Parere pro veritate sulla potenziale responsabilità del Medico Infettivologo in
quanto prescrittore di nuovi farmaci antivirali attivi per il trattamento
dell’epatite “C”.
Le osservazioni sono calibrate sulla figura del “Medico Infettivologo che opera
presso i Centri di Malattie Infettive.
Punto di partenza non può che essere il disposto dell’art. 32 Cost., alla cui
stregua “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e
interesse della collettività” (comma 1°).
L’individuo (cittadino o no) ha diritto di ricevere cure adeguate alle sue
condizioni di salute e lo Stato (ente rappresentativo della collettività) ha il dovere di
garantire che dette cure vengano assicurate, in quanto la cura inadeguata può
compromettere la vita e l’integrità fisica del malato: costui perde il ruolo sociale
ricoperto e può diventare un costo per la collettività chiamata a farsi carico di
invalidità al lavoro, malattie croniche, ricoveri in strutture sanitarie etc.
Il Medico (l’Infettivologo, nel caso di specie) ha la responsabilità – anche penale –
della corretta e tempestiva diagnosi e dell’individuazione della migliore terapia
possibile e di ciò deve rendere edotto il paziente per le determinazioni che costui
riterrà di assumere.
Rimane a margine (e non rileva ai fini della risposta al quesito postomi) il caso
del trattamento sanitario obbligatorio per legge. In tale caso, il Medico è responsabile
della esatta diagnosi, dell’individuazione del trattamento sanitario e, se obbligatorio,
della soggezione del paziente alla cura nelle fattispecie che lo consentano e lo
impongano.
La casistica che fa da sfondo al quesito propostomi vede il Medico Infettivologo che
ha svolto correttamente la parte di sua competenza: ha visitato il paziente, ha
accertato la patologia ricorrente nella fattispecie concreta, ha indicato quale sia la
cura meglio rispondente alla diagnosi formulata.
Tale prescrizione è resa nota sia al paziente che all’ente di appartenenza, per
le conseguenti decisioni di rispettiva competenza.
Il Medico Infettivologo – sotto sua responsabilità anche penale – visita il
paziente e indica quali farmaci antivirali possano costituire la migliore risposta
terapeutica alla “infezione cronica da virus dell’epatite C” e assicurare “risultati clinici
eccellenti”.
Nella indicazione dei farmaci migliori, il Medico non deve farsi condizionare da
altro che l’interesse clinico del paziente: in particolare, deve prescrivere il farmaco
più efficace e, a parità di risultati clinici, deve prescrivere il farmaco meno costoso, a
prescindere dal fatto che il costo finale dell’acquisto del farmaco ricada sull’utente
finale o sul SSN.
In altre parole, non è il Medico a doversi preoccupare dei costi delle cure
prescritte, una volta che – sotto sua responsabilità anche penale – abbia
diagnosticato l’esatta malattia ed individuato i farmaci più idonei al trattamento e al
contrasto della malattia.
La conferma è nel citato art. 32 comma 1° Cost., il cui inciso finale dispone “(la
Repubblica) garantisce cure gratuite agli indigenti”.
Appare evidente
che il diritto all’assistenza sanitaria è una cosa e che il diritto all’assistenza sanitaria
gratuita è un’altra;
che il diritto all’assistenza sanitaria va garantito, a prescindere dalle condizioni
economiche del paziente (art. 3 comma 1° Cost.), ma che solo all’individuo
“indigente” va garantita la gratuità, cosicchè il diritto/interesse alla salute non sia
pregiudicato dalle condizioni personali (anche economiche) – riscontrabili nel
contesto sociale – che potrebbero indurre taluno a posporre il bene salute;
che è lo Stato a determinare quale sia il concetto di “indigenza” e quale sia
l’estensione della gratuità delle cure.
Lo Stato può certamente stabilire che le cure correlate a determinate patologie
siano gratuite comunque (indipendentemente dallo stato di indigenza) o lo siano solo
fino ad un certo livello di reddito (anche superiore a quello di “indigenza”) o siano
sempre a carico dell’interessato (anche se indigente).
Ciò risponde alla ampiezza che si vuole dare allo Stato “sociale” ed è pesantemente
influenzato dalle condizioni generali dell’economia.
L’unica cosa certa è che non è (né può essere) un problema del Medico né può
diventare un fattore responsabilizzante a vario titolo il fatto che il farmaco più efficace
abbia un costo tale da essere proibitivo per la quasi generalità dei pazienti o,
comunque, tale da non essere assunto a carico del SSN.
Il paziente – debitamente avvertito delle implicazioni economiche di una cura
efficace della patologia da cui è affetto – valuterà la compatibilità della cura alla luce
delle proprie condizioni economiche (il costo dei farmaci antivirali potrebbe essere
insostenibile anche per chi – giuridicamente – abbia un reddito che lo collochi fuori
dall’area della “indigenza”) e alla luce dell’impegno/non impegno del SSN a farsene
carico.
Alla luce di quanto sopra è problema dello Stato (e/o del SSN) sia come
gestire i costi dei nuovi farmaci, sia di definire la casistica per l’assunzione a carico
sia di determinare “quanto queste molecole sono in grado di farci risparmiare nel
tempo rispetto alle cure standard utilizzate fino ad oggi”.
Il diritto dell’individuo alla salute postula la preferenza per la cura più costosa e
più efficace anche quanto a tempistica della guarigione, ma una diversa scelta –
suggerita da motivazioni economiche – non è certo propria del Medico.
