La Conoscenza del Mondo Attraverso le Scienze SUMMER SCHOOL - Napoli 16 luglio 2014 L'origine della vita: singolarità o dinamica inesorabile? Paolo Tortora Università di Milano-Bicocca I TERMINI DEL PROBLEMA La natura del fenomeno vita (il punto di arrivo) I tempi e l’ambiente della comparsa (il punto di partenza) Gli scenari ipotizzati (prebiotici e della abiogenesi) Quale la probabilità? Esistono punti di riferimento su cui fondare una plausibile valutazione? Esiste vita nell’Universo? I TERMINI DEL PROBLEMA La natura del fenomeno vita (il punto di arrivo) I tempi e l’ambiente della comparsa (il punto di partenza) Gli scenari ipotizzati (prebiotici e della abiogenesi) Quale la probabilità? Esistono punti di riferimento su cui fondare una plausibile valutazione? Esiste vita nell’Universo? Il minimo indispensabile per la costruzione di un organismo elementare (unicellulare) • Un deposito di informazione che contenga il progetto per la costruzione dell’organismo e che possa essere replicato in modo quasi invariante (di norma il DNA) • I componenti del macchinario per il funzionamento dell’organismo (un ampio repertorio di proteine) • Una rete di reazioni per la fabbricazione delle molecole necessarie e per l’ottenimento di energia necessaria alle differenti funzioni (metabolismo) • Un sistema di confinamento dell’organismo per delimitarlo dall’ambiente (membrana cellulare: composta da un doppio strato lipidico, in determinate condizioni capace di autoassemblarsi) Macromolecole (in biologia sono così dette molecole aventi funzioni primarie, normalmente di grosse dimensioni, costruite mediante assemblaggio di un repertorio limitato di molecole molto più piccole, i building blocks o blocchi di costruzione) 1 – Le proteine: sono composti di amminoacidi (i blocchi di costruzione) che si uniscono a dare polimeri filiformi ma raggomitolati a dare strutture compatte. Sostengono tutte o quasi le funzioni biologiche. (Una rassegna di strutture proteiche secondo la rappresentazione convenzionale più frequentemente utilizzata) Quattro dei venti amminoacidi che compongono le proteine Gli amminoacidi condensano insieme formando un legame peptidico, formando così lunghi polimeri lineari, per l’appunto le proteine 2 – Acidi nucleici: polimeri filiformi di nucleotidi (i blocchi di costruzione). Il principale ruolo è l’immagazzinamento dell’informazione per la produzione delle proteine La struttura elicoidale a doppio filamento del DNA (acido deossiribonucleico), il principale depositario dell’informazione genetica. I geni sono tratti di DNA che normalmente codificano proteine. I quattro nucleotidi “canonici” che compongono il DNA (composti ciascuno di una diversa base azotata, dello zucchero deossiribosio e di un fosfato) I due filamenti di DNA hanno sequenze complementari; vale a dire, le basi si appaiano in modo tale per cui una adenina (A) su un filamento si leghi mediante legami idrogeno con una timina (T) sull’altro filamento; una guanina (G) su un filamento si leghi mediante legami idrogeno con citosina (C) sull’altro filamento (sono le cosidette regole di Chargaff) Questa struttura ha immediatamente suggerito a Watson e Crick che la proposero una modalità di replicazione del DNA. In effetti ciascuno dei due filamenti mantiene la stessa informazione (come sequenza di basi), sia pur in modo complementare. Di conseguenza, durante la replicazione ciascun filamento funge da stampo per la sintesi di un filamento complementare. 3 - Un altro acido nucleico, l’RNA (acido ribonucleico) è strutturalmente molto simile al DNA, ma può presentare anche tratti a singola elica. Al posto della timina, possiede una base leggermente diversa l’uracile (U). Si tratta di una timina non metilata. L’RNA ha un ruolo fondamentale nella traduzione, cioè nel processo di decodificazione dell’informazione contenuta nel DNA, che è alla base della sintesi delle proteine. Il codice genetico Il DNA immagazzina (in forma lineare) l’informazione per la sintesi delle proteine (esse stesse polimeri lineari) codificandola mediante una specifica sequenza di tre nucleotidi per ogni amminoacido Il (cosidetto) dogma centrale della biologia molecolare: il flusso dell’informazione è unidirezionale, nella direzione DNA RNA proteine Replicazione Le proteine presiedono alla loro propria sintesi, partecipando a trascrizione e traduzione. Presiedono anche alla