ALCUNE NOTE SUL SISTEMA ELETTRICO E SUL

ALCUNE NOTE SUL SISTEMA ELETTRICO E SUL REGIME TRIFASE SINUSOIDALE
Ezio Santini
SAPIENZA – Università di Roma
LA PROBLEMATICA GENERALE DELLA RETE ELETTRICA
La rete elettrica è formata da generatori e utilizzatori. I generatori trasformano energia di qualche tipo in
energia elettrica; gli utilizzatori fanno l’operazione contraria. Ad esempio: i generatori convertono energia
termica, meccanica, solare in energia elettrica; i motori utilizzano questa energia elettrica per
movimentare un carico meccanico, oppure per illuminare, oppure per riscaldare, oppure per emettere
campi elettromagnetici. Insomma: l’energia elettrica è un ottimo vettore energetico, ma non viene mai
usata in quanto tale.
L’energia deve essere trasportata istantaneamente dai generatori agli utilizzatori per mezzo di conduttori,
che di solito sono in alluminio o in rame. Questi conduttori, se attraversati da corrente, sono sede di
perdite. La figura 1 schematizza questa situazione.
Figura 1 – La struttura di rete.
In prima approssimazione, la struttura di qualsiasi rete può essere schematizzata come segue. C’è un
generatore V; c’è una rete di trasmissione identificata da una resistenza RL, e c’è un utilizzatore
schematizzabile con da una resistenza RU. L’utilizzatore può in qualsiasi momento aumentare la propria
richiesta di energia ponendo in parallelo al carico RU un altro carico R’U (è il sistema in uso sulle
biciclette: dinamo + conduttori + lampadina; oppure è quello che ogni utente fa tutti i giorni quando si
sveglia e va in cucina, accende prima la luce e poi il televisore; oppure è quello che fa Trenitalia quando
fa partire prima un treno e poi un altro; oppure è quello che fa una industria quando attiva i suoi impianti
e vicino c’è un’altra industria che sta già lavorando). Siccome la rete è stata pensata per lavorare a
tensione costante, allora i carichi ulteriori vanno posti in parallelo rispetto a quelli già connessi. I carichi
possono essere inseriti e disinseriti per mezzo degli interruttori T1 e T2. La figura 2 esemplifica questi
concetti.
Questo schema di rete è molto semplice, tra l’altro è anche è in corrente continua; però è molto utile per
fare delle valutazioni di natura qualitativa, ma con qualche risvolto quantitativo. Prima di tutto: quali sono
i valori di V, RL ed RU? Dipende dai livelli di tensione, dallo schema di rete, e su questi valori numerici
proprio non si può dire nulla, in questa sede. Però una affermazione si può fare. Con riferimento alle
potenze, si ha:
-
Potenza generata
Potenza dissipata nei conduttori di rete
Potenza utilizzata dall’utente
VI
RL I2
RU I2
Alcune note sulle reti elettriche e sul regime sinusoidale – 29.09.2013 – Ezio Santini – pagina 1 di 17
Figura B – Il circuito equivalente di rete.
Dal bilancio energetico, si ha:
Potenza generata = Potenza dissipata nei conduttori di rete + Potenza utilizzata dall’utente
Come ovvio, qualsiasi gestore di rete vorrebbe che la potenza generata arrivasse tutta all’utente e che non
venisse dissipata neanche un po’ sui conduttori di rete. Questo si può ottenere solo se RL è proprio zero.
Ma visto che questo non è possibile, è proprio necessario che la resistenza di rete sia molto minore della
resistenza utente.
Supponiamo che entrambi i tasti siano aperti. La rete non sta erogando sui carichi, e la corrente è nulla.
Allora si avrà che la tensione sul carico è pari proprio alla tensione V. Questa condizione viene detta “di
vuoto” e quindi la rete sta funzionando a vuoto. Niente di straordinario, è quanto accade ad ogni presa di
casa quando non ci è connesso nessun utilizzatore o quando l’utilizzatore non è attivo. La tensione a
vuoto viene di solito indicata con V0. Che cosa è quindi la tensione a vuoto? È la tensione che si
manifesta all’utilizzatore quando questi non preleva energia.
Si supponga adesso che il tasto T1 venga azionato. Che cosa succederà? Nel circuito passerà una corrente
di valore:
I
V
RU  RL
E la tensione sull’utilizzatore sarà:
VU 
RU
V V
RU  RL
1
R
1 L
RU
La frazione che compare a secondo membro è sempre minore di uno; quindi la tensione sull’utilizzatore è
diminuita rispetto alla situazione di vuoto. Questa variazione di tensione viene definita “variazione di
tensione da vuoto a carico”, ed è un parametro di enorme importanza negli impianti elettrici. Il calcolo
della caduta di tensione da vuoto a carico è molto semplice:

