisce appunto un "modello intelligibile" di validità potenzialmente permanente in un dato ambito. Da questo punto di vista il rapporto tra due successive teorie, la seconda delle quali supera e include la prima non ci pare presenti problemi. Possiamo infatti pensare alla vecchia teoria come a un modello ad un livello gerarchico inferiore rispetto alla nuova, un modello che si applica ad una situazione più particolare, ad una situazione limite, ma che per quella situazione può essere addirittura più conveniente per la sua maggiore semplicità. Come ci insegna la lezione dei modelli matematici. questo resta vero anche se le due teorie operano in contesti concettuali molto diversi; la cosa importante è comprendere l'appropriato codice di traduzione tra le due. Consideriamo qualche esempio. Pensiamo alla già discussa idealizzazione dell'elettrone come punto materiale. E' chiaro che questa resta molto utile nel descrivere il moto di questa particella in un campo elettromagnetico macroscopico ed è comunemente impiegata nella progettazione dei nostri apparecchi. Sarebbe sciocco usare l'equazione di Dirac nello studio di una macchina acceleratrice! Nel contesto della meccanica Quantistica, tuttavia, il punto materiale è semplicemente un immagine utile nel considerare il moto del Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 173 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones pacchetto d'onde quando è possibile trascurare le dimensioni di quest'ultimo e il gradiente del campo al suo interno. Qualcosa di simile si può dire del modello planetario dell'atomo, del modello di un cristallo come un insieme di nuclei disposti su un reticolo regolare, con gli elettroni che si muovono nelle intercapedini, o del modello di una molecola complessa realizzato materialmente con piccole sfere colorate. Ciascuno di tali modelli ci permette di capire facilmente certi fenomeni semplici, come la diffusione di un fascio di particelle attraverso una lamina sottile, la figura di diffrazione ottenuta da raggi X su un cristallo, le proprietà di sostituzione di radicali organici. Ma essi contengono anche importanti informazioni per la stessa teoria quantistica. Essi possono infatti essere considerati come insiemi di prescrizioni in codice per la costruzione delle appropriate equazioni di Schrödinger o per la scelta delle soluzioni che sono necessarie per la comprensione di una larga classe di proprietà degli oggetti a cui si riferiscono. Se finalmente veniamo alla Teoria Quantistica dei Campi, come abbiamo già ricordato, parlare di particelle o sistemi di particelle corrisponde semplicemente a specificare lo stato di alcuni campi. Per comprendere i processi che si verificano quando una particella ad alta energia colpisce un nucleo, o quando due particelle in un "collider" urtano l'una contro l'altra è certamente necessario far ricorso a tutto il "macchinario" della teoria. Per descrivere il risultato finale tuttavia e capire il senso delle tracce lasciate, diciamo, in una "camera a bolle", il modello classico di particelle puntiformi che descrivono traiettorie continue è il più conveniente. Similmente, se vogliamo studiare le proprietà dell'atomo di idrogeno, possiamo farlo utilizzando il formalismo del campo elettronico, del campo protonico e del campo elettromagnetico; ma in approssimazione non relativistica il linguaggio dell'equazione di Scrödinger per gli elettroni ed i protoni risulta molto più semplice e porta al medesimo risultato. Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 174 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones Questo di riguardare la Fisica come una conoscenza per modelli mii sembra, l'unico atteggiamento equilibrato possibile nei riguardi del suo valore. Come dicevamo, i concetti che utilizziamo, i modelli, le teorie sono certamente una nostra costruzione, non sono tuttavia una costruzione arbitraria né vuota. Essi sono creati per cercare di gettare uno sguardo sulla Natura, per rispondere alle domande che su di essa continuamente ci poniamo e ad ogni stadio del loro sviluppo, ad ogni traguardo raggiunto dalla nostra ricerca, ci dicono qualcosa sul mondo che ci circonda; anche se non potranno mai pretendere di darci di questo una comprensione esaustiva. RAPPORTO CON ALTRE FORME DI CONOSCENZA Abbiamo indicato come caratteristica essenziale della Fisica quella di procedere per semplificazioni e idealizzazioni, di restringere la propria attenzione agli aspetti quantificabili delle cose, di utilizzare il linguaggio matematico, definendo nella maniera più precisa e operativa possibile i propri concetti e le proprie ipotesi, di operare secondo criteri di verifica rigorosi e prestabiliti. Nella stessa linea essa prende in considerazione solo fenomeni riproducibili (o almeno che naturalmente si ripetono), oggetti caratterizzati da determinate proprietà generali e per il resto completamente intercambiabili e sostituibili. Sono queste le caratteristiche che fanno della Fisica una scienza, come si suol dire pubblica, le cui conclusioni si sottraggono ad una valutazione soggettiva, divenendo in qualche modo incontrovertibili, in linea di principio verificabili da chiunque. Sono queste che sono alla base dei suoi successi e del suo