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VENERDÌ 3 MARZO 2006
IL PICCOLO
CULTURA & SPETTACOLI
IN BREVE
L’11 marzo a Torino
Lo presentano come «una
continua esplosione di gioia
ed energia», e ovunque
«Craj - Domani» si trascina
appresso un pubblico contagiato dall'entusiasmo musicale di cui si fa testimone. Il
lungometraggio nasce dalla
mente del giovane regista
Davide Marengo, che rimase affascinato nel vedere il
concerto-spettacolo omonimo di Teresa De Sio e Giovanni Lindo Ferretti. Nell'
ambito del 62˚ Festival internazionale di Venezia 2005 il
film ha partecipato quale
evento speciale alle Giornate dell'Autore, vincendo il
Premio Miccichè come miglior opera prima.
Teresa De Sio ha elaborato il soggetto di «Craj» attorno a due figure quasi fiabesche, Messer Floridippo sul
suo cavallo bianco e il servo
Bimbascione, che lo segue a
piedi un po' come Sancho
Panza. Li interpretano rispettivamente Giovanni Lindo Ferretti e la stessa De
Sio. «I due personaggi intraprendono un viaggio - spiega la cantante - attraverso
la Puglia, dal Gargano al Salento. Perché Messer Floridippo dice d'aver fatto un sogno premonitore, in cui un
immenso ragno dorato lo invitava ad abbandonare la
sua quotidianità per uscire
dal castello dov'è rinchiuso e
in cui non vede il mondo
esterno. Il racconto ha varie
valenze: quella primaria è
d'essere un escamotage narrativo per poter rendere protagonisti gli anziani cantori,
che hanno un'età fra gli 80 e
i 90 anni. Messer Floridippo
e Bimbascione rappresentano anche due modi diversi
di vedere la cultura: quella
accademica e quella popolare, ciò che si sa e ciò che si è.
È un dualismo essenziale
Il regista Davide Marengo sul set del film «Craj - Domani» con Teresa De Sio (anche a destra)
ANNIVERSARIO Il teatro triestino festeggia sedici anni di vita
Buon compleanno Miela
con una fiaba dal Sud
scritta da Teresa De Sio
nella mia formazione artistica e di persona. Ho trovato
finalmente il modo di raccontarlo scrivendo "Craj"».
Quale musica ha nell'
anima la Puglia?
«Qui è rivissuta tramite
questi grandi vecchi, che sono delle straordinarie personalità. Ognuno ha un modo
suo di suonare, di cantare,
ma tutti sono rifondatori e
portatori di uno stile importantissimo. I Cantori di Carpino, ossia Antonio Piccininno e Antonio Maccarone,
cantano le tarantelle del
Gargano; Uccio Aloisi rappresenta l'estremo sud della
Puglia, il Salento, quindi la
musica legata ai rituali del
morso del ragno, del taranti-
smo e la pizzica; e il grandissimo Matteo Salvatore, che
purtroppo ci ha lasciati, viene dal centro, il Foggiano,
l'inizio del Tavoliere. Alla fine degli anni '50 è stato il
primo, seguito da Domenico
Modugno, a fondare il sodalizio tra la musica popolare
contadina, pensata e scritta
in dialetto, e la canzone d'autore. È stato un cantautore
ante litteram. Ed è quello
cui ancora aspiro io: coniuga-
re le mie radici di donna del
sud, nata a Napoli, e i miei
dialetti con una capacità di
scrittura autonoma».
La musica popolare del
Sud è fortemente legata
alla ritualità.
FILM E CONCERTO
Giovanni Lindo Ferretti
TRIESTE Oggi, alle 21.30 al Teatro Miela si proietta il film di
Davide Marengo «Craj - Domani» con Teresa De Sio e Giovanni Lindo Ferretti. All'anteprima triestina del film seguirà un brindisi per i 16 anni del Miela e verrà presentata la
manifestazione «Ritratti italiani», che si snoderà nei mesi di
marzo e aprile con concerti, teatralità, documentari e una retrospettiva dedicata al cinema di Nanni Moretti.
Domenica, alle 21.30, il Miela ospiterà «Pascolare parole, allevare pensieri», concerto di Giovanni Lindo Ferretti,
«voce e senso...», con Lorenzo Esposito Fornasari canto, Raffaele Pinelli organetto ed Ezio Bonicelli violino.
