I PROCEDIMENTI IN MATERIA DI CONDOMINIO * Le controversie: Cass. SU 31 gennaio 2006, n. 2046 Posto che il regime del condominio degli edifici si instaura per legge nel fabbricato, nel quale esistono più piani o porzioni di piano che appartengono in proprietà esclusiva a persone diverse, ai quali è legato dalla relazione di accessorietà un certo numero di cose, impianti e servizi comuni, l'esistenza del condominio e l'applicabilità della norma in materia non dipende dal numero di persone che ad esso partecipano. Nel caso di edificio in condominio composto da due soli partecipanti (c.d. condominio minimo), il rimborso delle spese per la conservazione delle parti comuni anticipate da uno dei condomini è disciplinato non già dall'art. 1110 c.c., ma dall'art. 1134 c.c., in base al quale il diritto al rimborso è riconosciuto soltanto per le spese urgenti, e cioè per quelle impellenti, che devono essere eseguite senza ritardo e la cui erogazione non può essere differita senza danno. Cass. SU 31 gennaio 2006, n. 2046 Il condominio si costituisce (ex lege) non appena, per qualsivoglia effetto traslativo, i piani o le porzioni di piano del fabbricato vengono ad appartenere a soggetti differenti. Segue che, in un edificio composto da più unità immobiliari appartenenti in proprietà esclusiva a persone diverse, la disciplina delle cose, degli impianti e dei servizi di uso comune, legati ai piani o alle porzioni di piano dalla relazione di accessorietà, sia per quanto riguarda la disposizione sia per ciò che concerne la gestione, è regolata dalle norme sul condominio. Cass. civ. Sez. II, 20-07-2009, n. 16829 Il fatto che una proprietà individuale sia o meno compresa in un condominio non dipende da ciò che è contenuto nell'atto di acquisto quanto, piuttosto, da una situazione di fatto quale l'effettiva inclusione o meno del bene in quel complesso immobiliare. Cass. civ. Sez. II, 18-04-2005, n. 8066 Il supercondominio è figura di creazione giurisprudenziale, alla quale sono applicabili le norme relative al condominio, appunto perché si verte nella materia delle “parti comuni” indicate dagli artt. 1117 cod. civ. e 62 disp. Att. cod. civ., caratterizzate dal rapporto di accessorietà necessaria che le lega alle singole proprietà individuali, delle quali rendono possibile l’esistenza stessa o l’uso, come per esempio le portinerie, le reti viarie interne, gli impianti dei servizi idraulici o energetici dei complessi residenziali, mentre restano soggette alla disciplina della comunione ordinaria le altre eventuali strutture, che invece sono dotate di una propria autonoma utilità, come per esempio le attrezzature sportive, gli spazi di intrattenimento, i locali di centri commerciali inclusi nel comprensorio. Cass. 3 ottobre 2003, n. 14791 La disciplina del condominio negli edifici è applicabile anche in caso di supercondominio, quando cioè i beni di cui all'art. 1117 c.c. siano comuni ad una pluralità di edifici distinti, ciascuno dei quali costituente un condominio autonomo, purché fra beni comuni e beni oggetto di proprietà esclusiva sussista un rapporto di accessorietà in virtù di un collegamento materiale o funzionale, mentre trova applicazione la normativa della comunione ordinaria per i beni e gli impianti, anche posti nello stesso complesso residenziale, privi della relazione di accessorietà, ma dotati di una propria autonoma utilità. Cass 7 luglio 2000, n. 9096 Più edifici costituiti in altrettanti condomínii vengono a formare un "supercondominio" quando taluni beni e servizi sono in rapporto di accessorietà con le unità immobiliari in proprietà esclusiva. In tale ipotesi troverà applicazione la disciplina del condominio. Cass 8 gennaio 2014, n. 147 Costituisce valutazione in fatto, sottratta al giudizio di legittimità ove adeguatamente motivata, l'accertamento da parte del giudice di merito relativo al fatto che un determinato bene, per la sua struttura e conformazione e per la funzione cui è destinato, rientri tra quelli condominiali oppure sia di proprietà esclusiva di uno dei condomini. Cass 7 giugno 2005, n. 11861 Rientrano nella competenza per materia del giudice di pace tutte quelle controversie nelle quali siano in discussione più limiti quantitativi e qualitativi dell'esercizio delle facoltà spettanti ai condomini, con l'esclusione di quelle nelle quali sia contestato, in tutto o in parte, il diritto di comproprietà di uno dei condomini oppure sia radicalmente negato ogni diritto vantato sulla cosa comune. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato la competenza per materia del giudice di pace in una causa in cui si controverteva sulle modalità di esercizio dei diritti condominiali di uso dell'area comune destinata a parcheggio dei veicoli dei condomini, in relazione alla quale un provvedimento dell'assemblea condominiale aveva determinato una sperequazione nell'esercizio delle facoltà di godimento del bene comune, avendo consentito ad un solo condomino di parcheggiare di due vetture). Trib. Monza 13 novembre 2006 Rientrano nella competenza per materia del giudice di pace, ai sensi dell'art. 7 c.p.c., le cause relative alla misura ed alle modalità d'uso dei servizi di condominio di case, ovvero tutto ciò che concerne le riduzioni o le limitazioni quantitative dei diritti dei singoli condomini nonché i limiti qualitativi di esercizio delle facoltà condominiali, tra i quali rientra certamente la domanda volta, nella specie, all'accertamento dell'uso illegittimo di un'area comune. In tema di opposizione a decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo emesso ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c. per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, il condomino opponente... può far valere... solo questioni riguardanti l'efficacia della medesima delibera condominiale; tale delibera infatti costituisce titolo di credito del condominio e, di per sé, prova l'esistenza di tale credito e legittima non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condomino a pagare le somme nel giudizio di opposizione che quest'ultimo proponga contro tale decreto, ed il cui ambito è dunque ristretto alla sola verifica della esistenza e della efficacia della deliberazione assembleare di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere... Cass. 24 febbraio 2006, n. 4256 In tema di controversie tra condomini, ai sensi dell'art. 7 cod. proc. civ. appartengono alla competenza per materia del giudice di pace le cause relative alla misura ed alle modalità di uso dei servizi di condominio, tra le quali rientra la lite che riguardi l'installazione di apertura automatica del portone di ingresso dello stabile mediante citofoni installati nelle singole unità immobiliari, nonché l'adozione dell'uso della chiave per l'utilizzo dell'ascensore, giacchè non viene messo in discussione il diritto stesso del condomino ad un determinato uso delle cose comuni, essendo controversa soltanto la regolamentazione della misura e modalità d'uso dei suddetti servizi. Cass. 2 settembre 2004, n. 17660 In tema di controversie tra condomini, a seguito della modifica introdotta all'art. 7 c.p.c., appartengono alla competenza per materia del Giudice di pace le cause relative alla misura ed alle modalità di uso dei servizi di condominio. Rientrano tra le prime, quelle che riguardano le riduzioni o le limitazioni quantitative del diritto dei singoli condomini ed hanno ad oggetto quei provvedimenti degli organi condominiali che, esulando dalla disciplina delle modalità qualitative di uso del bene comune, incidono sulla misura del godimento riconosciuto ai singoli condomini; appartengono alle seconde, quelle che concernono i limiti qualitativi di esercizio delle facoltà comprese nel diritto di comunione ossia quelle relative al modo più conveniente ed opportuno con cui tali facoltà debbono esercitarsi, nel rispetto delle facoltà di godimento riservate agli altri condomini, in proporzione delle rispettive quote, secondo quanto stabilito dalla legge o dalla volontà della maggioranza oppure da eventuali disposizioni del regolamento condominiale. Restano escluse da entrambe le categorie quelle cause in cui si controverta circa l'esistenza stessa del diritto del condomino a fruire della cosa o del servizio comune (Fattispecie relativa alla misura del godimento del servizio comune di riscaldamento, in relazione alla quale la Corte ha ritenuto che il Giudice di pace avesse erroneamente declinato la propria competenza in favore di quella del Tribunale). Cass. civ. Sez. II, 23-10-1993, n. 10519 La controversia, instaurata da un condomino per la rimozione della facciata dell'edificio condominiale di uno scambiatore di calore installatovi da un altro condomino con l'autorizzazione dell'assemblea, a motivo del pregiudizio arrecato al decoro architettonico e alla sicurezza dell'edificio stesso, riguarda non le modalità d'uso o la misura dei servizi condominiali, ma la contestazione in radice del diritto del condomino di fare un determinato uso della cosa comune e del potere dell'assemblea di consentirlo, e, quindi, esula dalla competenza per materia del conciliatore o del pretore, restando soggetta alle regole della competenza per valore nelle cause relative a beni immobili (art. 15 c.p.c.), con la conseguenza che è onere della parte che eccepisca l'incompetenza del giudice adito di dedurre e dimostrare il superamento del relativo limite. Cass. civ. Sez. Unite, 30-12-1999, n. 943 Le clausole dei regolamenti condominiali predisposti dall'originario proprietario dell'edificio condominiale