RU
V  V0  VU  V 1 
 RU  RL

RL
  V
RU  RL

Ovviamente, questa variazione di tensione da vuoto a carico coincide con la VL, cioè la caduta di tensione
sulla resistenza RL , quella che schematizza la rete. Minore è questa resistenza, minore è la caduta di
Alcune note sulle reti elettriche e sul regime sinusoidale – 29.09.2013 – Ezio Santini – pagina 2 di 17
tensione. Questo si vede anche dalla formula precedente: se RL fosse zero, la tensione sull’utilizzatore
sarebbe costante per qualsiasi valore della corrente e la variazione della tensione sarebbe sempre nulla.
Inoltre, adesso la rete è sede di perdite nella resistenza RL. In questa resistenza passa una corrente e si ha
quindi una dissipazione del tipo RL I2.
Per completare l’analisi, è necessario calcolare il rendimento di questa trasmissione di energia:

RU
V I V
potenza _ in _ uscita

 U  U 
RU  RL
potenza _ in _ ingresso VI
V
1
R
1 L
RU
E ritroviamo un fatto importante: maggiore è il rapporto tra la resistenza di linea e quella utente, e
maggiore è il rendimento del sistema. Al limite, per resistenza di linea nulla, il rendimento della
trasformazione è unitario.
Il problema però è più complicato. Supponiamo che adesso venga chiuso anche il tasto T2. Per
semplificare: all’utente RU si viene a porre in parallelo l’utente R’U. Il primo utente nulla sa del secondo,
ed ovviamente il secondo nulla sa del primo. Possono essere due vicini di casa, due industrie a pochi
metri l’una dall’altra, due treni a centinaia di chilometri di distanza.
Ovviamente, inizierà a scorrere una corrente anche nella resistenza R’U. Globalmente le due resistenze
saranno equivalenti ad una sola, il parallelo tra le due. Per semplicità, supponiamo che le due resistenze
siano uguali. Allora, per definizione, la resistenza parallelo è pari alla metà di ciascuna di esse. Quanto
vale adesso la nuova corrente?
I'
V
RU
 RL
2
La corrente è drasticamente aumentata; è quasi raddoppiata rispetto a prima (se la RL fosse zero, sarebbe
proprio raddoppiata). La nuova caduta di tensione è quasi raddoppiata rispetto alla precedente:

RU / 2
V '  V  V 'U  V 1 
 RU / 2  RL


RU
  V 1 

 RU  2 RL

2 RL
 
 RU  2 RL
Perché tutti questi “quasi”? Perché comunque la resistenza di linea rimane piccola rispetto alla resistenza
dell’utente. Si ha quindi:
V '  V  V 'U 
2 RL
2 RL
RL