prestigio, che ne giustificano la considerazione di regina delle scienze naturali. Sono anche queste pero le caratteristiche che ne indicano i limiti e aiutano a precisarne la collocazione nel contesto delle altre discipline scientifiche od umane. Esse mostrano quanto sia ingiustificata e improduttiva la pretesa non rara di considerarla quasi esaustiva di tutte le Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 175 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones capacita umane di conoscenza, di voler ricondurre in qualche modo ad essa tutte le altre discipline e di considerare addirittura prive di senso o perlomeno in uno stato imperfetto tutte le conoscenze che non possono essere inquadrate nell'ambito delle sue categorie concettuali. La rinuncia alla considerazione delle qualità secondarie, il rivolgere la propria attenzione solo a fenomeni riproducibili e oggetti sostituibili, che sono, come abbiamo visto, alla base della sua oggettività, esclude, ad esempio, inevitabilmente dalla sua prospettiva, il ruolo della soggettività, che pure costituisce uno degli aspetti fondamentali della nostra esperienza e un riferimento in ultima analisi ineliminabile. E' chiaro, che perché si possa parlare di misura, perché i protocolli di una qualsiasi scienza possano essere stabiliti, perché un linguaggio preciso e rigoroso possa essere istituito, è necessario fare appello ad un insieme di preconcezioni, è necessario presupporre quel linguaggio naturale che si fonda proprio su quelle esperienze incomunicabili che sono state per se poste fuori dalla prospettiva della Fisica. Si noti che è qui evidentemente irrilevante che alcune caratteristiche degli oggetti sensibili, come il colore, escluse originariamente da Galileo, perché ritenute legate ad una valutazione soggettiva, abbiano potuto successivamente essere, come è stato detto, "primarizzate"; per esempio misurando la lunghezza d'onda della luce relativa. Tra la nostra soggettiva percezione del colore giallo e l'affermazione che il doppietto D del sodio corrisponde a lunghezze d'onda di 589,0 nm e 589,6 nm c'è infatti un'associazione puramente estrinseca. Lo stesso potrebbe dirsi di una comprensione dei fenomeni fisico-chimici che si verificano nel nostro occhio e nel nostro sistema nervoso e rendono possibile una discriminazione del giallo dal rosso al livello dei segnali fisici che producono. E' vero piuttosto che la percezione della luce e del colore, come quella del suono o di un'immagine visiva, sono incommensurabili con qualsiasi specificazione quantitativa e fanno parte proprio di quell'insieme Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 176 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones di esperienze appunto incomunicabili, ma presupposte alla nostra stessa possibilità di parlare di una lunghezza d'onda o dei fenomeni che si verificano nella nostra retina. In questo senso pretese come quella di "spiegare" la nostra stessa coscienza, di esaurire l'analisi di concetti come ad esempio quelli di spazio e di tempo nel contesto della sola Fisica, senza far riferimento a livelli e angolature differenti, al mondo della nostra esperienza immediata e del nostro vissuto, appaiono del tutto illusorie. Dobbiamo renderci conto che la Fisica è un approccio alla realtà sotto un angolo particolare, un approccio estremamente fecondo, che però necessariamente rimanda da una parte alle altre scienze naturali che se ne differenziano per oggetto, finalità e metodo specifico (e sarebbe ingiusto voler semplicemente ricondurre ad essa), dall'altra al piano delle cosiddette scienze umane. Proprio per il suo procedere per modelli e per idealizzazioni, per il suo vertere su ciò che è riproducibile o comunque sostituibile, essa non può mai pretendere di cogliere tutta la ricchezza del concreto. Resta necessariamente fuori dalla sua prospettiva il problema dell'irripetibile, quello dello stesso senso delle conoscenze che ci fornisce e della sua propria fondazione. La prospettiva sul mondo che ci da la Fisica resta necessariamente una prospettiva aperta, che, se rettamente intesa, non esclude ma anzi inevitabilmente si richiama ad una sintesi superiore di tipo filosofico e anche forme di conoscenza e di espressione più intuitive che riguardano più direttamente la nostra esperienza esistenziale, come sono quella artistica e quella religiosa. Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 177 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones DIÁLOGO - Dr. Gratton: Prosperi ha subrayado con mucha simplicidad un tema que es muy complejo. Ha puesto muy bien de manifiesto los puntos esenciales del método, de la manera con la cual se obtiene conocimiento en física, analizando algo que es fácilmente visualizable para nosotros después de varios siglos de experiencia adquirida que es la mecánica newtoniana. Entonces, ha puesto en relieve cuáles son los elementos, los pasos esenciales en la adquisición del conocimiento desde el punto de partida hasta la madurez del conocimiento dentro de la formación de la teoría. Luego en la segunda parte de su discurso nos ha planteado el problema de la relación entre teorías cada vez más complejas que abarcan las precedentes, es decir, el pasaje de la