Approfondimenti D. Perrone “STABILIZZAZIONE” DEL PRECEDENTE E PRINCIPIO DI COLPEVOLEZZA: OSSERVAZIONI SULLE RICADUTE INTERNE DELLA SENTENZA CONTRADA di Daria Perrone (Dottore di ricerca; avvocato del Foro di Lucca) SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Brevi cenni sull’evoluzione interpretativa in tema di concorso esterno nei reati associativi. – 3. Infraction d’origine jurisprudentielle? – 4. Il criterio della prevedibilità nella giurisprudenza della Corte europea. – 5. Il criterio della prevedibilità nella sentenza Contrada. – 6. Le ricadute interne nel breve e medio termine. – 7. Riflessi sulla tenuta complessiva della riserva di legge. – 8. La regola di diritto intertemporale del c.d. prospective overruling. – 9. Le modalità di “ingresso”: verso una riforma dell’art. 2 Cp. 1. Con sentenza del 14.4.20151, la Corte europea ha accolto all’unanimità, per violazione dell’art. 7 Cedu, il ricorso proposto da B. Contrada avverso la condanna dello Stato italiano per concorso esterno in associazione mafiosa. Come noto, il lungo iter giudiziario era iniziato nel 19962: il ricorrente era stato condannato in via definitiva dalla Cassazione nel 2007, in forza del combinato disposto di cui agli artt. 110 e 416-bis Cp, per avere apportato sistematicamente, tra il 1979 e il 1988, un contributo alle attività e al perseguimento degli scopi illeciti dell’associazione mafiosa denominata “Cosa nostra”, giovandosi della posizione chiave ricoperta prima in qualità di dirigente della Polizia di Stato, poi di capo della Squadra mobile di Palermo ed, infine, di vicedirettore dei servizi segreti civili (SISDE), fornendo ad alcuni associati informazioni confidenziali sulle indagini in corso. La motivazione dei giudici di Strasburgo è piuttosto stringata e – almeno in apparenza – lineare. Al momento della commissione dei fatti, il ricorrente non avrebbe potuto prevedere la punibilità della propria condotta, essendo la figura del concorso esterno frutto di un’elaborazione interpretativa giurisprudenziale 1 C. eur., 14.4.2015, Contrada c. Italia. Con la sentenza di primo grado del 5.4.1996 n. 338, il Tribunale di Palermo aveva condannato il Contrada per concorso esterno in associazione di stampo mafioso, mentre, con sentenza del 4.5.2001 la Corte d’appello di Palermo lo assolse, sulla base di una rivalutazione delle risultanze istruttorie. Successivamente, con sentenza del 12.12.2002, la Corte di cassazione annullò, con rinvio, la sentenza di secondo grado, per difetto di motivazione. Con sentenza del 25.2.2006, una diversa Sezione della Corte d’appello di Palermo confermò il contenuto della sentenza del 1996. In particolare, sulla punibilità a titolo di concorso esterno in associazione mafiosa, ritenne che la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di primo grado avesse correttamente applicato i principi sviluppati dalla giurisprudenza in materia. Con sentenza dell’8.1.2008, la Corte di cassazione respinse il nuovo ricorso, confermando la legittimità dell’acquisizione al fascicolo delle dichiarazioni contestate dal ricorrente e rigettando la sua istanza volta ad ottenere l’uso di prove complementari. 2 www.lalegislazionepenale.eu 1 27.6.2016 Approfondimenti D. Perrone successiva; la condanna avrebbe comportato l’applicazione retroattiva di una norma incriminatrice non ancora esistente al momento del fatto. Di conseguenza, la Corte europea ha espressamente censurato il difetto di motivazione delle sentenze interne, in quanto i giudici si sarebbero limitati a verificare la sussumibilità della fattispecie concreta, senza affrontare la questione della concreta possibilità di prevederne la punibilità all’epoca dei fatti, questione che, in effetti, lo stesso Contrada aveva sollevato puntualmente in ogni grado di giudizio (§ 73). La sentenza s’inserisce, a prima vista, in linea di continuità con l’elaborazione giurisprudenziale della Corte di Strasburgo sul principio di legalità, con particolare riferimento al corollario della prevedibilità. Pur non potendo essere definita una sentenza - pilota3, la pronuncia della Corte europea ha avuto in Italia una vasta eco, nella misura in cui ha riconosciuto la matrice giurisprudenziale della fattispecie di reato. Il clamore della sentenza - definita dai primi commentatori dal sapore «agrodolce» 4 - ed il timore che potesse comportare effetti “dirompenti” 5 hanno indotto il Governo italiano a presentare una richiesta di rinvio alla Grande Camera, a norma dell’art. 43 Cedu (richiesta rigettata il 14.9.2015). Successivamente, con sentenza del 18.11.2015 (dep. 17.3.2016) 6 , la Corte d’appello di Caltanissetta ha rigettato l’istanza di revisione presentata da Contrada avverso la sentenza di condanna interna, con una pronuncia che, salvo un eventuale ricorso per Cassazione, sembra segnare la conclusione della complessa vicenda giudiziaria. Gli effetti della sentenza europea sono, peraltro, destinati a ricadere non solo sul procedimento Contrada e sui casi di concorso esterno in associazione mafiosa, ma “a cascata” in tutte le ipotesi in cui l’interpretazione della previsione incriminatrice sia caratterizzata da incertezza e instabilità applicativa. 2. Nella difficoltà di fronteggiare il complesso fenomeno della criminalità organizzata, il lungo e tortuoso excursus ermeneutico che ha portato la giurisprudenza nazionale a riconoscere la punibilità del concorso esterno in 3 Così, uno dei primi commenti alla sentenza, v. S. Civello Conigliaro, La Corte EDU sul concorso esterno nell'associazione di tipo mafioso: primissime osservazioni alla sentenza Contrada, in www.dirittopenalecontemporaneo.it, 4.5.2015, 2. Da ultimo, nello stesso senso, v. anche L. Patronaggio, “Corte EDU, sentenza Contrada c. Italia: la presunta violazione da parte dell’Italia del principio di legalità ex art. 7 CEDU”, intervento al convegno organizzato dall’Unione delle Camere penali italiane avente ad oggetto “Il principio di stretta legalità tra giurisprudenza nazionale e comunitaria”, tenutosi a Prato il 22.4.2016. 4 O. Di Giovine, Antiformalismo interpretativo: il pollo di Russell e la stabilizzazione del precedente giurisprudenziale, in dirittopenalecontemporaneo.it, 12.6.2015, 8. La definizione è stata poi ripresa e approfondita da D. Pulitanò, Paradossi della legalità. Fra Strasburgo, ermeneutica e riserva di legge, in www.dirittopenalecontemporaneo.it, 13.7.2015, 1. 5 V., da ultimo, G.A. De Francesco, Brevi spunti sul caso Contrada, in CP 2016, 12 ss. 6 App. Caltanissetta 18.11.2015 n. 924, in dejure, con nota di F. Viganò, Il caso Contrada e i tormenti dei giudici italiani: sulle prime ricadute interne di una scomoda sentenza della Corte EDU, in www.dirittopenalecontemporaneo.it, 28.4.2016. www.lalegislazionepenale.eu 2 27.6.2016 Approfondimenti D. Perrone associazione mafiosa è stato nel complesso influenzato da alcune pre-comprensioni di ordine socio-criminologico7 . Prima dell’introduzione dell’art. 416-bis Cp, ad opera dell’art. 1 l. 13.9.1982 n. 646, la questione della punibilità dell’associazionismo mafioso aveva dato adito ad incertezze applicative, non tanto in ragione dell’inadeguatezza repressiva della fattispecie generale dell’associazione a delinquere, quanto piuttosto a causa di un “pregiudizio” socio-culturale: essendo l’organizzazione mafiosa finalizzata anche a scopi non criminali, si era dubitato della possibilità di applicare l’art. 416 Cp, con la paradossale conseguenza di escludere la punibilità per una realtà criminologicamente più intensa rispetto alle altre associazioni a delinquere. Anche quando, all’inizio degli anni Ottanta, apparve chiara al legislatore la necessità di introdurre la previsione autonoma di cui all’art. 416-bis Cp, residuavano comunque forti margini di incertezza, a causa del difetto di tassatività derivante dalla mancata definizione della condotta partecipativa. In particolare, nel silenzio della legge, il compito di chiarire la distinzione tra la partecipazione ed il concorso esterno venne di fatto demandato alla giurisprudenza. In tale contesto, la stessa Corte europea ha costatato la diffusione, a cavallo degli anni Ottanta e Novanta, di tre distinti orientamenti giurisprudenziali. Ancora sotto il condizionamento delle citate pre-comprensioni 8 , il primo orientamento identificava la condotta partecipativa sulla base di criteri formalistici (quali, ad esempio, l’affiliazione mediante il c.d. giuramento di mafia), escludendo quindi l’ammissibilità di quelle forme di collaborazionismo esterno o eventuale che, pur apportando significativi contributi all’associazione, non assumono i caratteri propriamente tipici della partecipazione. Viceversa, l’orientamento intermedio e soprattutto l’orientamento estensivo ritenevano, in linea di massima, ammissibile anche il concorso esterno, sul presupposto che l’art. 110 Cp - in quanto espressione di principi generali attinenti alla plurisoggettività della fattispecie - fosse applicabile anche ai reati associativi9. Nell’intento di contribuire alla progressiva opera di “tassativizzazione” della fattispecie incriminatrice, nel 1994, con la sentenza Demitry 10, le Sezioni Unite hanno avallato l’orientamento ammissivo, identificando la condotta del concorso esterno nella condotta di chi, pur non essendo inserito nella struttura criminale ed essendo privo della affectio societatis, a differenza del partecipe, fornisce ad essa un contributo causalmente rilevante per la sua conservazione o rafforzamento. Questa stessa impostazione – anche se con alcune significative precisazioni – è stata in seguito confermata da altre tre sentenze, anch’esse pronunciate a Sezioni Unite 11. 