«E proprio perché viene
suonata quando c'è da mettere in movimento un rituale,
riesce incredibilmente ad essere consumata fino in fondo. Non appena il rituale finisce, la musica si spegne.
Dunque, la sua funzione sociale, estetica ed anche etica
è consumata. Noi attraversiamo un'epoca in cui tutte
le cose devono essere consumate per essere poi riprodotte in altri esemplari e rivendute. Ma è difficile consumare fino in fondo un frigorifero, un lettore cd o una giacca griffata, perciò la nostra
civiltà produce un'infinità di
scorie inquinanti. Questo capita anche con il pensiero,
non solo con l'oggettistica.
Oggi bisogna pensare brevemente, perché sembra che
pensare a lungo allontani il
rapporto con la realtà. In
questa visione, proprio la
musica più rigorosa e più
forte è l'unica che può essere consumata. Perché serve
a qualche cosa, mentre tutte
le altre musiche rimangono
sospese, non vengono consumate fino in fondo e restano
come scorie che inquinano il
nostro orizzonte culturale».
Ed è per questo che lei
ha definito se stessa e
Brain Eno, con cui ha collaborato, come «pensatori di musica»?
«Dopo anni di lavoro nella
musica, la modalità che preferisco non è tanto quella di
cantante, di strumentista,
di compositrice, quanto appunto quella di pensatrice
di musica. In questo senso,
mi sono sempre trovata molto bene con Brian Eno o con
Giovanni Lindo Ferretti.
Credo che la musica sia un
veicolo molto forte per trasportare il pensiero. Penso a
una sorta di musicosofia, di
musica filosofica che contenga una visione del mondo».
Progetti futuri?
«Adesso ho iniziato una
collaborazione, che mi piace
molto, con un'orchestra giovanile di 33 elementi, l'Orchestra della Magna Grecia,
la cui sede è a Taranto. Il
progetto s'intitola "Folkorkestra". È interessante l'idea
di portare sul palco la musica popolare di "A Sud! A
Sud!" con i miei musicisti, riletta in chiave sinfonica da
un'orchestra che sembra
quasi ricreare la colonna sonora di un film. Abbiamo
già debuttato in Puglia con
cinque concerti abbastanza
straordinari, e speriamo di
poter esportare questo progetto l'estate prossima. Vogliamo portarlo anche in giro per l'Italia».
Maria Cristina Vilardo
Va a Pinter
l’«Europa»
per il teatro
Il Premio Nobel per la
Letteratura Harold Pinter, drammaturgo, regista e poeta inglese, è il
vincitore della decima
edizione del Premio Europa per il Teatro, il più
alto riconoscimento europeo assegnato al lavoro
teatrale. La manifestazione, che si svolgerà
dall'8 al 12 marzo, è sostenuta e ospitata quest'
anno dalla città di Torino. Nella mattina di sabato 11 marzo, al Teatro
Carignano, Pinter sarà
intervistato da Michael
Billington (suo biografo
e critico di «The Guardian»). Inoltre è prevista
la presenza del Commissario Europeo per la Cultura Jan Figel.
Pasolini e la morte
secondo Zigaina
PRIME TEATRALI
«Pasticcieri» con Abbiati e Capuano a Monfalcone Uno spettacolo incisivo, scarno e «forte», nel quale spicca, anche nudo, il corpo
Le contraddizioni della vita
dentro la crema di un bignè
Edoardo II a Trieste, in versione «nera»
MONFALCONE Due fratelli diversi che pasticceria s’affaccia una donna
di più non si può: uno perfezioni- bellissima, bionda, dalla pelle algista, pasticciere, illetterato, l’altro da, che sussurra «Vorrei un bignè
balbuziente, pasticcione e poeta. Il alla crema dei tuoi», è fatta: il cuoprimo, interpretato da Leonardo re accelera a mille, un rivolo di suCapuano, creder che i bignè abbia- dore cola dalla fronte e nella fretta
no un’anima e per questo, nono- di porgere subito il più bello dei pastante l’aspetto da «pistolero messi- sticcini, il piede scivola sul pavicano», li saluta con un bacio, prima mento, facendo volare in aria il vasdi venderli ai clienti. «Chissà che soio. Un secondo e l’idillio sentisorte spetterà loro», sospira col luc- mentale si trasforma in farsa.
