IL VERBO Il verbo è la parte variabile del discorso che, da sola o insieme ad altri elementi fornisce le informazioni circa il soggetto della frase. Le informazioni date dal verbo possono riguardare : un’azione compiuta dal soggetto: Elena legge il giornale; un’azione subita dal soggetto: Elena è stata promossa, Elena ha subito un furto uno stato del soggetto: Elena sta spesso in casa; un modo di essere del soggetto: Elena è gentile; l’esistenza del soggetto: C’è Elena Funzioni Il verbo ha nella frase la funzione di “predicato”, cioè rappresenta l’elemento del sintagma o gruppo verbale che “predica” qualcosa del soggetto, informando circa “cosa fa”, “cosa è” o “come è” il soggetto. Un’altra funzione del verbo nella frase è quella di collocare nel tempo l’informazione riguardo al soggetto. Il verbo non si limita a dire che qualcuno compie l’azione di “leggere” il giornale ma precisa anche 1) se l’azione di leggere avviene contemporaneamente a quando si parla, prima o dopo; 2) se l’azione è presentata come un fatto reale o come un fatto possibile o come un fatto ipotetico o come un ordine; 3) se l’azione è compiuta da una o più persone e se è compiuta da chi parla, da chi ascolta o da una persona diversa tanto da chi parla quanto da chi ascolta. Il verbo assolve questa funzione da solo, attraverso gli elementi che lo compongono. CLASSIFICAZIONE I verbi sono una classe di parole molto ricca e in continuo sviluppo. Inutile classificarli in base al significato / sulla base della desinenza dell’infinito – questa classificazione è puramente formale. La cosa migliore è analizzare verbi in rapporto al ruolo che svolgono nella frase. In particolare, distingueremo e analizzeremo i verbi secondo: GENERE transitivo: lavare intransitivo: andare FORMA attiva – il soggetto compie l’azione: io lavo passiva–il soggetto subisce l’azione: io sono lavato riflessiva - il soggetto compie e subisce l’azione propria: io mi lavo apparente: io mi lavo le mani reciproca: essi si picchiano pronominale: io mi vergogno PERSONA prima – colui o coloro che parlano: io lav-o, noi lav-iamo seconda – colui o coloro che ascoltano: tu lav-i, voi lav-ate terza: colui o coloro o ciò di cui si parla: lui lav-a, loro lav-ano NUMERO singolare – un solo soggetto: Paolo dorm-e plurale – più soggetti: Paolo e Giovanni dorm-ono TEMPO presente – azione contemporanea – io lavo passato – azione anteriore futuro – azione posteriore passato prossimo: io ho lavato imperfetto: io lavavo passato remoto: io lavai trapassato prossimo: io avevo lavato trapassato remoto: io ebbi lavato futuro semplice: io laverò futuro anteriore: io avrò lavato MODO finito (fornito di desinenze personali) - INDICATIVO (presente, imperfetto, passato prossimo, passato remoto, trapassato prossimo, trapassato remoto, futuro semplice, futuro anteriore) - CONGIUNTIVO (presente, imperfetto, passato, trapassato) CONDIZIONALE (presente, passato) IMPERATIVO indefinito (privo di desinenze) - INFINITO (presente, passato) - PARTICIPIO (presente, passato) - GERUNDIO (presente, passato) FUNZIONE ausiliare- forma i tempi composti (essere, avere) predicativo–ha senso compiuto - predicato verbale: io mangio copulativo* –unisce il soggetto al nome del predicato: il cielo è blu servile; io posso parlare d’appoggio aspettuale: io continuo a parlare causativo: io ti ho fatto piangere fraseologico: mi sono visto costretto *Verbi copulativi collegano il soggetto a un nome o a un aggettivo: essere, divenire, sembrare, riuscire, risultare, stare, rimanere, apparire, crescere, nascere, vivere, morire ecc. Il genere dei verbi: transitivi e intransitivi Sono transitivi i verbi che possono avere un complemento oggetto ossia che esprimono un’azione che dal soggetto passa direttamente su una persona, un animale o una cosa che la riceve e che per questo si chiama oggetto del verbo: Elena scrive una lettera soggetto verbo transitivo oggetto L’oggetto può anche non essere espresso (il verbo è usato in senso assoluto) ma continua ad essere transitivo a tutti gli effetti. Sono intransitivi i verbi che non possono avere un complemento oggetto. Questi verbi esprimono uno stato o un’azione che non passa direttamente su un oggetto, ma si esaurisce nel soggetto stesso: l’uomo impalidì; i campi biondeggiano, Giovanni è partito, siamo finalmente arrivati, io esco, Teresa dorme. Questi verbi non sono nemmeno seguiti da un complemento, anche se ci fosse, servirebbe solo a precisare alcune circostanze dello stato o dell’azione ma non potrebbe mai essere un complemento oggetto: Giovanni è partito