X
Capitolo
Campo elettrico
1. Azione a distanza
Come possono due corpi interagire senza toccarsi?
L’idea di interazione fra corpi è stata sempre associata all’idea di un contatto: la
possibilità che un oggetto potesse esercitare un’azione in una regione di spazio
dove esso non si trovava materialmente, ha costituito per lungo tempo un
ostacolo concettuale alla comprensione del funzionamento della realtà. Ad
esempio il rifiuto della possibilità di un’azione a distanza costituiva uno dei
presupposti della teoria dell’ horror vacui, che dominò l’approccio scientifico
medievale. Tale teoria respingeva con decisione l’esistenza dello spazio vuoto,
perché esso avrebbe consentito di pensare ad un’ interazione fra due corpi
senza che
vi fosse né il contatto diretto né la mediazione di un fluido
interposto1. Astrazioni come quelle di Galileo, che ipotizzò la caduta dei gravi
in uno spazio in assenza d’aria, furono un formidabile sforzo di
immaginazione.
Anche la formulazione della legge di gravitazione universale da parte di
Newton2 era sospetta di basarsi sul modello di attrazione a distanza, e per
questo venne inizialmente guardata con diffidenza da qualcuno. Tuttavia
Newton si limitò a registrare l’efficacia del modello proposto, e non azzardò
mai tentativi di spiegazione del meccanismo di funzionamento che vi stava
dietro, forse proprio perché anche lui associava l’idea di interagire a distanza
qualcosa di simile ad una credenza occulta.
Nel campo delle interazioni elettriche, il problema del meccanismo che
realmente governava l’attrazione e la repulsione fra due cariche, si impose
all’attenzione di uno dei pionieri in questo ambito, il fisico inglese Michael
1
addirittura Aristotele arrivò a sostenere che quando si lancia una pietra, nel momento in cui viene
meno il contatto con la mano, la forza che si riteneva necessario agisse continuamente su di essa
affinché il moto proseguisse, proveniva dall’aria. Questa, spostatasi da davanti all’oggetto si
raccoglieva dietro di esso fornendo una (sempre più debole) spinta in avanti. Era un modello curioso
in cui l’aria faceva contemporaneamente da contrasto e da propulsore.
2
nella sua opera, pietra miliare della fisica, Philosòphiae Naturalis Principia Mathematica, 1687.
1
Faraday (1791-1867). Egli trovava del tutto insoddisfacente l’interpretazione
della forza elettrica in termini di azione a distanza, e riteneva che lo spazio
interposto dovesse giocare un ruolo importante. Alcune delle sue obiezioni
possono essere riassunte nei punti seguenti:
Un problema di causa ed effetto.
Poniamo che una carica A ed una carica B, di segno discorde, siano poste ad
una certa distanza r nello spazio vuoto. Per poter interagire secondo la legge
di Coulomb, cioè attrarre la B con una forza di intensità k | qAqB | / r 2 , la
carica A necessita di alcune informazioni preliminari. Essa dovrebbe
percepire in anticipo l’esistenza di B e conoscere il suo esatto valore e la sua
distanza. Soltanto allora potrà “lanciare un segnale” nella direzione di B,
avente la giusta intensità. La carica A dovrebbe, in qualche misterioso modo,
proiettarsi al di fuori di sé stessa, esplorare l’ambiente, raccogliere le
necessarie informazioni e dopo interagire.
Un problema di istantaneità.
Ammesso che la carica A possegga le informazioni che possono permetterle
di attrarre B nel giusto modo, potrebbe accadere che la posizione ed il valore
di B non siano costanti. Se B si stesse ad esempio allontanando da A, la forza
sarebbe “inviata” da A nella posizione in cui si trovava inizialmente B e,
quindi, giungerebbe in un punto vuoto dello spazio. Oppure, nel caso in cui
fosse il valore di B a mutare, vi giungerebbe con una intensità errata.
Sembrerebbe che A debba procedere ad una rimodulazione del segnale ogni
volta che B si sposta o varia. Questo paradosso, in realtà, è uno degli aspetti
di una questione più fondamentale, e cioè se l’interazione impieghi un certo
tempo per propagarsi da A verso B oppure sia istantane.
Come possiamo uscire da questi paradossi ?
E’ necessario cambiare completamente prospettiva. Dobbiamo abbandonare la
convinzione che la carica A eserciti un’azione solamente se si trova in presenza
di un’altra carica B. Un punto di vista che permette di inquadrare la situazione
è quello di ritenere che la carica A, anche se si trova sola nello spazio vuoto,
manifesti comunque la sua presenza conferendo allo spazio stesso delle proprietà che
prima non aveva.
Nel momento in cui la carica A viene posta in un punto, in tutto lo spazio
intorno, sia esso vuoto od occupato da altre cariche, viene a crearsi uno stato
di cose nuovo: una condizione fisica che prima non c’era.
