- Dipartimento di Scienze Giuridiche, Storiche

FORNITURA DI SERVIZI INTERNET. SPUNTI IN TEMA DI EVOLUZIONE DEL DIRITTO DELLE
OBBLIGAZIONI
SOMMARIO: 1. L’evoluzione del diritto delle obbligazioni. - 2. Gli obblighi di
protezione. - 3. Segue. Gli obblighi di protezione nella fornitura di servizi Internet. - 4.
Gli obblighi informativi. - 5. Segue. Gli obblighi informativi nei servizi della
comunicazione elettronica. - 6. La cooperazione del creditore nella fornitura di servizi
Internet. - 7. Considerazioni conclusive.
1. L’evoluzione del diritto delle obbligazioni. Un’importante evoluzione ha interessato il diritto
delle obbligazioni, nel corso degli ultimi decenni. Il mutamento non è di poco conto: i
risvolti, sul piano applicativo, sono notevoli.
La riflessione prende le mosse dalla tradizionale qualificazione del rapporto obbligatorio,
inteso come relazione tra un obbligo e un potere (o pretesa). Questi, dunque, nella
prospettiva esaminata, esaurivano il contenuto di ciascuna situazione. Il rapporto era
costruito in termini di contrapposizione tra una situazione passiva (debito), da un lato, e una
situazione attiva (credito), dall’altro. Due situazioni, dunque, due contenuti differenti: poteri,
da una parte; obblighi, dall’altra. Interferenze tra l’una e l’altra sfera non erano ammesse.
Lo studio della fase attuativa delle obbligazioni ha insinuato forti dubbi intorno alla
validità di una simile ricostruzione, ha messo a dura prova la sua tenuta. Tale momento,
infatti, lumeggia contenuti di doverosità misti ad altri, espressioni di potere, all’interno di una
medesima situazione. Il contenuto della situazione creditoria non si esaurisce nel potere, nella
pretesa. Quello del debito, del pari, non è colmo di soli obblighi. Poteri, obblighi, oneri,
facoltà possono essere presenti tanto all’interno del credito, quanto del debito. Vi è un
interesse, riconosciuto in capo al creditore. L’obbligazione è strumento offerto per la
realizzazione di quell’interesse. Il creditore ha una pretesa, in ordine ad una condotta dovuta
dal debitore per il soddisfacimento di un’utilità propria. Il vincolo obbligatorio, tuttavia, può
sottendere più di un’utilità, taluna delle quali può far capo al debitore. Tutte devono essere
soddisfatte. Il contenuto dell’obbligazione, lo statuto, ossia il complesso degli strumenti atti a
realizzare le utilità sottese al vincolo, si arricchisce. E questo contenuto varia, non è dato una
volta per tutte, giacché si determina, di volta in volta, sulla base delle riferite utilità. La teoria
generale dell’obbligazione, appiattita sul concetto di vincolo giuridico, così, ha dovuto cedere
il passo alla teoria della pluralità degli statuti obbligatori. L’obbligazione, a lungo concepita
come una categoria unitaria e astorica, neutrale nonché astratta dal tempo e dallo spazio, ha
lasciato il posto alle obbligazioni.
Altre conseguenze è dato di trarre dal passaggio appena descritto. L’area della condotta
dovuta dal debitore subisce un ampliamento. Il creditore, allo stesso modo, è chiamato ad
assumere un contegno di cooperazione, in sede di attuazione del rapporto.
Le sollecitazioni, che hanno dato impulso ai mutamenti appena descritti, provengono dal
mondo dei fatti, miniera inesauribile di problemi e questioni da porre all’attenzione del
giurista. I fattori evolutivi sono più d’uno. Conviene, in questa sede, soffermare l’attenzione
su alcuni di essi.