cicone agli occhi. Il secondo, imperPerché è in un secondo che uno
sonato da Roberto Abbiati e «copia spettacolo devia, lievita in libertà.
sputata» di Frank Zappa, sa che
L’amore dei due fratelli per la
per tirare avanti il laboratorio del stessa donna - Rossana - rimanda
padre defunto, i
a Rostand e prodolci vanno venduprio durante una
ti: è inutile affeziodelle numerose panarcisi.
rentesi cyraniane
Fulcro di «Pasticdel testo, gli attori
cieri», lo spettacolo
escono dai ruoli, inandato in scena
cespicano sulle pamercoledì al Tearole, scordano le
tro comunale di
battute. Il pubbliMonfalcone, è dunco, spiazzato, ridacque il mondo del
chia, ma ormai il
doppio che non si
ritmo è rotto e i
capisce e tuttavia
protagonisti cominsi compenetra, sociano a dialogare
speso in una notte
col cugino Luca da
misteriosa e irreaUdine o il tecnico
le. Roberto e suo
delle luci
fratello confezionaLa tessitura teano dolci - charlottrale si frantuma
te, sacher e profit- Una scena di «Pasticcieri»
ancora, il reale riterol - prodotti sotbalta la finzione e
to lo sguardo attento del pubblico. rivendica la sua esistenza al di là
Che li vede destreggiarsi tra i for- dell’interpretazione. Ma è davvero
nelli d’una superaccessoriata cuci- così? O si tratta di un altro inganna d’acciaio.
no abilmente steso col matterello
Ma oltre a farina, burro, e ciocco- della comicità al solo scopo di imlato, gli ingredienti della pièce so- primere una forma diversa alla
no soprattutto la musica ruggente pièce? Non lo sapremo mai, ma di
(Lou Reed, Rolling Stones, Prince) certo ci resta sulle labbra un baffo
e una certa comicità sottile, fatta di zucchero a velo. Perché i dolci,
di sguardi strabuzzati, mimica effi- quelli veri, vengono distribuiti lacace e balletti irriverenti. Per rico- sciando sul palato il ricordo d'un
struire un rapporto familiare tene- sapore irripetibile e perfetto. Come
rissimo di affetto, rivalità e recipro- la ricetta riuscita dell’alchimia di
ca comprensione.
«Pasticcieri».
Così, quando nella routine della
Tiziana Carpinelli
TRIESTE Christopher Marlowe nasce nello stesso anno di Shakespeare, il 1564. Ma uno abisso
separa i due autori più forti del
teatro elisabettiano. Shakespeare ha il talento «globale» dell'
uomo che ha distillato lo spirito del Rinascimento. L'equilibrio dei vuoti e dei pieni è suo,
e così la condotta saggia che alterna tragedia e commedia, cronaca e poesia. Del Rinascimento, il teatro di Marlowe esaspera invece la centralità umana.
Sue sono la violenza del laico
(Marlowe «era senza Dio, intemperante, e di cuore crudele»), la forza autodistruttiva
della passione, l'insofferenza, il
titanismo, la scelleratezza.
Tamerlano il Grande, l'appassionata suicida Didone, il
sanguinario Ebreo di Malta sono i personaggi di Marlowe. Dopo di loro, e prima della coltellata che in una taverna infame, tra le spie di corte e l'ebbrezza delle bestemmie, separerà Marlowe dalla propria vita,
è stata scritta la tragedia di re
Edoardo.
Edoardo II d'Inghilterra,
omosessuale e martire, uomo dice il personaggio di sé - prima che sovrano. Se il Riccardo
III di Shakespeare avrebbe dato il suo regno per un cavallo,
Edoardo cede volentieri la propria nazione in cambio di un
bacio. Un bacio di Gaveston, il
suo amato, il suo favorito, l'oggetto infinito del suo desiderio,
l'anima nera e santa per cui un
re plantageneta, unto del signore, rinuncerà alla corona, scenderà nella fogna, morirà violentato, atrocemente. Per tutti gli
altri, questo Gaveston è il bastardo, lo schiavo, la lingua di
serpente, la feccia. Una domanda attraversa il testo: «Perché
La tragedia di Marlowe con la regia di Latella al Politeama Rossetti
Danilo Nigrelli, protagonista dell’«Edoardo II» di Christopher Marlowe
che si replica fino a domenica al Rossetti nella regia di Antonio Latella
tutto questo amore per uno che
tutti gli altri odiano?».