in fretta… Sono intransitivi anche i verbi come ubbidire, aderire, giovare, rinunciare ecc. che hanno un “oggetto” espresso però da un complemento indiretto: aderisco all’iniziativa, la ginnastica giova al fisico, ubbidisci alla mamma! non rinunciare a ciò che ti spetta! In particolare sono intransitivi i verbi che indicano movimento (andare, venire, correre, passeggiare…), produzione dei suoni (abbaiare, miagolare, ululare, sfrigolare..), stato o modo di essere (arrossire, impallidire, dormire…) azione che riguarda esclusivamente il soggetto e che non può passare ad altri (nascere, morire, partire, uscire, sbadigliare, invecchiare…) Ma in determinate espressioni, taluni di questi verbi possono essere costruiti con un complemento oggetto diretto: un trucco troppo accentuato invecchia il volto, il preside ha abbaiato qualche minaccia, ma non ci ha sospesi… Molti verbi normalmente intransitivi diventano transitivi quando sono seguiti, in forma di complemento oggetto, da un nome che ha la stessa radice del verbo o che è strettamente collegato al verbo sul piano semantico: vivere una vita felice; piangere lacrime amare, dormire sonni tranquilli, morire una morte gloriosa. Parecchi verbi assumono addirittura significato diverso se sono usati come transitivi oppure come intransitivi: aspirare il fumo, aspirare a una carica; attendere un amico, attendere a un lavoro. La forma del verbo: attiva, passiva e riflessiva Il verbo secondo la relazione che stabilisce con soggetto, può avere la forma attiva, passiva e riflessiva. Il verbo è di forma attiva quando il soggetto compie l’azione: Il medico visitò il malato. Tutti i verbi, transitivi e intransitivi hanno la forma attiva: Il bambino dorme, La casa sta in mezzo al prato. Il verbo è di forma passiva quando il soggetto subisce da parte di qualcuno o di qualcosa l’azione indicata dal verbo: Il malato è stato visitato dal medico. Il vero agente della frase non è il soggetto, bensì il complemento (dal medico) che viene definito appunto complemento d’agente se l’agente è un essere animato o complemento di causa efficiente se l’agente è un oggetto inanimato (La strada fu ostruita da una frana). Solo i verbi transitivi che, nella forma attiva, abbiano un complemento oggetto espresso possono avere la forma passiva. Il passaggio dalla forma attiva alla forma passiva Nel passaggio da una frase attiva a una frase passiva, il verbo assume la forma passiva, il complemento oggetto diventa soggetto, il soggetto diventa complemento d’agente o di causa efficiente preceduto dalla preposizione “da”: Il medico soggetto = compie l’azione visitò verbo in forma attiva il malato compl. oggetto = subisce l’azione Il malato soggetto = subisce l’azione fu visitato verbo in forma passiva dal medico compl. d’agente compie l’azione Non possono passare dalla forma attiva a quella passiva i verbi transitivi usati in senso assoluto o intransitivamente cioè senza complemento oggetto e.g. Elena mangia. Se invece il soggetto non è espresso, la frase può passare alla forma passiva: Publicheranno il mio articolo. Il mio articolo sarà pubblicato. I vari modi di formare il passivo La costruzione del passivo più frequente consiste nel premettere al participio passato le voci dell’ausiliare essere: loda – è lodato, lodò – fu lodato Con il verbo venire che funziona da ausiliare a tutti gli effetti ma limitatamente ai tempi che richiedono un ausiliare di forma semplice: Paolo viene lodato (=è lodato); Il guasto verrà riparato (=sarà riparato) al più presto. Con i verbi andare, stare, rimanere, finire, ma anche in questo caso limitatamente ai tempi che richiedono un ausiliare di forma semplice: L’edificio andò (fu) distrutto durante il terremoto, Gli uffici resteranno (saranno) chiusi. Il poveretto finì (fu) ucciso in un’imboscata. Con la particella si (si passivante) premessa alla terza persona singolare o plurale del verbo di forma attiva: All’improvviso si sentì (fu sentita) una voce; In questo punto si costruirà (sarà costruito) un nuovo ospedale. Spesso nelle inserzioni commerciali: Vendesi appartamento, affittansi monolocali arredati. La forma riflessiva Il soggetto compie e nello stesso tempo subisce l’azione, compie volontariamente un’azione su se stesso: io mi lavo, tu ti pettini, Luciano si veste: il soggetto e l’oggetto sono la stessa persona: io mi lavo equivale a io lavo me stesso. Possono essere usati come riflessivi soltanto alcuni verbi transitivi; l’oggetto del verbo riflessivo proprio è sempre costituito dai pronomi personali atoni mi, ti, si, ci, vi - forma riflessiva propria Il verbo ha forma riflessiva apparente quando le particelle pronominali mi, ti, ci,vi,si che lo accompagnano, non svolgono la funzione di complemento oggetto, ma di complemento di termine (=a me, a te, a voi, a noi, a sé) e l’azione compiuta dal soggetto “passa” su un normale complemento oggetto: Io mi lavo le mani Riflessiva- perché nella struttura esteriore assomiglia a una forma riflessiva Apparente – in realtà una normale forma transitiva con il complemento oggetto e con un complemento di termine costituito da una particella pronominale. Un verbo ha la forma riflessiva reciproca quando attraverso l’uso dei pronomi atoni plurali, ci, vi, si, esprime un’azione che viene esercitata in modo scambievole fra due o più persone (o anche animali e cose): Gianni e Paolo si picchiano. Non corrisponde a picchiano sé stessi, ma Gianni e Paolo picchiano l’un l’altro – un’azione compiuta e subita reciprocamente dai due soggetti e la frase equivale a due proposizioni distinte: Gianni picchia Paolo + Paolo picchia Gianni = Gianni e Paolo si picchiano. Essi si criticano = 1. essi criticano sé stessi 2. si criticano a vicenda, l’uno critica l’altro In tali casi è opportuno aggiungere alla forma verbale le locuzioni tra (di) noi, tra (di) voi, tra (di) loro, l’un l’altro, gli uni e gli altri, a vicenda, vicendevolmente, reciprocamente e simili. La forma pronominale Io mi pento di ciò che ho detto -è una forma attiva ed è così chiamata perché il verbo è sempre accompagnato dalle particelle pronominali mi, ti, ci, vi, si - le stesse della forma riflessiva - riflessivi solo dall'aspetto esteriore, i pronomi non hanno valore riflessivo, il verbo ha la stessa funzione di un verbo intransitivo – verbi intransitivi pronominali. Essi comprendono 3 diversi tipi di verbi: 1/ Un gruppo di verbi che hanno soltanto la forma pronominale e non si possono usare senza i pronomi personali mi, ti, si, ci, vi, si che formano un tutto unico con il verbo: pentirsi, vergognarsi, accanirsi, accorgersi, adirarsi, arrabbiarsi, arrendersi, avvalersi, imbattersi, impadronirsi, intestadirsi, lagnarsi, ribellarsi – si possono riferire soltanto al soggetto 2/ Un gruppo di verbi transitivi indicanti eventi, azioni o stati d'animo che rigurdano strettamente il soggetto come addormentare, svegliare, allontanare, abbattere, accostare, abbandonare, alzare, avviare, decidere, dimenticare, fermare, eccitare, rallegrare, rattristare, irritare, muovere, offendere, ricordare ecc. e che usati con particella pronominale acquistano valore intransitivo: addormentarsi, svegliarsi, allontanarsi, abbattersi, dimenticarsi, ecc. 3/ Nella lingua parlata per esprimere una viva partecipazione del soggetto a ciò che viene detto con il verbo-funzione rafforzativa ed espressiva (io mi guardo un bel film, Io mi fumo una sigaretta, e tu? Beviamoci un bicchiere di vino) TEMPO - qualifica l'azione in riferimento all'asse cronologico, o assolutamente (domani andrò al mare) o relativamente a un certo termine di riferimento (andrò al mare dopo essere stato in palestra) – in questo caso il tempo esprime la relazione tra due frasi di un periodo, segnalandone il rapporto di contemporaneità o di non contemporaneità. - tempo fisico (time) / tempo linguistico (tense) Infatti il riferimento temporale espresso grammaticalmente può non corrispondere a quello reale Soltanto fra un mese sarà possibile capire chi ha avuto (passato prossimo si riferisce a un evento futuro) ragione tra noi due. I tempi verbali si distinguono in semplici - costituiti da una singola forma composti - costituiti da un verbo ausiliare e dal participio passato. L’aspetto -contrassegna l’atto verbale secondo la prospettiva della durata, della momentaneità, della ripetitività, dell’inizio e della conclusione di un processo, della compiutezza o dell’incompiutezza dell’azione. scrivo sto scrivendo (aspetto durativo) (aspetto progressivo) – la differenza non risulta dal tempo verbale (entrambi presenti) ma dall’aspetto; – nel passato l’azione conclusa di scrissi si oppone al valore durativo di scrivevo – soltanto in questo caso il tempo esprime l’aspetto dell’azione Nella grammatica italiana l’aspetto ha un’importanza secondaria, a differenza dalle lingue slave in cui diversi aspetti hanno una precisa espressione grammaticale: “uzeti“ “uzimati”…(azione compiuta o incompiuta) -accanto a mezzi morfologici (l’opposizione tra imperfetto e passato remoto) o mezzi sintattici (perifrasi stare + gerundio) per esprimere l’aspetto verbale l’italiano ricorre a mezzi lessicali (addormentarsi – l’inizio dell’azione, dormire valore durativo, l’azione in sé) o derivativi (mediante il suffisso –icchiare un verbo può designare un’azione ripetuta e attenuata: cantare – canticchiare, dormire – dormicchiare) VERBI AUSILIARI, SERVILI, FRASEOLOGICI - tutti quei verbi che, accanto a un loro uso e significato autonomo svolgono funzione vicaria nei confronti di qualsiasi altro verbo individuando: a) determinazione morfologica (forma o tempo: ausiliari propriamente detti) b) un particolare valore semantico (servili) c) un dato elemento aspettuale (fraseologici) Ausiliari propriamente detti ESSERE e AVERE, che consentono la formazione dei tempi composti con valore di passato. ESSERE per la maggioranza dei verbi intransitivi (giungo – sono giunto), per quasi tutti i verbi impersonali (pareva – è parso), per tutti quelli riflessivi (mi lavo – mi sono lavato) e intransitivi pronominali (mi accorgo – mi sono accorto) Il verbo essere forma inoltre il passivo (amo – sono amato) AVERE – per tutti i verbi transitivi (amo-ho amato ) e per un certo numero di intransitivi (dormo – ho dormito) I verbi pronominali all’infinito retti da un verbo servile o fraseologico richiedono essere se il pronome atono precede i due verbi (si è dovuto accorgere), avere se il pronome è enclitico (ha dovuto aaccorgersi) L’uso dell’ausiliare per indicare il passato è oscillante in tre casi: con gli intransitivi, con gli impersonali, con un verbo che regga un infinito. In generale la coniugazione con avere implica un soggetto attivo, mentre con essere ci “si limita a cogliere lo stato in cui il soggetto viene a trovarsi” e.g. ha camminato - è cresciuto Il verbo intransitivo richiederebbe: essere quando il participio può adoperarsi come attributo; avere 1) quando l’uso attributivo non è possible, 2) tranne che il participio non sia sentito come aggettivo autonomo: in tal caso l’ausiliare avere è necessario per restituire ad esso la sua forza verbale. Quindi: a) hanno l’ausiliare essere, tra gli altri, i verbi accadere, arrivare, cadere, costare, morire, nascere, succedere, venire perché i rispettivi participi passati ammettono l’uso attributivo: gli avvenimenti accaduti quest’anno”, “il treno arrivato poco fa”, “la casa costata tanti sacrifici” ecc. b) l’ausiliare avere in verbi come camminare, cenare, contravvenire, dormire, giocare, piangere, sognare, viaggiare in quanto i rispettivi participi non possono fungere da attributi (non si può dire il bambino dormito qui (che ha dormito) ecc. ) c) avere si usa con verbi quali esagerare, navigare, riposare, sbandare nonostante la possibilità di un participio con valore attributivo (severità esagerata, politico navigato, poiché tali participi sono ormai avvertiti come aggettivi autonomi e l’ausiliare avere è necessario quando si voglia sottolinearne l’uso verbale: sei esagerato con tuo figlio (aggettivo), hai esagerato con tuo figlio (verbo) Con i verbi impersonali è normale l’ausiliare essere: mi è sembrato di sentire un rumore, non è accaduto nulla che t’importi. Però con i verbi indicanti fenomeni meteorologici (piovere, spiovere, grandinare, tuonare, lampeggiare, gelare, sgelare ecc.) l’uso è oscillante. La norma tradizionale prescriveva essere, ma ormai si ha la piena concorrenza di essere e avere senza apprezzabili sfumature semantiche aveva nevicato tutta la mattina, la mattina era piovuto. Adoperati metaforicamente i verbi meteorologici richiedono generalmente avere tranne piovere e nevicare costruiti con essere. L’ausiliare di un verbo che regga un infinito (verbo servile o fraseologico) tende ad essere lo stesso del verbo retto (ho dovuto lavorare, sono dovuto uscire). Tuttavia: a) se l’infinito è un verbo intransitivo il verbo reggente può costruirsi anche con avere (non aveva più potuto ripartire) b) se l’infinito è essere , l’ausiliare del verbo reggente è avere (avrebbe voluto essere cento braccia sotto terra) c) se l’infinito è passivo, l’ausiliare del verbo reggente è avere (Agnese e Perpetua avevan voluto essere impiegate ne’ servizi) I verbi che possono essere costruiti sia come transitivi sia come intransitivi, con diverse sfumature di significato, richiedono avere nel primo caso e soltanto essere nel secondo; per esempio Ha annegato la sua disperazione nel Cognac / Tornando su una nave, era annegato. In una seguenza di più participi costruiti con lo stesso ausiliare si esprime in genere solo quello iniziale. Se gli ausiliari sono diversi, è necessario esplicitarli tutti. Mediterraneo (1) Il periodo a) 1940 circa b) 1950 circa c) 