2
 2V
RU  2 RL RU  RL
RU  RL
Il primo utente vede perciò diminuire la sua tensione perché il secondo utente si è connesso in rete. Il
primo utente proprio non c’entra niente e non può farci niente, con quello che fa il secondo utente: ma ne
subisce le conseguenza. Però anche il secondo utente bene non sta, in quanto l’energia a sua disposizione
è limitata proprio dal fatto che il primo utente è connesso.
Un piccolo corollario: la potenza richiesta dal carico è aumentata, ma la resistenza è diminuita. Quindi:
resistenza piccola
resistenza grande
carico grande
carico piccolo
Alcune note sulle reti elettriche e sul regime sinusoidale – 29.09.2013 – Ezio Santini – pagina 3 di 17
Inoltre, come del tutto ovvio, siccome la corrente è aumentata, la resistenza di carico è diminuita ma
quella di rete è rimasta rigorosamente costante, anche le perdite in rete sono aumentate. Tra l’altro, è
diminuito anche il rendimento.
Riassumendo:
1. Nelle reti di produzione, trasmissione, utilizzazione dell’energia, la presenza della fase di
trasmissione implica perdite di energia
2. Le perdite in rete sono sopportate dall’ente distributore.
3. Nelle stessi reti, la presenza della fase di trasmissione implica la variazione della tensione da
vuoto a carico
4. Un aumento del carico produce un aumento delle perdite in rete ed una variazione della tensione
utente. Peggiora il rendimento del sistema e ne risulta un peggioramento della qualità del servizio.
LA CONFIGURAZIONE ATTUALE DELLA RETE ED IL REGIME TRIFASE SINUSOIDALE
Lo stato attuale della rete di produzione, trasmissione, distribuzione, utilizzazione è il risultato di una
attività di sviluppo ormai molto più che centenaria. Le prime applicazioni industriali elettriche sono della
fine del XIX secolo, ma la ricerca applicata a questo campo era molto attiva da almeno cinquanta anni.
La attuale rete elettrica ha queste caratteristiche:
- Le grandezze elettriche sono sinusoidali alla frequenza di 50 Hz in Europa e di 60 Hz in altre parti
del mondo
- È trifase
- La generazione avviene in grandi centrali alla tensione di 20 kV
- La utilizzazione è prevalentemente alla tensione di 127/230/400 V se la potenza nominale
dell’utilizzatore è inferiore a circa 10 kW, ad una tensione compresa tra 3 e 20 kV in caso
contrario.
Perché la rete elettrica si è evoluta in queste direzioni? E’ possibile dare alcune spiegazioni non troppo
“tecniche” ma sufficientemente comprensibili se si hanno basi di trigonometria e di elettromagnetismo.
Se si considerano i dispositivi che operano nelle reti elettriche, questi sono essenzialmente di tre
tipologie: resistivi, induttivi, capacitivi. A titolo di esempio, si consideri un circuito R-L-C serie
alimentato da un generatore di tensione v(t). La equazione di Ohm del circuito si scrive:
v(t )  Ri (t )  L
di(i) 1 t
  i( )d
dt
C 0
Questo significa che, applicando una tensione v(t), si ottiene una corrente i(t) che ha con la tensione una
relazione di tipo integro-differenziale. Il che implica che le forme d’onda della tensione e della corrente
sono molto differenti tra loro. Nella precedente, potrebbe sembrare che la causa sia la tensione e l’effetto
sia la corrente, ma non è così. La precedente dice semplicemente che c’è una relazione tra tensione e
corrente.
Quindi può accadere che sia tensione a provocare la corrente, oppure può essere che sia la corrente a
provocare la tensione. E poiché di mezzo ci sono induttori e condensatori, allora può accadere che una
tensione provochi una corrente, che a sua volta provoca un flusso in un circuito magnetico, che a sua
volta provoca una tensione in qualche altra parte, e così via.
A partire da queste considerazioni, si deduce che sarebbe utile se la tensione e la corrente avessero la
stessa forma d’onda; in altri termini, sarebbe utile che, se la corrente-ingresso è impulsiva, allora anche la
tensione-uscita sia impulsiva; se la tensione-ingresso è a gradino, allora anche la corrente-uscita dovrebbe
essere a gradino. E così via.
Esista una forma d’onda così? Esiste una forma d’onda il cui integrale e la cui derivata hanno la stessa
forma d’onda? Ce ne è una sola, ed è la sinusoide.
E infatti: data una funzione f(t) = FMAX cost, allora la derivata temporale e l’integrale temporale della
funzione sono del tipo:
Alcune note sulle reti elettriche e sul regime sinusoidale – 29.09.2013 – Ezio Santini – pagina 4 di 17
df (t )


 FMAX sin t  FMAX cos t  
dt
2

1
 f (t )dt   F
MAX
sin t 


FMAX cos t  

2

1
In realtà, la corrente avrà una relazione di fase qualsiasi con la tensione, potendo essere:
i(t )  I cost   
v(t )  V cos t
L’angolo che è stato sopra definito è proprio “l’angolo di fase” ed è lo sfasamento angolare tra la
sinusoide della tensione e quella della corrente.
Come si può vedere che quanto è stato asserito corrisponde alla realtà? È semplice: si deriva e si integra la
corrente, e si sostituisce nell’equazione del circuito. Preliminarmente si ha:
di(t )



 I sin t     I cos t    
dt
2


1
1



 i( )d   I sint      I cost  2   
Sostituendo nell’equazione del circuito:
V cos t  RI cost     LI sin t    
1
I sin t   
C
Sviluppando e raggruppando si trova:




 1

 1

V cos t  I cos t  R cos   
 L  sin    I sin t  R sin   
 L  cos  
 C

 C





Perché la precedente sia verificata, occorre e basta che:


 1

Vc  I  R cos   
 L  sin  
 C





 1

0  I  R sin   
 L  cos  
 C



Elevando le due equazioni al quadrato e sommando membro a membro si ottiene:
2
 2 
1  
V  I  R   L 
 
C  


Risolvendo la seconda rispetto a  si ottiene:
2
2
1 

 L 

C 

tan  
R
Come si può vedere, se la tensione è sinusoidale, è sinusoidale anche la corrente; e viceversa.
Alcune note sulle reti elettriche e sul regime sinusoidale – 29.09.2013 – Ezio Santini – pagina 5 di 17
IL VALORE EFFICACE
La potenza che transita istantaneamente in una sezione di rete è pari al prodotto tra la tensione e la
corrente:
p(t) = v(t) i(t)
In un sistema a corrente continua, la potenza che transita in una sezione di rete è costante. Lo stesso non
si può evidentemente dire per la corrente alternata. Come si vedrà più avanti, la potenza attiva è variabile
nel tempo. Quindi, un eventuale confronto tra potenza istantanea nel regime continuo ed in quello
sinusoidale proprio non è possibile. Invece lo stesso confronto è possibile tra i valore medi delle due
grandezze.
Se si prende in esame una corrente sinusoidale, del tipo:
i(t )  I cos t
e la si fa passare in una resistenza R, il valore medio della potenza dissipata è dato da:
2
1