replicazione del DNA che codifica il progetto dell’organismo, incluse sequenze e strutture di tutte le proteine! Proteine Il dogma centrale della biologia molecolare è solo uno degli esempi (con ogni probabilità il più prominente) che mette in evidenza un problema chiave e ineludibile legato alla comparsa degli organismi nel corso della evoluzione molecolare: È difficile immaginare un processo evolutivo che porti alla comparsa di una classe di molecole biologiche per volta (es. prima DNA e poi proteine, o viceversa). Infatti tutti i componenti molecolari, qualsiasi sia la loro natura chimica, debbono cooperare interagendo tra loro in modo perfettamente coordinato. come analogia di un sistema vivente non si può quindi prendere un edificio o una macchina, perché questi possono essere assemblati pezzo per pezzo, mentre un sistema vivente richiede la presenza contemporanea di tutti (o quasi) i pezzi per sostenere tutte le sue funzioni. Come conseguenza metodologica, il problema dell’origine della vita non può essere affrontato considerando l’origine e l’evoluzione di ogni singola parte (o classe di molecole) indipendentemente dalle altre. Le proprietà emergenti nei sistemi viventi 1)L’irriducibilità. Un organismo è ben più ed altro che la sommatoria delle singole parti. Ad esempio, un tratto di DNA può essere caratterizzato per le sue proprietà chimico-fisiche, ma la sua caratteristica essenziale, è la sua capacità di codificare una proteina. Quindi il suo “significato” è estrinseco alla molecola stessa in quanto può essere compreso in base al codice genetico e si comprende in vista del ruolo che essa ha nel sistema biologico in cui si trova. 2)L’individualità. L’aspetto più profondo di tale proprietà è che non si può disaggregare o scomporre una cellula in più parti senza perderne l’aspetto essenziale. In breve: nessuna delle parti che compone una cellula è “vivente” in se stessa. Alcune riflessioni di Erwin Chargaff sul fenomeno “vita” “Probabilmente non è un caso che fra tutte le scienze sia proprio la biologia quella che non riesce a definire l’oggetto che studia: noi non possediamo una definizione scientifica della vita. In effetti sono solo cellule e tessuti morti quelli che vengono sottoposti alle analisi più dettagliate.” 1905-2002 “L’analisi delle parti che compongono un organismo vivente comporta, salvo poche eccezioni, il venire meno dell’elemento essenziale della vita stessa.” “Nella nostra caccia ai frammenti abbiamo smarrito le sublimi fattezze della vita.” (Erwin Chargaff. Tratto da: “Mistero impenetrabile”) Chargaff’s rules I TERMINI DEL PROBLEMA La natura del fenomeno vita (il punto di arrivo) I tempi e l’ambiente della comparsa (il punto di partenza) Gli scenari ipotizzati (prebiotici e della abiogenesi) Quale la probabilità? Esistono punti di riferimento su cui fondare una plausibile valutazione? Esiste vita nell’Universo? La scala dei tempi (stabilita in base a diverse metodologie; soprattutto in base alla radiodatazione delle rocce) • L’età delle rocce più antiche: 4.5-4.6 milardi di anni • Le prime testimonianze fossili: 3.5-3.8 miliardi di anni Eobacterium isolatum (impronta fossile) Stromatoliti Depositi fossili macroscopici di microrganismi, che risalgono ad almeno 2 miliardi di anni fa Rinvenuti in vari continenti • Earth forms 4.6 billion years ago • Solid surface forms 4 billion years ago • Life starts (?) 3.8 billion years ago • Age of Bacteria: Archaean era • Oxygen atmosphere develops 2 billion years ago • Eukaryotes develop. Proterozoic era • Edicarian life: 650 million years ago. First multicellular life, forms unknown today • Cambrian explosion: most current life forms appear 550 million years ago • Paleozoic era: 550 – 250 million years ago. Marine invertebrates, fishes, amphibians, invasion of the land. Coal formation. • Permian mass extinction: 250 million years ago. 95% of all life dies; end of Paleozoic • Mesozoic: 250-65 million years ago. Age of the dinosaurs (reptiles). Mammals, birds, and flowering plants appear • Cretaceous mass extinction: asteroid hits the Earth, killing much of life, including the dinosaurs. • Cenozoic era: 65 million years ago till present. Mammals dominant Eventi importanti nell’evoluzione biologica Con la comparsa dell’ossigeno (quasi esclusivamente di origine biologica: deriva dalla fotosintesi) compare il metabolismo ossidativo e compaiono le