IL MONDO CONTEMPORANEO. Dal 1848 a oggi. 10 – L’Europa tra due secoli. 11 – Imperialismo e rivoluzione nei continenti extraeuropei. 12 – l’Italia giolittiana. 13 – la prima guerra mondiale. 14 – La rivoluzione russa. 16 – Il dopoguerra in Italia e l’avvento del fascismo. 17 – La grande crisi: economia e società negli anni ’30. 18 – L’età dei totalitarismi. 19 – L’ Italia fascista. 21 – La seconda guerra mondiale. 22 – Il mondo diviso. 24 – L’Italia dopo il fascismo. 25 – La società del benessere. 26 – Distensione e confronto. 1 STORIA CONTEMPORANEA. DAL 1848 A OGGI. 10. L’EUROPA TRA DUE SECOLI. Le nuove alleanze. 1890 , anno delle dimissioni di Bismarck. I rapporti fra le grandi potenze subirono grandi mutamenti. Dando luogo ad un assetto bipolare fondato sulla contrapposizione fra due blocchi di potenze. A mettere in crisi il vecchio sistema di alleanze furono 2 fattori. La scelta del nuovo imperatore tedesco Guglielmo II in favore di una politica di respiro mondiale, più dinamica e aggressiva rispetto a quella di Bismarck. La crescente difficoltà per la Germania di tenere uniti i suoi maggiori alleati austroungarico e russo (in perenne tensione nel settore balcanico). Il successore di Bismarck optò solo per l’alleanza con l’Austria. Non rinnovando il trattato di contro assicurazione stipulato 3 anni prima con la Russia impegnava la Russia a non aiutare la Francia in caso di attacco alla Germania e la Germania a non unirsi all’Austria in una guerra contro la Russia. (convinti che la Russia non avrebbe mai stretto alleanza con la Francia repubblicana, solo che entrambe avevano bisogno di un alleato nonostante le diversità). 1891 in estate il primo accordo franco-russo che nel 1894 si trasformò in una vera alleanza. - La Francia si impegnò in una serie di ingenti prestiti alla Russia, che stava cercando di avviare un processo di industrializzazione. Con la stipulazione della Duplice franco-russa, veniva meno il pilastro che sosteneva il sistema bismarckiano: l’isolamento della Francia. Pochi anni dopo la Germania diede via alla costruzione di una potente flotta da guerra capace di contrastare la superiorità britannica nel Mare del Nord provocando un inasprimento dei rapporti fra germani a Inghilterra. 1904 Inghilterra e Francia stipularono un accordo: l’intesa cordiale. 1907 Inghilterra e Russia regolarono i loro contratti in Asia con un accordo che limitava le rispettive sfere di influenza. Tutto diverso tranne la triplice alleanza fra Italia e gli imperi centrali. La belle époque e le sue contraddizioni. La tendenza all’aumento delle spese militari per il riarmo si accompagnava quasi ovunque a un parallelo aumento della spesa sociale. - Alle correnti militariste si contrapponevano correnti orientate al pacifismo. Esisteva un sostanziale ottimismo della borghesia europea: ottimismo giustificato dal rinnovato slancio dell’economia. Gli anni precedenti al primo conflitto mondiale sarebbero stati ricordati come la belle époque. Che in realtà fu un periodo di crescita complessiva della società europea, ma anche di forti contrasti politici e di grandi conflitti sociali. - Vi erano tendenze democratiche in alcuni paesi ed in altro no , come la Russia, dove furono represse, o bloccate come in Germania o Austria. La Francia fra democrazia e reazione. 2 Negli ultimi decenni del 800 la Francia ha compiuto notevoli progressi sulla strada della democrazia. - I nemici della repubblica prendevano forme di nazionalismo esasperato a sfondo militarista e bonapartista. Tutte queste correnti mettevano a serio repentaglio la vita della Terza Repubblica. - Tutto avvenne in occasione di un clamoroso caso giudiziario: il caso di Dreyfus. Un ufficiale ebreo condannato ai lavori forzati nel 1894 con l’accusa di aver fornito documenti riservati all’ambasciata tedesca. La sentenza, era basata su indizi falsi o inconsistenti. Ma la cosa più grave non fu l’errore giudiziario in sé, quanto il fatto che una volta emersi i primi dubbi, le alte sfere militari si rifiutarono di procedere a una revisione del processo, falsificando i documenti e di coprire i veri colpevoli. Quando nel 1898 Emile Zola pubblicò il clamoroso atto d’accusa contro i tentativi messi in atto dallo Stato maggiore per nascondere la verità, fu processato e condannato per offese all’esercito. Ma il caso era ormai sollevato. Su di esso l’opinione pubblica si divise in due schieramenti: socialisti, radicali e una parte dei repubblicani moderati si batterono perché venisse riconosciuta l’innocenza dell’ufficiale condannato. Clericali, monarchici, nazionalisti di destra e non pochi moderati insistettero sulla tesi della colpevolezza. Tutto si trasformo in uno scontro politico. Nell’estate del 1899, si giunse alla revisione del processo, Dreyfus si vide confermata la condanna dalla corte marziale, nonostante fossero emerse prove della sua innocenza per rendergli la libertà fu necessario un atto di grazia dal presidente della repubblica. Quindi la vittoria dei democratici. La Francia del primo 900, all’avanguardia in materia di democrazia politica e laicità dello stato, non lo era affatto sul piano della legislazione sociale ne su quello dell’ordinamento fiscale, basato sulla tassazione indiretta. Imperialismo e riforme in Gran Bretagna. A cavallo tra i due secoli, gli anni dell’esaltazione imperialistica, la gran Bretagna fu governata dalla coalizione fra conservatori e liberali unionisti con Joseph Chamberlain, ministro delle colonie, e si cerco di contemperare l’imperialismo con una certa dose di riformismo sociale. - A mettere in crisi l’egemonia conservatrice fu in progetto di Chamberlain sotto pressione di industriali, di introdurre anche in gran Bretagna il protezionismo doganale, sotto forma di tariffa imperiale: sconvolgendo cosi una tradizione libero scambista che durava ormai da più di mezzo secolo. Nelle elezioni i liberali che si erano opposti al progetto conquistarono ampia maggioranza e fece anche ingresso per la prima volta alla Camera, un gruppo di 30 deputati laburisti. I governi liberali si qualificarono per una linea meno aggressiva in campo coloniale e per una più energica e organica politica di riforme sociali: Riduzione dell’orario a 8 ore per i minatori, istituzione di uffici di collocamento, assicurazioni per la vecchiaia a totale carico dello stato. L’aspetto più nuovo e coraggioso fu: Il tentativo di sopperire alle spese per le riforme con una politica fiscale fortemente progressiva, mirante a colpire soprattutto i grandi patrimoni. 3 Il tentativo si scontrò con la reazione della camera dei Lords, che in base alla costituzione non scritta su cui si reggeva il sistema politico inglese, aveva diritto di respingere le leggi votate dalla camera dei Comuni. il diritto di veto non si applicava per tradizione alle leggi finanziarie, per cui la mancata approvazione avrebbe bloccato la macchina statale. Nel 1909, quando i Lords violarono questa prassi respingendo il bilancio preventivo presentato dal governo liberale, ne nacque un conflitto costituzionale che contrappose le due Camere, l’una a maggioranza liberale, l’altra dominata dai conservatori. - I liberali presentarono una legge parlamentare (Parliamentary Bill) che negava ai Lords il diritto di respingere le leggi di bilancio e lasciava loro, per tutte le altre leggi, la facoltà di rinviarle due volte alla camera dei comuni (dopo di che sarebbero state comunque approvate). - Nel 1911 i Lords sotto pressione del re Giorgio accettarono la legge che limitava i loro privilegi e che rappresentava una vittoria per le forze progressiste. - Nel 1911 il governo Asquith presentò un nuovo progetto di home rule, che prevedeva l’Irlanda autonoma, con un proprio governo ed un proprio parlamento, ma pur sempre legata alla corona britannica e dipendente dall’Inghilterra per tutte le questioni di comune interesse. Ma nessuno si mise d’accordo, erano tutti scontenti, il progetto liberale fu approvato dalla camera nel 1914 ma la sua applicazione fu sospesa a causa dello scoppio della guerra. La Germania guglielmina. Nel 1890 la vittoria dei socialdemocratici segno la fine del cancellierato di Otto von Bismarck. Il nuovo imperatore Guglielmo II aveva annunciato di voler inaugurare un nuovo corso nella vita del paese. L’imperatore, messe da parte le aperture vagamente democratiche degli esordi, mostro inclinazione alle soluzioni autoritarie e all’esercizio personale del potere. L’unico mutamento di rilievo: nessuno dei cancellieri succedutisi alla guida del governo del Reich ebbe la capacità e la personalità che avevano permesso a Bismarck di imporsi allo stesso potere imperiale. Alla fine degli anni 800 la germani imboccò la via della Weltpolitik (politica mondiale) e diede via al riarmo navale, la coscienza della superiorità delle tecnologie e la paragonabilità alle industrie statunitensi, accentuò nella classe dirigente, ma anche nel popolo, le tendenze nazionaliste e imperialiste. Pur essendo un paese ricco di risorse naturali, era priva di un impero coloniale e quindi non aveva le risorse di materie prime come l’impero britannico. La germani a guglielmina rafforzava la tradizionale alleanza tra grande industria, aristocrazia terriera e vertici militari, e finiva con l’ottenere l’appoggio di tutte le forze politiche, socialdemocratici esclusi. La Spd (socialdemocrazia) confermava la sua grande forza, cui si accompagnava però un sostanziale isolamento. I conflitti di nazionalità in Austria-Ungheria. 1848, comincia il declino dell’impero asburgico, dovuto: Al ritardo dello sviluppo economico. Ai sempre più forti contrasti fra le diverse nazionalità. 4 Dal punto di vista economico era un paese agricolo. Più ricco d’Italia ma meno di Francia e Germania. Allo sviluppo economico e civile dei grandi centri, alla eccezionale vitalità culturale, allo sviluppo dei grandi partiti di massa: Facevano riscontro: il sostanziale immobilismo del sistema politico e la persistenza delle strutture sociali nella provincia contadina, dominata dalla Chiesa e dai grandi proprietari. Ma il principale motivo di disagio e di crisi era costituito dai conflitti nazionali. Alla fine del XIX secolo il potere imperiale riuscì a controllare la situazione appoggiandosi agli elementi conservatori e all’aristocrazia agraria delle varie nazionalità. Tra la fine dell’800 e gli inizi del 900 si assistette ad una crescita dei movimenti nazionali: Tutti in forte contrasto gli uni con gli altri, ma “uniti” dall’ostilità al centralismo imperiale e dalla tendenza a radicalizzarsi. I più irrequieti erano gli slavi, il movimento dei giovani cechi si batteva contro la politica di “germanizzazione” del governo di Vienna. Gli slavi avevano tendenze nazionaliste. Si voleva trasformare la monarchia dualistica in trialistica: staccare gli slavi del Sud dall’Ungheria e di creare un terzo polo nazionale accanto a quello tedesco e magiaro. Questo era un progetto di Francesco Ferdinando, nipote di Francesco Giuseppe, che però si scontrava con l’opposizione degli ungheresi e con quella dei nazionalisti serbi e croati, che miravano con tutti i mezzi alla fondazione di un unico Stato slavo indipendente, ed erano appoggiati dalla Serbia, a sua volta protetta dalla Russia. La Russia fra industrializzazione e autocrazia. La Russia era la sola ad avere un sistema autocratico. - Furono ridotti i poteri degli “zemstvo”(organi di autogoverno locale). - Fu rafforzato il controllo sulla giustizia e sull’istruzione. - Fu intensificata l’opera di russificazione delle minoranze nazionali e si aggravavano le vessazioni contro gli ebrei. Sul piano politico rimaneva immobile, invece sul piano industriale, la Russia compiva il suo primo decollo. Cominciato agli inizi degli anni 90, sotto lo stimolo delle grandi costruzioni ferroviarie, lo sviluppo sotto Sergej Vitte, ministro delle finanze, fu molto concentrato. - Da un lato aumentò il sostegno dello stato alla produzione nazionale inasprendo il protezionismo e moltiplicando gli investimenti pubblici. - Dall’altro incoraggiò l’afflusso dei capitali stranieri (francesi) che offrivano la possibilità di elevati profitti. Tutte le sue contraddizioni si rilevarono nella rivoluzione del 1905. Ristabilito l’ordine e svuotato l’esperimento parlamentare della Duma (assemblea rappresentativa) che avrebbe dovuto aprire nuovi spazi di libertà nella vita politica russa. (i bolscevichi non nutrivano alcuna fiducia nelle istituzioni borghesi, ed erano convinti che la classe operaia dovesse guidare in prima persona il processo rivoluzionario alleandosi con gli strati più poveri). Nel 1906 Stolypin divenne primo ministro in sostituzione del troppo liberale Vitte. Sotto di lui ci fu una spietata repressione di ogni opposizione politica. Il punto chiave della riforma di Stolypin fu. la dissoluzione della struttura comunitaria del mir: in base a un decreto del 1906, i contadini ebbero la facoltà di uscire dalle comunità di villaggio, diventando proprietari della terra che coltivavano e 5 godettero di facilitazioni creditizie per l’acquisto di altre terre sottratte al demanio statale o cedute dai latifondisti Lo scopo era quello di creare un ceto di piccola borghesia rurale. Verso la prima guerra mondiale. Il decennio precedente la prima guerra mondiale vide un acuirsi dei contrasti internazionali, dalle due crisi marocchine (1905-1911) la Germania uscì sconfitta, mentre la Francia ottenne un protettorato sul Marocco. Più gravi furono gli avvenimenti nella penisola balcanica. - L’annessione della Bosnia-Erzegovina da parte dell’Austria (1908), la guerra italo turca (1911)provocata dall’Italia che occupa la tripolitania, le due guerre balcaniche (1912-13) segnarono un profondo rivolgimento degli equilibri in questa area. La Turchia (1908 rivoluzione dei giovani turchi, intellettuali e ufficiali per trasformare l’impero in una moderna monarchia) veniva estromessa definitivamente dall’Europa, mentre si faceva sempre più acuto il contrasto fra Austria e Serbia (protetta dalla Russia). 11.IMPERIALISMO E RIVOLUZIONE NEI CONTINENTI EXTRAEUROPEI. Il ridimensionamento dell’Europa. Il primo quindicennio del 900 vide il manifestarsi dei primi segni d’un declino dell’Europa di fronte all’emergere di popoli extraeuropei. Preoccupava in particolare la crescita dei paesi asiatici: Cina e Giappone, che faceva parlare di un pericolo giallo (dopo la guerra russo giapponese del 1904-05). La guerra russo giapponese. Dopo la guerra russo giapponese presero corpo i timori, la Russia aveva sottovalutato il Giappone, entrati in conflitto per il controllo della Manciuria. La guerra inizio senza nessuna dichiarazione di guerra da parte della potenza nipponica. Vittorioso per terra e per mare il Giappone si affermava definitivamente come potenza egemone in estremo oriente. La repubblica in Cina. La vittoria del Giappone sulla Russia diede inizio lotte nazionali e anticoloniali dei popoli asiatici. Movimenti indipendentisti si svilupparono. In Cina sorse un movimento nazionalista democratico guidato dal un medico, Sun Yat-sen, La sua organizzazione segreta era basata su 3 principi. - L’indipendenza nazionale, la democrazia rappresentativa, il benessere del popolo vale a dire, l’essenza della tradizione democratica occidentale Eletto poi presidente della repubblica dopo la rivoluzione del 1911, iniziata a causa del contrasto con la scelta del governo di affidare a imprese straniere il controllo della rete ferroviaria cinese, provocando appunto sommosse e ammutinamenti. Nel 1912 cade il più antico impero del mondo, la dinastia manciù. Successivamente le forze conservatrici ebbero il sopravvento, con ciò dando inizio ad una lunga stagione di guerre civili. Imperialismo e riforme negli Stati Uniti. Cresceva la potenza giapponese e nello stesso tempo si rafforzava l’egemonia degli stati uniti. 6 - Dovuta allo sviluppo economico e alla crescita considerevole dell’industria (siderurgia, meccanica, elettrica, e petrolifera). - Dove dominavano le grandi corporationgrandi concentrazioni industriali. Per contrastare le tendenze monopolistiche e la conseguente lievitazione dei prezzi, fu varata una legge(sherman antitrust act) nel 1890, che vietava gli accordi sui i prezzi fra imprese operanti nello stesso settore. Gli effetti furono opposti, indusse le imprese a vere e proprie fusioni. Gli stati uniti avevano superato Inghilterra e Germania nelle produzione industriale, ed era diventato un paese prevalentemente esportatore di capitali e di prodotti finiti. Il partito populista nasce dal malcontento dei contadini alimentato dallo strapotere delle corporations e dal rigido protezionismo, creando cosi la principale espressione della politica. Il partito si ispirava a ideali democratici e ugualitari. Una svolta decisiva in tema di politica sociale, avvenne negli anni della presidenza di Roosevelt, esponente dell’ala progressista. Mostrò grande decisione nella difesa degli interessi americani nel mondo, alternando con disinvoltura: - La pressione economica alle minacce di interventi armati. - La diplomazia del dollaro alla politica del grosso bastone. L’occasione per mettere in pratica la sua politica fu la questione del canale di panama, nel 1901 ottennero dal governo della colombia l’autorizzazione a gestire per un periodo di 100 anni un canale che tagliasse istmo di panama. Canale realizzato nel giro di 10 anni ed aperto nel 1914. Imperialista e aggressiva all’estero, la linea di Roosevelt in politica interna si caratterizzò - Per un’apertura ai problemi sociali sconosciuta alle precedenti amministrazioni, sia repubblicane che democratiche. Limitazioni di orario, tutela del lavoro dei minori, assicurazioni contro gli infortuni. Le prime energiche affermazioni del diritto di intervento dei pubblici poteri nel mondo dell’economia. Pur senza mai mettere in discussione i principi cardine del capitalismo americano e senza modificare la politica protezionistica ereditata dai suoi predecessori. La lotta contro i monopoli procurò in Roosevelt una vasta popolarità e contribuì a dare alla sua presidenza un segno marcatamente progressista. Dopo due mandati bisogna eleggere altro presidente. Alle elezioni del 1912, salì Wilson, che riprese l’impegno sociale reinserendolo in un quadro politico e ideologico completamente diverso. - Mentre Roosevelt aveva cercato di rafforzare il potere federale, Wilson, fedele alla tradizione del partito democratico, fu contrario a ogni limitazione dell’autonomia dei singoli stati dell’unione. - Mentre Roosevelt aveva lasciato inalterato il regime doganale protezionistico, Wilson impostò la lotta contro i grandi monopoli sull’abbassamento delle tariffe protettive, che furono considerevolmente ridotte nel 1913. - In politica estera Wilson porto uno stile nuovo, più prudente e rispettoso delle norme della convivenza internazionale, il ruolo degli stati uniti secondo lui, doveva fondarsi, più che sulla forza delle armi, sulla capacità espansiva dell’economia e sulla fedeltà ai principi basilari della tradizione democratica. 7 Fu proprio in base a questi principi che paradossalmente Wilson portò il suo paese a intervenire per la prima volta in un conflitto fra potenze europee. L’America Latina e la rivoluzione messicana. Nei 30 anni precedenti la prima guerra mondiale, il notevole sviluppo economico dei paesi dell’America latina non attenuò la loro indipendenza dagli Stati industrializzati dell’occidente. - Le campagne erano dominate dal latifondo, mentre una ristretta oligarchia terriera controllava la vita sociale e politica. I maggiori mutamenti sul piano politico furono: - La vittoria dei radicali in argentina - La rivoluzione messicana cominciata nel 1910 e segnata dal conflitto fra le sue varie componenti, quello borghese e moderato, che mirava a una liberalizzazione delle istituzioni politiche, quella contadina con l’obiettivo di una riforma agraria : Madero venne eletto presidente, ma nel 1913 venne eliminato da un colpo di stato che portò Huerta al potere. conflitto che solo nel 1921 si concluse con la vittoria dei democratici con a capo Alvaro Obregon. 12.L’ITALIA GIOLITTIANA. Negli ultimi anni del 1800 l’italia fu teatro di una crisi politica paragonabile a quella della Francia con il caso Dreyfus, o scontro con i lord e la camera in Inghilterra: - L’evoluzione del regime liberale verso forme più avanzate di democrazia. In Italia lo scontro si concluse con un’affermazione delle forze progressiste, sufficiente a far evolvere la vita del paese. Anni con un intenso sviluppo industriale. La caduta di Crispi (1896) per gli insuccessi coloniali non attenuò le tensioni. Anzi, con il ritorno di Rudinì: ci fu la tendenza di tornare a una interpretazione restrittiva dello statuto che rendesse il governo: Responsabile di fronte al sovrano, lasciando alle camere i solo compiti legislativi. tendenza a riprendere i modi crispini in maniera di ordine pubblico: colpendo indiscriminatamente ogni forma di protesta sociale. Nel 1898 la tensione esplose con l’aumento dei prezzi, in tutto il paese manifestazioni spontanee. La risposta del governo fu durissima, Rudinì si comportò come se dovesse fronteggiare un complotto rivoluzionario. Non diminuì il dazio sul grano, cosa invece da fare. Proclamò lo stadio d’assedio. - Massicci interventi di polizia e potere all’autorità militare. L’8 e il 9 maggio 1898 le truppe del generale bava Beccaris sparano sulla folla e li si raggiunse il culmine. Una volta riportato l’ordine, i gruppi moderati e conservatori che detenevano la maggioranza alla Camera cercarono di dare una base legislativa all’azione repressiva dei poteri pubblici. - Lo scontro si trasferì dalle piazze alle aule parlamentari. Caduto il primo progetto di Rudinì , che si dimise nel giugno del 1989, il tentativo fu ripreso dal suo successore luigi Pelloux. - Ma alla presentazione di Pelloux del suo pacchetto di provvedimenti che limitavano gravemente il diritto allo sciopero e le stesse libertà di stampa e di associazione, i 8 gruppo di estrema sinistra (socialisti, radicali, repubblicani) risposero con l’ostruzionismo (prolungare all’infinito le discussioni, paralizzando così l’azione di maggioranza). Pelloux, incapace di venire a capo dell’ostruzionismo, e indebolito dalle opposizioni dei gruppi liberali-progressisti che facevano capo a Zanardelli e Giolitti decise di sciogliere la Camera. Nel giugno del 1900 alle elezioni, l’opposizione guadagnò dei seggi. Dopo Pelloux salì al governo Saracco, un moderato. Umberto I invece che era sostenitore di quella politica repressiva, prese atto del fallimento, ma dopo un mese fu ucciso in un attentato da un anarchico, Gaetano Bresci. Una svolta liberale. Saracco inaugurò una fase di distensione nella vita politica, favorita dal buon andamento dell’economia e dall’allentamento delle tensioni sociali. Al contrario il nuovo re, Vittorio Emanuele III, si mostrò più propenso alle forze progressiste. Il governo Saracco si dimise, in occasione di un suo comportamento incerto sullo sciopero indetto dai lavoratori genovesi. Il re, interpretando il nuovo clima politico, chiamò alla guida del governo Zanardelli (sinistra), che affidò il ministero degli Interni a Giovanni Giolitti. Scelta significativa in quanto al dibattito parlamentare sullo sciopero, aveva formulato la teoria secondo cui lo Stato liberale: Non aveva nulla da temere dallo sviluppo delle organizzazioni operaie. Nulla da guadagnare da una repressione indiscriminata delle loro attività. Anzi, aveva tutto l’interesse a consentirne il libero svolgimento. (per quei tempi, nuovi rapporti tra stato e lavoratori). In quei 3 anni ci furono delle riforme: - Furono estese le norme che limitavano il lavoro minorile e femminile nell’industria. - Fu migliorata la legislazione introdotta per la prima volta da Rudinì ’97-‘98, relativa alle assicurazioni (volontarie) per la vecchiaia e a quelle (obbligatorie) per gli infortuni sul lavoro. - Fu costituito un Consiglio superiore del lavoro. - Fu costituita una legge che autorizzava i comuni all’esercizio diretto (municipalizzazione) di servizi pubblici come l’elettricità, il gas, i trasporti. Più importante delle riforme fu: Il nuovo atteggiamento del governo in materia di conflitti di lavoro. Giolitti mantenne una linea di rigorosa neutralità nelle vertenze del settore privato, purché non degenerassero in violente manifestazioni. Le organizzazioni sindacali si svilupparono rapidamente. Si costituirono le camere del lavoro, , mentre crescevano anche le organizzazioni di categoria, anche lo sviluppo delle organizzazioni dei lavoratori agricoli. Nasceva la feder-terra, federazione italiana dei lavoratori della terra, miravano alla : Socializzazione delle terre. Aumento dei salari, riduzione degli orari di lavoro, istituzione di uffici di collocamento controllati dai lavoratori stessi. Lo sviluppo delle organizzazioni sindacali fu accompagnato da una brusca impennata degli scioperi. Scioperi che portarono anche ad un aumento dei salari. Decollo industriale e progresso civile. 