2
PAC   Ri 2 (t )dt  RI MAX
T0
2
T

 cos
2
tdt  RI
2
2
MAX
0
2
 1
RI MAX
2
cos d 
2  0
2
D’altronde, la potenza media in un sistema in continua coincide con la potenza istantanea. Si ha quindi:
2
PDC  RI DC
Le due potenze sono equivalenti se:
I DC 
I MAX
2
Quindi, se la grandezza alternata ha un valore massimo FMAX, la grandezza continua che ha gli stessi
effetti energetici ha valore pari al precedente diviso per 2 . A questa grandezza si dà convenzionalmente
la denominazione di “valore efficace”. Questo valore è importantissimo, in quanto, come si è visto e come
si analizzerà nuovamente più avanti, a questa grandezza è legato il valore medio della potenza.
In definitiva, una grandezza sinusoidale (ad esempio una corrente) è genericamente identificata con la
seguente espressione:
i(t )  2 I EFF cost   
Di solito il pedice EFF viene omesso, in quanto – a livello energetico – il valore efficace è più importante
del valore massimo.
SISTEMA TRIFASE
L’energia elettrica è un prodotto che va consumato “fresco”, cioè subito, immediatamente. Quindi va
“portato” subito dal luogo dove si produce al luogo dove si consuma. Per trasportarla, si usano conduttori
di rame o di alluminio. Come visto prima, la potenza istantanea che transita in una sezione di rete formata
da due conduttori nei quali passa una corrente i(t) e tra i quali è presente una tensione v(t) vale v(t)i(t).
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Questa grandezza è intrinsecamente variabile nel tempo (tra l’altro, come si vedrà a frequenza doppia
rispetto alla fondamentale) e questo non è proprio un pregio del sistema.
Si prendano in considerazione adesso tre sistemi sinusoidali, tutti attraversati dalla stessa corrente e
sottoposti alla stessa tensione, ma con fasi differenti. Ad esempio:
v1 (t )  2V cost 
i1 (t )  2 I cost   
2 

v2 (t )  2V cos t 

3 

2 

v3 (t )  2V cos t 

3 

2 

i2 (t )  2 I cos t   

3 

4 

i3 (t )  2 I cos t   

3 

Quindi, le tre potenze istantanee hanno valore:
p1 (t )  2VI cost cos(t   )
2 
2

p 2 (t )  2VI cos t 
 cos(t    )
3 
3

4 
4

p3 (t )  2VI cos t 
 cos(t    )
3 
3

Le ben note (!) formule di prostaferesi
cos  cos  
1
cos     cos   
2
possono essere applicate, ricavando:
1
cos2t     cos  
2

1 
4 
p 2 (t )  2VI cos 2t   
  cos  
2 
3 


1 
8 
p3 (t )  2VI cos 2t   
  cos  
2 
3 

p1 (t )  2VI
Sommando le tre potenze istantanee, si determina il valore della potenza totale che fluisce nel complesso
dei tre sistemi:

