Il regime delle concessioni nell’ambito delle gestioni aeroportuali dopo la riforma della seconda parte del Codice della navigazione: profili pubblicistici e privatistici Massimo Pellingra Contino Dottore di ricerca in diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente - Cultore di diritto pubblico e diritto amministrativo SOMMARIO: 1. Profili introduttivi - 2. L’istituto della concessione amministrativa in mate ria di servizi pubblici tra normativa pubblicistica e disciplina privatistica: la gestione dei ser vizi in materia aeroportuale - 3. Deregulation e gestione dei servizi aeroportuali: riflessioni sull’ammissibilità della subconcessione nell’organizzazione e nella gestione dell’impresa aeroportuale - 4. L’affidamento della gestione del servizio pubblico tra disciplina tipica e nor mativa navigazionistica: natura giuridica del bene aeroportuale - 5. La concessione ammi nistrativa: dalla disciplina generale in materia di servizi pubblici locali ai recenti indirizzi nor mativi comunitari in materia di appalti pubblici - 6. L’adeguamento della giurisprudenza amministrativistica nazionale ai principi comunitari in materia di concessione di pubblici ser vizi nell’alveo della gestione degli aeroporti maggiori e minori di traffico nazionale 1. Profili introduttivi Nell’ultimo quindicennio si sono avvicendate in Italia nuove modalità di utilizzazione dei beni pubblici destinati alla navigazione a seguito dello sviluppo tecnologico e delle nuove esigenze in campo giuridico-economico in materia di trasporto aereo. Si è indubbiamente evidenziato un mutamento dell’attuale quadro normativo relativo alla disciplina dei beni, con particolare riguardo alla rilevanza assunta da ciascuna categoria degli stessi sia per quanto riguarda il regime delle concessioni sia per quanto concerne la gestione dei servizi stessi 1. Giova precisare che il graduale processo di liberalizzazione dei servizi aeroportuali ha interessato i beni pubblici destinati alla navigazione aerea e si caratterizza per la presenza di norme statali e regionali che rilevano ai fini della piena attuazione del conferimento di funzioni da parte dello Stato alle Regioni ed agli enti locali, nonché per la realizzazione di una corretta interrelazione tra diritto interno e normativa comunitaria. 1 A. Lefebvre - G. Pescatore - L. Tullio, Manuale di diritto della navigazione, Milano, 2004, p. 121 ss; M. S. Giannini, Diritto amministrativo, II, Milano, u. e., p. 449 ss.; M. S. Giannini, L’amministrazione pubblica dello Stato contemporaneo, in Trattato di diritto amministrativo, diretto da G. Santaniello, I, Padova, 1988; U. Pototshnig, I pubblici servizi, Padova, 1964. 1 Senza alcun dubbio, l’espansione delle attività nell’ambito aeroportuale anche a cagione della stessa tendenza alla globalizzazione del mercato interno nonché l’aumento della domanda e le esigenze di carattere tecnico dell’utenza connesse al progresso tecnologico della navigazione aerea, in genere, hanno comportato l’esigenza di rendere maggiormente efficiente la gestione aeroportuale. Basta tener conto del miglioramento degli impianti destinati ai servizi della navigazione, cui è conseguito il perfezionamento dei servizi e delle attività della struttura aeroportuale, al fine di addivenire ad una gestione totale dell’aeroporto tale da rispondere ai principi generali di efficienza, di imprenditorialità e di economicità. Già dalla lettura dell’art. 3, D.Lgs. 13 gennaio 1999, n. 18 si evince che l’Ente di gestione debba garantire a favore della collettività la presenza in aeroporto dei servizi di assistenza a terra, attraverso una gestione diretta od indiretta, da parte di soggetti cioè che forniscono i servizi stessi a favore di terzi o in autoproduzione 2. La società che gestisce in regime di concessione il servizio esplica indubbiamente la prestazione di una utilità per gli utenti che trova la sua genesi nel provvedimento autoritativo con il quale si instaura il rapporto concessorio 3. 2 C. Angelone, Profili giuridici del rapporto concessorio con le società di gestione aeroportuale, Milano, 2000, p. 5 ss.. 3 In ordine ai profili generali dell’istituto della concessione amministrativa, cfr. M. D’Alberti, Le concessioni ammi nistrative, Aspetti della contrattualità delle Pubbliche Amministrazioni, Napoli, 1981, in particolare Sezione II, La giurisprudenza verso la qualificazione unilateral-pubblicistica delle concessioni amministrative, p. 147-173. Giova accennare agli albori del cammino giurisprudenziale in materia che, sin dai primi anni del secolo scorso, ha condotto alla moderna definizione di concessione amministrativa: sic., cfr. Cass. Napoli, 13 giugno 1902, in Giur. It., 1902, I, 1, p. 857, Cass. Roma, 3 dicembre 1903, in Giur. It., 1904, I, 1, p. 496, Cons. Stato, Sez. IV, 27 agosto 1909, in Giur. It., 1910, III, p. 33; Cons. Stato, Sez. Interni, parere 5 aprile 1907, in Foro It., 1907, III, p. 324. Ex pluribus in dottrina del periodo vedi F. Cammeo, Le concessioni per l’illuminazione pubblica, in Giur. It., 1903, I, 1, p. 473, in nota a Cass. Roma, 12 agosto 1902, e Cass. Firenze, 22 dicembre 1902; S. Romano, Corso di diritto amministrativo, Padova, 1937, III ed., p. 234 ss; G. Zanobini, Corso di diritto amministrativo, I, Milano, 1939, II ed., p. 262 ss.; M. Gallo, I rapporti contrattuali nel diritto amministrativo, Padova, 1936 ss.; A. Amorth, Osservazioni sui limiti all’attività amministrativa di diritto privato, in Arch. Dir. Pubbl., 1938, p. 455 ss. Vedi anche Cass. 10 maggio 1975, n. 1814, in Foro it., Rep., 1975, voce “Concessioni amministrative”, relativamente alla questione inerente alla nuova giurisdizione sulle concessioni di beni e servizi pubblici ma che ci consente alcune riflessioni sulla natura giuridica dell’istituto. Vedansi le considerazioni svolte dall’insigne E. Sivestri, in Concessioni amministrative, in Enc. Dir., VIII, 1961, p. 376, secondo il Quale, la convenzione accessiva al provvedimento di concessione come negozio bilaterale di natura pubblicistica si discosta dalla giurisprudenza secondo cui il contratto accessivo è di natura privatistica; sic., A. Romano, In tema di concessioni - contratto, in Foro amm., 1958, I, 2, p. 337, sic., Cass., 12 giugno 1963, n. 1575, in Giust. Civ., 1964, I, 384-387. Interessanti le dotte opinioni di A. M. Sandulli, Il procedimento amministrativo, Milano, 1964, p. 180 - 183 ss., 260 ss.: difatti nell’ipotesi in cui - parafrasando il Sandulli - in ambito di procedimento di concessione si riscontra accanto al contratto un provvedimento contenente una clausola concessoria o clausole di regolazione del rapporto sembrerebbe non essere valida sempre la concezione della c.d. “concessione-contratto”. Difatti, come sottolinea D’Alberti, op. cit. “ provvedimento e contratto concorrono nella costituzione - e nella regolazione - del rapporto concessorio: in tal caso la figura della 2concessione- contratto” è applicabile, purché si abbia presente che il contratto non è “accessorio” rispetto al provvedimento, ma equiordinato ad esso....”