Adorno W. Theodore – Terminologia filosofica

Teoretica
Intro:
Molti dei problemi filosofici sono in realtà problemi di linguaggio. Adorno si propone per dare una
prospettiva generale di questo problema spiegando e analizzando le contraddizioni e le difficoltà di alcuni
filosofi. Per spiegare un termine non è possibile analizzarlo e delucidarlo, (non sarebbe possibile una
semplice lunga lista) ma va inserito all’interno di un contesto ben specifico, che dipende dal periodo storico
e dall’autore. La filosofia e anche i suoi termini sono in continua evoluzione.
Per alcuni termini inoltre è complicata una trattazione: è impossibile spiegare i termini “spazio” o “tempo”
senza presupporre riferimenti spazio-temporali. Allo stesso modo è impossibile spiegare “l’essere”.
Concetto di definizione (Kant)
Per Kant è impossibile definire un oggetto, che sia questo empirico o concettuale.
La definizione di definizione già indica un dover parlare a tutto tondo, un dare informazioni ampie. La
parola “oro” è per ciascuno diversa. Ognuno pensa alle proprie nozioni empiriche, pur non sapendo a
quanto fonde o il peso specifico di questo elemento. Lo stesso vale per parole che indicano concetti
essenziali. Un oggetto quindi non può mai essere definito, ma solo esplicato.
Concetto di definizione (Nietzsche)
Ogni parola è vuota e “non impegnativa”, indica una vaga idea dell’oggetto che si vuole descrivere e
ognuno la interpreta soggettivamente. Estremamente nominalista, cioè non esiste un oggetto
universalmente riconoscibile, ma solo un nome che gli viene dato.
Inoltre critica il definire in sé, in quanto non è detto che una descrizione ordinata e “inserita in delle griglie”
dica il vero, può essere vero il contrario, dove il caos sia più razionale.
Storia della terminologia e storia della filosofia
Sarebbe interessante, dice Adorno, ripercorrere una storia della terminologia, anziché della filosofia: si
vedrebbe chiaramente come le parole restano le stesse, ma i loro significati cambiano. Inoltre con
l’avanzare del tempo ci si distacca sempre di più da quello che è il linguaggio “comune”. Solo nella fase
ellenica termini comuni, giuridici, fisici e cosmologici coincidevano. La filosofia aveva un accesso diretto
all’esperienza e questo la rendeva più semplice, ma anche più inesatta, poiché era difficile capire in che
porzione i concetti potevano essere rapportati al reale.
Il gergo totalmente filosofico appare a volte come elitario e chiuso e questa è una grossa critica che viene
mossa alla filosofia. Il consiglio che da Adorno è di leggere testi filosofici come per imparare una nuova
lingua, apprendendo direttamente le parole e i concetti, con tutta la relatività del caso, in quanto i concetti
cambiando continuamente e possono restare vaghi.
Infatti la filosofia si occupa del tutto, dell’essenza e per farlo deve discostarsi dal parlato comune, ma non
avendo un linguaggio tecnico a parte, quello di una scienza esatta, non si distacca mai da quest’ultimo.
Spesso i dibattiti terminologici sono specializzazioni, particolarizzazioni di parole di uso comune.
Il concetto di filosofia
In che senso la filosofia è specializzata e non allo stesso tempo? La filosofia comprende tutto ciò che non
rientra nelle scienze particolari, quindi di per sé ha natura non specialistica. Allo stesso momento però, per
far sì che determinati oggetti non rientrino nelle sfere di altre scienze particolari (ad esempio la logica nella
matematica), essa deve potenziare e particolareggiare un determinato aspetto.
Da qui deriva la cristallizzazione del linguaggio, quando una filosofia del tutto si occupa di un determinato
settore.
Il linguaggio criptico filosofico, che lascia fuori gran parte delle persone non abituate vede molte critiche,
anche in tempi antichi. Ad esempio Diogene Laerzio critica Platone per la semantica usata e per il linguaggio
contraddittorio col quale si riferisce allo stesso oggetto (ad esempio il concetto di idea viene definito “uno”
e “molteplice”, “fermo” e “in divenire”). Questa critica è giusta e sbagliata allo stesso tempo.
È vero che Platone si riferisce in modo diametralmente opposto allo stesso oggetto (e viceversa), ma
d’altronde il concetto di idea platonico effettivamente contiene in determinati momenti l’uno e l’altro
aggettivo. Adorno critica Wittgenstain quando afferma “l’uomo deve dire solo ciò che è possibile dire
chiaramente e tacere laddove non lo è” in quanto la filosofia è esattamente il contrario: dire ciò che è
indicibile, dire un concetto che non può essere detto. Per fare ciò è necessario il veicolo del linguaggio, che
facilmente (e forse giustamente) può trasformarsi in un gergo “chiuso”.