4 
8  


p(t )  3VI cos   cos2t     cos 2t   
  cos 2t      
3 
3  



Il termine tra parentesi quadre ha ovviamente valore istantaneo nullo. Di conseguenza, si deduce che, in
un sistema multifase simmetrico ed equilibrato, la potenza istantanea è costante. In generale, in un
sistema costituito da n sistemi sinusoidali si ha:
p(t )  nVI cos 
I sistemi a più fasi (polifasi) più diffusi sono i sistemi trifase, cioè costituiti da tre sistemi monofase fasi
differenti.
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Il motivo di questa situazione è abbastanza semplice. Se si considerano tre sistemi sinusoidali monofase
come in figura 3, si vede che la somma delle correnti nei tre conduttori di ritorno è nulla. Quindi, da un
punto di vista circuitale, la configurazione di figura 4, che in pratica coincide con quella di figura 3, si
può modificare in quella di figura5, nella quale il numero totale di conduttori è passato da sei a tre,
risparmiando così il 50 % di rame e il 50 % di perdite nel rame rispetto ai tre sistemi monofase. Per certi
versi, il sistema trifase (ed i sistemi polifase in genere) sono i primi sistemi al mondo nei quali è stato
messo in pratica il “riciclo dei rifiuti”. Infatti la corrente che “esce” dall’impedenza della fase 1 non viene
riportata in centrale per essere di nuovo elevata di potenziale dal generatore, ma alimenta le fasi 2 e 3. E
analogamente per le altre due correnti.
Fig 3 – Tre sistemi monofase
Figura 4 I tre sistemi monofase riarrangiati. Le correnti di “andata” percorrono tre conduttori, ed
anche quelle di “ritorno”; la somma dlele correnti di ritorno è comunque zero.
Nella figura 5, i tre conduttori di ritorno sono stati riuniti in un solo conduttore. Ma anche quest’ultimo
non serve a niente, perché non è percorso da nessuna corrente. E di conseguenza, i due punti O ed O’
sono allo stesso potenziale. In definitiva, il conduttore in cui passa la somma delle tre correnti (il
“neutro”) potrebbe anche non essere installato. In realtà, le tre correnti di fase non sono mai uguali, e di
conseguenza un po’ di corrente nel neutro ci scorre sempre. I tre conduttori di fase sono definiti, dalla
nomra CEI, con le denominazioni L1, L2 ed L3.
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Figura 5 Dai tre sistemi monofase al sistema trifase. I tre conduttori di fase sono sempre percorsi dalle
tre correnti sfasate di 120 gradi; nel neutro non fluisce corrente.
I sistemi con più fasi (quattro, sei, dodici …) hanno le stesse caratteristiche dei sistemi trifase: la potenza
istantanea è costante e la somma delle correnti di fase è uguale a zero se le impedenze di carico sono tutte
uguali. Perché i sistemi trifase hanno avuto più successo di altri sistemi polifase (ad esempio esafase o
dodecafase)?
Perché nei sistemi trifase la sequenza tra le fasi è semplicissima da determinare. Nei sistemi trifase, se si
prendono le tre fasi a caso, si ottiene sempre o la sequenza 123 oppure la sequenza 132. Nei sistemi
tetrafase, ad esempio, le sequenze possibili sono : 1234, 1243, 1324, 1342, 1423, 1432. Tra l’altro, le due
sequenze possibili dei sistemi trifase sono tali per cui un motore trifase ruota in senso (ad esempio) orario
se alimentato con una sequenza, e in senso antiorario se alimentato con l’altra sequenza. Invece,
determinare la sequenza in un sistema tetrafase è già molto più complicato, per non parlare di quello che
avviene nei sistemi pentafase o esafase.
LA POTENZA IN REGIME SINUSOIDALE
Se si considera un generico bipolo, e tra i suoi due terminali si applica una tensione v(t), nel bipolo può
fluire una corrente i(t). Nella sezione di rete alla quale è collegato il bipolo transita una potenza istantanea
p(t) = v(t) i(t). Si tratta di potenza istantanea che viene scambiata tra la rete ed il bipolo. Questa potenza,
ovviamente, può essere positiva o negativa; il che significa, alternativamente, che il bipolo fornisce
energia alla rete o ne preleva una certa quantità. Ovviamente, questo comportamento è istantaneo, nel
senso che in alcuni istanti di tempo la rete alimenta il bipolo mentre in altri istanti di tempo è il bipolo ad
“alimentare” la rete.
Si supponga adesso che tanto tensione e corrente siano sinusoidali pure, a pulsazione  (alla quale
corrisponde un periodo T = 2  /  ) ma sfasate di un angolo :
v(t )  2V cos t
i(t )  2 I cost   
Il simbolo  dipende dal fatto che la sinusoide della corrente può essere in anticipo o in ritardo rispetto
