Leggi qui la sintesi del primo Advisory Board WPP

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IL RUOLO DELLA COMUNICAZIONE PER LA SOCIETÀ DI DOMANI.
GENERARE VALORE E CAMBIAMENTO CULTURALE
SINTESI DEL PRIMO ADVISORY BOARD WPP/ THE EUROPEAN HOUSE – AMBROSETTI
4 APRILE 2017, MILANO
LA LETTURA DEGLI ANDAMENTI SUI CONSUMI NORD-SUD COME PREMESSA PER IDENTIFICARE
DELLE LINEE DI INTERVENTO PER IL RILANCIO DEL SISTEMA-PAESE
PREMESSA
Da oltre 6 anni WPP e The European House – Ambrosetti hanno avviato un percorso di sviluppo di
contenuti di scenario sul futuro del settore della comunicazione, evidenziandone le valenze positive
e distintive come insieme di attività professionali ad alto valore aggiunto e come elemento centrale
per ogni strategia di sviluppo e crescita di un Paese.
Nel primo dei quattro incontri previsti nel percorso di quest’anno, l’Advisory Board si è concentrato
sull’analisi dei consumi, con un focus specifico sul divario Nord-Sud e sui trend di acquisto
emergenti.
L’ADVISORY BOARD 2017
L’Advisory Board è un fattore distintivo di successo del progetto che garantisce validità scientifica al
lavoro svolto fornendo, al tempo stesso, contributi originali per le analisi e autorevolezza
concettuale relativamente ai contenuti sviluppati.
I membri dell’Advisory Board 2017 sono:
Antonio Baravalle, Amministratore Delegato, Lavazza
Aldo Bisio, Amministratore Delegato, Vodafone Italia
Fabio Caporizzi, CEO, Burson Marsteller Italia
Luca Colombo, Country Manager, Facebook Italia
Massimo Costa, Country Manager, WPP Italia
Marco Costaguta, Fast Moving Consumer Goods Expert e Presidente, LTP
Luca Garavoglia, Presidente, Davide Campari
Valerio De Molli, Managing Partner, The European House – Ambrosetti
Gad Lerner, Giornalista e Presidente Comitato Editoriale, Laeffe
Francesco Pugliese, Amministratore Delegato, CONAD
Cristina Scocchia, Presidente e Amministratore Delegato, L'Oréal Italia
Andrea Zappia, Amministratore Delegato, SKY Italia
RELATORI ESTERNI COINVOLTI
L’Advisory Board ha un funzionamento a geometria variabile e beneficia del contributo, ad ogni
riunione, di relatori esterni con competenze specifiche sui temi oggetto di analisi e
approfondimento. Alla riunione del 4 aprile hanno partecipato:
Massimo Beduschi, CEO, GroupM
Francesco Cruciani, Managing Director, Campari Italia
© 2017 The European House - Ambrosetti S.p.A. TUTTI I DIRITTI RISERVATI. Questo documento è stato ideato e preparato da TEH-A
per il cliente destinatario; nessuna parte di esso può essere in alcun modo riprodotta per terze parti o da queste utilizzata, senza
l’autorizzazione scritta di TEH-A. Il suo utilizzo non può essere disgiunto dalla presentazione e/o dai commenti che l’hanno
accompagnato.
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1. La situazione socio-economica italiana tra luci e ombre
Una delle aree d’indagine dell’Advisory Board nell’ultimo biennio è stata quella della competitività
del sistema-Paese, che si è sostanziato nell’analisi dei suoi fondamentali e nella ricerca delle leve
più efficaci per potenziare i fattori che influenzano la ripresa del Paese, ancora molto lenta, come si
vede dalla figura 1.