E se la carica A stessa cambia di posizione o di valore, anche la condizione fisica
di tutti i punti dello spazio circostante cambiano di conseguenza. Dato che però
nessuno ha mai rivelato l’esistenza
di segnali che si propaghino
istantaneamente, anche in questo caso ci vorrà del tempo affinché ogni
eventuale modifica della posizione, o del valore di A, possa essere percepita
tutt’intorno, conferendo così allo spazio il nuovo assetto fisico. Quando poi una
2
seconda carica B viene posta ad una certa distanza dalla A, troverà che lo
spazio nella posizione in cui va a mettersi possiede già uno stato fisico, di cui B
risente in termini di una forza che agisce su di essa. A questo stato fisico dello
spazio si dà il nome di campo elettrico: esso fa da tramite all’interazione fra A e
B e l’idea di una azione a distanza diviene superflua. Se poi B si muove, non è
necessario che A moduli il suo segnale per interagire secondo quanto previsto
dalla legge di Coulomb: i nuovi punti dello spazio dove B andrà a posizionarsi
sono già nello stato fisico che occorre.
Se invece un certo corpo viene
elettrizzato, nel momento in cui si venisse a trovare in una regione dello spazio
sede di un campo elettrico, questo risentirà immediatamente dell’effetto delle
altre cariche che sono all’origine del campo stesso, senza bisogno che venga
inviato loro alcun segnale informativo preliminare. Viceversa il campo
originato dal corpo appena elettrizzato impiegherà del tempo per conferire le
sue proprietà allo spazio circostante, sovrapponendosi agli altri campi esistenti.
In questo tipo di approccio quindi non esiste il problema dell’azione a distanza
perché è il campo ad esercitare la forza3.
Come possiamo definire operativamente il campo elettrico?
Una grandezza che si presta bene a descrivere la condizione fisica dello spazio
che è sede di un campo elettrico, è la forza che agisce su di una carica
puntiforme di valore pari all’unità di misura: nel caso del sistema
internazionale quindi una carica pari ad 1 C . Associamo quindi ad ogni punto
un vettore che abbia per intensità e verso quello della forza che agirebbe su di
una carica puntiforme, positiva, pari ad 1 C : questo vettore ci fornisce la forza
che agisce su ogni Coulomb di carica presente, per sapere quale forza agisce su
di una carica del valore di Q Coulomb, basterà quindi moltiplicarlo per Q .
In termini operativi, tuttavia, misurare, nel punto P dello spazio, direzione e verso
della forza che agisce su ogni Coulomb di carica, significa porre materialmente una
carica puntiforme di 1 C in P e misurare la forza su di essa. Tuttavia l’introduzione
di una nuova carica, specie se di valore non trascurabile, ha l’effetto di modificare la
distribuzione nello spazio delle altre cariche, e conseguentemente il valore del loro
campo nel punto P. Supponiamo, ad esempio, di voler misurare il campo elettrico
poco fuori ad un conduttore metallico carico. La presenza di una ulteriore carica di
1 C modifica la posizione delle cariche mobili sul conduttore (è il fenomeno noto
come induzione elettrica): in qualche modo il nostro processo di misura influisce su ciò
che si desidera misurare. Questo effetto di disturbo sarà tuttavia trascurabile quanto
più lo sarà l’azione della carica di misura rispetto alle altre: il problema è però che
una carica di 1 Coulomb è un valore abbastanza consistente. Allora converrà
prendere una carica che sia il più debole possibile, in modo da non disturbare la
configurazione, e misurare, anziché la forza su di una carica che vale 1, il rapporto
r
fra la l’intensità della forza F che si registra, e la carica di prova, molto piccola, q p
3
Questo comporta che, nelle interazioni non “a contatto”, vi sia il problema di una temporanea,
brevissima violazione del principio di azione e reazione. Come si vedrà, la soluzione è quella di
attribuire una certa quantità di moto al campo stesso e subordinare la terza legge di Newton rispetto
al principio di conservazione della quantità di moto.
3
r
che vi si è posta: F / q p . Infatti questo rapporto ha lo stesso valore numerico della
r
F
qp
Q
rˆ
r
F
Q
r
F/q p
rˆ
r
F/q p
qp
forza che agisce su di una carica che vale 1 C , ed è importante convincersi che esso
non dipende dalla carica q p che abbiamo scelto: lo si vede chiaramente nel caso semplice
del campo generato da una carica anch’essa puntiforme ma di valore Q . Dato che il
valore di q p figura anche nella legge di Coulomb, questo si semplifica:
r
F
1
=
qp
qp
æ Qq p
ççk
çè r 2
ö
Q
rˆ÷÷÷ = k 2 rˆ
÷ø
r
Il versore rˆ è per definizione uscente da Q , e per raffigurare la forza che agisce su
q p dobbiamo riferirci al suo rappresentante applicato dove si trova q p .
E cosa succede se cambiamo il valore della carica di prova oppure la prendiamo negativa?
E’ questo l’aspetto più efficace della nostra definizione operativa: se q p cambia di
r
valore o di segno, cambiano senz’altro sia l’intensità che la direzione della forza F
r
su di essa, ma non cambia il rapporto F / q p , che, come si vede dalla formula sopra,
rimane uguale a prima tanto in intensità quanto in direzione. Se anziché avere a che
fare con il campo generato da una carica puntiforme come Q abbiamo una
distribuzione estesa di cariche, possiamo senz’altro avvalerci dei ragionamenti qui
fatti, grazie al principio di sovrapposizione, pensando che su q p agiscono
congiuntamente tutte le cariche puntiformi da cui possiamo immaginare composta
la distribuzione estesa.