ed allegati ai contratti di acquisto delle singole unità immobiliari, nonchè quelle dei regolamenti condominiali formati con il consenso unanime di tutti i condomini, hanno natura contrattuale soltanto qualora si tratti di clausole limitatrici dei diritti dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni ovvero attributive ad alcuni condomini di maggiori diritti rispetto agli altri, mentre, qualora si limitino a disciplinare l'uso dei beni comuni, hanno natura regolamentare. Ne consegue che, mentre le clausole di natura contrattuale possono essere modificate soltanto dall'unanimità dei condomini e non da una deliberazione assembleare maggioritaria, avendo la modificazione la medesima natura contrattuale, le clausole di natura regolamentare sono modificabili anche da una deliberazione adottata con la maggioranza prescritta dall'art. 1136, comma 2, c.c. Cass. civ. Sez. Unite, 18-09-2006, n. 20076 L'art.23 cod. proc. civ., che introduce un foro speciale esclusivo per le controversie tra condomini, stabilendo che per esse è competente il giudice del luogo in cui si trova l'immobile condominiale, trova applicazione anche alle liti tra condomino ed amministratore in ordine al pagamento dei contributi per l'utilizzazione delle cose comuni, agendo l'amministratore, nell'attività di riscossione, nella sua veste di mandatario con rappresentanza dei singoli condomini. Cass. civ. Sez. Unite, 18-09-2006, n. 20076 La previsione dell'art. 23 c.p.c. (per la quale la cognizione delle cause tra condomini è devoluta al giudice del luogo in cui si trova la cosa comune) deve trovare applicazione non solo alle controversie che si instaurano tra condomini in ordine alla proprietà o ad altri diritti inerenti alla disponibilità e all'uso della cosa comune, ma anche a quelle sulle obbligazioni nascenti "proquota" a carico dei singoli condomini dalla loro partecipazione alla comunione, sicché territorialmente competente è sempre e comunque il foro speciale tra condomini, quale norma in deroga rispetto al foro generale di cui agli artt. 18 c.p.c. e ss.. Cass. civ. Sez. II, 11-12-1993, n. 12208 Il condominio di edifici, che non è una persona giuridica, ma un ente di gestione e non ha, pertanto, una sede in senso tecnico, ove non abbia designato nell'ambito dell'edificio un luogo espressamente destinato e di fatto utilizzato per l'organizzazione e lo svolgimento della gestione condominiale, ha il domicilio coincidente con quello privato dell'amministratore che lo rappresenta. Pertanto, ai fini della competenza territoriale ex art. 18 e 20 c.p.c. nei giudizi aventi ad oggetto il pagamento di contributi condominiali, il luogo di adempimento dell'obbligazione dedotta in giudizio va individuato nel domicilio dell'amministratore in carica al tempo della scadenza dell'obbligazione. Cass. civ. Sez. II, 01-03-2000, n. 2249 Ai fini dell'applicabilità della disciplina dell'art. 23 c.p.c. che regola la competenza territoriale in ordine alle liti tra i partecipanti alla comunione, deve intendersi per causa vertente tra condomini quella in cui si controverta in tema di rapporti giuridici attinenti al diritto reale di proprietà ed all'uso delle cose comuni. Pertanto, deve escludersi che l'azione di rivalsa esercitata dal coerede che abbia corrisposto le somme spettanti all'amministratore giudiziario per la gestione di uno dei beni ereditari, in regime di comunione, sia assoggettata, configurandosi come una surrogazione all'amministratore stesso nei confronti degli altri coeredi, al regime della competenza territoriale previsto dal citato art. 23 del codice di rito, in quanto, in siffatta ipotesi, la qualità di condomino non costituisce un presupposto soggettivo necessario dell'azione proposta, la quale ha carattere esclusivamente personale, e si fonda sulla anticipazione della somma effettuata in favore del creditore comune. Cass. civ. Sez. III (Ord.), 10-01-2003, n. 269 Ai fini dell'applicabilità della disciplina di cui all'art. 23 codice di rito, che regola la competenza territoriale in ordine alle liti tra i partecipanti alla comunione, deve intendersi per «causa vertente tra condomini» quella in cui si discuta in ordine a rapporti giuridici attinenti al diritto reale di proprietà ed all'uso delle cose comuni, sicché la predetta disposizione non è legittimamente invocabile nella diversa ipotesi in cui l'amministratore, in rappresentanza del condominio, pretenda, nei confronti del singolo condomino, il pagamento delle spese condominiali (il principio di diritto è stato affermato, in extensum, dalla suprema corte con riferimento ad una controversia insorta tra un consorzio ed un consorziato per il pagamento dei contributi consortili). Cass. civ. Sez. II, 21-10-2011, n. 21907 I comproprietari di una unità immobiliare