1970 circa Il luogo a)l’Italia del Sud b) l’Africa del Nord c) la Grecia Una nave di soldati italiani arriva a un’isola del Mediterraneo. Otto soldati scendono dalla nave per ispezionare l’isola, ma non trovano nessuno. Di notte ci sono bombardamenti in mare e la nave italiana affonda. Gli otto soldati sull’isola sono molto preoccupati. Per sbaglio, uno di loro spara e ferisce l’asina dell’alpino Strazzabosco. Lui, in collera, urla, piange, poi rompe la radio. Un altro soldatro lavora notte e giorno per riparare la radio, ma niente da fare: è impossibile comunicare con l’esterno, Purtroppo il giorno dopo, l’asina muore e tutti diventano tristi. Dopo alcuni giorni, finalmente i soldati vedono gli abitanti dell’isola. (…) Mediterraneo (2) Presente storico > Passato prossimo Una nave di soldati italiani arriva a un’isola. ……………………………………………………………… Otto soldati scendono dalla nave per ispezionare l’isola. ……………………………………………………………… Non trovano nessuno. ……………………………………………………………… ……………………………………………………………… Quella notte la nave italiana affonda per i bombardamenti. ……………………………………………………………… Per sbaglio, un soldato spara e ferisce l’asina di Strazzabosco. ……………………………………………………………… Lui urla, piange e, in collera rompe la radio. ……………………………………………………………… Un soldatro lavora notte e giorno per riparare la radio. ……………………………………………………………… Il giorno dopo, l’asina muore e tutti diventano tristi. ……………………………………………………………… Dopo alcuni giorni, i soldati vedono gli abitanti dell’isola. TRANSITIVI INTRANSITIVI INACCUSATIVI TRANSITIVO: Un verbo che ha oggetto diretto. INTRANSITIVO: Un verbo senza l’oggetto diretto e che non esprime un cambiamento di stato del soggetto. INACCUSATIVO: Un verbo senza l’oggetto diretto e che allude a un passaggio dello stato del soggetto o a una ripercussione sul soggetto dello stato di cose espresse dal verbo. avere si usa: - CON I VERBI TRANSITIVI - CON I VERBI INTRANSITIVI REGOLA GENERALE essere si usa: - CON I VERBI INACCUSATIVI Il bambino ha preso la palla. - soggetto (dà intenzionalmente inizio all'azione espressa dal predicato). La palla è caduta nel fiume. La nave è affondata. - soggetto (rappresenta qualcuno o qualcosa interessato o mosso dall'azione o dallo stato espressi dal verbo. - Il soggetto veramente assomiglia più a un complemento oggetto Ecco una prova per capire se si tratta di un verbo inaccusativo Solo con i verbi inaccusativi (quelli che prendono ausiliare essere) il participio passato può essere usato come attributo: Uno studente arrivato poco fa. Arrivato lo studente, abbiamo cominciato l'esame. → Uno studente è arrivato. Questo non può avvenire con altri verbi intransitivi che prendono l'ausiliare avere: *Una ragazza telefonata poco fa. *Telefonata la ragazza, siamo partiti. → La ragazza ha telefonato. Al gruppo degli inaccusativi appartengono solo quei verbi che esprimono un cambio di stato di soggetto grammaticale. Per «cambio di stato» si intende: - un passaggio (es. uscire, andare); - una sorta di mutazione (es. cambiare, diventare); - un transitare da un punto all'altro (es. salire, scendere), - una metamorfosi essenziale (es. nascere, morire); - un effetto (ripercussione) sul soggetto dell'azione o dello stato di cose espresse dal predicato al punto di influenzarlo (es. piacere, e i riflessivi); - oppure limitarlo fisicamente o psicologicamente (es. restare, rimanere, e le costruzioni passive). I VERBI SERVILI I verbi dovere, potere e volere si dicono servili perché spesso accompagnano un altro verbo all'infinito allo scopo di completarne il significato. Io devo posso voglio partire Il predicato costituito da due distinti verbi, il primo dei quali al servizio dell'altro: il secondo verbo esprime il valore semantico principale del predicato (l'azione di partire). Il primo verbo completa il verbo all'infinito indicando la persona, il tempo e il modo dell'azione e soprattutto modifica il significato del verbo precisando secondo quale modalità va intesa l'azione: come un dovere, una possibilità o un'intenzione. I verbi dovere, potere, volere oltre che servili, hanno anche un valore autonomo: Devo molta gratitudine ad Antonio; Vorrei un gelato alla crema. Nei tempi composti quando sono usati da soli vogliono l'ausiliare avere: Paolo ha voluto per sé l'orologio del nonno. Quando sono usati come verbi servili, dovere, potere, volere si costruiscono con l'ausiliare richiesto dal verbo che reggono: Paolo è dovuto partire subito. Laura ha dovuto studiare tutto il giorno. Se il verbo servile accompagna un verbo riflessivo o pronominale si usa l'ausiliare