+0,9%
+0,8%
+0,1%
Figura 1. Andamento del PIL a valori indicizzati al 2010 e variazioni percentuali YoY. Fonte:
elaborazione The European House – Ambrosetti su dati ISTAT, 2017
Nonostante il quadro non esaltante, la tesi sostenuta dall’Advisory Board è che l’Italia sia viva e
vegeta e alcuni numeri lo dimostrano con forza. Nel 2016 si è toccato il record storico di surplus
commerciale, registrando un picco di 51,5 miliardi di Euro di differenziale tra esportazioni e
importazioni complessive (Figura 2). La competitività delle imprese italiane misurata con il surplus
di bilancio non è mai stata così elevata, e oggi rappresenta uno dei punti di forza che sta trainando
la (seppur lenta) ripresa.
Figura 2. Andamento del saldo commerciale, milioni di Euro, 2007 - 2016. Fonte:
elaborazione The European House – Ambrosetti su dati ISTAT, 2017
La dinamica positiva di aumento del surplus commerciale diventa particolarmente rilevante negli
ultimi due anni (2014-2016), periodo in cui la crescita delle esportazioni, più sostenuta rispetto
alla riduzione delle importazioni, può essere considerata come una delle ragioni che contribuiscono
a determinare il trend di crescita (Figura 3).
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Figura 3. Confronto fra le dinamiche di variazione di saldo commerciale, esportazioni e
importazioni, milioni di Euro, 2012 - 2016. Fonte: elaborazione The European House –
Ambrosetti su dati ISTAT, 2017
Dal 2014 si è osservata una variazione percentuale delle importazioni pari a +2,4%, generata da una
(seppur lenta) lenta ripresa dei consumi interni. Il valore totale delle esportazioni globali,
invece, è passato da circa 400 miliardi di Euro nel 2014 a 417 miliardi di Euro nel 2016, con una
variazione percentuale di +4,6%. Ed è proprio grazie a queste dinamiche di crescita che la
variazione del saldo commerciale di +22,8% (2014-2016) risulta estremamente positiva e non
influenzata da altre dinamiche poco «salubri» come quelle registrate a cavallo tra il 2012 e il 2014,
quando la riduzione delle importazioni era correlata a una riduzione dei consumi interni.
La crescita dell’export si registra a livello globale. Guardando ai Paesi extra-UE (Figura 4) l’Italia ha
aumentato il valore delle esportazioni con tutti i principali partner commerciali: Cina, Stati Uniti e
Canada.
Figura 4. Dinamica dei rapporti commerciali dell’Italia con i principali partner extra-europei,
valori percentuali, 2015-2016. Fonte: elaborazione The European House – Ambrosetti su dati
COMEXT, 2017
Anche con i Paesi europei, dove sono sterilizzate le dinamiche dei tassi cambio che non influenzano
quindi le performance di interscambio commerciale, i risultati ottenuti nel 2016 dall’Italia sono un
chiaro segnale della forza competitiva del nostro Paese (Figura 5).
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Figura 5. Dinamica dei rapporti commerciali dell’Italia con i principali partner dell’Eurozona,
valori percentuali, 2015-2016. Fonte: elaborazione The European House – Ambrosetti su dati
COMEXT, 2017
I risultati ottenuti sia a livello europeo che fuori hanno permesso all’Italia di ampliare la propria
quota di mercato sul commercio globale dal 2,7% del 2013 al 3,0% del 20161. Questi segnali di
ripresa non giungono inaspettati e sono sostenuti dal buon andamento del settore
manifatturiero, il cui valore aggiunto cresce del +3,4% nell’ultimo biennio.
La «tenuta» complessiva del Paese è confermata anche dai risultati dell’ultima rilevazione
dell’Ambrosetti Club Economic Indicator2, che mostrano una dinamica stabile per quanto
riguarda il sentiment sull’attività economica, il quale si attesta poco sotto i livelli massimi dall’inizio
delle rilevazioni. Per quanto riguarda l’occupazione e gli investimenti, invece, si registrano dei
peggioramenti, seppur lievi.
