Diocesi di FERMO - seminario Arcivescovile - Scuola di Formazione Teologica
Anno accademico 2015-2016
I° SEMESTRE
Corso sul “STORIA DELLA CHIESA”
-
Docente: Prof. Romolo ILLUMINATI
-------------------------------------------
Nona lezione – 12/12/2015
APPUNTI
KOINONIA: Centro della vita cristiana
La Chiesa, che trae origine dall’azione di Dio trova la sua radice e il suo principio vitale nello Spirito di
Dio, ma nello stesso tempo appartiene alla vicenda umana che implica istituzioni che presiedano alle
relazioni delle persone affinché dette relazioni siano, insieme, possibili e regolate dal Vangelo. A questo
riguardo va però notato che le istituzioni della Chiesa non vanno fatte coincidere con gli organismi
organizzativi: questi sono strumenti dei quali la Chiesa si avvale per il suo compito missionario e per
coordinare i diversi aspetti della sua vita; le istituzioni (costituite dalla Sacra Scrittura, dai sacramenti e
dai ministeri ordinati o gerarchia) sono invece la condizione di possibilità affinché la Chiesa possa
continuare a vivere nella storia. Queste sono da ricondurre alla testimonianza apostolica e per questo non
possono venir meno, pena il venir meno della stessa esperienza cristiana. Con ciò si vuol sottolineare che
la Chiesa non è una libera associazione che lungo la storia si è data gli elementi costitutivi mutabili a
secondo delle circostanze. Essa è una ‘istituzione’ nel senso che riceve la sua forma costitutiva all’epoca
degli Apostoli e lungo i secoli, pur nel mutare delle modalità storiche di organizzazione, non ha mutato e
non può mutare gli elementi fondamentali. In quanto istituzione diventa principio di identificazione, non
a partire da se stessi, bensì dall’azione di Dio. In tal senso non si può contrapporre Spirito e istituzione: la
tensione tra i due resta, ma l’uno non sta senza l’altra
Nel corso della storia si è visto che le “Istituzioni” hanno sopraffatto quasi totalmente i “Carismi”.
Ministeri che emergono dalla prima chiesa:
Gli storici distinguono tre precisi momenti:
1) primo momento: dal 33 al 43 d.c. (chiesa primitiva) c’erano i 12 ap.,testimoni diretti del Risorto che
avevano l’incarico del servizio della “Parola”, dell’organizzazione e comando della comunità.
Erano tutti ebrei palestinesi, e quando la comunità si allargò anche con gli ebrei Ellenisti della diaspora,
incominciarono a sorgere dei problemi che l’assemblea risolse con l’elezione di “Sette” uomini di buona
reputazione che lo Spirito aveva suggerito, per incaricarli a precisi servizi di “Diaconia”..
2) secondo momento: dal 43 al 67 d.c.
3) terzo momento: dal67 al 95 d.c.
Con il passare del tempo, e con la scomparsa dei diretti testimoni, non si rese necessario eleggerne altri e
pertanto con decisioni “collegiali” si decise di dare ad una unica persona l’incarico di sorveglianza e
controllo. Nasce “L’episcopato” (dal 2°sc.) ed il “Diaconato” a supporto del “Vescovo”.
Dopo i 3° secolo prende sopravvento la chiesa “Istituzionale sulla chiesa “Carismatica” ed iniziano i
problemi che con il passare del tempo si acuiscono sempre più. Il potere e la politica determinano sempre
le scelte di vita della comunità anche a discapito della Fede.
Nel Nuovo Testamento, si parla di “episcopi”, di “diaconi” e di “presbiteri”, senza una precisa
indicazione gerarchica, salvo il primato degli apostoli. Queste funzioni vengono connesse a particolari
doni dello Spirito, chiamati carismi. Progressivamente, le esigenze della predicazione e l’interpretazione
dell’Eucaristia in termini sacrificali in analogia con il culto veterotestamentario, determinarono una
progressiva concentrazione delle competenze ministeriali nelle mani dell’episcopo. Gli Atti degli
Apostoli e le Lettere di Paolo definiscono i ministeri cristiani con le parole "episcopato" che ha una
valenza di controllo e vigilanza, "presbiterato" ovvero l'anziano della comunità, "diaconia" per il servizio
pratico.
Il Nuovo Testamento non è preoccupato di fissare un terminologia tecnica per quel che riguarda
l'organizzazione della comunità: la chiesa è presentata come una casa ben ordinata in cui c'è chi
sovrintende o come gregge dove ci sono i pastori. I nomi utilizzati per indicare queste persone sono
diversi: guide piloti, presidenti, faticanti, anziani (presbiteri), sovrintendenti (episcopi) ministri (diaconi).