Cos’è quindi il campo elettrico?
Campo Elettrico
è il nome che si dà alla condizione fisica che si crea nello spazio in presenza di una
r
qualsiasi carica Q . Viene misurata attraverso una grandezza fisica vettoriale E
che fornisce la forza per unità di carica4:
r
r
F
Eº
qp
r
q
dove p è una qualunque carica di prova ed F la forza che agisce su di essa; il
r
valore di F / q p va inteso come misurato nel caso limite in cui q p è così debole da
r
non alterare la configurazione che origina F .
In quanto rapporto fra una forza ed una carica, l’intensità del vettore campo
elettrico si misura in Newton al Coulomb: N / C .
Esempio 1
-9
Una carica puntiforme di prova q p = 5.0 ´ 10 C viene posta in una regione dello
r
spazio dove sperimenta una forza F = (50.0 N; 75.0 N) . Quanto vale il campo
4
La presenza del segno “ ≡ ” nell’uguaglianza indica che non si stanno comparando dei valori
r
numerici , ma che si sta solamente dando un nome al rapporto F / q p . L’idea nuova è a destra
dell’uguale, non a sinistra!
4
elettrico in quel punto? Si dica se è possibile, ed ha senso, dedurre da questo dato
informazioni sulla distribuzione di carica che ha generato tale campo.
Esempio 2
Si osserva che una pallina di polistirolo di massa m = 30.0 g rimane sospesa in una
regione di spazio dove è presente un campo elettrico verticale, diretto in alto,
r
-3
d’intensità E = 5.50 ´ 10 N/ C . Quant’è la carica sulla pallina?
Esempio 3
Due cariche QA = 1.0 ´ 10-6 C e QB = -1.0 ´ 10-6 C sono poste rispettivamente
nei punti A(-1; 0) e B(1; 0) . Calcolare intensità, componenti x e y , direzione e
r
verso del campo elettrico E nel punto C (0;1)
C (0;1)
QA
A(-1; 0)
Calcoliamo le componenti lungo gli assi del campo dovuto a QA :
r
p
2 N
N
EAx =| EA | cos = 4.5 ´ 103 ´
= 3.2 ´ 103
4
2 C
C
r
p
2 N
N
EAy =| EA | sin = 4.5 ´ 103 ´
= 3.2 ´ 103
4
2 C
C
Per le componenti del campo dovuto a QB , prendendo il corretto angolo che
r
EB forma con le ascisse ( 7p / 4 ) si ottiene direttamente il segno:
r
æ7 ö
2 N
N
EBx =| EB | cos çç p ÷÷÷ = 4.5 ´ 103 ´
= 3.2 ´ 103
è4 ø
2 C
C
r
æ
ö
æ7 ö
2÷ N
N
÷
EBy =| EB | sin çç p ÷÷÷ = 4.5 ´ 103 ´ ççç= -3.2 ´ 103
è4 ø
çè 2 ø÷÷ C
C
(in alternativa si poteva usare p / 4 come angolo e mettere il segno
r
r
r
manualmente). Il risultante E = EA + EB
secondo la regola del
parallelogramma si ottiene sommando le componenti x ed y :
N
N
Ex = EAx + E Bx = (3.2 ´ 103 + 3.2 ´ 103 )
= 6.4 ´ 103
C
C
N
3
3 N
Ey = EAy + E By = (3.2 ´ 10 - 3.2 ´ 10 )
= 0.0
C
C
5
B(1; 0)
r
EA
Dalle coordinate dei punti si ha che A, B e C sono i vertici di un triangolo metà
di un quadrato. Di conseguenza nel punto C avremo:
r
Q
9.0 ´ 109 ´ 1.0 ´ 10-6 N
N
| EA |= k A2 =
= 4.5 ´ 103
2
C
C
AC
( 2)
r
| Q | 9.0 ´ 109 ´ 1.0 ´ 10-6 N
N
| EB |= k B 2 =
= 4.5 ´ 103
2
C
C
BC
( 2)
QB
r
r
E A + EB
C (0;1)
r
EB
p
4
QA
QB
r
EA
p
4
7
p
4
r
EB
e la direzione è quella parallela all’asse delle ascisse, il verso quello positivo,
r
come si desume dalla simmetria ed anche dal fatto che E forma con l’asse x un
æ Ey ö÷
r
angolo a tale che a = arctg ççç ÷÷ = arctg (0) = 0 . L’intensità di E vale invece:
çè Ex ø÷
r
N
| E |= Ex2 + Ey2 = 6.4 ´ 103
C
QA
3
QB
1
1
Esempio 4
3
Due
cariche
QA = 1.3 ´ 10-6 C
e
QB = -1.6 ´ 10-6 C
sono
poste
rispettivamente nei punti A(1; 3) e B( 3 ;1) . Calcolare intensità, componenti
x e y , direzione e verso del campo elettrico nell’origine e disegnarli.