Figura 6. Valutazione della situazione attuale del business (valori sopra lo zero indicano una
aspettativa positiva sull’espansione dell’attività economica). Fonte: elaborazione The European
House – Ambrosetti, aprile 2017
Figura 7. Previsione sul mercato del lavoro a sei mesi (valori sopra lo zero indicano una
aspettativa positiva sull’espansione del mercato del lavoro). Fonte: elaborazione The European
House – Ambrosetti, aprile 2017
1) Fonte: stima «Rapporto della Competitività dei settori produttivi» Istat, 2017
2) L’ultima rilevazione dell’Ambrosetti Club Economic Indicator è stata presentata in occasione della 28° edizione del Workshop Lo
Scenario dell’Economia e della Finanza, di The European House – Ambrosetti a Villa D’Este (Cernobbio), 7-8 aprile 2017
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Figura 8. Previsione sugli investimenti a sei mesi (valori sopra lo zero indicano una aspettativa positiva
sull’espansione degli investimenti). Fonte: elaborazione The European House – Ambrosetti, aprile 2017
La business community italiana sembra ormai aver imparato a convivere con livelli di incertezza
economici e geo-politici elevati. I valori dei nostri indicatori evidenziano una continuazione della
crescita economica in atto, ma ad una velocità che è troppo bassa per favorire una piena ripresa del
mondo del lavoro e una ripresa a tutto tondo degli investimenti delle imprese. Purtroppo da oltre 1
anno e mezzo la crescita procede ad una velocità troppo bassa, mentre servono azioni incisive e
urgenti per far ripartire l’intero sistema economico in modo molto più deciso.
La rapidità con cui il Paese sta affrontando la risalita verso i livelli pre-crisi non è allineata a quella
degli altri principali Paesi europei (Figura 9). Già lo scorso anno l’Advisory Board aveva segnalato
che, senza un radicale cambio di marcia, un risanamento economico completo poteva essere
raggiunto non prima che fossero passati 7 anni. Un periodo eccessivamente lungo e che, osservando
le dinamiche che interessano gli altri paesi europei, potrebbe sicuramente essere più breve,
individuando le fonti che rallentano la ripresa e andando a intervenire direttamente su queste.
Figura 9. Stime di crescita del
PIL 2017 in termini reali. Fonte:
elaborazione The European
House – Ambrosetti su dati
Fondo Monetario
Internazionale, 2017
Una possibile spiegazione di tale differenziale potrebbe essere ricercata nella composizione del
prodotto interno lordo del nostro Paese. Le esportazioni e la manifattura da sole, infatti, non
possono rappresentare gli unici motori della crescita dell’Italia. Come emerge dalla
Figura 10, nonostante le brillanti performance di entrambe queste componenti, il prodotto interno
lordo italiano è composto solo in minima parte da esse (rispettivamente 3,5% e 16,5% nel 2016) e,
anche variazioni significative di quest’ultime, difficilmente possono innescare una dinamica di
crescita complessiva della magnitudo che sarebbe invece necessaria al Paese.
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Figura 10. Composizione del valore aggiunto italiano, valori percentuali, 2016 (a sinistra).
Composizione del PIL italiano (1.672 mld di Euro), valori percentuali, 2016 (a destra). Fonte:
elaborazione The European House – Ambrosetti su dati ISTAT, 2017
Guardando alle componenti del PIL, le dinamiche su cui si dovrebbe far leva, in particolare, sono i
consumi privati e gli investimenti lordi, che ad oggi stanno ancora procedendo con difficoltà e non
riescono a ritrovare la forza propulsiva che dovrebbe caratterizzarli per permettere un rapida e
decisa crescita del sistema-Paese.
Senza un forte impulso agli investimenti e alla creazione di nuovi lavori, sarà difficile
far ripartire i consumi privati, che incidono su oltre il 60% del PIL.
I consumi interni, infatti, nonostante la tendenziale dinamica positiva degli ultimi due anni,
stentano a decollare, con un andamento trimestrale che arranca e riflette la sostanziale incertezza
che ancora spinge gli italiani a preferire il risparmio al consumo.