Terminologia e storia
Un punto fondamentale nella storia del pensiero occidentale è la fusione tra cristianesimo e filosofia. Con
l’appropriarsi dei testi greci da parte dei monaci latini si ha una sovrapposizione dei termini e dei concetti.
Ciò che prima era l’io penso, la coscienza, diventa l’anima all’interno del concetto dell’uomo-Dio
tipicamente cristiano.
Le scuole di pensiero formate nel tardo medioevo hanno un ruolo fondamentale, ovvero quello di creare
nuove terminologie per esprimere i vecchi concetti. La didattica prende il concetto non come fine, ma come
mezzo e in quanto tale viene rielaborato e coniato in un suo gergo. Ogni scuola di pensiero ha il suo proprio
modo di intendere e quindi di usare determinati termini.
Importante è anche il contatto con l’illuminismo e al suo rapporto particolare con la filosofia e la sua
dialettica. In particolare, l’illuminismo muove due accuse standard al linguaggio filosofico: la prima è che
esso è troppo sottile ed elaborato e in questo modo si allontana dal vero; difatti i pensatori illuministi
tendevano all’essenziale e il diretto, muovendo da un concetto di realtà diretta con l’oggetto.
La seconda vede criticare l’uso di iperbole e metafore, che si distaccano dal vero.
Filosofia come amore per la scienza
Oggi difficilmente è possibile, come in passato, suddividere la filosofia in “rami”.
Oggi etica, morale, scienza, logica si fondono in un unico pensiero e ogni recinto viene spezzato. Questo per
la natura stessa della filosofia, ovvero l’amore per la conoscenza.
Essendo la filosofia un pensiero del tutto, un olismo, qualsiasi concetto si impregna dell’una o l’altra
disciplina.
L’esperienza Filosofica
Filosofia è la ricerca della conoscenza, del vero, quindi nella sua essenza si può dire che la filosofia non
possiede il suo oggetto, ovvero la verità che difatti ricerca.
Questo controsenso è in verità il bello e lo scopo del filosofare tutto: dire ciò che non può essere detto. In
opposizione con la celebre frase di Wittgenstein “Va detto solo ciò che si può esprimere chiaramente e
tacere tutto il resto”, la filosofia è esattamente il voler dire con rigore ciò che non può essere espresso.
Dire la verità è una pretesa assai forte e probabilmente impossibile, poiché la verità è fragile e mutevole.
Questo non vuol dire che la filosofia è senza meta e a ruota libera, ma anzi, che il suo obiettivo è certo
quello di dire il vero, ma sempre del soggetto che fa esperienza.
La filosofia è forse la ricerca del soggetto di esprimere in concetti la sua idea della verità.
L’esperienza è necessaria di un soggetto, ma allo stesso tempo di un oggetto.
La filosofia non è solo l’espressione del sapere, la ricerca del vero.
Filosofia è anche e soprattutto la critica e il riflettere su un risultato ottenuto. Espresso un concetto,
formulata un’idea del vero, si è compiuta la prima parte alla quale segue una seconda; ovvero il riflettere e
il criticare.
La filosofia diviene falsa nel momento in cui cessa la tensione della critica, quando si adagia ad un principio,
nel momento in cui abbandona il rigore scientifico.
La filosofia è distinta dalla weltanschauung (visione oggettiva del mondo), tanto meno lo è, tanto più si
allontana dalla verità.
Filosofia e weltanschauung – Critica di Kant alla prova ontologica dell’esistenza di Dio
Molti studenti, dice Adorno, si avvicinano alla filosofia illudendosi di poter trovare una Weltanschauung già
formata, preconfezionata e pronta. In genere abbracciano le filosofie dei pensatori più affascinanti, come
Spinoza, Nietzsche o Schopenhauer. Sono Spinoziano, sono pessimista o sono un superuomo, affermano.
Ma questa concezione è esattamente l’opposto del filosofare, l’opposto del Philein, l’amore per la sapienza.