Nei testi patristici prima di Nicea è maggiormente sottolineata l'identità cristiana e dei credenti a partire
dal battesimo e dal sacerdozio comune di tutti i fedeli, senza che questo comporti una assenza di
considerazione della specificità dei ministeri ordinati nella comunità; a partire dal III secolo si fa strada
una tendenza a distinguere sempre più il clero dal laicato.
Nei primi due secoli del cristianesimo non esistevano né chierici né laici; solamente dal III secolo in poi
prende piede la separazione che produsse la scissione in due dell'unico popolo di Dio tra clero e laicato
che caratterizzò in termini negativi tutta la successiva storia del cristianesimo.
Siniscalco legge le testimonianze dei primi secoli cogliendovi il concetto di laicità. Egli avverte che tale
concetto non appartiene al mondo moderno, ma ha le sue radici nel modo di impostare il rapporto tra
chiesa e mondo sin dall'inizio delle prime comunità cristiane, secondo una logica di distinzione, né di
confusione né di separazione. In questo senso nei primi due secoli vi è una percezione del primato del
battesimo e vengono sottolineate le caratteristiche comuni dei battezzati all'interno di una ecclesiologia di
comunione in cui non vengono trascurati la struttura gerarchica della comunità e il ruolo dei ministeri
ordinati.
Testimonianza di questo passaggio è costituita dal testo della Tradizione Apostolica, riconducibile al
periodo severiano - fu composta verso il 215 - in cui compare la chiara distinzione delle tre categorie dei
clerici, vescovi presbiteri e diaconi, ai quali è conferita l'ordinazione per mezzo dell'imposizione delle
mani: essi appartengono quindi ai ministeri ordinati da distinguere dagli altri ministeri istituiti senza
imposizione delle mani e senza ordinazione. Nella Tradizione apostolica si tratta dapprima di coloro che
nella comunità ecclesiale hanno un compito particolare: vescovi, presbiteri, diaconi, confessori della
fede, vedove, lettori, vergini, suddiaconi e coloro che hanno il dono di operare guarigioni. Vengono
definiti i ministeri conferiti mediante la cheirotonia (imposizione delle mani) in vista del servizio divino
(leitourgia) e i ministeri istituiti come le vedove. Compare chiaramente in questo testo il primato del
sacerdozio episcopale in cui è sottolineata l'iniziativa gratuita e assoluta di Dio, e in cui l'origine del
ministero è individuata in Gesù Cristo che ha comunicato lo Spirito di guida prima agli apostoli e ora ai
vescovi. Viene posta la continuità tra Gesù, apostoli e vescovi come successori degli apostoli: ogni
vescovo nel momento dell'ordinazione è aggiunto al collegio degli apostoli per mezzo dell'atto creatore
di Dio, il dono dello Spirito, che consacra. Nella "Tradizione apostolica" il vescovo compare come il
centro della comunità dei fedeli; deve essere eletto da tutto il popolo e poi consacrato. Il presbitero è
presentato come appartenente ad un collegio che affianca il vescovo ed è a lui subordinato, sul modello
del rapporto tra Mosé e il gruppo dei settanta anziani, collaboratori e consiglieri; i presbiteri sono ordinati
al sacerdozio, ossia in rapporto all'eucaristia; il diacono è al servizio del vescovo ma non partecipa al
sacerdozio. La "Tradizione apostolica" parla anche dei ministeri non ordinati: i confessori della fede, con
particolare importanza, le vedove, il maestro (didaskalos), il lettore, le vergini, il suddiacono, colui che
ha il dono delle guarigioni.
La Didaché (Did. 15,1-2) parla di vescovi e diaconi scelti dalla comunità con l'incarico di un ministero,
descritto come leitourgia, specifico e distinto da altri ministeri quali i profeti e dottori.
Il Pastore di Erma parla di ministri della chiesa ma in senso collegiale, anche se c'è un primus che ha
funzione di ministro per i rapporti con le altre chiese. Nel II secolo le lettere di Ignazio di Antiochia sono
testimonianza di una strutturazione dei ministeri attorno alla figura del vescovo: accanto al vescovo i
presbiteri e i diaconi; il diacono è indicato come colui che svolge un ministero ufficiale accanto al
vescovo e inferiore rispetto a lui.
Questa struttura gerarchica è indicata come essenziale alla vita della chiesa: Il vescovo nella chiesa è
riproduzione visibile e figura del Padre, mentre il diacono rappresenta Cristo:
Dalla seconda metà del II secolo il monoepiscopato è attestato ovunque, frutto di un naturale sviluppo.