sita in condominio sono tenuti in solido, nei confronti del condominio, al pagamento degli oneri condominiali. Cass. civ. Sez. II, 20-08-2002, n. 12274 L'amministratore di condominio, nell'esercizio dell'attività di riscossione dei contributi dovuti da ciascun condomino per l'utilizzazione delle cose comuni, agisce in rappresentanza degli altri condomini, così che le controversie che insorgano in ordine a tale riscossione integrano gli estremi della "lite tra condomini" soggetta, quanto alla competenza per territorio, ai criteri di cui all'art. 23 c.p.c. (cognizione del giudice del luogo in cui è sito l'immobile condominiale). Cass. civ. Sez. II, 01-03-1994, n. 2026 L'art. 23 c.p.c. che stabilisce per le cause fra condomini la competenza del giudice del luogo dove si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi concerne non la sola ipotesi di condominio di edifici divisi per piano o porzioni di piano, ma più in generale tutti i casi di comunione di beni ex art. 1100 e ss. c.c.. Cass. civ. Sez. II, 16-08-1993, n. 8734 L'art. 23 c.p.c. che prevede per le cause fra condomini il foro speciale esclusivo del luogo in cui si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi, si riferisce non soltanto alle liti tra condomini per i rapporti giuridici attinenti alla proprietà ed all'uso delle cose comuni bensì anche a tutte le liti che possono insorgere nell'ambito condominiale, comprese quelle fra il condominio ed il singolo condomino relative al pagamento della quota di contributi da parte di quest'ultimo, considerato che il condominio a differenza della società, non è un soggetto dotato di personalità giuridica sia pure attenuata o di una propria autonomia patrimoniale rispetto ai soggetti che ne fanno parte; ma si configura come gestione collegiale di interessi individuali facente capo a questi ultimi, sicchè il suo amministratore non può considerarsi investito di un potere di rappresentanza organica, ma ha la semplice rappresentanza volontaria dei partecipanti. Cass. civ. Sez. II, 24-08-1992, n. 9828 Poiché l'amministratore di condominio nell'attività di riscossione dei contributi dovuti da ciascun condomino per l'utilizzazione delle cose comuni agisce in rappresentanza degli altri condomini, le controversie che insorgono in ordine a tale riscossione costituiscono una lite tra condomini soggetta quanto alla competenza territoriale ai criteri dell'art. 23 c. p. c. e quindi devoluta alla cognizione del giudice del luogo in cui si trova l'immobile condominiale. *** Legittimazione attiva/passiva Cass. civ. Sez. Unite, 06-08-2010, n. 18331 È sufficiente la ratifica perché l'atto di costituzione in giudizio o di impugnazione presentato dall'amministratore di condominio non sia inammissibile. In altri termini, non è indispensabile l'autorizzazione dell'assemblea affinché l'amministratore possa costituirsi in giudizio o impugnare una sentenza sfavorevole. Infatti, il legame tra il potere gestorio dell'assemblea e l'attività esecutoria dell'amministrazione deve essere raccordato con la legittimazione passiva generale attribuita all'amministratore dall'art. 1131, secondo comma, c.c. Questa legittimazione bilancia l'esigenza di agevolare i terzi e la necessità di tempestiva difesa dei diritti inerenti le parti comuni dell'edificio e deve ritenersi immanente al complessivo assetto normativo condominiale. La ratifica vale a sanare l'operato "d'urgenza" dell'amministratore. Cass. civ. Sez. II, 10-11-2010, n. 22886 Ai sensi dell'art. 1131, 2° comma, c.c., la legittimazione passiva dell'amministratore del condominio sussiste, senza alcuna limitazione ed estendendosi anche in ordine alla interposizione d'ogni mezzo di gravame che si renda eventualmente necessario, per qualsiasi azione, anche di natura reale, promossa da terzi (od anche dal singolo condomino) relativamente alle parti comuni dell'edificio, avendo in tal caso l'amministratore il solo obbligo, di mera rilevanza interna e non incidente sui suoi poteri rappresentativi processuali, di riferire all'assemblea, con la conseguenza che la sua presenza in giudizio esclude la necessità del litisconsorzio nei confronti di tutti i condomini (nella specie, sulla base di tali principi, la Suprema corte ha escluso la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti dei condomini in relazione a un'azione di rivendicazione di porzione di terreno proposta da un terzo nei confronti del condominio in persona dell'amministratore). **** Intervento Cass. civ. Sez. II, 26-03-2010, n. 7300 In tema di condominio negli edifici, posto che il condominio stesso si configura come ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, l'esistenza di un organo rappresentativo unitario, quale l'amministratore, non priva i singoli partecipanti della facoltà