( p. 313 op. cit.). 2 Se si volesse approfondire la relazione che ha luogo tra soggetto pubblico concedente e la società di gestione, certamente l’attenzione dell’operatore del diritto non potrebbe non tener conto della natura giuridica della concessione. La concessione, tipica forma di gestione indiretta di un servizio pubblico, storicamente ha rappresentato lo strumento con il quale le Pubbliche Amministrazioni hanno aperto ai privati la possibilità di gestire servizi a favore della collettività. Essa è essenziale ai fini della realizzazione del c.d. processo di esternalizzazione dei servizi pubblici; sul piano giuridico la concessione è un provvedimento costitutivo di diritti o di situazioni giuridiche attive, espressione di una potestà pubblica e idonea dunque al conseguimento di fini pubblici. Con riguardo alla materia de qua, invero, la concessione è un atto amministrativo pubblico, ma allo stesso tempo, essa si sostanzia in un contratto di diritto privato accessivo al provvedimento volto a regolare i rapporti tra pubblica amministrazione e concessionario, creandosi così la c.d. concessione-contratto. Difatti la P.A. con atto unilaterale provvede di conseguenza, previo accertamento dell’esistenza di un interesse pubblico a che si operi la concessione, attuando così quanto programmato, al fine di creare il rapporto concessorio. Occorre, quindi, un atto deliberativo, che dia luogo ad una vincolazione con l’Amministrazione e dopo si crea un negozio bilaterale al fine di attuare l’interesse pubblico. Il concessionario, pertanto, ha il dovere giuridico di organizzare e far funzionare il servizio, perseguendo così gli obiettivi di interesse pubblico. 2. L’istituto della concessione amministrativa in materia di servizi pubblici tra normativa pubblicistica e disciplina privatistica: la gestione dei servizi in materia aeroportuale In ordine al piando della normativa nazionale, l’evoluzione del processo di esternalizzazione ha prodotto un progressivo superamento dell’istituto della concessione di servizi pubblici tramite una modalità negoziale di affidamento del servizio. A seguito della riforma dei pubblici servizi - di cui all’art. 35 della L. 448 del 2001, il modello di concessione di servizio pubblico è stato in verità abbandonato a mezzo della formale abrogazione degli artt. 265, 266 e 267 del R.D. n. 1175 del 1931 (Testo Unico per la finanza locale); si è passati quindi dalla vecchia concessione-contratto al c.d. contratto di servizio, prodotto questo di un processo di riforma della P.A. in favore di moduli privatistici, 3 incentrati sulla ricerca dei destinatari 4 dell’azione del pubblico potere 5. In una parola si è creato il primato dell’agire negoziale della P.A. al posto dell’azione autoritativa. Relativamente ai profili sopra delineati e con riguardo al regime della concessione in ambito aeroportuale, il bene giuridico deve essere gestito in modo diretto e non è ammessa infatti alcuna subconcessione ad altri del bene senza la previa autorizzazione da parte dell’ente concedente cioè dell’ENAC. La gestione diretta riguarderebbe le infrastrutture centralizzate e le attività operative che attengono alle essential utilities come la sicurezza della navigazione nonché quelle che influiscono sull’esercizio della concessione. Quindi, volendo operare un distinguo, non sembra che possano essere oggetto di subconcessione le attività e le infrastrutture che, sotto un’accezione tecnica, concernono la tutela della vita umana; né ricadono sotto il regime di subconcessione le attività e le infrastrutture che possono limitare l’accesso al mercato dei servizi aeroportuali, mentre possono essere subconcesse quelle attività che siano riferibili alla gestione aeroportuale in senso lato o che comunque non siano svolte dall’ENAC. Il rapporto concessorio ha natura pubblicistica e quindi eventuali modifiche che possano rilevare ai fini del suddetto rapporto devono essere autorizzate dall’Ente stesso, anche in relazione alle esigenze ad ai bisogni dell’utente. Non si può negare, d’altra parte, il trasferimento dei diritti scaturenti dal rapporto concessorio nel senso che non si può escludere la possibilità da parte di terzi di un godimento indiretto del bene né la cessione di diritti scaturenti dall’utilizzazione degli stessi. In effetti, spesso, successivamente all’atto di costituzione del rapporto di concessione aeroportuale, si configura l’esigenza, connessa alla stessa gestione aeroportuale, di cedere alcuni diritti, senza considerare che, in alcuni casi connessi a problematiche di gestione dei servizi 6, è anche possibile cedere in toto i diritti aeroportuali, tra cui quelli riguardanti il godimento dell’area demaniale o comunque l’operatività dei servizi stessi. In ordine alle concessioni del demanio aeronautico, la relativa fattispecie cade sotto la rubrica degli artt. 46 e 47 C. Nav., mentre, per indirizzo costante, non è vietato il trasferi- 4 E. Casetta, Profili della evoluzione dei rapporti tra cittadini e pubblica amministrazione, in Dir. Amm., 1993, p. 3 ss.. 5 A. Romano Tassone, Note sul concetto di potere giuridico, in Annali della Facoltà di Economia e commer cio della facoltà di Messina,1981, p. 405 ss.; G. Di Gaspare, Il potere nel diritto pubblico, Padova, 1992. 6 M. S. Giannini, Diritto amministrativo, op. cit., II, pp. 1135 ss.; Idem, Diritto pubblico dell’economia, Bologna, 1977, pp. 85, 130, 180, 194 ss., sic. F. Trimarchi, Profili organizzativi della concessione di pubblici servizi, Milano, 1967, pp. 126 ss.; G. Berti, La Pubblica amministrazione come organizzazione, Padova, 1968, pp. 497 ss.; F. Merusi, Servizio pubblico, in Noviss. Dig. It., 1970, p. 221 ss.. 4 mento del diritto del concessionario e non è del tutto condivisa in dottrina la possibilità della subconcessione, negozio trilaterale con il quale si attribuisce un diritto ad un terzo da parte del concessionario che conserva innanzi all’autorità competente la titolarità del rapporto. La subconcessione comporta che il concessionario ponga in essere un nuovo rapporto giuridico con un soggetto terzo per il godimento di un bene demaniale e per l’esercizio di attività che si estrinsechino tramite detto bene. Il concessionario rinuncia quindi alla gestione ed attribuisce ad altri il godimento del bene demaniale (in dottrina si parla di una sublocazione del bene verso la dazione di un corrispettivo il cui ammontare spesso è maggiore del canone di concessione). Affinché si realizzi il passaggio della titolarità del bene dal soggetto concessionario al terzo è necessario il consenso dell’ente concedente - ENAC. Tuttavia, potrebbero manifestarsi alcune difficoltà nella pratica applicazione di quanto detto ai fini di una razionale gestione aeroportuale in quanto potrebbe anche non essere configurabile un assetto uniforme della globale gestione