FORNITURA DI SERVIZI INTERNET. SPUNTI IN TEMA DI EVOLUZIONE DEL DIRITTO DELLE OBBLIGAZIONI SOMMARIO: 1. L’evoluzione del diritto delle obbligazioni. - 2. Gli obblighi di protezione. - 3. Segue. Gli obblighi di protezione nella fornitura di servizi Internet. - 4. Gli obblighi informativi. - 5. Segue. Gli obblighi informativi nei servizi della comunicazione elettronica. - 6. La cooperazione del creditore nella fornitura di servizi Internet. - 7. Considerazioni conclusive. 1. L’evoluzione del diritto delle obbligazioni. Un’importante evoluzione ha interessato il diritto delle obbligazioni, nel corso degli ultimi decenni. Il mutamento non è di poco conto: i risvolti, sul piano applicativo, sono notevoli. La riflessione prende le mosse dalla tradizionale qualificazione del rapporto obbligatorio, inteso come relazione tra un obbligo e un potere (o pretesa). Questi, dunque, nella prospettiva esaminata, esaurivano il contenuto di ciascuna situazione. Il rapporto era costruito in termini di contrapposizione tra una situazione passiva (debito), da un lato, e una situazione attiva (credito), dall’altro. Due situazioni, dunque, due contenuti differenti: poteri, da una parte; obblighi, dall’altra. Interferenze tra l’una e l’altra sfera non erano ammesse. Lo studio della fase attuativa delle obbligazioni ha insinuato forti dubbi intorno alla validità di una simile ricostruzione, ha messo a dura prova la sua tenuta. Tale momento, infatti, lumeggia contenuti di doverosità misti ad altri, espressioni di potere, all’interno di una medesima situazione. Il contenuto della situazione creditoria non si esaurisce nel potere, nella pretesa. Quello del debito, del pari, non è colmo di soli obblighi. Poteri, obblighi, oneri, facoltà possono essere presenti tanto all’interno del credito, quanto del debito. Vi è un interesse, riconosciuto in capo al creditore. L’obbligazione è strumento offerto per la realizzazione di quell’interesse. Il creditore ha una pretesa, in ordine ad una condotta dovuta dal debitore per il soddisfacimento di un’utilità propria. Il vincolo obbligatorio, tuttavia, può sottendere più di un’utilità, taluna delle quali può far capo al debitore. Tutte devono essere soddisfatte. Il contenuto dell’obbligazione, lo statuto, ossia il complesso degli strumenti atti a realizzare le utilità sottese al vincolo, si arricchisce. E questo contenuto varia, non è dato una volta per tutte, giacché si determina, di volta in volta, sulla base delle riferite utilità. La teoria generale dell’obbligazione, appiattita sul concetto di vincolo giuridico, così, ha dovuto cedere il passo alla teoria della pluralità degli statuti obbligatori. L’obbligazione, a lungo concepita come una categoria unitaria e astorica, neutrale nonché astratta dal tempo e dallo spazio, ha lasciato il posto alle obbligazioni. Altre conseguenze è dato di trarre dal passaggio appena descritto. L’area della condotta dovuta dal debitore subisce un ampliamento. Il creditore, allo stesso modo, è chiamato ad assumere un contegno di cooperazione, in sede di attuazione del rapporto. Le sollecitazioni, che hanno dato impulso ai mutamenti appena descritti, provengono dal mondo dei fatti, miniera inesauribile di problemi e questioni da porre all’attenzione del giurista. I fattori evolutivi sono più d’uno. Conviene, in questa sede, soffermare l’attenzione su alcuni di essi. 2. Gli obblighi di protezione. L’esecuzione del contratto reca con sé la possibilità che danni si verifichino, con riguardo alla persona o alle cose di una parte del medesimo. Il ricorso alla responsabilità extracontrattuale, in ipotesi siffatte, non è apparso appagante. Una soluzione diversa è stata adottata dalla giurisprudenza tedesca, a partire dai primi anni del secolo scorso. Le corti hanno attribuito veste contrattuale alla responsabilità della parte, per i danni da essa cagionati all’altra, nell’intento di alleggerire la posizione probatoria del soggetto leso nel corso dell’esecuzione di un contratto. Le decisioni richiamate, però, necessitavano di essere supportate da un’argomentazione adeguata. La dottrina, perciò, ha assunto l’impegno di fornire una giustificazione