9 negli ultimi anni del secolo, inizio il decollo industriale italiano, preparato, negli anni precedenti: dalla costruzione di una rete ferroviaria, dalla scelta protezionistica, dal riordinamento del sistema bancario. - Nascono istituti di credito come la Banca Commerciale e il Credito Italiano Lo sviluppo industriale, se non ridusse il divario con i paesi più ricchi, - Siderurgia, settore tessile, chimico, meccanico dove si affermava l’industria automobilistica, Giovanni agnelli fiat 1899. - Provocò però un aumento del reddito e un miglioramento del tenore di vita degli italiani servizi pubblici,anche se le condizioni abitative dei lavoratori erano precarie, ci fu la diffusione dell’acqua corrente nelle case e il miglioramento delle reti fognarie Questi progressi non diminuirono tanto l’analfabetismo che era ancora molto elevato Cresceva parallelamente, l’emigrazione, conseguenza della sovrabbondanza della popolazione rispetto alle capacità produttive dell’agricoltura, che nel mezzogiorno restava arretrata (provocando cosi un accentuarsi del divario con il Nord industrializzato). I meridionali migravano verso l’America del nord. Questo fenomeno aveva: - caratteri positivi: Allento la pressione demografica, le rimesse degli emigranti (i risparmi inviati dai lavoratori all’estero per le famiglie in patria) alleviarono il disagio delle zone più depresse e risultarono di ottimo giovamento all’economia dell’intero paese. - Caratteri negativi: l’emigrazione massiccia rappresento un impoverimento di forza lavoro e di energie intellettuali La questione del mezzogiorno. Il progresso economico non si distribuì uniformemente nel paese. Sviluppata nel triangolo industriale(Milano, Torino, Genova) e molto arretrata e con pochissimi progressi, l’agricoltura meridionale. L’arretratezza meridionale, creava cosi una buona parte dei mali storici della società meridionale: L’analfabetismo, la disgregazione sociale, l’assenza di una classe dirigente moderna, la subordinazione della piccola e media borghesia agli interessi della grande proprietà terriera, il carattere clientelare e personalistico della lotta politica. - Tale carattere accentuato dal fatto che molti giovani consideravano la conquista di un impiego pubblico, come l’unica alternativa alla disoccupazione e alla migrazione. I governi Giolitti e le riforme. Chiamato alla guida del governo nel novembre del 1903 dopo le dimissioni di Zanardelli, Giolitti cercò di portare avanti l’esperienza liberal-progressista e di allargarne le basi offrendo un posto nella compagnia governativa al socialista Filippo Turati. Leggi speciali per il mezzogiorno (1904), - statizzazione per le ferrovie,non approvato dalla camera inizialmente e anche dai socialisti perché impediva ai ferrovieri di scioperare perché impiegati pubblici. Davanti a questa difficoltà Giolitti si dimise lasciando il governo ad Alessandro Fortis. Nel maggio del 1906 Giolitti torno alla guida del governo. In quell’anno fu realizzata: 10 - Conversione della rendita, Ossia la riduzione del tasso di interesse versato dalla stato ai possessori di titoli del debito pubblico serviva a ridurre gli oneri gravanti sul bilancio statale. Nel 1907 ci fu una crisi delle banche e per le imprese dipendenti dai loro crediti, ma tutto superato grazie al’intervento della Banca D’Italia. Nel 1909 Giolitti fece una nuova ritirata strategica. Aprendo la strada ad un secondo governo Sonnino. Che dirò poco , e a un successivo governo Luzzatti che avviò un’importante riforma scolastica (la legge Daneo-Credaro, che dava allo Stato, sottraendolo ai comuni, l’onere dell’istruzione elementare.) Nel 1911 Giolitti tornò al governo. Introdusse il suffragio universale maschile (1912), monopolio statale delle assicurazioni sulla vita, tutti queste riforme, rappresentarono i punti qualificanti della politica di Giolitti, che rimase capo di governo, con alcune interruzioni, dal 1903 al 1914. Il suo riformismo non era privo di limiti, per il condizionamento delle forze conservatrici e per la costante attenzione di Giolitti a non modificare in senso eccessivamente democratico gli equilibri parlamentari; inoltre la crisi economica del 1907 accrebbe, da un lato, le lotte sociali, dall’altro, favorì un atteggiamento più duro delle associazioni padronali. Giolittismo e i suoi critici. L’età giolittiana va dal superamento della crisi di fine secolo alla vigilia della prima guerra mondiale. Quella di Giolitti fu una “dittatura parlamentare” simile a quella di Depretis nel 18761887.anche se diversa e decisamente più aperta. I tratti caratteristici dell’azione di Giolitti furono: Il sostegno alla forze più moderne della società italiana. Tentativo di ricondurre nell’orbita del sistema liberale, gruppi e movimenti che prima erano visti come nemici delle istituzioni. Ma la linea politica era ancora di stampo ottocentesco. Il controllo delle Camere costituiva l’elemento fondamentale del sistema di Giolitti. - Grazie ad esso lo statista poté governare a lungo senza l’assillo di crisi ricorrenti e addirittura abbandonare temporaneamente la guida del governo per riprenderla nel momento più opportuno. Il controllo del Parlamento era ottenuto a prezzo della perpetuazione dei vecchi sistemi trasformistici, che furono affinati ed estesi, e di un intervento spregiudicato e costante del governo nelle lotte elettorali: - Intervento che si esercitava soprattutto nel mezzogiorno, dove le ingerenze del potere esecutivo trovavano terreno favorevole in un ambiente dominato dalle lotte fra i notabili e caratterizzato dall’assenza quasi totale di organizzazioni politiche moderne. tutto ciò limitava gli aspetti progressisti del sistema giolittiano e con il contraddirne le stesse premesse. - Su questi aspetti deteriori si appuntarono le critiche. Per i socialisti e cattolici democratici, Giolitti era colpevole di far opera di corruzione all’interno dei rispettivi movimenti. 11 I liberal-conservatori (Sonnino o Albertini) accusavano Giolitti di attentare alle tradizioni risorgimentali, venendo a patti con i nemici delle istituzioni e mettendo cosi in pericolo l’autorità dello Stato. Al riformismo empirico di Giolitti, Sonnino contrappose un programma con aperture sociali anche coraggiose. Anche gli intellettuali cominciarono a criticare Giolitti e la di crebbe sempre più l’impopolarità dello statista piemontese. Questi sintomi già delineati con la crisi del 1907 si fecero più evidenti nel 1911 in coincidenza con le vicende legate alla guerra di Libia. La politica estera, il nazionalismo, la guerra in Libia. Sul piano della politica estera, Italia si avvicinò, tra la fine del 800 e inizio del 900, alla Francia, pur restando fedele alla triplice alleanza. Mutò contemporaneamente l’atteggiamento dell’opinione pubblica nei confronti delle imprese coloniali, che cominciarono ad essere caldeggiate soprattutto dal nuovo movimento nazionalista. Proprio la campagna di stampa dei nazionalisti fu, con le pressioni degli interessi della finanza cattolica, tra i fattori che spinsero il governo all’intervento militare in Libia(1911). La guerra con la Turchia che ne conseguì, si concluse con l’imposizione della sovranità italiana sulla Libia firmando la pace di Losanna. Riformisti e rivoluzionari. La svolta liberale agli inizi del 900 aveva come protagonisti i socialisti. Il psi aveva incoraggiato la politica di Giolitti. Secondo turati la via delle riforme e della collaborazione con la borghesia progressista fosse: - Per il movimento operaio l’unica capace di assicurare il consolidamento dei risultati appena conseguiti. La tesi di turati comincio a trovare opposizioni: - agli occhi dei socialisti rivoluzionari i conflitti fra lavoratori e forza pubblica mostravano la vera natura dello Stato monarchico e borghese. Nell’aprile del 1904 sfocia il primo sciopero generale nazionale della storia d’Italia che rappresento un trauma per la borghesia italiana. Nel 1906 nasce il CGL controllata dai riformisti. Bisognava un coordinamento nazionale. Ma dopo l’espulsione dei revisionisti nel 1912 il controllo del partito (psi) passo ai rivoluzionari, uno dei cui maggiori leader era Mussolini: - il quale porto nella propaganda socialista uno stile nuovo, basato sull’appello diretto alle masse e sul ricorso a formule agitatorie prese a prestito dal sindacalismo rivoluzionario. Democratici cristiani e clerico-moderati. In età giolittiana si sviluppo, in campo cattolico, il movimento democratico cristiano, condannato dal nuovo papa Pio X. Ebbero un grande sviluppo, le organizzazioni sindacali bianche. Sul piano politico le forze clerico-moderate stabilirono alleanze elettorali, in funzione conservatrice, con i liberali: 12 - questa linea politica avrebbe avuto consacrazione, nelle elezioni del 1913 con “patto Gentiloni.” Dovute alle elezioni a suffragio universale maschile. La crisi del sistema giolittiano L’allargamento del suffragio universale non ebbe effetti sconvolgenti sugli equilibri parlamentari. I mutamenti in atto nel sistema politico italiano ala vigilia della grande guerra, (sviluppo del nazionalismo, accresciuto peso dei cattolici, prevalenza dei rivoluzionari nel psi) segnavano la progressiva crisi della politica giolittiana, sempre meno in grado di controllare la radicalizzazione politica che si stava verificando (e di cui, nel 1914, la settimana rossa fu un rilevante sintomo, dove morirono 3 dimostranti in uno scontro con la forza pubblica). - In questa situazione la guerra avrebbe significato la fine del giolittismo - Perché avrebbe messo in luce la debolezza di una linea politica che aveva avuto il merito di favorire la democratizzazione della società, incoraggiando al tempo stesso lo sviluppo economico, ma che , tutta fondata sulla mediazione parlamentare, si rivelava inadeguata a fronteggiare le tensioni sprigionate dalle nascenti società di massa. 13.LA PRIMA GUERRA MONDIALE. l’evento che scatenò la prima guerra mondiale fu l’uccisione a Sarajevo il 28 giugno del 1914, dell’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono degli Asburgo. - Un mese dopo, il 28 luglio, l’Austria dichiarò guerra alla Serbia, ritenuta corresponsabile dell’attentato. - Ecco come il corso della grande storia possa essere influenzato da eventi singoli, da decisioni individuali prese da personaggi oscuri, da circostanze del tutto accidentali. - Vero è che c’erano tutte le premesse che rendevano possibile una guerra: Austria V Russia – Francia V Germania – Germania V Inghilterra. La Russia che proteggeva la Serbia, mobilitò il suo esercito provocando la reazione della Germania, alleata dell’Austria. Il 3 agosto la Germania dichiara guerra alla Russia e alla Francia sua alleata. Il 5 agosto dopo che la Germania invade il Belgio neutrale, scese in campo anche Inghilterra contro gli imperi centrali. Allo scoppio del conflitto e alla sua successiva estensione su scala mondiale, concorsero una serie di tensioni preesistenti, ma anche errori e scelte avventate commesse dai capi politici e militari dei paesi interessati. Tutti i governi sottovalutarono la gravità dello scontro che si andava preparando - Le scelte dei governanti furono del resto appoggiate da una forte mobilitazione dell’opinione pubblica. - Gli stessi partiti socialisti si schierarono, nella maggior parte dei casi, su posizioni patriottiche. Dalla guerra di movimento alla guerra d’usura. Gli eserciti scesi in campo nell’estate del 1914 non avevano precedenti per dimensioni e per novità armamenti. Tutti avevano eserciti tranne la gran Bretagna che non aveva un esercito di leva. Eserciti armati con fucili a ripetizione e di cannoni potentissimi. 13 - La novità più importante era costituita dalla mitragliatrice automatica, arma potente e maneggevole capace di sparare centinaia di colpi al minuto. - Ma nessuno di questi eserciti aveva elaborato concezioni strategiche. Le concezioni strategiche restavano legate alle esperienze ottocentesche. I tedeschi in particolare, puntavano sull’ipotesi di una rapida guerra di movimento: - Cioè sulla manovra offensiva, sullo spostamento rapido di ingenti masse di uomini in vista di pochi e risoluti scontri. Sul fronte orientale, i russi misero in difficoltà gli austriaci. Ma dopo essere penetrati nel territorio francese, furono bloccati sulla Marna perché presi di sorpresa. Nessuno fece risultati decisivi sul piano strategico Già alla fine del 15, il conflitto assunse dunque i caratteri di guerra di posizione e di guerra di logoramento o usura. - Che vedeva due schieramenti immobili, affrontarsi in una serie di sterili attacchi e lunghi periodi di stasi. - La superiorità militare degli imperi, passava in secondo piano. Essenziale il ruolo della gran Bretagna con il suo impero coloniale e la sua superiorità navale. Il conflitto si allargò, perché molti paesi minori approfittarono della guerra per soddisfare le loro ambizioni territoriali. L’Italia dalla neutralità all’intervento. L’Italia entrò nel conflitto mondiale nel maggio del 1915, schierandosi al fianco dell’Intesa contro l’impero austro-ungarico fin allora suo alleato. l’opinione pubblica si spaccò su due fronti. Il 2 agosto del 1914 a guerra scoppiata, il governo di Salandra, aveva dichiarato la neutralità dell’Italia. Decisione giustificata col carattere difensivo della triplice alleanza. (Austria non era ne stata attaccata prima, ne aveva consultato l’Italia prima di intraprendere l’azione contro la Serbia). Per l’Italia, scartata l’ipotesi di un intervento a fianco con gli imperi centrali, prese in considerazione una guerra contro l’Austria. - Che avrebbe consentito all’Italia di portare a compimento quel processo risorgimentale, ma anche di aiutare la causa delle nazionalità oppresse e della stessa democrazia, che sembrava minacciata. Portavoce di questa linea interventista furono i. - Repubblicani garibaldini, radicali e social riformisti di Bissolati, le associazioni irredentiste. Sull’opposto versante politico, anche favorevoli all’entrata in guerra: - Nazionalisti, affinché l’Italia potesse affermare la sua vocazione di grande potenza imperialista. I gruppi liberal-conservatori erano più prudenti e graduali,i loro punti di riferimento erano Salandra e Sonnino, e per loro un “non intervenire al conflitto” significava: Avrebbe compromesso la posizione internazionale dell’Italia e il prestigio stesso della monarchia. Lo schieramento liberale, quella cui faceva parte Giolitti, era schierata su una linea neutralistica: 14 Intuiva che la guerra sarebbe stata lunga e logorante e non riteneva il paese preparato per affrontarla. Era inoltre convinto che se l’Italia fosse stata neutrale avrebbe potuto ottenere dagli imperi centrali, buona parte dei territori rivendicati. Ostile all’intervento il mondo cattolico italiano. Papa Benedetto XV salito da poco assunse un atteggiamento pacifista, atteggiamento che: da un lato interpretava i sentimenti fra le masse cattoliche. Dall’altro rispecchiava la preoccupazione per una guerra che vedesse l’Italia schierata al fianco della Francia repubblicana e anticlericale contro la cattolica Austria Ungheria. Psi e CGL condannavano la guerra che contrastava la scelta patriottica, ma rispecchiava il pacifismo delle masse operaie. L’unica defezione fu quella del direttore dell’“Avanti!” Benito Mussolini. - Prima neutrale e poi favorevole all’intervento. Destituito dal suo incarico e poi espulso dal suo partito, Mussolini fondò un nuovo quotidiano:”Il Popolo d’Italia”. I neutralisti erano in netta prevalenza ma non costituivano un’alleanza politica omogenea. IL fronte interventista era lo stesso ma aveva uno scopo comune: - La guerra contro l’Austria. Il partito della guerra poteva contare su giovani dinamici, la piccola e media borghesia, colta e più sensibili ai valori patriottici. (Gentile, Croce, Prezzolini, Einaudi, Salvemini, D’Annunzio.) L’esito lo decise: il capo di governo Salandra, il ministro degli esteri Sonnino, il re Vittorio Emanuele III. Dopo il fallimento del piano di guerra tedesco, Salandra e Sonnino allacciarono contatti segretissimi con l’Intesa. Accettarono i patti dell’Intesa senza informare il parlamento e : - Il 26 aprile 1915 firmarono il patto di Londra, con Francia, Inghilterra Russia. Le clausole principali prevedevano che l’Italia avrebbe ottenuto in caso di vittoria, il trentino, il sud tirolo fino al confine naturale del brennero, la venezia giulia e l’intera penisola istriana, una parte della dalmazia con numerose isole adriatiche. Restava da superare l’opposizione della camera., cui spettava la ratifica del trattato. Giolitti, non ancora al corrente del patto di Londra, si pronunciò per la continuazione delle trattative con l’Austria, trecento deputati gli manifestarono solidarietà, inducendo Salandra a rassegnare le dimissioni. Ma la volontà neutralista del parlamento fu scavalcata. Il re respinse le dimissioni di Salandra. La sera del 23 maggio 1915 l’Italia dichiara guerra all’Austria, il 24 ebbero inizio le operazioni di guerra. La grande strage (1915-16). Nel 1915-1916 la guerra sui fronti italiano e francese si risolse in una immane carneficina, sia a somme che a verdun. senza che nessuno dei due schieramenti riuscisse a conseguire risultati significativi. Nel giugno del 1916, mentre si andava esaurendo l’offensiva tedesca contro verdun, l’esercito austriaco passo all’attacco sul fronte italiano, tentano di penetrare nel trentino. 15 Gli italiani furono colti di sorpresa dall’offensiva, che fu chiamata significativamente “Strafexpedition” (spedizione punitiva contro antico alleato, ritenuto colpevole di tradimento). Più alterne le vicende sul fronte orientale, dove gli imperi centrali ottennero alcuni importanti successi. I successi russi fecero indurre la Romania ad intervenire a fianco dell’intesa. La guerra nelle trincee. Due anni e mezzo di guerra non avevano risolto la situazione di stallo. Sul piano tecnico, la trincea fu la vera protagonista del conflitto: fortificazione difensiva: un fossato scavato nel terreno per mettere i soldati al riparo dal fuoco nemico. Inizialmente concepito come rifugi provvisori, per divenire poi la sede permanente dei reparti di prima linea. - La vita monotona ma pesante che vi si svolgeva era interrotta solo, di quando in quando, da grandi sanguinose offensive, prive di risultati decisivi. Da ciò, soprattutto nei soldati semplici, uno stato d’animo di rassegnazione e apatia, torpore mentale e fisico, vivevano in condizioni igieniche deplorevoli, che a volte sfociava in forme di subordinazione. gli assalti iniziavano nelle prime ore del mattino, preceduti da un intenso tiro di artiglieria (fuoco di preparazione ). L’entusiasmo fino dopo pochi mesi e gli successe la rassegnazione. Gli ufficiali di complemento: - per quanto provati e disillusi, rimanevano fedeli alle motivazioni ideali originarie. Diverso l’atteggiamento dei soldati semplici: - soprattutto per quelli di origine contadina, che erano nei reparti di fanteria, non avevano idee precise sui motivi per cui si combatteva la guerra, e la consideravano come un flagelli naturale da accettare con fatalistica sopportazione. Nei reparti speciali: - la guerra aveva ancora una visione eroica, i soldati la combattevano per solidarietà. La nuova tecnologia militare. Altra novità fu l’utilizzazione di nuove armi: mezzi di offensiva subdola e micidiale come le armi chimiche: - gas che veniva indirizzato verso le trincee, provocando morte per soffocamento. La guerra sollecitò lo sviluppo dei settori giovani, come quello delle automobili, dell’aeronautica, e della radiofonia. Il perfezionamento delle telecomunicazioni, via radio e via filo, permise di coordinare o movimenti delle truppe. In aviazione, nel 1903 o fratelli Wright avevano fatto sollevare da terra un apparecchio, la tecnica del volo aveva fatto piccoli passi. Un altro protagonista fu il carro armato, sperimentato dagli inglesi nel 1916: - il primo mezzo corazzato, un autoblindo, auto ricoperta di lastre d’acciaio e muniti di mitragliatrici. Ma i primi risultati non bastarono a convincere gli alleati dell’utilità dei mezzi corazzati, che invece avrebbero potuto rappresentare un’arma vincente. 