2. Gli obblighi di protezione. L’esecuzione del contratto reca con sé la possibilità che danni si
verifichino, con riguardo alla persona o alle cose di una parte del medesimo. Il ricorso alla
responsabilità extracontrattuale, in ipotesi siffatte, non è apparso appagante. Una soluzione
diversa è stata adottata dalla giurisprudenza tedesca, a partire dai primi anni del secolo
scorso. Le corti hanno attribuito veste contrattuale alla responsabilità della parte, per i danni
da essa cagionati all’altra, nell’intento di alleggerire la posizione probatoria del soggetto leso
nel corso dell’esecuzione di un contratto. Le decisioni richiamate, però, necessitavano di
essere supportate da un’argomentazione adeguata. La dottrina, perciò, ha assunto l’impegno
di fornire una giustificazione teorica alle pronunce in parola. La teoria degli obblighi di
protezione è il risultato di questo lavoro. L’espressione allude a una serie di obblighi diretti a
realizzare un interesse diverso e ulteriore, rispetto a quello di prestazione, nell’ambito di un
medesimo rapporto obbligatorio. Il soggetto legato da un vincolo obbligatorio, creditore o
debitore che sia, dunque, deve far sì che l'interesse della controparte sia interamente
soddisfatto. Ciò, non soltanto da un punto di vista interno al rapporto e strettamente
connesso con la genesi del vincolo, ma anche da un punto di vista esterno alla vicenda
obbligatoria in senso stretto e attinente all'inviolabilità dello status quo delle parti. L’attuazione
del rapporto, insomma, è diretta a realizzare un interesse di prestazione e, al contempo, un
interesse di protezione, il quale impone alle parti di comportarsi in modo da impedire che
ciascuna di esse abbia a subire qualsivoglia pregiudizio. Sono stati, così, individuati obblighi
di prestazione e obblighi accessori. Taluni, tra questi, sono diretti a consentire l’esatta
esecuzione della prestazione principale. Altri, invece, mirano a preservare la sfera giuridica
delle parti e sono perciò detti obblighi di protezione, poiché di protezione è l’interesse che
mediante essi riceve soddisfazione. Siffatti obblighi, quindi, partecipano al raggiungimento
dello scopo dell’obbligazione, anche se, al contempo, la rilevanza di essi prescinde dal fatto
che la prestazione principale sia già stata o possa ancora essere correttamente adempiuta. Il
quadro offerto dalla teoria appena esaminata consente di cogliere profili di complessità,
avuto riguardo al contenuto dell’obbligazione.
La dottrina italiana, colpita dai risvolti pratici di una simile elaborazione, si è interrogata
sulla possibilità di attribuire agli obblighi di protezione una giustificazione sistematica, anche
all’interno della propria esperienza giuridica. Le caratteristiche di questi obblighi hanno
indotto ad ancorarli, non diversamente da quanto avvenuto in terra tedesca, alla clausola
generale di buona fede e correttezza, di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. Decisivo, sul punto, il
tratto della reciprocità. Gli obblighi di protezione, infatti, gravano tanto sul creditore quanto
sul debitore, allo stesso modo dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede e correttezza.
Obblighi di comunicazione, di custodia, di salvataggio, di conservazione sarebbero
riconducibili alla categoria in esame. Essa, quindi, convoglia al proprio interno ipotesi di
condotta dirette a soddisfare esigenze varie delle parti, nell’ottica di una maggiore tutela della
sfera personale e patrimoniale di ciascuna.
3. Segue. Gli obblighi di protezione nella fornitura di servizi Internet. La teoria degli obblighi di
protezione ha trovato un terreno fertile nella contrattazione telematica, soprattutto
nell’ambito dei negozi che hanno ad oggetto la fornitura di servizi Internet. La
giurisprudenza, in questo contesto, ha dimostrato apprezzamento verso la figura in esame,
alludendo a doveri collaterali non dichiarati in contratto, ma ricavabili dagli obblighi di
protezione derivanti dalla clausola generale di buona fede e correttezza (Trib. Prato, 16
ottobre 2001, ad esempio, ha enucleato un obbligo di impedire che l’utente sia esposto
all’attività di c.d. invio a pioggia di messaggi non desiderati, e ha posto tale obbligo in capo al
prestatore di un servizio di posta elettronica).