teorica alle pronunce in parola. La teoria degli obblighi di protezione è il risultato di questo lavoro. L’espressione allude a una serie di obblighi diretti a realizzare un interesse diverso e ulteriore, rispetto a quello di prestazione, nell’ambito di un medesimo rapporto obbligatorio. Il soggetto legato da un vincolo obbligatorio, creditore o debitore che sia, dunque, deve far sì che l'interesse della controparte sia interamente soddisfatto. Ciò, non soltanto da un punto di vista interno al rapporto e strettamente connesso con la genesi del vincolo, ma anche da un punto di vista esterno alla vicenda obbligatoria in senso stretto e attinente all'inviolabilità dello status quo delle parti. L’attuazione del rapporto, insomma, è diretta a realizzare un interesse di prestazione e, al contempo, un interesse di protezione, il quale impone alle parti di comportarsi in modo da impedire che ciascuna di esse abbia a subire qualsivoglia pregiudizio. Sono stati, così, individuati obblighi di prestazione e obblighi accessori. Taluni, tra questi, sono diretti a consentire l’esatta esecuzione della prestazione principale. Altri, invece, mirano a preservare la sfera giuridica delle parti e sono perciò detti obblighi di protezione, poiché di protezione è l’interesse che mediante essi riceve soddisfazione. Siffatti obblighi, quindi, partecipano al raggiungimento dello scopo dell’obbligazione, anche se, al contempo, la rilevanza di essi prescinde dal fatto che la prestazione principale sia già stata o possa ancora essere correttamente adempiuta. Il quadro offerto dalla teoria appena esaminata consente di cogliere profili di complessità, avuto riguardo al contenuto dell’obbligazione. La dottrina italiana, colpita dai risvolti pratici di una simile elaborazione, si è interrogata sulla possibilità di attribuire agli obblighi di protezione una giustificazione sistematica, anche all’interno della propria esperienza giuridica. Le caratteristiche di questi obblighi hanno indotto ad ancorarli, non diversamente da quanto avvenuto in terra tedesca, alla clausola generale di buona fede e correttezza, di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. Decisivo, sul punto, il tratto della reciprocità. Gli obblighi di protezione, infatti, gravano tanto sul creditore quanto sul debitore, allo stesso modo dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede e correttezza. Obblighi di comunicazione, di custodia, di salvataggio, di conservazione sarebbero riconducibili alla categoria in esame. Essa, quindi, convoglia al proprio interno ipotesi di condotta dirette a soddisfare esigenze varie delle parti, nell’ottica di una maggiore tutela della sfera personale e patrimoniale di ciascuna. 3. Segue. Gli obblighi di protezione nella fornitura di servizi Internet. La teoria degli obblighi di protezione ha trovato un terreno fertile nella contrattazione telematica, soprattutto nell’ambito dei negozi che hanno ad oggetto la fornitura di servizi Internet. La giurisprudenza, in questo contesto, ha dimostrato apprezzamento verso la figura in esame, alludendo a doveri collaterali non dichiarati in contratto, ma ricavabili dagli obblighi di protezione derivanti dalla clausola generale di buona fede e correttezza (Trib. Prato, 16 ottobre 2001, ad esempio, ha enucleato un obbligo di impedire che l’utente sia esposto all’attività di c.d. invio a pioggia di messaggi non desiderati, e ha posto tale obbligo in capo al prestatore di un servizio di posta elettronica). Il ricorso agli obblighi di protezione si rivela funzionale alla soluzione di rilevanti problemi anche nell’ambito dei contratti di hosting. Il contributo, stavolta, proviene dal formante dottrinale. Una premessa risulta opportuna. Il prestatore del servizio di hosting si obbliga a mettere a disposizione del cliente la porzione di un computer server e di assicurare che tale macchina sia continuamente collegata alla Rete, in modo da consentire all’utente di raggiungere il dispositivo e di memorizzare informazioni. Un evento avverso, ad esempio un incendio, potrebbe danneggiare il macchinario, sicché i dati potrebbero andare perduti, con conseguente pregiudizio per