16 Invece il sottomarino, usato dai tedeschi, era usato per attaccare le navi nemiche, sia per affondare senza preavviso le navi mercantili che portavano rifornimento ai porti dell’intesa. La guerra sottomarina, era un’arma molto efficace. Urtava però gli interessi commerciali degli stati uniti. Nel 1915, quando fu affondata la Lusitania, le proteste degli Usa furono cosi energiche da convincere i tedeschi a sospendere la guerra sottomarina. La mobilitazione totale e il fronte interno. il conflitto trasformò profondamente la stessa vita civile dei paesi coinvolti. In campo economico si dilagò enormemente l’intervento statale, teso per garantire le risorse necessarie allo sforzo bellico. Il potere dei governi fu largamente condizionato da quello dei militari e, in genere, tutta la società fu soggetta a un processo di militarizzazione. Nasce la propaganda , che cercava di raggiungere non solo le truppe, ma anche la popolazione civile, organizzare poi manifestazioni di solidarietà ai combattenti. Col protrarsi del conflitto si rafforzarono i gruppi socialisti contrari ad esso, divisi però tra il pacifismo dei riformisti e la proposta dei rivoluzionari di utilizzare la guerra la guerra come occasione per la rivoluzione. Nel 1916 nel convegno di Zimmerwald, Lenin, leader riconosciuto dei bolscevichi, aveva sostenuto la tesi, secondo cui: - il movimento operario doveva profittare della guerra e delle sofferenze che essa provocava nelle masse per affrettare il crollo dei regimi capitalistici. - Le tesi leniniane vennero riproposte nel 1917, trovarono adesione in una minoranza di estrema sinistra che agivano all’interno dei partiti socialisti europei.. - Si riproponeva cosi, in forma drammatica, la spaccatura fra riformisti e rivoluzionari. La svolta del 1917. Nei primi mesi del 1917 due fatti mutarono il corso della guerra: la situazione in Russia: Uno sciopero generale degli operai di Pietrogrado si trasformò in una manifestazione politica contro il regime zarista. Quando i soldati chiamati a ristabilire l’ordine rifiutarono di sparare sulla folla e fraternizzarono con i dimostranti. La sorte della monarchia fu segnata: lo zar abdicò il 15 marzo e fu arrestato con l’intera famiglia. Si mise in moto un processo che avrebbe portato la Russia a un collasso militare. Dopo la rivoluzione del novembre il paese si ritirò dal conflitto, cessando di fornire qualsiasi contributo militare agli alleati. In aprile gli stati uniti entrarono in guerra con l’intesa. La Germania aveva ripreso la guerra sottomarina, L’Italia e il disastro di Caporetto Anche per l’Italia il 17 fu l’anno più difficile della guerra. Condona ordinò delle offensive sull’Isonzo, con risultati modesti e costi umani pesanti. - La stanchezza delle truppe italiane portò manifestazioni di protesta e i gesti di subordinazione si fecero più frequenti. 17 - Fra la popolazione civile aumentavano i segni di malcontento per i disagi causati dall’aumento dei prezzi e dalla carenza di generi alimentari. L’unico episodio insurrezionale di verificò a Torino fra il 22 e il 26 agosto: Quando per la mancanza di pane, una protesta si trasformò in un’autentica sommossa, con forte partecipazione operaia. Fu in questa situazione che i comandi austro-tedeschi decisero di profittare delle truppe disponibili provenienti dal fronte russo per infliggere un colpo decisivo all’Italia. il 24 ottobre 1917, un’armata austriaca con divisioni tedesche, attaccò le linee italiane sull’Isonzo e le sfondo nei pressi del villaggio di Caporetto con la nuova tattica dell’infiltrazione (penetrare il più in fretta possibile senza preoccuparsi di consolidare le posizioni raggiunte ma sfruttando la sorpresa per mettere in crisi lo schieramento avversario). Il generale Cadorna, poi sostituito da Armando Diaz, gettò le colpe della disfatta sui suoi stessi soldati, accusando i reparti investiti dall’offensiva si essersi arresi senza combattere. In realtà la rottura del fronte era stata determinata dagli errori dei comandanti, che si erano lasciati cogliere impreparati dall’attacco sull’alto Isonzo. Le conseguenze della sconfitta furono ingigantite dallo stato di stanchezza e di demoralizzazione delle truppe: una situazione però comune a tutti gli eserciti, soprattutto a quello austriaco. Paradossalmente, la svolta imposta dalla disfatta di Caporetto finì con l’avere ripercussioni positive sull’andamento della guerra italiana. - I soldati si trovarono a combattere una guerra difensiva contro un nemico che occupò una parte del territorio nazionale: ciò contribuì a rendere più comprensibili gli scopi del conflitto e ad aumentare il senso di coesione patriottica, al fronte come nel paese. Intorno al nuovo governo, presieduto da Vittorio Emanuele Orlando(giurista siciliano), le forze politiche parvero trovare una maggiore concordia. Solidarietà allo sforzo di resistenza del paese. Anche il cambio di Cadorna con Diaz ebbe effetti positivi sul morale delle truppe. Era più attento alle esigenze dei soldati. Agli inizi del 1918, fu svolta un’opera sistematica di propaganda fra le truppe, attraverso la diffusione di giornali di trincea e la creazione di un servizio P (propaganda). - Attraverso la propaganda si cerco di prospettare ai soldati la possibilità di vantaggi materiali di cui il paese e i singoli cittadini avrebbero potuto godere in caso di vittoria. - Ma ci si sforzò di presentare anche la guerra in una nuova cornice ideologica. - Prendeva corpo l’idea della guerra democratica, per volontà del presidente Wilson. Rivoluzione o guerra democratica. Tra il 6 e il 7 novembre del 1917 un’insurrezione guidata dai bolscevichi rovescia in Russia un governo provvisorio. Il potere fu assunto da un governo rivoluzionario presieduto da Lenin. - Dichiarò la sua disponibilità ad una pace senza annessioni e senza indennità, firmando subito un armistizio con gli stati centrali. Per concludere la pace, 3 marzo 1918, la Russia dovette accettare le durissime condizioni imposte dai tedeschi, che comportavano la perdita di circa ¼ dei territori europei dell’impero russo. Con la pace Lenin riuscì comunque: 18 - a salvare il nuovo stato socialiste a dimostrare al mondo che la trasformazione della guerra imperialista in rivoluzione era realmente attuabile anche con un prezzo elevatissimo. Gli Stati dell’Intesa per rispondere alla sfida di Lenin e per scongiurare la minaccia di un ulteriore diffusione del “disfattismo rivoluzionario”: Accentuarono il carattere ideologico della guerra presentandola come una crociata della democrazia contro autoritarismo, come una difesa della libertà. Questa idea di guerra aveva il suo interprete nel presidente americano Wilson: Egli dichiarò che gli stati uniti, entravano in guerra, non per rivendicazioni territoriali, ma con il solo obiettivo: di ristabilire la libertà dei mari, violata dai tedeschi. Di difendere i diritti delle nazioni, Di instaurare un nuovo ordine internazionale basato sulla pace e sull’accordo fra i popoli liberi. Nel gennaio del 1918 quasi in risposta all’armistizio russo tedesco, Wilson precisò la sua politica in un programma di pace in 14 punti. Abolizione della diplomazia segreta, ripristinò la libertà di navigazione, l’abbassamento delle barriere doganali, la riduzione degli armamenti, la piena reintegrazione del Belgio , della Serbia e della romani, l’evacuazione dei territori russi occupati dai tedeschi, proponeva l’istituzione di un nuovo organismo internazionale, “la società delle nazioni” per assicurare il mutuo rispetto delle norme di convivenza tra i popoli. I 14 punti rappresentavano un’autentica rivoluzione rispetto ai principi cardine della diplomazia prebellica. L’ultimo anno di guerra. Gli ultimi giorni di marzo del 1918 i tedeschi sferrarono l’ultima offensiva nel territorio francese. A fine luglio le forze dell’intesa, superiori in uomini e mezzi, passarono al contrattacco ad agosto i tedeschi subirono la prima grave sconfitta sul fronte occidentale. I generali tedeschi capirono di aver perso la guerra e la loro principale preoccupazione divenne quella di sbarazzarsi del potere che avevano cosi largamente esercitato e di lasciare ai politici la responsabilità di un armistizio che si annunciava durissimo ma che avrebbe permesso alla Germania di concludere la guerra con l’esercito ancora integro e il territorio nazionale intatto. Il compito ingrato di aprire le trattative toccò ad un nuovo governo di coalizione democratica, formatosi con la partecipazione dei socialdemocratici e dei cattolici di centro. Gli alleati della germani crollavano militarmente o si disgregavano internamente. Il bilancio della guerra: La Germania perdeva una guerra che più degli altri aveva contribuito a far scoppiare, la perdeva per fame e per stanchezza, per esaurimento delle forze morali e materiali, ma senza essere stata schiacciata militarmente. Gli stati dell’Intesa, vincitori grazie all’apporto, tardivo ma decisivo, degli stati uniti, uscivano dal conflitto scossi e provati per l’immane sforzo sostenuto. La guerra che era nata da una contesa locale e si era trasformata in uno scontro fra due blocchi di potenze per l’egemonia europea e mondiale, si chiudeva con un tragico bilancio di perdite umane ma anche con un drastico ridimensionamento del peso politico del vecchio continente sulla scena internazionale. 19 I trattati di pace e la nuova carta d’Europa. Il compito dei vincitori era ridisegnare la carta politica e tener conto di quei principi di democrazia e giustizia richiamati nell’ultima fase della guerra. Applicare i 14 punti di Wilson si rivelò problematica: - In un’Europa popolata da gruppi etnici , intrecciati tra loro, non era facile applicare i principi di nazionalità senza far nascere nuovi irredentismi. - Quei principi non erano compatibili con l’esigenza di punire gli sconfitti e premiare i vincitori. Questi problemi si manifestano fin dall’inizio delle discussioni fra i capi di governo delle principali potenze vincitrici: l’americano Wilson,il francese Clemenceau, l’inglese Lloyd George e l’italiano Orlando(il quale, pur figurando nominalmente fra i 4 grandi, svolse in realtà un ruolo marginale). il contrasto fra l’ideale di una pace democratica e l’obiettivo di una pace punitiva risultò evidente soprattutto quando furono discusse le condizioni da imporre alla Germania. La Francia on si accontentava della sola restituzione dell’Alsazia-Lorena, ma chiedevano di spostare i loro confini fino alla riva sinistra del Reno. Questo incontrava l’opposizione di Wilson e degli inglesi che erano contrari allo strapotere di un unico stato sul continente europeo. La Germania accettò senza discutere le clausole che sarebbero state sufficienti a cancellarla per molto tempo dal novero delle grandi potenze. Il 28 giugno 1919 fu firmato il trattato di pace a Versailles. La Germania perse le colonie che vennero spartite tra Francia Gran Bretagna e Giappone. la parte più pesante del Diktat era costituita dalle clausole economiche e militari: - La Germania doveva impegnarsi a rifondere ai vincitori, a titolo di riparazione, i danni subiti con conseguenza del conflitto. L’entità della riparazione sarebbe stata fissata in seguito. (ma doveva essere tale da rendere impossibile per molto tempo una ripresa economica tedesca). - La Germania fu costretta ad abolire il servizio di leva, a rinunciare alla marina da guerra. Erano condizioni umilianti, tali da ferire profondamente la Germania nel suo orgoglio nazionale, oltre che nei suoi interessi. Era l’unico modo per impedire alla Germania di riprendere la posizione di grande potenza che le competeva. Nuove nazionalità emerse dalla dissoluzione dell’impero asburgico. L’Ungheria perse, non solo tutte le regioni slave, ma anche alcuni territori abitati da popolazioni magiare. A trarre vantaggio dalla dissoluzione dell’impero asburgico oltre all’Italia furono soprattutto i popoli slavi. Boemi e slovacchi confluirono nella repubblica di Cecoslovacchia, uno stato federale che comprendeva anche una minoranza,di tre milioni di tedeschi, i sudeti. Un problema delicato per gli stati vincitori era quello dei rapporti con la Russia rivoluzionaria. - Non riconobbero la Repubblica socialista, anzi, cercarono di abbatterla aiutando in ogni modo i gruppi controrivoluzionari. 20 Furono riconosciute e protette le nuove repubbliche indipendenti nei territori baltici perduti dalla Russia. Finlandia, estonia, lettonia, lituania. La Russia si trovò così circondata da una cintura di stati cuscinetto che le erano tutte fortemente ostili. L’Europa uscita dalla conferenza di Parigi contava ben otto nuovi stati sorte dalle rovine dei vecchi imperi, ad esso si sarebbe aggiunto lo stato libero d’Irlanda. Il problema era quello di garantire la sopravvivenza del nuovo assetto territoriale, reso delicato dalla proliferazioni degli stati indipendenti e dalla scomparsa di alcuni fra i pilastri del vecchio equilibrio prebellico. Per assicurare il rispetto dei trattati e la salvaguardia della pace, avrebbe dovuto provvedere la Società delle Nazioni. Il senato degli stati uniti respinse nel marzo del 1920 l’adesione alla Società delle Nazioni e fece cadere anche l’impegno di Wilson circa la garanzia dei nuovi confini franco-tedeschi. Wilson gravemente malato non si presentò alle elezioni presidenziali, che videro una netta vittoria dei repubblicani: - Inizio per gli stati uniti una stagione di isolazionismo, ossia, il rifiuto delle responsabilità mondiali e di ritorno a una sfera di interessi continentali. 14.LA RIVOLUZIONE RUSSA. Nel marzo 1917 la rivolta degli operai e dei soldati di Pietrogrado provocò la caduta dello zar e la formazione di un nuovo governo provvisorio, dominato dalle forze liberal-moderate. Nel maggio si formò un secondo governo provvisorio, cui parteciparono tutti i partiti ad eccezione dei bolscevichi che si rifiutarono di partecipare, secondo loro solo la classe operaia alleata con i contadini, avrebbe potuto assumersi la guida della trasformazione del paese. accanto al potere legale del governo veniva crescendo il potere parallelo dei soviet: - Consigli eletti direttamente dagli operai e dai soldati. - Agiva come un parlamento proletario, emanando ordini, spesso in contrasto con le disposizioni governative. Quando Lenin, leader dei bolscevichi, rientro in Russia dalla svizzera trovò questa situazione. diffuse un documento di 10 punti. (le considerava tesi d’aprile). - In cui rifiutava la diagnosi corrente sul carattere borghese della fase rivoluzionaria in atto e poneva in termini immediati il problema della presa del potere, rovesciando la teoria marxista ortodossa secondo cui la rivoluzione proletaria sarebbe scoppiata prima nei paesi pi sviluppati, come risultato della contraddizione del sistema capitalistico giunto al suo ultimo stadio: era invece la Russia l’anello più debole della catena imperialista, a offrire le condizioni più favorevoli per una messa in crisi del sistema. Obiettivo: conquistare la maggioranza nei soviet e di lanciare le parole d’ordine della pace, della terra ai contadini poveri. La rivoluzione d’ottobre. Con il ritorno di Lenin in Russia, i bolscevichi accentuarono la loro posizione al governo provvisorio, chiedendo la pace immediata, la socializzazione della terra e il passaggio di tutti i poteri ai soviet. 21 Il contributo da essi dato alla sconfitta del tentativo di colpo distato di kornilov rafforzò ulteriormente la loro posizione. A questo punto, grazie alla determinazione di Lenin, decisero di conquistare il potere con la forza bolscevichi. La decisione di rovesciare con forza il governo Kerenskij fu presa di bolscevichi il 23 ottobre. La mattina del 7 novembre (per i russi il 25 ottobre), soldati rivoluzionari e guardie rosse,circondarono e isolarono il palazzo d’inverno, già residenza dello zar e ora sede del governo provvisorio e se ne impadronirono la sera stessa. Senza incontrare grandi resistenze. la fulminea presa di potere e il governo rivoluzionario da essi formato incontrarono l’opposizione della maggioranza delle forze politiche. In dicembre i socialisti rivoluzionari (socialrivoluzionari)riportarono un grande successo nelle elezioni per l’assemblea Costituente: - Questa però fu subito sciolta dai bolscevichi, a gennaio, che in tal modo rompevano definitivamente con la tradizione democratica occidentale. Questo atto di forza era coerente con le idee espresse più volte da Lenin, che non credeva alle regole della democrazia borghese e riconosceva al solo proletariato il diritto di guidare il processo rivoluzionario, attraverso le sue espressioni direttei soviet; e la sua sedicente avanguardia organizzata i partito. Dittatura e guerra civile. Facile per i bolscevichi impadronirsi del potere centrale, ma più difficile era il compito di gestire questo potere, di amministrare un potere immenso, di governare una società tanto complessa quanto arretrata. Il compito era difficile perché i bolscevichi non potevano contare su nessun appoggio di forze politiche, ne sulla collaborazione di strati sociali più elevati. Convinti di poter conquistare in breve l’appoggio delle masse popolari, i leader bolscevichi volevano rapidamente costruire un nuovo stato proletario ispirato all’esperienza della Comune di Parigi, secondo il modello delineato da Lenin nella sua opera “Stato e rivoluzione”. Lenin riprendeva la definizione di Marx sullo Stato come strumento del dominio di una classe sulle altre. Prevedeva che, una volta scomparso questo dominio, lo Stato stesso si sarebbe avviato verso una rapida estinzione. Nella società socialista non vi sarebbe stato bisogno di parlamenti, di magistratura, di eserciti e di burocrazia, ma le masse stesse si sarebbero autogovernate secondo i principi di democrazia diretta sperimentati dai soviet. L’uscita della Russia dalla guerra (trattato di Brest-Litovsk, marzo 1918) provocò l’intervento militare dell’Intesa, che considerò la pace come un tradimento e in risposta cominciarono ad appoggiare le armate bianche costituite dalle truppe ribelli al governo guidato dai bolscevichi. - La gravità della situazione spinse i bolscevichi ad instaurare una vera e propria dittatura. Grazie alla riorganizzazione dell’esercito operata con la costituzione dell’armata rossa degli operai e dei contadini, il governo rivoluzionario riuscì a prevalere. La terza internazionale. Con l’insurrezione d’ottobre e la vittoria nella guerra civile,i bolscevichi avevano compiuto il miracolo di far nascere il primo Stato socialista in un paese profondamente arretrato e circondato da potenze ostili. 22 Nata ufficialmente nel 1919, ma effettivamente operante nel luglio del ’20. Nel II congresso, i partecipanti erano numerosi e autorevoli. il problema centrale del congresso fu rappresentato dalle condizioni cui i singoli partiti avrebbero dovuto sottostare per essere ammessi a far parte dell’internazionale. - Fu lo stesso Lenin a fissare i 21 punti: dovevano ispirarsi al modello bolscevico, cambiare il proprio nome in quello di partito comunista, difendere in tutte le sedi la causa della Russia sovietica. la terza internazionale o internazionale comunista estese a tutto il movimento operaio europeo la frattura tra comunismo e socialdemocrazia che si era verificata in Russia. I partiti comunisti dei vari paesi nacquero strettamente dipendenti dalle direttive dell’internazionale, controllata dai russi. - e non riuscirono ad ottenere l’adesione della maggioranza della classe operaia. Dal comunismo di guerra alla Nep. Nel 1918 il governo bolscevico attuò in campo economico una politica più energica e autoritaria definita comunismo di guerra. Basata sulla centralizzazione delle decisioni e sulla statizzazione di gran parte delle attività produttive. Fu incoraggiata la formazione di comuni agricole volontarie, le cosiddette “fattorie collettive (kolchoz)”. Furono istituite le fattorie sovietiche “sovchoz”, gestite dallo stato direttamente. Questa politica ebbe tuttavia scarsi risultati, finendo con l’alimentare il malcontento dei contadini e operai. Nel marzo 1921 ci fu un mutamento di rotta con la Nep nuova politica economica. Basata su una parziale liberalizzazione delle attività economiche. La Nep stimolò la ripresa produttiva, ma ebbe anche effetti sociali non previsti e non desiderati: Come la crescita dei contadini ricchi, degli imprenditori e degli affaristi. Le condizioni della grande industria di Stato e degli operai in essa impiegati, non migliorarono sensibilmente. Nella città cresceva il numero dei disoccupati, per i lavoratori, i salari, pagati in danaro, erano bassi, la contrattazione era resa difficile dalla mancanza di una vera organizzazione sindacale. Proprio la classe operaia, protagonista della rivoluzione e principale sostegno del regime comunista, risultò la maggiore sacrificata dalle scelte della Nep. L’unione sovietica:costituzione e società Nel 1922 nacque l’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche (Urss). La nuova costituzione comportava di fatto la dittatura del partito comunista, l’unico del quale fosse consentita l’esistenza. I bolscevichi si proposero anche di trasformare cultura e valori tradizionali: - da ciò la lotta contro la chiesa ortodossa, - riconoscere il solo matrimonio civile, semplificò al massimo le procedure del divorzio nuove norme sulla famiglia - fu legalizzato l’aborto e proclamata la parità fra i sessi e la condizione dei figli illegittimi fu equiparata a quella dei legittimi. - Liberalizzazione dei costumi. 23 - l’impegno nell’istruzione, obbligatoria fino all’età di 15 anni, la lotta contro l’analfabetismo si accompagno con sostanziali innovazioni. - Si cerco di collegare la scuola al mondo della produzione, privilegiando l’istruzione su quella umanistica, ci si preoccupò di formare ideologicamente le nuove generazioni incoraggiando l’iscrizione in massa nell’organizzazione giovanile del partito e facendo largo spazio in tutti i livelli di istruzione all’insegnamento della dottrina marxista. - nell’educazione dei giovani. In campo culturale, i primi anni ’20 furono una stagione di fioritura delle avanguardie artistiche. Da Lenin a Stalin: il socialismo in un solo paese. Nell’aprile del 1922 l’ex commissario alle Nazionalità Josip Djugasvili, detto Stalin, fu nominato segretario generale del partito comunista. Poche settimane dopo Lenin venne colpito da una malattia che lo portò poi alla morte nel 1924. Con la malattia di Lenin e l’ascesa di Stalin alla segreteria le cose cambiarono rapidamente. - I dissensi interni al gruppo bolscevico si fecero più aspri e si intrecciarono con una sempre più scoperta lotta per la successione. Stalin riuscì dapprima ad emarginare Trotzkij:Fautore di un continuo sviluppo e di una continua estensione del processo rivoluzionario. - Contrapponendogli la teoria del socialismo in un solo paese. Quindi Stalin si sbarazzò dell’opposizione di sinistra che chiedeva la fine della Nep e l’accelerazione dello sviluppo industriale. Si affermava sempre più il suo potere personale 16.IL DOPOGUERRA IN ITALIA E L’AVVENTO DEL FASCISMO. Con la vittoria l’Italia aveva superato la prova più impegnativa della sua storia unitaria. L’economia presentava i tratti tipici della crisi postbellica. - Deficit gravissimo del bilancio statale, inflazione galoppante, sviluppo abnorme di alcuni settori industriali con conseguenti problemi di riconversione. La classe operaia ritorna alla libertà sindacale, chiedeva miglioramenti economici e reclamava maggiore potere in fabbrica e manifestava tendenze rivoluzionarie. I contadini tornati dalla guerra erano più consapevoli dei loro diritti. Insofferenti dei vecchi equilibri sociali, decisi ad ottenere dalla classe dirigente l’attuazione delle promesse fatte nel corso del conflitto. I ceti medi, fortemente coinvolti nell’esperienza della guerra. Tendevano ad organizzarsi e a mobilitarsi per difendere i loro interessi e i loro ideali patriottici. Questo era un problema comune a tutti gli stati usciti dal conflitto. Ma si presentavano in forma pi acuta in un paese come l’Italia dove, rispetto alla Francia e Inghilterra, le strutture economiche erano meno avanzate e le istituzioni politiche meno profondamente radicate nella società. Il processo di democratizzazione era appena agli inizi: da poco applicato il suffragio universale maschile (1913). La classe dirigente liberale si trovo sempre più contestata e isolata. Risultarono favorite quelle forze, socialiste e cattoliche, che si consideravano estranee alla tradizione dello stato liberale. 