aeroportuale. In dottrina si è postulata altra soluzione che è data dall’affidamento della concessione totale per la gestione globale aeroportuale, comprensivo di tutti i servizi e delle attività di assistenza a terra (handling), collegabili ad un’unica società di gestione aeroportuale. Quest’ultima può concedere i beni demaniali cioè impianti, servizi, attività etc. a diverse subconcessionari mediante provvedimenti separati, previa corresponsione dei canoni e previa autorizzazione da parte dell’ENAC. Con riferimento al rapporto di subconcessione vanno distinti due profili problematici, il primo connesso al regime di responsabilità del subconcessionario ed il secondo attinente alla corresponsione del canone di subconcessione. Per quanto concerne il primo profilo, è necessario rilevare che al subconcessionario è applicabile la disciplina dell’art. 47, Cod. Nav.; la violazione degli obblighi che scaturiscono dal rapporto di subconcessione dà luogo a responsabilità del subgestore aeroportuale da cui può derivare la revoca o la decadenza della concessione medesima. La società di gestione aeroportuale concessionaria dei servizi aeroportuali risponde degli obblighi assunti da essa e rapportabili alla stessa in forza dell’esercizio della concessione e dell’uso diretto ed esclusivo dei beni demaniali. Il canone di subconcessione si distingue dal canone di concessione che concerne i rapporti tra l’Ente concedente e la società concessionaria e detto canone deve essere corrisposto dalla società di gestione all’ENAC entro il 31 luglio di ciascun anno. Il canone di subconcessione, invece, non trova un’espressa disciplina in quanto la fonte normativa di riferimento è da scorgere nell’art. 646, C. Nav. secondo cui la disciplina della 5 misura del canone è il frutto di un accordo tra l’Amministrazione finanziaria e l’ENAC e tra la società di gestione e il subconcessionario. E’ necessario sottolineare che i canoni per le concessioni aeroportuali costituiscono entrate legali dell’ENAC in quanto essi sono previsti come fonti di finanziamento dell’ENAC stesso. In realtà, i beni del demanio aeroportuale non sono trasferiti all’ENAC ma soltanto dati in uso all’Ente al fine del successivo affidamento dei beni stessi, secondo i parametri disciplinati dal regolamento di cui all’art. 10, comma 13 della Legge 24 dicembre 1993 n. 537. Ciò conduce ad operare una distinzione tra l’esercizio del potere concessorio con riguardo all’uso delle aree aeroportuali, attribuito all’ENAC dal D.Lgs. n. 250/1997, e la titolarità del bene demaniale aeroportuale che sarebbe attribuita in via esclusiva allo Stato. L’affidamento in concessione della gestione aeroportuale può avere la durata massima di anni 40, in relazione 7 alle valutazioni inerenti al contenuto del programma di intervento di gestione aeroportuale. La società concessionaria sulla base del titolo concessorio ha la potestà di disporre e di destinare le aree del sistema aeroportuale considerato sia sotto un’accezione funzionale sia sotto un profilo strutturale. La società di gestione, pertanto, diventerebbe titolare di un potere di regolamentazione e di organizzazione tale da garantire il soddisfacimento degli interessi pubblici non soltanto con riferimento al trasporto aereo in generale ma anche con riguardo all’assetto trasportistico che concerne i luoghi circostanti all’aeroporto. 3. Deregulation e gestione dei servizi aeroportuali: riflessioni sull’ammissibilità della subconcessione nell’organizzazione e nella gestione dell’impresa aeroportuale Il potere di regulation e di coordinamento svolto dalla società di gestione concerne sia il management dell’aeroporto in senso lato in correlazione alla garanzia dei servizi aeroportuali, sia l’organizzazione e la gestione dell’impresa aeroportuale, fermo restando la funzione di vigilanza e di regolamentazione esercitate dall’ENAC. Naturalmente, le modalità di esercizio della gestione dei servizi sono connesse al perseguimento di finalità pubblicistiche alle quali è tesa la società concessionaria, che eroga un servizio che presuppone l’osservanza dei criteri di economicità, di efficienza, di efficacia, di trasparenza e di utilità che informano l’azione amministrativa 8 nel sistema giuridico italiano. La subconcessione, contrariamente a quanto accade nella generalità dei casi, certamente riveste il carattere della eccezionalità e ciò è facilmente percepibile se si riflette sulla 7 Cfr. art. 7, comma 2 della D.M. (Min. Trasp. e Navig.), 12.11.1997, n. 521. 8 V. Cerulli Irelli, Corso di diritto amministrativo, Torino, 2004; V. Cerulli Irelli, Verso un più compiuto assetto della disciplina generale dell’azione amministrativa, in Astrid Rassegna, 4/2005; in ordine ai profili di diritto comparato cfr. S. A. De Smith, Judicial Review of administrative action, London, 1973, III ed., pp. 3 ss.. 6 complessità della attività e dei servizi aeroportuali, i quali necessitano del controllo e della supervisione da parte della società di gestione. Le predette considerazioni sono intimamente connesse all’attribuzione all’aeroporto di una natura unitaria sia sotto una accezione meramente formale sia sotto un profilo funzionale; un limite notevole si scorge nella impossibilità di subconcedere le infrastrutture di natura centralizzata di cui all’art. 9, comma 1, del D.Lgs. 13 gennaio 1999, n. 18, in forza della loro complessità strutturale e della non facile duplicabilità. Certamente ciò non facilita la sistematicità dell’assetto della gestione aeroportuale, stante la non omogeneità della natura dei beni offerti agli utenti. Quanto detto è avvalorato dal fatto che il regime di concessione dei servizi 9, l’attribuzione di essi alle società di gestione, la natura giuridica del bene - aeroporto e le correlate problematiche di garanzia e di tutela del trasporto aereo, dei passeggeri, delle merci attribuiscono alla organizzazione aeroportuale una rilevante connotazione pubblicistica. Quest’ultima deriva dal fatto che i servizi aeroportuali sono inquadrabili tra i servizi pubblici di rilevanza generale sia sul piano interno nazionale sia sul piano comunitario. La subconcessione, autorizzata dall’ENAC in modo espresso o tacito, comporta che il subconcessionario sia obbligato a rispettare la destinazione dei servizi e delle attività date in subgodimento. Peraltro, il bene demaniale oggetto della concessione non perde il carattere della strumentalità nei confronti dei servizi aeroportuali. Infatti, con la subconcessione è fatto salvo il collegamento con gli obiettivi economici e sociali dello scalo aeroportuale e il subconcessionario, secondo interpretazione dottrinale unanime, in effetti, non ha una titolarità 10 sul bene differente da quella di competenza del concessionario. 