mecánica clásica a la mecánica relativística primero, pero fundamentalmente él ha puesto el acento sobre el pasaje quizás más difícil conceptualmente que es a la mecánica cuántica. Y más aún a los desarrollos de la teoría cuántica de campos. Me parece que allí hay un aporte de pensamiento también original de Prosperi en cómo él ve esa relación de una teoría que abarca la precedente, es decir, que ésta no queda anulada por la conquista realizada y que tenemos el pasaje a otro nivel de aproximación al mundo. Aprovechando que a mi entender es ése uno de los puntos originales de la exposición, me gustaría pedirle que él agregara algunos comentarios. Sobre todo porque me pareció que dado que su exposición fue al final de la jornada, tuvo que mover su discurso muy rápidamente. A mi me parece que trató un punto esencial, incluso de gran actualidad, que se debate entre los especialistas precisamente en cuestiones epistemológicas. Decimos que una teoría ya ha sido abandonada, decimos que es falsa o la pensamos como incluida en otra nueva? Y surgen allí problemas también de interpretación. Prosperi ha hablado de un diccionario de traducción como cuando tenemos la nueva teoría, por ejemplo, la teoría cuántica, tenemos que tener algo así como un diccionario, ha dicho él, para traducir los términos de la teoría precedente -en este caso la mecánica clásica- en la nueva. Me parece que sería de mucho interés si él pudiera marcar nuevamente, aclarar algunos de estos puntos, poner en evidencia lo que él considera esencial en esto. Luego tendría otras preguntas, pero, quizás podría comenzar recapitulando brevemente la cuestión de cómo una teoría nueva, de nuestros días, se relaciona con la teoría que estaba en vigencia previamente. - Prof. Prosperi: Per rispondere a questa domanda mi sembra possa essere utile riprendere il confronto con il concetto di modello matematico. Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 178 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones Supponiamo di avere una certa teoria matematica, che riguarda degli enti astratti non individuati in maniera specifica. Parliamo di modello, tutte le volte che agli enti della prima teoria possono essere fatti corrispondere enti di una seconda teoria, in modo da soddisfare i postulati della prima. Due tipici esempi, come ho detto, possono essere forniti dalla Geometria Analitica nei riguardi dell'ordinaria Geometria Euclidea e da una stella di rette (cioè dall'insieme delle rette uscenti da un medesimo punto nello spazio tridimensionale ordinario) nei riguardi della Geometria Ellittica. Nel primo caso al punto della Geometria Euclidea (poniamo piana) viene fatta corrispondere una coppia ordinata di numeri reali (x,y), alla retta un'equazione lineare ax+by+c=0, ecc., nel secondo al punto della Geometria Ellittica una retta nella stella e alla retta un piano passante per il centro della stella. Ma, poiché coppie ordinate di numeri ed equazioni lineari soddisfano tutti gli assiomi di Euclide, è chiaro che ogni teorema stabilito nella Geometria Euclidea deve avere una contropartita nella Geometria Analitica, che tutte le conoscenze acquisita per l'una possono essere trasferite sulla seconda. Bisogna solo tener conto della corrispondenza adottata, usare l'appropriato codice di traduzione. Mi pare appunto che questa idea di modello in Matematica possa aiutare a comprendere la relazione che esiste tra due teorie fisiche che si riferiscono al medesimo oggetto; in particolare a capire in che modo una vecchia teoria possa essere inclusa in una nuova, nella situazione limite in cui essa è ancora applicabile, anche quando la seconda utilizza concetti e una rappresentazione matematica molto diversi. Naturalmente è chiaro che esistono profonde differenze tra modello matematico e modello fisico nel senso che ho adottato. La nuova teoria è infatti supposta avere una portata più ampia della precedente, sia per quel che riguarda la classe di fenomeni considerata, sia la precisione con cui i dati sono riprodotti e quindi la scala di osservazione a cui opera. Nei limiti però in cui entrambi le teorie sono applicabili esse forniscono gli stessi risultati. Per illustrare questa situazione nella mia relazione ho considerato l'esempio di tre teorie in qualche modo incluse l'una nell'altra, l'esempio della Meccanica Classica, quello della Meccanica Quantistica e quello della Teoria Quantistica dei Campi e mi sono domandato in che senso si può parlare di una tale inclusione. Come ho detto il concetto centrale nella Meccanica Classica è il concetto di punto materiale che descrive una traiettoria continua e obbedisce ad una certa equazione di moto. Ora ci si può domandare in che misura e in quali condizioni una tale idealizzazione sia adeguata alla Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 179 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones descrizione del comportamento di oggetti microscopici come sono l'elettrone o il protone. Ciò si verifica certamente per il moto di tali particelle nel vuoto e sotto l'azione di campi elettrici e magnetici di scala macroscopica. Anzi è proprio in tal modo, che nel tubo a raggi catodici l'elettrone e` stato messo in evidenza per la prima volta, che è stato