24 Non si erano compromesse con le responsabilità della guerra. Cattolici, socialisti e fascisti. Furono i cattolici a portare il primo e più importante fattore di novità: Dando vita nel gennaio del 1919 al partito popolare italiano Ppi. Fondato da Luigi Sturzo, primo segretario. Si presentava con un programma di impostazione democratica e, pur ispirandosi alla dottrina cattolica di dichiarava aconfessionale. - In realtà il Ppi era strettamente legato alla chiesa e alle sue strutture organizzative. - La sua nascita fu resa possibile dal nuovo atteggiamento assunto dopo la guerra dal papa e dalle gerarchie ecclesiastiche. un ‘altra novità fu la crescita impetuosa del Partito socialista. - Prevalenza della corrente di sinistra, ora chiamata massimalista, su quella riformista. I massimalisti (corrente di sinistra) avevano il loro leader nel direttore dell’ “Avanti!” Gioacchino Menotti Serrati, che Si poneva come obiettivo immediato: L’instaurazione della repubblica socialista fondata sulla dittatura del proletariato e si dichiaravano ammiratori entusiasti della rivoluzione bolscevica. in realtà i massimalisti italiani avevano ben poco in comune con i bolscevichi russi. - Più che preparare la rivoluzione, la aspettavano, ritenendola cmq inevitabile. - Più che guidare le masse alla conquista dello Stato, ne seguivano i movimenti, vedendovi i segni di una prossima presa di potere. In polemica con questa impostazione si formarono nel Psi gruppi di estrema sinistra, composti da giovani, che si battevano per un più coerente impegno rivoluzionario. Fra questi gruppi emergevano: quello napoletano con a capo Amedeo Bordiga che puntava alla creazione di un nuovo partito rivoluzionario ricalcato sul modello bolscevico. - e quello che operava a Torino attorno ad Antonino Gramsci e alla rivista “l’ordine nuovo” che agivano a contatto coi nuclei operai più avanzati e combattivi d’Italia, e che erano affascinati dall’esperienza dei soviet. Il partito socialista era schierato su posizioni apertamente rivoluzionarie. Fra questi movimenti, fece spicco quello fondato a Milano, il 23 marzo 1919, da Benito Mussolini, con il nome di Fasci di combattimento. Politicamente, il nuovo movimento si schierava a sinistra, chiedeva audaci riforme sociali e si dichiarava favorevole alla repubblica. Ma nel contempo ostentava un acceso nazionalismo e una feroce avversione nei confronti dei socialisti. Ai suoi esordi, il fascismo raccolse solo scarse ed eterogenee adesioni. - Ma si fece subito notare per il suo stile politico aggressivo e violento, insofferente ai vincoli ideologici e tutto teso verso l’azione diretta. i fascisti furono protagonisti del primo grave episodio di guerra civile dell’Italia postbellica: - Lo scontro con il corteo socialista avvenuto a Milano il 15 e il 19 aprile e conclusosi con l’incendio della sede dell’ “Avanti!” era il segno di un clima di violenza e di intolleranza destinato ad aggravarsi con il passare dei mesi. Sia per l’inasprimento delle tensioni sociali, sia per le polemiche provocate dall’andamento della conferenza di pace. 25 La vittoria mutilata e l’impresa fiumana. Dal punto di vista degli equilibri internazionali, l’Italia era uscita dalla guerra nettamente rafforzata: - Aveva raggiunto i sospirati confini naturali e aveva visto scomparire dalle sue frontiere i nemici tradizionali, l’impero asburgico. La dissoluzione dell’Austria – Ungheria, poneva problemi non previsti dal patto di Londra. In esso si stabiliva che la Dalmazia (con prevalenti abitanti slavi) fosse annessa all’Italia e che la città di fiume (con prevalenti abitanti italiani) restasse all’impero austroungarico. Per i governanti italiani si poneva una scelta: - Restare ancorati ai canoni della vecchia diplomazia e pretendere il rispetto integrale del Patti di Londra. - O abbracciare i principi della nuova politica delle nazionalità, rinunciando ai vantaggi territoriali in Dalmazia e puntando sull’amicizia con la Jugoslavia. Alla conferenza di Versailles la delegazione italiana, capeggiata dal presidente del consiglio Orlando e dal ministro degli esteri Sonnino. - Cerco di eludere questa scelta, chiedendo l’annessione di Fiume sulla base del principio di nazionalità, ma in aggiunta ai territori promessi nel ’15. Tali richieste incontrarono l’opposizione degli alleati (in particolare di Wilson che non era vincolato dalle clausole del patto di Londra). Nell’aprile del 1919, per protesta contro Wilson, Sonnino e Orlando abbandonarono Versailles e fecero ritorno in Italia, dove furono accolti da manifestazioni patriottiche, un mese dopo ritornarono a Parigi senza ottenere risultati. Questo insuccesso segno la fine del governo Orlando, che si dimise a metà giugno. - Il nuovo ministero presieduto da Francesco Saverio Nitti (orientamento democratico) si trovò ad affrontare una situazione deteriorata. gli avvenimenti del 1919 avevano suscitato ostilità verso gli ex alleati, accusati di voler defraudare l’Italia dei frutti della vittoria. E l’opinione pubblica giudicava incapace la classe dirigente, nel tutelare gli interessi nazionali. Si parlò di una vittoria mutilata espressione di Gabriele D’Annunzio vate nazionale, anche in virtù di alcune audaci e fortunate imprese compiute durante la guerra. La manifestazione più clamorosa di questa protesta fu nel settembre del 1919, quando alcuni reparti militari ribelli assieme a gruppi di volontari, sotto il comando di D’Annunzio, occuparono la città di fiume e ne proclamarono l’annessione all’Italia. - Concepita come mezzo di pressione sul governo, l’avventura fiumana si prolungò per 15 mesi e si trasformò in un’inedita esperienza politica. - A fiume D’Annunzio istituì una provvisoria reggenza, li si diedero convegno personaggi più disparati. A fiume maturò il piano, non attuato, di marciare su Roma e cacciare il governo. Le agitazioni sociali e le elezioni del ‘19 sul piano interno, il ’19 e il ’20 fu una fase di acute agitazioni sociali: - Moti contro il caro vivere. - Scioperi operai e agrari. - Occupazioni delle terre. 26 Le elezioni del novembre del 1919, tenutesi con il sistema proporzionale, segnarono la perdita del controllo del Parlamento da parte delle forze liberali, nonché un successo di socialisti e popolari. Il Psi rifiutava ogni collaborazione coi gruppi borghesi, l’unica maggioranza possibile era quella basata sull’accordo fra popolari e liberal democratici. - Su questa precaria condizione si fondarono gli ultimi governi dell’era liberale. Giolitti, l’occupazione delle fabbriche e la nascita del Pci. Indebolito dall’esito delle elezioni, il governo Nitti sopravvisse fino a giugno del 1920, quando assunse il nuovo governo, l’ormai ottantenne Giolitti. Rimasto ai margini della vita politica negli anni della guerra. Torno al potere con un programma molto avanzato. - Durante il suo governo fu risolta la questione di fiume (trattato di Rapallo e fine dell’impresa fiumana). Tuttavia il disegno giolittiano di ridimensionare le spinte rivoluzionarie del Psi attraverso un’apertura riformista fallì. Il maggior episodio di conflittualità del periodo fu l’occupazione delle fabbriche nel settembre del 1920. la cui conclusione accentuò le divisioni nel movimento socialista. - e diffuse in tutta la borghesia un desiderio di rivincita. Al congresso socialista di Livorno il 21 gennaio del 1921, la corrente di sinistra guidata da Bordiga e Gramsci si scisse dal Psi e fondò il partito comunista Pci. Il fascismo agrario e le elezioni del 1921. L’occupazione delle fabbriche e la scissione di Livorno segnarono la fine del biennio rosso. La classe operai accusava i colpi della crisi recessiva che stava investendo l’economia italiana ed europea. Traducendosi in un forte aumento della disoccupazione. Tra la fine del ’20 e l’inizio del ’21 il fascismo, abbandonando gli originari caratteri radicaldemocratici e la marginalità politica: - si qualificò decisamente in senso antisocialista, e fondarsi su strutture paramilitari (squadre d’azione). Puntarono la loro lotta spietata contro il movimento socialista. Le azioni squadristi colpirono sedi ed esponenti del movimento operaio e contadino del centro-nord. Questa trasformazione si spiega in parte con una scelta di Mussolini, che decise di cavalcare l’onda di riflusso antisocialista seguita al biennio rosso. In parte va ricollegata alla situazione delle campagne padane dove il fascismo agrario si sviluppo. In due anni di lotta, quasi sempre vittoriose, le leghe socialiste avevano ottenuto miglioramenti salariali. - Attraverso i loro uffici di collocamento, le leghe controllavano il mercato del lavoro. I socialisti disponevano di una fitta rete di cooperative e avevano in mano una buona parte delle amministrazioni comunali. Questo sistema aveva aspetti autoritari. Le cause della repentina crescita del fascismo agrario furono varie: - forza militare, tentativo di Giolitti di usare il fascismo per ridurre alla ragione socialisti e popolari, ma anche consensi in quelle categorie contadine (piccoli proprietari, mezzadri, piccoli affittuari) che mal sopportavano il controllo esercitarono 27 dalle organizzazioni socialiste nelle campagne e che accettarono il sistema delle leghe perché ne ricevevano vantaggi in termini sindacali. L’atto di nascita del fascismo agrario viene individuato nei fatti di Palazzo d’Accursio, a Bologna, del 21 novembre del 1920, quando: i fascisti si mobilitarono per impedire la cerimonia d’insediamento della nuova amministrazione comunale socialista. Vi furono scontri e sparatorie dentro e fuori il municipio. Per un tragico errore i socialisti, incaricati di difendere il palazzo comunale, spararono sulla folla, composta dai loro stessi sostenitori, provocando una decina di morti. Da ciò i fascisti trassero pretesto per scatenare una serie di ritorsioni antisocialiste in tutta la provincia. I socialisti furono colti di sorpresa e la loro incertezza e vulnerabilità accrebbe l’audacia degli avversari. I proprietari terrieri scoprirono nei Fasci lo strumento capace di abbattere il potere delle leghe e cominciarono a sovvenzionarli generosamente. Il movimento fascista vide affluire nelle sue file nuove e numerose reclute. Nel giro di pochi mesi il fenomeno dello squadrismo dilagò. L’offensiva squadrista ebbe ovunque le stesse caratteristiche. Si spostavano dalle città, in genere in camion verso le campagne, verso i centri rurali. L’obiettivo delle spedizioni erano i municipi, le camere del lavoro, le sedi delle leghe, le case del popolo, che vennero sistematicamente devastati e incendiati. La magistratura adottò nei confronti dei fascisti criteri ben diversi da quelli usati contro i sovversivi di sinistra. Giolitti pur evitando di favorire lo squadrismo apertamente, guardo con malcelata compiacenza allo sviluppo del movimento fascista, pensando di servirsene per indurre a più miti pretese i socialisti ei popolari e poi in seguito costituzionalizzare assorbendolo nella maggioranza liberale. In questa strategia si inquadrava la decisione di convocare nuove elezioni per i maggio 1921 e di favorire l’ingresso dei candidati fascisti nei cosiddetti “blocchi nazionali”: Cioè nelle liste di coalizione in cui i gruppi costituzionali (conservatori, liberali e democratici) si unirono per impedire una nuova affermazione dei partiti di massa. I fascisti ottennero cosi una legittimazione da parte della classe dirigente, senza per questo dover rinunciare ai metodi illegali. L’agonia dello stato liberale. L’esito delle elezioni di maggio mise alla fine l’ultimo esperimento di Giolitti, che si dimise all’inizio di luglio. Lo successe Ivanoe Bonomi: - Cerco di far uscire il paese dalla guerra civile favorendo una tregua d’armi fra le due parti , una tregua fu infatti fatta con la firma di un patto di pacificazione tra socialisti e fascisti. Rinuncia alla violenza da ambo i lati. Il patto rientrava nella strategia di Mussolini, che mirava a inserirsi nel gioco politico ufficiale e temeva il diffondersi di una reazione popolare contro lo squadrismo. - Questa strategia non era condivisa dai fascisti pi intransigenti, i cosiddetti ras, che sabotarono i n ogni modo il patto di pacificazione, giungendo a mettere in discussione la leadership di Mussolini. 28 Ad un congresso dei fasci Mussolini sconfesso il patti di pacificazione che in verità non aveva mia funzionato. - I ras riconobbero la guida politica di Mussolini e accettarono la trasformazione del movimento fascista in un vero e proprio partito, cosa che avrebbe limitato non poco la loro libertà d’azione. Nasceva cosi il Partito nazionale fascista (Pnf). Il fascismo acquistava forza e il ministero di Bonomi si consumava. La giuda del governo fu affidata a Luigi Facta, giolittiano, - Con lui l’agonia dello stato liberale entro nella sua fase culminante. la scarsa autorità politica del nuovo governo finì col dare ulteriore spazio alla dilagante violenza squadrista. Già dalla primavera del ’22 il fascismo si rese protagonista. All’offensiva fascista i socialisti non seppero reagire. Il 1° agosto i dirigenti sindacali decisero di proclamare uno sciopero generale legalitario in difesa delle libertà costituzionali. I fascisti colsero il pretesto per atteggiarsi a custodi dell’ordine e per lanciare una nuova e violenta offensiva contro i movimento operaio. - Per una settimana le camicie nere si scaterarono contro di essi. - Il movimento operaio ne usciva distrutto. i primi di ottobre nel ’22, poco prima che il fascismo conquistasse il potere, in un congresso a Roma, i riformisti guidati da Turati abbandonarono il Psi per fondare il nuovo partito socialista unitario. (Psu) . La marcia su Roma. Assicuratosi il controllo della piazza e sbaragliato il movimento operaio, il fascismo si poneva il problema del controllo dello Stato. Solo insediandosi al potere il partito avrebbe potuto andare incontro alle aspettative delle masse ormai ingenti ed evitare il pericolo di una reazione di rigetto da parte di quelle forza moderate che, avendo appoggiato lo squadrismo in funzione antisocialista, avrebbero potuto ritenerne ormai esaurito il ruolo. In questa fase delicata, Mussolini come al solito giocò su due tavoli: Da un lato: - intrecciò trattative con i più autorevoli esponenti liberali in vista della partecipazione fascista a un nuovo governo. - Rassicurò la monarchia sconfessando le passate simpatie repubblicane. - Si guadagno il favore degli industriali annunciando di voler restituire spazio all’iniziativa privata. Dall’altro: - Lasciò che l’apparato militare del fascismo si preparasse apertamente alla presa del potere mediante colpo di stato. Cominciò cosi a prendere corpo il progetto di una “marcia su Roma”: Ossia una mobilitazione generale per conquistare il potere centrale. L’inizio della mobilitazione fu fissato al 27 ottobre del 22. Un piano del genere non avrebbe avuto nessuna possibilità di successo se avesse incontrato una ferma reazione da parte delle autorità. 29 Lo stesso Mussolini credeva poco nelle possibilità di successo militare e pensava di servirsi della mobilitazione come mezzo di pressione politica, contando sulla debolezza del governo. In effetti fu l’atteggiamento del re a risultare decisivo, nel generale disfacimento dei poteri statali. Vuoi perché non si curò della lealtà dei vertici militari, vuoi perché deciso a evitare a ogni costo una guerra civile, Vittorio Emanuele III rifiutò, la mattina del 28 ottobre, a firmare il decreto per la proclamazione dello stato d’assedio( passaggio dei poteri all’autorità militare.) che era stato preparato dal governo già dimissionario. Il rifiuto del re apri alle camice nere la strada di Roma e al loro capo la via del potere. Mussolini non si accontentò della soluzione auspicata dal re e dagli ambienti moderati: Partecipazione fascista a un governo guidato da un esponente conservatore. Ma chiese ed ottenne di essere chiamato lui stesso a presiedere il governo. Il 30 ottobre Mussolini fu ricevuto dal re. La crisi era dunque risolta in modo ambiguo. I fascisti gridarono al trionfo, i moderati si rallegrarono per il fatto che la legalità costituzionale , violata nei fatti, era stata rispettata almeno nelle forme. I rivoluzionari si illusero che nulla fosse cambiato. il paese nel suo complesso segui gli eventi con un misto di indifferenza e di rassegnazione. Pochi capirono che il sistema liberale aveva ricevuto un colpo mortale e che il cambio di governo sarebbe presto diventato cambio di regime. Verso lo stato autoritario. Una volta assunta la guida del governo, Mussolini continuo ad alternare la sua linea dura alla linea morbida, le promesse di normalizzazione moderata alle minacce di una seconda ondata rivoluzionaria. Questo reso possibile dalla miopia degli alleati liberali e cattolici. il 22 dicembre fu istituito il “Gran consiglio del fascismo”. Che aveva il compito di indicare le linee generali della politica fascista e di servire da raccordo fra partito e governo. il 23 gennaio le squadre fasciste furono inquadrate nella Milizia volontaria per la sicurezza nazionale: un corpo armato di partito che aveva come scopo quello di: - Proteggere gli inesorabili sviluppi della rivoluzione e disciplinare lo squadrismo e limitare il potere dei ras. Istituzionalizzare la milizia non servì a far cessare le violenze illegali contro gli oppositori. Il numero degli scioperi scese già dal 21 fino ad arrivare a livelli insignificanti nel 23. Furono alleggerite le tasse gravanti sulle imprese. Fu abolito il monopolio statale delle assicurazioni sulla vita istituito nel’12. Il servizio telefonico fu privatizzato. Si cercò infine, di contenere la spesa pubblica con un energico sfoltimento nei ruoli del pubblico impiego che colpì la categoria dei ferrovieri. Licenziamenti. Sul piano economico, la politica liberista con a capo il ministro delle finanze De Stefani, parve ottenere discreti risultati. Tra il ’22 e il ’25 vi fu un notevole aumento delle produzione, sia industriale sia agricola e il bilancio dello Stato tornò in pareggio. Un sostegno decisivo Mussolini lo ebbe anche dalla Chiesa cattolica, in cui, dopo l’avvento del ’22 del nuovo papa Pio XI, stavano prendendo il sopravvento le tendenze conservatrici. Per molti cattolici, il fascismo aveva avuto il merito di aver allontanato il pericolo di una rivoluzione socialista e di aver restaurato il principio di autorità. 30 Mussolini, fu prodigo di riconoscimenti per la missione universale della chiesa e si mostro disposto ad importanti concessioni. anche la riforma scolastica varate nella primavera del ’23 dall’allora ministro dell’istruzione gentile, andava incontro per molti aspetti alle attese del mondo cattolico: - La riforma fu fondata sul primato dell’istruzione classica come canale di formazione della classe dirigente, oltre all’insegnamento della religione nelle scuole elementari, prevedeva un esame di stato al termine di ogni ciclo di studi. La prima vittima dell’avvicinamento tra chiesa e fascismo, fu il Partito popolare, considerato un ostacolo per il miglioramento dei rapporti con lo stato. Nell’aprile del 23 Mussolini impose le dimissioni dei ministri popolari. Poco dopo Sturzo, la segreteria del Ppi. Mussolini doveva però rafforzare la sua maggioranza parlamentare. Fu questo lo scopo della nuova legge elettorale maggioritaria, varata nel luglio del ’23. La legge avvantaggiava la lista che avesse ottenuto la maggioranza relativa (2,5% dei voti) assegnandole i 2/3 dei seggi disponibili. Nelle elezioni del 24 le opposizioni uscirono notevolmente ridimensionate. Il delitto Matteotti e l’Aventino. Il successo delle elezioni rafforzo la posizione di Mussolini e alimentò le speranze dei fiancheggiatori che speravano in una evoluzione del fascismo in senso liberal-conservatore. A apocopi di due mesi dalle elezioni, un evento tragico: - Il 10 giugno del 1924, il deputato Giacomo Matteotti, segretario del partito socialista unitario, fu rapito a Roma da un gruppo di squadristi (membri di un’organizzazione illegale alle dipendenze del Pfi), caricato a forza su un’auto e ucciso a pugnalate. - Il suo cadavere, abbandonato in una macchia a pochi chilometri dalla capitale, fu trovato solo due mesi dopo. Dieci giorni prima di essere ucciso, Matteotti aveva pronunciato alla Camera una durissima requisitoria contro il fascismo, denunciandone le violenze e contestandola validità dei risultati elettorali. Era naturale che la sua scomparsa suscitasse nell’opinione pubblica un’ondata di indignazione contro il fascismo e il suo capo. Sebbene gli esecutori materiali fossero stati arrestati, ne allora ne poi si poterono individuare con certezza i mandanti diretti. Il paese capì che il delitto era il risultato di una pratica ormai consolidata di violenza e di impunità, di cui Mussolini e i suoi seguaci portavano la responsabilità. Il fascismo che prima sembrava inattaccabile, si trovò improvvisamente isolato. L’opposizione non aveva la possibilità di mettere in minoranza il governo, ne era in grado di affrontare una prova di forza sul piano della mobilitazione di piazza. - L’unica iniziativa dell’opposizione fu quella di astenersi dai lavori parlamentari e di riunirsi separatamente affinché non fosse stata ripristinata la legalità democratica. La cessione dell’Aventino aveva un indubbio significato ideale, prima anche di qualsiasi efficacia pratica. I partiti aventiani si limitarono infatti ad agitare di fronte all’opinione pubblica una questione morale, sperando in un intervento della corona o in uno sfaldamento della maggioranza fascista.. ma il re non intervenne. 31 I fiancheggiatori, pur accentuando le loro critiche all’illegalismo fascista, non tolsero l’appoggio al capo di governo. Mussolini, per venire in contro alle loro richieste, accetto di dimettersi da ministro degli interni e di sacrificare alcuni dei suoi collaboratori più coinvolti nell’affare Matteotti. In pochi mesi l’ondata antifascista rifluì. Mussolini decise di contrattaccare. Il 3 gennaio del ’25, in un discorso alla camera, il capo di governo ruppe ogni cautela legalitaria, dichiarò chiusa la questione morale e minacciò apertamente di usare la forza contro le opposizioni. Nei giorni a seguire, un’ondata di arresti, perquisizioni e sequestri, si abbatte sui partiti dell’opposizione. invece di provocare la fine dell’avventura fascista, la crisi Matteotti, aveva determinato la disfatta dei partiti democratici e accelerato il passaggio da un governo autoritario a una vera e propria dittatura. La dittatura a viso aperto. La svolta del 3 gennaio non lasciava più spazio per gli equivoci e i compromessi: la scelta era tra: Fascismo e antifascismo. Dittatura e libertà. Molti uomini politici sentirono la necessità di prender posizione. Iniziarono i manifesti di Gentile per i fascisti e di Croce per gli antifascisti che rivendicava i diritti di libertà ereditati dalla tradizione risorgimentale. Il fascismo portava a compimento l’occupazione dello stato. E chiudeva ogni residuo spazio di libertà politica e sindacale. Tra il ’25 e il ’26 si consumò la fine dello stato liberale. Fascistizzazione della stampa, persecuzioni antifasciste, rafforzamento dei poteri del capo di governo, legge per la difesa dello stato che istituiva il tribunale speciale, composto non da giudici ordinari, ma da ufficiali delle forze arate e della milizia, e lo scioglimento di tutti i partiti, tranne quello fascista: - un regime a partito unico, che non si accontentava di reprimere e controllare le masse, ma pretendeva di inquadrarle in proprie organizzazioni. 