14 VENERDÌ 3 MARZO 2006 IL PICCOLO CULTURA & SPETTACOLI IN BREVE L’11 marzo a Torino Lo presentano come «una continua esplosione di gioia ed energia», e ovunque «Craj - Domani» si trascina appresso un pubblico contagiato dall'entusiasmo musicale di cui si fa testimone. Il lungometraggio nasce dalla mente del giovane regista Davide Marengo, che rimase affascinato nel vedere il concerto-spettacolo omonimo di Teresa De Sio e Giovanni Lindo Ferretti. Nell' ambito del 62˚ Festival internazionale di Venezia 2005 il film ha partecipato quale evento speciale alle Giornate dell'Autore, vincendo il Premio Miccichè come miglior opera prima. Teresa De Sio ha elaborato il soggetto di «Craj» attorno a due figure quasi fiabesche, Messer Floridippo sul suo cavallo bianco e il servo Bimbascione, che lo segue a piedi un po' come Sancho Panza. Li interpretano rispettivamente Giovanni Lindo Ferretti e la stessa De Sio. «I due personaggi intraprendono un viaggio - spiega la cantante - attraverso la Puglia, dal Gargano al Salento. Perché Messer Floridippo dice d'aver fatto un sogno premonitore, in cui un immenso ragno dorato lo invitava ad abbandonare la sua quotidianità per uscire dal castello dov'è rinchiuso e in cui non vede il mondo esterno. Il racconto ha varie valenze: quella primaria è d'essere un escamotage narrativo per poter rendere protagonisti gli anziani cantori, che hanno un'età fra gli 80 e i 90 anni. Messer Floridippo e Bimbascione rappresentano anche due modi diversi di vedere la cultura: quella accademica e quella popolare, ciò che si sa e ciò che si è. È un dualismo essenziale Il regista Davide Marengo sul set del film «Craj - Domani» con Teresa De Sio (anche a destra) ANNIVERSARIO Il teatro triestino festeggia sedici anni di vita Buon compleanno Miela con una fiaba dal Sud scritta da Teresa De Sio nella mia formazione artistica e di persona. Ho trovato finalmente il modo di raccontarlo scrivendo "Craj"». Quale musica ha nell' anima la Puglia? «Qui è rivissuta tramite questi grandi vecchi, che sono delle straordinarie personalità. Ognuno ha un modo suo di suonare, di cantare, ma tutti sono rifondatori e portatori di uno stile importantissimo. I Cantori di Carpino, ossia Antonio Piccininno e Antonio Maccarone, cantano le tarantelle del Gargano; Uccio Aloisi rappresenta l'estremo sud della Puglia, il Salento, quindi la musica legata ai rituali del morso del ragno, del taranti- smo e la pizzica; e il grandissimo Matteo Salvatore, che purtroppo ci ha lasciati, viene dal centro, il Foggiano, l'inizio del Tavoliere. Alla fine degli anni '50 è stato il primo, seguito da Domenico Modugno, a fondare il sodalizio tra la musica popolare contadina, pensata e scritta in dialetto, e la canzone d'autore. È stato un cantautore ante litteram. Ed è quello cui ancora aspiro io: coniuga- re le mie radici di donna del sud, nata a Napoli, e i miei dialetti con una capacità di scrittura autonoma». La musica popolare del Sud è fortemente legata alla ritualità. FILM E CONCERTO Giovanni Lindo Ferretti TRIESTE Oggi, alle 21.30 al Teatro Miela si proietta il film di Davide Marengo «Craj - Domani» con Teresa De Sio e Giovanni Lindo Ferretti. All'anteprima triestina del film seguirà un brindisi per i 16 anni del Miela e verrà presentata la manifestazione «Ritratti italiani», che si snoderà nei mesi di marzo e aprile con concerti, teatralità, documentari e una retrospettiva dedicata al cinema di Nanni Moretti. Domenica, alle 21.30, il Miela ospiterà «Pascolare parole, allevare pensieri», concerto di Giovanni Lindo Ferretti, «voce e senso...», con Lorenzo Esposito Fornasari canto, Raffaele Pinelli organetto ed Ezio Bonicelli violino. «E proprio perché viene suonata quando c'è da mettere in movimento un