Non condivido il rilievo secondo cui “a tutt’oggi il Medico Infettivologo, che
opera presso i centri di Malattie Infettive prescrittori di tali farmaci antivirali, è
condizionato dalla scarsa disponibilità di confezioni a disposizione da somministrare
ai pazienti che necessitano di tali trattamenti”.
Il Medico prescriverà ai pazienti quanto è a loro necessario secondo scienza e
coscienza: il problema della non disponibilità o della ridotta disponibilità dei farmaci
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da somministrare è un problema altrui (del Centro Malattie Infettive o del SSN) che
non è compito del Medico prescrittore assumere come proprio.
Una volta che il Medico abbia fatto la corretta diagnosi e prescritto la cura
adeguata, ha adempiuto in modo esaustivo ai suoi doveri e alle connesse
responsabilità.
Non è assolutamente condivisibile l’affermazione – che viene attribuita ad
“autorità regionali” – secondo cui “la responsabilità della decisione se fare o meno un
trattamento è del Medico anche in carenza di farmaci a disposizione”.
Certamente il Medico deve prescrivere la cura più adeguata alla fattispecie
concreta, ma non assume alcuna responsabilità in merito alla sostenibilità economica
del trattamento sanitario prescritto: il Centro, l’Azienda Ospedaliera o il SSN possono
o no farsi carico dei costi, possono o no chiedere al paziente di farsi carico (in tutto o
in parte) dei relativi oneri, ma certamente questa è una attività inter alios acta che
non coinvolge minimamente la responsabilità del Medico.
Il Medico, pur nella consapevolezza del costo proibitivo delle cure e della loro
non assunzione a carico da parte del SSN, ha l’obbligo giuridico di prescrivere il
farmaco più adeguato alla gravità della malattia e non potrà mai vedersi opporre la
responsabilità di aver prescritto un farmaco non fornito dal SSN e/o con costo
proibitivo per il paziente.
Il Medico non può essere chiamato a rispondere del fatto che il farmaco da lui
prescritto non venga messo a disposizione (gratuitamente) dall’ente di appartenenza
o dal SSN né si può esigere da lui di dare seguito al trattamento prescritto in assenza
di messa a sua disposizione dei farmaci di cui trattasi (conserva pieno valore il
principio ad impossibilia nemo tenetur, che trova esplicitazione nell’art. 45 c.p. che
dichiara non punibile chi ha agito in presenza di una situazione di forza maggiore,
come tale da lui non eliminabile).
Niente e nessuno può garantire dal rischio di “potenziali denunce penali da
parte di singoli pazienti … associazioni di categoria e procuratori”, ma appare
evidente che il Medico sarebbe l’obiettivo sbagliato perché non è da lui che dipende
l’erogazione in concreto del farmaco prescritto e non è lui che (legittimamente o
arbitrariamente) ostacola la somministrazione del farmaco nel caso concreto da lui
stesso prescritto al paziente.
Il procedimento penale, eventualmente aperto a carico del Medico prescrittore,
è destinato ragionevolmente a non percorrere molta strada perché la (eventuale)
compromissione del diritto alla salute per omesso trattamento della malattia con il
farmaco più adeguato (individuato dallo stesso Medico) non è ascrivibile in alcun
modo ad un comportamento attivo od omissivo del Medico prescrittore.
Il Medico prescrittore è il secondo interessato (dopo il paziente) a non vedere
vanificato il suo lavoro da una cura non adeguata della malattia diagnosticata per
impossibilità oggettiva di una erogazione dei farmaci antivirali a tutti quelli che ne
hanno veramente bisogno.
Prof. Avv. Piermaria Corso
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Lettera da consegnare ai pazienti
“Gentile Signore/a,
lei è affetto da una epatite cronica evolutiva, oggi contrastabile con specifici farmaci
antivirali di cui il SSN non si fa carico, se non in limiti attualmente molto circoscritti.
Nell’eventualità che lei rientri nei parametri codificati dall’Agenzia Italiana del
Farmaco (AIFA) e dalla regione XXXX per l’accesso al trattamento dall’epatite di tipo
“C” mediante i nuovi farmaci antivirali (DAA), è mio dovere segnalarLe che l’accesso
al trattamento mediante i sopraindicati farmaci, dato l’elevatissimo costo degli stessi
a carico del SSN e Regionale, determina una fornitura limitata di confezioni alle
Aziende e non consente al Medico Specialista Infettivologo, suo malgrado, di
procedere ad una erogazione immediata di tali farmaci per i motivi sopra esposti.
Sarà cura dello Specialista Infettivologo provvedere ad avvisarla non appena il
farmaco sarà disponibile presso questo centro erogatore.
Nell’eventualità che lei non rientri nei parametri codificati dall’Agenzia Italiana
del farmaco (AIFA) e dalla regione XXX per l’accesso al trattamento dell’epatite di
tipo “C” mediante i nuovi farmaci antivirali (DAA), è mio dovere segnalarLe che
l’accesso al trattamento mediante i sopraindicati farmaci è stato autorizzato
dall’AIFA, dato l’elevatissimo costo degli stessi a carico del SSN e Regionale, solo
per pazienti con particolari caratteristiche di gravità nelle condizioni epatiche (pazienti
che appartengono a categorie di gravità cosiddette “F3” ed “F4” secondo i parametri
AIFA). L’ente non è quindi in grado di poterle offrire il trattamento con questi farmaci,
anche se questi farmaci nascono per la cura dell’epatite C, indipendentemente dalla
gravità del quadro clinico. La invitiamo quindi a rimanere in contatto con la nostra
struttura al fine di avere notizie su eventuali modifiche della attuale normativa.
Il Medico Specialista Infettivologo: Dott…….”.
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