Esempio 5
r
Nel punto P (1;1) si misura un campo E del valore di 6.0 ´ 103 N/C la cui
direzione orientata forma un angolo di 134° con l’asse delle ascisse. Sapendo
che nell’origine si trova una carica QA = -2.2 ´ 10-6 C , e sapendo che nel
punto (1; 0) si trova un’altra carica, incognita ma di valore positivo QB , se ne
r
E
134°
1
r
P (1;1)
calcoli il valore. Disegnare la direzione ed il verso del campo E dovuto a
ciascuna delle due cariche nel punto P .
r
EA
QA
Esempio 6
Se poniamo una carica in una regione sede di un campo elettrico, e se questa
carica è così piccola da non disturbare la configurazione esistente, essa si
muoverà per effetto delle forze elettriche che agiscono su di essa. Si può dire, in
generale, che la sua traiettoria seguirà le linee di campo? La risposta è sì solo nel
caso in cui le linee di campo siano rettilinee, altrimenti, se sono curve, (ad
esempio come nel caso del campo generato da due cariche poste a ad una certa
distanza), questo non è vero. Perché?
QB
1
QA
QB
1
1
1
3
Due sfere metalliche identiche, cariche con QA = 1.7 ´ 10-6 C la prima, e con
QB = -1.2 ´ 10-6 C la seconda, di dimensioni così piccole rispetto alle distanze
qui coinvolte da poter essere considerate puntiformi, si trovano nei punti
A(-1; 0) e B(3; 0) . Calcolare il valore del campo elettrico nel punto P (1; -1)
(intensità, componenti x , y , direzione e verso). Successivamente esse sono poste
P (1; -1)
QA
(-2;2)
Esempio 7
(2;1)
a contatto e poi riportate nelle loro posizioni originarie. Calcolare di nuovo il
valore del campo elettrico nel medesimo punto (1; -1) . Dopo ancora esse,
sempre successivamente al contatto, vengono scambiate di posto. Calcolare
ancora il valore del campo elettrico sempre in (1; -1) .
QB
QC
(-2; -1)
6
Esempio 8
Una carica di prova QA = 1.8 ´ 10-7 C viene posta nel punto A(-2;2) ed essa
subisce una forza di intensità 1.0 ´ 10-4 N . Sapendo che nel punto B(2;1) c’è
una carica positiva di valore incognito QB = Q , e che nel punto C(-2,-1) una
carica di valore QC = -2Q , si calcoli Q .
Esempio 9
Due
cariche
QA
QA = 0.50 ´ 10-6 C
rispettivamente nei punti A(- 3 / 2; 0)
e QB = 0.60 ´ 10-6 C
e
sono
poste
B(0;1/ 2) . Calcolare intensità
(0; 12 )
(- 3 ; 0)
2
O
QB
C
( 3 ; 0)
2
direzione e verso del campo elettrico nel punto C ( 3 / 2; 0) . Calcolare inoltre la
forza da esse esercitata su di un nucleo 5 di elio 42 He posto in C. Dire quale
accelerazione acquista il nucleo di elio per effetto di tale forza.
r
E
2. Linee di campo
Un modo efficace di rappresentare il campo elettrico è attraverso delle linee
orientate, dette linee di campo (o anche linee di forza). La direzione ed il verso delle
linee sono quelle del campo elettrico; l’intensità è espressa invece dalla densità delle
linee: più queste sono fitte, maggiore è il campo elettrico. Più nel dettaglio:
1) La linea di campo è una linea orientata, e la sua direzione è tale che in ogni suo
r
punto il vettore E sia ad essa tangente ed equiverso.
2) Più sono vicine più intenso è il campo. A tal proposito si usa il criterio di
Faraday: presa una superficie che in ogni punto sia attraversata
perpendicolarmente dalle linee di campo, si assume che quanto più sono
numerose le linee che passano attraverso tale superficie, tanto più intenso è il
campo elettrico in quella regione.
3) Le linee di campo hanno verso uscente da una carica positiva (coerentemente
col fatto che devono respingere cariche positive), entrante se è negativa (in
modo che l’azione su cariche positive risulti attrattiva). Nascono nelle cariche
positive (o dall’infinito) e terminano nelle cariche negative (o all’infinito) 6.
5
Per un elemento X la scrittura AZ X indica in alto a sinistra la massa atomica (o numero di massa), ed
in basso a sinistra il numero atomico, cioè la carica (positiva) del nucleo. Il nucleo di 42 He ha quindi
massa atomica 4 e numero atomico 2.
6
Lontano dalle sorgenti le linee di forza del campo elettrico sono linee aperte: percorrendole sempre
nello stesso verso non si ritornerebbe mai al punto di partenza
7
intenso
debole
r
E?
4) Le linee di campo non si intersecano mai perché se così fosse vi sarebbe una
ambiguità sulla tangente nel punto di intersezione.
r
E?
Vediamo di seguito la rappresentazione del campo elettrico generato da una coppia
di cariche positive e da un dipolo, cioè una coppia di cariche uguali di segno
opposto. Come si vede le linee si infittiscono in prossimità della carica, dove il
campo si fa più intenso.