Il ricorso agli obblighi di protezione si rivela funzionale alla soluzione di rilevanti
problemi anche nell’ambito dei contratti di hosting. Il contributo, stavolta, proviene dal
formante dottrinale. Una premessa risulta opportuna. Il prestatore del servizio di hosting si
obbliga a mettere a disposizione del cliente la porzione di un computer server e di assicurare
che tale macchina sia continuamente collegata alla Rete, in modo da consentire all’utente di
raggiungere il dispositivo e di memorizzare informazioni. Un evento avverso, ad esempio un
incendio, potrebbe danneggiare il macchinario, sicché i dati potrebbero andare perduti, con
conseguente pregiudizio per il cliente. Si pone, così, il problema di stabilire se il prestatore,
oltre all’obbligazione di fornire il servizio, sia gravato, altresì, da un obbligo di custodia in
relazione al server. La qualificazione del contratto di hosting in termini di deposito offrirebbe
una risposta, ma tale operazione è avversata, poiché, in questo caso, l’utente non è
proprietario del server e dunque non consegna il dispositivo al provider, affinché costui lo
custodisca (diversamente da quanto avviene nel contratto di housing); né – è stato rilevato –
l’utente si rivolge al provider al fine di depositare dati. Il cliente, invece, mira ad assicurarsi la
disponibilità di una porzione di disco rigido, su cui caricare contenuti. E tuttavia – è stato
facile notare – i dati impressi sul server sono esposti a rischio. Il profilo della protezione,
quindi, appare evidente, di modo che il provider – è possibile affermare – si obbliga a
eseguire la prestazione principale, ma anche a impedire che l’utente subisca un danno
durante l’esecuzione del contratto. L’interruzione del servizio, l’impossibilità di accedere ai
dati, sia essa temporanea o definitiva, può arrecare seri pregiudizi al cliente il quale potrebbe
svolgere un’attività commerciale on-line, mediante apposito sito web collocato sulla porzione
di server oggetto di hosting. Malfunzionamenti, perdita o smarrimento dei dati, impediscono
che il sito possa essere raggiunto dal titolare dello stesso e da visitatori ad esso interessati.
Le medesime ragioni inducono a ritenere che il prestatore dei servizi Internet, in senso
onnicomprensivo, sia altresì gravato da un obbligo di predisporre adeguati programmi
antivirus, sì da evitare che il sistema dell’utente sia danneggiato da virus presenti all’interno
dell’area che fa capo al provider.
4. Gli obblighi informativi. L’analisi del momento esecutivo ha consentito di isolare
un’esigenza ulteriore, ossia la necessità che una serie di informazioni siano assicurate durante
l’esecuzione del contratto, ai fini di una migliore soddisfazione dell’interesse creditorio che la
prestazione sottende. Interessi debitori, altresì, ricevono considerazione su questo versante.
La teorizzazione di obblighi informativi trova la propria giustificazione proprio alla luce di
queste riflessioni.
Il termine informazione denota ambivalenza. Designa l’oggetto di una comunicazione, ma
anche l’attività di trasmissione di un dato di conoscenza. Entrambi i significati, però,
consentono di attribuire al concetto un connotato di relazionalità. La comunicazione
presuppone uno scambio tra un soggetto che trasmette un significato e un altro soggetto,
destinato a coglierlo. Interessa, in questa sede, l’informazione intesa come descrizione di
circostanze di fatto che consentono ad un soggetto di valutare l’opportunità di una data
condotta. In questo senso, nell’ambito della contrattazione, l’esigenza di una corretta e
adeguata informazione si avverte in ogni stadio della vicenda contrattuale. Essa, quindi,
copre la fase delle trattative, ma non risparmia neppure la conclusione del contratto, né la sua
esecuzione. Qui, anzi, il bisogno di una continua informazione si intensifica, soprattutto
laddove il contratto sia ad esecuzione periodica o continuativa. Numerose sono le previsioni
legislative, in tema di informazione. Tali disposizioni ineriscono, perlopiù, alla fase che
precede la conclusione, in particolare nella materia consumeristica. L’assenza di previsioni
specifiche, in ogni caso, non ha impedito alla giurisprudenza di enucleare obblighi
informativi, facendoli discendere dalla clausola generale di buona fede e correttezza.
5. Segue. Gli obblighi informativi nei servizi della comunicazione elettronica. Il settore delle
comunicazioni, anche rispetto a siffatta problematica, si presta a numerose esemplificazioni.
È sufficiente, in proposito, un richiamo alla questione relativa al traffico anomalo (Trib.