17.LA GRANDE CRISI:ECONOMIA E SOCIETÀ DEGLI ANNI ’30. Crisi e trasformazione. Alla fine degli anni ’20, l’Europa e il mondo sembravano avviati a superare traumi e ferite del primo conflitto mondiale. L’economia occidentale aveva ripreso a svilupparsi. In questo quadro di apparente stabilità e di diffusa prosperità si abbatté una crisi economica tanto imprevista quanto catastrofica. Scoppiata nell’autunno del 1929 e prolungatasi per buona parte negli anni ’30, la grande crisi, fece sentire i suoi effetti anche sulla politica e sulla cultura, sulle strutture sociali e sulle istituzioni statali: Segnando un taglio netto nello sviluppo storico delle società occidentali. Sconvolse i vecchi assetti e accelerò trasformazioni già in atto. 32 Diede spinta alla decadenza dell’Europa liberale e compromise gli equilibri internazionali. Nel corso degli anni 30 ci furono problemi: - La compenetrazione fra apparati statali ed economia e l’affermarsi di forme di capitalismo diretto. - Lo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa. - La crescita delle classi medie in rapporto allo sviluppo del settore terziario. Gli anni dell’euforia: gli Stati Uniti prima della crisi. Durante la grande guerra, gli Stati Uniti avevano sia rinsaldato le loro posizione come primo paese produttore, ma avevano anche concesso cospicui prestiti ai loro alleati in Europa, divenendo cosi il maggiore esportatore di capitali. -a guerra finita il dollaro era la moneta forte dell’economia mondiale. Superata la depressione post bellica. Cominciò per il sistema statunitense un periodo di grande prosperità. La diffusione della produzione in serie e della razionalizzazione del lavoro in fabbrica secondo i principi del Taylorismo favorirono notevoli aumenti di produttività Taylorismo: organizzazione scientifica del lavoro: OSL. 1800 produzione per piccoli lotti. 1900 produzione grandi serie. 200 produzione grandi serie per piccoli lotti. La produzione industriale salì, il reddito nazionale aumento, ma nonostante gli incrementi produttivi, il numero degli occupati dell’industria calò sensibilmente, a causa della disoccupazione tecnologica: gli sviluppi della tecnica diminuivano la quantità di lavoro necessaria a ottenere un determinato prodotto, in misura tale da non poter essere compensata dall’aumento della produzione. Andava crescendo l’occupazione nel settore dei servizi, più occupati nel terziario che nell’industria. L’espansione industriale portò notevoli mutamenti nell’organizzazione della vita quotidiana. In USA circolava negli anni 20 un’automobile ogni 5 abitanti (Europa 1 su 83) mentre l’uso degli elettrodomestici si era largamente diffuso nelle famiglie anche grazie ai sistemi di vendita rateale. Dal punto di vista politico c’è un’incontrastata egemonia del partito Repubblicano. Sostenitori di un rigido liberismo economico e convinti che l’accumulazione della ricchezza privata costituisse la miglior garanzia di prosperità. I repubblicani attuarono una politica fortemente conservatrice: ridussero le imposte dirette e aumentarono quelle indirette. Mantennero la spesa pubblica a livelli molto bassi. I presidenti repubblicani costruirono le proprie fortune alimentando le pi ottimistiche aspettative sui destini della prosperità americana Il ritmo di aumenti dei salari era molto inferiore a quello dei profitti. Mentre, gli operai di alcune industrie (ford) e altre minoranze di lavoratori qualificati erano favoriti sul piano retributivo e assistenziale e potevano così inserirsi nel circuito della prosperità. Misere invece le condizioni di vita e di lavoro degli operai comuni, e dei lavoratori immigrati e di colore. Vi fu un’ondata di conservatorismo ideologico. Furono introdotte leggi limitative dell’immigrazione, anche per impedire la contaminazione dei caratteri etnici della popolazione yankeee la diffusione di ideologie sovversive di origine europea. 33 Il punto culminante di questa reazione fu il processo a due anarchici italiani, Sacco e Vanzetti, accusati di omicidio con una montatura giudiziaria e mandati a morte nel 1927 in spregio a tutte le prove della loro innocenza. Lo stesso proibizionismo,- il divieto di fabbricare e vendere bevande alcoliche, introdotto nel ’24 e rimasto in vigore fino al’34-, scaturì da questo retroterra culturale, poiché l’ubriachezza era ritenuta un vizio tipico dei neri e proletari in genere. Questa realtà sociale cosi contraddittoria, non intaccava il sostanziale ottimismo della borghesia americana e la sua fiducia in una continua moltiplicazione della ricchezza. la conseguenza più vistosa fu la frenetica attività della borsa di New York, chiamata wall street dal nome della via in cui ha sede. Un’attività consistente in gran parte in pure operazioni speculative, incoraggiati dalla prospettiva di facili guadagni. Acquistare azioni e rivenderle ad un prezzo maggiore. Questa euforia poggiava in realtà su fondamenta assai fragili. La domanda sostenuta di beni di consumo durevoli aveva fatto si che nel settore industriale si formasse una capacità produttiva sproporzionata alle possibilità di assorbimento nel mercato interno: Possibilità limitate sia dalla particolare natura dei beni di consumo durevoli, sia dalla crisi del settore agricolo, che teneva bassi i redditi dei ceti rurali. La generale ripresa dell’economia europea nella seconda metà degli anni ’20, resa possibile dal cospicuo afflusso di capitali americano sotto forma di prestiti, aveva consentito all’industria statunitense, protetta dalle barriere doganali, di allargare la sua penetrazione nei nercati europei. Fra economia americana ed economia europea si era venuto a creare un proficuo rapporto di interdipendenza: l’espansione americana finanziava la ripresa europea e questa a sua volta con le sue importazioni lo sviluppo degli stati uniti. quando nel ’28, molti capitali americani furono dirottati verso le più redditizie operazioni speculative di wall street, le conseguenze sull’economia europea si fecero sentire immediatamente, ripercuotendosi subito dopo la produzione industriale americana, il cui indice comincio a scendere già nelle’estate del ’29. Il grande crollo del 1929. In una situazione già incerta, si abbatterono anche gli effetti catastrofici del crollo della borsa di New York: Il corso dei titoli a wall street raggiunse i livelli più elevati all’inizio del settembre 1929. Seguirono alcune settimane di incertezza durante le quali cominciò ad emergere la propensione degli speculatori a liquidare i propri pacchetti azionari per realizzare i guadagni fin allora ottenuti. il 24 ottobre, il giovedì nero, furono scambiati 13 milioni di titoli, il 29 le vendite ammontarono a 16 milioni. La corsa alle vendite determinò naturalmente una precipitosa caduta del valore dei titoli. distruggendo in pochi giorni i sogni di ricchezza dei loro possessori. Molte fortune di erano volatilizzate, nel solo giovedì nero ci furono 11 suicidi fra gli speculatori e agenti di borsa. il crollo del mercato azionario colpì in primo luogo i cetili ricchi e benestanti, 34 gli effetti planetari della crisi furono aggravati dal fatto che gli Usa, anziché assumersi le responsabilità connesse al ruolo di potenza egemone sul piano economico, Cercarono di difendere la loro produzione inasprendo il protezionismo e contemporaneamente ridussero, fino a sospenderla, l’erogazione dei crediti all’estero. Negli stati uniti molte aziende dovettero chiudere. Le misure protezionistiche adottate subito in Usa e poi negli altri paesi, provocarono una brusca contrazione del commercio internazionale. La recessione economica, cui si accompagnò un altissimo numero di disoccupati, si diffuse in tutto il mondo. La crisi in Europa. In Europa al declino delle attività produttive e commerciali si sovrappose una crisi finanziaria che ebbe le sue manifestazioni prima in Austria e in Germania, dove poi si aggiunse il collasso del sistema bancario. Alla crisi bancaria si aggiunse una crisi monetaria. I crolli in Austria e in Germania provocarono un allarme sulla solidità delle finanze inglesi e sulla stessa tenuta della sterlina. Nel settembre del ’31 si sospese la convertibilità della sterlina e la valuta inglese fu svalutata: l’Inghilterra era ritenuta il banchiere del mondo. Scarso successo ebbero le politiche di austerità perseguite dai governi dei paesi industrializzati, che finirono con l’aggravare la recessione in corso e con il riscuotere negativamente sugli equilibri politici e sociali. Roosevelt e il New deal. Nel 1932 divenne presidente degli stati uniti il democratico Roosevelt, con una brillante carriera politica. Non aveva un programma organico da contrapporre ai repubblicani ma: Seppe instaurare con le masse un rapporto basato su notevoli doti comunicative e capì che la condizione preliminare di un’azione politica di successo stava nella capacità di infondere speranza e coraggio nella popolazione La sua politica (New deal- nuovo patto) si caratterizzò per un energico intervento dello stato nell’economia e per alcune iniziative di riforma sociale. Il New deal, se rappresento un’importante innovazione, non riuscì a determinare una piena ripresa dell’economia americana, che si sarebbe verificata solo con la guerra. Il nuovo ruolo dello Stato. Un po' in tutti i paesi la grande crisi finì con il far adottare nuove forme di intervento dello stato in campo economico, che giunsero a configurare una forma di capitalismo diretto. Quanto i governi fecero solo empiricamente fu teorizzato dall’economia Keynes che sottolineò il ruolo della spesa pubblica ai fini dell’incremento della domanda e del raggiungimento della piena occupazione. La sua teoria era: Produrre equilibrio fra domanda e offerta e a raggiungere la piena occupazione delle unità di lavoro disponibile e secondo keynes i meccanismo spontanei del capitalismo non fossero in grado di consentire da soli un’utilizzazione ottimale delle risorse. 35 I nuovi consumi. Nei paesi europei si verificò proprio durante la grande crisi uno sviluppo di quei consumi di massa che si erano affermati negli Usa negli anni ’20. L’occidente industrializzato subì in impoverimento, ma questo non impedì la nascita di nuove abitudini di vita: Nuovi e più modelli di consumo si affermavano. Il processo di urbanizzazione si accelerò. Il settore edilizio si sviluppo ed ebbe conseguenze notevoli non solo sull’economia ma anche sulla qualità della vita delle masse urbane: le case di nuova costruzione erano fornite di acqua corrente e di elettricità. Si svilupparono i trasporti dei mezzi pubblici. Si sviluppa anche la produzione dei veicoli a motore, cominciavano a comparire le prime vetture di massa: Volkswagen e topolino. Un discorso analogo si può fare per la produzione di massa degli elettrodomestici i più costosi come il frigorifero e lo scaldabagno che erano beni di lusso. Le comunicazioni di massa. Grande diffusione ebbero le radio e il cinema, che divennero elementi caratteristici della società di massa: mezzi di svago, di informazione ma anche di propaganda, essi contribuirono ad accentuare il lato spettacolare della politica. La stampa subì un rallentamento, la radio era un mezzo di svago per le classi popolari. Lo sviluppo delle comunicazioni di massa, cambio il modo di concepire ed usare il tempo libero. Ebbe effetti rivoluzionari in tutti i settori dell’attività umana. La radio e il cinema costituivano un formidabile moltiplicatore, capace di trasformare in spettacolo di massa qualsiasi manifestazione della vita sociale: la creazione artistica come la competizione sportiva, la cultura come politica. Furono soprattutto i regimi autoritari a sfruttare appieno le possibilità insite nei nuovi mezzi di comunicazione e ad accentuare il lato spettacolare delle manifestazioni di massa. La scienza e la guerra. Negli anni ’20 e ’30 vennero fatte alcune scoperte scientifiche destinate a segnare la storia del XX secolo: Anzitutto quella dell’energia nucleare che avrebbe portato alla costruzione della bomba atomica. Lo studio sul nucleo dell’atomo: dalla scissone provocata artificialmente, di un nucleo atomico di materiale radioattivo era possibile liberare enormi quantità di energia. Enrico Fermi realizzò nel 1942, il primo reattore nucleare, lo spettro della guerra atomica si materializzò minacciosamente. Sul piano delle applicazioni belliche della scienza, sono da ricordare i grandi sviluppi dell’aeronautica. Aerei più sicuri e veloci e aumentava anche la capacità di carico e la loro autonomia. La tecnica aviatoria si sviluppa. Aviazione civile mantenne i suoi alti costi, ma l’aviazione militare invece convinse i generali che essa era destinata ad un ruolo decisivo. 36 La cultura della crisi. Nella cultura europea si accentuarono i dì fenomeni della disgregazione e di perdita dell’unità, tanto che nessuna delle correnti del periodo può essere assunta, da sola, come particolarmente rappresentativa. Furono anni, per gli intellettuali, di grandi contrapposizioni ideologiche (liberalismocomunismo, democrazia – fascismo), e di impegno politico. L’emigrazione di intellettuali tedeschi durante il nazismo provoco l’impoverimento culturale dell’Europa. 18.L’ETÀ DEI TOTALITARISMI. L’eclissi della democrazia. Dopo la crisi del ’29 si diffuse in Europa il fenomeno della disaffezione verso la democrazia. Parallelamente si affermarono, negli anni ’30, regimi antidemocratici, sia di tipo tradizionale, sia di tipo moderno: Cioè ispirati al fascismo e al nazismo. Il fascismo significava, sul piano delle organizzazioni, accentramento nelle mani di un capo, struttura gerarchica dello stato, inquadramento della popolazione più o meno forzato nelle organizzazioni di massa, rigido controllo sull’informazione e sulla cultura. Sul piano economico e sociale, il fascismo vantava di aver indicato una terza via fra capitalismo e comunismo, ma la verità è: la soppressione delle libera dialettica sindacale La novità del nazismo e del fascismo si evidenziò nel campo delle organizzazioni del potere, con quella ricerca di un controllo totale sui cittadini ( comune al regime staliniano) che ha fatto coniare il termine totalitarismo. La crisi della repubblica di Weimar e l’avvento del nazismo. Nel novembre del 1923, quando finì in prigione, per aver tentato di organizzare un colpo di stato: Adolf Hitler era un politico di secondo piano, capo di una minuscola formazione il partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi. Era di origine austriaca, caporale durante la guerra e mancato pittore. Meno di 10 anni dopo, nel gennai del 1933, Hitler, leader del partito che ormai rappresentava circa 1/3 dell’elettorato tedesco, riceveva l’incarico di formare il governo. Fino al ’29 il partito nazista, rimase un gruppo minoritario, collocato fuori dalla legalità repubblicana, si serviva sistematicamente della violenza contro gli avversari politici e fondava la sua forza su una robusta organizzazione chiamata: Le SA reparti d’assalto. Hitler aveva cercato, sull’esempio di quanto aveva fatto Mussolini in Italia, di dare al partito un volto più rispettabile. - aveva messo da parte le rivendicazioni di stampo anticapitalistico che figuravano nel loro programma del ’20: riforme agrarie ecc.. - riuscendo a assicurarsi un certo sostegno finanziario da parte di alcuni della grande industria. I suoi progetti a lungo termine li espose in un libro: la mia battaglia – mein kampf – scritto nei sei mesi di carcere. Destinato a diventare una sorta di testo sacro del nazismo. 37 Al centro dei piano c’era un’utopia nazionalista e razzista. Hitler credeva nell’esistenza di una razza superiore e conquistatrice, quella ariana, progressivamente inquinatasi per la commistione con le razze inferiori.. I caratteri originari dell’arianesimo si erano conservati solo nei popoli nordici per lui, ed in particolare nei tedeschi. Per realizzare questo sogno era necessario schiacciare i nemici interni: prima fra tutti gli ebrei, considerati popolo senza patria, i portatori di virus della dissoluzione morale, responsabili a un tempo dei misfatti del capitale finanziario e di quelli del bolscevismo, causa e decadenza della civiltà europea. Una volta ricostituita la propria unità in un nuovo stato, i tedeschi, attorno ad un capo che sapeva interpretare i bisogni profondi del popolo, avrebbero voluto respingere le imposizioni di Versailles, recuperare i territori perduti ed espandersi verso est a danno dei popoli slavi. Nel ’24 i nazisti erano circa il 3%, nel ’28 appena il 2,5%. Ma lo scoppio della grande crisi cambiò lo scenario. La maggioranza dei tedeschi aveva perso la fiducia nella repubblica e nei partiti che in essa si identificavano. A destra le forze conservatrici si sentirono sciolte da ogni vincolo di lealtà verso le istituzioni repubblicane, proposero cambiamenti e appoggiarono le forze eversive come il nazismo. A sinistra la classe operaia si staccò dalla socialdemocrazia per avvicinarsi ai comunisti. In questa situazione i nazisti poterono uscire dal loro isolamento e far leva sulla paura della grande borghesia, sulla frustrazione dei ceti medi, sulla rabbia dei disoccupati. Hitler offriva, ai cittadini provati dalla crisi, la prospettiva esaltante della riconquista di un primato della nazione tedesca, indicazione rassicurante di una serie di capri espiatori cui indossare le responsabilità delle disgrazie del paese, senza contare che l’adesione al nazismo offriva l’opportunità di entrare a far parte di un gruppo di eletti. L’agonia della repubblica di Weimar cominciò nel settembre del 1930, quando i nazisti ebbero uno spettacolare incremento a spese della destra tradizionale. nel 1932 la crisi raggiunse il suo apice. La produzione industriale calòa anche i disoccupati aumentarono. Le piazze si riempirono di comizi e cortei, c’erano agguati, spedizioni punitive, si registrarono in 2 mesi più di 150 morti. Per sbarrare la strada a Hitler per la presidenza della repubblica, i partiti democratici appoggiarono la rielezione dell’ultra 85enne maresciallo Hindenburg, capace di attirare i consensi di almeno una parte della destra e fu rieletto Nel ’32 i gruppi conservatori , hindenburg finirono con il convincersi che senza i nazisti non era possibile governare. Il 30 gennaio del 1933, Hitler fu convocato dal presidente della repubblica e accettò di capeggiare un governo i cui i nazisti avevano 3 ministeri su 11. Il consolidamento del potere di Hitler. Per trasformare lo stato liberale in una dittatura, Mussolini aveva impiegato circa 4 anni. A Hitler bastarono pochi mesi per imporre un potere molto più totalitario di quello che Mussolini aveva e avrebbe mai esercitato in Italia. La prima stretta repressiva fu:l’incendio appiccato al reichstag, il parlamento nazionale nella notte del 27 febbraio del 1933. 38 Hitler mirava all’abolizione del parlamento, e il reichstag appena eletto lo assecondò, approvando una legge suicida che conferiva al governo i pieni poteri. Alla fine di giugno il partito tedesco-nazionale si auto sciolse sotto pressione dei nazisti. La stessa cosa fece il centro cattolico. In luglio Hitler poteva varare una legge in cui si proclamava che il parlamento nazionalsocialista era l’unico consentito in Germania. Per Hitler c’erano ancora degli ostacoli da superare ed uno era l’ala estremista del nazismo: le SA e dall’altra la vecchia destra. Hitler temeva anche lui l’autonomia dalle SA, da qualche anno aveva provveduto a una milizia personale, le SS, squadre di difesa, cosi decise di risolvere il problema nel modo più drastico e a lui più congeniale: con un massacro che fece inorridire il mondo civile. Preparato in quella che sarà ricordata come la notte dei lunghi coltelli. Il capo delle SA fu assassinato dalle SS. Nell’agosto del ’34 Hitler si trovò a coprire la carica di cancelliere e di capo di stato. Il terzo reich. Con l’assunzione della presidenza di Hitler, scomparivano le ultime tracce del sistema repubblicano. Nasceva il terzo reich – terzo impero. Nel nuovo regime si realizzava pienamente quel principio del capo: che costituiva il punto cardine della dottrina nazista. Il capo, fuhrer, è l’equivalente tedesco di duce, non era soltanto colui al quale spettavano decisioni importanti, ma anche la fonte suprema del diritto. Era fornito di quel potere che Marx Weber definiva carismatico, in quanto fondato su un dono. Esistevano delle organizzazione come il Fronte del lavoro che costituiva i disciolti sindacati, o come le organizzazioni giovanili. Queste organizzazioni, avevano il compito di: - Trasformare l’insieme dei cittadini un una comunità di popolo compatta e disciplinata. - Dalla comunità di popolo erano esclusi: gli elementi antinazionali, i cittadini di origine straniera, o di discendenza non ariana e soprattutto gli ebrei Gli ebrei erano una ristretta minoranza, concentrati nelle grandi città e occupavano le zone medio alte della scala sociale. Erano per lo più commercianti, liberi professionisti, intellettuali e artisti. I nazisti fecero una propaganda antisemita e risvegliarono dei sentimenti di ostilità. La discriminazione fu sancita nel settembre 1935 dalle cosiddette leggi di Norimberga: Che tolsero agli ebrei la parità dei diritti conquistata nel 1848 e proibirono i matrimoni fra ebrei e non ebrei. Alla discriminazione legale si accompagnava una crescente emarginazione dalla vita sociale. Il che, spinse gli ebrei ad abbandonare la Germania. La persecuzione antisemita subì un’accelerazione nel novembre del 1938, quando, traendo pretesto dall’uccisione di un diplomatico tedesco a Parigi per mano di un ebreo, i nazisti organizzarono un gigantesco pogrom in tutta la Germania. 