Quando Adorno parla della prova ontologica sull’esistenza di Dio, spiega in che modo Kant critica questa
dimostrazione: l’esistenza di Dio è data semplicemente dal fatto che avendo l’uomo il concetto di Dio, esso
implica anche la sua esistenza, poiché è intrinseco già nel concetto di Dio la sua esistenza, in quanto l’essere
piuttosto che il non essere è propriamente una qualità del concetto stesso di Dio, in quanto perfettissimo
non si può negare la proprietà di esistere e se non esistesse, il concetto sarebbe contraddittorio da sé.
Ma Kant critica questa visione, poiché l’ambito dell’essere o il non essere è quello del giudizio e non dei
concetti. Posso infatti avere l’idea di centauro, ma questo non dice nulla su ciò che è reale.
L’argomentazione filosofica
La posizione kantiana prende forma probabilmente da una corrente molto forte che si afferma alla fine del
Medioevo con Guglielmo di Ockham, ovvero il nominalismo. Questa scuola di pensiero afferma che i
concetti non sono altro che un flatus vocis, semplici suoni che non contengono alcuna premessa del vero,
nessuna dimostrazione di ciò che esiste e ciò che non. Dai soli concetti non è ricavabile nessuna
informazione sul mondo.
Sull’esistenza di Dio Kant conclude che essendo il concetto di Dio posto dal pensiero trascendente e non
potendo in nessun modo ragionarci sopra con prove d’esperienza, è semplicemente impossibile dare un
giudizio sull’esistenza. Dare un giudizio sulla realtà o non realtà è impossibile senza un’intuizione sensibile.
Dopo aver esposto ed enfatizzato la critica Kantiana, Adorno afferma che la filosofia è una disciplina che
assolutamente non detiene in pugno la verità. Difatti nonostante la stringente dimostrazione kantiana è
possibile affermare un qualcosa che ne faccia perdere di autorevolezza, che questa nuova realtà non è poi
così stabile e che qualsiasi affermazione non è quindi poi così vera. Se il concetto, come dice Kant, non ci
dice nulla sull’esistenza e la veridicità dell’oggetto, ma solo tramite esperienze sensibili possiamo stabilire
se tali concetti sono vero o meno, ebbene è possibile affermare che non esiste alcuna esperienza senza un
filtro concettuale, in quanto ogni esperienza è fatta da un soggetto che formula necessariamente dei
concetti. Non esiste alcuna logica pura, priva di soggetto.
Filosofia e Weltanschauung
Adorno con Weltanschauung si riferisce a quel tipo di filosofia che risponde a un bisogno soggettivo di
rispondere a un “tutto” in modo unitario e rassicurante. Ogni uomo, ammette, ha un bisogno di risposta e
sete di conoscenza, ma critica l’ambizione di voler formulare ipotesi senza lacune e laddove qualcosa non
torna nascondersi dietro l’espressione “la mia weltanschauung”. In filosofia non si dovrebbe mai usare un
pronome possessivo, Kant non lo fa; mentre invece lo fanno Fichte, Schopenhauer e ovviamente Nietzsche.
Ciò che si critica maggiormente è questa idea di giustificare una mancata analisi logica e critica per una
concezione del tutto personale. Se si approccia alla filosofia con un “punto di vista” già costruito, essa sarà
necessariamente falsa, in quanto la verità è di per sé contraddittoria, in questo modo. Ogni teoria sarà
solamente una prova di ciò che si pensa già e qualora sia incoerente con la nostra weltanschauung verrà
scartata. Uno dei compiti della filosofia è proprio quello di sradicare ogni punto di vista, così da analizzare in
modo oggettivo e “vergine” ogni filosofia.
Adorno dice che oggi le weltanschauung sono come vincoli che chiudono la mente. La filosofia non può
accettare vincoli, l’unico è quello che la subordina alla verità.
Filosofia e saggezza
Con la parola “saggezza” si tende a pensare a una qualità tipica di un soggetto anziano, che ha esperito
molto e avuto molteplici riflessioni profonde e operato nella filosofia.
Adorno va contro questa concezione generale, affermando che in verità la saggezza possiede anche un lato
che è tipicamente giovanile: il rapporto libero con il reale e il mondo. Un giovane è ingenuo e non formato,
il che lo pone davanti alla filosofia come un vero filosofo, aperto e pronto alla riflessione, pronto a scartare
o abbracciare con vigore qualsiasi affermazione. Un individuo che crede di sapere già la natura del mondo
non può abbracciare la filosofia, così come un individuo che non è in grado di spezzare le banalità
comunemente date. Filosofia è anche spezzare le catene che ci ancorano al mondo, a un mondo dato per
certo, al senso comune. Il soggetto prende quindi un ruolo fondamentale, contro tutti.