essere se il pronome precede il verbo, avere se il pronome segue l'infinito. Si sono voluti riposare Hanno voluto riposarsi. Oltre a questi verbi, possono avere la funzione dei verbi servili anche alcuni altri verbi come osare, preferire, solere (essere solito), sapere (=essere in grado di), desiderare e simili: Non oserò mai fare una simile richiesta; Soleva trascorrere le giornate nell'ozio; Non seppe resistere alla tentazione. Questi verbi hanno anche un loro significato autonomo e possono quindi essere usati come normali verbi predicativi. Non so il suo numero di telefono; preferirei quello rosso. Nei tempi composti come servili prendono ausiliare avere Non ha osato venire I VERBI ASPETTUALI - oltre ad avere un significato proprio possono accompagnare altri verbi di modo infinito o gerundio precisando un «aspetto» dell'azione che esprimono (l'imminenza, l'inizio, lo svolgimento, la durata, la fine, la ripetività). comincia a Paolo ha finito di si prepara a studiare I più comuni verbi aspettuali: stare, cominciare, iniziare, attaccare, continuare, smettere, finire, finirla, cessare, piantarla, tentare, provare; verbi intransitivi pronominali: accingersi, sforzarsi. espressioni verbali: essere sul punto di, essere lì lì per. A differenza dai verbi servili non si uniscono direttamente all'infinito del verbo che accompagnano e con cui costituiscono un unico predicato, ma hanno bisogno della preposizione come a, di, per: Comincio a lavorare. Smettila di chiacchierare. Stavo per partire), mentre altri si costruiscono con gerundio (stavo parlando con te). A + infinito = l'imminenza, l'inizio e lo sviluppo dell'azione: Si accingeva a uscire, cominciò a parlare, Continuava a ridere ma Stavo per partire. DI + infinito = conclusione di un'azione: Il bambino ha smesso di piangere, Hai finito di studiare? il verbo aspettuale + gerundio = azione durativa (il protrarsi dell'azione): Sto parlando. Ma che cosa vai facendo? (funzione predicativa) Mario sta bene . Ho finito il disegno. (funzione aspettuale) Mario sta per partire. Ho finito di preoccuparmi per te. Altri verbi fraseologici vedersi, lasciarsi, trovarsi, riuscire, andare e simili si accompagnano all'infinito Paolo si è lasciato ingannare dalle apparenze. Non sono riuscito a chiudere l'occhio. I VERBI CAUSATIVI (o fattivi) Sono quei verbi, come FARE e LASCIARE, che si accompagnano a un altro verbo, posto all'infinito, per esprimere un'azione causata dal soggetto e non direttamente compiuta da esso: Maria ha fatto piangere il fratellino Il preside lasciò uscire gli studenti un'ora prima.Il soggetto è colui che ha causato l'azione non colui che la compie. IL MODO INDICATIVO E I SUOI TEMPI INDICATIVO – il modo verbale della realtà, della certezza e della obiettività. Otto tempi di cui quattro semplici (presente, imperfetto, passato remoto e futuro) e quattro composti (passato prossimo, trapassato prossimo, trapassato remoto, futuro anteriore). Indicativo – l'unico modo in grado di esprimere tutti e tre momenti fondamentali in cui può realizzarsi un fatto o valere un'affermazione: contemporaneità, anteriorità e posteriorità. IL PRESENTE- azione succede contemporaneamente al momento in cui si parla. Il telefono squilla. Oggi è una bella giornata. a) presente abituale Anna legge molti romanzi. Una sigaretta? – Grazie non fumo – azione è presentata come abituale b) presente acronico – situazione «fuori dal tempo», validità perenne, come nei proverbi (Chi troppo vuole, nulla stringe), frasi senteziose, norme giuridiche c) presente in luogo del futuro – molto frequente nella lingua colloquiale – è possibile solo quando presupponga la certezza (Gianni parte domani) d) presente storico – presente per fatti collocati nel passato – frequente nella prosa descrittiva, storica, fiabesca – «funzione essenziale è quella di dramatizzare il narrato, coinvolgendovi il lettore (effetto «zoom»). L'IMPERFETTO - è un tipico tempo «aspettuale»: indica un'azione incompiuta nel passato o meglio un'azione passata le cui coordinate restano inespresse (momento d'inizio, conclusione ecc.) – confronto con passato remoto Distinguiamo, in particolare: a) imperfetto descrittivo Era una bella giornata, il sole brillava, il mare respirava tranquillo b) imperfetto iterativo (abitudine) L'anno scorso andavamo spesso in piscina c) imperfetto di contemporaneità Dormivo un paio d'ore quando squillò il telefono d) imperfetto storico o cronistico - Della grave situazione si rendeva immediatamente conto un anziano pescatore, si lanciava in acqua, sollevava il corpo del