9 In ordine alla differenza tra concessioni di opere e concessioni di servizi, anche alla luce della qualificazione della concessioni in materia di gestione degli aeroporti, a nostro avviso rientranti nella prima categoria, vedi la ricostruzione operata dall’auterevole voce di F. Benvenuti, La concessione di opere pubbliche, in Acque bonif. Costruz., 1958, pp. 1 ss. Inoltre ex pluribus, G. Roehrssen, La concessione di opere pubbliche nel qua dro dei sistemi di esecuzione delle opere pubbliche, in Rass. Lav. Pubbl., 1971, I, pp.1 ss: M. Pallottino, La concessione di opere pubbliche dopo la legge 8 agosto 1877 n. 584 di adeguamento delle procedure degliu appalti pubblici alle direttive della Comunità economica europea, in Riv. Giur. Edil., 1978, II, pp. 113 ss.. 10 Ex plurimis, per quanto concerne la natura giuridica dell’istituto della subconcessione aeroportuale vedi Cass. civ., sez. I, 7 novembre 1989, n. 4645 con nota di Rigoni, in Dir. Trasp., II, 1991, pagg. 222 ss. L’Autore ritiene configurabile una ipotesi di subconcessione e non di locazione nel caso in cui i locali siti all’interno dell’aerea aeroportuale siano stati impiegati per attività concernenti il servizio reso dal concessionario, con una inapplicabilità della normativa di cui alla legge 27 luglio 1978 n. 392, sulla durata minima del rapporto di locazione. A ben vedere, con riguardo alla concessione ad aedificandum si scorge una ulteriore problematica che riguarda il titolare della concessione e cioè ci si chiede se l’Ente gestore possa locare a terzi l’immobile da lui realizzato su aerea demaniale oppure debba uniformarsi alla normativa del Codice della navigazione il cui art. 46 prevede il subingresso nella concessione. Vedi in argomento, Russo, Il subingresso nella concessione dei beni del demanio marittimo, in Riv. Dir. Nav. 1959, 1, 271: sebbene l’Autore si riferisca all’istituto della concessione in campo marittimo, in particolare ritiene che nella concessione può essere intravista la figura giuridica del subingresso e cioè la natura di successione particolare nel rapporto di concessione. 7 Il Codice della navigazione, in realtà, non fa riferimento alla subconcessione ma al subingresso. L’introduzione dell’art. 45 bis rubricato “Affidamento ad altri soggetti delle attività oggetto della concessione”, non ha modificato in alcun modo la natura giuridica di essa né tampoco si pone in contrasto con le argomentazioni svolte ut supra. A tal proposito, oggi, dottrina e giurisprudenza sono unanimi nel considerare le concessioni demaniali un uso particolare 11 di utilizzo di beni su cui l’autorità concedente esercita un controllo volto ad accertare se il concessionario ponga in essere una attività nei limiti di quanto stabilito all’atto della concessione. Il controllo spetta al direttore dell’aeroporto o ad una società di servizi aeroportuali, la quale evidentemente deve garantire un uso corretto dei beni dati in concessione. La riflessione sull’istituto della concessione pone un’altra problematica: oggetto del negozio tra le parti sembrerebbe non essere la concessione demaniale in senso proprio in quanto, essendo essa un atto amministrativo, non può essere elemento di una fattispecie contrattuale, in quanto se formasse oggetto di diritto, il negozio posto in essere sarebbe nullo o meglio illecito, in quanto l’oggetto del negozio medesimo sarebbe di natura non commerciabile. Quid iuris, pertanto? Il negozio stipulato tra le parti e cioè tra concedente, concessionario e terzo deve essere sorretto da una volontà negoziale atta a trasferire un diritto del concessionario nel rispetto degli artt. 1343 e 1346 c.c. 12. Il rilascio della concessione è subordinato alla discrezionalità dell’Ente concedente con riguardo all’idoneità tecnica, morale ed economica del soggetto terzo richiedente in quanto se difettano tali requisiti la concessione può anche non essere autorizzata e quindi il bene può anche non essere concesso. 4. L’affidamento della gestione del servizio pubblico tra disciplina tipica e normativa navigazionistica: natura giuridica del bene aeroportuale La utilizzazione dei predetti beni e l’esercizio della concessione sembra caratterizzarsi come affidamento della gestione a terzi. Per quanto riguarda l’uso del bene in concessio- 11 G. Camarda, Lezioni in tema di demanio marittimo, Palermo, 1985, p. 30 ss.; V. Vallario, Il demanio marit timo, Milano, 1976, pp. 240 ss.; R. Tranquilli Leali, Il demanio aeronautico, in Il nuovo diritto aeronautico ( in ricordo di Gabriele Silingardi), Milano, 2002; S. Moscato, Le concessioni ad aedificandum nel demanio aero nautico e la natura giuridica delle costruzioni realizzate, in Le gestioni aeroportuali, Privatizzazione del siste ma e sicurezza del trasporto aereo, Milano, 2005, p. 171 ss.. 12 Si tratta di un percorso argomentativo condiviso da C. Angelone, op. cit. e da S. Moscato; cfr. anche G. Camarda e R, Tranquilli Leali, per i profili generali in correlazione alla analisi dell’istituto concessorio sia in diritto aeronautico sia in diritto marittimo. 8 ne, il nodo gordiano da sciogliere risiede nella circostanza se l’assegnazione dell’uso di un bene dato in concessione ad una società di gestione 13 da parte dell’ENAC configuri una vera e propria concessione in termini giuridici oppure una semplice titolarità o più precisamente un affidamento della gestione del servizio. Nel primo caso, l’affidamento del bene aeroportuale in uso ricadrebbe sotto la disciplina dell’art. 45-bis, Cod. Nav. che, tuttavia, prevede, ai fini dell’affidamento, l’autorizzazione alla concessione in gestione da parte dell’autorità competente e cioè l’ENAC; quest’ultima infatti deve esercitare un controllo sulla affidabilità del gestore che attribuisce il servizio a terzi, intendendosi per gestore il “soggetto cui è affidato, insieme ad altre attività o in via esclusiva, il compito di amministrare e gestire le infrastrutture aeroportuali”. Pertanto, non si tratterebbe di una concessione in senso proprio bensì di una subconcessione 14 e ciò sulla base del disposto di cui all’art. 46, Cod. Nav. per cui il soggetto terzo cui è attribuita la concessione del bene in uso da parte del gestore del servizio deve ottenere previamente l’autorizzazione da parte dell’autorità concedente. Per quanto concerne la risoluzione della problematica relativa alla natura giuridica dell’attribuzione in uso del bene aeroportuale, non è ben chiaro in dottrina se si tratti di una concessione vera e propria oppure di un affidamento; certo è comunque che la gestione aeroportuale è da ritenere gestione di un pubblico servizio. Per quanto attiene alle concessioni demaniali aeroportuali, nonostante sia da escludere l’applicabilità della norma di cui all’art. 36, Cod. Nav., va rilevato che è possibile comunque dare l’uso in concessione a privati di parte del suolo di aeroporti statali al fine di dar vita ad infrastrutture, edifici, aviorimesse, impianti idonei al traffico aereo 15, come si evince dalla lettura dell’art. 694, Cod. Nav. Il nuovo disposto di cui all’art. 693, Cod. Nav. ha comportato l’assegnazione dei beni del demanio aeronautico all’ENAC in uso gratuito al fine dell’affidamento in concessione della gestione aeroportuale ed inoltre ha statuito che all’individuazione dei beni demaniali aeronautici provvedano le Amministrazioni statali mediante un apposito atto di intesa. E’ chiaro comunque che le opere effettuate in ambito aeroportuale abbiano una finalità pubblicistica, posto che l’area di sedime su cui si svolgono tutte le attività connesse, diret- 13 C. Angelone, Profili giuridici del rapporto concessorio con le società di gestione. Decreto legislativo n. 18/99, in AA. VV., La liberalizzazione dell’attività di assistenza aeroportuale a terra, Milano, 2000, p. 272. L’Autore sottolinea che “i beni del demanio aeronautico vengono solo assegnati in uso gratuito all’ENAC per l’esercizio delle funzioni previste nell’art. 2 d. lgs. 25 luglio 1997, n. 25 ma non trasferiti all’Ente stesso a titolo di proprietà”. 