cellule eucariotiche La comparsa dell’ossigeno modifica l’ambiente fisico in modo tale da rendere improbabile la formazione spontanea e l’accumulo di composti organici Cellule procariotiche e cellule eucariotiche Procariotiche: nessuna compartimentazione; dimensioni attorno a 1-2 m Eucariotiche: compartimentate; dimensioni attorno a 10-20 m. Proprie di tutti gli organismi pluricellulari L’ambiente primitivo Terra primordiale • più calda di quella attuale • bombardata da asteroidi • con raccolte d’acqua (forse già oceani) • atmosfera: ricca in vapor d’acqua. Poteva contenere in prevalenza ammoniaca, metano, idrogeno (composti idrogenati, allo stato ridotto), somigliante a quella dei pianeti esterni giganti; oppure (ipotesi alternativa): azoto + anidride carbonica NB: è altamente probabile che la vita sia comparsa in tempi molto brevi, non appena le condizioni chimico-fisiche lo hanno consentito! (tra 4.6 e 3.8 miliardi di anni fa il periodo “vivibile” è stato certamente molto più breve di 800 milioni di anni) I TERMINI DEL PROBLEMA La natura del fenomeno vita (il punto di arrivo) I tempi e l’ambiente della comparsa (il punto di partenza) Gli scenari ipotizzati (prebiotici e della abiogenesi) Quale la probabilità? Esistono punti di riferimento su cui fondare una plausibile valutazione? Esiste vita nell’Universo? Per cominciare Chimica prebiotica le prime semplici molecole organiche blocchi di costruzione Abiogenesi (Molecole e sistemi biologici) macromolecole cellule Transizione continua o discontinua? Gli scenari della abiogenesi – 1 I coacervati Oparin si può considerare il fondatore delle ricerche sull’origine della vita in senso moderno. Nel 1924 è il primo a proporre una teoria in cui include introduce il concetto di “brodo primordiale”. Assume inoltre che in tale soluzione, ricca di composti organici di diversa natura, l’evoluzione chimica porti alla formazione di molecole organiche sempre più grandi e complesse, talché il brodo acquista le caratteristiche di una soluzione colloidale (vale a dire, contenente un’alta concentrazione di macromolecole); propone quindi che esse si separino dalla soluzione sotto forma di gel, formando delle associazioni che lui denomina coacervati, entità individuali ben distinte dalla parte rimanente della soluzione. A Oparin va dato il merito di essere il primo a tentare un approccio scientifico del problema, assumendo che in presenza di opportuni ingredienti si realizzi spontaneamente un’autoas-semblaggio di molecole, che porta alla formazione di cellule primordiali. Tuttavia egli non solo elude, ma sembra non immaginare neppure il problema chiave, vale a dire l’esistenza di un deposito di informazione che consenta una riproduzione in modo sostanzialmente invariante della cellula. Aleksandr Oparin (1894-1980) Gli scenari della abiogenesi - 2 La chimica prebiotica: L’esperimento di Stanley Miller (1953) Stanley Miller (1930-2007) Il biochimico statunitense Stanley Miller riproduce in laboratorio l’ambiente che si riteneva essere quello della Terra primitiva: fa ciclare una miscela di ammoniaca, metano e idrogeno, tra due bocce: in una, due elettrodi generano scariche elettriche; nell’altra, è presente una raccolta d’acqua che riproduce l’oceano primitivo. Dopo un certo tempo si accumula un repertorio di “molecole prebiotiche” tra cui in particolare amminoacidi. L’esperimento ha dimostrato che la materia possiede una spontanea tendenza a creare composti della chimica prebiotica. Ciò ha inoltre trovato un’ulteriore conferma dalle analisi spettrali degli spazi interstellari, che hanno dimostrato la presenza di composti di questo tipo un po’ dappertutto nell’universo. Analogamente, un particolare tipo di meteoriti, detto condriti carbonacee è molto ricco di un repertorio di composti simili a quelli ottenuti da Miller, confermando così la diffusione a livello cosmico della chimica prebiotica. condriti carbonacee I composti chimici elementari manifestano una intrinseca tendenza ad autoassemblarsi generando i blocchi di costruzione La chimica prebiotica è pervasiva Gli scenari della abiogenesi – 3 I proteinoidi Nel 1958, il biochimico statunitense Sidney Fox conduce una sperimentazione che si basa sull’assunto che gli organismi primordiali si siano formati attorno ai vulcani, grazie all’azione del calore prodotto da essi sui gas atmosferici, la cui composizione, secondo Fox, era