identificato come particella e che ne sono state studiate le prime proprietà. E' poi con l'uso della Meccanica Classica, nella sua versione relativistica, che oggi è possibile progettare macchine acceleratrici di altissima energia, all'interno delle quali particelle che si muovono ad una velocità molto prossima a quella della luce sono tenute per ore con grande precisione su traiettorie prestabilite. Sappiamo tuttavia che esistono anche fenomeni in cui la trattazione delle particelle come punti materiali si rivela del tutto inadeguata. E' questo in primo luogo il caso della Fisica dell'atomo. Noi pensiamo l'atomo di idrogeno costituito da un protone e da un elettrone. Se tentiamo di applicare a tale sistema la Meccanica Classica, arriviamo a concepirlo come un piccolo sistema planetario con un nucleo centrale (un singolo protone nel caso dell'atomo di idrogeno) e un insieme di elettroni che gli ruotano attorno. Secondo le leggi dell'elettromagnetismo un tale sistema non sarebbe però stabile e in brevissimo tempo gli elettroni ricadrebbero sul nucleo; l'energia di legame del sistema dovrebbe potere variare in modo continuo e la radiazione emessa o assorbita dovrebbe avere uno spettro continuo. Tutte queste circostanze sono contraddette dall'esperienza. E' per superare queste difficoltà che è stata creata la Meccanica Quantistica; questa ci da un atomo stabile, ci fornisce valori discreti per l'energia di legame, ci permette di calcolare la lunghezza d'onda delle righe che compaiono nello spettro e la loro intensità. La Meccanica Quantistica opera però con categorie concettuali completamente diverse. Le particelle mantengono la loro individualità, ma ad ogni particella è associato un campo'4(x,t) che obbedisce ad un'equazione del tipo dell'equazione delle onde (l'equazione di Scrödinger nel caso non relativistico, quella di Dirac o altra nel caso relativistico) e l'ampiezza di tale onda è legata alla probabilità che la particella possa agire ad un dato tempo su uno strumento di rivelazione posto in una certa posizione nello spazio. Il campo è però un entità estesa che appare in netto contrasto con l'idealizzazione della particella come punto materiale. Con tale campo è possibile, come ho detto, ottenere fenomeni di diffrazione e interferenza e anche semplicemente immaginare una particella che descriva una traiettoria continua, porta a contraddizioni insanabili con la teoria e con gli esperimenti. Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 180 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones Immaginiamo tuttavia una situazione in cui l'onda associata alla particella si riduca ad un pacchetto di estensione molto piccola sulla scala delle lunghezze che noi prendiamo in considerazione, e supponiamo che sulla particella agisca un campo elettrico e magnetico che si possano trattare come uniformi all'interno del pacchetto. In tali condizioni le dimensioni della regione occupata dal pacchetto si possono trascurare, questo si può assimilare ad un punto e la particella si può supporre occupare ad ogni istante una posizione determinata. Dalla forma dell'equazione d'onda segue, inoltre, che nella stessa approssimazione il punto-particella si muove secondo l'equazione di moto della Meccanica Classica per una particella carica in un campo elettromagnetico. Poiché le condizioni suddette sono sicuramente soddisfatte nel caso di una particella in un campo generato da corpi di dimensioni macroscopiche, è chiaro che, nello studio di una macchina acceleratrice, sarà molto più semplice lavorare con le equazioni di moto della Meccanica Classica che ricorrere al formalismo molto più complesso dei pacchetti d'onda e il risultato sarà identico. Vediamo quindi come, nella situazione limite di cui stiamo parlando, una teoria di tipo probabilistico che utilizza concetti ondulatori fornisce un risultato del tutto equivalente a quello di una teoria deterministica che rappresenta l'oggetto come un punto materiale. Poiché la Meccanica Quantistica abbraccia una classe molto più ampia di fenomeni e va quindi considerata in qualche modo più fondamentale, possiamo dire che la Meccanica Classica fornisce un modello della Meccanica Quantistica valido in quella situazione limite (il codice di traduzione essendo pacchetto 6 punto materiale) ed in essa può essere completamente sostituita a questa. Anche la Meccanica Quantistica, comunque, cade ad un certo punto in difetto; ciò accade tipicamente nei fenomeni d'urto ad energie molto alte, dove può accadere che certe particelle spariscano e ne compaiono altre, venendo così le particelle a perdere completamente anche quella individualità che era stata a loro conservata. Tali fenomeni possono essere inquadrati invece nel contesto della Teoria Quantistica dei Campi. In tale teoria il campo cessa di essere un semplice strumento matematico per diventare l'entità fisica fondamentale. Il campo è però un campo quantizzato e, come accadeva nel caso delle particelle nella Meccanica Quantistica, la sua energia può assumere solo valori discreti; anzi tali valori possono variare solo per multipli interi di certe quantità finite (quanti). Le particelle in tale teoria compaiono come quanti di appropriati campi. Parlare quindi di un