7 In questo senso, v. G. Marino, La presunta violazione da parte dell'Italia del principio di legalità ex art. 7 CEDU: un discutibile approccio ermeneutico o un problema reale?, in www.dirittopenalecontemporaneo.it, 3.7.2015, 4. 8 V., Cass. 18.5.1994, in FI 1994 (II), 560; Cass. 3.6.1994, in RP 1994, 1114; Cass. 30.6.1994, in GP 1995 (II), 144. 9 V., ad esempio, Cass. 23.8.1994, in CP 1994, 2678. In tale sentenza, i giudici di legittimità sembrano abbandonare il criterio esclusivo dell’adesione rituale a favore della tesi causale-contributiva. 10 Cass. S.U. 5.10.1994 n. 16, Demitry, in CP 1995, 842. 11 Cass. S.U. 27.9.1995 n. 30, Mannino, in RP 1996, 33; Cass. S.U. 30.10.2002 n. 22327, Carnevale, in www.lalegislazionepenale.eu 3 27.6.2016 Approfondimenti D. Perrone Com’è noto, l’evoluzione interpretativa è stata influenzata dalla particolare insidiosità di quella “zona grigia” rappresentata dalla c.d. contiguità compiacente, derivante dall’intreccio tra la criminalità organizzata ed una parte del mondo politico ed imprenditoriale, tanto che le esigenze di politica criminale hanno finito non di rado per mettere in ombra le considerazioni puramente dogmatiche. Si fa riferimento soprattutto alla necessità di reprimere le condotte di sostegno e di fiancheggiamento da parte di alcuni soggetti estranei alla sub-cultura mafiosa in senso proprio ed appartenenti alle classi dirigenti (c.d. colletti bianchi, tra cui imprenditori, politici, magistrati). D’altro lato, è pur vero, come sottolineato anche dal Governo italiano nell’ambito del procedimento Contrada, che, in generale, l’elaborazione giuridica in tema di concorso esterno è iniziata in epoca ben precedente rispetto a quella relativa al concorso eventuale nell’associazione mafiosa: già a partire dalla fine degli anni Sessanta, infatti, la giurisprudenza aveva ipotizzato la configurabilità della partecipazione esterna in relazione a reati associativi di natura diversa (in particolare, in tema di terrorismo12, cospirazione politica associata13 e banda armata). Tuttavia, la Corte europea ha ritenuto irrilevante tale considerazione ai fini della ricostruzione del processo evolutivo del concorso esterno in associazione mafiosa, a causa della supposta diversità di tali precedenti rispetto alla specificità del fenomeno mafioso. Come è stato sottolineato in dottrina14, è sembrato qui affiorare una “sopravvalutazione” della presunta eterogeneità criminologica tra l’associazione mafiosa e gli altri reati necessariamente plurisoggettivi, posto che l’elaborazione giurisprudenziale ha riguardato, più in generale, la questione dell’applicabilità della disciplina sul concorso di persone ai reati a concorso necessario. 3. In primo luogo, la Corte europea ha escluso la propria competenza in relazione alla qualificazione giuridica dei fatti commessi, astenendosi dal valutare la sussumibilità del fatto sotto il combinato disposto di cui agli artt. 110 e 416-bis Cp, in quanto compito di esclusiva spettanza della giurisdizione nazionale (§ 61) 15. La Corte europea si è soffermata, quindi, soltanto sulla prevedibilità di tale soluzione interpretativa. A tal fine, la Corte europea ha assunto come postulato di base che il concorso esterno in associazione mafiosa costituisca senz’altro un reato di origine giurisprudenziale. Tale postulato è stato considerato pacifico: a conferma di ciò, si è esclusa contestazione tra le parti sul punto (§ 66). RIDPP 2004, 322; Cass. S.U. 12.7.2005 n. 33748, Mannino, in CP 2005, 3732. 12 V. Cass. 25.10.1983, Arancio, in DPP 1985, 686. 13 V. Cass. 27.11.1968, Muther, in AP 1970 (II), 7. 14 Si rimanda sul punto alle osservazioni di F. Palazzo, La sentenza Contrada e i cortocircuiti della legalità, in DPP 2015, 1061. 15 Secondo la Corte EDU, il compito di interpretare la legislazione nazionale è sempre di esclusiva spettanza della giurisdizione interna, purché si basi «su un’analisi ragionevole degli elementi del fascicolo» (§ 61). www.lalegislazionepenale.eu 4 27.6.2016 Approfondimenti D. Perrone Tuttavia, nel nostro ordinamento, tale affermazione di principio ha suscitato non poche perplessità16, dato che ammettere l’origine “puramente” giurisprudenziale di una fattispecie incriminatrice contrasterebbe in primis con il principio della riserva di legge, che esclude il “formante” giurisprudenziale dalle “fonti” del diritto penale, come da ultimo ribadito dalla Corte costituzionale con la nota sentenza 12.10.2012 n. 23017. Inoltre, l’affermazione dell’origine giurisprudenziale della fattispecie non convince nemmeno sotto un altro punto di vista, ossia in relazione allo specifico percorso argomentativo seguito dall’orientamento più estensivo, al fine di ammettere la configurabilità del concorso esterno. Innanzitutto, la Corte europea sembra operare un’indebita commistione tra “creazione” ed “interpretazione” della legge, non indicando «cosa debba intendersi per reato di origine giurisprudenziale» 18. In particolare, i giudici di Strasburgo non hanno finora chiarito se per “reato di origine giurisprudenziale” debba intendersi l’ipotesi in cui, attraverso il ricorso ad una interpretazione analogica, la giurisprudenza estenda l’ambito di applicabilità della fattispecie a casi non previsti dal dato normativo “al di là della legge” ovvero anche l’ipotesi in cui l’evoluzione interpretativa si svolga pur sempre nel rispetto del tenore della legge, approdando a una nuova soluzione interpretativa, che sia la più estensiva tra tutte quelle pur sempre compatibili con il tenore letterale. Nella seconda ipotesi, invero, più che di “creazione” giurisprudenziale, si dovrebbe parlare di mera evoluzione interpretativa di un dato normativo preesistente: così come, in effetti, è avvenuto per quel che concerne l’istituto del concorso esterno in associazione mafiosa. La Corte europea sembra, invece, sottovalutare il fatto che l’operazione interpretativa della giurisprudenza italiana, per quanto tuttora affetta da profili di incertezza, si è sviluppata partendo pur sempre da una base legislativa. Al pari di altre clausole estensive della punibilità previste nella parte generale (come, ad esempio, gli artt. 40 co. 2 e 56 Cp), la norma sul concorso di persone mira a 16 Contra v. M.T. Leacche, La sentenza della Corte EDU nel caso Contrada e l’attuazione nell’ordinamento interno del principio di legalità, in CP 2015, 4611, secondo cui l’assunto di partenza da cui muove la Corte EDU sull’origine giurisprudenziale del concorso esterno in associazione mafiosa non solo sarebbe «del tutto inesatto», ma non sarebbe stato nemmeno così pacifico, in quanto «fortemente contrastato dalla difesa del Governo italiano». 17 C. cost., 12.10.2012 n. 230, in www.dejure.it. La Corte costituzionale ha giudicato infondata la questione di legittimità dell’art. 673 Cpp nella parte in cui non prevede tra i presupposti di revoca in fase esecutiva quello di un sopravvenuto mutamento giurisprudenziale ad opera delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, in virtù del quale un fatto, già giudicato con sentenza definitiva, non sia più ritenuto penalmente rilevante. 18 G. Marino, La presunta violazione da parte dell’Italia del principio di legalità ex art. 7 CEDU: un discutibile approccio ermeneutico o un problema reale?, cit., 11. Da un lato, la Corte EDU ammette che il compito della giurisprudenza è quello di chiarire il significato di una disposizione, a partire dal testo normativo (§ 79), ma dall’altro lato riconosce anche la capacità di contribuire «in quanto fonte del diritto (…) alla progressiva evoluzione del diritto penale» (C. eur., 29.10.2013, Varvara c. Italia, in DPP 2014, 243, § 55). V. anche C. eur., 9.9.2014, Vianello c. Italia, in www.giustizia.it, § 35; nello stesso senso C. eur., 20.9.2009, Sud Fondi c. Italia, in www.giustizia.it. www.lalegislazionepenale.eu 5 27.6.2016 Approfondimenti D. Perrone incriminare condotte altrimenti atipiche, svolgendo, come segnalato in dottrina 19, un ruolo “integrativo” rispetto alle norme di parte speciale. Per queste ragioni, considerato che l’interpretazione in tema di concorso esterno può essere ricondotta all’opera di tassativizzazione della formula “aperta” di cui all’art. 110 Cp, non convince appieno la soluzione riduttiva – adottata dalla Corte di Strasburgo - di qualificarla come un’attività di mera “creatività” giurisprudenziale20. 