rituale, riesce incredibilmente ad essere consumata fino in fondo. Non appena il rituale finisce, la musica si spegne. Dunque, la sua funzione sociale, estetica ed anche etica è consumata. Noi attraversiamo un'epoca in cui tutte le cose devono essere consumate per essere poi riprodotte in altri esemplari e rivendute. Ma è difficile consumare fino in fondo un frigorifero, un lettore cd o una giacca griffata, perciò la nostra civiltà produce un'infinità di scorie inquinanti. Questo capita anche con il pensiero, non solo con l'oggettistica. Oggi bisogna pensare brevemente, perché sembra che pensare a lungo allontani il rapporto con la realtà. In questa visione, proprio la musica più rigorosa e più forte è l'unica che può essere consumata. Perché serve a qualche cosa, mentre tutte le altre musiche rimangono sospese, non vengono consumate fino in fondo e restano come scorie che inquinano il nostro orizzonte culturale». Ed è per questo che lei ha definito se stessa e Brain Eno, con cui ha collaborato, come «pensatori di musica»? «Dopo anni di lavoro nella musica, la modalità che preferisco non è tanto quella di cantante, di strumentista, di compositrice, quanto appunto quella di pensatrice di musica. In questo senso, mi sono sempre trovata molto bene con Brian Eno o con Giovanni Lindo Ferretti. Credo che la musica sia un veicolo molto forte per trasportare il pensiero. Penso a una sorta di musicosofia, di musica filosofica che contenga una visione del mondo». Progetti futuri? «Adesso ho iniziato una collaborazione, che mi piace molto, con un'orchestra giovanile di 33 elementi, l'Orchestra della Magna Grecia, la cui sede è a Taranto. Il progetto s'intitola "Folkorkestra". È interessante l'idea di portare sul palco la musica popolare di "A Sud! A Sud!" con i miei musicisti, riletta in chiave sinfonica da un'orchestra che sembra quasi ricreare la colonna sonora di un film. Abbiamo già debuttato in Puglia con cinque concerti abbastanza straordinari, e speriamo di poter esportare questo progetto l'estate prossima. Vogliamo portarlo anche in giro per l'Italia». Maria Cristina Vilardo Va a Pinter l’«Europa» per il teatro Il Premio Nobel per la Letteratura Harold Pinter, drammaturgo, regista e poeta inglese, è il vincitore della decima edizione del Premio Europa per il Teatro, il più alto riconoscimento europeo assegnato al lavoro teatrale. La manifestazione, che si svolgerà dall'8 al 12 marzo, è sostenuta e ospitata quest' anno dalla città di Torino. Nella mattina di sabato 11 marzo, al Teatro Carignano, Pinter sarà intervistato da Michael Billington (suo biografo e critico di «The Guardian»). Inoltre è prevista la presenza del Commissario Europeo per la Cultura Jan Figel. Pasolini e la morte secondo Zigaina PRIME TEATRALI «Pasticcieri» con Abbiati e Capuano a Monfalcone Uno spettacolo incisivo, scarno e «forte», nel quale spicca, anche nudo, il corpo Le contraddizioni della vita dentro la crema di un bignè Edoardo II a Trieste, in versione «nera» MONFALCONE Due fratelli diversi che pasticceria s’affaccia una donna di più non si può: uno perfezioni- bellissima, bionda, dalla pelle algista, pasticciere, illetterato, l’altro da, che sussurra «Vorrei un bignè balbuziente, pasticcione e poeta. Il alla crema dei tuoi», è fatta: il cuoprimo, interpretato da Leonardo re accelera a mille, un rivolo di suCapuano, creder che i bignè abbia- dore cola dalla fronte e nella fretta no un’anima e per questo, nono- di porgere subito il più bello dei pastante l’aspetto da «pistolero messi- sticcini, il piede scivola sul pavicano», li saluta con un bacio, prima mento, facendo volare in aria il vasdi venderli ai clienti. «Chissà che soio. Un secondo e l’idillio sentisorte spetterà loro», sospira col luc- mentale