Il problema soggetto-oggetto è da sempre un tema centrale di tutta la filosofia, che l’illuminismo vorrebbe
risolvere togliendo il soggetto come “elemento di disturbo”. In verità tutta la filosofia non è altro che
riflessione profonda di un soggetto sul mondo.
Sul concetto di profondità, Adorno elogia Nietzsche e Schopenhauer, in particolare il primo in quanto in
grado di criticare tutta la contemporaneità. Al contrario critica l’illuminismo per l’opposto.
Il concetto di profondità
Per esporre il concetto di profondità, Adorno cita nuovamente Nietzsche quando afferma che la profondità
non è nascosta dietro le cose, o al loro interno, ma già nella superficie.
Questa critica alla visione della profondità come metafisica muove però verso altre direzioni e riprende
Hegel quando dice che profondità non è nell’oggetto e nemmeno nella superficie, ma nel movimento del
pensiero. È lo sforzo verso quale tende il soggetto a determinare il grado di profondità.
Il giudizio sulla profondità rischia effettivamente di troncare ogni pensiero creativo e realmente profondo,
in quanto si tende a giudicarlo per il suo fine ultimo, dal risultato e non per la conduzione dello stesso; in
questo modo non esisterebbe più un pensiero autonomo.
La profondità si può quindi intendere come la contemplazione e l’immersione nell’oggetto così come è
dato. Al contrario non vi è nulla nella contemplazione e immersione in sé stessi, nel soggetto. Infatti non vi
è profondità alcuna in questa direzione, poiché per capire sé stessi bisogna astrarsi e cancellare tutto ciò
che è esterno; ma non vi è nulla che non rimandi all’esterno, che dall’esterno non ci sia dato.
La profondità è proprio quel movimento che va dal soggetto all’oggetto.
Critica della profondità e polemica con Heidegger
P.141
Discussione su Heidegger
P.155
L’anima, l’io penso e la psicologia del profondo
La coscienza è da sempre stato uno dei temi centrali della filosofia con sviluppi sostanziali da parte della
psicologia e in particolare con la teoria dell’inconscio.
La psicologia del profondo non viene approfondita da Adorno, in quanto i termini psicologici nonostante
validi e innovativi non dicono niente della vera essenza dell’io penso. In termini psicologici sprofondare in
sé stessi significa scoprire e mettere alla luce quel nostro io che è nascosto nell’ombra.
Come aveva già intuito Kant e dopo anche Schopenhauer, questo tipo di introspezione non porterebbe
proprio a nulla. Schopenhauer afferma che cancellare ogni oggetto e scoprire il soggetto puro sarebbe una
scalata nell’abisso senza risultato. Kant lo ritiene invece impossibile, poiché ogni esperienza è mediata dal
soggetto e non può esistere un io senza esperienza. Inoltre se accettiamo un io esperito e lo volessimo
contemplare allora daremmo a quest’io un tempo e uno spazio, strappandolo dal vero concetto metafisico
di io e portandolo ad oggetto, lo faremmo divenire una parte del mondo.
Hegel obietta che la profondità non risiede affatto nello sprofondare in noi stessi, ma nella mediazione tra
esterno ed interno; altrimenti il concetto di io che resterebbe alla filosofia sarebbe del tutto astratto e
vuoto, nonché indistinguibile tra gli uomini.
Anche la psicologia freudiana ha un proprio concetto di io e di profondità. Difatti dietro alla nostra
apparente vita psichica e formazione di esperienze che crediamo autonome c’è l’inconscio, il vero motore e
in un certo senso il nostro vero io. Seguendo i termini di Freud, l’inconscio è inconoscibile ed
effettivamente l’autosprofondarsi e la riscoperta di quest’ultimo non aggiungerebbe molto al nostro vero
io, spiegherebbe solamente alcune fasi e scelte. Se ogni uomo è fatto alla base solo di libido enigmatica e
sfuggente, allora ecco che appare una teoria di io o anima quasi universale per ogni uomo.
Di contro, Adorno afferma che probabilmente l’uomo, il nostro io, non è un qualcosa di immutabile e
fermo, non è un origine, ma anzi è una creazione; cita Nietzsche quando afferma che è pura immaginazione
supporre che il divenuto non sia il vero, o meglio, che la sostanza della vita va cercata nel divenire e non nel
divenuto.
Critica nuovamente la concezione che si diffondeva in Germania nei suoi anni di psicoanalisi, cioè di avere
l’illusione e la pretesa di sviscerare e mettere a nudo un’essenza prima dell’uomo.