Esempio 10
Con riferimento alla figura si calcoli il valore della carica negativa supponendo
noto quello della carica positiva q2 .
q2
q1
J
r
T
In q1 entrano 8 linee di forza, mentre da q2 ne escono 14 . Quindi l’intensità
14
7
=
del campo elettrico originato da q2 deve essere maggiore di un fattore
8
4
di quello originato da q1 . Nello stesso rapporto, con segno invertito, sono i
4
valori delle due cariche: q1 = - q2
7
Esempio 11
Come vedremo, per ottenere un campo elettrico costante in intensità e
direzione, le cui linee di forza siano lungo rette parallele occorre prendere un
sistema di due strati piani infiniti, carichi uniformemente di segno opposto,
sistema detto condensatore piano. Si calcoli l’angolo J e la tensione del filo a
cui è appesa una pallina di massa m e carica q > 0 che si trovi in equilibrio nel
condensatore piano in figura.
r
qE
r
mg
Applichiamo il secondo principio della dinamica.
Direzione orizzontale: qE - T sin J = max = 0
Þ
T cos J - mg = may = 0
Þ
Direzione verticale:
Uguagliando i risultati si ottiene:
8
qE
sin J
mg
T=
cos J
T =
qE
mg
=
sin J
cos J
Þ
tan J =
e ricordando che sin J =
qE
mg
Þ
± tan J
2
1 + tan J
æ qE ö÷
÷
J = arctan çç
çè mg ø÷÷
, cos J =
±1
2
1 + tan J
si ottiene:
æ qE ö÷2
÷ = (mg )2 + (qE )2
T = mg 1 + çç
çè mg ø÷÷
Una successione di due condensatori piani, orientati perpendicolarmente, trova
applicazione nel tubo catodico dei vecchi televisori per deflettere i fasci di
elettroni emessi dal filamento che colpiscono i pixel rossi, verdi e blu. Stessa
tecnica nelle stampanti a getto d’inchiostro dove le goccioline d’inchiostro sono
caricate elettricamente e poi guidate sul punto desiderato della pagina
cambiando il valore del campo elettrico dei condensatori.
9
3. Il campo elettrico nei conduttori
Poniamo che il conduttore, lontano da altre sorgenti di campo elettrico,
contenga un eccesso di cariche positive o negative: la densità media di carica non
sarà zero come nel caso in cui è neutro, tuttavia, dopo una fase temporanea in
cui si assiste ad una loro ri-sistemazione per effetto della reciproca interazione,
il conduttore si porterà in una condizione stabile detta equilibrio elettrostatico. La
configurazione in cui queste cariche in eccesso si dispongono è intuitiva:
essendo il movimento libero, la repulsione fa si che esse si allontanino quanto
più è loro consentito e quindi andranno a posizionarsi entro uno strato
superficiale profondo pochi diametri atomici.
?
r
E
r
Et
r
En
Quanto vale il campo elettrico all’interno di un conduttore carico?
Come abbiamo visto, le cariche in eccesso su di un conduttore si muovono
finché non raggiungono una configurazione di equilibrio. In equilibrio
elettrostatico non c’è movimento d’insieme delle cariche, quindi entro il
conduttore il campo elettrico deve essere zero, altrimenti le cariche mobili all’interno
si sposterebbero e la configurazione non sarebbe stabile nel tempo.
Come è orientato il campo elettrico sulla superficie di un conduttore carico?
r
Si potrebbe erroneamente supporre che E possa essere orientato in qualunque
r
modo, e che abbia una componente tangenziale Et rispetto alla superficie, ed
r
r
r
r
una normale En , in modo che risulti E = Et + En . Tuttavia, la condizione di
r
E
equilibrio porta a concludere che la componente tangenziale deve essere nulla.
In caso contrario, infatti, gli elettroni di conduzione sarebbero sottoposti ad un
campo elettrico medio non nullo su una scala più grande di quella atomica, in
grado di produrre un moto ordinato d’insieme. Si avrebbe così uno scorrimento
degli elettroni di conduzione parallelamente alla superficie, cosa non
compatibile con lo stato di equilibrio che abbiamo supposto. Il campo elettrico
sulla superficie del conduttore avrà pertanto direzione normale. Un eccesso di carica
positivo produce un verso del campo uscente uscente dal conduttore, in modo
da respingere cariche positive ed attrarre cariche negative; un eccesso di carica
negativa produce un verso entrante del campo, coerentemente col fatto che
deve attrarre cariche positive e respigere cariche negative.
r r
E=0
r r
E =0
Quanto vale il campo elettrico in una cavità all’interno di un conduttore?
Immaginiamo un conduttore carico in equilibrio, con dentro un tarlo metallico
che vada man mano divorando l’interno del conduttore stesso. Come si è visto,
in condizioni di equilibrio, tale regione è neutra e pertanto il nostro tarlo può
mangiarne a piacimento senza che si violi la legge di conservazione della carica.
Ma la sua neutralità comporta anche che essa non contribuisce al campo che
complessivamente generano le cariche poste sul conduttore, e, pertanto, la sua
10
r
rimozione non può alterare il valore di E . Il campo elettrico, quindi, continuerà
ad essere nullo anche nelle regioni vuote che il tarlo va scavando, così come era
nullo quando esse erano riempite di materiale metallico.