si trasforma in farsa. cicone agli occhi. Il secondo, imperPerché è in un secondo che uno sonato da Roberto Abbiati e «copia spettacolo devia, lievita in libertà. sputata» di Frank Zappa, sa che L’amore dei due fratelli per la per tirare avanti il laboratorio del stessa donna - Rossana - rimanda padre defunto, i a Rostand e prodolci vanno venduprio durante una ti: è inutile affeziodelle numerose panarcisi. rentesi cyraniane Fulcro di «Pasticdel testo, gli attori cieri», lo spettacolo escono dai ruoli, inandato in scena cespicano sulle pamercoledì al Tearole, scordano le tro comunale di battute. Il pubbliMonfalcone, è dunco, spiazzato, ridacque il mondo del chia, ma ormai il doppio che non si ritmo è rotto e i capisce e tuttavia protagonisti cominsi compenetra, sociano a dialogare speso in una notte col cugino Luca da misteriosa e irreaUdine o il tecnico le. Roberto e suo delle luci fratello confezionaLa tessitura teano dolci - charlottrale si frantuma te, sacher e profit- Una scena di «Pasticcieri» ancora, il reale riterol - prodotti sotbalta la finzione e to lo sguardo attento del pubblico. rivendica la sua esistenza al di là Che li vede destreggiarsi tra i for- dell’interpretazione. Ma è davvero nelli d’una superaccessoriata cuci- così? O si tratta di un altro inganna d’acciaio. no abilmente steso col matterello Ma oltre a farina, burro, e ciocco- della comicità al solo scopo di imlato, gli ingredienti della pièce so- primere una forma diversa alla no soprattutto la musica ruggente pièce? Non lo sapremo mai, ma di (Lou Reed, Rolling Stones, Prince) certo ci resta sulle labbra un baffo e una certa comicità sottile, fatta di zucchero a velo. Perché i dolci, di sguardi strabuzzati, mimica effi- quelli veri, vengono distribuiti lacace e balletti irriverenti. Per rico- sciando sul palato il ricordo d'un struire un rapporto familiare tene- sapore irripetibile e perfetto. Come rissimo di affetto, rivalità e recipro- la ricetta riuscita dell’alchimia di ca comprensione. «Pasticcieri». Così, quando nella routine della Tiziana Carpinelli TRIESTE Christopher Marlowe nasce nello stesso anno di Shakespeare, il 1564. Ma uno abisso separa i due autori più forti del teatro elisabettiano. Shakespeare ha il talento «globale» dell' uomo che ha distillato lo spirito del Rinascimento. L'equilibrio dei vuoti e dei pieni è suo, e così la condotta saggia che alterna tragedia e commedia, cronaca e poesia. Del Rinascimento, il teatro di Marlowe esaspera invece la centralità umana. Sue sono la violenza del laico (Marlowe «era senza Dio, intemperante, e di cuore crudele»), la forza autodistruttiva della passione, l'insofferenza, il titanismo, la scelleratezza. Tamerlano il Grande, l'appassionata suicida Didone, il sanguinario Ebreo di Malta sono i personaggi di Marlowe. Dopo di loro, e prima della coltellata che in una taverna infame, tra le spie di corte e l'ebbrezza delle bestemmie, separerà Marlowe dalla propria vita, è stata scritta la tragedia di re Edoardo. Edoardo II d'Inghilterra, omosessuale e martire, uomo dice il personaggio di sé - prima che sovrano. Se il Riccardo III di Shakespeare avrebbe dato il suo regno per un cavallo, Edoardo cede volentieri la propria nazione in cambio di un bacio. Un bacio di Gaveston, il suo amato, il suo favorito, l'oggetto infinito del suo desiderio, l'anima nera e santa per cui un re plantageneta, unto del signore, rinuncerà alla corona, scenderà nella fogna, morirà violentato, atrocemente. Per tutti gli altri, questo Gaveston è il bastardo, lo schiavo, la lingua di serpente, la feccia. Una domanda attraversa il testo: «Perché La tragedia di Marlowe con la regia di Latella al Politeama Rossetti Danilo Nigrelli, protagonista dell’«Edoardo II» di Christopher