DOMOTICA
Si può automatizzare l'impianto luce? e cosa si può ottenere?
Un impianto di illuminazione, all'interno di un'abitazione, è senz'altro il tipo di
impianto che meglio si presta a un'applicazione domotica.
Infatti l'impianto di illuminazione può essere facilmente comandato o regolato grazie ai sensori e agli attuatori. Facciamo alcuni esempi.
In primo luogo occupiamoci dell'accensione e dello spegnimento delle lampade in una stanza. In un impianto tradizionale una lampada (o gruppo di lampade) viene accesa attraverso un interruttore. Questo significa che occorre posare
una linea a 230 V che, partendo dal quadro elettrico, alimenta le lampade (due
conduttori più la terra). Questo circuito, lungo il suo percorso, viene opportunamente interrotto e due conduttori, sempre a 230 V, vengono portati a un interruttore montato in una scatola, solitamente posizionato su una parete o talvolta su
un tavolo. In ogni caso, questo "stacco" verso l'interruttore è un collegamento
"hardware" tra la linea dì alimentazione delle lampade e l'organo di comando;
necessita dunque di un'apposita protezione meccanica realizzata attraverso una
tubazione, la quale, per ovvi molivi estetici, viene solitamente posata sottotraccia
e quindi comporta l'apertura e richiusura di una traccia con tutte le conseguenti
opere murarie (figura 2.1).
Se il locale ha due lampade (o due gruppi di lampade) e si desiderano due accensioni separate, naturalmente cresce il numero di conduttori da portare in giro,
cresce il numero di tubazioni e di interruttori, cresce l'entità delle tracce da aprire
e richiudere nei punti di passaggio per la posa dei tubi e delle scatole che contengono gli interruttori.
Analogamente, se in un locale si desidera comandare uno o più gruppi di lampade da due punti diversi, è necessario realizzare, in tecnica tradizionale, un impianto "a deviatore" e quindi portare, oltre che più fili, anche più interruttori in
postazioni diverse e relativi tubi con relative tracce (figura 2.2).
La cosa si complica in caso di impianti luce comandabili da tre o più punti diversi, con relativa crescita sia di interruttori sia di fili, tubi e tracce (figura 2.3). Si
pensi ora se, in un impianto di questo tipo (tecnica tradizionale), per necessità o
pura voglia di cambiare, i proprietari dell'abitazione dovessero decidere di modificare la filosofia di comando dell'impianto luce, variando per esempio il punto o
i punti di comando, il loro numero, o eventualmente il tipo di accensione, accorpando diverse lampade che prima si accendevano separatamente o suddividendo
lampade che prima si accendevano insieme: ciò vorrebbe dire cambiare tutto
l'impianto. Infatti sarebbe indispensabile agire sull'hardware del sistema, cambiando i collegamenti, modificandoli, aumentandoli o diminuendoli: in parole
povere significherebbe, tra l'altro, dovere rifare numerose tubazioni, collegamenti
e tracce con conseguenti opere murarie. Tutto questo, si faccia attenzione, solo ed
esclusivamente per realizzare la funzione più semplice e banale prevista in un
impianto domestico: accendere e spegnere una luce.
Si consideri ora un analogo problema risolto con tecnologia domolica. in particolare con tecnologia bus.
Il comando della semplice lampada (o di un gruppo di lampade) può realizzarsi in tanti modi diversi e lutti automatici, senza cioè un collegamento
"hardware" del tipo sopra descritto. Infatti, in questo caso, si dovrà portare una linea di potenza sempre a 230 V alle lampade o al gruppo di lampade; tale linea,
del tutto simile a quella di tipo tradizionale, partirà dal quadro elettrico e arriverà
alla lampada o gruppo di lampade; questo però dopo essere transitata all'interno
di un attuatore che svolge le funzioni di un interruttore. Tale attuatore, a seconda
delle necessità, può trovarsi sia a monte del circuito, e cioè nello stesso quadro
elettrico subito a valle dell'interruttore di protezione, sia in campo, in prossimità
della lampada o gruppo di lampade da utilizzare. In particolare, se dovesse deci-
dersi di installarlo in campo, esso può essere installato o nelle immediate vicinanze del gruppo di lampade da comandare o, come per un normale interruttore,
in una scatola a parete. A questo punto interviene il collegamento che consente
all'attuatore di assolvere il suo compito; infatti, nello stesso quadro elettrico principale viene installato un componente che si chiama alimenlalore. che serve
appunto per alimentare a bassissima tensione di sicurezza tutto il sistema. Da
questo alimentatore parte un cavetto schermato denominato "bus" che collega il
quadro elettrico all'attuatore. transitando per un altro componente che si chiama
sensore.
tra loro tutti i sensori e gli attuatori presenti in campo, senza fare distinzioni, cosi
come li incontra lungo la propria strada; peraltro anche di alimentatore ne necessita uno solo per tutto rimpianto. Inoltre, l'attuatore e il sensore possono essere
installati dove si vuole, anche vicini all'utilizzatore vero e proprio minimizzando
così i percorsi del cavetto bus e utilizzando tubazioni vicine, sia per il cavo di potenza sia per quello di segnale (pur se separate), con apertura di una sola traccia.
