Il drenaggio endoscopico delle raccolte fluide pancreatiche

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Introduzione
Le raccolte fluide del pancreas originano come conseguenza di un danno a carico del parenchima pancreatico (1). Il danno consiste nella rottura del dotto
pancreatico principale, o dei dotti secondari, e può
essere attribuito a un evento acuto (come la pancreatite acuta, un trauma addominale, complicanze
di interventi chirurgici sul pancreas o addominali)
oppure a un processo flogistico cronico (come la
pancreatite cronica o la pancreatite autoimmune).
La sequela è la formazione di una raccolta fluida
con o senza detriti. Il trattamento endoscopico ha
come obiettivo drenare la raccolta fluida attraverso
un approccio transmurale e correggere le anomalie del dotto pancreatico attraverso un approccio
transpapillare (2).
RL
Maria Chiara Petrone
Paolo Giorgio Arcidiacono
Servizio di Gastroenterologia
ed Endoscopia Digestiva
Università Vita-Salute, IRCCS
Ospedale San Raffaele di Milano
Pseudocisti pancreatiche
Le pseudocisti pancreatiche comprendono più
dell’80% delle lesioni cistiche del pancreas e possono essere acute o croniche a seconda che il fattore
scatenante sia un processo flogistico acuto o cronico.
L’incidenza delle pseudocisti varia dal 5 al 16% nelle
pancreatiti acute e dal 20 al 40% nelle pancreatiti croniche (3).
Indicazioni al drenaggio
di pseudocisti
In generale, il drenaggio di una pseudocisti è indicato se il paziente è sintomatico (dolore addominale
spesso esacerbato dal pasto, perdita di peso, difficoltà dello svuotamento gastrico, ittero ostruttivo,
leak del dotto pancreatico) o se la raccolta liquida
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Le raccolte fluide del pancreas
rappresentano una complicanza
ben nota della pancreatite acuta
e cronica, con un’incidenza
superiore in quest’ultima. Il drenaggio
per via endoscopica delle raccolte
pancreatiche è oggi considerato
il trattamento di prima linea;
in particolare l’approccio endoscopico
transmurale convenzionale
è consigliato se il bulging risulta
endoscopicamente evidente,
in caso contrario è mandatorio
il drenaggio transmurale
sotto guida ecoendoscopica.
Sono necessari tuttavia ulteriori
studi prospettici randomizzati
per definire la tecnica ottimale.
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Il drenaggio endoscopico
delle raccolte
fluide pancreatiche
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è infetta, diventando in questo caso un'indicazione
assoluta (2). La dimensione della pseudocisti di per
sé non rappresenta un'indicazione al drenaggio e i
pazienti con pseudocisti di dimensioni stabili non richiedono trattamento sino a quando non riferiscono
una sintomatologia.
Naturalmente, prima di intraprendere il drenaggio
della raccolta è opportuno valutare accuratamente
l’anamnesi del paziente per essere certi che la raccolta pancreatica sia effettivamente una pseudocisti
e che non mascheri la presenza di una neoplasia
cistica del pancreas. Se il paziente non presenta
una storia ben documentata di pancreatite, acuta o
cronica, l’endoscopista deve pensare a un altro tipo
di patologia. L’ecoendoscopia (EUS), a tale proposito, aiuta notevolmente in quanto, oltre a fornire
una serie di caratteristiche ecografiche della lesione cistica, come lo spessore di parete, la presenza
o meno di setti e vegetazioni all’interno, permette
anche l’esecuzione dell’aspirato del liquido cistico che può essere analizzato per dosare amilasi,
lipasi e markers tumorali come il CEA e il Ca 19.9
(4). L’aspirato della parete della lesione cistica per
l’esame citologico risulta avere in questo caso una
sensibilità limitata.
Inoltre è necessario valutare se la raccolta sia prevalentemente liquida o se contenga detriti solidi di
una certa entità, stabilire i rapporti anatomici della raccolta con le strutture adiacenti, considerare
eventuali patologie della coagulazione soprattutto
per il drenaggio transmurale.
Tecniche di drenaggio
Le raccolte fluide del pancreas possono essere drenate per via transpapillare, transmurale, o entrambe. La
scelta di un tipo di approccio rispetto all’altro dipende
dalle dimensioni della pseudocisti, dalla sua relazione anatomica rispetto al lume gastrico o duodenale e
dalla presenza o meno di comunicazione della pseudocisti con il wirsung.
nel 2006 Hookey ha pubblicato un lavoro interessante raccogliendo i dati disponibili in letteratura,
ha analizzato la percentuale di successo, di fallimento e di complicanze riguardanti 116 pazienti
con raccolta fluida pancreatica, esito di pancreatite acuta o cronica, sottoposti a drenaggio endoscopico transmurale convenzionale, transpapillare
e combinato (5).
