B&B A Casa di Rosa
La Storia
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martedì 12 giugno 2007
Ultimo aggiornamento mercoledì 26 dicembre 2007
La storia di Roma dalla fondazione fino alla fine dell'impero romano d'occidente.
Storia romana
La voce riporta un riassunto della storia degli antichi Romani, con rimando a pagine specifiche. Per la storia della città di
Roma, che per l'antichità coincide con essa, vedi Storia di Roma.
Espansione dell'Impero Romano
Indice
1 Origini
2 Età regia
2.1 Cronologia tradizionale dei sette re di Roma
2.2 Organizzazione sociale
3 Età repubblicana
4 Il Principato
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Origini
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Per approfondire, vedi la voce Fondazione di Roma.
Questa voce
fa parte della serie
Storia di Roma
Voci principali
Fondazione di Roma
Regno Romano
Repubblica Romana
Impero Romano
Impero Romano d'Occidente
Impero Romano d'Oriente
Categorie:
Storia di Roma
Roma antica
Storia d'Italia
Secondo il racconto tradizionale la città venne fondata alla metà dell'VIII secolo a.C. da Romolo e Remo. La data ufficiale,
21 aprile del 753 a.C., fu fissata da Marco Terenzio Varrone. Altre fonti riportano tuttavia date diverse: Quinto Ennio nei
suoi Annales colloca la fondazione nell'875 a.C., lo storico greco Timeo di Tauromenio nel'814 a.C.
(contemporaneamente, quindi, alla fondazione di Cartagine), Fabio Pittore all'anno 748 a.C. e Lucio Cincio Alimento nel
729 a.C..
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La città si venne formando attraverso un fenomeno di sinecismo durato vari secoli e culminato appunto alla metà dell'VIII
secolo a.C.. In analogia a quanto accadeva in tutta l'Italia centrale, le origini della città si devono ad una progressiva
riunione in un vero e proprio centro urbano dei villaggi sorti sui tradizionali sette colli: si trattava di insediamenti
dell'antica popolazione dei Latini, di stirpe indoeuropea (gruppo latino-falisco).
La località presentava ampie zone pianeggianti presso il Tevere, che tuttavia erano in parte occupate da paludi e stagni.
Le colline che si affacciavano sul fiume erano inoltre ricche di acque e controllavano il guado del fiume presso l'isola
Tiberina, al punto di intersezione di due importanti direttrici commerciali. La prima andava dalla costa alle zone interne
della Sabina lungo la valle del Tevere, ed era utilizzata per l'approvvigionamento del sale indispensabile per le economie
agricolo-pastorali: corrisponde alla via Salaria di epoca storica. La seconda era rappresentata dall'itinerario che andava
dall'Etruria alla Campania.
Età regia
Per approfondire, vedi la voce Re di Roma.
I primi re di Roma, sembrano figure soprattutto mitiche. Ad ogni sovrano viene generalmente attribuito un particolare
contributo nella nascita e nello sviluppo delle istituzioni romane e dello sviluppo socio-politico dell'urbe.
- Romolo viene ricordato come il fondatore della città , a cui diede le principali istituzioni civili e il Senato e che contribuì
a rafforzare con le proprie vittorie militari.
- Numa Pompilio creò la principali istituzioni religiose, tra cui il collegio sacerdotale delle Vestali, la carica di pontefice
massimo (pontifex maximus), la suddivisione dell'anno in dodici mesi e la precisa regolamentazione di tutte le feste e le
celebrazioni.
- Tullo Ostilio, sconfiggendo i Sabini e conquistando Alba Longa, iniziò l'espansione territoriale nel Lazio.
- Anco Marzio ne proseguì l'opera fondando la prima delle colonie, ad Ostia.
L'esistenza storica in particolare degli ultimi tre re (Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Tarquinio il Superbo pare essere
accertata (sebbene sia possibile che i due Tarquini siano una duplicazione di uno stesso personaggio).