Per contro, in un impianto tradizionale, per ciascun interruttore (attuatore)
avremmo dovuto posare nuovi conduttori con nuovi tubi e nuove tracce. In questo caso si risolve tutto con un unico cavetto peraltro funzionante a bassissima
tensione di sicurezza (figura 2.4).
Se i punti da comandare sono diversi, lo stesso attuatore può avere diversi "canali" funzionanti su diverse frequenze e quindi può comandare diversi circuiti;
inoltre, anche se si dovesse rendere indispensabile installare un numero maggiore di attuatori, non bisogna in alcun modo posare conduttori per ciascun attuatore ma è sufficiente collegare sempre tutto tramite lo stesso cavetto bus.
A questo punto, è fin troppo evidente il vantaggio di un impianto domotico rispetto a quello tradizionale.
Ancor più se si pensa di voler aumentare il numero di accensioni e la loro distribuzione in campo; in questo caso aumenteranno i sensori ma, sempre per lo
stesso principio sopra illustrato, senza comportare la posa di nuovi conduttori, richiederanno l'allungamento del solo cavetto bus: in poche parole, per un numero
di componenti installati da 1 a n, i conduttori da posare in tecnica tradizionale
variano normalmente da 2 a (n x 2), mentre in tecnica bus dovrà posarsi sempre e
comunque un solo cavetto.
Cosa accade ora se si desidera cambiare qualche funzione nell'accensione di
un apparecchio illuminante?
Come abbiamo visto, nel caso di un impianto tradizionale occorre agire sull'hardware del sistema; occorre cioè scollegare conduttori esistenti, posarne di
nuovi, aumentare tubazioni e tracce. In un impianto bus, i comandi vengono inviati attraverso un'informazione [telegramma) che, viaggiando lungo un unico cavetto denominato mezzo trasmissivo che tocca indifferentemente tutti i sensori e
gli attuatori, raggiunge ed eccita solo l'attuatore identificato come il destinatario
del telegramma. Se perciò si desidera cambiare le modalità di accensione di un
certo gruppo di lampade, asservito a un attuatore, si può semplicemente variare il
software e quindi il codice identificativo dell'attuatore, che perciò risponderà a
un comando diverso da quello precedente. Questo senza variare in alcun modo i
collegamenti hardware.
Ma anche questo non è che uno dei tanti vantaggi! Si pensi infatti a quante
possibilità potrebbero esserci nell'accensione della luce in una stanza; la stessa
operazione potrebbe avvenire in uno dei seguenti casi:
1. all'entrata di una persona nella stanza;
2. al diminuire sotto un certo livello dei valori di luminosità naturale;
3. in un certo momento della giornata (temporizzata);
4. al funzionamento di un telecomando:
5. al verificarsi di un certo evento (per esempio lo scattare di un allarme).
Ebbene, tutto ciò è automazione! Quando si dice che anche prima (già molti anni
fa) tutto ciò era possibile, si dice il vero; solo che per realizzarlo era necessario un
gran numero di conduttori e di apparecchiature di controllo e comando.
Con il sistema bus tutto è facilmente realizzabile senza aggiungere fili. Sarà infatti possibile montare un sensore di presenza (caso 1), un sensore di luminosità
(caso 2), un elemento temporizzatore (caso 3), un ricevitore di raggi infrarossi
(caso 4), un altro qualsiasi tipo di sensore (caso 5) e collegare l'apparecchio installato (o gli apparecchi installati) all'attuatore che comanda le luci (figura 2.5).
A questo punto, il sensore rileva l'evento che è demandato a rilevare, invia
l'informazione (telegramma) sulla linea bus e l'attuatore destinatario del telegramma lo riceve, lo decodifica e lo tramuta in comando, accendendo o spegnendo la luce. Se poi si desidera dare priorità a un tipo di sensore rispetto a un
altro è possibile farlo sempre via software. Se per esempio si vuole comandare la
luce attraverso un temporizzatore ma, in ogni caso, si vuole conservare la possibilità di comandarla manualmente attraverso il telecomando, è sufficiente dare
priorità al comando tramite telecomando rispetto a quello tramite temporizzatore:
a questo punto, se si entra in una stanza e si desidera accendere la luce, sarà possibile farlo attraverso il telecomando.
Infine, ma non meno importante, c'è proprio la possibilità offerta dall'uso del telecomando. In questo caso infatti, il circuito a bassissima tensione di sicurezza
giunge a un ricevitore di raggi infrarossi (inviato appunto dal telecomando). È
sufficiente montare un unico ricevitore per consentire, tramite decodifica del segnale, ben 4 accensioni di 4 diversi gruppi di lampade. Questo tipo di comando
consente ovviamente di non portare in giro alcuna linea di comando: tutto avviene con un telecomando che funziona in maniera del tutto identica a quello dei
normali telecomandi. Da qualsiasi posizione della stanza ci si trovi, senza più alcun obbligo di posa di conduttori, tubi, apertura di fastidiosissime tracce, sarà
possibile accendere, spegnere, regolare la luce attraverso la semplice pressione di
un tasto del telecomando (figure 2.6 e 2.7).