il cliente. Si pone, così, il problema di stabilire se il prestatore, oltre all’obbligazione di fornire il servizio, sia gravato, altresì, da un obbligo di custodia in relazione al server. La qualificazione del contratto di hosting in termini di deposito offrirebbe una risposta, ma tale operazione è avversata, poiché, in questo caso, l’utente non è proprietario del server e dunque non consegna il dispositivo al provider, affinché costui lo custodisca (diversamente da quanto avviene nel contratto di housing); né – è stato rilevato – l’utente si rivolge al provider al fine di depositare dati. Il cliente, invece, mira ad assicurarsi la disponibilità di una porzione di disco rigido, su cui caricare contenuti. E tuttavia – è stato facile notare – i dati impressi sul server sono esposti a rischio. Il profilo della protezione, quindi, appare evidente, di modo che il provider – è possibile affermare – si obbliga a eseguire la prestazione principale, ma anche a impedire che l’utente subisca un danno durante l’esecuzione del contratto. L’interruzione del servizio, l’impossibilità di accedere ai dati, sia essa temporanea o definitiva, può arrecare seri pregiudizi al cliente il quale potrebbe svolgere un’attività commerciale on-line, mediante apposito sito web collocato sulla porzione di server oggetto di hosting. Malfunzionamenti, perdita o smarrimento dei dati, impediscono che il sito possa essere raggiunto dal titolare dello stesso e da visitatori ad esso interessati. Le medesime ragioni inducono a ritenere che il prestatore dei servizi Internet, in senso onnicomprensivo, sia altresì gravato da un obbligo di predisporre adeguati programmi antivirus, sì da evitare che il sistema dell’utente sia danneggiato da virus presenti all’interno dell’area che fa capo al provider. 4. Gli obblighi informativi. L’analisi del momento esecutivo ha consentito di isolare un’esigenza ulteriore, ossia la necessità che una serie di informazioni siano assicurate durante l’esecuzione del contratto, ai fini di una migliore soddisfazione dell’interesse creditorio che la prestazione sottende. Interessi debitori, altresì, ricevono considerazione su questo versante. La teorizzazione di obblighi informativi trova la propria giustificazione proprio alla luce di queste riflessioni. Il termine informazione denota ambivalenza. Designa l’oggetto di una comunicazione, ma anche l’attività di trasmissione di un dato di conoscenza. Entrambi i significati, però, consentono di attribuire al concetto un connotato di relazionalità. La comunicazione presuppone uno scambio tra un soggetto che trasmette un significato e un altro soggetto, destinato a coglierlo. Interessa, in questa sede, l’informazione intesa come descrizione di circostanze di fatto che consentono ad un soggetto di valutare l’opportunità di una data condotta. In questo senso, nell’ambito della contrattazione, l’esigenza di una corretta e adeguata informazione si avverte in ogni stadio della vicenda contrattuale. Essa, quindi, copre la fase delle trattative, ma non risparmia neppure la conclusione del contratto, né la sua esecuzione. Qui, anzi, il bisogno di una continua informazione si intensifica, soprattutto laddove il contratto sia ad esecuzione periodica o continuativa. Numerose sono le previsioni legislative, in tema di informazione. Tali disposizioni ineriscono, perlopiù, alla fase che precede la conclusione, in particolare nella materia consumeristica. L’assenza di previsioni specifiche, in ogni caso, non ha impedito alla giurisprudenza di enucleare obblighi informativi, facendoli discendere dalla clausola generale di buona fede e correttezza. 