CHIESA DI S. LUCIA E S. APOLLONIA
Angelo Maggiora
23/8/2010
La chiesa di Santa Lucia e Santa Apollonia dista circa cento di metri da Valvinera.
Sebbene abbia una doppia dedica, è normalmente conosciuta come la chiesa di S. Lucia.
Il confine tra i comuni di Castagnole
Monferrato e di Refrancore è segnato
dal ruscello, “u ri 'd Varvinera”, che
scorre parallelo alla cappella a circa
20m, affluente del rio Gaminella.
Di conseguenza, Valvinera si trova
sotto la giurisdizione del comune e
della parrocchia di Castagnole mentre
Santa Lucia si trova sotto Refrancore.
I confini, si sa, attingono alla sfera
politico/amministrativa e non a quella
degli affetti. Infatti il confine non ha
mai rappresentato un ostacolo e la
chiesa è amatissima dagli abitanti della frazione che partecipano numerosi alle due uniche funzioni
che vi si celebrano ogni anno. La prima, nella II metà di Agosto, con data che dipende dalla
disponibilità del parroco di Castagnole o Refrancore, è dedicata alla commemorazione e al ricordo
di tutti i defunti della borgata. La seconda messa si celebra il giorno di Santa Lucia, il 13 dicembre.
Le spese di manutenzione, notevoli a causa del terreno umido ed instabile su cui è costruita, sono
quasi totalmente a carico degli abitanti della borgata.
Nel giorno di Santa Lucia si svolge anche la tradizionale asta, “l'incant” come si dice da queste
parti, un modo per raccogliere un po' di soldi da destinarsi alla manutenzione.
Vista con gli occhi disincantati di quelli che non hanno vissuto questa tradizione sin dalla più tenera
età, l'asta si presenta come una abitudine piuttosto curiosa! Gli abitanti mettono all'asta le cose
semplici di casa, una paio di barattoli di pesche sciroppate, bottiglie di conserva di pomodoro e così
via. Niente di prezioso o costoso. Gli stessi abitanti poi si ricomprano all'asta le cose messe a
disposizione dai compaesani con un intreccio tra domanda ed offerta bizzarro ed originale!
Sarebbe sicuramente più semplice fare un'offerta ma … questa è la tradizione di sempre, che
rispecchia, a mio avviso, il carattere
dei valvineresi. Si sentono più
legittimati a dare un contributo
pecuniario se vi è, a fronte, qualcosa
di materiale, reale e visibile.
Breve descrizione
La chiesa è di discreta fattura,
probabilmente la migliore tra le chiese
analoghe dei dintorni.
Ha dimensioni esterne 6 x 10,5 m2,
notevoli per una chiesa campestre,
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con un pronao che si estende di circa 3m. Quattro colonne, di cui le due centrali di un pregevole ed
omogeneo granito bianco (Mortorfano?) chiudono il pronao e sorreggono il timpano. È costruita in
mattoni rossi a vista che la rendono ben visibile in mezzo al verde circostante.
Si accede attraverso una porta lignea con mondanature che ne impreziosiscono l'aspetto. Due
finestrelle monofore laterali chiudono ed abbelliscono la facciata. Un piccolo spiazzo erboso esalta
lo stile di ispirazione neoclassica della facciata.
L'interno è piuttosto semplice. Molto luminoso, prende
luce dalle due finestre ai lati della porta di ingresso e da
quattro finestre laterali monofore. Le dimensioni sono
tali da permettere di assistere alla messa ad un
sessantina di persone, di cui una cinquantina sedute.
a sn: Santa Apollonia con le tenaglie ed un dente estirpato.
A dx: Santa Lucia che tiene in mano un piatto con gli occhi
L'altare moderno, in marmo bianco su cui si celebra la messa con il rito stabilito dall'ultimo
Concilio, precede l'altare più antico, anche esso di marmo bianco con venature grigie su cui sono
incisi deliziosi motivi a foglie di edera, lanceolate e fiori.
Le due statue di S. Lucia e S. Apollonia dominano l'altare e sono
poste in due edicole protette da vetri, impreziosite da colonne,
archi a tutto sesto ed angioletti. Sono di fattura discreta sebbene
non antiche.
Ai lati dell'altare, due alte
mensole, abbellite da lavori
all'uncinetto e fiori, sostengono
due statue di circa 1 m di altezza,
una rappresenta Cristo Salvatore e
l'altra una Madonna con bambino.
A desta vi è una immagine di S. Lucia, circondata da ex-voto
costituiti da fotografie di militari di Valvinera tornati indenni dalla
II guerra mondiale, evidente segno dell'affetto e devozione dei
valvineresi verso questa cappella e la Santa a cui è dedicata.