di agire a difesa dei diritti esclusivi e comuni inerenti all'edificio condominiale, con la conseguenza che l'intervento dei condomini in una causa iniziata dall'amministratore realizza un'ipotesi di intervento della parte, che è ammissibile anche quando l'azione sia stata (in ipotesi) irregolarmente proposta per difetto di legittimazione dell'amministratore, trattandosi in tal caso di sostituzione del legittimato al non legittimato (Nella specie, si trattava di intervento in giudizio di condomini che avevano fatto propria la domanda riconvenzionale già proposta dall'amministratore del condominio per la revisione delle tabelle millesimali; la S.C., nell'enunciare il principio anzidetto, ha ritenuto, pertanto, di poter prescindere dall'esame diretto della questione preliminare sulla legittimazione o meno dell'amministratore a richiedere la revisione della tabella millesimale asseritamente inficiata da errore). *** Art. 7 c.p.c. Cass 7 giugno 2005, n. 11861 Rientrano nella competenza per materia del giudice di pace tutte quelle controversie nelle quali siano in discussione più limiti quantitativi e qualitativi dell'esercizio delle facoltà spettanti ai condomini, con l'esclusione di quelle nelle quali sia contestato, in tutto o in parte, il diritto di comproprietà di uno dei condomini oppure sia radicalmente negato ogni diritto vantato sulla cosa comune. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato la competenza per materia del giudice di pace in una causa in cui si controverteva sulle modalità di esercizio dei diritti condominiali di uso dell'area comune destinata a parcheggio dei veicoli dei condomini, in relazione alla quale un provvedimento dell'assemblea condominiale aveva determinato una sperequazione nell'esercizio delle facoltà di godimento del bene comune, avendo consentito ad un solo condomino di parcheggiare di due vetture). Trib. Firenze Sez. II, 13-01-2015 Le cause relative alla misura e alla modalità d'uso dei servizi di condominio di case, le quali a norma dell'art. 7, comma 3, n. 2, c.p.c., sono riservate alla competenza del Giudice di Pace, non possono intendersi comprensive delle controversie riguardanti l'esistenza del diritto d'uso della cosa e l'estensione di tale diritto, pertanto di competenza del Tribunale. Cass. civ. Sez. II, 31-10-2014, n. 23297 La controversia che riguardi i limiti di esercizio del diritto del condomino sulla sua proprietà esclusiva, derivanti da una clausola del regolamento condominiale, non rientra tra le cause relative alla misura ed alle modalità d'uso dei servizi di condominio, di competenza del giudice di pace, che attengono alle riduzioni quantitative del diritto di godimento dei singoli condomini sulle parti comuni e ai limiti qualitativi di esercizio delle facoltà comprese nel diritto di comunione in proporzione alle rispettive quote. Cass. civ. Sez. II, Sent., 21/02/2012, n. 2483 nelle cause previste dall'art. 7 c.p.c., comma 3, n. 2, inerenti alle modalità di uso dei servizi e dei beni condominiali, devono essere annoverate non solo quelle che scaturiscono dal rapporto di condominio inteso in senso proprio, e cioè quelle che insorgano tra il condominio ed i singoli condomini, ovvero fra i condomini, ma anche quelle, con identico oggetto, che vengono ad interessare soggetti diversi dai partecipanti alla collettività condominiale e, pur tuttavia, legittimati, per altro titolo (quale, ad esempio, la locazione di unità immobiliari comprese nello stabile in condominio ovvero l'esercizio di diritti di servitù sulle aree di pertinenza condominiale, come nella specie), all'uso delle parti comuni di questo e dei servizi ad esso relativi. In quest'ottica, in proposito, nella giurisprudenza di questa Corte (v., ad es., Cass. n. 2950 del 1967 e Cass. n. 3600 del 1991) non si è dubitato del diritto del condominio e dei condomini di agire direttamente, ed anche unicamente, nei confronti del conduttore di unità immobiliari comprese nell'edificio condominiale per far dichiarare illegittimo e per far cessare l'uso delle cose comuni che lo stesso pretenda di esercitare in modo non conforme alle prescrizioni di cui all'art. 1102 c.c. o al regolamento del condominio; alla stregua di questo principio, pertanto, si deve ritenere che anche le vertenze instaurate con l'esperimento dell'azione in discorso nei confronti del conduttore o di altro titolare di diritti il cui esercizio implica il coinvolgimento del bene condominiale risultano attenere, sotto il profilo oggettivo, alla gestione dei servizi e dei beni condominiali. Da ciò consegue la tutelabilità in sede giudiziale degli abusi inerenti il godimento di tali beni, mediante la richiesta della determinazione delle più idonee modalità concrete di esercizio dei relativi diritti, obiettivo, questo, perseguito