giovane e lo portava sulla banchina. Funzione stilistica di imperfetto narrativo – quella di prolungare la durata dell'azione immobilizzandola in certo modo davanti agli occhi del lettore e) imperfetto di modestia Venivo per parlarti – un desiderio presente con un tono garbato «volevo questo ma se non è possibile non importa, ne faccio a meno» Nel registro familiare: - Volevo un chilo di pesche (vorrei) - Volevo intervenire, ma non ho osato (avrei voluto) - Se partivo, non succedeva niente. Passato ipotetico della irrealtà sostituisce trapassato cong. e condizionale passato IL PASSATO PROSSIMO Indica sia un fatto avvenuto in un passato molto recente: Ieri ho incontrato Paolo sia un fatto avvenuto in un passato anche molto lontano ma i cui effetti perdurano ancora nel presente: Carlo si è trasferito a Roma vent'anni fa. IL PASSATO REMOTO Indica un evento avvenuto nel passato, considerato al di fuori della sua durata e concluso nel passato. - azione priva di legami, obiettivi o psicologici col presente. In Lombardia, nel Seicento molte persone morirono di peste. Leopardi nacque a Recanati nel 1798 vs. Mio fratello è nato nel 1978. Es. IL TRAPASSATO PROSSIMO Esprime un fatto avvenuto prima di un altro fatto del passato e ad esso collegato. Si tratta di un tempo relativo che su usa tanto nelle proposizioni dipendenti quanto nelle indipendenti, in rapporto con un imperfetto, con un passato prossimo o con un passato remoto. Ero stanco perché avevo viaggiato tutta la note. Ero appena rientrato quando squillò il telefono. IL TRAPASSATO REMOTO (io ebbi lodato, io fui partito) – indica un fatto avvenuto e definitivamente chiuso nel passato prima di un altro fatto passato. Tempo relativo si trova solo nelle proposizioni dipendenti temporali introdotte da quando, dopo che, (non) appena (che) e simili e si usa solo in rapporto con un passato remoto. Non appena ebbe finito di parlare, se ne andò. Di uso molto limitato, spesso sostituito dal remoto. IL FUTURO SEMPLICE Indica un fatto che deve ancora avvenire. In alcuni contesti assume valori modali diversi da quelli propri dell'indicativo o viene usato in luogo di altri tempi dell'indicativo. Può esprimere: Imperativo (Una volta arrivati sul posto, aspetterete tranquillamente il nostro arrivo) Approssimazione Peserà almeno 10 chili (secondo me pesa) Saranno le dieci (sono all'incirca le dieci) Dubbio (Dove sarà Paolo?) IL FUTURO ANTERIORE Indica un evento futuro che sarà già compiuto o dovrà necessariamente essere compiuto prima che se ne realizzi un altro, anch'esso futuro. - tempo relativo – si usa solo in rapporto con un futuro semplice: Non appena avrò finito questo lavoro, andrò in vacanza *usato in senso assoluto, in determinati contesti può esprimere dubbio (Dove sarà finita la mia matita?) o approssimazione (Allora mio padre avrà avuto si e no trent'annni) o concessione (Le avremo prese, ma ne abbiamo anche date). LA CONGIUNZIONE O FUNZIONALE COORDINANTE E SUBORDINANTE Le congiunzioni sono le parole invariabili che uniscono due o più termini in una proposizione o due o più proposizioni in una frase (o periodo). Rispetto alla funzione sintattica che esse svolgono nella frase, si distinguono due tipi di congiunzioni: le congiunzioni coordinanti, quando congiunzione congiunge e collega due elementi di uguale natura e con uguale funzione logica: ad esempio, due nomi con funzione di soggetto (che uniscono proposizioni o parti di proposizione sintatticamente equivalenti cioè due termini sintatticamente omogenei: due attributi dello stesso sostantivo (una strada lunga e diritta), due soggetti dello stesso verbo (Sergio e Claudio scrivono), due verbi con lo stesso soggetto (Sergio legge e scrive), due proposizioni (l'ho chiamato e lui ha fatto finta di niente), e così via. le congiunzioni subordinanti, quando la congiunzione congiunge e collega due proposizioni stabilendo tra l'una e l'altra un rapporto di dipendenza (le proposizioni subordinate rispetto alle proposizioni reggenti) e.g. non posso venire perché sono stanco. Rispetto alla forma le congiunzioni si distinguono in: Congiunzioni semplici, se sono formate da una sola parola: e, o né, ma, anche, se, quando ecc; Congiunzioni composte, se sono formate da parole composte, cioè derivanti dalla fusione di due o più parole: oppure (=o pure), poiché, purché, affinché, sebbene, neanche, nondimeno ecc. Locuzioni congiuntive, se sono costituite da due o più parole: dal momento che (prep.articolata+nome+congiunzione), ogni volta che, anche se (copnghiunzione+congiunzione), (preposizione+nome+congiunzione) ecc. a patto che Le congiunzioni coordinanti 1. COPULATIVE: uniscono due parole o due frasi semplicemente accostandole l'una all'altra. Possono essere: - positive o affermative: e (Giovanni ha potato le rose e ha innafiato il prato). - negative: né, neanche, neppure, nemmeno: Non voglio né posso vederlo. 