Sotto questi sovrani, la città entrò nell'orbita etrusca ed ebbe una straordinaria fioritura. Secondo la tradizione. Sotto
Servio Tullio intraprese una riforma, dividendo la popolazione in cinque classi di censo e costruì una la prima cinta
muraria.
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L'ultimo re,Tarquinio il Superbo, venne cacciato nel 509 a.C., secondo la tradizione a causa dei suoi atteggiamenti
arroganti e del disprezzo verso i suoi concittadini e verso le istituzioni romane: si tratta probabilmente delle conseguenze
del decadere della potenza etrusca, della quale Roma approffittò per conquistarsi una maggiore autonomia.
Cronologia tradizionale dei sette re di Roma
Romolo
753 a.C.
716 a.C.
Numa Pompilio
715 a.C.
672 a.C.
Tullo Ostilio
672 a.C.
640 a.C.
Anco Marzio
640 a.C.
616 a.C.
Tarquinio Prisco
616 a.C.
579 a.C.
Servio Tullio
578 a.C.
535 a.C.
Tarquinio il Superbo
535 a.C.
509 a.C.
Organizzazione sociale
Il fulcro dell'organizzazione sociale era costituito dalla famiglia, che non era fondata solo sulle relazioni di sangue, ma
anche da un rapporto giuridico di patria potestas. Il capo era il pater familias, cui facevano capo i figli, la moglie, le figlie, i
nipoti, le mogli dei figli, gli schiavi, i liberti e i clienti.
Le varie famiglie, in funzione dei vincoli di sangue, costituivano le gentes.
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Il diritto romano riconosceva solo queste gentes come dotate di personalità giuridica. Ben presto tuttavia Roma si riempì
di altre persone, che non erano schiavi e nemmeno appartenevano alle gentes: si venne dunque a creare una
distinzione tra i patrizi delle gentes e gli altri uomini liberi, chiamati plebei, ai quali non era permesso fondare delle nuove
gentes.
L'autorità del pater familias all'interno della famiglia stessa era illimitata, sia nel diritto civile che in quello penale. L'autoritÃ
del re era circoscritta ai compiti militari, alla politica estera e a dirimere le controversie fra le gentes.
Inizialmente la popolazione di Roma era suddivisa in tre tribù (Ramnenses, Titientes e Luceres), legate principalmente al
reclutamento militare, con la primitiva divisione centuriata.
I re tentarono di indebolire il potere del patriziato, con lo scopo di riconoscere gentes di origine straniera, le cosiddette
genti minori.
Età repubblicana
Per approfondire, vedi la voce Repubblica romana.
Dopo il 500 a.C., Roma si unì alle altre città latine in una difesa comune contro le incursioni dei Sabini, mentre intanto,
entro il 400 a.C. il potere etrusco veniva limitato ai confini dell'Etruria. Roma cominciava ad emergere come la cittÃ
dominante del Lazio, ma nel 387 a.C. (o 390?) venne saccheggiata dagli invasori Galli guidati da Brenno che con
successo avevano già invaso l'Etruria. Successivamente, e durante tutta l'età repubblicana Roma, prese l'offensiva e
condusse una lunga serie di guerre: conquistò l'Etruria, si impadronì di territori dei Galli a nord, e respinse gli altri latini
e le popolazioni sannite a sud. Nel 290 a.C. più della metà della penisola italiana era controllata da Roma. Nel III secolo
a.C. anche le poleis greche vennero portate sotto il suo controllo.
Le guerre contro le diverse popolazioni italiane, contro i galli, i cartaginesi e i macedoni, porteranno a consolidare il
dominio sull'Italia e a iniziare l'espansione in Spagna e in Macedonia. Data simbolo di questa espansione nel
Mediterraneo è il 146 a.C., anno in cui, dopo un assedio durato tre anni e altrettante guerre combattute nell'arco di più
di un secolo contro Roma, cade definitivamente Cartagine, la quale viene completamente rasa al suolo e cosparsa di
sale dalle truppe romane comandate da Publio Cornelio Scipione Emiliano; viene conquistata e distrutta anche Corinto,
città simbolo della resistenza greca alla politica di espansione romana; con queste due grandi vittorie, Roma abbandona il
ruolo di potenza regionale nel Mediterraneo Occidentale per assurgere a superpotenza incontrastata di tutto il bacino, il
quale d'ora in poi, non a caso, verrà rinominato mare nostrum. Le classi dirigenti si aprono all'influenza della cultura
greca e vengono importate opere d'arte e di artigianato artistico in gran numero dalla Grecia e dalle province orientali di
cultura ellenistica.