Marlowe che si replica fino a domenica al Rossetti nella regia di Antonio Latella tutto questo amore per uno che tutti gli altri odiano?». Alla domanda lo spettacolo del regista Antonio Latella, in scena fino a domenica al Rossetti, non risponde. Anche perché non sembra compito di un regista rispondere, quanto lasciare che l'interrogativo si manifesti al pubblico, come ha già fatto attraversando i secoli (la vicenda di re Edoardo si svolge nel 1300), le scritture (anche Brecht ne aveva fatto una propria rielaborazione) e i linguaggi (va ricordata la versione cinematografica, ma molto teatrale, che ne ha dato 15 anni fa Derek Jarman). «Perché tutto questo amore per uno che tutti gli altri odiano?». Ciascuno in cuor suo troverà la risposta. Da questo punto di vista, la scelta figurativa nello spettacolo di Latella è rigorosa e corretta. La scena è una pagina nera. Uno spa- zio scuro e vuoto in cui l'autore e gli attori sbalzano una vicenda. Non so se sia effetto della traduzione aggressiva di Letizia Russo, dei tagli e della dinamicità che vi imprime lo stesso regista, o ancora degli attori, bravi tutti nelle loro tonache nere da prete, a ripulire dalla psicologia i personaggi e a farne macchine da guerra. Macchine di una politica sessuale, che è forse chiave dell'intero spettacolo. Domandarsi che cosa siano l'amore e l'eros (anzi, a che conseguenze portano); che cosa sia la corona (e dietro di lei il potere); che cosa sia la famiglia (c'è anche una regina in scena, e ci sono il fratello e il figlio di Edoardo); quanto si possa desiderare la morte: sono quesiti che si intrecciano in un allestimento scarno, senza divagazioni, dove al nero della scena si aggiunge il nero delle anime. E balena perciò luminoso, di tanto in tanto, il corpo, anche nudo, nella scena iniziale come in quella finale. Ma non è la nudità che raccomanda (con appositi cartelli prima dell'ingresso in sala) la visione a un pubblico che ha superato i 14 anni. E' la violenza dei fatti e delle parole. La violenza dell'amore che soccombe a quella del potere. Danilo Nigrelli (re Edoardo), Marco Foschi (Gaveston), Cinzia Spanò (la regina Isabella) e Rosario Tedesco (Mortimer) spiccano con la forza dei loro personaggi in un ensemble più vasto, dalle belle e asciutte qualità attorali. La regia di Latella, che su Shakespeare e Pasolini ha molto lavorato, pone in equilibrio esatto visione e interpretazione. Lo spettacolo non piacerà a qualcuno, ma sta ricevendo il consenso di molti. Roberto Canziani Negli anni ’60, in viaggio a New York, Pasolini si fece fotografare davanti al manifesto di un western hollywoodiano. Sullo sfondo il corpo senza vita di un pellerossa e in primo piano, vestito di nero, Pasolini che guarda obliquamente l'obiettivo. Cosa significa questa immagine? Secondo Giuseppe Zigaina, che ha scelto questa foto per il suo ultimo libro «Pasolini e la morte» (ed. Marsilio), il poeta voleva dire: eccomi, questo è il mio volto e questa è la mia morte. Zigaina ne parlerà al Centro civico di Cervignano, oggi alle 18.30, dove l'autore presenterà l’opera, scritta per la mostra su Pasolini a Monaco. Luciano Comida oggi si racconta Oggi, alle 18, per il ciclo «Che ho scritto, che ho letto», e in programma un incontro con lo scrittore Luciano Comida, che si terrà alla Biblioteca Quarantotti Gambini in via del Teatro Romano (ingresso libero). Comida parlerà del suo personaggio letterario, il dodicenne Michele Crisamni e - introdotto da Gabriella Norio e accompagnato dalle letture di Lara Komar - dei libri che ama di più: l'ininterrotta cavalcata attraverso l'Europa delle «Memorie di Casanova», e l'intenso e antiretorico quadro della Resistenza partigiana contenuto ne «Il partigiano Johnny» di Beppe Fenoglio.