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Le foto sono di: Aldo Maggiora (1921), Massimo Borgo (mutilato, 1905), Leonildo Morando
(1918), Alberto Trombetta (1922), Oreste Trombetta (1923), Francesco Maggiora (1914), Libero
Maggiora (1923), Rinaldo Trombetta (1921), Florindo Maggiora (1919), Firmino Trombetta
(mutilato, 1914), Remo Trombetta (1920).
Tabella 1: particolare delle foto inserite nel quadro dedicato a S.
Lucia
Infine, sul lato destro, in una nicchia leggermente incassata,
compare un semplice affresco di S. Lucia, probabilmente risalente
all'ultimo restauro essendo firmato: N.P. 90.
Ai lati della porta di ingresso, due lapidi ricordano i due ultimi
restauri, del 1990, a cura del parroco Don Boero e quello del 1905.
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Santa Lucia
Santa Lucia da Siracusa (Siracusa 280 - 304) è stata una santa romana, venerata sia dalla Chiesa
cattolica che da quella ortodossa.
Morì martire durante le persecuzioni di Diocleziano a Siracusa nel 304.
È privo di ogni fondamento ed assente nelle molteplici narrazioni e tradizioni, almeno fino al secolo
XV, è l'episodio di Lucia che si strappa gli occhi durante il suo martirio. L'emblema degli occhi
sulla tazza, o sul piatto, è da ricollegarsi, semplicemente, con la devozione popolare che l'ha sempre
invocata protettrice della vista a causa del suo nome Lucia (da Lux, luce).
È considerata dai devoti la protettrice degli occhi, degli oculisti, degli elettricisti e degli scalpellini e
viene spesso invocata nelle malattie degli occhi e contro le carestie.
La sua festa liturgica ricorre il 13 dicembre; antecedentemente all'introduzione del calendario
moderno (1582), la festa cadeva in prossimità del giorno del solstizio d'inverno, da cui il detto
"santa Lucia il giorno più corto che ci sia".
La figura di S. Lucia, nel corso dei secoli, è stata fonte di ispirazione non soltanto sul piano
strettamente religioso o teologico, ma anche letterario sia nell'ambito di una letteratura colta, sia in
un contesto più propriamente legato alla tradizione popolare di questo o quell’ambiente in cui si è,
in varia misura, radicato il culto verso la martire siracusana.
La Santa ispirò Dante Alighieri che afferma che aveva subìto in gioventù una lunga e pericolosa
alterazione agli occhi a causa delle prolungate letture, ottenendone poi la guarigione per
intercessione di S. Lucia. Gratitudine, speranza e ammirazione, indussero il sommo poeta ad
attribuirle un ruolo fondamentale non soltanto nella sua vicenda personale, ma anche,
allegoricamente e simbolicamente, in quella dell’umanità intera nel suo viaggio oltremondano
descritto nella Divina Commedia. Infatti la cita più volte:
• Questa (e cioè la "donna gentil", Maria indicata sempre così in tutta l’opera) chiese Lucia in
suo dimando | e disse: Or ha bisogno il tuo fedele | di te, ed io a te lo raccomando. | Lucia,
nimica di ciascun crudele, | si mosse... (Inferno II, 92-96).
• Venne una donna e disse: I’ son Lucia | lasciatemi pigliar costui che dorme; | sì l’agevolerò
per la sua via (Purgatorio IX, 55-57)
Santa Apollonia
Santa Apollonia (in greco: Ἀπολλωνία) morì ad Alessandria d'Egitto nel 249 circa. È venerata dalla
Chiesa cattolica come santa e patrona dei dentisti, igienisti dentali e odontotecnici.
A causa della tradizione secondo la quale sia stata una vergine martire a cui le furono estirpati i
denti, santa Apollonia è raffigurata nell'iconografia come una giovane vergine che tiene in mano una
tenaglia che stringe un dente. Viene invocata dai fedeli che soffrono di malattie ai denti.
La sua festa si celebra, sin dall'antichità, il 9 febbraio.
La storia del martirio della santa ci è giunta tramite il racconto da Eusebio di Cesarea (265-340), il
quale riporta un brano della lettera del vescovo Dionigi di Alessandria († 265), indirizzata a Fabio
di Antiochia, in cui si narrano gli avvenimenti dei quali era stato testimone. Tra il 249 ed il 250 in
Alessandria d'Egitto scoppiò una sommossa popolare contro i cristiani, eccitata da un indovino
pagano. Apollonia, un'anziana donna cristiana non sposata che aveva aiutato i cristiani e fatto opera
di apostolato, venne catturata tra gli altri e venne percossa al punto di farle cadere i denti. Secondo
la tradizione popolare le furono divelti i denti con le tenaglie. Venne poi preparato un gran fuoco per
bruciarla viva se non avesse pronunciato delle bestemmie. Riuscita a liberarsi con un'astuzia dalle
mani della plebe, si lanciò da sé tra le fiamme, dove morì, ritenendo senza dubbio che il suicidio
non costituisse una colpa in quella situazione. Il corpo della martire, secondo alcuni racconti,
sarebbe stato ridotto in cenere.