alla sinusoide della tensione. Per il prosieguo di questa analisi, si supporrà che l’angolo  sia compreso
tra - /2 e + /2. In realtà questo vincolo non ha riscontri nella realtà fisica, potendo l’angolo assumere
qualsiasi valore; ma se la fase tra tensione e corrente ha un valore compreso tra /2 e /2, allora non si
tratta più di un bipolo utilizzatore bensì di un bipolo generatore. Niente di complicato, ma si rischia di
fare confusione, e non sempre la generalità è sinonimo di semplicità.
Applicando le formule di addizione e sottrazione, la corrente può essere riscritta come:
i(t )  2I cos t cos   2I sin t sin 
In pratica, la sinusoide della corrente può essere pensata come composta dalla somma di due sinusoidi:
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-
2I cos 
La prima in fase con la tensione, con valore massimo pari a
- La seconda in quadratura con la tensione, con valore massimo pari a 2I sin  .
La Fig. 6 mostra la situazione quando l’angolo di fase tra tensione e corrente è di 15°; la Fig. 7 la stessa
situazione ma con angolo di fase pari a 60°.
corrente a 15°
corrente in fase con V
tensione
corrente a 15°
corrente in quadratura con V
1,5
1,5
1
1
0,5
0,5
0
-0,5
0
60
120
180
240
300
360
0
-0,5
-1
-1
-1,5
-1,5
0
60
120
180
240
300
360
a)
b)
a) tensione e corrente a 15°; b) scomposizione della corrente nelle due componenti in fase e in
quadratura con la tensione
Fig. 6
corrente a 60°
corrente in fase con V
corrente in quadratura con V
1,5
tensione
corrente a 60°
1
1,5
0,5
1
0
0,5
0
-0,5 0
-1
-1,5
Fig. 7
60
120
180
240
300
360
-0,5
0
60
120
180
240
300
360
-1
-1,5
a)
b)
a) tensione e corrente a 15°; b) scomposizione della corrente nelle due componenti in fase e in
quadratura con la tensione
Ovviamente, la seconda forma d’onda è in quadratura in anticipo o in ritardo a seconda del segno di sin 
Si vuole investigare sull’andamento temporale della potenza istantanea, che ha espressione (vedi Fig. 8 e
9):
p(t )  v(t )  i(t )  2VI cos  cos 2 t  2VI sin  sin t cos t
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tensione
corrente 15°
potenza
1
0,5
0
0
90
180
270
360
-0,5
-1
Fig. 8 – Tensione, corrente e potenza istantanea per una corrente a 15° rispetto alla tensione
tensione
corrente 60°
potenza
1
0,5
0
0
90
180
270
360
-0,5
-1
Fig. 9 – Tensione, corrente e potenza istantanea per una corrente a 60° rispetto alla tensione
Secondo la precedente, la potenza istantanea è formata da due termini:
- il primo termine, p1(t), è del tipo “coseno quadrato” ed è sempre positivo; quindi, in un periodo T
l’integrale relativo è definitivamente positivo o negativo in dipendenza soltanto dal valore di 
-
p1 (t )  2VI cos 2 t cos 
Il secondo termine, è del tipo “seno – coseno” e nel periodo T ha valore medio nullo:
-
p2 (t )  2VI sin t cos t sin 
Se si calcola il valore medio nel periodo T del termine p1(t) è possibile trovare un valore diverso da zero;
se invece si calcola nello stesso periodo T il valore medio di p2(t), si determinerà sicuramente un valore
medio uguale a zero.
Di conseguenza, la potenza che il bipolo scambia con la rete può essere vista come la somma di due
diversi termini:
Alcune note sulle reti elettriche e sul regime sinusoidale – 29.09.2013 – Ezio Santini – pagina 11 di 17
-
Il primo, p1(t), variabile nel tempo tra un valore minimo ed un massimo, a frequenza doppia
rispetto a quella di tensione e corrente, con un valor medio diverso da zero;
- Il secondo, p2(t), variabile nel tempo tra un valore massimo positivo ed un valore minimo negativo
uguale ed opposto al precedente, a frequenza doppia rispetto a quella di tensione e corrente, con
un valore medio esattamente uguale a zero. Si tratta di una potenza che fluttua tra la rete ed il
bipolo. Nel primo quarto di periodo, fluisce dalla rete al bipolo; nel secondo quarto di periodo,
dal bipolo alla rete; nel terzo quarto di periodo, dalla rete al bipolo; nell’ultimo quarto di periodo,
dal bipolo alla rete.
Se si installa un contatore di energia tra la rete ed il bipolo, questo contatore sarà incrementato soltanto
dalla quantità p1(t) , ed anzi ne registrerà l’integrale. Invece la grandezza p2(t) non darà nessun contributo
a quanto misurato dal contatore. Peraltro si tratta di potenza associata ad una corrente, che provoca
perdite nella rete, perdite con non sono “pagate” da chi usa la potenza, ma che sono pagate dal gestore di
rete.
Preliminarmente, si ricorda che:
T