nella sostanza la stessa ipotizzata da Miller. In base a questo a questi presupposti, egli sottopone a riscaldamento la miscela di gas in condizioni anidre, ed ottiene dei polimeri ad alto peso molecolare composti da amminoacidi che denomina proteinoidi. Rispetto alle proteine, i proteinoidi consistono di un assemblaggio casuale ed anche ramificato di un repertorio ristretto di amminoacidi. Disciolti in acqua, i proteinoidi si suddividono in sferette microscopiche di forma molto regolare e di dimensioni paragonabili a quelle delle cellule procariotiche. Microsfere è la denominazione che egli attribuisce a queste sferette, ed assume che esse siano i progenitori delle prime cellule. Anche in questo caso il problema dell’origine dell’informazione genetica resta completamente eluso. Sidney Fox (1912-1998) Gli scenari della abiogenesi – 4 Vita dalle argille Secondo la teoria proposta a metà degli anni ‘80 del secolo scorso dal chimico organico scozzese Alexander Cairns-Smith i primi organismi si sarebbero sviluppati a contatto di argille. - ARGILLE: minerali composti di silicio e alluminio ma anche altri elementi come il magnesio. Tipica struttura consistente di strati molecolari sovrapposti l’uno all’altro. - In ambiente acquoso sono in grado di concentrare molecole disciolte di varia natura, includendole tra i vari strati. Questo è un prerequisito importante per realizzare sintesi di molecole più complesse, ad esempio presenti nell’ambiente oceanico. Alexander Cairns Smith (1931) - Promuovono diverse reazioni chimiche, (es: polimerizzazione di amminoacidi): sono quindi catalizzatori come gli enzimi. - La loro stessa struttura fungerebbe da deposito primitivo di informazione genetica. In effetti, non solo un nuovo strato è in grado di polimerizzare sopra uno strato preesistente, ma anche “ereditare” le irregolarità strutturali del precedente e poi distaccarsene. Quindi, come gli acidi nucleici producono copie identiche a se stesse, trasmettendo anche lievi modificazioni strutturali trasmettendole alle nuove molecole sintetizzate (come gli acidi nucleici trasmettono le mutazioni). - Tuttavia, è largamente da chiarire come l’immagazzinamento dell’informazione genetica in una certa fase dell’evoluzione chimica possa essere stato preso in carico dai moderni acidi nucleici. Gli scenari della abiogenesi – 5 Prima di tutto il metabolismo Negli anni ottanta il tedesco Günter Wächtershäuser propone la teoria del mondo a ferro-zolfo. Egli postulò l'evoluzione di vie metaboliche come fondamento dell'evoluzione della vita. Essa si sarebbe verificata in corrispondenza dei “black smokers”, emissioni vulcaniche sottomarine presenti in corrispondenza delle dorsali oceaniche. In tale ambiente sono disponibili calore e composti ridotti dello zolfo, in particolare la pirite (FeS2), che si trasformano Günter Wächtershäuser (1938- ) generando energia. Pertanto, in contrasto con l'esperimento di Miller classico, i "sistemi di Wächtershäuser" funzionano con una risorsa energetica endogena, i solfuri di ferro e altri minerali come la pirite. La reazione di ossidoriduzione di questi solfuri metallici libera energia che non solo è disponibile per la sintesi di molecole organiche ma anche per la formazione di oligomeri e polimeri. È pertanto ipotizzato che tali sistemi possano evolvere in insiemi autocatalitici di entità metabolicamente attive e autoreplicantesi, che avrebbero preceduto le forme di vita oggi conosciute. Qui sotto due sequenze di reazioni ipotizzate da Wächtershäuser che estraendo energia da composti ridotti dello zolfo portano alla sintesi di composti di importanza centrale del metabolismo anche degli organismi odierni. Gli scenari della abiogenesi – 6 1 4 2 5 3 Sidney Altman (1939-) Thomas Cech (1947-) Un mondo a RNA Nel 1989 il premio Nobel per la chimica viene attribuito a Sidney Altman (canadese) e Thomas Cech (statunitense). Essi dimostrano che alcune molecole di RNA sono capaci di catalizzare specifiche reazioni. In particolare si tratta di reazioni di rimaneggiamento di trascritti (vale a dire, altre molecole di RNA che codificano specifiche proteine), ma anche della reazione di formazione del legame peptidico durante la sintesi proteica. Ciò ha una rilevanza biologica di prim’ordine, dato che la catalisi è una delle fun-zioni biologiche fondamentali, ed in precedenza si riteneva fosse sostenuta esclusivamente