4. In una prospettiva finalizzata alla «fusione di orizzonti»21 tra l’universo di civil law e quello di common law, il principio di legalità elaborato dalla Corte europea (c.d. legalità convenzionale) muove dalla sostanziale equiparazione tra fonte legale e fonte giurisprudenziale. Con un approccio antiformalistico 22, ispirato dalla necessità di armonizzare le tradizioni costituzionali dei paesi che compongono il Consiglio d’Europa, la Corte europea ha adottato, come è noto, una «nozione autonoma» 23 di “legge”, ai soli fini dell’applicazione della Convenzione, in grado di ricomprendere qualsiasi fonte che prescriva una regola di condotta. La legge penale non è stata individuata, quindi, sulla base del procedimento previsto nei diversi ordinamenti, ma in relazione alle sue “qualità” contenutistiche, ossia l’irretroattività (non retroactivity), la ragionevole conoscibilità quanto alla sua formulazione (accessibility) e la ragionevole prevedibilità quanto alla sua applicazione (predictability) 24 . Ne discende che, sotto il profilo della legalità convenzionale, non basta garantire in astratto l’irretroattività della legge incriminatrice, se poi in sede applicativa è data la possibilità - attraverso una nuova interpretazione in peius - di produrre gli stessi effetti di un mutamento legislativo retroattivo. Quello che si è voluto evitare, in altre parole, è l’effetto “a sorpresa” nel momento applicativo 25 : una condanna imprevedibile creerebbe, infatti, un insanabile vulnus al principio di colpevolezza. 19 V. G.A. De Francesco, Brevi spunti sul caso Contrada, cit., 13 ss., il quale ricorda come alcune norme di parte generali, come ad esempio appunto l’art. 110 Cp, per quanto «permeate da un alone di incertezza circa il loro contenuto, rivestono pur sempre un’importanza centrale nell’individuazione delle condotte rilevanti per giustificare l’imputazione del reato al quale esse accedono». 20 V. sul punto F. Palazzo, La sentenza Contrada e i cortocircuiti della legalità, cit., 1062, il quale ritiene forse «eccessivo» qualificare la punibilità del concorso esterno come un reato di pura origine giurisprudenziale, dato che l’operazione ermeneutica si è svolta pur sempre nel solco di una delle possibili letture compatibili con il dato legislativo dell’art. 110 Cp. 21 V. Manes, Introduzione. La lunga marcia della Convenzione europea ed i “nuovi” vincoli per l’ordinamento (e per il giudice) penale interno, in La convenzione europea dei diritti dell’uomo nell’ordinamento penale italiano, a cura di V. Manes e V. Zagrebelsky, Milano 2011, 34. 22 Da questa prospettiva, l’elaborazione della Corte EDU sarebbe il “manifesto vivente” dell’antiformalismo secondo O. Di Giovine, Antiformalismo interpretativo: il pollo di Russell e la stabilizzazione del precedente giurisprudenziale, cit., 3. 23 V. Zagrebelsky, La Convenzione europea dei diritti dell’uomo e il principio di legalità in materia penale, in La Convenzione europea dei diritti dell'uomo nell'ordinamento penale italiano, cit., 74. V. anche M. Scoletta, La legalità penale nel sistema europeo dei diritti fondamentali, in Europa e diritto penale, a cura di C.E. Paliero e F. Viganò, Milano 2013, 195 ss. 24 V., ad esempio, C. eur., 25.6.2009, Liivik c. Estonia, in DPP 2009, 1177 e C. eur. G.C. 12.2.2008, Kafkaris c. Cipro, in DPP 2008, 538, § 137-140. 25 Il riferimento alla condanna “a sorpresa” come abuso di potere è di V. Zagrebelsky, La Convenzione europea dei diritti dell’uomo e il principio di legalità in materia penale, cit., 79. www.lalegislazionepenale.eu 6 27.6.2016 Approfondimenti D. Perrone Così ragionando, se viene meno l’esigenza stessa di garantire la colpevolezza, allorquando cioè l’interpretazione sfavorevole è comunque prevedibile dai consociati, perché, ad esempio, riflette un ormai consolidato mutamento della coscienza sociale, la Corte europea ha ritenuto ammissibile l’applicazione retroattiva del mutamento interpretativo in peius. Basti pensare al caso dell’overruling sfavorevole in Inghilterra in relazione al marital rape (lett. “stupro coniugale”), ossia alla violenza sessuale tra coniugi26. Negli ultimi tempi, a partire dal noto leading case Del Rio Prada27, la Corte europea sembra aver “irrigidito” i parametri sulla cui base valutare la prevedibilità, secondo un orientamento garantista sempre più “vittima-centrico”, che rimanda a canoni quanto più possibile oggettivi (come, ad esempio, la verifica di un’interpretazione giurisprudenziale costante nel tempo), escludendo, di regola, la prevedibilità nei casi di dubbio. Tuttavia, trattandosi di una nozione “in via di consolidamento”, il criterio della prevedibilità sconta ancora inevitabili margini di incertezza e di discrezionalità. In attesa di ulteriori precisazioni da parte della Corte europea, il predetto criterio non è al momento in grado di dissipare alcune perplessità, tra cui, ad esempio, il timore che la focalizzazione della prevedibilità sulla dimensione in action rischi di svalutare il principio di determinatezza. Nella prospettiva della legalità convenzionale, la chiarezza e la precisione della disposizione normativa rischiano di passare in secondo piano rispetto all’importanza della stabilità della sua interpretazione nel momento applicativo28. In effetti, nel caso Soros29, la Corte europea ha ritenuto sufficiente, ai 26 Il riferimento è alla nota sentenza della C. eur., 22.11.1995, S.W. c. Regno Unito, in www.hudoc.echr.coe.int. Chiamata a giudicare il mutamento interpretativo sfavorevole da parte dei giudici inglesi, che ritenevano integrato il reato anche nel caso di violenza commessa dal marito nei confronti della moglie, la Corte europea non ha censurato l’applicazione retroattiva, ritenendo che la punibilità era ormai diventata prevedibile, in considerazione del fatto che la speciale causa di non punibilità a favore del marito – affermata da una giurisprudenza molto risalente – era del tutto anacronistica e superata dall’avvenuto mutamento del comune sentire sociale. Anche nella sentenza della C. eur., 24.5.1988, Müller c. Svizzera, in www.hudoc.echr.coe.int, in merito all’accertamento relativo al reato di “pubblicazioni oscene”, la Corte europea ha escluso che l’eccessiva genericità del concetto di “oscenità” fosse di ostacolo alla prevedibilità sociale di un mutamento interpretativo in peius, in quanto si trattava di una nozione rientrante nell’ambito delle Kulturnormen, che trovano un background condiviso nella coscienza sociale. 27 C. eur. G.C. 21.10.2013, Del Rio Prada c. Spagna, in DPP 2013, 1375. I giudici di Strasburgo hanno giudicato imprevedibile il revirement del Tribunal contistutional spagnolo in merito alle modalità di applicazione del beneficio penitenziario della redención de penas por trabajo a soggetti pluricondannati. 28 Il rischio è sottolineato in dottrina da G.A. De Francesco, Brevi spunti sul caso Contrada, cit., 13, secondo cui «la determinatezza della legge sembrerebbe (…) sfumare nell’irrilevante giuridico» dato che la chiarezza della legge non dipende più dalla formulazione della medesima, quanto piuttosto dall’uniformità dei precedenti giurisprudenziali. 29 C. eur., 6.10.2011, Soros c. Francia, in DPP 2011, 1539. Condannato per insider trading, per aver sfruttato alcune informazioni privilegiate durante un’operazione di acquisti azionari, l’imprenditore statunitense G. Soros presentò ricorso alla Corte Edu, per violazione dell’art. 7 Cedu, lamentando il difetto di determinatezza in relazione al concetto di “insider” e all’espressione “nell’esercizio della loro professione o funzioni” dell’art. 10-1 del decreto n. 67-833 del 28.9.1967. Respingendo il ricorso, la www.lalegislazionepenale.eu 7 27.6.2016 Approfondimenti D. Perrone fini del rispetto del principio di determinatezza, una formulazione anche non rigorosa della norma scritta, purché il contenuto della stessa possa ritenersi chiarito grazie all’intervento interpretativo della giurisprudenza. La Corte europea ha ritenuto che una “certa” indeterminatezza (come, ad esempio, nel caso del ricorso a categorie generiche piuttosto che a elenchi esaustivi) non solo costituirebbe una conseguenza del tutto naturale della necessaria generalità ed astrattezza della legge penale, ma addirittura sarebbe in qualche modo “auspicabile”, al fine di evitare «un’eccessiva rigidità» e di favorire l’adattamento ai «cambiamenti di situazione»30. 