Figura 11. Spesa per consumi finali delle famiglie, milioni di Euro, valori destagionalizzati, T1.2010T4.2016(e). Fonte: elaborazione The European House – Ambrosetti su dati ISTAT, 2017
Il vero punto d’attenzione nella lettura e interpretazione delle dinamiche di consumo è
rappresentato dalle differenze marcate che si riscontrano nelle diverse macro-aree territoriali
italiane: la crescita procede ad una buona velocità nel Nord e Centro, ma nel Sud del Paese le
dinamiche di investimenti e consumi evidenziano situazioni ancora di stagnazione o arretratezza
(Figura 12).
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Figura 12. Consumi delle famiglie italiane, macro-aree territoriali, numero indice 2010=100,
2010-2016(e). Fonte: elaborazione The European House – Ambrosetti su dati ISTAT, 2017
Il Sud, inoltre, negli anni della crisi è stato interessato da un importante processo di deindustrializzazione. Il comparto manifatturiero ha visto diminuire la propria contribuzione al valore
aggiunto nazionale con un tasso di crescita anno composto di -5,1%, perdendo più di 10 punti in
meno di un decennio (Figura 13).
Figura 13. Valore Aggiunto generato dall’industria manifatturiera nel Sud Italia, miliardi di
Euro, 2007-2014. Fonte: elaborazione The European House – Ambrosetti su dati ISTAT, 2017
Le stesse dinamiche dicotomiche tra Nord e Sud sono riscontrabili in altre variabili: ad esempio
nella produttività del lavoro, con un valore aggiunto per occupato pesantemente sotto la media
italiana nel 2015 (quasi 60.000 Euro per occupato in Italia contro un valore inferiore ai 50.000
Euro al Sud); nel tasso di disoccupazione che è tra i più alti in Europa, con picchi del 23,2% in
Calabria; nel tasso NEET3 (37,5%) e in quello di disoccupazione femminile (22,1%), entrambi
ampiamente sopra la media italiana (rispettivamente 26,0% e 12,8% nel 2016); nel livello di PIL
pro-capite di 17.187 Euro contro quello italiano di 27.045 nel 20154. Le Regioni del Sud mostrano
un forte ritardo rispetto alle 89 Regioni europee, anche nelle performance innovative misurate
dall’Ambrosetti Innosystem Regional Index (ARII)5.
3) Giovani che non studiano, non lavorano e non si formano (15-34 anni)
4) Fonte: rielaborazioni The European House – Ambrosetti su dati Istat, 2017
5) L’Ambrosetti Innosystem Index monitora 5 aree e 14 indicatori dell’ecosistema dell’innovazione. Ad oggi sono stati mappati 27
indicatori di base (che compongono i 14 indicatori dell’indice) per 13 Paesi per 8 anni
8
Figura 14. Ambrosetti Innosystem Regional Index (ARII), 2016. Fonte: elaborazione The
European House – Ambrosetti su dati Eurostat, 2017
Per rilanciare in modo deciso la crescita in Italia è necessario agire con decisione su quei fattori che
hanno contribuito a creare un gap di competitività che rallenta tutto il Paese.
Anche gli investimenti non stanno sostenendo la crescita. L’elevato rapporto Debito/PIL (132,6%
nel 2016) non consente di puntare sugli investimenti pubblici, che infatti si riducono negli ultimi
anni: da 3,4% del PIL nel 2009 a circa 2,2% nel 2016 (e sono previsti in ulteriore riduzione)6.
Inoltre, anche gli investimenti privati si sono contratti in modo significativo (Figura 15).