La risoluzione della raccolta veniva riportata in circa l’88% dei casi, senza differenze significative per
quanto riguardava la tecnica del drenaggio, né l’eziologia acuta o cronica. le complicanze documentate
riguardavano l’11% dei pazienti. Il fallimento della
procedura era significativamente superiore nelle raccolte necrotiche organizzate.
Drenaggio transpapillare
Se la pseudocisti comunica col dotto pancreatico
principale, il posizionamento di uno stent all’interno
del wirsung con o senza sfinterotomia pancreatica
risulta essere un approccio utile, specialmente se la
pseudocisti misura meno di 6 cm, risultando difficilmente drenabile per via transmurale.
La parte prossimale della protesi, verso la coda pancreatica, può essere posizionata direttamente all’interno della pseudocisti, oppure fare da ponte a livello
della rottura del dotto, ripristinandone in questo modo
la sua continuità. Il vantaggio di questo approccio è di
evitare il rischio di sanguinamento o perforazione che
può essere associato invece con la tecnica per via
transmurale. Lo svantaggio di questo tipo di drenaggio è che il posizionamento della protesi nel wirsung
crea una reazione infiammatoria inducendo poi una
fibrosi a carico del dotto.
Drenaggio transmurale
Questa procedura consiste nel creare una fistola tra
la pseudocisti e il lume gastrico (cisti-gastrostomia) o
il lume duodenale (cisti-duodenostomia). Il drenaggio
endoscopico transmurale può essere convenzionale
o EUS guidato.
Il trattamento endoscopico convenzionale richiede
necessariamente uno studio radiologico preliminare
mediante TC con mezzo di contrasto per valutare la localizzazione della raccolta, (i rapporti con lo
stomaco e il duodeno, lo spessore di parete che si
interpone, che non deve superare i 10 mm) e il bulging, cioè l’evidenza endoscopica della compressione della raccolta sulla parete gastrica o duodenale
(figura 1). Il trattamento convenzionale prevede che
la fistola venga creata utilizzando generalmente un
papillotomo ad ago, pungendo il punto di massima
compressione endoscopica. Per avere la conferma
del corretto posizionamento si aspira del liquido
dalla raccolta o si inietta del contrasto visibile allo
studio radiologico. Una volta creato l’accesso, si dilata il tramite con un dilatatore pneumatico TTS e si
posiziona uno o più stent transmurali o un sondino
naso cistico attraverso la fistola per facilitare il drenaggio della raccolta.
I rischi relativi a questo approccio “cieco” sono la
perforazione e l’emorragia, limiti superati con l’avvento dell’ecoendoscopia che permette di valutare
la parete gastrica e le strutture vascolari che eventualmente sono interposte, dando così possibilità
all’operatore di localizzare la sede ideale dove creare la fistola (figura 2). Inoltre, in questo modo, l’EUS
permette di drenare anche quelle pseudocisti che
non danno impronta a livello del lume gastrico. Il
drenaggio transmurale sotto guida EUS può avvenire con due differenti modalità.
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fig. 1: immagine endoscopica;
evidente bulging
a livello del corpo gastrico
fig. 2: immagine EUS;
studio doppler preliminare
Nella prima si localizza la pseudocisti mediante le
scansioni EUS (sia strumento radiale sia lineare), allo scopo di valutare i suoi rapporti con le strutture
circostanti e i punti di riferimento endoscopici. Una
volta localizzato il punto ideale, lo si marca con iniezione di contrasto o con una biopsia endoscopica
e quindi si procede al drenaggio con un normale
duodenoscopio, pungendo la pseudocisti come
nell’approccio endoscopico tradizionale.
La seconda tecnica comporta il drenaggio direttamente sotto guida EUS. Dopo aver valutato la raccolta, la fistola tra la pseudocisti e il lume gastroduodenale può essere creata in due diversi modi.
In un caso si punge la pseudocisti con la stessa
tecnica dell’ago aspirato, usando in genere un ago
da 19 G. Un filo guida viene fatto scorrere attraverso l’ago e posizionato nella raccolta (figure 3 e 4).