elettrone, due elettroni, cinque elettroni non significa indicare sistemi fisici diversi, ma dare Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 181 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones specificazioni diverse dello stato di un medesimo sistema, il campo. E' chiaro che di nuovo ci troviamo di fronte a due strutture matematiche e costruzioni concettuali molto diverse. Anche in questo caso, però, si può mostrare che nel limite di basse energie, in cui il numero di particelle si conserva, le due teorie danno risultati identici. Se si vogliono determinare i livelli energetici di un atomo il ricorso all'apparato della Teoria Quantistica dei campi risulta inutile e, a parte alcune correzioni relativistiche sottili, la usuale Meccanica Quantistica è del tutto sufficiente. Ancora si può dire che in quella condizione limite la Meccanica Quantistica offre un modello della Teoria dei Campi. Mi sembra, che questo modo di guardare a teorie che hanno progressivamente superato le precedenti, possa mostrarci come le vecchie teorie possano, negli appropriati contesti, essere conservate nelle successive, anche quando procedono con strumenti concettuali molto diversi. Mi sembra possa precisarci in che senso ogni teoria, pur dovendo essere riguardata in ogni momento non esaustiva e in uno stato provvisorio, possa però contenere delle acquisizioni almeno potenzialmente definitive. Mi pare poi ovvio che per estrapolazione il concetto di modello, che abbiamo applicato al rapporto tra teorie progressivamente più comprensive e ritenute più fondamentali, possa estendersi al rapporto tra le nostre teorie, in qualunque stadio del loro sviluppo, e quel mondo reale che vorremmo comprendere. Mi pare ciò ci mostri in che senso i modelli che noi utilizziamo possano essere riconosciuti una nostra creazione e allo stesso tempo ritenuti parlarci di quel mondo reale. Poiché poi, naturalmente, inerente al concetto di modello è il concetto di analogia, dire che la nostra conoscenza della natura è una conoscenza per modelli, necessariamente equivale ad affermare che essa è sempre una conoscenza di tipo analogico. - Dra. Archideo: Quiero saber si entendí bien si esta analogía, que es la correspondencia entre teoría y realidad, es una analogía que tiene como analogado principal a la realidad, es decir, si se atribuye a la teoría porque la realidad lo tiene. Descubro la realidad parcialmente, en un aspecto. Si el analogado principal sigue siendo la realidad. - Prof. Prosperi: Non sono certo di sapere bene cosa sia l'analogato principale, la risposta mi pare, però, debba essere positiva. Io voglio parlare del mondo che mi circonda, capire qualcosa di quel mondo è il mio fine. Per fare questo io ho bisogno di ricorrere a delle rappresentazioni e in queste il concetto di corrispondenza è essenziale. Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 182 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones - Dra. Archideo: Proprio quello. Se l'analogato principale sarebbe quello di cui sorge quella relazione; sarebbe il punto in cui io mi fermo e faccio riferimento. - Prof. Prosperi: Certamente il mio riferimento è il mondo. - Prof. Ferro: La domanda che vorrei proporre, è una osservazione in qualche modo. Questo rapporto tra teorie nuove e teorie vecchie, teorie che permangono in altre. Vorrei fare degli esempi: non soltanto la situazione del passaggio dalla meccanica classica alla meccanica quantistica, ma anche, ad esempio, il passaggio dalla concezione aristotelica alla concezione meccanica settecentesca, o ad altri esempi tipo il concetto di calorico e la teoria della termodinamica successiva, oppure il movimento degli astri. Ci sono delle teorie che non sono state in qualche modo inglobate nelle teorie successive, sono state abbandonate. Perché? Io posso tentare una indicazione e la mia domanda è: le condivisione o meno su queste indicazioni che senso ha, come vedi questa indicazione. La mia indicazione è una indicazione di semplicità, dominabilità, gestibilità dall'uomo, è una teoria che l'uomo sa maneggiare. Ad esempio, io potrei benissimo descrivere il moto degli astri con le conoscenze che abbiamo oggi in un sistema che ha per centro la Terra, però non è conveniente. Le equazioni che ottengo in questo modo sono estremamente più complesse e non è conveniente usare questo sistema. Nell'altro caso, invece, l'esempio che tu facevi del passaggio dalla meccanica classica alla meccanica quantistica, e sì, considerare il pacchetto d'onda come una particella, mi consente una rappresentazione più semplice. Ecco, che io mantengo una teoria superata in qualche modo perché si presta ad una semplicità descrittiva e conveniente per molte applicazioni. Quella teoria invece, che pur superata, non è più conveniente per le applicazioni viene abbandonata come niente per la sua semplicità, per la sua gestibilità, per la sua capacità che l'uomo di operare usando quella teoria. Ecco, questo credo è il punto che, in somma, io vedo per l'abbandono o il recupero. C'è sempre il problema della complessità, in qualche modo, della quantità eccessiva d'informazioni, per cui faccio fatica a gestirle, ed ecco, che anche certo sviluppo, certe teorie che rappresentano più situazioni, più