La filosofia non può accontentarsi di ridurre tutto a principio, ma deve puntare all’interpretazione dei
momenti. La dialettica non è altro che l’autocritica che il pensiero fa contro sé stesso.
Saggezza e vita buona
Con il termine saggezza non si richiama a una particolare dote intellettiva o a una sapienza olistica, ma più
che altro al saper condurre una giusta vita. Il saggio è colui che ha fatto esperienze e ne tira le somme,
capace di vivere nel giusto. Inizialmente quella della giusta vita era una prerogativa diretta della filosofia,
prima delle grandi città o metropoli. La vita pratica ha allontanato l’uomo dalla giusta vita, con la frenesia e
le molte specializzazioni, facendo diventare la filosofia una di esse, che per altro si occupa e indaga tra le
altre specializzazioni, come sociologia, commercio, mente, politica, anima, teoretica, ecc.
Una visione che ha dominato gran parte della storia, a partire dal concetto dei filosofi-re di Platone fino allo
stoicismo, è quella del filosofo distaccato dalla compassione e dagli affetti, colmo di virtù per arrivare fino
alla forma massima del sapere e all’espressione più alta della filosofia: quella della fusione tra soggetto e
oggetto, indagando su sé stessa.
Oggi si mette molto in discussione il fatto che la filosofia sia davvero in grado di indicare una vita giusta.
Se questo viene meno, si riduce la filosofia in chiacchiere o semplicemente ad una ricerca gnoseologica e
ramificata. Di fatto, con il contesto storico che viviamo -dice Adorno- è impossibile conciliare il filosofare
con la giusta vita. A questo punto Adorno racconta di come alcuni studenti gli abbiano detto di ritrovarsi in
una “schizofrenia intellettuale”, in quanto da una parte c’è la vita pratica, che sminuisce l’uomo e il suo
essere filosofo, dall’altra c’è l’amore per la ricerca di questa vita giusta e di conoscenza.
Adorno risponde che effettivamente esiste questo contrasto, questo paradosso e che va accettato,
semplicemente perché anche questo è uno dei compiti del filosofare.
Come la psicoanalisi a detta di Freud provoca dolore, così anche la filosofia analogamente. Ma proprio per
quel romantico amore della sapienza, addentrarsi in questi paradossi e averne coscienza è pur sempre
meglio di subirli in modo cieco e inconsapevole.
Il concetto filosofico
Il concetto in filosofia, come visto per quello di saggezza o profondità, non è immobile e stabile, ma anzi in
continuo mutamento. A questo punto ci si potrebbe chiedere il perché conoscere e analizzare il mondo se
questo continuo mutare lo rende instabile e inconoscibile.
Adorno spiega come i concetti sono mutevoli, vengono superati, perfezionati e abbandonati, ma non
cancellati. Proprio perché ogni concetto non è dato per certo, allora il suo nucleo resta sempre vivo e
oggetto della filosofia è proprio questo divenire. Il bisogno della filosofia, per essere davvero filosofi, è
quello della conoscenza dell’assoluto. Se ci si accontenta della pura immediatezza del mondo come è dato,
così come ci appare, allora non abbiamo proprio nulla a che fare con la filosofia.
Un compito fondamentale, oggi, del filosofo è capire quanto sia importante essere saggi, nonostante
appaia ridicolo e banale questo tentativo. Essere saggi significa rendersi conto che oggi non è più possibile
parlare di bene o di male, di essenza o inessenza senza che essi si fondino. Saggezza è la resistenza contro il
mondo al nuotare dove va la corrente, ad accettare il dogmatico modo di pensare, ai concetti comuni.
Saggezza è la capacità di vedere la complessità. Di non ragionare in bianco o in nero e tantomeno in grigio,
che sarebbe solo un timido tentativo di coesione. Capire che non è più possibile pensare a noi stessi come il
giusto, il bene e vedere nell’altro lo sbaglio, il male, il negativo. Occorre uno sforzo enorme per non
impantanarsi in un mediocre relativismo, senza peraltro cadere nel narcisismo freudiano, nella vanità
intrinseca del pensiero di darsi ragione e dare torto agli altri. Scampare a questa tentazione sarebbe
compito specifico della filosofia.
Altro compito fondamentale del filosofo è quello di non lasciarsi scoraggiare dal mondo e mantenere una
stabilità dell’io. Questa si manifesta sul saper riflettere su sé stesso di un soggetto.