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I problemi connessi ad una espansione così grande e repentina che la Repubblica dovette affrontare furono enormi e di
vario genere: le istituzioni romane erano fino ad allora concepite per amministrare un piccolo stato; adesso le province
(paragonabili alle colonie degli stati moderni, da non confondere con le colonie romane propriamente dette, le quali
erano stanziamenti di cittadini romani a pieno titolo, cives optimo iure in territori extracittadini soggetti all'amministrazione
e organizzazione diretta dello stato romano) si stendevano dall'Iberia, all'Africa, alla Grecia, all'Asia.
Le continue guerre in patria e all'estero, inoltre, immisero sul "mercato" una quantità enorme di schiavi, i quali vennero
usualmente impiegati nelle aziende agricole dei patrizi romani, con ripercussioni tremende nel tessuto sociale romano.
Infatti la piccola proprietà terriera andò rapidamente in crisi a causa della maggior competitività dei latifondi schiavistici
(che ovviamente producevano praticamente a costo zero), ciò provocò da una parte la concentrazione dei terreni
coltivabili in poche mani e una grande quantità di merci a buon mercato, dall'altra generò la nascita del cosiddetto
sottoproletariato urbano: tutte quelle famiglie costrette a lasciare le campagne si rifugiarono nell'urbe, dove non avevano
un lavoro, una casa e di che sfamarsi dando origine a pericolose tensioni sociali abilmente sfruttate dai politici più scaltri.
Anche la struttura originale della famiglia, delle relazioni sociali e della cultura romana subirono profondi sconvolgimenti:
il contatto con la civiltà greca e l'arrivo nella città di moltissimi schiavi ellenici (in molti casi più colti e istruiti dei loro stessi
padroni) generò nel popolo romano, specialmente tra la classe dirigente, sentimenti e passioni ambivalenti: da una parte
si desiderava (e alla fine in buona parte ci si riuscì) a rinnovare i costumi rurali romani - mos maiorum - introducendo
usanze e conoscenze provenienti dall'Oriente. Questo comportamento farà sì effettivamente che il livello culturale dei
Romani, almeno dei patrizi, crebbe significativamente - basta pensare all'introduzione della filosofia, della retorica, della
letteratura e della scienza greca - ma ciò generò indubbiamente anche una decadenza dei valori morali, testimoniata
dalla diffusione di costumi e abitudini perfino oggi moralmente discutibili.
Tutto ciò naturalmente non accadde senza provocare una strenua opposizione e resistenza da parte degli ambienti più
conservatori, reazionari e anche retrivi della comunità romana. Costoro si scagliarono contro le culture extra-romane,
tacciate di corruzione dei costumi, di indecenza, di immoralità , di sacrilegio nei confronti delle abitudini religiose romane.
Questi due opposti schieramenti furono ben rappresentati da due gruppi di potere di eguale importanza ma di
radicalmente opposta visione: il circolo culturale degli Scipioni, che diede a Roma alcuni tra i più dotati comandanti
militari della storia (l'Africano su tutti), e il circolo di Catone, il quale lottò accanitamente contro l'ellenizzazione del modo
di vivere romano con una tenacia e un vigore che diventarono leggendarie (o famigerate a seconda dei punti di vista),
tutto a favore del ripristino del più antico, genuino ed originale mos maiorum, quell'insieme di costumi e usanze tipiche
della Roma arcaica che, secondo Catone, avevano permesso al popolo romano di rimanere unito di fronte alle avversità ,
di sconfiggere ogni sorta di nemico, di piegare il mondo al proprio volere.