da proteine. Poiché l’RNA può anche contenere l’informazione genetica, la scoperta ha suggerito che esso possa rappresentare la molecola base delle forme primordiali di vita. Molecole di RNA potrebbero infatti assommare in se stesse le due funzioni base: catalisi e deposito dell’informazione. L’RNA potrebbe essere stato al contempo “uovo” (deposito di informazione) e “gallina” (l’informazione attuata). Viene coniata l’espressione RNA world. Alcune considerazioni di metodo Questa breve rassegna (molto incompleta!!) di alcune teorie formulate per dare ragione dei meccanismi all’origine dei sistemi viventi primordiali ci induce ad alcune riflessioni: - Con ogni evidenza tali teorie risentono in modo decisivo delle conoscenze biologiche (e in parte anche geologiche) disponibili all’epoca della loro formulazione. Pertanto esse riflettono soprattutto lo sviluppo del pensiero scientifico nell’arco del XX secolo: è più sulla base degli sviluppi della biologia molecolare che le teorie si sono affinate, piuttosto che sulla base di sperimentazioni specificamente orientate a tentare di riprodurre il fenomeno della abiogenesi. - Il limite più grosso di tutte le teorie è che esse affrontano un aspetto per volta, trascurando così il problema fondamentale legato alla natura del vivente, vale a dire che esso consiste di componenti che operano tutte insieme interagendo in modo coordinato, e che quindi non possono essere comparse una dopo l’altra. L’unica teoria che in parte, ma solo in parte, tiene conto di questo aspetto critico è quella del mondo a RNA. - Resta irrisolto uno dei problemi chiave della abiogenesi, vale a dire come abbia potuto prodursi un sistema ordinato (e quindi dotato di una contenuto informativo) a partire da un mondo caotico e quindi privo d’informazione. Si deve assumere una tendenza intrinseca della materia a progredire in tale direzione, autoorganizzandosi. Altre importati osservazioni - 1 Nel mondo attuale esistono organismi procariotici dei quali si ritiene, per le loro caratteristiche molecolari, che abbiano conservato le caratteristiche degli organismi più antichi, molto simili ai primi comparsi sulla Terra. Tali organismi sono denominati per l’appunto archibatteri. Uno dei riscontri della loro antichità è il fatto che sono adattati a condizioni chimico-fisiche estreme, oggi presenti in nicchie ecologiche molto ristrette, e con ogni probabilità rappresentative delle condizioni della Terra primordiale. Alcuni di essi, ad esempio, sono adattati a temperature prossime all’ebollizione (in certi casi addirittura superiore) e a valori di pH estremamente acidi (2-3). Si tratta di condizioni ambientali che oggi si possono riscontrare in corrispondenza di emissioni vulcaniche. Ebbene, almeno al livello molecolare, la complessità di tali batteri non è lontanissima da quella degli organismi superiori. Dunque, la abiogenesi non ha lasciato alcuna forma intermedia del processo! Plausibilmente, tali forme ipotetiche non possedevano sufficiente stabilità da consentir loro di perpetuarsi nel tempo. L’archibatterio Sufolobus solfataricus è stato isolato dalle emissioni vulcaniche della solfatara di Pozzuoli (oltre che nel parco di Yellowstone), dove cresce a più di 85°C e a pH < 3. Altre importati osservazioni - 2 L’analisi molecolare del genoma e delle altre caratteristiche molecolari degli organismi oggi esistenti ha portato alla conclusione, virtualmente certa, che tutti discendono da un unico progenitore comune. Questo microrganismo ipotetico è stato denominato LUCA (Last Universal Common Ancestor). Ciò equivale a dire, in altre parole, che il mondo biologico è monofiletico. Questa osservazione suscita la ovvia domanda se la vita si sia sviluppata un’unica volta nella storia del nostro pianeta, oppure se vi siano stati molteplici tentativi, tutti abortiti tranne uno (quello da cui anche noi ci siamo originati). Non abbiamo attualmente alcun elemento per poter rispondere a questa domanda (e forse non sarà mai possibile rispondervi). Per altro verso, si sta lavorando per definire in modo sempre più dettagliato quali fossero le caratteristiche molecolaLUCA ri di questo progenitore. I TERMINI DEL PROBLEMA La natura del fenomeno vita (il punto di arrivo) I tempi e l’ambiente della comparsa (il punto di partenza) Gli scenari ipotizzati (prebiotici e della abiogenesi) Quale la probabilità? Esistono punti di