Roma, 13 dicembre 2006; CIR, 9 febbraio 2011, n. 13). I sistemi di comunicazione – com’è
noto – sono esposti al rischio di attacchi da parte di soggetti, c.d. hacker, esperti di
informatica, i quali sono capaci di accedere a sistemi informativi riservati senza che il titolare
degli stessi possa accorgersi di nulla. L’utente ignaro potrebbe imbattersi in fatturazioni
esorbitanti. Potrebbe, cioè, ricevere bollette, mediante le quali gli viene intimato di versare
somme per un servizio erogato dal provider, del quale, però, non ha effettivamente fruito. La
giurisprudenza, ancor prima che venissero emanate apposite previsioni regolamentari,
peraltro introdotte solo di recente, ha in più occasioni condannato il prestatore del servizio a
risarcire il danno da mancata informazione, in caso di traffico anomalo causato da hacker. La
responsabilità – è stato spiegato – non si fonda sull’intromissione nel sistema telefonico del
danneggiato, bensì sulla violazione dell’obbligo contrattuale di informare il cliente, ovverosia
di metterlo al corrente dell’anomalia rilevata nel traffico in uscita. L’utente, così, può
individuare le cause dell’incremento e porvi rimedio.
L’esigenza che il destinatario del servizio venga informato si manifesta di continuo, stante
il carattere tecnico e la complessità accentuata dell’attività svolta dal provider. Quest’ultimo,
per andare esente da responsabilità, è tenuto a dimostrare di aver reso edotto il cliente, in
ordine alle difficoltà incontrate nella riparazione del guasto, poiché non è sufficiente provare
che il disservizio sia imputabile alla condotta di un terzo. Valga, in proposito, il seguente
esempio. La gestione della rete – è noto – è affidata ad un determinato soggetto. Tutti gli
altri operatori che forniscono l’accesso devono stipulare con esso dei contratti. Il
malfunzionamento, talvolta, può essere dovuto al gestore, ma il prestatore di accesso è
tenuto ad attivarsi e deve, soprattutto, informare il cliente in ordine alla riferita circostanza
(Trib. Reggio Emilia, 19 aprile 2012). La mancata comunicazione, infatti, lo rende comunque
inadempiente. Il cliente, in definitiva, dev’essere sempre messo nelle condizioni di poter
decidere se continuare il rapporto col medesimo provider ovvero se indirizzarsi verso altro
soggetto, al fine di poter fruire di un servizio di maggiore qualità e a condizioni più
vantaggiose.
6. La cooperazione del creditore nella fornitura di servizi Internet. La continua comunicazione tra
operatore e destinatario del servizio si inserisce nell’ottica di un maggiore coinvolgimento di
quest’ultimo in sede di attuazione del rapporto.
La complessità delle operazioni, tratto connotante la fornitura dei servizi Internet,
richiede una condotta spiccatamente collaborativa da parte dell’utilizzatore del servizio.
Costui è chiamato al compimento di diverse attività, tutte variamente rivolte alla
realizzazione di utilità sottese al vincolo.
L’utente, in primo luogo, deve inviare alcuni dati al prestatore ed è necessario che le
riferite informazioni siano corrette, aggiornate e veritiere.
L’erogazione dei servizi richiede, da parte del cliente, la disponibilità di programmi,
apparati telefonici, di trasmissione dati e di elaborazione. I supporti devono essere omologati
e in perfetto stato di funzionamento.
Le attività appena richiamate sono indispensabili, poiché strumentali all’attuazione del
rapporto. La fornitura del servizio si dispiega entro un certo arco temporale, durante il quale
è ben possibile che si renda necessario sostituire o modificare i dispositivi. Il cliente deve
quindi assicurarsi che i supporti siano in perfetto stato di funzionamento e provvedere, di
conseguenza, ad eventuali riparazioni o sostituzioni.
Evidenziata la necessità del compimento di svariate attività, da parte dell’utente, occorre
interrogarsi sulle conseguenze che discendono dalla mancata realizzazione delle condotte
descritte. Cenni al tema della cooperazione creditoria, allora, non possono essere rinviati
oltre. La mancata cooperazione, in assenza di un motivo legittimo, autorizza il debitore a
mettere in mora il creditore. L’impossibilità della prestazione sopravvenuta per causa non
imputabile al debitore è a carico del creditore che sia stato messo in mora e quest’ultimo può
essere chiamato a risarcire i danni derivanti dalla sua mora. Il debitore, a sua volta, non
risponde del ritardo o dell’inadempimento, laddove abbia fatto offerta, anche non formale,
della prestazione e il creditore abbia rifiutato senza motivo legittimo.