proprio con l'impugnata sentenza che, perciò, essendosi conformata ai richiamati principi giuridici e basandosi su un adeguato percorso motivazionale, non è censurabile in questa sede di legittimità con riferimento ai profili dedotti dai ricorrenti con l'ultima doglianza formulata. Cass. civ. Sez. VI Ordinanza, 31-03-2011, n. 7547 Rientrano nella competenza per materia del giudice di pace tutte le controversie nelle quali siano in discussione i limiti quantitativi e qualitativi dell'esercizio delle facoltà spettanti ai condomini, ma non quelle nelle quali si controverta circa l'esistenza (o l'inesistenza) del diritto stesso di usare le cose comuni per determinati fini (nella specie, è stata affermata la competenza del tribunale a conoscere della controversia avente ad oggetto la sussistenza o meno d'un divieto di parcheggio negli spazi comuni, asseritamente imposto dal regolamento di condominio). Cass. civ. Sez. VI Ordinanza, 28-03-2011, n. 7074 In tema di condominio, qualora venga impugnata una delibera assembleare, il riparto di competenza deve avvenire in base al principio contenutistico, ossia con riguardo al tema specifico del deliberato assembleare di cui l'attore si duole; ne consegue che è devoluta alla competenza per materia del giudice di pace - in quanto attinente alle modalità di uso dei servizi condominiali, ai sensi dell'art. 7, terzo comma, n. 2), cod. proc. civ. - la controversia relativa alle modalità di custodia della chiave di accesso al lastrico solare, a nulla rilevando che l'attore abbia dedotto come fondamentale motivo di censura la mancata inclusione di tale oggetto nell'ordine del giorno dell'assemblea condominiale. Cass. civ. Sez. VI Ordinanza, 18-01-2011, n. 1064 Non rientrano nella competenza per materia del giudice di pace, ai sensi dell'art. 7, 3° comma, n. 3, c.p.c., le controversie relative a rapporti fra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in tema di immissioni, qualora, a sostegno della domanda, non venga dedotta l'intollerabilità delle immissioni ai sensi dell'art. 844 c.c., bensì la violazione di una specifica prescrizione contenuta nel regolamento condominiale di natura contrattuale, costitutiva di servitù reciproche, che, imponendo limitazioni al godimento degli appartamenti di proprietà esclusiva, vieti in essi l'esercizio di determinate attività lavorative. **** Art. 23 c.p.c. Cass. civ. Sez. VI - 2 Ordinanza, 25-08-2015, n. 17130 Il foro speciale esclusivo del luogo in cui si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi, previsto dall'art. 23 c.p.c. per le cause tra condomini, può essere validamente derogato in presenza di un accordo tra le parti sul punto (nella specie, il regolamento condominiale prevedeva un foro convenzionale per le controversie relative al regolamento stesso). Cass. civ. Sez. VI - 2 Ordinanza, 11-06-2015, n. 12148 (rv. 635568) La competenza del "forum rei sitae", ai sensi dell'art. 23 cod. proc. civ., si applica anche quando oggetto di comproprietà sia un bene mobile (nella specie, un natante), poiché la norma impiega il termine "condominio" quale sinonimo di "comunione", senza riguardo per il tipo di bene comune. Cass. civ. Sez. VI - 2 Ordinanza, 12-01-2015, n. 180 La sfera di applicazione dell'art. 23 c.p.c., che prevede per le cause tra condomini il foro speciale esclusivo del giudice del luogo in cui si trova l'immobile condominiale, non è limitata alle liti tra singoli condomini attinenti ai rapporti giuridici derivanti dalla proprietà delle parti comuni dell'edificio o dall'uso e godimento delle stesse, ma comprende qualsiasi controversia possa insorgere nell'ambito condominiale per ragioni afferenti al condominio, inclusa la causa promossa da un condomino per ottenere la condanna di un altro condomino al risarcimento del danno da infiltrazioni idriche provenienti dall'appartamento sovrastante, come pure la domanda con cui il condomino convenuto tenda a riversare sul condominio ogni responsabilità, sul presupposto della provenienza del danno da parti comuni dell'edificio. Cass. civ. Sez. II, 24-06-2005, n. 13640 Poiché l'amministratore di condominio nell'attività di riscossione dei contributi dovuti da ciascun condomino per l'utilizzazione delle cose comuni agisce in rappresentanza degli altri condomini, le controversie che insorgono in ordine a tale riscossione costituiscono una lite tra condomini soggetta, quanto alla competenza territoriale, ai criteri di cui all'articolo 23 del c.p.c. e, quindi, devolute alla cognizione del giudice del luogo in cui si trova l'immobile condominiale. **** Art. 1137 c.c. Cass. civ. Sez. II, 06-11-2014, n. 23692 (rv. 633357) L'appello avverso la sentenza che abbia pronunciato sull'impugnazione di una deliberazione dell'assemblea di