14 S. Moscato, op. cit., p. 172. 15 A. Lefebvre - G. Pescatore - L. Tullio, Manuale di diritto della navigazione, Milano, 2006, p. 173 ss.. 9 tamente o indirettamente, alla gestione dell’aeroporto sono di proprietà del demanio aeronautico e quindi sottoposte alla disciplina giuridica dei beni demaniali 16. Per quanto riguarda la condizione delle infrastrutture realizzate è opportuno soffermarsi sulla natura giuridica del soggetto concedente. Se in dottrina e in giurisprudenza pacificamente, almeno per quanto riguarda gli aeroporti statali, si concorda nell’attribuire allo Stato la titolarità sul bene dato in concessione e costitutivo di un diritto di superficie, indirizzo parimenti uniforme non si rinviene relativamente alla natura dell’autorità che ne concede la superficie. Si è infatti sopra accennato che, negli aeroporti caratterizzati dalla gestione totale, l’autorità competente in materia dovrebbe essere la società di gestione. Tra gli studiosi vi è chi propende per l’attribuzione alla società di gestione della natura giuridica di ente concessionario dello Stato e chi invece opta per la configurabilità di un soggetto privato cui è affidata la gestione di un servizio che deve garantire un interesse statale. E’ doveroso anzitutto puntualizzare che, a seguito della nota n. 9/II Ac del 3/2/1999 della Corte dei Conti Sez. Controllo, i dubbi interpretativi in argomento sembrano essere stati fugati. Si legge, infatti che, successivamente all’insediamento del Consiglio di amministrazione dell’ENAC che ne ha completato il processo costitutivo, tutte le funzioni ed attribuzioni amministrative e tecniche della Direzione generale dell’aviazione civile, di cui all’art. 2 del D.Lgs. n. 250 del 25 luglio 1997, rientrano nelle competenze dell’ENAC al quale sono attribuiti gli atti di gestione ai sensi dell’art. 14 del suddetto decreto. Invero, dalla lettura della citata nota della Corte dei conti, sembrerebbe trattarsi di una concessione d’uso in senso proprio piuttosto che di un affidamento; all’ENAC, a seguito dell’affidamento del servizio ad una società privata od altro ente, sicché sostanzialmente non sarebbe attribuita una funzione gestoria bensì una funzione di vigilanza. L’ENAC sarebbe titolare del bene giuridico che sarebbe attribuito alla società privata in regime di concessione e non di subconcessione. Difatti, se si trattasse di una subconcessione, sarebbe necessaria - indubbiamente - una autorizzazione statale per ogni provvedimento concessorio emanato dalla società di gestione 17 deduzione questa non accettabile stante che per l’affidamento a terzi dei servizi è bastevole una comunicazione. Sembrerebbe non trattarsi pertanto di una vera e propria concessione ma di un subingresso della società che gestisce il servizio come nell’ipotesi in cui con una non recente 16 TAR Veneto, 31/8/1995, n. 1153, in Trib. Amm. reg. 1995, I, p. 4221. 17 S. Moscato, op. cit., p. 177 ss.. 10 nota 140674/14 del 1985, la DGAV, ora ENAC, aveva autorizzato la società GESAP al subingresso nella gestione parziale dell’aeroporto di Palermo Falcone Borsellino. Quanto sottolineato a proposito della natura giuridica della concessione in uso dei beni aeroportuali conduce invero ad esaminare alcuni profili problematici connessi alla natura giuridica della concessione, posto che di concessione si tratti. 5. La concessione amministrativa: dalla disciplina generale in materia di servizi pubblici locali ai recenti indirizzi normativi comunitari in materia di appalti pubblici Il diritto comunitario, assoggettando i servizi di interesse economico generale alle regole della concorrenza, ha determinato il prevalere della nozione oggettiva di servizio pubblico, ove non rileva la veste formale del soggetto gestore del servizio ai fini dell’applicazione delle regola della concorrenza. Ciò ha determinato sul versante delle modalità di gestione del servizio pubblico, una radicale evoluzione, di recente portatasi a compimento, del tradizionale strumento di gestione indiretta dei servizi pubblici e cioè la concessione 18. A tal proposito, viene in soccorso la disciplina dei servizi pubblici locali ai sensi dell’art. 22 della Legge n. 142 del 1990 e successive modifiche (T.U. n. 267/2000) nonché il contenuto della Direttiva comunitaria 92/50 recepita dal D.Lgs. n. 157 del 1995. Tale direttiva ha inciso notevolmente sulla disciplina della concessione di pubblici 19 ser- vizi e non ne ha poco contribuito alla differenziazione con la disciplina in argomento in materia di appalti. Le concessioni di servizi pubblici sono definite dalla direttiva come “contratti conclusi tra l’Amministrazione ed un altro ente di sua scelta in forza dei quali l’Amministrazione demanda all’ente l’esecuzione di un servizio pubblico di sua competenza e l’ente accetta di svolgere tale attività determinando come corrispettivo il diritto di sfruttare il servizio oppure tale diritto accompagnato da controprestazione pecuniaria”. La concessione non sarebbe da configurare come provvedimento autoritativo adottato intuitu personae e capace di trasferire al soggetto privato l’esercizio di potestà pubblicistiche per la gestione di attività sottratte al libero mercato europeo, essendo stata ormai superata la tesi della “concessione traslativa” elaborata dalla Corte di Cassazione, SS. 18 S. Cassese, La trasformazione dei servizi pubblici in Italia, in “Economia pubblica”, Roma, 10995; M. Cammelli - A. Ziroldi, Le società a partecipazione pubblica nel sistema locale, Rimini, 1999. 19 P. Piras, Servizi pubblici locali e società a partecipazione comunali, Milano, 1994;V. Martelli, Servizi pub blici locali e società per azioni, Milano, 1997; R. Cavallo Perin, La struttura della concessione nel servizio pub blico locale, Torino, 1998; L. Tretola, I servizi pubblici locali, II, Napoli, 2005; AA.VV., Il Testo unico degli enti locali, Napoli, 2003. 