5. L’arresto Contrada s’inserisce nel solco della recente tendenza “garantistica” della Corte europea, volta alla definizione ed all’oggettivazione del criterio della prevedibilità. Ad avviso dei giudici di Strasburgo, la compresenza nell’ordinamento, in un dato momento storico, di più sentenze di segno opposto (c.d. contrasto sincronico), è sufficiente ad escludere la prevedibilità della punibilità. A sostegno del fatto che all’epoca dei fatti la rilevanza del concorso esterno in associazione mafiosa fosse controversa, la Corte europea ha richiamato un passaggio della sentenza del Tribunale di Palermo del 1996 nella quale si dava conto della sussistenza - al momento della commissione dei fatti - dei tre distinti orientamenti. Tanto è bastato ad escludere la prevedibilità, a prescindere da indagini ulteriori: la Corte europea non ha, infatti, ritenuto rilevante la circostanza che, nel caso di specie, i fatti commessi dal ricorrente fossero connotati già all’epoca da un generale giudizio di riprovazione sociale e che la loro punibilità a titolo di concorso esterno fosse comunque compatibile con il dato legislativo, essendo il frutto di una delle possibili letture dell’art. 110 Cp. La sentenza Contrada ha, altresì, ritenuto superfluo valutare se il ricorrente avesse potuto in concreto rappresentarsi la punibilità, in considerazione della sua professionalità ed elevata specializzazione. Vano è stato il richiamo del Governo alla prevedibilità soggettiva, che, invece, avrebbe dovuto costituire l’asse portante del giudizio, nella prospettiva personalistica che informa, in definitiva, il canone della prevedibilità (la cui ultima ratio è la tutela della colpevolezza). Se ne ricava l’impressione che la Corte europea abbia cercato di limitare il coefficiente di discrezionalità, ancorando il giudizio sulla prevedibilità ad un parametro formale: l’assenza di un contrasto sincronico. L’interpretazione giurisprudenziale in peius sarebbe “diventata” prevedibile solo con la prima pronuncia a Sezioni Unite, a partire dalla quale - ad opinione dei giudici di Strasburgo - potrebbe dirsi formato il diritto vivente (§ 74). La soluzione prospettata non è immune da rilievi critici. Corte europea ha ritenuto compatibile con l’art. 7 Cedu una formulazione anche imprecisa della disposizione testuale, in quanto l’interpretazione estensiva della giurisprudenza era comunque prevedibile per il ricorrente, in ragione della sua elevata specializzazione professionale. 30 C.eur., 19.5.2015, Sampech c. Italia, in www.giustizia.it, in cui si è precisato che «anche a causa del carattere generico delle leggi, il contenuto delle stesse non può presentare una precisione assoluta (…) Pertanto molte leggi utilizzano, per forza di cose, formule più o meno vaghe la cui interpretazione e applicazione dipendono dalla prassi» (§ 126). www.lalegislazionepenale.eu 8 27.6.2016 Approfondimenti D. Perrone In primo luogo, essa si espone allo stesso vizio di discrezionalità che avrebbe dovuto eliminare31. Il consolidamento del diritto vivente, a partire dalla sentenza Demitry, non costituirebbe altro che una fictio iuris, un mero artificio convenzionale32, dato che le successive tre sentenze delle Sezioni Unite sul concorso esterno in associazione mafiosa hanno proseguito l’opera di concretizzazione dell’istituto sul piano oggettivo e soggettivo, precisando progressivamente l’area del penalmente rilevante (ad esempio, con la sentenza Carnevale è stata dichiarata l’irrilevanza del requisito dello “stato di fibrillazione” dell’associazione). Pertanto, a stretto rigore, la soluzione suggerita dalla Corte europea sconterebbe i limiti di un approccio eccessivamente rigido in ordine al momento in cui considerare “consolidato” il diritto vivente: ritenere in ogni caso prevedibile la punibilità del concorso esterno a partire dalla prima pronuncia a Sezioni Unite, solo in apparenza è in grado di assicurare maggiore certezza, in quanto preclude un giudizio sulla prevedibilità in concreto in riferimento ai fatti commessi successivamente, impermeabili ai chiarimenti contenuti nelle successive sentenze. In secondo luogo, il formalismo della sentenza Contrada non consentirebbe nemmeno di tenere in considerazione il fatto che l’orientamento più restrittivo, affermatosi prima dell’intervento della sentenza Demitry, non escludeva la punibilità dei fatti, limitandosi a prevederne una diversa qualificazione giuridica (vuoi a titolo di favoreggiamento, ex art. 378 Cp, vuoi direttamente a titolo di partecipazione). Nel caso di specie, quindi, l’alternativa non si poneva tra lecito o illecito, quanto piuttosto tra reato più o meno grave. Così ragionando, se ne dovrebbe dedurre che il criterio della prevedibilità fissato dalla giurisprudenza di Strasburgo sembra essere riferito al quantum della pena: in altri termini, per ritenere soddisfatto il canone di cui all’art. 7 Cedu non sarebbe sufficiente che il soggetto si rappresenti la criminosità della propria condotta, essendo, altresì, necessaria la prevedibilità dell’entità della pena. La corretta qualificazione giuridica della fattispecie costituirebbe, così, un connotato della prevedibilità. 31 Ben noto è il problema di individuare il momento preciso in cui si forma un “diritto vivente”, inteso come la communis opinio della giurisprudenza sul significato da attribuire ad una determinata disposizione. Al di là delle varie espressioni usate di volta in volta per qualificare la stabilità di una certa interpretazione (“ferma”, “pacifica”, “consolidata”, “concorde”), in riferimento al profilo quantitativo, è assai problematico stabilire con certezza quante sentenze siano necessarie perché ad un indirizzo possa riconoscersi la natura di diritto vivente. Ed anzi, costituisce un punctum dolens se possa parlarsi di diritto vivente anche nell’ipotesi in cui si registrino (sincronicamente) delle pronunce contrastanti, magari delle giurisdizioni non superiori, pur in presenza di una o più pronunce delle Sezioni Unite. In generale -ma è inevitabile un certo margine di discrezionalità-, il diritto vivente è stato ritenuto sussistente qualora ci siano «numerose e distribuite nell’arco di un lungo periodo le pronunce della Corte di cassazione» (C. cost. 17.3.1998 n. 64, in www.dejure.it), ovvero sussistano «una serie di decisioni» (C. cost. 29.5.2013 n. 107, in www.dejure.it), valorizzando peculiarmente «il numero elevato, la sostanziale identità di contenuto e la funzione nomofilattica dell’organo decidente» (C. cost. 14.3.2008 n. 64, in www.dejure.it). 32 In questo senso, v. V. Maiello, Consulta e CEDU riconoscono la matrice giurisprudenziale del concorso esterno, in DPP 2015, 1008 ss. www.lalegislazionepenale.eu 9 27.6.2016 Approfondimenti D. Perrone 6. Sebbene in dottrina si sia provocatoriamente dubitato dell’opportunità di “prendere sul serio” la sentenza Contrada33, occorre, comunque, valutarne i riflessi interni, nel breve e nel medio termine. Con riferimento al caso specifico del ricorrente, incombe sullo Stato italiano l’obbligo di provvedere all’adeguato ripristino della situazione del ricorrente, in base all’art. 46 Cedu. La questione, di non poco momento, attiene alla necessità di individuare quale sia lo strumento processuale più idoneo a dare attuazione al giudicato convenzionale34, in assenza di specifici rimedi di diritto interno. Con la già citata sentenza del 18.11.2015, la Corte d’appello di Caltanissetta ha valutato l’istanza di revisione del processo, ex art. 630 Cpp, presentata da Contrada sulla base di prove nuove e sopravvenute nel febbraio 2015 (ossia prima della sentenza della Corte europea) e solo successivamente, nel novembre dello stesso anno, integrata anche dall’obbligo di conformarsi al dictum convenzionale. Come è noto, con sentenza del 4.4.2011 n. 113 35 , la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della revisione, quale mezzo straordinario di impugnazione a carattere generale, nella parte in cui non consente la riapertura del processo e una ripresa delle attività processuali in sede di cognizione nel caso di accertata violazione della Cedu con sentenza definitiva (c.d. revisione convenzionale): non stupisce, dunque, il fatto che il primo tentativo di dare “attuazione” alla sentenza europea sia avvenuto per il tramite di tale strumento processuale. La Corte d’appello di Caltanissetta ha, tuttavia, respinto l’istanza di revisione, con alcune argomentazioni che invero suscitano non poche perplessità. Ritenuta infondata l’istanza in ordine alle prove nuove e sopravvenute, la Corte di Caltanissetta si è assunta il compito di verificare «se Contrada all’epoca in cui 33 La domanda è posta provocatoriamente da O. Di Giovine, Antiformalismo interpretativo: il pollo di Russell e la stabilizzazione del precedente giurisprudenziale, cit., 15. 34 Oltre all’obbligo di ripristino della situazione del ricorrente, la Corte Edu ha condannato lo Stato italiano ad Euro 10.000 a titolo di danno morale, in aggiunta al risarcimento di 2.500 Euro per le spese di giudizio. La Corte non ha ritenuto, invece, di dover disporre alcun risarcimento per il danno materiale. Per quanto riguarda la questione dei rimedi disponibili nel caso di responsabilità dello Stato per incertezza della giurisprudenza v., anche se in materia civile, la sentenza della Corte Edu, 30.7.2015, Ferreira Santos Pardal c. Portogallo, in www.hudoc.echr.coe.int. Pur ammettendo che i contrasti giurisprudenziali possono rappresentare una conseguenza fisiologica di ogni sistema articolato in più gradi di giudizio, la Corte Edu ha ritenuto violato l’art. 6 Cedu per l’assenza di un meccanismo interno in grado di assicurare la coerenza della propria giurisprudenza (nel caso di specie, la Corte EDU aveva costatato l’inesperibilità del rimedio del c.d. ricorso straordinario). 