Certamente c'è una situazione di collegialità nella prima chiesa: le fonti tacciono su come questa
collegialità veniva esercitata. La chiesa è vista prima come comunità che nelle sue articolazioni
specifiche e l'elemento comunitario e collegiale non è visto in contrapposizione all'elemento di una
responsabilità specifica. Ma tutto ci va colto in continuità con le attestazioni riguardanti i ministeri nel
Nuovo Testamento.
Nel Nuovo Testamento compare la dimensione comunitaria e la responsabilità specifica di uno solo: la
figura di Pietro emerge nel gruppo dei Dodici (cfr. le tradizioni di Matteo e Giovanni); a Gerusalemme
emerge la figura di Giacomo fratello del Signore come sovrintendente della chiesa.
Nelle Pastorali Timoteo e Tito non sono presentati come membri di un collegio o dipendenti da un
collegio di presbiteri. Segni di un monoepiscopato latente. Per quel che riguarda il linguaggio
ministeriale, Ireneo, che pure vive in un periodo in cui è affermato il monoepiscopato usa un linguaggio
in cui non parla di vescovi ma di presbiteri.
Presbyteri
Il termine 'presbyteros' ha una grande evoluzione: solo a fine II secolo si stabilizza per definire un ufficio
ecclesiastico di secondo grado, sotto l'autorità del vescovo.
Il Pastore di Erma parla di 'presbyteroi che sono a capo della chiesa'. Papia parla di presbyteroi come
anziani o antenati nella fede, come gli apostoli e i loro discepoli. Ancora non vi è definita una chiara
differenza con episcopo. Con le lettere di Ignazio e con Tertulliano e la Tradizione apostolica 'presbiteri'
sono definiti come i membri del presbiterio, cioè il consiglio del vescovo, e i presbiteri stanno sotto
l'autorità del vescovo. Però le decisioni vengono prese in accordo dal vescovo con il suo presbiterio.
Solo l'ordinazione di altri presbiteri è un atto che il vescovo non delega.
Ireneo sviluppa così il criterio della successione apostolica : gli apostoli, i Dodici, a cui si è aggiunto
Paolo, hanno predicato il vangelo e hanno fondato le chiese e le hanno affidate a vescovi loro successori.
Questa successione fa parte della costituzione, della struttura della chiesa.
Ireneo in polemica antignostica afferma che gli unici maestri nella chiesa sono i vescovi indicati anche
con il termine 'presbiteri'.
I diaconi
I termini derivanti dalla radice diakon- sono utilizzati nel Nuovo Testamento per indicare il ministero
degli apostoli, in quanto inviati che compiono una attività nel nome o sotto l'autorità di un altro, cioè
sotto l'autorità del kyrios.
In questo senso il concetto di diakonia si avvicina molto al concetto di apostolato, come invio da parte
di Cristo: Paolo accosta il termine apostolos a doulos (servo) in Rom 1,1.
Nel V° secolo all’interno della Chiesa si verificano significativi cambiamenti. Fino al 397, morte di
S.Ambrogio, la Chiesa è uniforme in tutto l’impero romano che forma da coagulante e polo catalizzatore.
Successivamente si vengono a creare delle tensioni tra le chiese di area orientale e quella di area occidentale.
Diversificazione linguistica: dal greco, quale lingua ufficiale della Chiesa, si passa al latino. La Chiesa di
occidente incomincerà ad ignorare il greco e introduce al proprio interno il latino. Papa Damaso (380)
introduce nella liturgia occidentale la lingua latina e incaricherà S.Girolamo a tradurre dal greco la Bibbia;
nasce così la Vulgata.
Si crea, inoltre, una forte avversione dell’Occidente nei confronti dell’Oriente che, a fronte delle invasioni
barbariche e al fine di attenuarne la pressione, dà a questi barbari degli stanziamenti in Occidente. Di
conseguenza gli orientali pensano che il lungo permanere dei barbari in Occidente abbia anche imbarbarito
culturalmente l’Occidente.
Diversa struttura ecclesiale: la scomparsa dell’imperatore da Roma, fa si che il potere imperiale passi nelle
mani della Chiesa occidentale, che diventa, pertanto, la naturale erede del vuoto politico lasciato
dall’imperatore, che nel 330 aveva lasciato Roma per Costantinopoli. Roma, dunque, e con lei l’occidente
ritiene di poter decidere autonomamente, abbandonando di fatto l’imperatore e il suo impero, ma avendone,
però, ereditato le strutture e la cultura.
- Per l’Oriente, invece, la struttura ecclesiale è quadripatriarcale (Alessandria, Antiochia,
Costantinopoli e Gerusalemme), mentre Roma era il quinto patriarcato.