(esempio del prendere l’auto)
Ancora sul concetto di filosofia
Concetto base: Ogni filosofia ha bisogno della sua “controparte” per risolvere, ma anche pensare problemi
nuovi. Per questo Adorno si schiera a favore della filosofia dialettica.
[…]
Filosofia e Linguaggio
Adorno in questo capitolo mostra come i termini filosofici sono mutevoli e incostanti, ma siano anche
irrinunciabili alla filosofia. Considera l’introduzione alla filosofia teoretica effettivamente come
un’introduzione alla filosofia stessa in quanto ogni termine filosofico che si ripete sta a testimoniare un
problema non del tutto risolto (una cicatrice tramandata).
Le opposizioni terminologiche della filosofia
Adorno anticipa di voler entrare all’interno di alcuni termini e mostrare come essi siano in contrasto, ma
anche vicini all’interno delle opposte scuole di pensiero in antitesi. È il caso di idealismo-realismo e
razionalismo-empirismo. In modo simile, anche spiritualismo-materialismo.
Per capire un termine filosofico è necessario porlo all’interno di una determinata scuola di pensiero e nel
suo contesto storico, anche se alcuni concetti, ad esempio in Locke e in Kant, seppur dovrebbero essere
opposti sono in realtà quasi identici.
Come dice Hegel, forse perché un problema posto evolve proprio in questo senso comune di ricerca alla
sua soluzione.
Concetto di principio
Adorno mostra come ogni filosofia abbia bisogno dei suoi particolari principi per giustificare una
controparte che altrimenti la renderebbe vana.
Esiste però un punto comune che tocca praticamente tutte le filosofie, ovvero quello di soggettività. Ogni
filosofia è umana, pensata ed enunciata da un uomo e che si rapporta ad un qualcosa da lui creato o
supposto. L’esperienza empirista non è la stessa di quelle idealista, ma è evidente come ad esperire sia lo
stesso soggetto: l’uomo.
Si può ragionare seriamente su una filosofia quando si è in grado di accordarla con le sue opposte e
snocciolare i punti comuni comprendendo poi tesi e antitesi, scoprendo che in fondo non esiste una
filosofia davvero distante da un’altra.
Concetto di mediazione
[…]
Dogmatismo e antidogmatismo
Adorno mostra come perfino il termine “Dogmatismo” prende significati diversi in filosofia. Infatti Kant
chiama dogmatici i razionalisti, di cui il primo autore ufficiale è Cartesio, che a sua volta criticava il
dogmatismo illuministico. In seguito anche Kant è stato definito dogmatico.
Il termine dogma prende in filosofia un significato particolare, qualcosa che si avvicina al vero poiché
esplicata in maniera brillante e logica o perché qualche autorità le da un particolare credito.
Ogni filosofia fonda in realtà su un principio dogmatico, in quanto nessun pensiero è puro e generato solo
da sé stesso; ma al contempo la filosofia deve smontare questi dogmi proprio per progredire e avvicinarsi al
vero criticando.
Kant critica il razionalismo ponendo il soggetto al centro della conoscenza col tentativo energico di salvare
l’obiettività della conoscenza e i giudizi scientifici, in questo senso si può considerare dogmatico, questa
base deve essere imprescindibile; infatti Kant non è poi così distante dall’idea razionalistica di soggetto.
Il problema dell’idealismo è nella doppia natura nella parola stessa “idea”. Essa infatti da una parte indica
un qualcosa che deve essere visto (id) da un soggetto, dall’altra lascia intendere una esistenza a prescindere
dal soggetto, quindi un’oggettività reale di qualcosa che esiste.
Il concetto di idealismo
L’idealismo prende forma e slancio con Kant, anche se la parola “idea” è nata filosoficamente con Platone.
Le idee platoniche sono entità esistenti in sé, in Kant la realtà è costruita dalla coscienza, ma il mondo che è
esistente senza soggetto determina le esperienze che il soggetto fa e attraverso le quali giudica.
Husserl crea un problema all’idealismo quando parla di memoria: io ricordo se ieri ho avuto mal di denti,
ma il ricordo non è come l’esperienza; la memoria è quindi ciò che crea unità in un soggetto e lo rende
empiricamente vivo e continuo. Ma il ricordo del passato e quindi anche l’aspettativa del futuro sono
qualità individuali e variabili, quindi l’idealismo si “rifugia” nel concetto di spirito, come estraneo al corpo
umano e universalmente dato. Questo concetto di spirito non è in realtà che il concetto di idea in Hegel.
La coscienza in Kant è fondamentale poiché da forma al mondo che il soggetto percepisce, essa è attiva.