perfezionate, che non vengono adottate pienamente perché tante volte nello sviluppo della teoria si aumenta la complessità, si aumenta la difficoltà di trattare la teoria. Altre volte si semplifica, ecco, quando se semplifica la teoria vecchia viene abbandonata, quando la teoria nuova Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 183 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones complica, aumenta il peso elaborativo, si mantiene anche la teoria vecchia che è utile nelle situazioni più semplici. - Prof. Prosperi: Sono completamente d'accordo con il discorso che hai fatto sull'utilizzazione concreta di una teoria. Vi sono casi in cui la teoria vecchia viene semplicemente dimenticata, perché anche meno economica; altri in cui di fatto essa continua ad essere usata, perché in certe situazioni concrete risulta più semplice. La mia preoccupazione era però di tipo conoscitivo; mi interessava in che senso, in linea di principio, la vecchia teoria potesse essere conservata nel contesto della nuova, anche se utilizzava categorie concettuali diverse. A questo proposito vorrei però segnalare che vi sono anche casi in cui una teoria è abbandonata perché trovata in conflitto insanabile con i dati. Naturalmente, tutte le teorie che ad un certo punto sono considerate superate, lo sono perché rivelatisi incapaci di dar ragione di un nuovo insieme di fatti emersi. Il problema è però, se nella nuova teoria che dobbiamo costruire per interpretare quei fatti, la vecchia può essere riassorbita, sia pure con un opportuno codice di traduzione, come ho cercato di precisare sopra, o se essa si rivela necessariamente in contraddizione con quella. Possiamo cioè parlare non soltanto di teorie che hanno un maggiore o minore campo di applicabilità, ma anche di teorie che portano a conclusioni effettivamente opposte, e possiamo concepire esperimenti proprio per discriminare teorie concorrenti. Prendiamo ad esempio, la famosa disputa tra la teoria corpuscolare e la teoria ondulatoria della luce. La teoria ondulatoria della luce porta a prevedere una serie di fatti; uno, il più eclatante, è l'esistenza di fenomeni di interferenza, un altro è che la velocità della luce all'interno di un mezzo denso è inferiore a quella nel vuoto. Nella teoria corpuscolare non c'è posto evidentemente per l'interferenza e per la velocità della luce nella materia si giunge a conclusioni opposte (la deflessione dei raggi di luce nel passaggio dal vuoto, o da un mezzo meno denso, ad un mezzo più denso è spiegata come il risultato dell'attrazione esercitata dagli atomi del mezzo sui corpuscoli di luce e quindi corrisponde ad un aumento della velocità di questi). Il risultato, nel secolo scorso, degli esperimenti di interferenza di Fresnel e di Young, e la misura della velocità della luce in mezzi diversi, per esempio nell'acqua, hanno definitivamente portato all'abbandono della teoria corpuscolare (alcuni aspetti della quale, tuttavia, si può dire che sopravvivano nella teoria moderna quantistica del campo elettromagnetico). Un discorso simile si applica alla teoria del calorico che attribuiva i fenomeni di diffusione del calore alla diffusione di una particolare sostanza, il calorico appunto, e che è stata definitivamente abbandonata a favore di un'interpretazione Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 184 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones energetica, quando è stata messa in evidenza la possibilità di trasformare il calore in energia macroscopica e viceversa, secondo una ben preciso coefficiente di equivalenza quantitativa. La situazione è invece diversa, evidentemente, per il caso dell'ottica geometrica, che può essere riassorbita in quella ondulatoria in un senso simile a quello in cui la meccanica classica è riassorbita nella meccanica quantistica (e cioè facendo corrispondere un raggio di luce ad un piccolo fascio d'onde in condizioni in cui gli effetti di diffrazione possano essere trascurati). A questo punto però, se vogliamo essere coerenti, se è vero che il modo di procedere della ricerca è per ipotesi e conferme sperimentali, se, d'accordo con Popper, riteniamo un'induzione pura alla Bacone impossibile, dobbiamo concludere che dal punto di vista logico nessuna teoria fisica si può considerare mai completamente provata neppure in un determinato ambito. In linea di principio, non si può mai escludere che per dar ragione di nuovi fatti sperimentali debba essere creata una nuova teoria incompatibile con la precedente. Nessuna acquisizione, a stretto rigore, si può considerare come realmente definitiva. Quando tuttavia, in un dato contesto, una certa teoria è stata sufficiente verificata con risultati sempre coerenti, dal punto di vista pratico noi raggiungiamo la convinzione di trovarci di fronte ad una teoria che in quel contesto è vera. Prendendo a prestito una terminologia che è propria della filosofia scolastica, noi in qualche modo possiamo dire che la scienza della natura, se non ci da mai delle certezze assolute, ci dà però in molti casi delle certezze morali. - Dra. Gnavi: Para completar podría hacer algún comentario sobre el problema de las interpretaciones de la teoría. Porque uno podría pensar que en la interpretación de