39 Quella fra l’8 e il 9 novembre del 1938 fu chiamata la notte dei cristalli, per via delle molte vetrine dei negozi di ebrei che furono infrante dalla furia dei dimostranti. Ma vi furono molte conseguenze più gravi: sinagoghe distrutte, abitazioni devastate, decine di ebrei uccisi e migliaia arrestati. Finché, a guerra iniziata, Hitler non concepì il progetto mostruoso di una soluzione finale: soluzione che prevedeva la deportazione di massa e il progressivo sterminio del popolo ebraico. Questa orribile politica razziale nazista aveva il programma di una difesa di razza. Il mito della razza occupò un posto centrale nella teoria e nella prassi del nazismo. Repressione e consenso del regime fascista. Fino a quando non fu distrutta dalla guerra, la macchina del regime fascista non incontrò ostacoli. L’opposizione comunista fu annientata, i cattolici, dopo lo scioglimento del centro, si adattarono al regime, incoraggiati anche dal concordato che la chiesa stipulò con il governo nazista: Assicurandosi la libertà di culto e la non interferenza dello stato negli affari interni del clero. Non vi fu, durante il razzismo, alcuna forma di opposizione politica. La Chiesa cattolica e quelle luterane, finirono con l’adattarsi al regime. L’efficienza dell’apparato repressivo spiega la mancanza di un esplicito dissenso, non l’estensione notevole del consenso al regime: Tale consenso ebbe varie cause: i successi in politica estera, la ripresa economica dovuta ad una politica di riarmo e lavoro pubblici, il raggiungimento della piena occupazione e il miglioramento dei servizi sociali. Anche l’uso molto abile che il nazismo seppe fare delle cerimonie pubbliche e dei mezzi di comunicazione di massa. Il contagio autoritario. Già nel corso degli anni ’20 i regimi autoritari si erano affermati in molti paesi:nell’Europa centro orientale (Ungheria, Polonia) e nella penisola iberica, spagna e Portogallo. L’avvento del nazismo in germani provocò una ulteriore diffusione di questi regimi (Austria, Grecia, Romania,) e una loro radicalizzazione. L’unione sovietica e l’industrializzazione forzata. In Urss, alla fine degli anni ’20, Stalin, pose fine alla Nep, dando inizio all’industrializzazione forzata. Le attività agricole vennero collettivizzate e i kulaki di fatto sterminati. Parallelamente fu varato nel 1928, il primo piano quinquennale che segnò una strepitosa crescita della produzione industriale: Questo suscitò diffusa ammirazione nel mondo occidentale, che subiva le conseguenze della grande crisi. Il nuovo indirizzo ebbe costi umani assai elevati e si accompagnò ad un clima di forte mobilitazione ideologica. Lo stalinismo. 40 Gli anni ’30 videro anche il continuo rafforzamento della dittatura personale di Stalin, che eliminò tutti i suoi possibili rivali: L’intero gruppo dirigente bolscevico. Con il 1934 ebbe inizio la stagione della grandi purghe e del terrore indiscriminato, funzionale al rafforzamento del potere di Stalin. Quello che si consumò in Urss negli anni dello stalinismo, fu un vero e proprio sterminio di massa. La crisi della sicurezza collettiva e i fronti popolari. Le prime iniziative hitleriane in politica estera: il ritiro dalla società delle nazioni, l’appoggio al tentativo dei nazisti austriaci di impadronirsi del potere, Rappresentavano una minaccia all’equilibrio internazionale. A partire dal 1935, la causa della sicurezza collettiva trovò il sostegno nella nuova politica Ispirata alla lotta al fascismo come principale nemico, che incoraggiò la formazione di alleanze tra comunisti e forze socialiste e democratico borghesi. Nel 1936 governi di fronte popolare sorsero in spagna e in Francia. L’Europa verso la catastrofe. Negli stessi anni della guerra di Spagna, la politica di arrendevolezza praticata dalla Francia e Inghilterra nei confronti della germani finì coll’incoraggiare la politica espansionistica del nazismo. Nel 1938 avveniva l’annessione dell’Austria. Subito dopo Hitler avanzava mire sul territorio cecoslovacco abitato da popolazione tedesca (sideti). Gli accordi di monaco, del 1938, sembravano conservare la pace, ma, accettando le richieste dei tedeschi, finirono con lo spianare la strada a un uovo conflitto mondiale. 19.L’ITALIA FASCISTA. Già negli anni ’20 lo stato totalitario in Italia era già una realtà consolidata. La caratteristica essenziale del regime era la sovrapposizione di due strutture e di due gerarchie parallele: - Quella dello stato e quella del partito. Il punto di congiunzione fra le strutture era rappresentato dal gran consiglio, organo di partito investito anche di importantissime funzioni costituzionali Mussolini era capo di governo e duce del fascismo. Il partito fascista dilatava le sue funzioni. Un’importante funzione della fascistizzazione del paese fu svolta da alcune organizzazioni collaterali al partito: - Opera nazionale del dopolavoro, che si occupava del tempo libero. - Comitato olimpico nazionale, incoraggiava e controllava le attività sportive affidate a organismo privati. I più importanti di tutti erano le organizzazioni giovanili del partito: I fasci giovanili, i gruppi universitari fascisti, l’opera nazionale balilla, i figli della lupa. Mussolini cercò un’intesa politica ocn il vaticano. Le trattative iniziarono nell’estate del ’26, concludendosi nel febbraio del 29 con la stipula dei patti lateranensi. 41 I patti lateranensi, si articolavano in 3 parti distinte: Un trattato internazionale, la santa sede poneva ufficialmente fine alla questione romana, riconoscendo lo stato italiano e la sua capitale e vedendosi riconosciuta la sovranità sullo stato della città del vaticano. Una convenzione finanziaria, l’Italia si impegnava a pagare al papa una forte indennità a titolo di risarcimento per la perdita dello stato pontificio. Un concordato che regolava i rapporti interni con fra chiesa e regno d’Italia, intaccando sensibilmente il carattere laico dello stato. Il concordato stabiliva che i sacerdoti fossero esonerati dal servizio militare, che i preti spretati fossero esclusi dagli uffici pubblici, che il matrimonio religioso avesse effetti civili, che l’insegnamento della dottrina cattolica fosse considerato fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica. per il regime fascista i patti lateranensi rappresentarono un notevole successo propagandistico: presentandosi come l’artefice della conciliazione, come l’uomo che era riuscito laddove erano falliti gli altri governi. Mussolini cosi consolidò la sua area di consenso e la estese. Le prime elezioni plebiscitario, registrarono un afflusso alle urne senza precedenti. Se il fascismo trasse da Patti lateranensi vantaggi politici. Fu però il vaticano a cogliere i successi pi significativi e duraturi. In cambio di una rinuncia che aveva irrevocabilmente perso da 60 anni (potere temporale) la chiesa acquistò una posizione di indubbio privilegio nei rapporti con lo stato. Come l’istruzione e il matrimonio e rafforzo la sua presenza nella società. La chiesa si occupò delle organizzazioni giovanili, non per fare opera di opposizione, ma se ne servì per educare ai suoi valori una parte on trascurabile della gioventù, per formare una classe dirigente, capace, all’occorrenza, di prendere il posto a quella fascista: cosa che di fatto si verificò nel secondo dopoguerra. Il limite per Mussolini era la monarchia, che non gli era in alcun modo subordinata. Anche se il re sembrava un ostaggio nelle mani di Mussolini, restava pur sempre la più alta autorità dello stato. Il regime e il paese. L’Italia del ventennio fascista ci appare attraverso l’abbondante materiale propagandistico, prodotto durante il regime. I ritratti di Mussolini esposti ovunque. Edifici pubblici, copertine adorati con l’emblema del fascio littorio. I muri con scritte di guerra. Gli scolari che sfilavano in formazione militare, vestiti in camicia nera e armati di fucile di legno. Queste immagini ci sono state riproposte attraverso i film, documentari e rievocazioni d’ogni genere, da diventare quasi convenzionali. Il problema è vedere se rispecchiavano la realtà dell’Italia di allora. Quindi bisogna vedere come è cambiato e quali sono le condizioni reali del paese. Durante il periodo fascista, l’Italia continuò a muoversi e a svilupparsi secondo le linee di tendenze comuni a tutti i paesi europei occidentali. si accentuò l’urbanizzazione e si sviluppo la crescita demografica. 42 Nonostante questi segni di sviluppo, alla vigilia della seconda guerra mondiale, l’Italia era ancora in uno stato di arretratezza e il suo distacco dalle altre potenze non si era ridotto. Il reddito medio di un italiano era poco più della metà di quello francese. La spesa del vestiario era circa la metà di quella di un inglese. L’arretratezza economica e civile del paese pero fu in certi aspetti funzionale all’ideologia fascista. Il fascismo come il nazismo predicò il ritorno alle campagne, esaltò la bellezza e la sanità della vita campestre, lanciò a più riprese la parola d’ordine della ruralizzazione e tentò di scoraggiare , ma senza riuscirvi, l’afflusso dei lavoratori verso i ventri urbani. Il fascismo , d’accordo con la chiesa, esaltò e difese la funzione del matrimonio e della famiglia, come garanzia di stabilità e come base per lo sviluppo demografico. Durante il fascismo anche le donne ebbero le proprie strutture organizzative; quelle dei fasci femminili, quelle delle piccole italiane e delle giovani italiane, la cui funzione principale stava nel valorizzare il più possibile le virtù domestiche della donna, nel ribadirne l’immagine tradizionale di angelo del focolare. La fascistatizzazione portava anche un’ideologia di uomo nuovo, che poté realizzarsi solo in parte: Il fascismo riuscì ad ottenere il consenso della piccola e media borghesia, ma solo in misura limitata e superficialmente quello dell’alta borghesia e delle classi popolari, che videro diminuire i propri salari e i loro consumi. Scuola cultura, comunicazione di massa. Le motivazioni culturali e ideologiche erano importanti per un consenso e cosi il fascismo consapevole dedicò un’attenzione particolare alla cultura e alla scuola. La scuola italiana era già stata riformata nel 1923 con la riforma gentile, ispirati ai principi della pedagogia idealistica, che cercava di accentuare la severità degli studi e sanciva il primato delle discipline umanistiche su quelle tecniche. La fasci statizzazione dell’istruzione veniva controllata tramite i libri scolastici e l’imposizione dei testi unici per le elementari. L’università godette invece di più autonomia, nel 1931 fu imposto ai docenti il giuramento di fedeltà al regime su 1200 professori solo una dozzina si rifiutò. Per quanto riguarda la cultura, molti intellettuali aderirono al regime. Ricordiamo Pirandello scrittore, Marconi scienziato, Mascagni musicista, piacentini architetto, volpe storico, Gentile filosofo. Il settore della stampa fu fortemente sorvegliato e soffocante. Al controllo della carta stampata, il regime univa quello sulle trasmissioni radiofoniche, affidate nel ’27 a un ente di Stato denominato Eiar, progenitore della rai. Come mezzo di ascolto privato, la radio ebbe una diffusione assai limitata, in confronto a quella degli altri paesi d’Europa. Come la radio anche il cinema fu oggetto privilegiato dell’attenzione del regime e ne ricevette generose sovvenzioni, che avevano lo scopo di favorire la produzione nazionale e di limitare la massiccia penetrazione dei film americani. I cine giornali furono uno dei più importanti strumenti di propaganda di massa di cui disponesse il fascismo. 43 Il fascismo e l’economia. La battaglia del grano e quota novanta. Il fascismo non costituì un nuovo sistema economico: Il modello corporativo rimase infatti sulla carta. Sul piano della politica economica, si passo nel ’25 da una linea liberista a una linea protezionistica e di maggiore intervento dello stato. La battaglia del grano doveva servire al raggiungimento dell’autosufficienza cerealicola. La rivalutazione della lira: quota novanta, aveva il compito di dare al paese un’immagine di stabilità monetaria. Di fronte alla crisi del ’29, il regime reagì attraverso una politica li lavori pubblici: Risanamento di Roma, bonifica delle paludi Pontine E di intervento dello stato in campo industriale e bancario. Con L’Iri lo stato diventò il proprietario di alcune fra le maggiori imprese italiane. Superata la crisi, il fascismo indirizzo, l’economia verso la produzione bellica. L’imperialismo fascista e l’impresa etiopica Nel movimento fascista fu sempre presente una forte componente nazionalistica. Nonostante le delusioni subite a Versailles, l’Italia resta pur sempre una potenza vincitrice e che aveva risolto in modo soddisfacente l’intricata questione adriatica. Fin dai primi anni 30, le aspirazioni imperiali del fascismo rimasero vaghe e spesso contraddittorie e si tradussero, più che in una coerente direttiva di politica estera, in una generica contestazione dell’assetto uscito dai trattati di Versailles. - Tutto ciò contribuì a rendere più tesi i rapporti con la Francia, ma non impedì all’Italia di mantenere buoni rapporti con la Gran Bretagna. bisognava rimanere all’interno di un sistema di sicurezza collettiva fondato sull’accordo fra le potenze vincitrici della guerra. L’accordo di Stresa nell’aprile del 1935,(condannare il riarmo tedesco e per riaffermare il loro interesse all’indipendenza dell’Austria) fu la manifestazione più significativa di quella fase di politica estera fascista. Ma fu anche l’ultima. mentre si accordava con le democrazie occidentali per contrastare il riarmo tedesco, - Mussolini stava già preparando l’aggressione all’impero etiopico, unico grosso Stato indipendente dell’Africa. I motivi che spinsero Mussolini ad un’impresa di cui pochi italiani sentivano la necessità furono di: - Politica interna e internazionale. Con la guerra d’Etiopia Mussolini intendeva dare uno sfogo a quella vocazione imperiale del fascismo Creare una nuova occasione di mobilitazione popolare che facesse passare in secondo piano i problemi economico-sociali del paese (la disoccupazione che era a livelli molto alti.) l’Italia nell’ottobre del 1935 diede inizio all’invasione dell’Etiopia, senza nememno farla precedere da una dichiarazione di guerra. I governi francesi e inglesi non poterono fare a meno di condannare ufficialmente l’azione e di proporre al Consiglio della Società delle nazioni l’adozione di sanzioni consistenti nel divieto di esportare in Italia merci necessarie all’industria di guerra. Ci fu una mobilitazione popolare contro le sanzioni: 44 - Le piazze si riempirono, milioni di coppie, a cominciare da quella reale, accolsero l’invito del governo di donare alla patria l’oro delle loro fedi nuziali. - Anche Croce espresse la sua solidarietà alla nazione. Gli etiopici si batterono ma il loro esercito era male organizzato. Il 5 maggio del 1936 entrarono a Addis Abeba e 4 giorni dopo Mussolini poteva annunciare alla folla applaudente, la riapparizione dell’impero sui colli fatali di Roma e offrire al sovrano la corona di imperatore d’Etiopia. Sul piano economico la conquista dell’Etiopia rappresento un peso, perché il paese era povero e non adatto ad insediamenti agricoli. Sul piano politico il successo fu clamoroso e indiscutibile. Portando a termine una campagna coloniale vittoriosa. Costrinse le altre nazioni al fatto compiuto e successivamente nell’estate del 36 le democrazie occidentali ritirarono le sanzioni per l’Italia. Mussolini diede a molti la sensazione di aver conquistato per l’Italia: Uno status di grande potenza. in realtà si trattava di una sensazione illusoria perché l’Italia non era in grado di affrontare uno scontro con una potenza di prima grandezza e aveva potuto tirare dritti nella questione abissina solo perché gli inglesi, (pronti a mobilitarsi a parole per sostenere il buon diritto dell’Etiopia) non avevano alcuna intenzione di affrontare una guerra per difenderla. Mussolini era consapevole di questo. Mussolini, per allargare l’area di influenza italiana giocò anche sulla rivalità tra tedeschi e franco-inglesi. In questo gioco doveva rientrare anche l’avvicinamento dell’Italia con la Germania, cominciato subito dopo la guerra in Etiopia e sancito nell’ottobre del 1936, con la firma di un patto di amicizia cui fu dato il nome di: “Asse Roma – Berlino” che non assunse una vera e propria alleanza militare, nonostante le pressioni tedesche. Era solo un mezzo di pressione per le potenze occidentali. Il dinamismo aggressivo della Germania era tale da non consentire a Mussolini i tempi e gli spazi di manovra necessari per attuare il suo programma di lucrare qualche altro vantaggio in campo coloniale. Credendosi di potersi servire dell’amicizia tedesca, il duce ne fu sempre più condizionato al punto di dover accettare passivamente tutte le iniziative di Hitler (comprese quelle più sgradite come l’annessione dell’Austria ), finché nel maggio del 1939, privato di ogni margine d’azione, si decise alla scelta che sarebbe stata fatale al regime e al paese: La firma di un formale patto di alleanza con la Germania (il patto d’acciaio) che legava definitivamente le sorti dell’Italia a quelle dello Stato nazista. L’Italia antifascista. In Italia la maggioranza degli antifascisti – ex popolari e liberali - rimasero in una posizione di silenziosa opposizione. I comunisti invece si impegnarono, benché con scarsi risultati, nell’agitazione clandestina. Sulla stessa linea si mosse il gruppo di giustizia e libertà, di indirizzo liberal –socialista. Gli altri gruppi in esilio all’estero (socialisti, repubblicani, democratici, federati nel 27 nella concentrazione antifascista) svolsero soprattutto un’opera di elaborazione politica in vista di una sconfitta del regime che l’antifascismo non era in grado di provocare. 45 Nonostante questa debolezza, l’importanza dell’antifascismo risiedette nella funzione di testimonianza e di preparazione dei quadri e delle piattaforme politiche nella futura Italia democratica. Apogeo e declino del regime fascista. Il consenso ottenuto dal regime cominciò ad incrinarsi dopo l’impresa etiopica. La politica dell’autarchia – finalizzata all’obiettivo dell’autosufficienza economica in caso di guerra – ottenne solo parziali successi e suscitò un diffuso malcontento. Soprattutto l’avvicinamento alla Germania e la politica discriminatoria nei confronti degli ebrei, Suscitarono timori e dissensi nella maggioranza della popolazione. Soltanto fra le nuove generazioni il disegno mussoliniano di trasformare in senso fascista la vita e la mentalità degli italiani ottenne qualche successo. 21.LA SECONDA GUERRA MONDIALE. Le origini e la responsabilità. Gli 11 mesi che vanno dalla pace di Monaco allo scoppio della guerra, mostrano come la falsa pace era soltanto un rinvio di uno scontro ormai inevitabile. A provocare il conflitto fu: La politica di conquista e di aggressione della Germania nazista. Anche se ciò non significa che le altre potenze fossero immuni da errori o da colpe. Già nel 38 Hitler aveva pronti i piani per occupare Boemia e Moravia, parte più popoloso a sviluppata della Cecoslovacchia. Nel 1939, accantonata la politica dell’appeasement, Gran Bretagna e Francia diedero vita a una vera e propria offensiva diplomatica , volta a contenere l’aggressività dell’Asse con una rete di alleanze. Patti di assistenza militare furono stipulati con il Belgio, Olanda, Grecia, Romania e Turchia. Il più importante fu quello della Polonia. che era il primo obiettivo delle mire tedesche. Per impedire che la Polonia subisse la stesa sorte della Cecoslovacchia, le potenze occidentali erano disposte ad affrontare anche la guerra. Mussolini inizialmente cercò di contrapporre una propria iniziativa alle iniziative di Hitler: L’occupazione dell’Albania nel aprile del 1939 accrebbe soltanto la tensione fra l’Italia e le democrazie occidentali. Un mese dopo Mussolini, sapendo che l’Italia no potesse rimanere neutrale in uno scontro, e sicuro della superiorità della Germania, decise di accettare le pressanti richieste tedesche di: - Trasformare il generico vincolo dell’Asse Roma-Berlino in una vera e propria alleanza militare, il patto d’acciaio. Il patto stabiliva che, se una delle due parti si fosse trovata impegnata in un conflitto per una causa qualsiasi(anche in veste di aggressore), l’altra sarebbe stata obbligata a scendere in campo al suo fianco. Mussolini e Ciano accettarono sconsideratamente un impegno così grave, sapevano che l’Italia non era preparate militarmente a un conflitto europeo, si fidarono della parole di Hitler che gli aveva assicurato la sua intenzione di non scatenare la guerra prima di due o tre anni. - In realtà, Hitler aveva già nel 39 iniziato a preparare i piani per l’invasione della Polonia. 46 L’incognita era l’atteggiamento dell’urss. Una coalizione antitedesca forse avrebbe bloccato i piani di Hitler. Ma le trattative con l’urss furono compromesse da una serie di diffidenze: - I sovietici sospettavano che gli occidentali mirassero a scaricare su di loro l’aggressività tedesca. - Gli occidentali attribuivano ai sovietici ambizioni egemoniche sull’Europa dell’est; - I polacchi, temevano anche i russi, non volevano che i russi attraversassero il oro territorio in caso di attacco da parte della Germania. I sovietici si convinsero che gli occidentali non offrivano nulla in cambio del loro aiuto e cominciarono a prestare attenzione alle offerte di intesa da parte di Hitler. Il 23 agosto del 1939ci fu un patto fra Germania e Russia:_ Patto di non aggressione l’annuncio dell’accordo tra queste due potenze, ideologicamente contrapposte, stupì e indignò tutto il mondo. In realtà il patto assicurava considerevoli vantaggi: L’urss non solo allontanava la minaccia tedesca momentaneamente dai suoi confini, guadagnando tempo per una preparazione militare, ma otteneva anche, tramite un protocollo segreto, un riconoscimento delle sue aspirazioni territoriali nei confronti degli stati baltici. Hitler invece, costretto a modificare la sua strategia di fondo, rinviando lo scontro con il nemico storico, la Russia sovietica, e poteva risolvere la questione polacca senza correre il rischio di una guerra su due fronti. L’1 settembre la Germania invade la Polonia. Il 3 settembre Gran Bretagna e Francia dichiarava o guerra alla Germania, mentre l’Italia il giorno stesso della scoppio della guerra, si era affrettata a proclamare la sua non belligeranza. La seconda guerra mondiale cominciava come una continuazione o replica della prima. - La Germania tentava di affermare la propria egemonia sul continente e la gran Bretagna e la Francia di impedire ciò. - Simile anche la tendenza del conflitto ad allargarsi fuori dai confini europei. Stavolta l’estensione sarebbe stata ancora maggiore e ancora più rivoluzionarie le conseguenze sugli squilibri internazionali. Il carattere della guerra diventa “totale”. Distruzione della Polonia e l’offensiva al nord. Le prime settimane di guerra furono sufficienti alla Germania per sbarazzarsi della Polonia. L’offensiva tedesca era accompagnata da micidiali bombardamenti aerei. Fu questa la prima applicazione della guerra –lampo, un nuovo metodo di guerra che si basata sull’uso congiunto dell’aviazione e delle forze corazzate, affidando a queste ultime il peso principale dell’attacco. A metà settembre le armate del reich assediavano già Varsavia, che semidistrutta dai bombardamenti capitolò alla fine del mese. - Frattanto i russi in base alle clausole del patto “Motolov-Ribbentrop”, si impadronirono delle regioni orientali del paese. La repubblica polacca cessò di esistere dopo appena 20 anni di vita. Per i successivi 7 mesi la guerra rimase congelata (strana guerra o guerra per finta, drole de guerre). L’URSS prese l’iniziativa attaccando la Finlandia il 30 novembre. 