11 UU. n. 12221/1990, in quanto non idonea a determinare l’applicazione ai soggetti privati delle procedure di evidenza pubblica 20. Secondo gli indirizzi dottrinari in ambito comunitario, infatti, le concessioni si distinguono dagli appalti non per il titolo provvedimentale dell’attività né per la circostanza che vi sia un trasferimento di poteri o un ampliamento della sfera giuridica del privato, quanto, piuttosto, per il fenomeno della traslazione, in capo al soggetto privato, dell’alea economica inerente ad una determinata attività. Le concessioni di servizi pubblici rientrerebbero tra le attività che per natura, oggetto e norme che le disciplinano possono rientrare nella sfera di responsabilità dello Stato ed essere oggetto di diritti esclusivi o speciali. Si tratta di fattispecie escluse dall’ambito di applicazione della direttiva sugli appalti pubblici di servizi - in Italia recepita dal D.Lgs. n. 167/1995 - e dalle procedure di aggiudicazione, ma che, in verità, soggiacciono ai principi fondamentali di cui agli artt. 43-49 del Trattato CE nonché alla normativa generale in tema di contratti pubblici, oggi ridisciplinata dal Codice De Lise del 2006. Dalla pronuncia della Corte di Giustizia CE, VI, 7/12/2000, causa C-324/98 Teleaustria, si evince che la concessione di servizi pubblici, da intendersi come contratto caratterizzato dal trasferimento della gestione di un servizio pubblico avente come corrispettivo il diritto del concessionario di sfruttare economicamente il servizio medesimo, è soggetta ai principi fondamentali del diritto comunitario, i quali impongono all’amministrazione procedente di operare con modalità che garantiscano la pubblicità degli affidamenti e la non discriminazione delle imprese attraverso l’utilizzo di procedure competitive selettive. Trattasi di un obbligo ribadito dalla Commissione europea con la Comunicazione interpretativa sulle concessioni del 12/04/2000 i cui contenuti sono stati esplicitati, in Italia, dalla Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri 1/03/2002 n. 39/44 sulle “Procedure di affidamento delle concessioni di servizi e di lavori” 21 ove si sono specifi- cati gli obblighi di non discriminazione e di trasparenza nelle commesse pubbliche e di istituzione di procedure competitive e concorrenziali idonee a consentire, anche attraverso opportune forme di pubblicità, la possibilità per le imprese interessate di esplicare le proprie chances partecipative. 20 Contra S. Moscato, op. cit.: secondo l’A., si tratterebbe di una concessione traslativa in cui il concessionario si sostituisce alla pubblica amministrazione. Cfr. Italia-Landi-Potenza, Manuale di diritto amministrativo, XIII ed. Milano, 2002, p. 193 ss.. 21 Vedi Urb. e appalti n.6/2002, p. 67. 12 6. L’adeguamento della giurisprudenza amministrativistica nazionale ai principi comunitari in materia di concessione di pubblici servizi nell’alveo della gestione degli aeroporti maggiori e minori di traffico nazionale Ai precetti comunitari sopra richiamati si è adeguata la giurisprudenza amministrativa, che individua l’elemento caratterizzante la concessione nel criterio di remunerazione nel senso che il concessionario si assume i rischi di gestione del servizio, rifacendosi sull’utenza mediante la riscossione di un qualsiasi tipo di canone o di tariffa 22. Da rammentare, in argomento, è la sussistenza di un articolato rapporto trilaterale che interessa l’Amministrazione, il concessionario e gli utenti del servizio pubblico, tenuti a pagare il costo del servizio stesso. V’é ricordato, inoltre, che gli atti dei concessionari di servizi pubblici sono soggetti al diritto di accesso, in quanto posti in essere anche per il perseguimento di interessi collettivi sottoposti al disposto di cui all’art. 97, Cost. 23. Contestualmente la nozione di servizio pubblico si è estesa fino a cioè ricomprendervi 24 “tutte le attività svolte da qualsivoglia soggetto, riconducibili ad un ordinamento di settore e cioè sottoposte a controllo, vigilanza o mera autorizzazione della P.A.”., ovvero 25 “ogni attività di qualsiasi natura volta alla cura di inte- ressi collettivi, sia essa svolta da soggetti pubblici o privati” e dunque ogni attività “connessa allo svolgimento dell’azione amministrativa”, senza distinguere tra servizio pubblico e funzione pubblica, entrambi operanti nell’interesse della collettività. Secondo recenti orientamenti dottrinari, non sembra del tutto convincente un netto distinguo tra servizio pubblico e funzione pubblica, atteso che, a prescindere dagli strumenti utilizzati per tale distinzione, in verità la funzione pubblica persegue fini meramente pubblici mentre i servizi pubblici in realtà sono strumentali ai fini del perseguimento di finalità sociali. Per quanto attiene ai contratti di fornitura e di manutenzione dei servizi anche aeroportuali va rilevato che detti contratti non rientrano stricto sensu nella nozione soggettiva di servizio pubblico (dato che le relative prestazioni vengono effettuate non nei confronti dei privati ma dell’Amministrazione) ma invece sono assimilabili alla nozione oggettiva di servizio pubblico (dato che è presente l’elemento funzionale del perseguimento dei fini sociali, sopra richiamato, volto a realizzare la sottoposizione alla funzione di regolazione e di vigilanza svolta dall’ENAC in tema di gestione dei servizi aeroportuali). 22 Vedi Cons. St., sez VI, 15.05.2002 n. 2634. 23 Vedi art. 23 della L. 241/1990 sui “gestori di servizio pubblico”; Cons. St, Ad. Plen. 4.04.1999, n. 4; Cds, sez. VI, 5/03/2002 n. 1303, che si incentrano sul carattere di imparzialità o meno dell’attività svolta dal gestore e dalla sua strumentalità rispetto a quella di gestione del servizio pubblico. 24 Ad. Gen. Cons. Stato 12/03/1998 n. 30. 25 Ad. Plen. Cons. St. 30/3/2000 n. 1 in Foro it, 2000, III, p. 365. 13 Può trovare applicazione, nell’ambito dei servizi aeroportuali, la teoria dell’ordinamento sezionale proposta dal Nigro, atteso che, secondo la ricostruzione offertaci dall’insigne amministrativista, sono servizi pubblici quelle attività spettanti all’amministrazione e che possono essere rese da privati soltanto a patto di sottoporsi ad una penetrante regolazione da parte dell’ordinamento sezionale ed alle indicazioni dell’organo pubblico. Recentemente, le opinioni in merito alla natura giuridica della concessione del servizio pubblico ed alle connesse problematiche trovano conferma nel disposto costituzionale di cui all’art. 103 che attribuisce rilevanza giuridica all’indirizzo giurisprudenziale che qualifica servizio pubblico non qualsiasi attività, ancorché svolta da privati, ma soltanto quelle attività che sono direttamente connesse alla realizzazione del servizio o della public utility. Difatti l’art. 33 del D.Lgs. n. 80/1998, pur recependo la nozione oggettiva di servizio pubblico che, d’altra parte, è quella che meglio caratterizza la nozione di servizio aeroportuale, tuttavia non giustifica la riconduzione a tale nozione di tutta l’attività privata rilevante per il diritto amministrativo e soggetta a controllo, vigilanza o autorizzazione da parte della Autorità, essendo