IN GIARDINO L’esotismo è di destra o di sinistra? L’esotico, nel giusto contesto, è un valore aggiunto! Nell’era della globalizzazione dei mercati, di internet, dei grandi flussi migratori, dei viaggi low cost, ha ancora senso parlare di esotismo? L’attrazione verso mondi diversi e lontani, velati da mistero e leggende, ha dato vita nei secoli scorsi a delle vere e proprie manie. 4 Già presente ai tempi dei romani, che avevano una vera passione per l’Egitto, e nel Medioevo con le crociate, è con il colonialismo spinto del XVIII secolo che l’esotismo diventa un vero e proprio fenomeno culturale di massa che influenza diversi settori artistici, dall’architettura alla pittura e alla letteratura, dando vita a molteplici forme di collezionismo: vasi, stoffe, gioielli e monili, fino alle collezioni botaniche. In questo periodo strorico, i giardini delle ville si arricchiscono di nuove specie vegetali, in una corsa a creare collezioni sempre più ricche e variegate di essenze prove- nienti dai “nuovi mondi” quali Africa, Asia e Americhe. E’ anche il momento in cui l’industria mette a punto nuovi sistemi tecnologici per la realizzazione di serre in vetro e metallo, a volte veri e propri “palazzi di cristallo”, che servono ad ospitare piante esotiche e garantirne il giusto riparo per la sopravvivenza alle differenti condizioni climatiche. E’ l’epoca delle esposizioni universali e dei grandi parchi botanici di cui Villa Taranto a Pallanza, sul Lago Maggiore, ne è un illustre esempio. Con l’avvento del XX secolo, l’atteggiamento nei confronti del colonialismo muta gradualmente, lasciando il passo a un sentimento critico nei confronti dell’oppressione europea verso i paesi del Terzo Mondo. Dopo le disastrose Guerre Mondiali, l’Europa sembra perdere interesse verso l’esotismo fino ad arrivare ai nostri giorni in cui l’eccezionale sviluppo dei mezzi di comunicazione e di informazione e la facilità e velocità dei viaggi hanno generato una maggiore familiarità con luoghi, usi e costumi dei paesi lontani, portando a un generale ridimensionamento del fascino dell’”esotico” rispetto al passato. Tuttavia il desiderio di mettere a dimora piante esotiche non è del tutto morto: basta guardarsi intorno e vedere come nei giardini del nord Italia continuino a proliferare ulivi, lecci, sughere a dispetto di chi vorrebbe invece un ritorno alle piante indigene. Il fascino per ciò che è diverso e che viene da lontano continua a esercitare un potere su di noi, che non riusciamo a resistere alla tentazione di possedere e fare bella mostra di piante che pochi o nes- suno ha nel circondario, come fossero un simbolo del nostro status sociale. Sebbene l’insieme dei giardini privati contribuisca a creare il paesaggio globale (e quindi sarebbe auspicabile il diffondersi di una coscienza paesaggistica e ambientale comune), in questo ambito è concessa una certa libertà di stili; in ambito pubblico invece il tema diventa più delicato. Il pensiero corre subito alla recente querelle nata intorno all’allestimento dell’aiuola in Piazza Duomo a Milano con palme e banani. Non volendo addentrarci in questa discussione particolare, si ritiene più utile sottolineare alcuni aspetti dell’esotismo applicato all’ambito cittadino. In primis, il rapporto con il contesto che spesso, in Italia, ha un valore e un peso storico e artistico importante, in cui si intrecciano rapporti sottili e complicati tra materiali, cromatismi, volumi, luci e ombre. Bisogna saper calibrare l’inserimento di piante dal forte impatto visivo all’interno di piazze, strade, parchi di quartiere che hanno già un loro carattere e una loro storia e che corrono il rischio di venire messe in secondo piano, se non addirittura nascoste, da scelte vegetali troppo invadenti per portamento, colori, dimensioni ecc. Il secondo aspetto è il costo energetico, ambientale ed economico che il mantenimento di piante esotiche richiede per il loro sostentamento. A fronte di piante autoctone che ben si adattano alle condizioni climatiche locali senza troppe esigenze, quelle esotiche hanno a volte un maggior bisogno di acqua, richiedo- no riparo dal vento e dal freddo (quanti ulivi vediamo “impacchettati” dentro metri e metri di tessuto non tessuto durante l’inverno!), o addirittura devono essere impiegate come annuali perché non resistono alle basse temperature. Anche se i cambiamenti climatici stanno portando a una generale “tropicalizzazione”, soprattutto nelle grandi città, bisogna sempre mettere in conto il verificarsi di eventi atmosferici che ci fanno ricordare che l’inverno è a volte rigido e, ahimè, le piante mediterranee sono le prime a subirne le fatidiche conseguenze. Ormai la “contaminazione” è diffusissima e in alcuni casi è difficile se non impossibile fare una distinzione tra autoctono e alloctono: piante provenienti da areali differenti si sono acclimatate così bene da essere diventate presenze caratteristiche e caratterizzanti del paesaggio. Anche nei boschi naturali le presenze “straniere” sono diventate così comuni e diffuse da soppiantare le piante locali: ne è un chiaro esempio la robinia! In conclusione, l’esotico non deve essere visto come un demone tout court, anzi in alcuni casi può diventare una risorsa per l’arricchimento del paesaggio. Certamente non deve essere ridotto a una mera collezione di stranezze e rarità! è in via Orazio, 5 angolo corso Europa -Varese Tel.0332/289355 - Fax 0332/234643 http//www.agri-consult.it E-mail: [email protected] 5