la mecánica clásica, parece no haber conflictos, mientras que en esta teoría, en la mecánica cuántica, si bien abarca la anterior, hay grandes dificultades, grandes problemas en cuanto a su interpretación. ¿Entonces, qué es lo que puede Ud. comentar sobre eso? - Prof. Prosperi: Ogni teoria richiede un'interpretazione. Il problema dell'interpretazione è infatti quello del rapporto tra il linguaggio e la rappresentazione matematica che noi utilizziamo per formulare una teoria, da una parte, e la concreta realtà empirica o addirittura quel mondo reale a cui la teoria dovrebbe applicarsi, dall'altra. L'interpretazione della meccanica classica è semplice e molto diretta. Come ho detto, il concetto fondamentale che questa teoria utilizza è quello di punto materiale. Ogni oggetto di dimensioni sufficientemente piccole viene idealizzato come un punto e la collocazione di tale punto Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 185 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones nello spazio può esser specificata tramite l'insieme di tre coordinate, che sono supposte possedere in ogni istante un valore determinato e hanno un significato empirico immediato. La situazione è molto più complessa nel caso della meccanica quantistica. Il formalismo della meccanica quantistica ha significato solo nella sua interezza e consiste in un insieme di regole che permettono di risolvere il seguente problema: conosciuto il risultato di un esperimento su un oggetto, calcolare la probabilità che un secondo esperimento dia un certo altro risultato. Ogni tentativo di rappresentazione "visiva" dell'oggetto, in particolare dell'oggetto microscopico, porta a contraddizioni. Nasce allora la domanda: cosa significa fare un esperimento, una misura su un oggetto? Fare un esperimento, evidentemente significa fare interagire l'oggetto con un apparecchio o un sistema di apparecchi di misura e osservare le modificazioni che tale interazione produce in essi. Se, ad esempio, vogliamo studiare gli effetti dell'urto di un certo tipo di particelle contro un nucleo, dovremo far arrivare un fascio di tali particelle su un bersaglio del materiale voluto e disporre in modo opportuno nello spazio un sistema di rivelatori in grado di discriminare la natura delle varie particelle prodotte durante l'urto, la loro direzione, la loro energia. Ma quelle che noi effettivamente osserviamo sono solo le modificazioni subite da tali strumenti. Il problema che si pone, però, è quello del formalismo con cui descrivere l'apparato di misura. Secondo Bohr l'apparato andrebbe descritto col linguaggio della fisica classica, in termini cioè di proprietà specificate dal valore di certe variabili che (come nel caso della meccanica) devono essere supposte istante per istante determinate, indipendentemente da ogni osservazione. Ogni affermazione sull'apparato avrebbe allora un significato immediato. (La meccanica quantistica non sarebbe naturalmente autosufficiente in questa prospettiva, ma avrebbe intrinsecamente bisogno di un riferimento classico per la sua interpretazione). Poiché però l'apparato è costituito da quelle stesse particelle per descrivere il comportamento delle quali la meccanica quantistica è stata creata, deve esser possibile trattare anche esso dal punto di vista della meccanica quantistica. Se d'altra parte applichiamo la meccanica quantistica all'apparato, ogni affermazione che poi facciamo su di esso deve essere fatta con riferimento alle modificazioni subite da un secondo apparato che interagisce col primo e il problema si ripropone. Nel suo fondamentale libro sui fondamenti della meccanica quantistica, il grande matematico von Newman ritiene che questa catena di apparati che Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 186 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones "osservano" altri apparati debba estendersi agli organi di senso e al sistema nervoso dell'osservatore umano e possa concludersi solo con l'atto di presa di coscienza di quest'ultimo. Anche se si fosse disposti ad accettare una tale posizione di tipo berkeliano, a me non pare che essa risolverebbe realmente il problema. Dal punto di vista pratico, in realtà, si deve dire che il problema non esiste. In condizioni normali, infatti, le grandezze rilevanti per descrivere lo stato macroscopico di un sistema formato da un grandissimo numero di atomi hanno anche in una trattazione quantistica un valore praticamente determinato (così come abbiamo visto accadere per la posizione di una particella carica in presenza di campi generati da corpi macroscopici). Appena quindi un livello di complessità di questo tipo nella catena di apparati è raggiunto, una descrizione di tipo classico dell'ultimo apparato appare un'approssimazione molto buona e la considerazione di un nuovo apparato diviene superflua. Da un punto di vista di principio, tuttavia, il problema rimane e credo dobbiamo onestamente riconoscere che nella forma attuale la teoria quantistica non sia completamente coerente (ciò che spiega la rinnovata attenzione per questo tipo di problemi negli ultimi tempi). - Dr. Puyau: Ud. dice que la mecánica cuántica es fundamental con respecto a la mecánica clásica. Sin embargo, la ecuación de Schrödinger no