Il quadro appena ricostruito ha indotto la dottrina prevalente a discorrere di cooperazione
creditoria in termini di onere. Il creditore non è obbligato a cooperare, ma la mancata
assunzione di un contegno collaborativo produce delle conseguenze a lui sfavorevoli e
favorevoli per altro soggetto (il debitore).
Ciò avviene anche nell’ambito della fornitura di servizi Internet. Il prestatore - debitore
non è tenuto a risarcire il danno, allorquando l’adempimento sia stato reso impossibile a
causa dell’ostracismo da parte dell’utente - creditore.
Il cliente, infatti, è chiamato ad una costante cooperazione, attraverso il compimento di
attività necessarie a superare eventuali malfunzionamenti e/o disservizi. Due pronunce in
materia di contratto di accesso alla Rete possono essere addotte, a riprova di quanto testé
affermato. In un caso, l’utente, dopo aver segnalato l’interruzione del servizio, aveva
impedito di raggiungere la propria abitazione al tecnico inviato dall’operatore (Co.re.com
Toscana, 28 ottobre 2013, n. 42). In un diverso caso, il cliente si era rifiutato di seguire le
indicazioni fornite dal referente tecnico in merito alla necessità di installare e configurare un
apposito dispositivo al fine di rendere possibile la connessione (Co.re.com Umbria, 27 marzo
2013, n. 15). Le richieste indennitarie dell’utente sono state respinte, tanto nell’una quanto
nell’altra fattispecie, in ragione della condotta non collaborativa dell’utente.
Il ruolo attivo dell’utente è ancor più evidente rispetto all’esecuzione dei contratti di
sviluppo del sito web. Il cliente deve fornire al webmaster, incaricato della realizzazione del
sito, una serie di indicazioni: nome a dominio, testo, loghi, foto e, in generale, ogni altra
informazione in ordine al contenuto e alle caratteristiche del prodotto commissionato. Il
committente, quindi, non può lamentare il ritardo nella consegna del sito, qualora esso sia
dovuto alla lentezza nella comunicazione dei dati precitati.
Altre conseguenze potrebbero derivare dalla condotta non cooperativa dell’utente. I
contratti che hanno ad oggetto la fornitura di servizi Internet, di norma, sono contratti a
prestazioni corrispettive. La cooperazione del creditore – è stato efficacemente rilevato – ,
nell’ambito dei negozi sinallagmatici può assumere i tratti di un obbligo secondario tutelato
attraverso il risarcimento del danno. La configurazione di obblighi anche in capo al creditore,
enucleati mediante un ricorso alla clausola generale di buona fede e correttezza, in un’ottica
di valorizzazione della complessità del rapporto obbligatorio, induce a interrogarsi, di volta in
volta, sulla presenza di eventuali interessi del debitore, anch’essi sottesi al vincolo e destinati
ad acquisire rilievo mediante una tutela di tipo risarcitorio.
Si consideri l’ipotesi di mancata consegna del materiale per la realizzazione delle pagine
web, nell’ambito di un contratto di sviluppo di un sito Internet. Il webmaster può avere
interesse ad eseguire la prestazione, in vista della maturazione del diritto al corrispettivo.
L’omessa comunicazione delle informazioni necessarie, nell’ottica sopra sposata,
configurerebbe la violazione di un obbligo, da parte del cliente, e legittimerebbe la
controparte a chiedere un risarcimento del danno.
7. Considerazioni conclusive. I tempi sono maturi, a questo punto, per trarre un bilancio. Il
sistema delineato dagli artt. 1175, 1176, 1218 e 1375 c.c., in seguito all’evoluzione illustrata
appare capace di dare risposta ad ogni questione, posta da fattori che il legislatore non
avrebbe potuto immaginare. La fornitura di servizi Internet, nello specifico, si presta a dare
solidità all’affermazione di cui sopra. È impensabile, in effetti, che in sede di emanazione del
codice il legislatore avesse in mente le problematiche scaturenti dalla fornitura dei servizi
Internet. La Rete – non è un mistero – è stata aperta all’uso commerciale solo a partire dagli
anni Novanta del secolo scorso. Impiegata, in principio, per soli scopi militari, negli anni
successivi è stato strumento di comunicazione utilizzato dalla comunità scientifica per lo
scambio di dati. L’apertura del sistema alla collettività ha dato il via ad uno sviluppo rapido e
incessante, foriero di nuove problematiche portate all’attenzione del giurista. Le categorie del
diritto delle obbligazioni hanno dimostrato una certa tenuta, maggiore anche rispetto a quelle
relative ad ambiti diversi, proprio in ragione dell’evoluzione che esse hanno attraversato e
della quale si è cercato sinteticamente di dar conto. Lo studio della fornitura dei servizi
Internet offre numerosi spunti in tema di cooperazione del creditore, così come dimostra un
ampliamento dell’area di condotta dovuta dal provider - debitore. Obblighi strumentali
all’adempimento della prestazione principale, obblighi diretti a preservare la sfera personale e
patrimoniale dell’utente, obblighi di avviso e comunicazione, integrano tutti il contenuto
della situazione debitoria.