5. Segue. Gli obblighi informativi nei servizi della comunicazione elettronica. Il settore delle comunicazioni, anche rispetto a siffatta problematica, si presta a numerose esemplificazioni. È sufficiente, in proposito, un richiamo alla questione relativa al traffico anomalo (Trib. Roma, 13 dicembre 2006; CIR, 9 febbraio 2011, n. 13). I sistemi di comunicazione – com’è noto – sono esposti al rischio di attacchi da parte di soggetti, c.d. hacker, esperti di informatica, i quali sono capaci di accedere a sistemi informativi riservati senza che il titolare degli stessi possa accorgersi di nulla. L’utente ignaro potrebbe imbattersi in fatturazioni esorbitanti. Potrebbe, cioè, ricevere bollette, mediante le quali gli viene intimato di versare somme per un servizio erogato dal provider, del quale, però, non ha effettivamente fruito. La giurisprudenza, ancor prima che venissero emanate apposite previsioni regolamentari, peraltro introdotte solo di recente, ha in più occasioni condannato il prestatore del servizio a risarcire il danno da mancata informazione, in caso di traffico anomalo causato da hacker. La responsabilità – è stato spiegato – non si fonda sull’intromissione nel sistema telefonico del danneggiato, bensì sulla violazione dell’obbligo contrattuale di informare il cliente, ovverosia di metterlo al corrente dell’anomalia rilevata nel traffico in uscita. L’utente, così, può individuare le cause dell’incremento e porvi rimedio. L’esigenza che il destinatario del servizio venga informato si manifesta di continuo, stante il carattere tecnico e la complessità accentuata dell’attività svolta dal provider. Quest’ultimo, per andare esente da responsabilità, è tenuto a dimostrare di aver reso edotto il cliente, in ordine alle difficoltà incontrate nella riparazione del guasto, poiché non è sufficiente provare che il disservizio sia imputabile alla condotta di un terzo. Valga, in proposito, il seguente esempio. La gestione della rete – è noto – è affidata ad un determinato soggetto. Tutti gli altri operatori che forniscono l’accesso devono stipulare con esso dei contratti. Il malfunzionamento, talvolta, può essere dovuto al gestore, ma il prestatore di accesso è tenuto ad attivarsi e deve, soprattutto, informare il cliente in ordine alla riferita circostanza (Trib. Reggio Emilia, 19 aprile 2012). La mancata comunicazione, infatti, lo rende comunque inadempiente. Il cliente, in definitiva, dev’essere sempre messo nelle condizioni di poter decidere se continuare il rapporto col medesimo provider ovvero se indirizzarsi verso altro soggetto, al fine di poter fruire di un servizio di maggiore qualità e a condizioni più vantaggiose. 6. La cooperazione del creditore nella fornitura di servizi Internet. La continua comunicazione tra operatore e destinatario del servizio si inserisce nell’ottica di un maggiore coinvolgimento di quest’ultimo in sede di attuazione del rapporto. La complessità delle operazioni, tratto connotante la fornitura dei servizi Internet, richiede una condotta spiccatamente collaborativa da parte dell’utilizzatore del servizio. Costui è chiamato al compimento di diverse attività, tutte variamente rivolte alla realizzazione di utilità sottese al vincolo. L’utente, in primo luogo, deve inviare alcuni dati al prestatore ed è necessario che le riferite informazioni siano corrette, aggiornate e veritiere. L’erogazione dei servizi richiede, da parte del cliente, la disponibilità di programmi, apparati telefonici, di trasmissione dati e di elaborazione. I supporti devono essere omologati e in perfetto stato di funzionamento. Le attività appena richiamate sono indispensabili, poiché strumentali all’attuazione del rapporto. La fornitura del servizio si dispiega entro un certo arco temporale, durante il quale è ben possibile che si renda necessario sostituire o modificare i dispositivi. Il cliente deve quindi assicurarsi che i supporti siano in perfetto stato di funzionamento e provvedere, di conseguenza, ad eventuali riparazioni o sostituzioni. Evidenziata la necessità del compimento di svariate attività, da parte dell’utente, occorre interrogarsi sulle conseguenze che discendono dalla mancata realizzazione delle condotte descritte. Cenni al tema della cooperazione creditoria, allora, non possono essere rinviati oltre. La mancata cooperazione, in assenza di un motivo legittimo, autorizza il debitore a mettere in mora il creditore. L’impossibilità della prestazione sopravvenuta per causa non imputabile al debitore è a carico del creditore che sia stato messo in mora e quest’ultimo può essere chiamato a risarcire i danni derivanti dalla sua mora. Il debitore, a sua volta, non risponde del ritardo o