35 C. cost., 4.4.2011 n. 113, in www.dejure.it: con tale sentenza, la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l’art. 630 Cpp nella parte in cui non consentiva «la riapertura del processo quando la stessa risulti necessaria per conformarsi a una sentenza definitiva della Corte europea» (la vicenda traeva spunto dal noto caso Dorigo in cui la Corte europea ha accertato la violazione delle garanzie processuali di cui all’art. 6 Cedu). Con tale pronuncia, la Corte costituzionale ha altresì dichiarato l’inapplicabilità di quelle disposizioni che appaiano inconciliabili con l’obiettivo di porre l’interessato nelle condizioni in cui si sarebbe trovato in assenza della violazione accertata. Tra queste vi rientrerebbe anche l’art. 631 Cpp che prevede, a pena di inammissibilità, che l’istanza debba essere fondata su elementi tali da dimostrare, se accertati, la necessità di pronunciare una sentenza di proscioglimento. www.lalegislazionepenale.eu 10 27.6.2016 Approfondimenti D. Perrone attuava le condotte accertate a suo carico poteva conoscere dell’esistenza»36 del reato di concorso esterno in associazione mafiosa. I giudici della revisione sono pervenuti alla conclusione affermativa, ritenendo – a differenza di quanto sostenuto dai giudici europei – prevedibile la condanna, essenzialmente sulla base di due argomentazioni. In primo luogo, si è ritenuto che, già prima della sentenza Demitry, «il fondamento legale del concorso esterno si rinvenisse pacificamente»37 nel combinato disposto di cui agli artt. 110 e 416-bis Cp, cosicché la prevedibilità della condanna sarebbe stata garantita dalla sussistenza di una base legale, preesistente rispetto alla successiva giurisprudenza chiarificatrice, che infatti si sarebbe limitata a “svelarne” il contenuto precettivo. In secondo luogo, la prevedibilità sarebbe stata garantita anche in ragione delle particolari competenze professionali del ricorrente, che - ben prima della sentenza a S.U. - «riceveva direttive da parte delle stesse autorità giudiziarie» che, in occasione del c.d. maxiprocesso di Palermo, avevano ipotizzato la configurabilità del concorso esterno «anche sulla scorta delle indagini degli uffici di cui Contrada faceva parte»38. Al di là della condivisibilità o meno di tali argomentazioni, che sembrano ricalcare le preoccupazioni già sollevate nel dibattito dottrinale post-sentenza europea39, la Corte di Caltanissetta sembra trascurare il fatto che, in tal modo, il giudizio sulla prevedibilità della condanna si sovrappone indebitamente a quello già elaborato in sede europea. I giudici della revisione non tengono conto, infatti, del fatto che la Corte europea si è già pronunciata sul punto, peraltro con sentenza definitiva. Sul piano interno, in sede di revisione, non dovrebbe, dunque, residuare alcuno spazio per una nuova e successiva valutazione della prevedibilità, salvo il riconoscimento della sussistenza di un contro-limite (peraltro non esplicitato dai giudici interni), con la conseguenza che la decisione della Corte di Caltanissetta si espone ad una duplice censura: non solo non rimuove la violazione dell’art. 7 Cedu, ma cagiona anche un vulnus all’art. 46 Cedu. Probabilmente, fermo restando il divieto di reformatio in peius ex art. 629 Cpp, la soluzione più corretta sarebbe stata, piuttosto, quella della riqualificazione giuridica del fatto in termini di favoreggiamento. Tuttavia, ammesso che la revisione lasciasse aperta al giudice la possibilità di riqualificare le condotte in questione, tale soluzione sarebbe stata probabilmente preclusa in concreto, in considerazione della mancanza di qualsiasi indicazione in tal senso, da parte della Corte Edu. 36 App Caltanissetta, n. 924/2015, cit., 16. App. Caltanissetta, n. 924/2015, cit., 17. 38 App. Caltanissetta, n. 924/2015, cit., 17. 39 In questo senso, v. il primo commento sulla sentenza della Corte di appello di Caltanissetta di F. Viganò, Il caso Contrada e i tormenti dei giudici italiani: sulle prime ricadute interne di una scomoda sentenza della Corte EDU, cit., 5, il quale ammette che «è possibilissimo che la Corte EDU si sia sbagliata e che abbiano invece ragione i giudici nisseni nel ritenere che Bruno Contrada fosse perfettamente in grado di prevedere che fornire informazioni riservate a sodali di consorterie mafiose potesse essere qualificato come condotta di concorso esterno». Per l’Autore, tuttavia, una simile valutazione non rientrava nelle competenze della Corte di Caltanissetta, la quale si sarebbe dovuta limitare a prendere atto del decisum della sentenza europea, per quanto «costi fatica farlo». 37 www.lalegislazionepenale.eu 11 27.6.2016 Approfondimenti D. Perrone Al di là di un eventuale ricorso per Cassazione avverso la sentenza del 18.11.2015, per dare attuazione al giudicato convenzionale sembrerebbe non esservi alcuno spazio per l’applicabilità, - neanche in via estensiva - del “ricorso straordinario per errore materiale o di fatto” (art. 625-bis Cpp) o dell’incidente di esecuzione - ex art. 673 Cpp - finalizzato alla revoca della sentenza, in quanto quest’ultimo è relativo ai soli casi di abrogazione o di dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice (e non si estende alle ipotesi di illegittimità convenzionale), come confermato dalla già citata sentenza n. 230/2012 della Corte costituzionale. Del resto, dato che il ricorrente ha terminato di espiare la pena nell’ottobre 2012, in ogni caso, non sarebbe possibile incidere sul titolo di condanna, considerata l’estinzione del rapporto esecutivo. Per quanto riguarda, poi, le ricadute interne nei confronti dei c.d. “fratelli minori”40 (ossia di tutti coloro i quali si trovano nelle stesse condizioni del Contrada, ma che non hanno adito la Corte europea), occorre operare una distinzione. Mentre, nel caso di pene già espiate, si riproporrebbe l’alternativa tra ricorso straordinario e revisione, nel caso di pene ancora in executivis, ai fini dell’interruzione dell’esecuzione, sarebbe ipotizzabile il ricorso alla revoca della sentenza, sia pur nel contesto di una problematica lettura estensiva dell’art. 673 Cpp, considerata la posizione di chiusura della Corte costituzionale. Nel diverso caso in cui il giudizio sia ancora in corso, si segnala, a distanza di poco più di un mese rispetto a quella della Corte d’Appello di Caltanissetta, una pronuncia del G.i.p. di Catania del 21.12.2015, Ciancio 41 , che costituisce una significativa riprova della portata dirompente della sentenza europea sotto il profilo delle ricadute interne. Il G.i.p. di Catania ha pronunciato una sentenza di non luogo a procedere, sul presupposto che il concorso esterno in associazione mafiosa non sia più previsto dalla legge come reato: infatti, si è sostenuto che, a seguito della qualificazione contenuta nella sentenza europea del concorso esterno come un reato di “creazione” giurisprudenziale (inquadramento che il giudice di Catania ritiene di condividere42), 40 Questione su cui, come noto, a partire dall’arresto Scoppola si sono a lungo interrogati gli interpreti. 41 G.i.p. Catania 21.12.2015 n. 1077, Ciancio, dep. 12.2.2016, in www.dirittopenalecontemporaneo.it, con commento di G. Marino, Nuove incongruenze giurisprudenziali sul concorso esterno in associazione mafiosa: gli effetti della sentenza Contrada della Corte EDU, 6.5.2016, il quale osserva in senso critico che la sentenza non affronta la questione della compatibilità dell’elaborazione interpretativa sul concorso esterno con il principio della riserva di legge dinnanzi alla Corte costituzionale, ovvero il Giudice più competente «in materia di rapporti tra ordinamento interno e sistema convenzionale». 