La complessità di tali rapporti non risiede soltanto nel loro essere contratti a prestazioni
corrispettive. Tratti di condotta ulteriore possono essere dovuti o permessi, in vista della
realizzazione delle utilità sottese al vincolo. Ciò che il debitore deve fare e ciò che il creditore
può esigere risulta da un raffronto tra interesse creditorio, da un lato, e condotta dovuta o
permessa, dall’altro. Interessi debitori possono nel concreto rapporto assumere rilievo e in
questo caso, quindi, anch’essi hanno la forza di incidere sulla valutazione dei contegni dovuti
dalle parti o ad esse permessi. La misura della congruenza tra i due termini, ossia tra interessi
meritevoli di tutela sottesi al concreto rapporto e condotta, è offerta dalla clausola generale di
buona fede e correttezza.
Tale valutazione deve essere condotta alla luce del contesto entro il quale, di volta in
volta, il singolo rapporto riceve attuazione.
L’interesse, su questo versante, non opera come fonte del potere o dell’obbligo: esso,
piuttosto, è criterio di determinazione del contenuto normativo, ossia dell’ampiezza del
potere e dell’obbligo.
Bibliografia essenziale:
In materia di obblighi di protezione: E. Betti, Teoria generale delle obbligazioni, I. Prolegomeni:
funzione economico-sociale dei rapporti d’obbligazione, Milano, 1953; F. Benatti, Osservazioni in tema di
«doveri di protezione», in Riv. Trim. dir. Proc. Civ., 1960; L. Mengoni, Obbligazioni di «risultato» e
«obbligazioni di mezzi», III. Il limite della responsabilità nelle due categorie di rapporti, in Riv. dir. comm.,
1954, ora anche in L. Mengoni, Scritti II – Obbligazioni e negozio, a cura di C. Castronovo, A.
Albanese e A. Nicolussi, Milano, 2011; C. Castronovo, Obblighi di protezione, in Enc. giur., XXI,
Roma, 1990; U. Natoli, La regola della correttezza e l’attuazione del rapporto obbligatorio (art. 1175
c.c.), in Aa.Vv., in Studi sulla buona fede, Milano, 1975.
In tema di evoluzione del diritto delle obbligazioni: G. Romano, L’attuazione telematica delle
obbligazioni e le categorie civilistiche, in L’attuazione delle obbligazioni in Internet, in corso di
pubblicazione; P. Schlesinger, Il «primato» del credito, in Riv. dir. civ., 1990.
In relazione alla cooperazione del creditore: g. Romano, Interessi del debitore e adempimento,
Napoli, 1995.
In materia di fornitura dei servizi Internet: G. De Nova, I contratti di accesso ad Internet, in
AIDA, 1996; T. Pasquino, Servizi telematici e criteri di responsabilità, Milano, 2003; M. Gambini,
Le responsabilità civili dell’Internet service provider, Napoli, 2006; I.P. Cimino, I contratti degli Internet
providers e per i data services on-line, in Diritto dell’Internet e delle nuove tecnologie telematiche, a cura di
G. Cassano e I. P. Cimino, Padova, 2009.
Giurisprudenza:
In materia di obblighi di informazione: Trib. Roma, 13 dicembre 2006; CIR, 9 febbraio
2011, n. 13; Trib. Reggio Emilia, 19 aprile 2012 .
In tema di obblighi di protezione nella fornitura di servizi Internet: Trib Prato, 16
Ottobre 2001.
In ordine alla cooperazione dell’utente-creditore: Co.re.com. Toscana, 28 ottobre 2013, n.
42; Co.re.com. Umbria, 27 marzo 2013, n. 15.