riferimento su cui fondare una plausibile valutazione? Esiste vita nell’Universo? Quali e quante sono le condizioni indispensabili perché su un pianeta si sviluppi la vita? Una riflessione superficiale sul tema potrebbe far credere che i prerequisiti chimico-fisici perché un ambiente sia idoneo a consentire l’origine della vita siano relativamente pochi e semplici (ad esempio, presenza d’acqua e temperature non troppo alte né troppo basse). In realtà i progressi dell’astrofisica (ma anche della biologia) dimostrano che il problema è molto più complesso; vale a dire che i prerequisiti richiesti sono davvero parecchi. Questa stessa analisi dimostra, di conseguenza, che il pianeta Terra è un ambiente particolarmente privilegiato, se non proprio unico. Affrontiamo dunque il problema prendendo in esame almeno alcune delle condizioni richieste. • • • Il Sole deve essere una stella di seconda generazione, derivante dalla condensazione della materia prodotta dall’esplosione di una supernova. Nell’esplosione si producono elementi pesanti (come ad esempio il ferro), indispensabili per la “costruzione” degli organismi. Il Sole non deve essere parte di un sistema binario, vale a dire composto di due stelle: ciò comporterebbe irradiazioni di intensità estremamente variabile sui pianeti, con una conseguente drammatica instabilità climatica. Il Sole deve orbitare nella galassia non troppo vicino al centro. In prossimità del centro l’intensità delle radiazioni cosmiche sarebbe idonea a sterilizzare ogni tentativo di vita. Galactic Habitable Zone? • • • L’irradiazione del Sole deve essere sostanzialmente costante nel tempo (come in effetti è, mentre ciò non è appannaggio di tutti i sistemi planetari). Ciò ha consentito il mantenimento di acqua liquida sulla superficie del pianeta per miliardi di anni. La Terra deve essere un pianeta roccioso, che ruota attorno al Sole alla distanza “giusta” e con un’orbita non troppo ellittica, così da permanere entro un intervallo di distanze dalla stella idoneo a garantire la permanenza di acqua liquida. La presenza di pianeti giganti gassosi esterni ha garantito, grazie al loro forte campo gravitazionale, una sostanziale protezione da impatti di asteroidi nell’arco di miliardi di anni. • • La presenza di un satellite massiccio (la Luna) ha garantito alla Terra una notevolissima stabilità nell’inclinazione dell’asse di rotazione del nostro pianeta. In mancanza di ciò il clima avrebbe subito ripetutamente variazioni vertiginose (con cambiamenti della temperatura media anche di parecchie decine di gradi) nell’arco di tempo in cui si è verificata l’evoluzione biologica. Nessun altro pianeta del sistema solare possiede un satellite di massa così relativamente elevata, come quella della Luna rispetto a quella della Terra. La tettonica a placche e il conseguente vulcanesimo, ha garantito un apporto di CO2 nell’atmosfera tale da generare un effetto serra naturale, senza il quale la temperatura – secondo alcune stime – sarebbe stata più bassa di circa 30°C. “Rimozione” della Luna • La Terra possiede un forte campo magnetico (contrariamente alla maggior parte dei pianeti del sistema solare) che scherma la superficie da buona parte dei raggi cosmici. In sua assenza la superficie verrebbe sterilizzata da un continuo bombardamento di radiazioni. Qual è dunque la probabilità? (e quindi la frequenza?) La probabilità di un evento composto è data dal prodotto delle probabilità degli eventi singoli Su questo principio si basa la formula di Drake (anni ‘60): N = R f1 f2 ne f3 f4 f5L N: numero di civiltà nella nostra Galassia R: tasso medio di formazione di stelle nella Galassia f1: frazione di stelle con proprietà compatibili con lo sviluppo della vita f2: frazione di stelle che hanno sistemi planetari ne: numero medio di pianeti, in un sistema planetario, che possiedono un ambiente favorevole alla comparsa della vita f3: frazione di pianeti in cui la vita effettivamente è nata f4: frazione di pianeti in cui la vita si è sviluppata fino a generare forme intelligenti f4: frazione di pianeti in cui la vita si è sviluppata fino a generare forme intelligenti capaci di tecnologie avanzate L: vita media delle civiltà evolute The Drake equation: “A wonderful way to organize our ignorance” (Jill Tarter, Former Director of the Center for SETI Research) (Dopo 40 anni di ricerche il progetto SETI non ha prodotto