Investimenti pubblici Italia
(% PIL)
Debito Pubblico Italia
(% PIL)
3,5
140
120
3
100
2,5
80
2
2000 2002 2004 2006 2008 2010 2012 2014 2016
2000 2002 2004 2006 2008 2010 2012 2014 2016
Investimenti privati in
Italia (% PIL)
22
20
18
16
14
2000 2002 2004 2006 2008 2010 2012 2014 2016
Figura 15. Andamento di Debito Pubblico/PIL, Investimenti Pubblici e Privati, 2010 – 2016. Fonte:
elaborazione The European House – Ambrosetti su dati Eurostat e Commissione Europea, 2017
In sintesi, stiamo assistendo a una ripresa, seppur molto lenta. L’attuale velocità del sistema
economico difficilmente riuscirà ad accelerare senza che siano pianificati i giusti interventi da parte
delle Istituzioni e dei privati soprattutto su due fronti: rimettere in moto il Sud e rilanciare gli
investimenti, per scaricare a terra l’enorme potenziale del Paese.
6) Fonte: rielaborazioni The European House – Ambrosetti su dati Eurostat e Commissione Europea, 2017
9
2. Focus su trend emergenti nei consumi
Confrontando la fiducia dei consumatori (misurata dal Consumer Confidence Index7) registrata
nell’ultimo quarto del 2016 con lo stesso periodo del 2014, in Italia si osserva un aumento da 45
punti a 58. La situazione italiana, tuttavia, non appare così rosea se confrontata con i principali peer
europei, a ulteriore conferma che la dinamica di questa componente è depotenziata dalle incertezze
sul futuro.
Figura 16. Consumer
Confidence Index,
confronto tra l’Italia e i
principali peer europei.
Fonte: elaborazione The
European House –
Ambrosetti su dati Nielsen,
2017
Questa sostanziale incertezza può essere considerata come una delle ragioni che spinge i
consumatori italiani a privilegiare il risparmio - quello delle famiglie italiane in 10 anni vale quanto
il PIL dell’Ungheria8 - al consumo. Oltre ad una dinamica di risparmio si riscontra una nuova
fase/tipologia di consumi: dal risparmio per vincoli di budget, si passa a consumi che riducono
la scelta di prodotti discount, ricercando invece il benessere, il servizio e la qualità, aumentando i
volumi (con un’attenta valutazione del rapporto qualità/prezzo) e premiando solo in maniera
marginale le promozioni dei grandi marchi (Figura 17).
Figura 17. La variazione di valore nei carrelli della spesa, 2011 - 2016. Fonte: elaborazione
The European House – Ambrosetti su dati Nielsen e CONAD, 2017
7) Fonte: elaborazione The European House – Ambrosetti su dati Nielsen e CONAD, 2017 (www.nielsen.com)
8) Fonte: elaborazione The European House – Ambrosetti ISTAT e Eurostat, 2017
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PRODUTTORI
Continua, infatti, la perdita di quote di tutti quei prodotti di marca che, leader di mercato nel
periodo pre-crisi, hanno deciso di «giocarsi la partita» seguendo le dinamiche di risparmio dei
consumatori: privilegiando una forte pressione promozionale rispetto a investimenti in marketing e
pubblicitari utili a difendere il proprio posizionamento. Queste marche hanno «scoperto il fianco»
ai prodotti della private label (+5,6% dei consumi nel 2016 rispetto al 2015) che, caratterizzati da
elevata qualità e da prezzi competitivi, sono riusciti a posizionarsi come la scelta di ottimo nel
carrello dei consumatori.
2015
2016
2017 ytd feb
TOP 20
(escl. MDD)
-1,7%
-3,2%
-1,1%
FOLLOWER
(da 21 a 200)
+0,9%
-0,2%
+1,6%
FOLLOWER
(da 201 …)
+1,9%
+2,2%
+4,0%
MDD
(incl. Discount)
+3,6%
+5,6%
+3,0%
Figura 18. Variazione YoY dei consumi di Marchi vs Marca del Distributore (MDD o private label), 2015
- 2017. Fonte: elaborazione The European House – Ambrosetti su dati Nielsen e CONAD, 2017
Dinamiche leggermente diverse si riscontrano nuovamente al Sud dove, come già mostrato in
precedenza, i consumi nella GDO sono in calo (in valore), segno che si predilige ancora fare una
spesa meno costosa ma con una frequenza maggiore. La situazione è opposta rispetto al Nord e al
Centro, in cui diminuisce la frequenza con cui le famiglie fanno la spesa, ma contemporaneamente
aumenta il valore annuo degli acquisti (Figura 19).