T
0
cos 2 tdt   sin 2 tdt 
T
2
0
cos 2 tdt   2 sin 2 tdt 
0
T
2
Inoltre:

T
0
T
4
Poiché è T = 2/, il valore medio della potenza p1(t) in un periodo è dato da
T
P
T
1
1
p1 (t )dt  cos  2VI  cos 2 tdt  VI cos 

T0
T
0
A questa grandezza viene dato convenzionalmente il nome di potenza attiva. Concettualmente, quindi, la
potenza attiva è il valor medio su un periodo della potenza istantanea (Fig. 10 e 11).
potenza attiva
potenza fluttuante
1,2
1
0,8
0,6
0,4
0,2
0
0
60
120
180
240
300
360
-0,2
Fig. 10
Potenza attiva (valore medio della curva con valore sempre maggiore di zero) e potenza fluttuante in un
periodo per una corrente con 15° di ritardo rispetto alla tensione.
Alcune note sulle reti elettriche e sul regime sinusoidale – 29.09.2013 – Ezio Santini – pagina 12 di 17
potenza attiva
potenza fluttuante
0,6
0,4
0,2
0
0
60
120
180
240
300
360
-0,2
-0,4
-0,6
Fig. 11
Potenza attiva (valore medio della curva con valore sempre maggiore di zero) e potenza fluttuante in un
periodo per una corrente con 60° di ritardo rispetto alla tensione.
È interessante effettuare alcune osservazioni sulla potenza fluttuante p2(t), cioè della sinusoide del tipo sin
2t in Fig. 10 e in Fig. 11. Si è già visto che tale quantità ha espressione:
p2 (t )  2VI sin t cos t sin   VI sin  sin 2t
L’andamento temporale della potenza p2(t) è riportato con la forma d’onda tratteggiata in Fig. 12. In
realtà, tale forma d’onda ha valore medio nullo; ma la sua influenza sulla rete non dipende dal segno,
bensì da fatto di esistere. In altri termini: essendo a monte del contatore, l’energia fluttuante non viene
pagata dall’utilizzatore, ma dalla rete, e quindi il fatto che sia positiva o negativa proprio non fa nessuna
differenza – sempre per la rete. Il problema sta proprio nel fatto che questa potenza fluttuante esiste, c’è, è
presente.
Da un punto di vista matematico, si può tranquillamente affermare che la rete è sensibile al modulo della
potenza fluttuante piuttosto che al suo segno. Il modulo della energia fluttuante può essere definito come
“energia reattiva”; l’andamento temporale della potenza reattiva è dato dalla curva in colore rosso della
Fig. 12.
potenza fluttuante
potenza reattiva
0,4
0,3
0,2
0,1
0
-0,1
0
60
120
180
240
300
360
-0,2
-0,3
-0,4
Fig. 12 – Potenza fluttuante e potenza reattiva.
Alcune note sulle reti elettriche e sul regime sinusoidale – 29.09.2013 – Ezio Santini – pagina 13 di 17
Il valore medio della energia reattiva è quindi dato da:
T
Ereattiva, media
4
4
 2VI sin   cos t sin tdt
T
0
Poiché il periodo della forma d’onda fondamentale è pari a T = 2  / , la precedente può essere riscritta
come:

Ereattiva, media  2VI sin 
2
2 1
sin 2tdt
 2 0
Moltiplicando e dividendo per 2:

Ereattiva, media  2VI sin 
2
2 1 1
sin 2td (2t )
 2 2 0
Effettuando adesso la posizione  = 2t, e calcolando che, se t =  / 2, allora  = , la precedente si
riscrive come:

Ereattiva,media
2 1 1
 2VI sin 
sin d
 2 2 0
L’integrale definito a secondo membro è un integrale notevole, il cui valore numerico è 2. In definitiva, la
precedente si scrive:
2
Ereattiva, media  VI sin 