42 Si noti che la conclusione cui perviene il G.i.p. di Catania contrasta con l’orientamento della Cassazione che ha, invece, escluso che la fattispecie di concorso esterno in associazione mafiosa costituisca un istituto di creazione giurisprudenziale. V. Cass. 13.10.2015 n. 2653, in www.dejure.it, secondo cui «nel nostro ordinamento, la giurisprudenza non crea -ma al massimo "scopre" estraendole dal contesto normativo - figure criminose. Il c.d. concorso esterno, invero, altro non è che la applicazione dell'istituto ex art. 110 cp ai reati associativi». In senso conforme, v. anche Cass. 30.4.2015 n. 34147, in CEDCass, m. 264624, che ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 110 e 416-bis Cp, per contrasto con gli artt. 25 e 117 Cost., in riferimento all’art. 7 Cedu, poiché il concorso esterno in associazione mafiosa «non www.lalegislazionepenale.eu 12 27.6.2016 Approfondimenti D. Perrone «deve dichiararsi che non esiste il reato contestato all’imputato per il principio di legalità, essendo il sistema giuridico italiano un sistema di civil law e non già di common law»43. Nonostante la sentenza europea abbia ritenuto violata la legalità convenzionale per l’imprevedibilità della condanna (e non per la dichiarata origine giurisprudenziale della previsione incriminatrice), la sentenza Ciancio non ha affrontato tale questione: nell’ambito dell’ampia motivazione non viene fatto alcun riferimento al problema della prevedibilità da parte dell’imputato della punibilità di una condotta protrattasi per oltre quarant’anni e, quindi, risalente ad un un’epoca ben precedente alle S.U. Demitry. Piuttosto, il riferimento all’origine giurisprudenziale della fattispecie è stato considerato come l’occasione per rimettere in discussione le elaborazioni interpretative sui confini tra la partecipazione ed il contributo causale esterno. Il fatto che la sentenza della Corte europea abbia causato - come primo effetto - quello di far vacillare le acquisizioni dogmatiche sul concorso esterno (frutto, ricordiamo, di ben quattro sentenze delle S.U.) è testimoniato non solo dalla citata decisione del Tribunale di Catania, ma anche dalla successiva decisione della prima Sezione della Cassazione che, in data 13.5.2016, ha deciso di sottoporre alle Sezioni Unite la questione «se sia configurabile il c.d. concorso esterno nel delitto di associazione per delinquere p. e p. dall’art. 416 cod. pen.» alla composizione unificata44 . Che la sentenza della Corte europea abbia prodotto effetti “destabilizzanti” è dimostrato dalla circostanza che in un breve lasso di tempo si siano registrate pronunce di segno diverso45. Sebbene sia difficile formulare pronostici attendibili, la scelta più probabile da parte delle S.U. sembrerebbe essere quella di una conferma della linea interpretativa consolidatasi con le pronunce Demitry, Mannino, Carnevale e Mannino: del resto, come già evidenziato, la conclusione della sentenza europea circa la natura giurisprudenziale del reato non è esente da critiche ed, anzi, ha sollevato numerose perplessità nei primi commentatori in ordine alla linearità e correttezza del percorso argomentativo. 7. Tutt’altro che agevole appare, infine, la previsione delle ricadute interne dell’arresto Contrada nel lungo termine, in relazione ai casi genericamente caratterizzati da incertezza applicativa della norma incriminatrice al momento della commissione del fatto. costituisce un istituto di creazione giurisprudenziale, bensì conseguenza della generale funzione incriminatrice dell'art. 110 cod. pen.». 43 G.i.p. Catania 21.12.2016 n. 1077, cit., 109. Invero, la sentenza si sofferma su tale argomento marginalmente, mentre molto più nel dettaglio, dopo aver ricostruito il «non usuale» iter delle indagini preliminari ed i principali arresti giurisprudenziali in materia, motiva sull’inidoneità, sulla carenza e sulla contraddittorietà dei singoli elementi indiziari. 44 Cass. 13.5.2016 n. 10, Addeo, in www.dirittopenalecontemporaneo.it. 45 Con la prima sentenza, di merito, la punibilità del concorso esterno è stata ritenuta compatibile con l’interpretazione del dato legislativo preesistente; con la seconda sentenza, si è esclusa l’esistenza del reato e, infine, con l’ultima decisione, la Cassazione ha scelto di rimettere la questione alle S.U. www.lalegislazionepenale.eu 13 27.6.2016 Approfondimenti D. Perrone La portata dirompente della sentenza consiste, secondo alcuni 46, nell’aver costretto l’ordinamento “a fare i conti” con il problema della c.d. “retroattività occulta” nel caso di fattispecie incriminatrici di creazione giurisprudenziale. Evidenziando l’origine extra legem del concorso esterno in associazione mafiosa, la Corte europea avrebbe dimostrato l’incapacità della legalità nazionale di fronteggiare il problema della disciplina intertemporale dei mutamenti interpretativi in malam partem, imponendo un doveroso “adeguamento” al principio-valore della colpevolezza. Dato che il legame tra coscienza dell’illiceità e formulazione della fattispecie è da tempo riconosciuto nel nostro ordinamento, a partire dalla fondamentale sentenza della Corte costituzionale sulla rilevanza scusante dell’error iuris inevitabile, 47 in dottrina, de iure condito, si è ipotizzato il ricorso al predetto strumento di cui all’art. 5 Cp48. Nell’ipotesi in cui, al momento del fatto, vi fosse incertezza giurisprudenziale sull’interpretazione di una data fattispecie incriminatrice, il giudice dovrebbe escludere la colpevolezza (rectius, la rimproverabilità) sulla base dell’inevitabilità dell’errore sul precetto. In effetti, tra i criteri (oggettivi puri e misti) enunciati dalla Corte costituzionale ai fini della valutazione della “riconoscibilità” del contenuto precettivo della legge incriminatrice, è compreso – oltre all’assoluta oscurità del testo legislativo e a particolari ipotesi di inesigibilità soggettiva concernenti i c.d. reati artificiali – è compreso anche l’atteggiamento gravemente caotico dell’interpretazione giurisprudenziale. Pur presentando il vantaggio di costituire una soluzione in sintonia con la nostra tradizione giuridica, tale rimedio potrebbe non risultare sufficiente al fine di un completo recepimento delle istanze sottese al decisum Contrada. Mentre, infatti, la legalità convenzionale riguarda i requisiti qualitativi e modali della struttura della fattispecie incriminatrice, per cui una volta accertata la loro assenza si dovrebbe escludere anche l’integrazione del fatto tipico, il rimedio di cui all’art. 5 Cp attiene, invece, al distinto (e successivo) piano della colpevolezza. Inoltre, la soluzione a favore dell’errore inevitabile sul precetto non rappresenta, a ben vedere, un rimedio 46 In questo senso V. Maiello, Consulta e CEDU riconoscono la matrice giurisprudenziale del concorso esterno, cit., 1013. Sottolinea il merito della sentenza Contrada di “aver smosso le acque”, con l’effetto di aver finalmente sollecitato l’attenzione della magistratura sul problema della prevedibilità dei mutamenti interpretativi, da ultimo, A. Manna, nel suo intervento su “Corte EDU, sentenza Contrada c. Italia: la presunta violazione da parte dell’Italia del principio di legalità ex art. 7 CEDU”, nel convegno organizzato dall’Unione delle Camere penali italiane avente ad oggetto “Il principio di stretta legalità tra giurisprudenza nazionale e comunitaria”, tenutosi a Prato il 22.4.2016. 47 V. C. cost., 24.3.1988 n. 364, in GCos 1988, 1504. 48 La soluzione è analizzata, da ultimo, da F. Palazzo, La sentenza Contrada e i cortocircuiti della legalità, cit., 1063, il quale la ritiene, tutto sommato, “raccomandabile” (sebbene con alcuni limiti), per il fatto di essere ben nota al nostro ordinamento, senza la necessità di alcun adattamento e «che si presterebbe ad accogliere in via generale ed una volta per tutte le istanze sottese a Contrada (…) senza rischiare di disintegrare il paradigma nazionale della legalità penale». Uno dei limiti individuati dall’Autore – sebbene giudicato «contingente e temporaneo» - deriverebbe dall’inapplicabilità del rimedio ai casi già passati in giudicato, dato che «l’applicazione dell'art. 5 c.p. non sarebbe possibile in sede di incidente di esecuzione, implicando necessariamente nuove valutazioni di fatto precluse a quel giudice». www.lalegislazionepenale.eu 14 27.6.2016 Approfondimenti D. Perrone “di sistema”, essendo demandata ad una valutazione discrezionale “caso per caso”, con il conseguente elevato rischio di pronunzie difformi e disparità di trattamento 49. Alla luce dei limiti sottesi a ricorso alla scusante elaborata dalla Corte costituzionale in riferimento all’art. 5 Cp, è necessario verificare la possibilità di elaborare un modello di legalità in cui l’esigenza di stabilizzazione del precedente 50 sia prioritaria, in funzione di certezza e di tutela del principio di colpevolezza. Si tratta, in altri termini, di valutare se il rispetto dei dicta convenzionali implichi una “rinuncia” -densa di conseguenze - al principio “continentale” della riserva di legge, ovvero si possa postulare un intervento di adeguamento della legalità interna, compatibile con i fondamenti costituzionali. La possibilità di accogliere tout court la nozione di legalità convenzionale appare da escludere, in quanto difficilmente compatibile con l’assetto costituzionale del nostro ordinamento: il canone della prevedibilità, di origine di common law, presuppone, in effetti, un assetto delle fonti profondamente diverso. Nel nostro ordinamento la riserva di legge continua a costituire il presidio di garanzia della democraticità nelle scelte di politica criminale, cui non è possibile aprioristicamente abdicare, in ragione di esigenze di implementazione della tutela. Inoltre, è ancora da dimostrare l’assunto secondo cui, nella prospettiva del criterio del maximum standard51, il principio di colpevolezza sarebbe maggiormente garantito dall’approccio pragmatico della Corte europea, orientato all’esaltazione del canone della prevedibilità soggettiva, piuttosto che da quello (di natura formale) seguito nel nostro ordinamento e incentrato, invece, sul binomio riserva di legge-irretroattività. L’irretroattività costituisce, infatti, un canone fisso, oggettivo, collegato al momento della posizione della norma positiva, mentre la prevedibilità rimanda a una valutazione pur sempre discrezionale. Non solo. Il richiamo contenuto nella sentenza Contrada alla verifica della sussistenza di un orientamento interpretativo consolidato finisce per tradursi in una sorta di probatio diabolica, data l’obiettiva difficoltà di 49 Un ulteriore limite alla soluzione della scusante dell’error iuris potrebbe derivare dal fatto che il ricorso sistematico a tale strumento, al di là dei rigorosi limiti delineati dalla Corte costituzionale, potrebbe portare sul piano pratico alla sistematica inapplicabilità delle leggi affette da un vizio di determinatezza. Ne potrebbe discendere il rischio di “giurisdizionalizzare” il principio di legalità, dato che la verifica del rispetto del principio di determinatezza finirebbe per essere demandata, in ultima analisi, proprio ai giudici comuni. Tuttavia, tale rischio non costituisce probabilmente una seria eventualità, in considerazione della lettura restrittiva che è stata data dell’art. 5 Cp dalla Cassazione, che ha anzi dimostrato di far un ricorso piuttosto cauto e misurato a tale strumento. 