Figura 19. Nord e Sud:
consumi e frequenza
d’acquisto. Fonte:
elaborazione The European
House – Ambrosetti su dati
Nielsen e CONAD, 2017
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Guardando ai trend di consumo emergenti, si possono suddividere le tipologie d’acquisto in 6
macro-categorie:
 PREPARATO IN CASA: Mi piace cucinare e preparare piatti freschi e genuini per la mia
famiglia e così risparmio pure;
 BASICI: Una buona colazione al mattino e un bel primo piatto a pranzo o a cena;
 PRONTI DA MANGIARE: Non ho molto tempo per preparare e/o non sono così brava a
cucinare, quindi compro cose già pronte;
 PIATTO UNICO: Oggi mangio solo un panino o una pizza;
 CONSUMI TRENDY: Niente cena fuori stasera! L’aperitivo e il piatto sofisticato con amici
e parenti a casa;
 BENESSERE E SALUTE: Mi piace mangiare sano, perché ci tengo al mio benessere fisico e
alla mia salute.
Considerando queste categorie, al Sud si concentrano i consumi più basici e la ricerca della
gratificazione, mentre al Nord prevalgono le scelte di benessere, servizio e consumi trendy.
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud
Colazione
90
96
101
118
Primi Piatti Basici
93
90
101
119
Consumi Tipici da Fuori Casa
99
102
96
105
Preparato in Casa
98
104
99
112
Gratificazione
96
100
94
96
Benessere
103
106
98
91
Salutistico
108
105
101
82
Gourmet
115
89
114
72
Easy Food
115
99
100
77
Servizio Primi
129
118
94
45
Servizio Secondi
112
96
94
93
Figura 20. Indice di peso sul Grocery vs totale Italia, 2017. Fonte: elaborazione The European
House – Ambrosetti su dati Nielsen e CONAD, 2017
Osservando, infine, i dati qualitativi di spesa della GDO, si possono notare degli atteggiamenti
emergenti diffusi in tutto il territorio, che sono un chiaro segnale del consolidarsi di un processo di
acquisto estremamente razionale, che valuta i prodotti private label come perfetti sostituti dei
Marchi, sempre che presentino delle caratteristiche di qualità/prezzo competitive e siano ben
posizionati sugli attributi di benessere e sostenibilità, che sono tra i più ricercati negli acquisti.
52% interessati più
alla qualità e disposti
a pagare di più
61% approfitta della
promozione per
acquistare un
prodotto
43% interessati
all’acquisto di
prodotti «sani»
64% fa un grande
sforzo per scegliere i
prodotti più
convenienti
61% confronta i
prezzi della MDD con
quelli dei brand
leader
41% attenti a
comprare prodotti
eco-friendly
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3. Aggiornamento sull’andamento del settore della comunicazione
Gli investimenti in comunicazione globali nel 2016 si attestano a quota 492 miliardi di Euro con
una variazione del +4,3% rispetto al 2015. Si tratta di un segnale molto positivo, in un contesto in
cui le previsioni di crescita del PIL mondiale si attestano al 3,4% nel 20169 (Figura 21).
Figura 21. Trend globali del mercato della comunicazione, 2008-2017e. Fonte: Group M
Research and insight on this year, 2017
Focalizzando l’attenzione sul mercato europeo, la stima di chiusura del 2017 è positiva (+3,7%
rispetto al 2016). I segnali incoraggianti, tuttavia, scontano un’elevata concentrazione della quota di
spesa tra i primi tre Paesi (Regno Unito, Germania e Francia) che, da soli, contano circa la metà del
volume complessivo europeo. La restante parte è polverizzata tra gli altri Paesi di cui l’Italia è la
capofila.