dell’inadempimento, laddove abbia fatto offerta, anche non formale, della prestazione e il creditore abbia rifiutato senza motivo legittimo. Il quadro appena ricostruito ha indotto la dottrina prevalente a discorrere di cooperazione creditoria in termini di onere. Il creditore non è obbligato a cooperare, ma la mancata assunzione di un contegno collaborativo produce delle conseguenze a lui sfavorevoli e favorevoli per altro soggetto (il debitore). Ciò avviene anche nell’ambito della fornitura di servizi Internet. Il prestatore - debitore non è tenuto a risarcire il danno, allorquando l’adempimento sia stato reso impossibile a causa dell’ostracismo da parte dell’utente - creditore. Il cliente, infatti, è chiamato ad una costante cooperazione, attraverso il compimento di attività necessarie a superare eventuali malfunzionamenti e/o disservizi. Due pronunce in materia di contratto di accesso alla Rete possono essere addotte, a riprova di quanto testé affermato. In un caso, l’utente, dopo aver segnalato l’interruzione del servizio, aveva impedito di raggiungere la propria abitazione al tecnico inviato dall’operatore (Co.re.com Toscana, 28 ottobre 2013, n. 42). In un diverso caso, il cliente si era rifiutato di seguire le indicazioni fornite dal referente tecnico in merito alla necessità di installare e configurare un apposito dispositivo al fine di rendere possibile la connessione (Co.re.com Umbria, 27 marzo 2013, n. 15). Le richieste indennitarie dell’utente sono state respinte, tanto nell’una quanto nell’altra fattispecie, in ragione della condotta non collaborativa dell’utente. Il ruolo attivo dell’utente è ancor più evidente rispetto all’esecuzione dei contratti di sviluppo del sito web. Il cliente deve fornire al webmaster, incaricato della realizzazione del sito, una serie di indicazioni: nome a dominio, testo, loghi, foto e, in generale, ogni altra informazione in ordine al contenuto e alle caratteristiche del prodotto commissionato. Il committente, quindi, non può lamentare il ritardo nella consegna del sito, qualora esso sia dovuto alla lentezza nella comunicazione dei dati precitati. Altre conseguenze potrebbero derivare dalla condotta non cooperativa dell’utente. I contratti che hanno ad oggetto la fornitura di servizi Internet, di norma, sono contratti a prestazioni corrispettive. La cooperazione del creditore – è stato efficacemente rilevato – , nell’ambito dei negozi sinallagmatici può assumere i tratti di un obbligo secondario tutelato attraverso il risarcimento del danno. La configurazione di obblighi anche in capo al creditore, enucleati mediante un ricorso alla clausola generale di buona fede e correttezza, in un’ottica di valorizzazione della complessità del rapporto obbligatorio, induce a interrogarsi, di volta in volta, sulla presenza di eventuali interessi del debitore, anch’essi sottesi al vincolo e destinati ad acquisire rilievo mediante una tutela di tipo risarcitorio. Si consideri l’ipotesi di mancata consegna del materiale per la realizzazione delle pagine web, nell’ambito di un contratto di sviluppo di un sito Internet. Il webmaster può avere interesse ad eseguire la prestazione, in vista della maturazione del diritto al corrispettivo. L’omessa comunicazione delle informazioni necessarie, nell’ottica sopra sposata, configurerebbe la violazione di un obbligo, da parte del cliente, e legittimerebbe la controparte a chiedere un risarcimento del danno. 7. Considerazioni conclusive. I tempi sono maturi, a questo punto, per trarre un bilancio. Il sistema delineato dagli artt. 1175, 1176, 1218 e 1375 c.c., in seguito all’evoluzione illustrata appare capace di dare risposta ad ogni questione, posta da fattori che il legislatore non avrebbe potuto immaginare. La fornitura di servizi Internet, nello specifico, si presta a dare solidità all’affermazione di cui sopra. È impensabile, in effetti, che in sede di emanazione del codice il legislatore avesse in mente le problematiche scaturenti dalla fornitura dei servizi Internet. La Rete – non è un mistero – è stata aperta all’uso commerciale solo a partire dagli anni Novanta del secolo scorso. Impiegata, in principio, per soli