se deriva de la ecuación de Hamilton, pero introduciendo algunas modificaciones se podría pasar de una a otra. No entendiéndolo como una derivación, en sentido estricto. Porque ahí el momento y la energía aparecen como operadores, cosa que en la mecánica clásica no aparecen. Por qué consideramos que la mecánica cuántica es más fundamental -ésa es su palabra- que la mecánica clásica. - Prof. Prosperi: Direi che consideriamo la meccanica quantistica più fondamentale della meccanica classica, perché essa descrive il comportamento dei componenti elementari della materia in condizioni molto più generali della seconda e perché permette di spiegare molte proprietà dei corpi formati da tali componenti che la seconda non spiega. Inoltre, la meccanica quantistica contiene, nel senso che ho cercato di indicare, la meccanica classica, mentre non è evidentemente vero il contrario. Dalla meccanica quantistica si possono in determinate condizioni e con appropriate approssimazioni dedurre le equazioni di Hamilton; ma, se quelle condizioni non sono verificate e le due teorie sono in contrasto, quella che si rivela valida è la meccanica quantistica. Lo studio di certe caratteristiche del formalismo classico ha dato certamente dei suggerimenti fondamentali per la costruzione della nuova Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 187 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones teoria, perché tra l'altro un requisito fondamentale che ci si pone in simili circostanze è proprio che la nuova teoria fornisca gli stessi risultati della vecchia nelle situazioni in cui questa si è dimostrata valida. Il passaggio dalluna all'altra rappresenta, tuttavia, sempre un salto ed un allontanamento dalla vecchia. Ad esempio per introdurre l'equazione di Schrödinger, seguendo Fermi, si può partire dall'analogia tra il principio di Fermat (che da il percorso di un raggio luminoso in un mezzo rifrangente) e il principio di Maupertuis (che dà la traiettoria di una particella di data energia in un determinato potenziale). Se si pone allora in relazione l'indice di rifrazione del mezzo col potenziale che agisce sulla particella, si può ottenere un'equazione d'onda con la proprietà che nell'approssimazione dell'ottica geometrica il baricentro di un pacchetto si muova esattamente come la particella classica. Ciò è vero però, solo nell'approssimazione dell'ottica geometrica. Noi invece postuliamo che l'equazione d'onda ottenuta sia l'equazione corretta in ogni caso e identifichiamo una certa arbitraria costante h che in essa interviene con la omonima costante introdotta da Planck. Applicata allora, al problema dell'atomo di idrogeno (in cui, per la rapidità con cui varia il potenziale che agisce sull'elettrone in prossimità del protone, siamo molto lontani dalle condizioni di applicabilità dell'ottica geometrica) la nuova equazione ci permette di ottenere i valori corretti dei livelli energetici. - Dr. Gratton: Entonces, la teoría cuántica de campos ha reemplazado el viejo concepto de fuerzas por el de partículas, para decirlo brevemente. Es decir, cada fuerza ahora tiene su partícula, pero también es cierto que cada partícula es sólo un estado de un campo, así que finalmente todo se reduce a campos. ¿Hay una distinción entre campos que serían más de partículas o campos que son más de interacciones? No sé si quieres hacer alguna distinción? - Prof. Prosperi: Si può, se si vuole fare una distinzione, ma si tratta di una distinzione essenzialmente convenzionale, più che altro legata ad una tradizione. Si chiamano solitamente campi di forza i campi di tipo vettoriale, quei campi che sono in qualche modo una generalizzazione del campo elettromagnetico, e i cui quanti (bosoni intermedi) possono essere prodotti singolarmente. Sono di questo tipo appunto il campo elettromagnetico, il campo che media le interazioni deboli, quello che media le interazioni forti (campo gluonico). Vengono chiamati campi di materia quelli corrispondenti alle particelle fondamentali di spin ½, come i leptoni (elettrone, neutrino-e, muone ecc.) o i vari tipi di quark. I quanti di questi ultimi campi possono essere prodotti solo in coppia; (elettrone negativo)-(elettrone positivo), ecc. Il fatto naturalmente che nella teoria Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 188 Epistemología de las Ciencias. El punto de partida del conocimiento (1999) CIAFIC Ediciones quantistica relativistica il campo diventi il concetto base è legato all'esistenza nella Relatività della sola interazione per contatto ed è un'estensione della necessità anche a livello classico di mediare l'interazione tra particelle tramite campi propagantisi con velocità finita. - Dra. Archideo: Agradezco al Prof. Prosperi la claridad con la cual logró presentar el comienzo del conocer en física, las teorías y sus avances y su relación también con el modelo matemático. Tal vez en otra ocasión deberíamos pedirle que profundice el punto de partida. © 1999 CIAFIC Ediciones Centro de Investigaciones en Antropología Filosófica y Cultural Federico Lacroze 2100 - (1426) Buenos Aires e-mail: [email protected] Dirección: Lila Blanca Archideo ISBN 950-9010-20-0 Scienze della Natura e loro valore conoscitivo G. M. Prosperi, pp.149-189 189