Questo scontro tra nuovo e antico, come è facile immaginare, non si placò fino alla fine della repubblica, anzi possiamo
dire che questo scontro tra "conservatorismo" e "progressismo" (termini da usare, quando si discute di vicende romane,
con molta accortezza, infatti parlare di ideologia progressista in senso moderno nella società romana, una società , al di lÃ
di ogni romanticismo, basata sullo schiavismo di massa, sulla romanizzazione anche forzata dei popoli,
sull'autoritarismo, sulla repressione e su un atteggiamento intollerante e a volte anche feroce su chiunque osasse
mettere in discussione il potere romano e le sue leggi, è a dir poco fuorviante) è stato presente in tutta la storia romana,
anche nel periodo imperiale, a testimonianza di quale trauma deve essere stato la scoperta, il contatto e il confronto con
civiltà al di fuori dei brulli paesaggi laziali.
La piccola proprietà terriera messa in crisi dalle aziende agricole patrizie (che sfruttano il lavoro degli schiavi), e le nuove
influenze culturali provocano forti tensioni sociali all'interno della società romana.
Nel I secolo a.C. la Repubblica inizia a scricchiolare, si amplia il latifondo e si affermano forti poteri personali dei
personaggi più influenti che, facendosi interpreti dei bisogni delle masse meno favorite o della necessità di mantenere il
controllo nelle mani delle principali e più ricche gentes, porteranno alla guerra civile. La Repubblica dovrà affrontare
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anche una rivolta di schiavi, capeggiata da Spartaco.
Arriveranno altre conquiste, la Gallia e la Britannia da parte di Giulio Cesare, ma i Romani arriveranno fino in Siria e in
Armenia.
Il Principato
Per approfondire, vedi la voce Impero romano.
Roma sotto l'impero di Augusto in una mappa tedesca del 1888
La tesi secondo cui il dominio di Roma ormai si estenda su un territorio troppo vasto e sia troppo complicato per le
strutture della Repubblica gestirlo, provocando la nascita del Principato è ampiamente superata. Le ragioni dell'ascesa
di un modello di governo centrale su base sempre più spiccatamente personale si devono ricercare nel declino del
governo senatoriale della Repubblica Romana, il cui primo atto va riallacciato alla figura emblematica di Scipione
Emiliano. La diffusione di un sempre più marcato senso individualistico a Roma ha sicuramente traccia della diffusione di
effigi monetali ritraenti non più solo il più rappresentativo degli antenati del magistrato in carica, ma spesso il magistrato
medesimo. Questo processo si manifesta in concomitanza con la penetrazione dei valori della civiltà ellenistica, favorita
indubbiamente dalla conquista romana delle pòleis elleniche sulle coste della Magna Grecia (Italia meridionale) e della
Sicilia, e sospinta dalla conquista romana della Macedonia, della Grecia moderna e di gran parte del mondo ellenistico,
ad eccezione dell'Egitto dominato dalla dinastia Lagide, posto comunque sotto un sempre più pressante protettorato.
Il ricorso sempre più assiduo al mandato dittatoriale incominciato con Gaio Mario stravolge la portata costituzionale della
magistratura dittatoriale, prevista dall'ordinamento repubblicano, fino all'esito della dittatura sillana, intesa come mandato
a restaurare lo Stato romano in senso conservatore-oligarchico (a favore degli optimates) e non pervenuta ad un esito
monarchico per l'esclusiva volontà di Silla. La dittatura cesariana (46-44 a.C.) riprende in pieno il modello sillano, seppur
partendo da un campo politico opposto (quello dei populares, gli oligarchi più propensi ad usare la demagogia sul
popolino, il vulgus, per assumere il potere) e formalizza il rifiuto di un esito monarchico naturale adducendo la ragione del
rifiuto culturale della Romanità per l'istituto monarchico ufficiale.