Cosa succede in prossimità delle punte di un conduttore?
Un conduttore irregolare può presentare delle regioni “a punta”: si dice che in
tali zone il raggio di curvatura è maggiore, (il raggio R della sfera che localmente
vi combacia). Se il conduttore viene caricato, il campo nelle regioni a punta è più
intenso: graficamente lo rappresenteremo con linee più fitte. Ci si può
convincere di questa maggiore intensità analizzando le forze agenti su di un
qualunque elettrone dello strato superficiale di un conduttore carico, ad
esempio negativamente. Perché l’elettrone resti in equilibrio è necessario che
lungo la superficie venga spinto con uguale intensità verso destra come verso
sinistra. Visto che la forza di Coulomb diminuisce in modo inversamente
proporzionale al quadrato della distanza, gli elettroni in eccesso saranno in
equilibrio elettrostatico quando è massima la distanza reciproca: su di una
superficie con curvatura che non cambia questo significa che essi si disporranno
equispaziati gli uni dagli altri. Ma se la curvatura lungo la superficie cambia, il
raggiungimento dell’equilibrio comporta una maggiore concentrazione degli
elettroni in eccesso nella punte, e quindi una spaziatura non costante.
Consideriamo, sull’elettrone A in figura, la repulsione di due elettroni vicini B e
C aventi la stessa distanza da esso, però con C dalla parte in cui la superficie
forma una punta. L’intensità della repulsione è uguale nei due casi, tuttavia A e
r
B occupano una regione piatta del conduttore e quindi la forza FAB , diretta
lungo la congiungente le particelle, spinge quasi interamente lungo la
superficie. La forza repulsiva che proviene da C è sempre diretta lungo la
congiungente, che ora però attraversa il conduttore. Al contrario di prima, a
r
causa della curvatura, FAC non è più parallela al bordo del conduttore e la sua
r
componente lungo la superficie è quindi minore di quella di FAB . Per rendere
r
uguali le due spinte lungo la superficie dobbiamo aumentare l’intensità di FAC .
Questo si ha se gli elettroni A e C si dispongono più vicini di quanto non siano
A e B. Quindi la componente di forza parallela alla superficie costringe gli
elettroni in eccesso a concentrarsi nelle punte finché le repulsioni non si
bilanciano e si raggiunge l’equilibrio.
Allora il campo elettrico è più intenso in prossimità della punte?
Il campo in prossimità della superficie di un conduttore è più intenso in
prossimità delle regioni che possono essere approssimate con sfere di raggio
più piccolo. Con ragionamenti analoghi a sopra, si può dimostrare che dove la
concavità volge all’esterno, il campo, invece, è tanto maggiore quanto più grande è
il raggio della sfera, (in questo caso, esterna). Riassumendo:
11
piccolo R di
curvatura
grande R di
curvatura
R di curvatura
negativo
r
FAC
B
n̂
C
r
E
r
FAB
Il campo elettrico generato da un conduttore carico:
1. è nullo nelle regioni interne e nelle cavità;
2. è perpendicolare alla superficie;
3. è tanto più intenso quanto più la regione risulta “appuntita”.
Cosa si intende per “potere delle punte”?
L’elevato valore del campo elettrico in prossimità delle regioni appuntite, è il
principio per cui un parafulmine, oppure un albero isolato su di una collina,
costituiscono una via preferenziale verso terra per le scariche elettriche che
accompagnano un temporale. Le nubi, che si caricano tramite un processo
alquanto complesso7, producono, per induzione (oppure polarizzazione), una
localizzazione di carica positiva sulla superficie terrestre. Rispetto al suolo,
parafulmini o cime di alberi possono essere schematizzate come delle punte
che si ergono sopra ad una regione piatta8. Per effetto dell’elevato campo in
prossimità di una punta carica, gli ioni liberi di entrambi i segni, sempre
presenti in aria, accelerano, causando una sorta di effetto valanga per cui essi
urtando altre particelle neutre le ionizzano a loro volta. In questo modo
vengono attratti dal conduttore gli ioni che hanno segno opposto al suo, e lo
vanno progressivamente scaricando. Contemporaneamente, gli ioni dello stesso
segno del conduttore vanno creando una sorta di vento d’aria ionizzata, ben
visibile se si pone la punta vicino alla fiamma di una candela, che si piegherà da
un lato fino a spegnersi del tutto.
r r
E=0
E
D
C
Esempio 12
Supponendo che il conduttore avente la forma qui a lato sia carico, si descriva
l’intensità (relativa) del campo elettrico nelle regioni A,B,C,D,E,F associando a
ciascuna un aggettivo fra i seguenti: nulla, debole, media, forte.
E
F
Cosa succede ad un conduttore neutro posto in un campo elettrico?