47 Nel ’40 la Finlandia cedette alle richieste dell’URSS ma conservò la sua indipendenza. La Germania, cogliendo tutti di sorpresa, prevenì le mosse anglo-francesi, - Attaccando d’improvviso la Danimarca e la Norvegia. La Danimarca si arrese senza combattere, la Norvegia oppose resistenza e poi aiutata da un tardivo sbarco alleato del Nord. Nella primavera del 40, Hitler controllava buona parte dell’Europa centro –settentrionale. L’attacco a occidente e la caduta della Francia. L’offensiva tedesca sul fronte occidentale ebbe inizio il 10 maggio del 40 e si risolse nel giro di poche settimane. Il tutto faceva pensare a una prossima conclusione della guerra con la vittoria della Germania. La Francia fu sconfitta. Nonostante il suo esercito era più numeroso, disponeva di una forte aviazione, e di ingenti forze corazzate, a provocare la sconfitta degli alleati furono: - Gli errori dei comandanti francesi, legati ancora ad una concezione statica della guerra. - Troppo fiduciosi nell’efficacia delle fortificazioni difensive che costituivano la famosa “linea maginot” che copriva solo una parta di frontiera e lasciava scoperto il confine con Belgio e Lussemburgo, dove in realtà veniva la minaccia più seria. Come nel 1914, i tedeschi iniziarono l’attacco violando la neutralità dei piccoli stati confinanti. Questa volta, oltre al Belgio, furono invasi anche olanda e Lussemburgo. Le truppe tedesche dilagarono in pianura e puntarono verso il mare, chiudendo a sacco i reparti francesi e belgi e l’intero corpo di spedizione inglese. Il 14 giugno i tedeschi entravano a Parigi. L’intervento dell’Italia. Nell’estate del 39 l’Italia era stata colpita dal precipitare della crisi. Quindi allo scoppio della guerra dichiaro la propria non belligeranza. Giustificando inadempienza agli impegni del patto d’acciaio con l’impreparazione ad affrontare una guerra di lunga durata. La sconfitta della Francia allontanò da Mussolini le ultime esitazioni – deciso a non consentire che l’Italia restasse spettatrice nel conflitto. – e a vincere le resistenze di quelli che non erano favorevoli alla guerra: il re, i gerarchi dell’ala moderata, gli industriali. Anche l’opinione pubblica, prima avversa alla guerra e all’alleanza con la Germania, cambiò orientamento di fronte alla prospettiva di una vittoria da ottenersi con pochissimo sforzo. Il 10 giugno del 1940 Mussolini dal balcone di palazzo Venezia, annunciava ad una folla applaudente l’entrata in guerra dell’Italia contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell’occidente. L’offensiva sulle alpi nel 21 giugno, in condizioni di netta superiorità numerica contro un avversario praticamente già sconfitto, il 22 Francia firmava armistizio con la Francia, Si risolse con una grossa prova di inefficienza la penetrazione nel territorio francese fu limitatissima e le perdite relativamente ingenti. sul fronte inglese le cose non andarono meglio: Nel mediterraneo la flotta italiana subì, in luglio, due sconfitte da quella britannica. In africa settentrionale, l’attacco del territorio libico contro le forze inglesi in Egitto dovette arrestarsi per l’insufficienza dei mezzi corazzati. 48 Un’offerta di aiuto da parte della Germania fu respinta da Mussolini, - Preoccupato di sottrarsi alla tutela del più potente alleato, - Convinto che l’Italia dovesse combattere una sua guerra, parallela a quella tedesca. La battaglia d’Inghilterra. dal 1940 la gran Bretagna era rimastra sola a combattere la Germania e i suoi alleati. Hitler sarebbe stato disposto a trattare, a patto di vedersi riconosciute le sue conquiste. Ma ogni ipotesi di tregua trovò ostacolo nella classe dirigente e nel popolo britannico di continuare la lotta, fidando su una potenza marittima ancora intatta. Interprete e ispiratore di questo fu il primo ministro conservatore: Winston Churchill. Intransigente con le pretese di Hitler. Churchill da subito enunciò il suo programma: la guerra per mare, per terra e nell’aria, e con un solo obiettivo: la vittoria a tutti i costi. A luglio, Hitler dava via al progetto per l’invasione dell’Inghilterra: Operazione leone marino. importante era la riuscita del dominio dell’aria, cosi da compensare la superiorità navale della gran Bretagna e di fiaccarne la resistenza, colpendola nella capacità produttiva e nel morale. Nel 1940, tra Germania e Inghilterra, ci fu la prima grande battaglia aerea della storia, nel corso della quale, Coventry fu rasa al suolo. Per circa 3 mesi l’aviazione tedesca effettuò continue incursioni in territori britannico, prima contro obiettivi militari e poi contro i principali centri industriali. Attacchi efficacemente contrastati dalla contraerea e dagli aerei da caccia. All’inizio dell’autunno apparve chiaro che. Nonostante le perdite umane e le distruzioni materiali subite, l’Inghilterra non era stata piegata L’operazione leone marino fu rinviata a tempo indefinito. La battaglia d’Inghilterra aveva dato una tragica dimostrazione delle potenzialità distruttive del mezzo aereo: i bombardamenti sulle città, le incursioni notturne, gli orrori prodotti dalle bombe incendiarie sarebbero diventati un elemento ricorrente e un fattore decisivo nelle successive fasi della guerra. Il fallimento della guerra italiana: i Balcani e il nord africa. Il 28 ottobre del 1940 l’esercito italiano attaccava dall’Albania la Grecia, un paese governato da un regime semifascista, con cui l’Italia aveva fino ad allora intrattenuto buoni rapporti. L’attacco fu determinato da ragioni di concorrenza con la Germania che aveva appena iniziato una penetrazione militare in Romania. L’Italia, di gran fretta e senza un’adeguata preparazione, si scontro con una resistenza molto più dura del previsto. A novembre i greci passarono al contrattacco e gli italiani furono costretti a ripiegare in territorio albanese e a schierarsi sulla difensiva. L’esito fallimentare della campagna di Grecia determinò un terremoto nei vertici militari e provocò nel paese una diffusa crisi di sfiducia. Tutto questo aumentava le notizie della disorganizzazione e sbandamento di truppe, che faceva eco ai contemporanei insuccessi in africa. 49 Nel dicembre del 1940 gli inglesi passarono al contrattacco e in meno di due mesi avevano conquistato la cirenaica: la parte orientale della Libia. Per evitare la definitiva cacciata dalla Libia, Mussolini fu costretto ad accettare l’aiuto della Germania. in marzo con l’arrivo dei primi reparti tedeschi, equipaggiati con moderni mezzi corazzati e comandati da un brillante stratega della guerra di movimento: il generale Rommel, le truppe dell’Asse cominciarono una lunga controffensiva che in aprile porto alla riconquista della cirenaica. Solo che la parte orientale dell’africa (Somalia Etiopia e Eritrea) difficilmente difendibili per la loro posizione geografica, cadeva nelle mani degli inglesi. Questo fu un durissimo colpo per il prestigio dell’Italia, costretta ormai a rinunciare al sogno di una guerra parallela e ridotta ad avere il ruolo di alleato subalterno. Nell’aprile del 1941 la Jugoslavia e la Grecia, attaccate simultaneamente da Germania e Italia, furono travolte, mentre gli inglesi erano costretti a ritirarsi. L’attacco all’unione sovietica. Con l’attacco tedesco all’unione sovietica, all’inizio del 1941, la guerra entrò in una nuova fase. La gran Bretagna non fu più sola a combattere: Lo scontro ideologico si semplificò e si radicalizzò col venir meno dell’anomala intesa fra nazismo e regime sovietico. L’unione sovietica si convertì all’alleanza con le democrazie e alla lotta contro il fascismo. L’URSS era stato sempre nelle mire di Hitler, Stalin si illuse che Hitler non avrebbe mai attaccato. Nell’estate del 41, l’offensiva tedesca trovò impreparati i russi. L’attacco decisivo a mosca fu sferrato troppo tardi, e fu bloccato anche dalle condizioni di mal tempo che rallentò i movimenti degli automezzi. In dicembre i russi passarono al contrattacco, allontanando la minaccia da mosca. L’obiettivo di Hitler era mancato L’aggressione giapponese e il coinvolgimento degli stati uniti. Allo scoppio del conflitto gli stati uniti avevano ribadito una linea di non intervento. Roosevelt, eletto per la terza volta, si impegnò in una politica di aperto sostegno alla gran Bretagna, rimasta sola a combattere contro la Germania. Nel marzo del 41, fu approvata una legge degli affitti e dei prestiti, che consentiva la fornitura di materiale bellico a tutti quegli stati la cui difesa fosse considerata vitale per gli interessi americani. In maggio gli stati uniti, ruppero ogni relazione diplomatica con la Germania e l’Italia. Il 14 agosto del 1941, Roosevelt e Churchill stipularono un accordo: La carta atlantica, un documento di 8 punti, tipo i 14 punti di Wilson, in cui i due statisti ribadivano la condanna dei regimi fascisti e fissavano le linee di un nuovo ordine democratico da costruire a guerra finita. A trascinare gli USA in questo conflitto fu l’aggressione improvvisa subita nel pacifico da parte del Giappone. La maggiore potenza dell’emisfero orientale e il principale alleato asiatico di Germania e Italia, cui era legato dal settembre del 1940 da un patto di alleanza detto: il patto tripartito. 50 Nel settembre del 1941, l’aviazione giapponese attacco senza previa dichiarazione di guerra, la flotta degli stati uniti, ancorata a Pearl Harbor, nelle Hawaii, e la distrusse in buona parte. Il nuovo ordine. Resistenza e collaborazionismo. Nella primavera-estate del 1942, le potenze del tripartito (Germania, Italia, Giappone) raggiunsero la loro massima espansione territoriale. Nelle zone occupate, Germania e Giappone, cercarono di costruire un “nuovo ordine”, fondato sulla supremazia della nazione “eletta”. I tedeschi in particolar modo miravano q ridurre i popoli slavi in condizioni di semischiavitù. La persecuzione si concentrò soprattutto contro gli ebrei: dai 5 ai 6 milioni ne furono sterminati nei lager. Inizialmente confinati nei ghetti e discriminati, anche visibilmente, con l’obbligo di portare nel braccio una stella gialla; furono portati in campi di prigionia (lager) situati in campi della Polonia o della Germania,dai nomi destinati a restare tristemente famosi. Auschwitz, Buchenwald, Dachau e molti altri. Qui i deportati venivano sfruttati fino alla consumazione fisica, usati talora come cavie per gli esperimenti medici e, se non erano in grado di lavorare, eliminati in massa nelle camere a gas. La soluzione finale del problema ebraico, progettata e avviata da Hitler, a partire dal 1941 e affidata alle SS, prevedeva infatti la pura e semplice eliminazione fisica degli ebrei. Fra i 5 e i 6 milioni di israeliti scomparvero negli anni della guerra. Soprattutto dopo l’attacco tedesco all’URSS, si svilupparono in Europa, dei movimenti di resistenza, pur attraversati da divisioni di comunisti e non comunisti. In molti paesi controllati dai nazisti una parte della popolazione e della classe dirigente accetto di collaborare con gli occupanti. La svolta della guerra e la grande alleanza. Nel 1942-43 si ebbe una svolta nella guerra. I giapponesi subirono alcune sconfitte nel pacifico. Sul fronte russo la lunga e sanguinosa battaglia di Stalingrado si risolse in una sconfitta dei tedeschi. Sul fronte nordafricano gli alleati fermarono le forze del’asse a El Alamein e le costrinsero a ritirarsi. Nel luglio del 1943 gli angloamericano sbarcarono in Sicilia. La caduta del fascismo e l’8 settembre. La campagna dell’Italia ebbe inizio il 12 giugno del 1943 con la conquista alleata dell’isola di Pantelleria. Il 10 luglio gli angloamericani sbarcavano in Sicilia la popolazione locale, accolse gli alleati, non oppose resistenza, anzi, li accolse come liberatori. Lo sbarco angloamericano rappresentò un colpo di grazia per il regime fascista, che, screditato da un incredibile serie di insuccessi militari, dagli scioperi del 1943. La prima vera protesta era il mal contento , il diffuso disagio delle masse popolari. A determinare la caduta di Mussolini non furono le proteste popolari ma: Una sorta di congiura che faceva capo alla corona, unica fonte di potere formalmente indipendente dal fascismo Questa congiura vedeva tutte le componenti moderate del regime unite ad alcuni esponenti del mondo politico prefascista nel tentativo di portare il paese fuori da una guerra ormai perduta e di assicurare la sopravvivenza della monarchia. 51 Il pretesto formale per l’intervento del re fu offerto da una riunione del Gran consiglio del fascismo, tenutasi nella notte tra il 24 e il 25 luglio del 1943 e conclusasi con l’approvazione a forte maggioranza di un ordine del giorno presentato da Dino Grandi,ù Che invitava il re a riassumere le sue funzioni di comandante supremo delle forze armate e suonava quindi come esplicita sfiducia nel confronti del duce. Il pomeriggio del 25 luglio, Mussolini era convocato dal re Vittorio Emanuele III, invitato a rassegnare le dimissioni e immediatamente arrestato dai carabinieri. Capo di governo fu nominato il maresciallo Pietro Badoglio, ex comandante delle forze armate. L’annuncio della caduta di Mussolini fu accolto dalla popolazione con incontenibili manifestazioni di esultanza. La gente usci di casa, scese per le strade e sfogò il suo risentimento contro sedi e simboli del regime. Non vi fu spargimento di sangue, il partito fascista scomparve praticamente nel nulla con tutte le sue mastodontiche organizzazioni collaterali, prima ancora che Badoglio provvedesse a scioglierlo d’autorità. Quello del fascismo fu un crollo repentino e inglorioso, spiegabile in parte con le debolezze interne di un apparato privo di autonomia e iniziativa politica, in parte con i discrediti che negli anni della guerra si era accumulato sul regime e sul suo capo. L’entusiasmo con cui il paese accolse la caduta del fascismo era dovuto non tanto alla gioia per la riconquistata libertà, quanto alla diffusa speranza di una prossima fine della guerra. L’uscita dal conflitto si sarebbe rivelata per l’Italia più tragica di quanto non fosse stata la guerra stessa. I tedeschi si affrettarono a rafforzare la loro presenza militare per prevenire, o punire, la ormai prevedibile defezione. Il governo Badoglio dal canto suo, proclamò che nulla sarebbe cambiato nell’impegno bellico italiano. ma intanto allacciò trattative segretissime con gli alleati per giungere ad una pace separata. Con gli angloamericani, legati all’impegno della resa incondizionata, c’era ben poco da trattare. Quello che i negoziatori italiani dovettero sottoscrivere fu un atto di resa senza nessuna garanzia per il futuro. Firmato il 3 settembre, l’armistizio fu reso noto solo l’8 settembre, in coincidenza con lo sbarco di un contingente alleato a Salerno. L’annuncio dell’armistizio gettò l’Italia nel caos più completo. Mentre il re e il governo abbandonavano la capitale per riparare a brindisi, sotto la protezione degli alleati appena sbarcati in puglia, i tedeschi procedevano a una sistematica occupazione di tutta la parte centro-settentrionale dell’Italia. Abbandonate a se stesse, con ordini vaghi e contraddittori, le truppe si sbandarono senza poter opporre ai tedeschi una resistenza organizzata. Gli episodi di aperta resistenza furono puniti dai tedeschi con veri e propri massacri: il più grave avvenne a Cefalonia dove fu sterminata un’intera divisione italiana che aveva rifiutato di arrendersi. Le conseguenze del disastro dell’8 settembre si ripercossero anche sull’andamento della campagna d’Italia. Diventata campo di battaglia per gli eserciti stranieri, per la prima volta dopo le guerre napoleoniche, l’Italia doveva affrontare i momenti più duri di tutta la storia della sua unità. 52 Resistenza e lotta politica in Italia. A questo punto il paese era diviso in due: lo stato monarchico sopravviveva nel sud occupato dagli alleati. Al nord Mussolini, dopo essere stato liberato dalla prigionia di campo imperatore, sul gran sasso il 2 settembre del 1943,costituiva la repubblica sociale italiana, del tutto soggetta al controllo dei tedeschi. Alla fine del 1943 si formarono le prime bande partigiane. Tra la fine del 1942 e l’estate del 1943 si erano ricostituiti i partiti antifascisti, che nel settembre del 1943 diedero vita la comitato di liberazione nazionale (Cln). La contrapposizione tra la Cln e governo Badoglio si sbloccò per l’intervento di Togliatti, che propose di accantonare ogni pregiudiziale contro il re o Badoglio. Il 24 aprile del 1944 si formò il primo governo di unità nazionale, con i partiti del Cln. Dopo la liberazione di Roma, il re trasmise i propri poteri al figlio Umberto e si costituì un nuovo governo,(con alla testa Bonomi) più direttamente legato al movimento partigiano che si andava sviluppando in tuta l’Italia settentrionale. Le vittorie sovietiche e lo sbarco in Normandia Fra il 1943 e il 1944, mentre gli angloamericano erano impegnati nella campagna d’Italia, i sovietici prendevano l’iniziativa su tutto il fronte orientale. Nel giugno del 1944 gli alleati sbarcavano in Normandia con l’operazione Overlord e di li a poco, liberavano la Francia. Frattanto nelle conferenze di Mosca nell’ottobre del 44 e di Yalta nel febbraio del 45, russi, americani e inglesi si accordavano sulla futura sistemazione dell’Europa. La fine del terzo reich. Nel 1945 i tedeschi arretrare su entrambi i fronti, sotto la pressione degli angloamericani e russi. Il 25 aprile, mentre la resistenza proclamava l’insurrezione generale, l’Italia era liberata dalle forze alleate. Mussolini , che tentava di fuggire in svizzera travestito da soldato tedesco, fu catturato e fucilato dai partigiani il 28, assieme ad altri gerarchi. Il suo cadavere, impiccato per i piedi, fu esposto per alcune ore a pizza Loreto, a Milano. Il 30 aprile, mentre i russi stavano entrando a Berlino, Hitler si suicidò nel bunker sotterraneo dove era stata trasferita la sede del governo, lasciando la presidenza del reich all’ammiraglio Karl Donitz, che chiese subito resa agli alleati. Le ostilità cessarono il 7 maggio del 1945. La guerra europea si concludeva così, a 5 anni e 8 mesi dal suo inizio, con la morte dei due dittatori che più di ogni altro avevano contribuito a scatenarla. Ma il conflitto mondiale continuava in estremo oriente, dove il Giappone, ormai isolato, continuava ostinatamente a combattere. La sconfitta del Giappone e la bomba atomica. Gli alleati combattevano solo nel pacifico contro il Giappone che continuava a combattere con eccezionale accanimento, rifiutando di arrendersi anche nelle condizioni più disperate. Facendo ricorso anche ai kamikaze, aviatori suicidi che si gettavano sulle navi avversarie coni loro aerei carichi di esplosivo. 53 Fu a quel punto che il nuovo presidente americano, Truman, decise di impiegare contro il Giappone la nuova arma totale: La bomba a fissione nucleare o bomba atomica, che era stata messa a punto da un gruppo di scienziati e sperimentata per la prima volta nel deserto del nuovo Messico. Il tutto serviva ad abbreviare una guerra che si annunciava ancora lunga e sanguinosa. Con lo scopo anche di dimostrare al mondo la potenza militare americana. Il 6 agosto del 1945 la prima bomba atomica venne sganciata su Hiroshima e 3 giorni dopo l’operazione venne ripetuta a Nagasaki. In entrambi i casi le conseguenze furono spaventose, non solo per il numero dei morti e per la distruzione totale delle due città, Ma anche per gli effetti di lungo periodo su quanti erano stati contaminati dalle radiazioni Il conflitto mondiale si concluse il 2 settembre del 1945. IL MONDO DIVISO. Le conseguenze della seconda guerra mondiale. La seconda guerra mondiale sancì la crisi definitiva della supremazia europea e l’emergere di due super potenze: USA e URSS. Nasceva cosi un nuovo equilibrio internazionale di tipo bipolare. Gli orrori della guerra, le rivelazioni sullo sterminio degli ebrei, lo spaventoso potere distruttivo della bomba atomica colpirono profondamente l’opinione pubblica e spinsero le potenze vincitrici a cercare basi più stabili e regole nuove per i rapporti internazionali. Le nazioni unite e il nuovo ordine economico. Di matrice soprattutto americana fu l’ispirazione di base dell’Organizzazione delle Nazioni Unite ONU. Creata nella conferenza di San Francisco – aprile giugno 1945 – al posto della vecchia e screditata società delle nazioni, con l’obiettivo di: salvare le generazioni future dal flagello della guerra. Impiegare strumenti internazionali per promuovere il processo economico e sociale di tutti i popoli. Ispirato ai principi della carta atlantica, lo statuto dell’ONU reca l’impronta di due diverse concezioni: Da un lato quella utopica, democratica wilsoniana Dall’altro quella più rooseveltiana, della necessità di un direttorio delle grandi potenze come unico efficace strumento di governo e degli affari mondiali. I principi dell’universalità (dell’organizzazione) e dell’uguaglianza (delle nazioni) sono rispecchiati nell’assemblea generale degli stati membri. - Che si riunisce annualmente e ha il potere di adottare, a maggioranza semplice, risoluzioni che però non sono vincolanti. Il meccanismo del direttorio è riflesso invece nel consiglio di sicurezza nel caso di crisi internazionale ha il potere di prendere decisioni vincolanti per gli stati e di adottare misure che possono giungere fino all’intervento armato. 54 Altri organi dell’ONU sono: il consiglio economico e sociale, da cui dipendono le agenzie specializzate, come unesco e fao. La corte internazionale di giustizia, cui spetta il compito di dirimere le controversie fra gli stati che vi si rimettono volontariamente. Nel 1944, fu creato il fondo monetario internazionale: Con lo scopo di costituire un adeguato ammontare di riserve valutarie mondiali e di assicurare la stabilità dei cambi fra le monete, ancorandoli non solo all’oro, ma anche al dollaro. La fine della grande alleanza. Le ostilità ancora non erano ancora cessate in Europa e in Asia e già si delineavano nettissimi i contrasti fra le due maggiori potenze vincitrici nel diverso approccio ai problemi della pace. Gli stati uniti che godevano di un primato economico soverchiante e avevano sofferto meno degli altri gli effetti della guerra, puntavano più alla ricostruzione e alla ricerca di uno stabile ordine mondiale che non alla punizione dei vinti. Per l’URSS, che invece aveva subito perdite e devastazioni spaventose, si trattava di esigere il prezzo della vittoria in termini politici , economici e soprattutto di sicurezza, il bisogno di legittimare il suo ruolo di grande potenza, l’esigenza di non avere nazioni ostili ai confini. Roosevelt si era convinto di poter mantenere aperto un dialogo con l’URSS, Questo grande disegno di cooperazione fra occidente e unione sovietica morì con Roosevelt. Proprio quando si apriva la sua fase decisiva di verifica. L’avvento di Truman alla presidenza degli stati uniti, nell’aprile del 1945, coincise con il brutale Cambiamento del clima e con un irrigidimento americano nei confronti dei sovietici. Alla conferenza di Potsdam emersero i nodi del contrasto. Il futuro della Germania sconfitta e gli sviluppi in Europa orientale, dove già stava prendendo corpo il disegno staliniano di assoggettamento. Per imporre la propria egemonia, l’URSS usò come mezzo:l’imporre al potere i partiti comunisti locali. questo non poteva lasciare indifferenti le potenze occidentali. Nel marzo del 1946 Churchill pronunciò a Fulton, negli stati uniti, un discorso che denunciava il comportamento dei sovietici in Europa orientale: da stettino sul baltico a trieste, sull’adriatico, una cortina di ferro e calata sul continente, questa non è certo l’Europa liberata per costruire la quale abbiamo combattuto. Stalin replicò dando a Churchill del guerrafondaio e paragonandolo a Hitler. La grande alleanza era ormai in frantumi e il processo negoziale sui trattati di pace ne subì le conseguenze. La conferenza di Parigi nel 1946 fece giungere ad un accordo, ma il problema del futuro della germani rimaneva ancora irrisolto. La guerra fredda e la divisione dell’Europa. La conferenza di Parigi fu l’ultimo atto della cooperazione postbellica fra URSS e potenze occidentali. 