ancora alcun risultato) Dunque? • La combinazione di tutti i prerequisiti chimico-fisici (che abbiamo sopra discusso a grandi linee) potrebbe rendere la probabilità di un pianeta abitabile evanescentemente piccola. • La vita potrebbe non esistere nell’Universo (al di fuori della Terra) perché l’Universo è “troppo piccolo”! Solo 1023 stelle. Inoltre… Qual è la probabilità che a fronte di condizioni chimico-fisiche compatibili, la vita si sviluppi effettivamente? Le stime vanno da 1 (=100%) a 10-40000 … (Stuart Kauffman – At home in the Universe) Esiste vita nell’Universo? A parte le valutazioni fondate su base speculativa (e a parte il SETI) quali approcci sperimentali possono essere (o sono stati) attuati per dare risposta al problema? - La ricerca di tracce di vita in altri pianeti, iniziando logicamente da quelli del sistema solare: - Europa, un satellite di Giove, è ricoperto di ghiacci, ma al di sotto di uno spesso strato gelato esiste acqua liquida, che è mantenuta al di sopra dello zero (forse attorno a 15 °C) dalle forti maree di Giove. Ciò sta stimolando lo sviluppo di progetti di esplorazione ma che richiederanno nel migliore dei casi diversi decenni per essere attuati. - Titano, un satellite di Saturno, è molto freddo ed è ricoperto di oceani di metano. Tuttavia alcuni elementi suggeriscono che sotto la crosta vi siano oceani di acqua. - Marte? Oggi è un pianeta freddo e con una atmosfera così rarefatta (ca. 7 mbar) da non consentire la presenza di acqua liquida. Tuttavia essa potrebbe essere presente in profondità. Centinaia di milioni di anni fa le condizioni erano più simili alla Terra (pressione atmosferica più elevata, oceani di acqua e temperature miti). In linea con queste aspettative, nel 1976 la NASA fece atterrare su Marte le due sonde Viking, equipaggiate per misure e rilevamenti di vario tipo. Uno degli esperimenti attuati consistette nel raccogliere piccoli campioni di suolo marziano, mescolarli con una soluzione in cui erano presenti diversi composti organici che possono essere trasformati dai microorganismi terrestri, e determinare il rilascio di gas di diverso tipo, come anidride carbonica e metano. Se tale rilascio fosse stato accertato, esso avrebbe indicato la presenza di sistemi viventi dotati di un metabolismo attivo. I risultati furono contradditori ma plausibilmente riconducibili a reazioni chimiche spontanee. La comunità scientifica non ritiene che abbiano prodotto risultati realmente dimostrativi di presenza di vita. - È plausibile cercare tracce di vita nei meteoriti che raggiungono la Terra, dato che si tratta di oggetti di provenienza extraterrestre. Abbiamo già visto che un particolare tipo di meteorite, le condriti carbonacee, sono ricche di composti organici caratteristici della chimica prebiotica, - Tuttavia nessuna forma di vita, anche elementare, è mai stata trovata associata a questi oggetti. - È doveroso menzionare che nel 1984 fu rinvenuto in Antartide un meteorite, denominato AL84001, di sicura provenienza marziana. Analizzato al microscopio elettronico, esso rivelò delle formazioni che pensare a dei batteri fossilizzati. Tuttavia alcuni ricercatori riprodussero analoghe strutture in laboratorio, applicando opportune condizioni di pressione e temperatura a un minerale dello stesso tipo del meteorite caduto in Antartide - È doveroso menzionare che nel 1984 fu rinvenuto in Antartide un meteorite, denominato AL84001, di sicura provenienza marziana. Analizzato al microscopio elettronico, esso rivelò delle formazioni che facevano pensare a dei batteri fossilizzati. Tuttavia analoghe strutture furono riprodotte in laboratorio, applicando opportune condizioni di pressione e temperatura a un minerale dello stesso tipo. L’ipotesi della panspermia Un’ipotesi sostenuta da taluni scienziati prende il nome di panspermia. Con questo termine si intende che forme di vita elementari siano diffuse dappertutto nell’Universo e che la vita sulla Terra si sia sviluppata grazie all’arrivo, secondo modalità non del tutto chiare, di microorganismi dagli spazi interstellari. La ovvia implicazione è che la vita sia largamente diffusa sui pianeti abitabili. L’ipotesi della panspermia è stata proposta anche per superare le difficoltà logiche in cui si sono imbattute tutte le teorie che hanno inteso rendere conto della nascita della vita sulla Terra. Ma naturalmente essa non risolve il