Alla domanda lo spettacolo
del regista Antonio Latella, in
scena fino a domenica al Rossetti, non risponde. Anche perché non sembra compito di un
regista rispondere, quanto lasciare che l'interrogativo si manifesti al pubblico, come ha già
fatto attraversando i secoli (la
vicenda di re Edoardo si svolge
nel 1300), le scritture (anche
Brecht ne aveva fatto una propria rielaborazione) e i linguaggi (va ricordata la versione cinematografica, ma molto teatrale, che ne ha dato 15 anni fa Derek Jarman). «Perché tutto questo amore per uno che tutti gli
altri odiano?». Ciascuno in cuor
suo troverà la risposta. Da questo punto di vista, la scelta figurativa nello spettacolo di Latella è rigorosa e corretta. La scena è una pagina nera. Uno spa-
zio scuro e vuoto in cui l'autore
e gli attori sbalzano una vicenda. Non so se sia effetto della
traduzione aggressiva di Letizia Russo, dei tagli e della
dinamicità che vi imprime lo
stesso regista, o ancora degli attori, bravi tutti nelle loro tonache nere da prete, a ripulire
dalla psicologia i personaggi e
a farne macchine da guerra.
Macchine di una politica sessuale, che è forse chiave dell'intero spettacolo. Domandarsi
che cosa siano l'amore e l'eros
(anzi, a che conseguenze portano); che cosa sia la corona (e
dietro di lei il potere); che cosa
sia la famiglia (c'è anche una
regina in scena, e ci sono il fratello e il figlio di Edoardo);
quanto si possa desiderare la
morte: sono quesiti che si intrecciano in un allestimento
scarno, senza divagazioni, dove
al nero della scena si aggiunge
il nero delle anime.
E balena perciò luminoso, di
tanto in tanto, il corpo, anche
nudo, nella scena iniziale come
in quella finale. Ma non è la nudità che raccomanda (con appositi cartelli prima dell'ingresso
in sala) la visione a un pubblico che ha superato i 14 anni. E'
la violenza dei fatti e delle parole. La violenza dell'amore che
soccombe a quella del potere.
Danilo Nigrelli (re Edoardo),
Marco Foschi (Gaveston), Cinzia Spanò (la regina Isabella) e
Rosario Tedesco (Mortimer)
spiccano con la forza dei loro
personaggi in un ensemble più
vasto, dalle belle e asciutte qualità attorali. La regia di Latella, che su Shakespeare e Pasolini ha molto lavorato, pone in
equilibrio esatto visione e interpretazione. Lo spettacolo non
piacerà a qualcuno, ma sta ricevendo il consenso di molti.
Roberto Canziani
Negli anni ’60, in viaggio a New York, Pasolini
si fece fotografare davanti al manifesto di un western
hollywoodiano.
Sullo sfondo il corpo senza vita di un pellerossa
e in primo piano, vestito
di nero, Pasolini che
guarda
obliquamente
l'obiettivo. Cosa significa questa immagine? Secondo Giuseppe Zigaina,
che ha scelto questa foto
per il suo ultimo libro
«Pasolini e la morte»
(ed. Marsilio), il poeta
voleva dire: eccomi, questo è il mio volto e questa è la mia morte. Zigaina ne parlerà al Centro
civico di Cervignano, oggi alle 18.30, dove l'autore presenterà l’opera,
scritta per la mostra su
Pasolini a Monaco.
Luciano Comida
oggi si racconta
Oggi, alle 18, per il ciclo
«Che ho scritto, che ho
letto», e in programma
un incontro con lo scrittore Luciano Comida,
che si terrà alla Biblioteca Quarantotti Gambini
in via del Teatro Romano (ingresso libero).
Comida parlerà del
suo personaggio letterario, il dodicenne Michele
Crisamni e - introdotto
da Gabriella Norio e accompagnato dalle letture di Lara Komar - dei libri che ama di più: l'ininterrotta cavalcata attraverso l'Europa delle «Memorie di Casanova», e
l'intenso e antiretorico
quadro della Resistenza
partigiana contenuto ne
«Il partigiano Johnny»
di Beppe Fenoglio.