50 Sottolinea l’esigenza di stabilità della custodia del nomos D. Pulitanò, Paradossi della legalità. Fra Strasburgo, ermeneutica e riserva di legge, cit., 6 ss. 51 Il ben noto criterio del c.d. maximum standard è funzionale all’individuazione della disciplina che garantisca, nel confronto con ordinamenti diversi, la più ampia garanzia possibile ed esprime, dunque, l’esigenza di un costante innalzamento del livello di tutela. È garantito dall’art. 53 Cedu, secondo cui le disposizioni della Convenzione non possono essere interpretate in modo da limitare o pregiudicare i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali riconosciute, tra le altre cose, dalle Costituzioni degli Stati membri. www.lalegislazionepenale.eu 15 27.6.2016 Approfondimenti D. Perrone stabilire “quante” sentenze siano necessarie affinché un orientamento possa dirsi effettivamente “stabilizzato”52. Per tali motivi, al di là del meritorio tentativo della Corte europea di oggettivizzare il giudizio sulla prevedibilità, il binomio riserva di legge-irretroattività deve ritenersi, ancora oggi, il criterio in grado di garantire una maggiore uniformità applicativa, nella misura in cui preclude la retroattività dei mutamenti legislativi in malam partem. 8. Al fine di venire a capo del problema, si potrebbe, come già prospettato da alcuni autori 53 , ricorrere al principio di matrice statunitense del prospective overruling, in base al quale il mutamento interpretativo ha efficacia solo pro futuro (e non anche nel procedimento in corso di giudizio). Introdotto dalla Corte Suprema degli Stati Uniti, grazie, soprattutto grazie al contributo del giudice B.N. Cardozo54, l’istituto non è, invero, comune a tutti gli ordinamenti di tradizione di common law ed, anzi, costituisce una deroga rispetto al principio informatore dello stare decisis, ossia all’obbligatorietà del precedente. Essendo concepito come una sorta di “correttivo” rispetto alla rigidità del precedente vincolante, il prospective overruling, almeno nella sua versione “pura”, è stato oggetto – nel Regno Unito - di un ampio dibattito ed ha incontrato una forte resistenza, soprattutto da parte della giurisprudenza più conservatrice 55. In effetti, in virtù della c.d. teoria dichiarativa56, nei casi in cui non è applicabile la tecnica del c.d. 52 V. O. Di Giovine, Antiformalismo interpretativo: il pollo di Russell e la stabilizzazione del precedente giurisprudenziale, cit., 9 la quale rimanda in proposito metaforicamente al c.d. paradosso del sorite, relativo al dilemma irrisolvibile di quanti chicchi compongono un mucchio. 53 V. M.T. Leacche, La sentenza della Corte EDU nel caso Contrada e l’attuazione nell’ordinamento interno del principio di legalità, cit., 4614 e D. Pulitanò, Paradossi della legalità. Fra Strasburgo, ermeneutica e riserva di legge, cit., 8, il quale mette in evidenza i punti di somiglianza tra l’istituto del prospective overruling e la scusante dell’ignorantia legis, richiamando a sua volta O. Di Giovine, Come la legalità europea sta riscrivendo quella nazionale. Dal primato delle leggi a quello dell’interpretazione, in www.dirittopenalecontemporaneo.it, 5.11.2013, 165. 54 V. Corte Suprema degli Stati Uniti, Northern Railway v. Sunburst Oil and Refining Co., 5.12.1932, 287 U.S. 359. 55 Per un’esaustiva analisi delle ragioni contrarie all’applicazione dell’istituto nell’ordinamento inglese, v. le articolate argomentazioni contenute, dopo una disamina sulle soluzioni adottate negli altri ordinamenti di common law, in House of Lords, Opinion of the Lords of Appeal, National Westminster Bank plc v. Spectrum Plus Limited e altri, 30.6.2005, in www.parliament.uk. 56 Nel 1972, nel celebre caso Knuller v. DPP (1972, in S. Vinciguerra, Introduzione allo studio del diritto penale inglese. I principi, Padova 1992, 463 ss. e, più recentemente, citata anche in V. Valentini, Diritto penale intertemporale. Logiche continentali ed ermeneutica europea, Milano 2012, 160), rinnegando quanto statuito nel precedente caso Shaw, la House of Lords enunciò la c.d. declaratory theory, in base alla quale i giudici britannici non avrebbero potuto creare o dilatare retroattivamente le incriminazioni («do not make law»), ma si sarebbero dovuti limitare a “dichiararne” l’applicazione. La teoria dichiarativa è stata criticata (V. J. Finnis, The FairyTale’s Moral, in Law Quarterly Review 115, 1999, 170 ss.) perché finiva con il “dire troppo”, in quanto negava tout court la possibilità per la Corte di introdurre nuove fattispecie incriminatrici; possibilità di cui nella pratica non si è mai realmente spogliata. Si pensi, ad esempio, alla “creazione” del reato di conspiracy to corrupt public morals, alla riduzione degli ambiti della coazione morale e dello stato di necessità, all’abolizione del c.d. marital www.lalegislazionepenale.eu 16 27.6.2016 Approfondimenti D. Perrone distinguishing57, la possibilità di derogare, con un overruling, al vincolo dello stare decisis orizzontale (cioè, tra Corti di pari grado), è limitato ai soli casi in cui si accerti un errore di diritto che renda il precedente irragionevole (plainly inreasonable). Una volta accertato tale errore, l’House of Lords ha ritenuto che «we cannot say that the law was one thing yesterday but is to be something different tomorrow. If we decide that [the existing rule] is wrong we must decide that it always has been wrong» 58 , riaffermando così le ragioni a sostegno dell’effetto retroattivo del mutamento interpretativo. Al contrario, negli Stati Uniti, la Suprema Corte ha ritenuto preferibile mitigare - almeno in parte - la rigidità della teoria dichiarativa, riconoscendo la possibilità di mutare orientamento non solo nel caso di un precedente errore interpretativo, ma anche nell’ipotesi in cui vi sia la necessità di adeguare il diritto ad un mutamento sociale sopravvenuto. In considerazione della natura “dinamica” del diritto, ammessa la possibilità di derogare al vincolo dello stare decisis e di discostarsi dal precedente, si è ritenuto necessario garantire l’irretroattività del mutamento, a tutela del principio del legittimo affidamento dei cittadini, soprattutto nei casi di una forma inedita o più grave di responsabilità penale59. Lungi dal risultare, quindi, un connotato indefettibile degli ordinamenti di common law, la regola del prospective overruling costituisce, piuttosto, una deroga alla tradizione dello stare decisis: il rimedio dell’efficacia solo pro futuro del mutamento interpretativo costituisce l’espressione paradigmatica di quel processo di convergenza tra ordinamenti a diritto codificato e ordinamenti a diritto giurisprudenziale, già da tempo segnalato dalla letteratura giuridica 60, soprattutto in relazione al tema delle fonti e del rapporto tra legge e giudici. In questo senso, le preoccupazioni relative all’importazione di una regola elaborata nel contesto di una diversa tradizione giuridica non dovrebbero essere sopravvalutate, pur nella consapevolezza delle problematicità dell’adattamento interno, derivanti, in primis, dall’individuazione della modalità di “ingresso”. 9. La soluzione più agevole sembra poter essere individuata nella riforma dell’art. 2 co. 1 Cp, attraverso, cioè, l’estensione del principio di irretroattività ai mutamenti interpretativi in malam partem, suscettibili di essere ritenuti assolutamente imprevedibili. rape immunity ed alla repressione del reato dello stalking. 57 Il c.d. distinguishing è possibile sia quando il giudice constata che il principio di diritto espresso nel precedente è troppo generico rispetto alle peculiarità del fatto concreto (restrictive distinguishing), sia quando il precedente appaia manifestamente errato (genuine distinguishing). 58 House of Lords, Opinion of the Lords of Appeal, National Westminster Bank plc v. Spectrum Plus Limited e altri, cit., 4. 