55 Durante la conferenza una grave crisi fu innescata dal contrasto con l’URSS e la Turchia, appoggiata dagli stati uniti, a proposito dello stretto di dardanelli. Truman convinto che un cedimento sulla questione avrebbe consegnato all’influenza russa non solo la Turchia ma anche la Grecia, ingaggiò una drammatica prova di forza inviando la flotta americana nel mar egeo, per appoggiare il punto di vista turco fu la prima applicazione della teoria di contenimento sostenere la necessità di contenere l’espansionismo dell’URSS facendole sentire l’unica voce: la forza. In base alla dottrina Truman gli stati uniti si impegnavano ad intervenire, se necessario, per sostenere i popoli liberi nella resistenza all’asservimento da parte di minoranze armate o pressioni straniere. Il che equivaleva ad aprire un confronto globale con l’URSS. Nel giugno del 1947 gli americani lanciarono un programma di aiuti economici all’Europa il famoso piano Marshall. I sovietici, convinti che l’aiuto economico fosse uno strumento per scalzare la loro influenza e per assoggettare l’Europa agli stati uniti, Respinsero il piano e imposero ai loro satelliti di fare altrettanto, mentre i partiti comunisti occidentali promossero agitazioni contro gli aiuti americani. Fra il 1948 e il 1952, il piano Marshall riversò sulle economie europee ben 13 miliardi di dollari fra prestiti a fondo perduto, macchinari e derrate (prodotti) agricole. L’effetto non fu solo di permettere la ricostruzione, ma anche di avviare un forte rilancio delle economie dell’Europa occidentale. Un nuovo fattore di tensione fu rappresentato nel 47, dalla costituzione di un Ufficio di informazione dei partiti comunisti Cominform. Una riedizione della terza internazionale, che era stata sciolta nel 43 inomaggio all’alleanza antifascista. Il dialogo fra le super potenze era ormai cessato. Al suo posto subentrò la guerra fredda: - Non guerra guerreggiata, ma irriducibile ostilità tra due blocchi contrapposti di Stati. - Le conseguenze si fecero sentire un po' ovunque. - Il più importante terreno di scontro fu la questione della Germania, divisa dalla fine della guerra in 4 zone di occupazione americana, francese, inglese e sovietica. La capitale Berlino, che si trovava all’interno dell’area sovietica, era a sua volta divisa in 4 zone. Saltata ogni possibilità di intesa coni sovietici, stati uniti e gran Bretagna integrarono le loro zone, attuando una riforma monetaria, liberalizzando l’economia e rivitalizzandola poi con gli aiuti del piano Marshall. Stalin reagì con una prova di forza, nel giugno del 48 chiuse tutti gli accessi alla città impedendone il rifornimento, nella speranza di indurre gli occidentali ad abbandonare la zona ovest da loro occupata. Gli americani organizzarono un gigantesco ponte aereo per rifornire la città, finché nel maggio del 49 i sovietici tolsero il blocco che si rivelò inefficace. Nello stesso mese tutte le 3 zone occidentali furono unificate e fu proclamata la repubblica federale tedesca con capitale Bonn. la scontata risposta sovietica fu la creazione nella parte orientale del paese di una repubblica democratica tedesca che aveva la sua capitale a Pankon, un sobborgo di Berlino. Nell’aprile del 1949, nonostante la crisi a Berlino, venne firmato il patto atlantico: 56 Alleanza difensiva fra i paesi dell’Europa occidentale (Francia, gran Bretagna, olanda, Lussemburgo, Belgio, Norvegia, Danimarca, Islanda, Portogallo, e Italia), gli stati uniti e il Canada. Il patto che si fondava su una comune professione di fede nella civiltà occidentale e nella democrazia, prevedeva: Un dispositivo militare integrato composto da contingenti dei singoli paesi membri: la Nato Organizzazione del trattato del nord atlantico. L’URSS di risposta creò il patto di Varsavia nel 55.l’Europa era cosi divisa in due blocchi. L’unione sovietica e le democrazie popolari In URSS si ebbe nel dopoguerra un’accentuazione dei caratteri autoritari del regime. La ricostruzione economica avvenne rapidamente, privilegiando l’industria pesante e comprimendo i consumi della popolazione. L’URSS diventò una grande potenza militare, dotandosi anch’essa di bomba atomica. La ricostruzione del paese avvenne grazie a massicce riparazioni imposte al paesi dell’Est ex nemici. Tutti questi paesi furono trasformati, nella seconda metà degli anni 40, in satelliti dell’URSS, politicamente ed economicamente dipendenti dalle decisioni della potenza egemone e modellati secondo il sistema sovietico. Un eccezione fu la Jugoslavia di Tito, la cui autonomia dai sovietici portò nel 48 a una vera e propria rottura. Gli stati uniti e l’Europa occidentale negli anni della ricostruzione. Negli stati uniti si esaurì, durante la presidenza di Truman, la spinta progressiva del new deal e si diffuse nei primi anni 50, una campagna anticomunista il cui protagonista era il senatore McCarthy. L’Europa occidentale invece, fu attraversata da una forte spinta riformista. Il caso più emblematico fu quello dell’Inghilterra, dove nel 45-51, quando i laburisti attuarono un vasto programma di riforme sociali che segnava la nascita del Welfar state. In Francia, dove nel 46 fu varata una nuova costituzione democratico - parlamentare (quarta repubblica), la coalizione fra i partiti di massa resse fino al 1947, quando i comunisti furono esclusi dal governo. La Germania federale, grazie agli aiuti americani, si risollevò rapidamente dalle disastrose condizioni della fine della guerra e fu protagonista di un vero miracolo economico. La ripresa del Giappone. Un altro miracolo economico fu quello del Giappone, dove gli stati uniti imposero una trasformazione in senso democratico – parlamentare senza tuttavia intaccare il potere delle grandi concentrazioni industriali. Negli anni successivi il Giappone si affermò come una delle maggiori potenze economiche mondiali. La rivoluzione comunista in Cina e la guerra di Corea. La vittoria dei comunisti sui nazionalisti e la fondazione della repubblica popolare cinese (1949) segnarono la rinascita della Cina come stato indipendente e , insieme, un allargamento del campo socialista.. 57 L’anno successivo la dimensione mondiale del confronto tra i due blocchi si manifesto con la guerra di Corea, originata dall’invasione del sud del paese da parte di truppe del nord comunista appoggiate dai sovietici. All’intervento americano contro quell’invasione, rispose quello cinese, finché la crisi coreana si concluse nel 53 con il ritorno alla situazione precedente la guerra. Dalla guerra fredda alla coesistenza pacifica. Negli anni successivi ala fine della presidenza di Truman, 1952, e alla monte di Stalin, 1953, si affermo progressivamente un nuovo rapporto meno conflittuale tra le due super potenze. L’equilibrio fra i due blocchi si basava essenzialmente sul reciproco riconoscimento delle rispettive sfere di influenza. Il 1956: la destalinizzazione e la crisi ungherese. Nel febbraio del 1956, nel corso del XX congresso del Pcus, leader sovietico Kruscev fece una clamorosa denuncia dei crimini di Stalin. Il processo di destalinizzazione avviato in URSS alimentò nei paesi dell’Europa dell’est la speranza di un allentamento del controllo sovietico. Diffusi movimenti di protesta si verificarono in Polonia, 1956, e in Ungheria, fine 1956. Mentre le agitazioni polacche portarono a una cauta liberalizzazione, l’insurrezione ungherese fu stroncata dall’intervento dell’Armata rossa. L’Europa occidentale e il mercato comune. Negli anni 50 e 60, mentre l’economia britannica visse un prolungato ristagno, in tutti i paesi dell’Europa occidentale si verificò una crescita economica sostenuta. Rapida fu la ripresa della Germania: Favorita anche da una notevole stabilità politica. Il definitivo ridimensionamento politico dell’Europa, conseguenza del conflitto mondiale, favorì: L’integrazione economica dei vari Stati, dapprima con la comunità europea del carbone e dell’acciaio (Ceca) e poi con l’istituzione della Comunità economica europea (Cee). La Francia dalla quarta repubblica al regime gaullista. la Francia attraversò negli anni 50 una grave crisi istituzionale, legata al problema algerino. Nel 1958 De Gaulle assunse la guida al governo, varando una nuova costituzione con cui nasceva la quinta repubblica e concedendo l’indipendenza all’Algeria. In politica De Gaulle seguì una politica finalizzata alla creazione di un Europa indipendente dai due blocchi ed egemonizzata dalla Francia. L’ITALIA DOPO IL FASCISMO. Un paese sconfitto. Liberata e unificata, nella primavera del 45, l’Italia si trovò ad affrontare un difficile dopoguerra. L’economia era in gravissime condizioni. Gli stabilimenti industriali, in buona parte salvati, avevano diminuito la produzione. Incalcolabile i danni all’agricoltura. 58 Tutto ciò rendeva drammatico il problema degli approvvigionamenti alimentari: la quantità di calorie media giornaliera era meno della metà di quella che già piuttosto scarsa del 38, e la situazione sarebbe stata ancora più insostenibile senza l’aiuto degli alleati.. L’inflazione aveva assunto ritmi paurosi. Il sistema dei trasporti in buona parte disarticolato aveva conseguenze disastrose sul movimento delle merci. Meno gravi ma ugualmente drammatici i danni all’edilizia. la fame, la mancanza di alloggi e l’elevata disoccupazione contribuivano a rendere precaria la situazione dell’ordine pubblico Nel settentrione iniziarono nuovamente le lotte sociali. Nel centro sud i contadini iniziarono a occupare le terre incolte e i latifondi, ma la minaccia più grave del mezzogiorno e nelle isole all’ordine pubblico, veniva dalla malavita comune, in buona parte legata al contrabbando e alla borsa nera commercio clandestino. In Sicilia si assisteva ad una ripresa del fenomeno mafioso, favorita anche dal comportamento delle autorità militari americane che non avevano esitato a servirsi di noti esponenti della malavita italo-americana per stabilire contatti con la popolazione. Si sviluppò in Sicilia il movimento degli indipendentisti, Il Movimento che disponeva di un proprio esercito clandestino che fu affrontato e stroncato dai governi postliberazione. Ma molti suoi aderenti rimasero nella macchia, dando vita al alcuni fra i più gravi episodi di banditismo del dopoguerra, come quelli di cui fu protagonista, sui monti del palermitano, la banda capeggiata da Salvatore Giuliano. Fenomeni come questi erano solo i segni più evidenti della disgregazione morale, oltre che politica, in cui la guerra aveva gettato il paese. Le forze in campo. Il ritorno della democrazia determinò una crescita della partecipazione politica. La democrazia cristiana si presentava come perno di fronte moderato, in quanto era l’unico partito in grado di competere con i socialisti ei comunisti sul piano del’organizzazione di massa. Poco seguito ebbero i liberali, i repubblicani e il partito d’azione. A destra il movimento dell’Uomo qualunque ebbe per breve tempo notevole successo. La confederazione generale italiane del lavoro (Cgil) fu ricostituita nel 44 su basi unitarie. Dalla liberazione alla repubblica. Il primo governo dell’Italia liberata, basato sulla coalizione fra i partiti del Cln, fu presieduto da Ferruccio Parri, capo partigiano ed esponente del Partito d’azione. Nel novembre del 45 la guida al governo passò nelle mani del democristiano Alcide De Gasperi. L’avvento di De Gasperi segno una svolta moderata nella politica italiana e la fine delle prospettive di radicale rinnovamento sociale. Il 2 giugno del 1946 un referendum popolare sancì la vittoria della repubblica e la caduta della monarchia. Lo stesso giorno di tennero le elezioni per l’assemblea costituente, che videro il successo dei 3 partiti di massa, e soprattutto della Dc che divenne il partito di maggioranza relativa. 59 La crisi dell’unità antifascista. Nel 46-47i contrasti fra i partiti della coalizione antifascista si approfondirono. Le accresciute tensioni interne e internazionali provocarono nel gennaio del 47: La scissione del partito socialista: l’ala guidata da Saragat, contraria alla stretta alleanza con il Pci, fondò il partito socialista dei lavoratori italiani (poi partito socialista democratico). Nel maggio , De Gasperi estromise socialisti e comunisti dal governo e formò un ministero monocolore. La costituzione repubblicana. I contrasti tra i partiti non impedirono il varo della nuova costituzione repubblicana che entrò in vigore il 1° gennaio del 1948. La costituzione affiancava agli istituti tipici di un sistema democratico-parlamentare alcuni importanti principi di tipo sociale (diritto al lavoro, libertà sindacale, ecc). Uno scontro clamoroso si verifico nel marzo, quando si discusse la proposta democristiana di inserire nella costituzione un articolo (l’articolo 7) in cui si stabiliva che i rapporti fra stato e chiesa erano regolati dal concordato stipulato nel 1929 fra la santa sede e il regime fascista. La proposta sembrava destinata a essere respinta, ma all’ultimo momento Togliatti annunciò il voto favorevole del pci, motivando al sua scelta con la volontà di rispettare il sentimento religioso della popolazione italiana e di non creare fratture in seno alle masse. L’articolo 7 fu approvato, nonostante l’opposizione dei socialisti e dei partiti laici. Le elezioni del ’48 e la sconfitta delle sinistre. La campagna per le elezioni del 18 aprile 1948 – dalle quali poteva uscire il primo parlamento – vide una forte contrapposizione tra socialisti e comunisti (uniti nel fronte popolare), da un lato, e il Dc e i partiti laici minori, dall’altro. I democristiani ottennero un enorme successo, anche grazie all’appoggio della chiesa e degli stati uniti. Dopo le elezioni De Gasperi diede vita ad una coalizione centrista che vedeva la Dc alleata coni liberali, repubblicani e socialdemocratici. La ricostruzione economica. Sul piano dell’economia politica, ebbero sempre il sopravvento le forze moderate, che seguirono una politica di restaurazione liberista, rifuggendo ad un uso incisivo degli strumenti di intervento statale nell’economia. Tale politica si affermò pienamente, dopo l’estromissione delle sinistre dal governo, ad opera del ministro del bilancio Einaudi. Il successo della linea di risanamento finanziario di Einaudi, ebbe forti costi sociali, soprattutto in termini di disoccupazione. La lira recuperò potere d’acquisto,i capitali esportati rientrarono in Italia, i ceti medi riacquistavano fiducia, i fondi del piano Marshall furono utilizzati per finanziare le importazioni di derrate alimentari e materie prime, ma non per sviluppare la domanda interna. Il trattato di pace e le scelte internazionali. 60 Il trattato di pace, che comportava la rinuncia alle colonie e secondarie rettifiche di confine a favore della Francia, f firmato dall’Italia nel 1947. Restava aperta la questione di Trieste con la Jugoslavia, riunita all’Italia solo nel 54. L’appartenenza dell’Italia al blocco occidentale ottenne una sanzione sul piano militare con l’adesione, nel 1949, al patto atlantico. Gli anni del centrismo. Negli anni del centrismo (48-53) la politica dei governi De Gasperi non fu priva di importanti interventi sociali: Come la riforma agraria e l’istituzione della Cassa del Mezzogiorno. La politica di austerità finanziaria e contenimento dei consumi perseguita dal governo suscitò numerose proteste di piazza cui le forze dell’ordine risposero con durezza. In questa situazione la Dc cercò di rendere più stabile la propria maggioranza con una riforma del meccanismo elettorale: La legge truffa,assegnare il 65% dei seggi alla Camera a quel gruppo di partiti apparentati che ottenessero almeno la metà più uno dei voti, la cui approvazione suscitò vivaci proteste a sinistra e fu comunque priva di risultati pratici nelle elezioni del 53. Alla ricerca di nuovi equilibri. gli anni 53-58 furono un periodo di transizione. Alle novità sul piano economico (piano Vanoni, ministero delle partecipazioni statali) e istituzionale (insediamento della Corte costituzionale) si affiancarono mutamenti entro i partiti che avrebbero poi reso possibile l’allargamento della maggioranza ai socialisti. Nella Dc si affermò con la segreteria Fanfani (1954) una nuova generazione, più attenta all’intervento dello stato nell’economia e più sensibile ai problemi sociali. Il Psi, a partire al 1956, andava allontanandosi dai comunisti. LA SOCIETÀ DEL BENESSERE. Una caratteristica dei decenni del dopoguerra è il forte aumento della popolazione, concentrato però soprattutto nel terzo mondo, dove il calo della mortalità si è accompagnato un tasso di natalità elevato. Nei paesi industrializzati l’aumento demografico è stato invece molto contenuto e in alcuni di essi si è giunti ormai alla crescita zero della popolazione. La notevole espansione ei consumi superflui è ormai caratteristica fondamentale delle società avanzate, ove ha suscitato fenomeni estesi di rifiuto ideologico, nonché di critica da parte di alcune correnti intellettuali. Come la scuola di Francoforte. -----Alla fine degli anni 60 si verifico un’esplosione di protesta giovanile contro la società del benessere: Protesta iniziata negli Usa e poi diffusasi nell’Europa occidentale e in Giappone. L’episodio più clamoroso della contestazione studentesca fu la rivolta parigina nel maggio del 1968. 61 La fase di ribellione giovanile lasciò un segno profondo nelle società occidentali, soprattutto nel campo dei valori e dei modelli di comportamento. -----Negli stessi anni si sviluppa un nuovo femminismo che – ormai raggiunta la parità dei sessi sul piano dei diritti politici – Criticava la divisione dei ruoli tra uomo e donna nella famiglia e nel lavoro, e più in generale: Rifiutava i valori maschilisti dominanti nelle società industrializzate. -----Di fronte alla nuova realtà della società del benessere, la Chiesa cattolica, pur ribadendo una sua critica al diffondersi di valori materialistici e di comportamenti contrari alle sue dottrine, - Tentò un proprio rinnovamento interno e un’apertura ai problemi del mondo contemporaneo. Tale nuovo corso iniziò con il pontificato di Giovanni XXIII (58-63) e proseguì con il Concilio Vaticano II. DISTENSIONE E CONFRONTO. Mito e realtà degli anni 60. Kennedy e Kruscev: Crisi dei missili e la distensione Negli Usa la presidenza di Kennedy (60-63, perché fu assassinato), fu improntata ad un indirizzo riformistico. In politica estera, la grave crisi si lega alla presenza di missili nucleari sovietici a Cuba (1962) si risolse con un successo americano e non compromise la distensione: Nel 63 Usa e URSS firmarono il trattato per la messa al bando degli esperimenti nucleari nell’atmosfera. In URSS Kruscev accentuò i caratteri pacifici del confronto con l’Occidente. Ma nel 1964 fu destituito anche per il fallimento dei suoi piani economici. La Cina di Mao: il contrasto con l’URSS e la rivoluzione culturale. In Cina, l’insuccesso della politica di viluppo agricolo lanciata nel 1958, favorì sul piano internazionale la definitiva rottura con l’URSS, mentre sul piano interno diede spazio alla componenti moderate del gruppo dirigente comunista. Fra il 65 e il 68, per scalzare il potere di queste ultime, Mao stimolò un movimento di contestazione giovanile la rivoluzione culturale, che portò alla defenestrazione di molti dirigenti, finché fu frenato dallo stesso Mao. I politica estera, soprattutto per opera del primo ministro Chou En-lai, la Cina attuò agli inizi degli anni 70, un clamoroso avvicinamento agli Stati Uniti. La guerra del Vietnam. A partire dalla metà degli anni 60 si sviluppò progressivamente l’intervento militare americano nel Vietnam del sud, - Dove era attivo un movimento di guerriglia che godeva del diretto appoggio dei nordvietnamiti. Dopo il ritiro delle truppe americane nel 1973, avvenuto anche in seguito alla forte opposizione che quella guerriglia aveva suscitato negli Stati Uniti, Il governo sudvietnamita venne sconfitto nel 1975. 62 Nello stesso anno si ebbe la vittoria dei partigiani comunisti in Cambogia e Laos. L’URSS e l’Europa orientale: la crisi cecoslovacca. La segreteria Breznev, 1964-82, mutò più lo stile che la sostanza della politica sovietica; Si accentuò in particolar modo la repressione dei dissidenti. In politica estera l’URSS se accettò la moderata autonomia conquistata dai rumeni, represse duramente il tentativo riformatore dei comunisti cecoslovacchi primavera di Praga, intervenendo militarmente nell’estate del 68. L’Europa occidentale negli anni del benessere Per le democrazie dell’Europa occidentale, gli anni 60 e i primi anni 70 furono un periodo di stabilità economica e di mutamenti politici. In Italia, Germania federale e Gran Bretagna, entrarono al governo i socialisti. In Germania il socialdemocratico Brandt inaugurò una politica estera di conciliazione con i paesi dell’Est. Nel 1972 la Cee si allargò con l’ingresso di Inghilterra, Irlanda e Danimarca. Il Medio Oriente e le guerre arabo-israeliane. Il Medio Oriente fu teatro in questi anni di due successive guerre: La guerra dei sei giorni del 1963. La guerra del Kippur del 1973. In seguito alla guerra del 67, Israele occupò nuovi territori arabi, riacutizzando il problema palestinese. La guerra del 73 fu all’origine del blocco petrolifero proclamato dai paesi arabi e del successivo aumento del prezzo del petrolio. La crisi petrolifera. L’aumento del prezzo del petrolio nel 1973, che si inseriva in una fase di instabilità monetarie internazionale inaugurata nel 71 dalla sospensione della convertibilità del dollaro. generò una crisi economica internazionale di vaste proporzioni. A differenza delle crisi del passato, la crescita della disoccupazione si sommava ad un elevato tasso di inflazione. Giunta dopo un 25ennio di sviluppo pressoché ininterrotto e di benessere crescente, la crisi del 73-75 costituì un trauma fortissimo sul piano psicologico prima ancora che economico, rivelò un’insospettata fragilità delle economie capitalistiche avanzate e fece sorgere una serie di interrogativi sui fondamenti stessi della civiltà nata con la rivoluzione industriale. 63