2. AGGIUNTIVE: congiungono due termini aggiungendo un nuovo concetto a ciò che si è detto in precedenza: anche, inoltre, altresì, per altro, nonché: Erano presenti il sindaco, il vicesindaco nonché due assessori. 3. DISGIUNTIVE: congiungono due parole o due proposizioni mettendole in alternativa o escludendone una: o, oppure, ovvero, altrimenti ecc.: Uscite o restate in casa? 4. AVVERSATIVE: congiungono due parole o due proposizioni che si contrappongono: ma, tuttavia, però, nondimeno, pure, eppure, anzi ecc. Ha dei modi bruschi eppure è simpatico. 5. CONCLUSIVE: uniscono due parole o due proposizioni di cui la seconda è la logica conclusione della prima: dunque, quindi, pertanto, perciò, allora ecc. Luisa ha una pelle chiarissima, perciò è molto delicata. 6. ESPLICATIVE o DICHIARATIVE: introducono una parola o una frase che spiega o precisa quel che si è detto in precedenza: cioè, ossia, infatti, vale a dire ecc. Il contratto vale per un lustro, cioè per cinque anni. 7. CORRELATIVE: uniscono due parole o frasi mettendole in reciproca corrispondenza. Sono costituite da congiunzioni copulative o disgiuntive usate in coppia, oppure da particolari espressioni formate da congiunzioni e avverbi: e...e; sia...sia; sia che...sia che; o...o; né... né, non solo... ma anche ecc: Gli ho mandato non solo gli auguri, ma anche un regalo. Le congiunzioni subordinanti - collegano due proposizioni stabilendo tra l'una e l'altra un rapporto di subordinazione. Chiamai Paolo reggente perché congiunzione subordinante Ti ho comprato un giornale reggente mi aiutasse. proposizione subordinata di I. grado perché tu lo legga proposizione subordinata di I. grado mentre sei in treno. proposizione subordinata di II. grado In base al loro significato o, meglio, in base al tipo di collegamento che stabiliscono tra le proposizioni, esse si suddividono in: FINALI: perché, affinché, acciocché, ché ecc.: Chiamai Paolo perché mi aiutasse. CAUSALI: perché, poiché, giacché, siccome, dato che, dal momento che, in quanto ecc.: Siccome insisti accetterò. CONSECUTIVE: (tanto)...che, (così) ...che, (a tal punto)... che, (tale)...che ecc. E così ingenuo che chiunque potrebbe ingannarlo. TEMPORALI: quando, mentre, finché, come, appena, che, ogni volta che, prima che, dopo che, fino a che ecc. Ti scriverò appena sarò arrivato. DICHIARATIVE che, come: I giornali annunciano che ci sarà un rincaro dei cereali. CONCESSIVE sebbene, nonostante, benché, quantunque, anche se ecc. Sebbene abbia la patente da poco, quida con sicurezza. CONDIZIONALI se, purché, qualora, a condizione che, a patto che: Se fosse possibile, verrei con te. MODALI come, quasi, come se ecc. Bisogna fare come dicono le istruzioni. AVVERSATIVE quando, mentre, laddove ecc. Sei ancora qui, mentre dovresti essere già a letto. COMPARATIVE (così) ... come, (piuttosto)...che, (più)...che, (meglio)...che, (meno)...che, (altrimenti)...che ecc. Non è così simpatico come credevo. DUBITATIVE E INTERROGATIVE se, come, perché, quando, quanto ecc. Dimmi perché ti comporti così. ECCETTUATIVE fuorché, salvo che, tranne che, eccetto che ecc. Non ha fatto niente fuorché brontolare. LIMITATIVE che, per quanto, in quanto a ecc. Che io sappia, sono già partiti. ESCLUSIVE senza, senza che: È partito senza dire niente. CHE congiunzione: È inutile che ci andiamo. pronome relativo: Passami il libro che è sul tavolo. aggettivo interrogativo: Che giorno è? pronome interrogativo: Che fai? aggettivo esclamativo: Che tempo fantastico! pronome esclamativo: Che sento! COME, QUANDO, QUANTO, PERCHÉ – congiunzioni, preposizioni o avverbi? Congiunzioni – quando introducono una proposizione subordinata collegandola alla reggente: Non so come fare. Vorrei sapere quanto costa quel terreno. Sono arrivati tardi perché c'era un incidente sull'autostrada. Avverbi interrogativi - quando introducono una interrogativa diretta: Come farò? Quanto costa? Perché sei in ritardo? PRIMA, DOPO – congiunzioni, preposizioni o avverbi congiunzioni: Vieni a trovarmi prima che io prenda una decisione. – introducono una proposizione subordinata preposizioni: Prima della partenza (precedono un nome, un aggettivo, un pronome e un verbo all'infinito) avverbi: Parta prima (quando sono usate da sole)