Con una spesa in comunicazione pari a 7,8 miliardi di Euro, il nostro Paese occupa la quarta
posizione in Europa. Tale risultato non può però essere letto come un successo dell’Italia sul fronte
degli investimenti in comunicazione. Il quadro della situazione diventa chiaro se si va a confrontare
la spesa in comunicazione pro-capite. L’Italia si posiziona tredicesima in Europa, con una spesa in
comunicazione di (soli) 127 Euro, quasi la metà della Germania, quasi un terzo della Svizzera
(Figura 22).
Figura 22. Spesa in
comunicazione
pro-capite per
Paese europeo.
Fonte:
elaborazione The
European House –
Ambrosetti su dati
Group M Research
and insight on this
year, 2017
9) Fonte: Fondo Monetario Internazionale, 2017
13
Il fatto che ci sia ancora molto potenziale da sfruttare nel percorso di crescita del settore della
comunicazione in Italia è testimoniato dalle ultime rilevazioni sui volumi di spesa complessivi
registrati nel Paese. Nel biennio 2015-2016 ad una bassa crescita dell’economia, è corrisposta una
crescita più sostenuta del settore della comunicazione che nel 2016 registra +3,7% rispetto al 2015,
anche se siamo ancora lontani dai livelli pre-crisi (Figura 23). Ciò è in linea con i risultati del
modello econometrico di stima sviluppato dall’Advisory Board che conferma la forte
correlazione positiva tra l’andamento del PIL e l’andamento degli investimenti
pubblicitari, con un beta (sensibilità rispetto al PIL), compreso tra 2 e 4.
Questo ci porta a concludere che un’accelerazione della ripresa stimolerebbe ancora di più
l’aumento degli investimenti in comunicazione, generando un circolo positivo di crescita
economica e maggiore occupazione. Ciò significa che è necessario definire delle policy che
consentano di ridurre il gap tra Nord e Sud del Paese, stimolando consumi e maggiori investimenti.
Figura 23. Trend del mercato della comunicazione in Italia, 2007-2017e. Fonte: Group M
Research and insight on this year next year, 2017
In questo quadro cautamente ottimistico è interessante sottolineare come, a partire dal 2007, la
spesa in comunicazione su internet abbia sostenuto l’andamento complessivo del settore,
riducendo gli effetti delle contrazioni e amplificandone la crescita. Internet, nel 2016 in Italia,
registra una crescita dell’8,0% - soprattutto grazie al contributo di Google e di Facebook - seguito
dal cinema (+6,9%) e dalla TV (+5,1%). Tolto il contributo di Internet, nel 2016, la crescita del
settore della comunicazione sarebbe risultata inferiore e nulla nel 2015 (Figura 23). Il merato
italiano rimane molto concentrato: il 5% degli investitori in comunicazione costituisce il 90% del
mercato della comunicazione nel suo complesso, concentrato in massima parte nella TV.
Nonostante il peso della TV sul mix dei canali continui ad essere rilevante, la composizione della
spesa mostra segnali di cambiamento: la quota di TV, Stampa, Radio, Cinema e OOH10 è passata dal
94,6% del 2007 al 75,3% del 2016, a vantaggio di Internet. La quota di quest’ultimo sulla spesa
complessiva è attesa in crescita anche nel 2017 in cui si prevede che arrivi al 25,9% sul totale
complessivo (contro una quota del 24,5% nel 2016). Si tratta di dinamiche importanti, che
impongono nuovi approcci e nuove competenze per il settore.
10) Out of Home Advertising
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The European House – Ambrosetti S.p.A.
Sito: www.ambrosetti.eu
Twitter: @TEHAmbrosetti
Facebook: The European House - Ambrosetti
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