Da una parte “subisce” i gli impulsi che le vengono dati in modo passivo, ma poi spontaneamente essa li
elabora in modo attivo producendo.
Lo spirito è dunque nell’idealismo un concetto attivo che forma tutto l’essere.
Idealismo come pensiero identitario
Singolare è vedere come all’interno dell’idealismo tedesco rientrano sia Kant che Hegel. Questo mostra
come all’interno della stessa “categoria” rientrano pensatori simili in certi aspetti, ma così profondamente
distanti per altri. Hegel sviluppa l’idealismo fino alle sue estreme conseguenze, a differenza di Kant. In
Hegel infatti non esiste materia al di fuori dello spirito, mentre Kant, mancando di coerenza logica, vede la
materia come esterna allo spirito. Se però lo spirito è assoluto, sembrerebbe impossibile dirvi qualcosa,
esso è in tutto ciò che è reale.
Come ammettono sia Kant che Hegel, tutta la filosofia è destinata a fallire se vuole occuparsi dell’assoluto,
ma probabilmente questo è ciò che la rende seria e interessante, il sapere di poter sbagliare e incorrere
comunque nel rischio, alla ricerca della luce della conoscenza.
La critica che il realismo fa all’idealismo in questa sua concezione è quella di essere simile al positivismo,
ovvero la tendenza ad accettare il mondo per come è, in quanto manifestazione dello spirito e quindi
dell’assoluto (e quindi il bene).
Il soggetto è quindi centrale nell’idealismo, che può essere definito filosofia dell’identità, in quanto tutto
può essere dedotto dal pensiero, che è operato da un soggetto. Postula la supremazia del soggetto.
Idealismo, identità e unità
[…]
Logica formale e logica trascendentale
Con logica si intende la “legge del pensiero”. Questo presuppone che ci sia un pensiero oggettivo e
riconoscibile e soprattutto un soggetto pensante.
Logica formale è quella logica che fa rispettare alcuni principi, come ad esempio il principio di noncontraddizione e quello della “traducibilità” in espressione matematica.
A questa logica formale si oppone quella che Kant chiama logica trascendentale: tutto ciò che riguarda le
ricerche delle forme del pensiero (che condizionano o determinano giudizi).
Ragione e intelletto
p.302
[…]
I significati di identità. Idealismo e realismo
L’identità è l’essenza, in quanto da forma a ciò che si pensa. Nell’idealismo intelletto e ragione sono termini
insidiosi che possono significare il pensiero in quanto tale come logico o esatto ma anche il soggetto
pensante che attua una riflessione.
L’idealismo col suo concetto di spirito non rischia di cadere in una dimensione nella quale non è possibile
conoscere la realtà.
Il realismo come eccedenza dell’oggetto
Il realismo critica l’affermazione del soggetto come fondamento della conoscenza e quindi della realtà.
Se penso un qualcosa presuppongo l’essenza di un oggetto al di fuori del soggetto.
Se l’idealismo inoltre non considera niente al di fuori del soggetto e della conoscenza, allora essa sarà una
tautologia, ovvero un conoscere sé stessa e nient’altro.
Razionalismo ed empirismo
Entrambe queste scuole di pensiero separano il pensare con l’esperire, il problema è la mancata
mediazione tra le due, che pongono priorità all’una o l’altra cosa, senza vedere come una richiamasse
l’altra. Il razionalismo con Cartesio o Spinoza parla di due essenze separate, corpo e anima. ma come
possono queste due sostanze così distinte interagire?
Spinoza parla dell’anima come di Dio o Natura, volendo così trovare un equilibrio. Il razionalismo si cura
essenzialmente della ragione e si fonda su essa, non sui contenuti della ragione che derivano
dall’esperienza. È più che altro un metodo, una metafisica. Il modello di vero è quello matematico.
Il razionalismo si fonda inoltre con la teologia (anche in Kant accade) e ne è un esempio Pascal.
L’empirismo fonda invece sull’esperienza, sull’oggettività del dato sensibile. Il suo metodo è quello del
calcolo, del dato.
Entrambe sono di per sé filosofia false, in quanto pretendono di risalire al vero come rimanenza. L’oggetto
viene studiato o esperito e quel che resta è l’essenza del vero.
Spiritualismo e materialismo. Il concetto di metafisica.
Il dualismo tra spiritualismo e materialismo è del tutto metafisico.