condominio, ai sensi dell'art. 1137 cod. civ., va proposto, in assenza di specifiche previsioni di legge, mediante citazione in conformità alla regola generale di cui all'art. 342 cod. proc. civ., sicché la tempestività del gravame va verificata in base alla data di notifica dell'atto e non a quella di deposito dello stesso nella cancelleria del giudice "ad quem". Trib. Campobasso, 07-08-2014 La delibera assunta nell'esercizio delle attribuzioni assembleari previste dall'art. 1135, nn. 2) e 3), c.c., relativa alla ripartizione in concreto tra i condomini delle spese condominiali, ove, in assenza di tabelle millesimali del condominio, adotti un criterio provvisorio, deve considerarsi annullabile, non incidendo sui criteri generali da adottare nel rispetto dell'art. 1123 c.c.. La relativa impugnazione deve essere proposta nel termine di decadenza di trenta giorni previsto dall'art. 1137, ultimo comma, c.c.. Trib. Cassino, 24-06-2014 COMUNIONE E CONDOMINIO In materia condominiale, l'impugnazione delle deliberazioni è disciplinata dai commi 2° e 3° dell'art. 1137 c.c., a norma dei quali contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio, ogni condomino dissenziente può far ricorso all'autorità giudiziaria ma il ricorso non sospende l'esecuzione del provvedimento, salvo che la sospensione sia ordinata dall'autorità stessa. Il ricorso deve proporsi, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla data di deliberazione per i condomini dissenzienti e dalla data di comunicazione per quelli assenzienti. Trib. Nocera Inferiore Sez. II, 19-06-2014 Sono annullabili, nei termini previsti dall'art. 1137 c.c., le delibere assembleari contrarie alla legge o al regolamento di condominio, tra cui quelle che non rispettano le norme che disciplinano il procedimento, come, ad esempio, la convocazione dei partecipanti o la richiesta di qualificate maggioranze per formare la volontà dell'organo collegiale in relazione all'oggetto della delibera da approvare. Cass. civ. Sez. II, 18-04-2014, n. 9082 Il condomino assente all'assemblea per la quale abbia ricevuto regolare avviso di convocazione non è legittimato ad impugnare, ai sensi dell'art. 1137 c.c., la delibera condominiale assunta in quella sede deducendone l'annullabilità per difetto di convocazione di altri condomini. Cass. civ. Sez. II, 15-04-2014, n. 8727 In tema di condominio, se, di regola, la legittimazione ad impugnare una deliberazione assembleare compete individualmente e separatamente ai condomini, potendo ognuno esercitare l'azione verso il condominio rappresentato dall'amministratore senza necessità di chiamare in causa gli altri, qualora invece la decisione venga resa nei confronti di più condomini, che abbiano agito in uno stesso processo, tutti allora sono parti necessarie nei successivi giudizi di impugnazione. Cass. civ. Sez. II, 19-03-2014, n. 6436 L'opposizione del Condominio al decreto ingiuntivo emesso ex art. 63 disp. att. c.c. non può mai estendersi a questioni relative alla annullabilità o nullità della delibera condominiale di approvazione delle spese, delibera che necessita di essere impugnata separatamente ex art. 1137 c.c. Cass. civ. Sez. Unite, 13-02-2014, n. 3308 L'impugnazione delle deliberazioni dell'assemblea condominiale, con ricorso anziché con citazione, soluzione ispirata, dall'intento di evitare conseguenze pregiudizievoli, sul piano delle preclusioni processuali, alle impugnazioni proposte sotto forma di ricorso, trova giustificazione nella specificità morfologica e funzionale dell'atto impugnato (delibera di assemblea condominiale) e, conseguentemente, della relativa opposizione. Inoltre l'imposizione del termine di cui all'art. 1137 c.c., comma 3, risponde esclusivamente ad esigenze di certezza facenti capo al condominio ed attinenti a materia non sottratta alla disponibilità delle parti, tanto che l'inosservanza del termine decadenziale in questione non è rilevabile d'ufficio dal giudice, ma può essere eccepita, appunto, solo (e tempestivamente) dal condominio convenuto. Cass. civ. Sez. II, 23-01-2014, n. 1451 In tema di condominio negli edifici, l'amministratore può resistere all'impugnazione della delibera assembleare e può gravare la relativa decisione del giudice, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell'assemblea, giacché l'esecuzione e la difesa delle deliberazioni assembleari rientra fra le attribuzioni proprie dello stesso. Cass. civ. Sez. VI - 2, 26-09-2013, n. 22047 Ogni condomino ha il diritto di intervenire all'assemblea e deve, quindi, essere messo in condizione di poterlo fare, con la conseguente necessità che l'avviso di convocazione previsto dall'art. 66, ultimo comma, disp. att. cod. civ., nel testo previgente, quale atto unilaterale recettizio, sia non solo inviato, ma