Un campo elettrico induce cariche di segno opposto sulle facce di un
conduttore. Se infatti è presente un campo elettrico esterno, anche se il
conduttore è neutro, durante una prima fase transitoria le cariche libere di
muoversi andranno a disporsi sulla superficie. Quando si sarà raggiunto
l’equilibrio elettrostatico, il campo da esse generato annullerà quello esterno
sovrapponendosi ad esso nella regione occupata dal conduttore. Affinché ciò
accada dovremo però avere cariche di segno diverso sullo strato superficiale del
conduttore, come si vede in figura.
A
B
7
Nelle nubi si ha separazione di carica (positiva in alto e negativa in basso, a 3-4 km da terra) per
effetto del campo elettrico terrestre (circa 20 N/C verso il basso) e della differente interazione delle
gocce d’acqua con gli ioni lenti positivi e negativi, che sono sempre presenti nell’atmosfera.
8
Il fenomeno del fulmine, decisamente vario e complesso, comporta una prima scarica guida in cui le
particelle negative sulla nube, scendendo, vanno costruendo una sorta di filo conduttore nell’aria.
Attraverso di esso passa la cosiddetta scarica di ritorno, per cui, a partire dalle particelle cariche nella
parte più vicina a terra, si ha una violenta discesa verso il basso che, lasciando sopra di essa tratti
carichi positivamente auto alimenta il processo. L’intesa emissione luminosa che accompagna la
scarica parte quindi dal basso verso l’alto, ed un fulmine scarica a terra: mediamente 20 C.
12
[R: E nulla, A-D debole, C-F media, E-B forte]
Esempio 13
Considerati i punti A,B,C,D,E,F,G,H del conduttore cavo e carico qui a lato, si
mettano in ordine di intensità i rispettivi campi elettrici.
[R: E-F,H,G,C,D,B,A(vedi in fondo)]
Esempio 14
Si provino a disegnare le linee di campo per la coppia di conduttori carichi di
segno opposto qui raffigurata,
[R: vedi in fondo]
C
H
A
D
F
G
B
E
4. Flusso e teorema di Gauss
Come abbiamo visto, il criterio di Faraday prevede una rappresentazione del
campo elettrico tramite linee tanto più ravvicinate quanto più il campo è intenso.
L’intensità relativa del campo in un punto viene quindi individuata per mezzo del
numero di linee che attraversano una superfice piana perpendicolare al campo in
quel punto. Ci proponiamo ora di quantificare questo, cioè vogliamo costruire una
grandezza fisica che misuri quanto una superficie viene attraversata dalle linee di campo,
iniziando dal caso elementare di una superficie piana.
Quale direzione individua una superficie piana?
Per una porzione di superficie che sia piana, disposta nello spazio, c’è una sola
direzione che risulta individuata in modo univoco ed è quella della
perpendicolare alla superficie stessa. Se lungo tale direzione scegliamo come
positiva una delle due possibili orientazioni uscenti, è possibile associare ad
ogni superficie piana un vettore di modulo 1 . Tale vettore unitario, i cui
rappresentanti saranno quindi perpendicolari alla superficie ed uscenti da essa
nel verso scelto come positivo, viene detto versore normale e si indica con il
simbolo n̂ : nelle figure ne vediamo qualche esempio. La prima delle superfici
illustrate è una porzione di piano: l’orientazione che si è scelta come positiva
per la normale è quella che viene verso di noi. Le altre due sono esempi di
superfici che vengono dette chiuse. Esse hanno la proprietà di separare lo
spazio in due regioni, una interna ed una esterna, in modo tale che per passare
da una all’altra sia necessario perforare la superficie e scavalcarla. Inoltre, a
differenza delle superfici aperte, non sono delimitate da alcuna linea di
contorno. Nei semplici casi considerati, le facce di tali superfici chiuse sono
tutte porzioni di piano, e convenzionalmente si assume come direzione
positiva per la normale quella che va dalla regione interna verso l’esterno.
13
n̂
n̂ 3
n̂
n̂2
n̂1
n̂ 4
n̂ 3
n̂1
n̂2
n̂ 4
Come si può usare il versore normale per la grandezza che vogliamo costruire?
Se la superficie si trova in una regione dello spazio sede di un campo elettrico,
è possibile sfruttare il versore normale per avere una misura di quanto le linee
di campo attraversano la superficie. Prendiamo il caso semplice di un campo
costante sia in direzione che in intensità: una superficie piana è ovviamente
r
attraversata da tate più linee di E quanto più è estesa, cioè in maniera
proporzionale alla sua area DS . A parità di estensione però, il numero di linee di
campo che tagliano la superficie è tanto maggiore quanto più l’angolo a fra il
campo vettoriale in quel punto ed il versore normale alla superficie si avvicina a
zero, e tanto minore quanto più l’angolo si avvicina a 90° . Il massimo
attraversamento si ha per a = 0° , quando cioè la superficie è disposta
perpendicolarmente alle linee di campo, viceversa, quando la superficie è
disposta di taglio, parallelamente alle linee di campo ed a = 90° , essa non
viene intercettata da nessuna linea.
r
E
n̂
a
n̂
a = 0°
y
y = cos a
0°
90°
a
n̂
r
E
a = 90°
Qual è dunque un modo di costruire la grandezza cercata?