Adorno dipinge la metafisica come un “retro mondo”, un luogo dei sogni o delle nuvole, dove tutto è
nebuloso e inconsistente. Va contro la teologia, ma anche contro la scienza. è un qualcosa che pone
domande e cerca risposta su un qualcosa che accade, ma non è dato.
In parole povere, per il materialismo il vero è la materia, l’oggetto, il dato; per lo spiritualismo il vero è lo
spirito, l’individualità che prende quasi forma fino d essere una cosa.
Sul concetto di Materialismo
Uno dei filosofi materialisti più importanti è Marx. Il materialismo di contrappone alla metafisica in quanto
è la filosofia del concreto. Nasce in genere da un disagio che verte contro due direzioni: quella sociale e
quella scientifica. Il materialismo che muove contro la società ha basi morali, considera l’uomo fallibile e
prigioniero di impulsi e costrizioni, ricorda spesso l’esperienza di morte come oggetto di discussione e
privazioni di speranza alla ricerca di un benessere materiale e immediato, sensibile.
Quella contro la scienza pone l’uomo di fronte all’illusione della conoscenza e critica la metafisica e le idee.
Materialismo e mortalità. Democrito.
Il materialismo nell’antica Grecia vede uno dei sui scopi principali il togliere la paura. Una delle “battaglie”
intraprese dai grandi primi materialisti Democrito e Epicuro fu proprio contro la paura degli dei. Oggi gli
uomini al contrario hanno paura del nulla, che non ci sia un Dio a proteggerlo e quindi il materialismo
insegue un benessere immediato, in questa vita, ricordando la morte. L’ideologia di Marx muoveva da
queste basi, dal voler estirpare le ingiustizie e le disuguaglianze. Questo mettendo in preventivo molte
restrizioni e privazioni e tornare a un senso naturalistico del mondo.
Singolare è l’atomismo di Democrito che vuole dare un senso alla materia in modo nominalistico, infatti
pone il reale come il singolo (l’atomo) e ingannevole l’apparenza, che è solo l’insieme di piccole unità.
Inoltre ha il grande merito di aver postulato nel suo primo principio una legge che ancora oggi perdura: il
principio di conservazione della materia con l’affermazione “nulla crea nulla e nulla può essere distrutto”.
Il Pensiero di Democrito. Necessità e libertà
Il secondo principio di Democrito è quello che nulla avviene per caso, in un senso deterministico. Questo
impone la mancanza di libertà dell’uomo e anche l’impossibilità della materia di avere un fine proprio, con
riguardo alla natura umana.
Questo passo è ricorrente in molti filosofi materialisti e vengono accusati di parlare di determinismo da un
lato e dall’altro di cambiamenti, libere scelte e rivoluzioni. In particolare si è detto di Marx.
Quello della contraddizione è per Adorno un momento vero e profondo della filosofia, che non si censura e
non si limita per una formalità di coerenza logica, ma si esprime per come è. In effetti in Marx Adorno vede
molta coerenza in questo, poiché il suo scopo materialistico è proprio quello di spezzare la catena
materialista della società e dare un senso alla vera libertà.
Il terzo principio di Democrito è che non esiste nulla al di fuori degli atomi e lo spazio vuoto, il resto è pura
apparenza. In questo modo esclude le sensazioni e l’esperienza come forma conoscitiva, in quanto appunto
apparenza e fonti non autentiche.
Il Materialismo di Epicuro
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Hobbes
Il materialismo di Hobbes è estremo. Tutto ciò che esiste è un essere naturale, esiste in quanto materia che
occupa uno spazio. Inverte il principio rispetto all’idealismo, l’oggetto (la materia) è l’essenza, il fenomeno
è invece lo spirito.
Critica inoltre il concetto aristotelico di uomo come animale sociale. L’uomo infatti è per natura egoista,
scende al patto sociale solo per convenienza e spirito di sopravvivenza, accettando leggi che lo tutelano ma
che non vorrebbe rispettare. Va contro quindi anche Epicuro e il suo concetto di amicizia come sostituzione
alla politica.
Importante è anche il nominalismo anch’esso estremo: reale è solo il particolare, mentre l’universale è solo
un’apparenza o uno strumento di comunicazione.
Marx
Il materialismo di Marx è denominato come dialettico o economico. Anzitutto Marx è anche un nominalista,
in quanto definisce spesso la filosofia come fantasticheria o “concetti che esistono solo nella testa”. La
critica che muove alla filosofia è quello di essere un’ideologia è niente più, in quanto volendo conoscere il
mondo da principi universali non diviene mai un qualcosa di pratico.
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