problema: può solo retrodatarlo ad altri tempi e ad altri ambienti rispetto a quelli della Terra primordiale. In epoca moderna questa ipotesi è stata proposta dapprima dal chimico e premio Nobel svedese Svante Arrhenius (1859-1927), ma essa è legata soprattutto ai nomi dei due astronomi britannici Fred Hoyle (1915-2001) e del suo allievo Chandra Wickramasinghe (1939- ), quest’ultimo nativo dello Sri Lanka. I principali elementi in base ai quali hanno tentato di avvalorarla sono l’ampia diffusione cosmica della chimica prebiotica, oltre ad altre evidenze, solo indirette, quali la capacità di taluni microorganismi di resistere a dosi straordinariamente elevate di radiazioni e/o a condizioni estreme di temperatura, vicino all’ebollizione o congelati a parecchie decine di gradi sotto zero. Ma la chimica prebiotica, lo abbiamo visto, non è sinonimo di vita; quanto alle condizioni fisiche estreme che i due scienziati citano, esse sarebbero secondo loro indicative della capacità di tali microorganismi di migrare nel cosmo, o come sottili polveri portate dalle correnti negli strati alti dell’atmosfera dei pianeti, e quindi rilasciati al di fuori del loro campo gravitazionale, oppure veicolati da meteoriti, depositati sulla loro superficie o inclusi nel loro interno. Ma in ogni caso, la dose di radiazioni ricevuta durante un viaggio da un pianeta all’altro distruggerebbe qualsiasi microorganismo che migrasse sia come entità isolata, sia sulla superficie di un meteorite, considerando che anche nei casi più ottimistici il viaggio durerebbe decine di migliaia di anni, ma più realisticamente centinaia di migliaia o milioni. Forse, un microorganismo all’interno di un meteorite potrebbe intraprendere questo viaggio sufficientemente protetto per resistere alle radiazioni; in questa condizione potrebbe anche non essere vaporizzato al momento dell’impatto su un pianeta, al contrario di quelli che si trovassero sulla superficie del meteorite medesimo. Nel 1973, due britannici, il fisico Francis Crick (1915-2004) premio Nobel per la medicina per la scoperta della struttura del DNA, e il chimico Leslie Orgel (19272007), noto per i suoi studi sull’evoluzione molecolare, pubblicarono un saggio in cui veniva avanzata l’ipotesi della panspermia guidata, secondo la quale sistemi viventi semplici sarebbero stati diffusi in tutto l’Universo da esseri intelligenti che dispongono di mezzi per intraprendere viaggi interstellari. Qui non si tratta più di un reale contributo scientifico, ma piuttosto di una ironica provocazione intellettuale. In conclusione, sulla base degli scarsi elementi a disposizione allo stato attuale delle conoscenze, non v’è dubbio che la comunità scientifica nella sua stragrande maggioranza non ritenga dimostrata l’ipotesi della panspermia o più in generale quella dell’esistenza di forme di vita al di fuori del nostro pianeta. Ci sembra opportuno puntualizzare ancora una volta che è questo lo stato attuale delle conoscenze, dato che al riguardo ci imbattiamo troppo spesso in messaggi ambigui, soprattutto da parte di certe fonti di informazione. In particolare, facciamo osservare che se entrassimo in possesso anche di una sola evidenza certa di vita extraterrestre a qualsiasi livello di complessità, questo evento occuperebbe le prime pagine dei giornali per giorni e giorni, e arriverebbe persino a cambiare in qualche misura il modo di concepire noi stessi! "Se si vuole sostenere il concetto che la vita abbia avuto un'origine inorganica puramente casuale, ogni altra speculazione diviene impossibile: ogni cosa non risulterebbe altro se non il frutto di un caso. Quando tuttavia ci rendiamo conto che la probabilità che la vita sia nata per caso è talmente minuscola da rendere assurdo questo concetto, diviene ovvio pensare che le proprietà della fisica che hanno favorito la nascita della vita siano sotto ogni aspetto qualcosa di deliberato". F. Hoyle e N.C. Wickramasinghe. (da “Evoluzione dallo spazio”) “Il caso puro, il solo caso, libertà assoluta ma cieca, alla radice stesa del prodigioso edificio dell’evoluzione. Oggi questa nozione centrale della Biologia non è più un’ipotesi fra le molte possibili o perlomeno concepibili, ma è la sola concepibile in quanto è l’unica compatibile con la realtà quale ce la mostrano l’osservazione e l’esperienza.” Jacques Monod. (da “Il caso e la necessità”) Grazie per l’attenzione!!