Nostalgia. È il sentimento che accompagna le mie monotone giornate ormai da un mese e quindici giorni. Nostalgia, perché? Può sembrare banale, ma da quando l’estate è finita penso solo ai giorni di Agosto che ho trascorso con le persone migliori del mondo, nel verde dei boschi che ci circondavano. Il verde, quel maledetto colore che mi tormenta. Ci immergevamo con la mente e con il corpo nelle calde giornate piene di sole e di allegria. Quel verde che pian piano svanisce sempre di più con il passare dei giorni per essere sostituito dal giallo, dal rosso e dal marrone che successivamente lasceranno spazio al nulla. Il nulla… vorrei aprire una piccola parentesi su questo. Il nulla è terrificante e cattivo, non ti fa provare niente e finisce per riempirti di malinconia per tanto tempo, fino all'inizio della bella stagione. La pineta è il posto a cui sono legata di più: è un alto boschetto difficile da raggiungere, ma, appena si arriva in cima, la fatica svanisce. Ho passato le estati della mia infanzia lì e anche quelle della mia adolescenza. È un posto magico, credo, dove il profumo dei pini e la buona aria invadono le narici. È un luogo pieno di pace, dove la natura è completamente dentro di te. C'è una roccia, un enorme roccia che sembra sempre sul punto di cadere ma che invece resta da anni lì, ferma senza muoversi, ferma come la testa che ho lasciato in quel luogo quest'estate e che non riesco più a ritrovare. Un ignoto ''artista'' ha scolpito quella roccia una faccia su, che ho sempre considerato un’inutile e orribile opera d'arte, che sembra farti una linguaccia ogni volta che la guardi. Ma ormai fa parte del posto e mi ci sono affezionata. Da questa roccia si può vedere tutto, il bosco di fronte, il paese dove la vita continua a andare avanti con allegria, la Val di Sangro, lo Scalo Ferroviario, tutto. Salendo più sopra c'è un piccolo spazio con delle panchine e una grande croce, da lì guardavamo le partite di calcio a 5 su un campetto quando non avevamo voglia di stare nel caos delle incitazioni. Anche quel piccolo campo è un luogo a cui sono molto legata, perché passavamo le serate sdraiati sull'erba a guardare le stelle e qualche solitaria stella cadente. Rimanevamo lì per ore a parlare o a pensare a quando tutto quello sarebbe finito, a come sarebbero stati i prossimi anni, alla scuola, alle cotte estive, ai nostri problemi in famiglia. Alcuni di noi, a volte, giocavano a rincorrersi e non ho mai capito il senso di ciò… ma forse era un modo per esprimere la libertà. E proprio questa libertà, tornando alla pineta, era quello che ci riempiva mentre eravamo lì sopra. Ed urlavamo, urlavamo le nostre vite. Non capisco perché il mondo sia pieno di persone che amano il mare, non capisco il senso poetico di questo mare. Io lo odio, perché il mare porta via tutto con molta indifferenza e la cose peggiore del mondo è proprio quando qualcuno ci allontana da qualcosa a cui tieni. Invece la montagna no, soprattutto quella pineta, non sono così, conservano le cose per sempre. Infatti, le nostre parole, i nostri pensieri, le nostre urla, ma soprattutto le nostre anime, sono tenute lì, tra i pini di quel magnifico posto immerso nel verde…quel colore che amo e odio allo stesso momento.