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Alcuni cenni storici1
L'aspetto attuale della cappella è conseguenza del radicale restauro effettuato nel 1905 che ha
comportato l'abbattimento della preesistente chiesa.
La chiesa si presentava negli anni '60 come nella
fig. 1.
Un delizioso, piccolo campanile abbelliva e
completava l'insieme. Il campanile ha dovuto
essere abbattuto nel corso dell'ultimo restauro
poiché, privo di base a terra, si appoggiava sul
soffitto della chiesa pregiudicandone la stabilità.
È rimasta la corda della campana che pende dal
soffitto nell'angolo destro della chiesa.
In realtà una cappella dedicata a Santa Lucia era
presente in quella zona già nella seconda metà del
1500. Il terreno su cui è stata costruita, un campo
del beneficio parrocchiale, presentava, allora
come oggi, notevoli problemi di umidità e
compattezza. Per questi motivi la chiesetta ha
sempre richiesto notevoli e frequenti interventi di
restauro. Si hanno documenti di un primo
Fig. 1: la chiesa di S. Lucia negli anni '60. Foto
restauro nel 16192 con promessa di provvedervi dell'autore.
da parte del principe Giovanni Tocco.
I Tocco furono gli ultimi feudatari di Refrancore, principi di Acaja e di Montemiletto, discendenti di
un'illustre stirpe longobarda del beneventano, imparentata, come con i principi di Macedonia e, dal
XVIII secolo, con la casa reale di Scozia, gli Stuart. Una famiglia importante e molto potente, che
resse il feudo fino al 1829 ma che però, risiedendo a Napoli, ebbe pochi motivi di interesse per il
piccolo paese monferrino, lasciato alle cure di avidi procuratori locali. Nel 1829 l'avvocato
Clemente Maggiora acquistò il castello ed i beni allodiali dai Tocco decretando la fine di ogni
reminiscenza feudale di Refrancore.
Nel 1635 la chiesa viene distrutta da un uragano. La sua ricostruzione viene fatta a spese del
Nobiluomo Giovanni Clivio, una delle più ricche e potenti famiglie di Refrancore di quel tempo.
Nel 1736 è soggetta ad un secondo restauro3. Il pavimento e l'altare furono rifatti.
Da documenti del 1742 si sa che “il soffitto è a volta, il pavimento in mattoni e ha due finestre verso
sud e altre due ai lati della porta di ingresso.
La chiesa risulta in buone condizioni nel 1765 e nel 1836, mantenendosi con le elemosine raccolte.
Come si è detto, l'ultimo radicale restauro con rifacimento completo è del 1905 o del 1912. La data
è contraddittoria. Dai documenti parrocchiali risulterebbe 1912 ma, su una lapide a sinistra della
porta di ingresso, si può leggere la data 1905. Quindi, o la lapide apparteneva alla precedente chiesa
o il restauro è stato fatto nel 1905.
1 Da “Vicende storiche di Refrancore” di Ludovico Vergano e una ricerca dei ragazzi di II media di Refrancore
2 Visita di Mons. Ottavio Broglia
3 Su ordine del Vescovo Mons. Jodone
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Lapide a destra della porta:
MONSIGNOR CAN.CO CARLO VERGANO
VICARIO GENERALE
SAC.D. GIUSEPPE BOSCO PREVOSTO
TEOL. PROF.RE SILLANO DON BASTIANO
SAC.D. SILLANO BENEDETTO MAESTRO
SILLANO PIETRO SINDACO FU GIOVANNI
MAGGIORA AVV. ANTONIO FU CAV. LUIGI
MAGGIORA STEFANO P.S.M.N.
VERGANO EVASIO FU GIOV. BATTISTA
SILLANO DOMENICO FU GIOVANNI
ROBERTO ADAMO FU GIOVANNI
PAGLIASSO VINCENZO FU SEBASTIANO
RIBALDONE VINCENZO FU GIOVANNI
--------PROMOTORE E RETTORE
VERGANO FRAN.CO FU GIO.BATTISTA
DETTO VASINETTO
REFRANCORE, 10 NOVEMBRE MDCDV (1905)
mentre sul lato destro si può leggere:
SAC. DON GAETANO PIANA
MAGGIORA ENRICO FU MILIANO
PIANTA FRANCESCO DI LUIGI
VERGANO CLEMENTE DI DOMENICO
----RESTAURATA NELL'ANNO
1990
ESSENDO PARROCO
DON GIOVANNI BOERO
Infine, sulla base dell'altare, a sinistra e destra, è riportata la scritta:
VERGANO FRANCESCO fu G.B.
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