imprescindibile l’elemento funzionale, cioè di attività istituzionalmente volta a soddisfare le esigenze degli utenti. Ciò è avvalorato da altri indirizzi giurisprudenziali 26 che individuano il servizio pubblico come ogni prestazione “resa alla generalità degli amministrati da parte di un soggetto, anche privato, che si sia inserito nel sistema dei pubblici poteri o sia a questi collegato, e che sia sottoposta ad un regime giuridico derogatorio del diritto comune”. La nozione de qua è conforme alla nozione comunitaria di servizio di interesse generale, caratterizzato dalla imposizione di obblighi specifici di servizio pubblico al fine di soddisfare bisogni essenziali della collettività. Alla luce di quanto affermato, ci chiederemmo cosa ci si è lasciati alle spalle nell’ottica riformatoria 27: innanzitutto un sistema in cui il sedime e le infrastrutture aeroportuali statali italiani atti al traffico commerciale erano in gran parte di proprietà demaniale e ove la gestione degli aeroporti pubblici va ricondotta facilmente alla gestione “totale”, alla gestione “parziale”, alla gestione “diretta”. Il Codice della navigazione, se da un lato disciplina la concessione del suolo e degli edifici in ambito aeroportuale, dall’altro non contiene alcuna disposizione idonea ad una precisa normativa delle gestioni degli aeroporti e all’affidamento delle stesse ad enti e società diversi dallo Stato. 26 SS. UU., 12/11/2001 n. 14032 in Foro it. 2002, I, p.1842. 27 V. G. Mastrandrea., La gestione aeroportuale nella riforma dell’aviazione civile, in La liberalizzazione del l’attività di assistenza a terra, Decreto Legislativo n. 18/99, Milano, 2000, pag. 48 ss.. 14 Tuttavia, se nel momento storico in cui è entrato in vigore il Codice della navigazione, oggi riformato, non era nemmeno ipotizzabile la sussistenza di una gestione degli aeroporti pubblici ad opera di imprese private o di società a capitale misto con partecipazione pubblica, in tempi recenti, a seguito dello sviluppo del traffico aereo e con l’incremento delle operazioni aeroportuali, sono stati determinati i limiti delle gestioni statali. Invero, il legislatore nazionale è stato indotto ad operare ed accrescere un modello organizzativo a favore della gestione imprenditoriale e ciò ha comportato l’affidamento progressivo dei servizi aeroportuali, compresa la gestione commerciale dei principali aeroporti statali, ad enti di gestione pubblici e privati attraverso il ricorso a multiformi strumenti di affidamento. Sono state così emanate varie leggi speciali per gli aeroporti maggiori e svariati atti di natura concessoria per gli aeroporti minori per mezzo dei quali la gestione degli scali nazionali è stata affidata ad un regime di concessione totale (per gli aeroporti maggiori) o parziale (per gli aeroporti minori). La gestione totale, modello verso il quale maggiormente il sistema aeroportuale si sta indirizzando, comporta che l’intero aeroporto, ivi comprese le infrastrutture di volo, sia affidato ad un unico concessionario, che per le nuove concessioni non potrà superare i quarant’anni. Pensiamo, ad esempio, al sistema aeroportuale milanese, romano e agli aeroporti di Genova, Torino e Venezia, caratterizzati da concessioni oggetto di affidamento tramite leggi-provvedimento, che hanno suscitato non poche critiche e contrasti tra gli operatori del diritto. Le attività delle richiamate gestioni riguardano l’esecuzione dei lavori, la manutenzione ordinaria e straordinaria delle infrastrutture (piste, bretelle, aree di sosta per gli aeromobili in sosta, piazzali, aerostazioni, uffici, la predisposizione di servizi di fornitura di energia, illuminazione, acqua, riscaldamento, condizionamento, smaltimento dei rifiuti, pulizia etc., la creazione di strutture accessorie di comodità per gli utenti, ristoranti, negozi). Rilievo fondamentale assumono inoltre le attività di assistenza a terra degli aeromobili, passeggeri, bagagli, merce e posta, del catering, delle operazioni in pista, manutenzione e pulizia degli aeromobili, facenti capo al c.d. handling, servizi cioè di carattere complementare e strumentale rispetto alla prestazione del trasporto reso dal vettore aereo. La gestione aeroportuale 28, pertanto, affidata a strutture pubbliche o private concretizzerebbe, secondo la dottrina maggioritaria 29, un servizio pubblico di impresa e quindi sareb28 Cfr. Le gestioni aeroportuali. Privatizzazione del sistema e sicurezza del trasporto aereo a cura di M. Comenale Pinto, Francesco Morandi e Laura Masala; in particolare, vedi A. Serra, La privatizzazione delle gestioni aeroportuali, Milano, pag. 41 ss.. 29 Cfr. in ordine all’approfondimento di aspetti connessi alla problematica ed in particolare al regime gestorio in concessione, M. Riguzzi, Il D Lgs. N. 18/99 tra liberalizzazione e persistente protezionismo: il contenuto della legge, in La liberalizzazione dell’attività di assistenza a terra, Milano, 2000, pag. 80 ss.; A. Masutti, Il diritto aeronautico: lezioni, casi e materuali, in particolare Cap. IV “Le concessioni aeroportuali”, Milano, pag. 67 ss.. 15 be ravvisabile la natura di servizio atto a soddisfare un interesse pubblico ma garantito attraverso l’utilizzo della normativa privatistica, più precisamente imprenditoriale. La giurisprudenza non ha esitato a riconoscere alle società concessionarie ampi poteri con riguardo alla destinazione dei beni in relazione ai quali intervenire per la realizzazione delle opere infrastrutturali 30. Da quanto precisato si evince un certo ruolo prioritario della gestione totale dei servizi aeroportuali destinata a sostituire in modo definitivo quella parziale della quale si dirà appresso. Con la gestione parziale le infrastrutture di volo rimangono allo Stato, mentre l’affidamento in concessione riguarda le aerostazioni e le relative pertinenze; la durata delle concessioni è ventennale sulla base delle previsioni del codice della navigazione. Sul punto - comunque - è da rilevare che è stata la concessione totale a permettere lo sfruttamento delle capacità acquisite in materia e la creazione con contestuale sfruttamento di nuove capacità delle società di gestione il cui controllo è rimasto fino alla fine degli anni novanta in mano pubblica. Proprio l’organizzazione delle diverse forme di gestione in concessione totale per gli aeroporti maggiori e parziale per gli scali che avevano, al momento dell’adozione, un traffico passeggeri inferiore, ha evidenziato una notevole fragilità strutturale nella forma organizzativa. Le società di gestione che hanno beneficiato ab origine dell’affidamento della concessione per l’esercizio dei servizi aeroportuali si sono fatte carico negli anni ‘50 e ‘60 di progettare e costruire gli aeroporti statali ottenendo successivamente con legge speciale l’esercizio dei medesimi: certamente l’attività del soggetto gestore si è incanalata nella realizzazione di un preciso e fattivo piano di intervento, finalizzato