E’ radicato, inoltre, il concetto che le decisioni devono essere sempre comunitarie e concordi. Non si
poteva, dunque, pensare che la sola Roma potesse decretare per tutti. Pertanto, ne esce che l’Oriente è
comunitario, mentre l’Occidente è monarchico.
FORMAZIONE DEI PATRIARCATI (chiese madri)
Fino al 150 le comunità cristiane vivevano in piena autonomia e senza sostanziali coordinamenti.
Ma con il rapido diffondersi del cristianesimo e il sorgere dei problemi di fede ed eresie gnostiche,
che investivano ampie aree della chiesa, nonché la questione, molto sentita, della trasmissione
dell’autenticità apostolica, fecero si che delle comunità si rivolgessero alle comunità considerate di
origine apostolica e, quindi, di genuina ortodossia.
Questo orientamento, tuttavia, fu ben presto superato a causa delle distanze geografiche che si
frapponevano tra le numerose comunità ecclesiali locali con le poche comunità a fondazione apostolica.
Pertanto, le chiese, per le loro attività pastorali e amministrative, adottarono la suddivisione
amministrativa dell’Impero.
Nell’ambito di queste vaste regioni si formarono, per prassi storica e non giuridica, tre punti saldi di
riferimento: Alessandria, Antiochia e Roma, attorno a cui gravitano vaste aree territoriali.
Fanno capo ad :
- Alessandria: Egitto e regioni confinanti.
- Antiochia : tutto l’ambiente siriano-aramaico
- Roma : l’intero occidente latino
L’unica grande area in cui non c’era ancora un patriarcato era quella greca.
Il vuoto si riempì ben presto, quando Costantino l’11 maggio del 330 elevò la piccola Bisanzio a
residenza imperiale. Essa, agli inizi, era solo una sede episcopale secondaria.In quanto sede imperiale,
ristrutturata e ampliata, fu denominata Costantinopoli e assunse, quindi, importanza politica e
amministrativa di primo grado.
L’elezione di Costantinopoli a sede imperiale dà subito importanza alla sede vescovile, che diventa
la sede di consultazione degli imperatori per le questioni di fede e religiose in genere, divenendo, in
tal modo, anche un importante centro per le delibere religiose imperiali.
Sarà proprio il Concilio di Costantinopoli (381), nel III° canone, a decretare “il primato d’onore per
il vescovo di Costantinopoli dopo il vescovo di Roma, perché tale città è la Nuova Roma”.
Fu così che dopo il Concilio di Costantinopoli, l’importanza della sede vescovile venne legata
all’importanza politica della città.
Si pose, quindi, una questione di primato: per la Chiesa orientale esso spettava al vescovo la cui
città nell’ordinamento politico era preminente sulle altre. In Occidente, invece, prevale il criterio
teologico del “Tu es Petrus…”.
Decadute nel VI° e VII° secolo Alessandria e Antiochia, rimangono a contendersi il primato solo
Roma e Costantinopoli.
Costantinopoli rivendica il primato sia perché lì vi è la sede imperiale e sia perché vi sono sepolte le
spoglie di S.Andrea che fu discepolo prima di Pietro e, quindi, Costantinopoli ha da essere prima di
Roma. Il regolamento 28 del Concilio di Calcedonia (451) stabilisce i privilegi del patriarcato di
Costantinopoli sugli altri patriarcati di Antiochia ed Alessandria, divenendo così seconda solo a Roma,
ma prima in Oriente. Tale posizione, sancita dal canone 28, venne contestata da Roma perché, in tal
modo,venivano ridotti i poteri degli altri due patriarcati.
Infine, a seguito del crollo di Costantinopoli sotto l’invasione araba del VII° e VIII° secolo, Roma
abbandona l’imperatore e si rivolge ai Franchi, potenza occidentale nascente.
Con ciò Roma si stacca definitivamente dall’impero d’oriente e dalla Chiesa d’Oriente, separazione
che troverà definitiva rottura nel 1054 in seguito alla questione del Filioque. (questione Trinitaria)
-----------------------------------------Di qui l'importanza della determinazione dell'icona globale della chiesa, della sua nuova immagine nei
confronti del mondo, del suo nuovo modo di porsi davanti agli uomini; a seconda che si privilegia
questa o quella figura: chiesa monastica? chiesa clericale? chiesa laicale? Ovvero, chiesa profetica?
chiesa sacerdotale? chiesa regale? O ancora — come sembra emergere dal Vaticano II :
— chiesa della «martyría» (testimonianza) e della «diakonía» (servizio)?
Nella vera comunione della chiesa, «koinonía, si comprende meglio ora il senso dei carismi e dei
ministeri.