24 febbraio 2013 IL CAFFÈ IL REPORTAGE LA SCIENZA L’INCONTRO NAPOLEONI ALLE PAGINE 34 e 35 BENINI A PAGINA 46 ZOIS A PAGINA 47 L’INEVITABILE VOTO DI PANCIA NEL BELPAESE IN DECANDENZA QUELLA STRANA “MALATTIA” CHIAMATA XENOMELIA ANDREOLI: “AMO I DEBOLI, STO DALLA PARTE DEI NESSUNO” VIRGOLETTE TRA CITAZIONI D’AUTORE tra CULTURA | STILI | SPORT | INCONTRI UNA SETTIMANA, UNA PAROLA “ ESAGERATI. SCANDALOSI E FOLLI. I SUPERSALARI MILIONARI DI DIRIGENTI COME VASELLA SONO ORMAI UN PERICOLO MORTALE PER L’ECONOMIA Manager DOMENICO DE MASI, sociologo del lavoro Q uando cadde il muro di Berlino ebbi l’occasione di parlarne in un dialogo radiofonico con Vaclav Havel, presidente dell’allora Cecoslovacchia. Secondo Havel il comunismo aveva perso, ma il capitalismo non aveva vinto. E ciò per il semplice fatto che il comunismo sa distribuire la ricchezza, ma non sa produrla, mentre il capitalismo sa produrre la ricchezza, ma non sa distribuirla. È passato un quarto di secolo e quella previsione si rivela sempre più lucida: la nostra economia rischia di suicidarsi per mancanza di equità. I padri fondatori del capitalismo liberale – da David Smith a John Stuart Mill – partivano da premesse di sconfinato ottimismo. A loro avviso le risorse del pianeta erano infinite e lo viluppo economico, dipendendo dall’infinita creatività umana, era anch’esso infinito. Tuttavia ritenevano che l’economia regge solo quando il sistema riesce a consumare tutto ciò che produce. Se la ricchezza è trattenuta nelle mani di pochi straricchi, i consumi rallentano, la merce resta invenduta, il mercato crolla e le masse disperate diventano incontrollabili. Questo, ad esempio, è avvenuto nella Francia di fine Settecento, quando un pugno di aristocratici viveva nel lusso più sfrenato mentre la classe più numerosa e più povera pativa la fame. I filosofi illuministi misero in guardia gli aristocratici dai pericoli di una situazione così ingiusta, ma gli aristocratici non li ascoltarono e, quando scoppiò la rivoluzione, duemila di loro finirono sulla ghigliottina. Oggi abbiamo capito che, contrariamente alle illusioni degli economisti “classici”, le risorse del pianeta non sono affatto illimitate. A maggior ragione l’accentramento smodato della ricchezza nelle mani di pochi rappresenta un pericolo mortale per l’economia. Adam Smith (1723-1790) scrive che i ricchi, “a dispetto del loro naturale egoismo e della loro naturale rapacità, benché non pensino ad altro che al proprio tornaconto”, non riusciranno mai a mangiare e a consumare molto più dei loro servitori. Secondo un vecchio liberale come Panfilo Gentile, il capitalista liberale dell’Ottocento possedeva le “bonarie virtù morali di probità, disinteresse, decoro, moderazione, affettuosa sollecitudine per la sua piccola pa- tria municipale, circospetta prudenza nei grossi affari politici nazionali, candido patriottismo unitario”. Ma oggi - mentre nella Confederazione si discute sull’iniziativa Minder - riesce difficile riscontrare queste virtù in manager come Daniel Vasella di Novartis, nonostante il bel gesto di rinunciare alla buonuscita del valore di 72 milioni di franchi (la terza più alta mai elargita in Svizzera) visto che era abituato ad uno stipendio annuo di 40 milioni. Oppure in Sergio Marchionne della Fiat, che nel 2010 ha guadagnato 435 volte più di un COLPI DI TESTA LIDO CONTEMORI suo operaio - se si considera il solo stipendio - e 1.037 volte (38 milioni di euro all’anno) se si aggiungono le stock option. Si pensi che Vittorio Valletta, quando era al posto di Marchionne, guadagnava venti volte più di un operaio della Fiat e che Adriano Olivetti, presidente dell’omonima azienda, guadagnava cinque volte più di un suo operaio. Berlusconi guadagna 11.490 volte più di un dipendente della Fininvest. Cesare Geronzi è stato liquidato con 16,6 milioni di euro per 347 giorni di lavoro alle Generali. Negli anni 2009 e 2010, mentre in Italia imperversava la crisi finanziaria, i compensi dei top manager nelle banche sono cresciuti dell'8,5%, cioè 4 volte più del salario di un lavoratore medio. Questa folle ingiustizia distributiva in Europa ricalca l’analoga situazione degli Usa. Trenta anni fa, nelle banche americane, il rapporto tra la retribuzione di un lavoratore medio e quella di un Ceo era di uno a 40; oggi è di uno a 400. Lo stipendio di Richard Fuld, della Lehman Brtothers, è sei milioni di dollari; quello di Lloyd Blankfien della Goldman Sachs è di 13 milioni. Non esiste alcun rapporto tra retribuzione e merito: uno studio dell’Associated Press ha dimostrato che “lo stipendio di un Ceo cresce o cala a prescindere dall’andamento del titolo azionario o dei profitti aziendali”. Per quanti beni riescano ad accumulare, Vasella e Marchionne non riusciranno mai a consumare quanto migliaia di operai e Berlusconi non riuscirà mai a consumare quanto undicimila dipendenti. Secondo il sociologo Luciano Gallino, “i redditi da lavoro hanno perso negli ultimi venticinque anni almeno 7-8 punti sul Pil a favore dei redditi da capitale (dato Ocse). Perdere un punto di Pil significa che ogni anno 16 miliardi vanno ai secondi invece che ai primi. Questa ridistribuzione dei redditi dal basso verso l’alto ha impoverito i lavoratori, contribuito alla stagnazione della domanda interna, ed è uno dei maggiori fattori alla base della crisi economica in corso”. Uno squilibrio così insano e crescente giustifica l’allarme di Serge Latouche quando paragona la nostra attuale società a “un bolide senza pilota, senza marcia indietro e senza freni, che sta andando a fracassarsi contro i limiti del pianeta”. DOMENICA LIBERO D’AGOSTINO TEMPO E CLIMA IL BALLETTO DELLA METEO E ccezionali ondate di freddo e insolite temperature primaverili, ghiacciai che si sciolgono e mari che sommergono, effetto serra che arroventa e deserti che avanzano. Non se ne può più. Allarmi meteo e allarmi clima che seminano inquietudine, ma che si contraddicono in un frenetico balletto di previsioni, studi, analisi e proiezioni. Clima e ambiente sono cose troppo serie per lasciarle in mano a certi ambientalisti o a taluni antiambentalisti. Il tempo è quello che è, meglio ragionare con la propria testa. E magari guardare a sole e nuvole con in mano il Barbanera. E, semmai, lasciarsi sorprendere da qualche inaspettata folata gelida o, meglio ancora, da un piacevole caldo fuori stagione.