scopi militari, negli anni successivi è stato strumento di comunicazione utilizzato dalla comunità scientifica per lo scambio di dati. L’apertura del sistema alla collettività ha dato il via ad uno sviluppo rapido e incessante, foriero di nuove problematiche portate all’attenzione del giurista. Le categorie del diritto delle obbligazioni hanno dimostrato una certa tenuta, maggiore anche rispetto a quelle relative ad ambiti diversi, proprio in ragione dell’evoluzione che esse hanno attraversato e della quale si è cercato sinteticamente di dar conto. Lo studio della fornitura dei servizi Internet offre numerosi spunti in tema di cooperazione del creditore, così come dimostra un ampliamento dell’area di condotta dovuta dal provider - debitore. Obblighi strumentali all’adempimento della prestazione principale, obblighi diretti a preservare la sfera personale e patrimoniale dell’utente, obblighi di avviso e comunicazione, integrano tutti il contenuto della situazione debitoria. La complessità di tali rapporti non risiede soltanto nel loro essere contratti a prestazioni corrispettive. Tratti di condotta ulteriore possono essere dovuti o permessi, in vista della realizzazione delle utilità sottese al vincolo. Ciò che il debitore deve fare e ciò che il creditore può esigere risulta da un raffronto tra interesse creditorio, da un lato, e condotta dovuta o permessa, dall’altro. Interessi debitori possono nel concreto rapporto assumere rilievo e in questo caso, quindi, anch’essi hanno la forza di incidere sulla valutazione dei contegni dovuti dalle parti o ad esse permessi. La misura della congruenza tra i due termini, ossia tra interessi meritevoli di tutela sottesi al concreto rapporto e condotta, è offerta dalla clausola generale di buona fede e correttezza. Tale valutazione deve essere condotta alla luce del contesto entro il quale, di volta in volta, il singolo rapporto riceve attuazione. L’interesse, su questo versante, non opera come fonte del potere o dell’obbligo: esso, piuttosto, è criterio di determinazione del contenuto normativo, ossia dell’ampiezza del potere e dell’obbligo. Bibliografia essenziale: In materia di obblighi di protezione: E. Betti, Teoria generale delle obbligazioni, I. Prolegomeni: funzione economico-sociale dei rapporti d’obbligazione, Milano, 1953; F. Benatti, Osservazioni in tema di «doveri di protezione», in Riv. Trim. dir. Proc. Civ., 1960; L. Mengoni, Obbligazioni di «risultato» e «obbligazioni di mezzi», III. Il limite della responsabilità nelle due categorie di rapporti, in Riv. dir. comm., 1954, ora anche in L. Mengoni, Scritti II – Obbligazioni e negozio, a cura di C. Castronovo, A. Albanese e A. Nicolussi, Milano, 2011; C. Castronovo, Obblighi di protezione, in Enc. giur., XXI, Roma, 1990; U. Natoli, La regola della correttezza e l’attuazione del rapporto obbligatorio (art. 1175 c.c.), in Aa.Vv., in Studi sulla buona fede, Milano, 1975. In tema di evoluzione del diritto delle obbligazioni: G. Romano, L’attuazione telematica delle obbligazioni e le categorie civilistiche, in L’attuazione delle obbligazioni in Internet, in corso di pubblicazione; P. Schlesinger, Il «primato» del credito, in Riv. dir. civ., 1990. In relazione alla cooperazione del creditore: g. Romano, Interessi del debitore e adempimento, Napoli, 1995. In materia di fornitura dei servizi Internet: G. De Nova, I contratti di accesso ad Internet, in AIDA, 1996; T. Pasquino, Servizi telematici e criteri di responsabilità, Milano, 2003; M. Gambini, Le responsabilità civili dell’Internet service provider, Napoli, 2006; I.P. Cimino, I contratti degli Internet providers e per i data services on-line, in Diritto dell’Internet e delle nuove tecnologie telematiche, a cura di G. Cassano e I. P. Cimino, Padova, 2009. Giurisprudenza: In materia di obblighi di informazione: Trib. Roma, 13 dicembre 2006; CIR, 9 febbraio 2011, n. 13; Trib. Reggio Emilia, 19 aprile 2012 . In tema di obblighi di protezione nella fornitura di servizi Internet: Trib Prato, 16 Ottobre 2001. In ordine alla cooperazione dell’utente-creditore: Co.re.com. Toscana, 28 ottobre 2013, n. 42; Co.re.com. Umbria, 27 marzo 2013, n. 15.