59 Corte Suprema degli Stati Uniti, Linkletter v. Walker, 7.6.1965, 381 U.S., 618. Per una disamina storico-comparativistica dell’istituto v. M. Zander, The Law-Making Process6, Cambridge 2004, 397 ss. 60 V. A. Cadoppi, Il valore del precedente nel diritto penale. Uno studio sulla dimensione in action della legalità2, Torino 2014, 77 ss., il quale amplius riflette sulla convergenza tra i due sistemi, in particolare prendendo a modello di comparazione l’ordinamento scozzese, in relazione alla “genesi” delle fattispecie incriminatrici. www.lalegislazionepenale.eu 17 27.6.2016 Approfondimenti D. Perrone L’“assoluta” imprevedibilità dovrebbe ricorrere allorquando l’agente non possa nemmeno astrattamente rappresentarsi la futura condanna: si pensi, in questo senso, all’ipotesi in cui la punibilità sia frutto di un’interpretazione analogica che, forzando i limiti del dato letterale, estenda l’area del penalmente rilevante oppure all’ipotesi di un improvviso ed inaspettato overruling a fronte di una consolidata giurisprudenza restrittiva (come, ad esempio, è effettivamente avvenuto in materia di elusione fiscale61). Viceversa, si dovrebbe parlare di un’imprevedibilità “relativa” in relazione a quei casi in cui l’agente sia messo nelle condizioni di potersi rappresentare, almeno in astratto, la punibilità e, ciò nonostante, in concreto la escluda, per una causa al medesimo non imputabile (c.d. inesigibilità). Si pensi alle ipotesi in cui si registri un radicato contrasto sincronico in ordine all’interpretazione di una fattispecie incriminatrice prevista dal legislatore in forma indeterminata: l’eventuale condanna deriverebbe pur sempre da un’interpretazione compatibile con il dato legislativo. In tal caso, l’agente non sarebbe rimproverabile sotto il profilo soggettivo, per non avere concretamente previsto la possibile interpretazione in malam partem. Potrebbero rientrare nell’imprevedibilità relativa anche quei casi in cui l’agente si rappresenti la possibilità di essere condannato, ma sulla base di un diverso titolo di reato, sottoposto a più miti limiti edittali. Assume, dunque, rilievo la distinzione ulteriore tra prevedibilità della condanna e prevedibilità del tipo di reato: la situazione di chi è in grado di prevedere la condanna, ma non la tipologia di reato, non può essere equiparata a quella di colui che, invece, non è nemmeno messo nelle condizioni di rappresentarsi la rilevanza penale del fatto commesso. L’applicazione della regola di diritto intertemporale ai soli mutamenti che risultino assolutamente imprevedibili sarebbe in grado di realizzare una soluzione di sintesi tra istanze sottese alla legalità nazionale e canoni della legalità convenzionale, integrando i due principi cardine dell’irretroattività e della prevedibilità. Oltre a garantire un innalzamento del livello di tutela del principio di colpevolezza, la predetta estensione del principio di irretroattività formalizzerebbe l’evoluzione interpretativa in atto. In effetti, già da tempo, anche nell’ordinamento interno, si è preso atto del fatto che l’attività ermeneutica – in alcuni casi suppletiva – della giurisprudenza può assumere una molteplicità di forme. Da un lato, si pone il revirement giurisprudenziale sfavorevole, quale adeguamento del dato normativo ad un’evoluzione sociale maturata nel tempo (finalizzato a colmare un vuoto di tutela, causato da una perdurante inerzia legislativa); dall’altro, l’ipotesi in cui (come nel caso Contrada), il mutamento interpretativo sia derivato dalla necessità di chiarire subito dopo l’entrata in vigore - il significato e la portata di una norma di legge non 61 In materia di elusione fiscale, l’overrulling sfavorevole risale al 2011, con la pronuncia da parte della Cassazione delle due ben note sentenze cc.dd. Ledda (Cass. 18.3.2011 n. 26723, in www.dejure.it) e Dolce&Gabbana (Cass. 22.11.2011 n. 7739, in RIDPP 2013, 442). L’improvviso mutamento interpretativo sulla rilevanza penale dell’elusione fiscale concretizza un paradigmatico caso di imprevedibilità assoluta, a fronte non solo di una dottrina, ma anche di una giurisprudenza di merito e di legittimità che, in precedenza, unanimemente escludevano la rilevanza penale della condotta meramente elusiva. www.lalegislazionepenale.eu 18 27.6.2016 Approfondimenti D. Perrone sufficientemente determinata. In quest’ultima ipotesi, il mutamento giurisprudenziale è espressione di quel processo di “definizione” che si impone nel passaggio dalla fattispecie astratta a quella concreta, auspicato in primis dalla stessa Corte europea, la quale più volte ha richiamato l’importanza dell’opera della giurisprudenza in sede di concretizzazione del precetto62. A differenza dell’applicazione formalistica del canone della prevedibilità, che (come già visto) ha portato a ritenere in alcuni casi i mutamenti sfavorevoli illegittimi per violazione dell’art. 7 Cedu, con il rischio di produrre effetti “paralizzanti” 63, la modifica dell’art. 2 Cp risulterebbe funzionale alla concretizzazione del contenuto tipico della fattispecie. In assenza di una riforma legislativa in tal senso, potrebbe essere chiamata a farsi carico del problema ancora una volta – dopo la fondamentale pronuncia sull’art. 5 Cp – la Corte costituzionale, attraverso una sentenza additiva di incostituzionalità dell’art. 2 Cp «nella parte in cui non prevede l’estensione del principio di irretroattività anche ai mutamenti interpretativi assolutamente imprevedibili», anche se non si può escludere che gli stessi giudici comuni approdino ad una lettura costituzionalmente orientata della disposizione, grazie all’esercizio diffuso del potere di interpretazione conforme. Permangono, peraltro, alcune criticità, che attengono al piano della trasposizione dei principi di garanzia sulla validità della legge penale nel tempo al diritto giurisprudenziale 64 . Oltre ad esporsi ad analoghe censure di eccessiva discrezionalità e di elevata incertezza del giudizio sulla prevedibilità, l’estensione dell’irretroattività imporrebbe anche un necessario coordinamento con la disciplina già esistente in tema di error iuris. Se, infatti, nella sfera di operatività dell’art. 2 Cp dovessero rientrare i casi di imprevedibilità assoluta (oggi riferiti alla scusante di cui alla sentenza C. cost. n. 364/1988), il campo di applicazione di tale causa di esclusione della colpevolezza correrebbe il rischio di essere “svuotato”. A tale inconveniente si potrebbe rimediare facendo in modo di riservare al riformato art. 2 Cp i soli i casi di imprevedibilità “assoluta” (nel senso sopra precisato), e di ricondurre, invece, all’art. 5 Cp i casi di c.d. imprevedibilità “relativa”. 62 V., da ultimo, per quanto riguarda le pronunce relative all’ordinamento italiano: C. eur., 7.7.2015, Greco c. Italia, in www.giustizia.it, § 36 - 41, e C. eur., 19.5.2015, Sampech c. Italia, cit. In tale sentenza, dopo aver premesso che «la nozione di “diritto” (…) include il diritto di derivazione sia legislativa che giurisprudenziale» (§ 125), la Corte europea ha ribadito che «per quanto chiaro possa essere il contenuto di una disposizione di legge, ivi compresa una disposizione di diritto penale, esiste inevitabilmente un elemento di interpretazione giudiziaria», indispensabile al fine di chiarire i punti ambigui e consentire un costante adattamento all’evoluzione sociale (§ 126). 63 Ed invero, nemmeno la Corte europea sembra arrivare a tanto, dato che in un altro caso simile invece ha ammesso la possibilità per i giudici di interpretare sfavorevolmente una fattispecie incriminatrice indeterminata subito dopo la sua entrata in vigore, senza per questo ritenere violato il principio di prevedibilità: v. C. eur., 6.10.2011, Soros c. Francia, cit., 1539 ss. 64 L’estensione dell’irretroattività sconterebbe assai probabilmente il limite di una scarsa incidenza pratica: data la natura non vincolante del precedente nel nostro ordinamento, una sentenza i cui effetti (meramente persuasivi) fossero limitati solo ai giudizi futuri rischierebbe di “cadere nel nulla”, non essendo i giudici futuri vincolati ad attenersi alla nuova interpretazione. www.lalegislazionepenale.eu 19 27.6.2016 Approfondimenti D. Perrone Tale distinzione, in effetti, sembra meglio conformarsi alla natura di “scusante” dell’errore inevitabile sulla legge penale, in virtù del quale si esclude la colpevolezza per il difetto di rimproverabilità soggettiva. In attesa degli ulteriori sviluppi giurisprudenziali e dei riflessi che la sentenza Contrada produrrà nel lungo periodo, alla base delle tensioni suscitate dalla pronuncia in esame sembra porsi quello che autorevole dottrina 65 ha definito il “cortocircuito” tra legalità convenzionale e legalità interna: un nodo problematico che sembra mettere in discussione alcuni dei più significativi postulati della nostra tradizione giuridica. 65 V. F. Palazzo, La sentenza Contrada e i cortocircuiti della legalità, cit., 1061. www.lalegislazionepenale.eu 20 27.6.2016