Si dilata il tramite con un dilatatore pneumatico e si
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fig. 3 e 4: immagine EUS, e corrispettivo radiologico sulla destra,
di filo guida all’interno della raccolta cistica
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posiziona lo stent. L’intera procedura avviene sotto
guida EUS.
L’altra modalità prevede l’ausilio di corrente diatermica per creare il tramite, mediante l’utilizzo di un cistotomo standard (CST 10 Wilson Cook) per il quale
è necessario un canale operatore di 3.8 mm. va
ricordato inoltre l’ago di Giovannini (one-step device): si tratta di un catetere appositamente studiato,
che prevede la presenza di un ago diatermico sulla
punta di un filo, da utilizzare per creare il tramite. si
fa procedere il device nella pseudocisti e si amplia
la fistola con anello diatermico di calibro maggiore
posizionato ad alcuni centimetri dalla punta lungo
il catetere, quindi si posiziona una protesi plastica
retta premontata da 8.5 Fr, permettendo così il drenaggio in una sola manovra (6).
La letteratura
dell’ultimo biennio
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In uno studio prospettico del 2007 Varadarajulu
ha cercato di identificare quali fossero le caratteristiche delle raccolte pancreatiche che potessero
indirizzare l’endoscopista al trattamento EUS guidato rispetto a quello standard, dimostrando che
- sebbene la maggior parte delle pseudocisti pancreatiche localizzate a livello della regione cefalica
o del corpo pancreatico possano essere drenate
mediante drenaggio transmurale convenzionale,
con una durata di procedura inferiore rispetto a
quella EUS guidata (p=0.001) - risultava preferibile
drenare sotto guida EUS le raccolte localizzate a
livello della coda (p=0.003) in quanto tecnicamente più difficili da aggredire poichè non causano
compressione del lume (7). Inoltre, la valutazione
ecoendoscopica delle raccolte cistiche aveva modificato il management nel 5% dei casi poichè si
trattava di false pseudocisti (2 neoplasie cistiche
mucinose, 1 sarcoma).
Quindi, concludono gli autori, prima di drenare
una raccolta, indipendentemente dalla tecnica di
drenaggio prescelta, sarebbe opportuno valutarla
mediante EUS.
L’unico studio prospettico randomizzato attualmente presente in letteratura che ha confrontato l’outcome tra il drenaggio EUS guidato e quello convenzionale è sempre del gruppo di Varadarajulu (8).
Trenta pazienti, con storia di pancreatite e presenza
di pseudocisti del pancreas sintomatica, sono stati
randomizzati al drenaggio endoscopico, 15 sotto
guida EUS, i rimanenti secondo metodo standard.
Il successo del trattamento è stato del 100% nelle raccolte drenate sotto guida EUS, solo del 33%
(5/15) per il trattamento transmurale convenzionale
(p<0.001).
Dopo il fallimento della metodica standard veniva
tentato il drenaggio sotto guida EUS, ottenendo
successo e risoluzione della raccolta nel 100% dei
casi. Sebbene non vi fosse una differenza significativa, le complicanze cliniche severe descritte (emorragia), appartenevano al gruppo randomizzato al
trattamento standard, con un decesso.
in un altro studio retrospettivo Varadarajulu (9) ha
inoltre valutato l’outcome clinico confrontando il
drenaggio delle pseudocisti pancreatiche eseguito sotto guida EUS rispetto a quello chirurgico e,
sebbene non vi fossero differenze significative tra le
due metodiche per quanto riguardava il successo
del trattamento e le complicanze, la durata media
del ricovero risultava significativamente inferiore
per il trattamento EUS guidato (2.65 vs 6.5 giorni;
p=0.008). Anche il costo della degenza in questo
caso risultava decisamente inferiore (p=0.01) rispetto al trattamento chirurgico.
Posizionamento di stent
Il drenaggio transmurale della pseudocisti è ottenuto mediante il posizionamento di uno o più stent attraverso la parete gastrica o duodenale. La rimozione della protesi viene generalmente effettuata entro
15 giorni dalla risoluzione della raccolta mentre la
percentuale di recidiva che richiede un ulteriore trattamento endoscopico o chirurgico varia dal 10% al
30% e, generalmente, avviene entro un anno dal
trattamento (2).
In uno studio prospettico randomizzato di Arvanitakis del 2007, sono stati considerati 28 pazienti
sottoposti con successo a drenaggio di pseudocisti
per via transmurale; in un follow-up di 14 mesi è
stato dimostrato come la rimozione dello stent entro 2 settimane dalla risoluzione della raccolta risultasse essere associata a una percentuale di recidiva
superiore rispetto ai pazienti in cui lo stent veniva
lasciato in sede (p=0.013) (10).