L'ascesa di Ottaviano (44-30), attraverso la partecipazione ad un istituto apertamente sovversivo come il "secondo"
Triumvirato, si formalizza nel 27 a.C. nella rinuncia ai poteri dittatoriali ormai estesissimi in cambio di un cooptato
riconoscimento senatoriale di un "bisogno dello Stato romano" ad una figura di guida e di ispirazione politica del governo:
con l'appellativo di Augusto, Ottaviano inaugura quel particolare istituto costituzionale romano noto come Principato
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(erroneamente talvolta chiamato Impero per la presenza effettiva di imperatori, dimenticando che la carica di "imperator"
è appellativo già repubblicano per il generale vittorioso, e che la creazione di un'amministrazione decentrata attraverso
la creazione di provinciae risale al 237 a.C., col caso siculo).
Per tutto il primo secolo continua l'accrescimento territoriale dell'impero, sotto le dinastie dei Giulio-Claudii, e dei Flavi.
Sotto Traiano, con la conquista della Dacia e di nuovi territori in Oriente, l'impero raggiunge la sua massima espansione.
Sotto la dinastia degli Antonini si ha un periodo di pace e prosperità , sebbene verso la fine comincia ad essere sempre
più pressante il compito di difendere i confini dell'impero dalla pressione dei nemici esterni.
La crisi del Principato, avviatasi già alla morte di Marco Aurelio, si concretizza nell'ascesa di Settimio Severo (193-211) e
nella riforma dell'istituto del principato, ormai estraneo alle dinamiche dell'ambito senatoriale e dominato da quelle
dell'esercito. La monarchia militare severiana (193-235), seppure ripesca talvolta la necessità di una legittimazione
senatoria, prelude all'avvento del Dominato (285-641), dopo la fase assai dinamica dell'anarchia militare (235-285).
Il centro di Roma al tempo dell'Impero Romano
Dopo la dinastia dei Severi, per tutto il III secolo saranno le legioni a proclamare imperatori che spesso regnano solo per
brevi periodi e sono perennemente impegnati nelle campagne militari. La crisi economica è anche crisi ideale e si
diffonde il Cristianesimo, in parte combattuto ed in parte tollerato.
Con la Tetrarchia voluta da Diocleziano inizia la divisione dell'impero e vengono sviluppate profonde riforme nel tentativo
di fissare lo status quo. Roma perde il suo ruolo di sede imperiali a favore di metropoli più vicine alle frontiere da
difendere. Viene fondata da Costantino sul sito della città di Bisanzio la "Nuova Roma", Costantinopoli.
La progressiva adozione della religione cristiana (che di converso si istituzionalizza a contatto con lo Stato romano,
assumendone tratti organizzativi e alcuni modelli iconografici) avviata da Costantino (306-337), si conclude, dopo periodi
di oscillazione tra scelte protoereticali (Costanzo II,337-361) e tentativi di restaurazione dei culti tradizionali, mediante
l'organizzazione di un istituzione ecclesiale parallela a quella cristiana (Giuliano II,361-363), con l'adozione ufficiale del
culto cristiano (Teodosio I Magno,379-395).
Nel successivo IV secolo il cristianesimo diviene progressivamente l'unica religione e gli imperatori sono costretti ad
accettare lo stanziamento dei barbari nei territori dell'impero, cercando di farne degli alleati.
Nel V secolo l'impero d'Oriente e quello d'Occidente sono ormai stabilmente divisi. L'impero d'Occidente è ridotto quasi
alla sola Italia e Roma subisce il sacco dei Visigoti di Alarico nel 410 e quello dei Vandali di Genserico nel 455. Sono
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ormai i generali barbari che difendono l'impero ed esercitano un enorme potere, arrivando a creare e deporre imperatori
a loro piacimento. Nel 476 il re barbaro Odoacre depone l'imperatore Romolo Augusto (comunemente noto come
Romolo Augustolo) e rimanda le insegne imperiali all'imperatore d'Oriente, segnando anche formalmente la fine
dell'Impero romano.
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