non soltanto alla realizzazione iniziale delle opere ma anche ad un costante adeguamento delle diverse esigenze di mercato. Quanto detto ha trovato estrinsecazione nella situazione venutasi a creare relativamente alla costruzione degli aeroporti di Milano, Torino, Genova, Roma, Venezia. In particolare, con riferimento alla costruzione dell’aeroporto milanese, tramite la convenzione del 23 aprile 1952, n. 651 approvata con decreto 27.06.1952, si è affidata alla Società per azioni di Busto Arsizio la costruzione, l’allestimento e la gestione di un aeroporto civile sul sedime dell’aeroporto della Malpensa che ha mutato la propria ragione sociale in Società per azione esercizi aeroportuali - SEA. 30 Cfr. C. Stato, sez. II, 13 gennaio 1988, n. 1459/87, in C. Stato, 1991, I, 816: “Nel caso di gestione degli aeroporti affidati in concessione, spetta alla società concessionaria stabilire la destinazione dei beni oggetto della concessione; pertanto, se non vi siano limiti stabiliti nell’atto di concessone detta società può liberamente destinare le aree di demanio aeronautico a parcheggio custodito, essendo i poteri del diretto della circoscrizione aeroportuale limitati alla sola disciplina del traffico veicolare”. 16 Quest’ultima ha provveduto ad ottemperare agli obblighi scaturenti dalla successiva convenzione con il Ministero dei trasporti del 7 maggio 1962 relativa all’istituzione del sistema aeroportuale di Milano, sottoarticolato nei due nuovi aeroporti di Malpensa e di Linate, attribuendo alla SEA l’esercizio degli aeroporti in parola. Contestualmente all’iter di conversione delle concessioni parziali in totale è scaturita la opportunità di promuovere il citato processo di privatizzazione delle società di gestione di cui al D.L. 28 giugno 1995, n. 251. L’art. 1-bis di tale decreto statuisce l’abrogazione delle norme che prescrivono la partecipazione maggioritaria dello Stato, degli enti pubblici, dell’IRI, delle Regioni e degli enti locali nelle società di gestione aeroportuale. Come già precisato, le gestioni parziali si sono caratterizzate per l’oggetto della concessione, limitatamente all’aerostazione ed ai principali servizi aeroportuali. Sono stati, ad esempio, a lungo gestiti in regime di concessione parziale gli aeromobili di Pisa, Bologna, Rimini, Verona, Trieste ed altri di dimensioni minori. Le gestioni parziali in fase di sostituzione con le gestioni totali risultano oggi assoggettate alla normativa dettata dal codice della navigazione per le concessioni a suolo demaniale (artt. 694-699, C. Nav.). Le citate norme sono state purtuttavia ritenute inadeguate ai fini della regolamentazione della tipologia di gestione degli scali nazionali di minori dimensioni rispetto a quelli esaminati; ciò si permea nell’assunto che tali norme non disciplinino l’attività di gestione in quanto regolano soltanto le modalità di concessione degli aeroporti statali. Pertanto l’ente pubblico medesimo o le società per azioni, dopo aver provveduto alla costruzione di singole strutture, ha richiesto all’Ispettorato generale dell’aviazione civile del Ministero dei trasporti di pronunciarsi all’uopo con provvedimento di concessione. L’aeroporto di Bologna costituisce un esempio di “concessione parziale” in quanto gestito per lungo tempo da una società per azioni, la “Aeroporto Guglielmo Marconi” di Bologna S.p.A.. Nel provvedimento relativo all’affidamento della gestione parziale dell’aeroporto bolognese si è osservata la volontà di attribuire all’ente concessionario compiti ulteriori rispetto al semplice svolgimento di un’attività di gestione dello scalo, in sostituzione degli organi statali, e cioè non soltanto la promozione ed il completamento delle strutture dell’aeroporto civile di Bologna ma anche il loro rafforzamento. La necessità di un adeguamento delle competenze dell’ente gestore, nel caso della concessione parziale come evidenziato ut supra è apparsa chiara sin dai tempi immediatamente successivi all’affidamento della gestione in oggetto con il precipuo fine di adattamento del sistema aeroportuale alle mutate esigenze di settore. 17 Ciò è da collegare al fatto che all’ente gestore veniva preclusa la possibilità di farsi carico delle esigenze connesse ad un adeguamento delle piste e delle attrezzature atte al movimento degli aeromobili. Tale circostanza si presentava piuttosto incongrua poiché lo stesso ente gestore era incaricato dell’amministrazione aeronautica sulla base di un rapporto di diritto privato, di provvedere alla manutenzione di gran parte delle strutture aeroportuali estranee alla concessione ad esso rilasciata. Ciò si è posto alla base del processo di accelerazione della recente riforma del codice della navigazione, relativamente al settore aeronautico, che ha condotto alla trasformazione da parziale in totale delle forme di gestione aeroportuale, al fine di consentire un più adeguato sviluppo degli scali ed una efficace gestione delle attività svolte. E’ necessario sottolineare, al riguardo, inoltre la circostanza che ancorché i servizi aeroportuali civili siano stati affidati a soggetti diversi dallo Stato, che hanno operato per l’esercizio in forma imprenditoriale come sopra accennato (anche nel caso in cui la loro gestione è stata curata da enti pubblici o a partecipazione pubblica), detti servizi non hanno perduto la originaria qualificazione di pubblici 31. In conclusione, la qualificazione di servizi pubblici non è stata oggetto di contrasti giurisprudenziali neanche in tempi successivi, a seguito del consolidarsi di tali forme di gestione aeroportuale: in innumerevoli occasioni la giurisprudenza 32 ha attribuito la forma di concessionaria di un pubblico servizio - nella specie società concessionaria della gestione dei servizi di assistenza aeroportuale - ad una società per azioni (società aeroporto fiorentino); la medesima natura di servizio pubblico delle attività offerte dalle società di gestione aeroportuale tra l’altro è stata confermata anche al momento di verificare la congruità delle tariffe applicate dalla stessa società agli utenti 33. 31 Cfr. M. Riguzzi, L’impresa aeroportuale, Padova, 1984, pag. 24 ss.. 32 TAR Toscana, sez. I, 21.04.1998, n. 151, in Trib. Amm. Reg., 1998, I, pag. 2550. 33 Cfr. C. Stato, sez. VI, 21 agosto 1993, n. 575, in C. Stato, 1993, I, pag. 986: in particolare, la pronuncia si riferisce alle tariffe che “costituiscono... esercizio dell’autonomia privata e del diritto di impresa (il servizio pubblico aeroportuale è infatti esercitato nella fattispecie in esame in forma di impresa) con la conseguente necessità di assicurare la copertura dei costi e la giusta remunerazione dell’attività e del rischio di impresa, e il controllo esercitato dall’amministrazione in sede di approvazione delle tariffe mira ad accertare, con un giudizio di discrezionalità, che esse non risultino incongrue rispetto agli elementi costituiti dal costo effettivo e dal giusto profitto”. 18