Sicuramente nell’ultimo decennio il drenaggio per
via endoscopica delle raccolte fluide del pancreas è
considerato il trattamento di prima linea.
Barthet et al hanno valutato recentemente i risultati in termini di fattibilità, efficacia e morbidità di un
algoritmo terapeutico applicato in modo prospettico a 50 pazienti con pseudocisti del pancreas (11).
Seguendo tale algoritmo hanno ottenuto successo
clinico nel 90% dei casi e risoluzione della raccolta
nel 96% (48/50), con una percentuale ragionevole
di morbidità (18%).
Secondo l’algoritmo, se alla TC sono presenti segni
di ipertensione portale è mandatorio il drenaggio
EUS guidato. In caso contrario, se il bulging è endoscopicamente evidente, è consigliato il drenaggio
transmurale convenzionale.
RL
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Necrosi pancreatica
Sebbene il drenaggio per via endoscopica delle
pseudocisti pancreatiche sia diventato nell’ultimo
decennio il trattamento di prima scelta, non altrettanto si può dire degli ascessi e delle necrosi pancreatiche, dove la chirurgia rimane il trattamento di
elezione nonostante sia correlata a una mortalità
che varia dal 6% al 56% (12). In letteratura sono
pubblicati pochi lavori riguardanti il drenaggio endoscopico delle necrosi pancreatiche, con popolazioni
decisamente selezionate (13-15).
recentemente tuttavia è stato pubblicato un interessante lavoro eseguito anche in questo caso solo
su sei pazienti con ascesso o necrosi pancreatica,
sottoposti in maniera consecutiva a necrosectomia
endoscopica (16). Il trattamento consisteva nel
creare una fistola tra il lume gastrico e la necrosi
esattamente come per le pseudocisti, sotto guida
EUS. Quindi veniva dilatato il tramite con il pallone
fino a 15 mm creando un accesso così transitabile dal gastroscopio standard. Usando poi diversi
device (ansa da polipectomia, cappuccio, cestello, pinze) si rimuovevano in un’unica seduta, che
poteva durare fino a 3 ore, la raccolta necrotica e
i detriti, facendo uso anche di abbondanti lavaggi
con soluzione fisiologica. Al termine della procedura venivano posizionati due stent a doppio pig-tail.
Nessuno dei soggetti è andato alla chirurgia e la
risoluzione della raccolta necrotica è stata ottenuta
in cinque pazienti su sei, senza evidenza di complicanze immediate correlate alla procedura.
in uno studio retrospettivo Voermans ha valutato
la sicurezza e l’efficacia della necrosectomia endoscopica eseguita in 25 pazienti con raccolte necrotiche organizzate del pancreas (17). La procedura
consisteva nel creare il tramite fistoloso e, successivamente, nel dilatarlo sino a 18 millimetri. Con un
gastroscopio veniva raggiunta la cavità retroperitoneale ed eseguita la necrosectomia in visione endoscopica, in diverse sedute, ripetetendo la procedura
ogni 2 giorni, sino alla rimozione della maggior parte
del materiale necrotico. La percentuale di successo
clinico con risoluzione della raccolta e dei sintomi
correlati, in un follow-up di 16 mesi, era del 93%.
Complicanze severe che hanno richiesto il trattamento chirurgico sono state riportate solamente in
due pazienti.
Sicuramente sono necessari studi prospettici, randomizzati, per stabilire la superiorità del trattamento
endoscopico rispetto a quello chirurgico, ma la necrosectomia endoscopica sembra promettere buoni
risultati, efficaci, sicuri e soprattutto potrebbe avere
una morbidità significativamente inferiore al trattamento chirurgico.
Corrispondenza
Maria Chiara Petrone
Servizio di Gastroenterologia
ed Endoscopia Digestiva
Università Vita-Salute
IRCCS, Ospedale San Raffaele
Via Olgettina 60 - 20132 Milano
Tel. +39 02 26436303
Fax +39 02 26432504
e-mail: [email protected]
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Giorn Ital End Dig 2009;32:27-32
Se non vi è compressione, ma la cisti comunica
con il dotto di wirsung, il drenaggio transpapillare è quello consigliato. In caso contrario, senza
compressione e senza comunicazione con il dotto,
l’ecoendoscopia torna a essere necessaria. Nella
casistica di Barthrt et al, dunque, l’EUS risultava
essere necessaria nel 50% dei casi.
31
RL
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