Alla quantità VI sin viene convenzionalmente attribuita la denominazione di “potenza reattiva”; è
invalso l’uso di contraddistinguere questa grandezza con la lettera Q.
IL RIFASAMENTO
Ma qual è il motivo per cui tutti gli Enti distributori fanno pagare l’energia reattiva, che – come
dimostrato – non si consuma? La motivazione può essere capita dalla figura seguente, che esemplifica il
sistema elettrico nel suo complesso. C’è un generatore che trasforma energia delle nature più differenti in
energia elettrica (si parte da energia meccanica, idraulica, fotovoltaica e via dicendo); poi c’è una rete di
trasmissione, che trasporta l’energia elettrica a casa dell’utente. La rete di distribuzione è formata da
conduttori, trasformatori, apparecchiature sulle quali transita corrente; e quindi la rete è soggetta a perdite
di potenza attiva.
A casa dell’utente, prima di tutto c’è un contatore utente (CU) che contabilizza l’energia attiva che
l’utente preleva, e poi c’è tutto il sistema di prelievo dell’utente. Di solito, le utenze elettriche sono tali
per cui possono essere modellate come la serie di un resistore e di un induttore (figura 13).
Alcune note sulle reti elettriche e sul regime sinusoidale – 29.09.2013 – Ezio Santini – pagina 14 di 17
Fig. 13 - La rete considerata come connessione tra ente distributore ed utilizzazione
Tutti i costi prima del contatore sono sopportati dal sistema elettrico; tutti i costi dopo il contatore sono
sopportati dall’utente. Si supponga adesso che l’utente abbia, come unico dispositivo connesso alla rete,
un induttore. Come si è visto in precedenza, e come si dettaglierà in questo paragrafo, la potenza attiva
utilizzata è nulla, ma la potenza reattiva no. Questa potenza provoca delle perdite in rete che non sono
bilanciata da alcun corrispettivo. In altri termini: se la corrente è in quadratura con la tensione, allora la
potenza attiva prelevata dall’utente è nulla, ma sono comunque presenti delle perdite in rete del tipo RI2.
Al limite: se il complesso di tutti gli utenti fosse equivalente ad un solo, grande induttore, il sistema
elettrico sarebbe costretto al fallimento, in quanto costretto a sopportare dei costi per portare a casa
dell’utente della potenza che l’utente non pagherà mai (più precisamente: in quanto in un quarto di
periodo deve portare a casa dell’utente una certa quantità di energia, e nel quarto di periodo successivo
riportare in centrale esattamente la stessa quantità di energia, e via dicendo). Per questo motivo, l’ente
distributore fa pagare un tariffa per il prelievo di energia reattiva (anche se, come abbiamo visto, questa
energia ha valore medio nullo).
L’utente può farci qualcosa? Oppure è destinato a pagare per la potenza reattiva che “consuma”? Adesso
bisogna studiare i due componenti “reattivi” principali: l’induttore ed il condensatore.
Le equazioni dei due componenti sono:
vL (t )  L
induttore
di(i)
dt
condensatore
vC (t ) 
1 t
i( )d
C 0
Le relazioni precedenti sono del tutto generali. Se applicate al sistema sinusoidale si ottiene:
se
se
vL (t )  2V cos t
vC (t )  2V cos t
allora
allora
iL (t )  2 I sin t
iC (t )   2 I sin t
Alcune note sulle reti elettriche e sul regime sinusoidale – 29.09.2013 – Ezio Santini – pagina 15 di 17
tensione
corrente induttore
potenza
a)
tensione
corrente condensatore
potenza
b)
Figura 14 Tensione, corrente e potenza in regime sinusoidale permanente per: a) un induttore, e b) per
un condensatore.
Quanto sopra ha soltanto il senso di giustificare l’andamento temporale delle grandezze e non di valutarne
il modulo o la fase. In altri termini:
- Se ai capi di un induttore c’è una tensione sinusoidale, allora nell’induttore scorre una corrente
sinusoidale in ritardo di 90° rispetto alla tensione;
- Se ai capi di un condensatore c’è una tensione sinusoidale, allora nel condensatore scorre una
corrente sinusoidale in anticipo di 90° rispetto alla tensione.
Le due figure ci permettono di capire meglio quanto sopra espresso. Nelle due figure sono mostrati gli
andamenti in un periodo di: tensione, corrente e potenza istantanee con riferimento a) ad un induttore, e b)
ad un condensatore. Come si vede, le potenze istantanee nei due cosi sono l’una il contrario dell’altra.
Quando una è positiva, l’altra è negativa, e viceversa. Quindi, i due componenti funzionano un maniera
complementare. Quando uno è “generatore” l’altro è “utilizzatore” e viceversa.
Viene allora un’idea. Come già più volte affermato, le utenze elettriche più comuni (essenzialmente
motori) possono essere in generale modellate con la serie di un resistore e di un induttore. Si può mettere
in parallelo a questa utenza un condensatore di capacità opportuna. Il complesso dei due componenti
(resistore + induttore in parallelo al condensatore) sarà in grado di essere autonomo rispetto all’esterno
Alcune note sulle reti elettriche e sul regime sinusoidale – 29.09.2013 – Ezio Santini – pagina 16 di 17
per quanto riguarda l’energia reattiva. L’induttore genererà potenza istantanea per il condensatore, e
viceversa. Di conseguenza, la corrente che verrà vista dall’esterno sarà soltanto quella relativa al
resistore; dall’esterno, cioè dalla rete, il prelievo di potenza reattiva sarà nullo istante per istante, e
l’utenza nel suo complesso verrà vista come una resistenza. Tra l’altro, in questo modo la corrente nella
rete diminuirà, e ciò avrà benefici sensibili anche sulla caduta di tensione da vuoto a carico. L’utenza
perciò si modifica come in Fig. 15.
Fig. 15 - Il circuito elettrico dell’utente rifasato
Questa operazione si chiama convenzionalmente “rifasamento”. Questa definizione dipende dal fatto che,
come si è detto sopra, l’inserzione di condensatori di capacità opportuna fa vedere il carico nel suo
complesso (resistore + induttore in parallelo al condensatore) come se fosse soltanto un resistore, e quindi
in questo caso la corrente è in fase con la tensione.
*** FINE DEL PRESENTE DOCUMENTO *** 29.09.2013 *** EZIO SANTINI ***
Alcune note sulle reti elettriche e sul regime sinusoidale – 29.09.2013 – Ezio Santini – pagina 17 di 17