anche ricevuto nel termine, ivi stabilito, di almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza, avendo riguardo alla riunione dell''assemblea in prima convocazione. Ne consegue che la mancata conoscenza di tale data, da parte dell'avente diritto, entro il termine previsto dalla legge, costituisce motivo di invalidità delle delibere assembleari, ai sensi dell'art. 1137 cod. civ., come confermato dal nuovo testo dell'art. 66, comma terzo, disp. att., cod. civ., introdotto dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220, , a nulla rilevando, ai fini della tempestività dell'avviso, né la data di svolgimento dell'assemblea in seconda convocazione, né che la medesima data sia stata eventualmente già fissata. Cass. civ. Sez. II, 26-07-2013, n. 18117 In tema di impugnazione delle deliberazioni assembleari del condominio, qualora il giudizio di primo grado sia stato introdotto con ricorso, anziché con citazione, può essere introdotto con ricorso anche il giudizio di appello, e, in questo caso, il rispetto del termine di gravame è assicurato già dal deposito del ricorso in cancelleria, a prescindere dalla sua successiva notificazione. Cass. civ. Sez. II, 24-07-2012, n. 12930 È nulla la delibera di installazione dell'impianto di ascensore adottata nell'interesse comune, se da essa consegua la violazione dei diritti di un condomino sulle parti di sua proprietà esclusiva; con la conseguenza che tale causa di invalidità non è soggetta ai termini di impugnazione di cui all'art. 1137, u.c., c.c., ma può essere fatta valere in ogni tempo da chiunque dimostri di averne interesse e, quindi, anche dal condomino che abbia espresso voto favorevole. Cass. civ. Sez. II, 24-07-2012, n. 12930 In tema di condominio negli edifici, debbono qualificarsi nulle le delibere dell'assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all'ordine pubblico, alla morale o al buon costume), le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere comunque invalide in relazione all'oggetto; debbono, invece, qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell'assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all'oggetto Cass. civ. Sez. II, 26-07-2013, n. 18117 In tema di impugnazione delle deliberazioni assembleari del condominio, qualora il giudizio di primo grado sia stato introdotto con ricorso, anziché con citazione, può essere introdotto con ricorso anche il giudizio di appello, e, in questo caso, il rispetto del termine di gravame è assicurato già dal deposito del ricorso in cancelleria, a prescindere dalla sua successiva notificazione. Cass. civ. Sez. II, Sent., 11/06/2013, n. 14661 In tema di condominio negli edifici, le impugnazioni delle delibere dell'assemblea, in applicazione della regola generale dettata dall'art. 163 c.p.c., vanno proposte con citazione, non disciplinando l'art. 1137 c.c. la forma di tali impugnazioni; possono, comunque, ritenersi valide le impugnazioni proposte impropriamente con ricorso, semprechè l'atto risulti depositato in cancelleria entro il termine stabilito dall'art. 1137 c.c. citato (Cass. S.U. n. 8491/11). Ciò posto, va ulteriormente osservato che la notificazione della citazione - ancorchè non seguita dall'iscrizione della causa a ruolo ( art. 171 c.p.c. , comma 1), nè dalla costituzione delle parti nei termini loro rispettivamente assegnati - è sufficiente a determinare la pendenza della lite, poichè la mancata costituzione non comporta senz'altro l'estinzione dei processo, il quale, benchè in stato di quiescenza, può essere riassunto ai sensi dell'art. 307 c.p.c. (cfr. Cass. nn. 3335/69 e 3205/58). Pertanto, la riassunzione della causa non iscritta a ruolo non determina l'instaurazione di un nuovo giudizio, ma la prosecuzione di quello già pendente, con la conseguenza che gli effetti sostanziali e processuali della domanda permangono inalterati e riferiti, quanto alla loro produzione, alla data della notifica della prima citazione. 6.1. - Dunque, nella specie, rettamente introdotta la domanda con citazione e non con ricorso, la riassunzione della causa ne ha conservato gli effetti sostanziali e processuali, sicchè l'impugnazione delle delibere condominiali ex art. 1137 c.c. , deve ritenersi tempestivamente proposta. Cass. civ. Sez. II Sent., 05-06-2008, n. 14951 Ove un condomino impugni una delibera assembleare con la quale gli siano state addebitate spese in misura asseritamente eccedente rispetto alla propria quota millesimale, tale giudizio non esige la pregiudiziale revisione della relativa tabella - che deve avvenire con deliberazione unanime dei condomini o con provvedimento dell'autorità giudiziaria - né, di conseguenza, la necessaria estensione del contraddittorio a tutti i condomini, essendo legittimato passivo il solo amministratore.