Una grandezza fisica che ci dia la misura di quanto le linee di un campo
r
elettrico E intercettino una superficie piana nello spazio, deve quindi essere
proporzionale sia alla sua area DS , sia al coseno dell’angolo a fra il versore
normale n̂ ed il campo. Infatti il cos a ha la proprietà che ci occorre, cioè di
r
valere zero quando n̂ è perpendicolare a E , e di crescere fino ad un valore
r
massimo quando n̂ è parallelo a E . Inoltre, poiché quanto più sono fitte le
r
linee di campo nello spazio, tanto maggiore è l’intensità E , la nostra
r
E . Abbiamo così che la
grandezza dev’essere proporzionale anche ad
quantità cercata dev’essere contemporaneamente proporzionale a DS , a cos a
r
ed a E , cioè proporzionale al loro prodotto:
r
E DS cos a
14
Tale prodotto risponde ai requisiti richiesti e quindi lo utilizzeremo per lo scopo
prefissato di misurare quanto le linee di campo attraversano una superficie: ad
r
esso si dà il nome di flusso del campo E attraverso la superficie piana DS .
Come si procede per il calcolo del flusso se la superficie non è piana?
Nel caso più generale avremo a che fare sia con superfici non piane sia con
campi elettrici aventi direzione ed intensità non costanti: esprimere il flusso
corrispondente risulta complesso. Una via possibile per effettuare il calcolo per
superficie curva, come quella in figura, è quella di immaginarla divisa in tanti
quadretti così piccoli, rispetto alla scala di grandezza cui siamo interessati, da
far si che essi possano sembrarci delle porzioni di piano. A ciascun quadretto
potremo assegnare un versore normale, e poi portare a termine il calcolo del
flusso complessivo sommando i flussi elementari attraverso ciascun quadretto.
r
Se con l’indice i contrassegniamo i valori E ed ai relativi a ciascuna delle
r
n̂
porzioni elementari di superficie DSi (a significare che variano spostandosi
r
sopra S ) il flusso di E attraverso S sarà:
i
i
n̂
r
E
i
å DS
a
n̂ E
r
Ei cos ai
r
Il flusso del campo E attraverso S si indica in maniera compatta attraverso la
r
lettera greca phi: fS (E ) . Le sue unità di misura si ricavano essere quelle di una
superficie moltilicata per un campo elettrico, dato che il coseno è un numero
puro, quindi: [f ] = N × m 2 × C .
a2
n̂1
a1
Quale segno ha il flusso attraverso superfici chiuse?
Per quanto riguarda le superfici chiuse, in base alla convenzione fissata all’inizio del r
E1
paragrafo, per cui la direzione positiva del versore normale è quella uscente,
r
avremo che il flusso di E sarà positivo per le linee di campo che escono dal volume
racchiuso, in quanto (vedi figura) 0° < a1 < 90° , quindi cos a > 0 , e negativo per
quelle che vi entrano, dato che in tal caso 90° < a2 < 180° , quindi cos a < 0 .
Esempio 15
Calcolare il flusso di un campo elettrico costante in direzione ed intensità, di
r
3N
modulo E = 2.0 ´ 10
, attraverso una superficie piana quadrata, di lato
C
l = 5.0 m , il cui versore normale forma un angolo di 60° con le linee di campo.
r
ur
f(E ) = DS E cos 60° = 25 m2
(
)æçççè2.0 ´103 NC öø÷÷÷ 21 = 25 ´103 Nm
C
15
2
n̂2
r
E2
n̂
60°
r
E
Esiste una via per semplificare il calcolo del flusso di un campo elettrico?
r
La legge di Coulomb, che esprime la dipendenza del campo E di una carica
puntiforme dall’inverso del quadrato della distanza dalla carica, può essere
r
enunciata tramite una proprietà del flusso di E attraverso una superficie chiusa :
Teorema di Gauss
r
r
Il flusso fS (E ) del campo elettrico E di una distribuzione di cariche q1 , q2 ,
…, qn attraverso una qualunque superficie chiusa S , è dato dalla somma
delle cariche interne ad S , divisa per ò0 , cioè:
r
fS (E ) =
åQ
interne
i
ò0
Questo risultato permette notevoli semplificazioni nei calcoli del flusso
attraverso una superficie chiusa, come si vede nell’esempio che segue.
q1
S4
q3
S1
S2
q4
q2
S3
r
E
Esempio 16
Data la distribuzione di cariche a lato vogliamo calcolare il flusso del campo
elettrico attraverso le quattro superfici S1 , S2 , S 3 , S 4 . Si assumano i valori
q1 = q 3 = 0.30 mC , q = -2.0 ´ 10-6 C , q 4 = -1.0 mC .
3
Applicando il teorema di Gauss si dovranno considerare le sole cariche interne
a ciascuna superficie:
2
r
q
-2.0 ´ 10-6 C
6 Nm
fS 1 (E ) = 3 =
=
0.23
´
10
ò0
C
8.85 ´ 10-12 C2/Nm2
6
6
2
r
q + q4
0.30 ´ 10 C - 1.0 ´ 10 C
6 Nm
fS 2 (E ) = 2
=
=
0.079
´
10
ò0
C
8.85 ´ 10-12 C2/Nm2
2
-6
2
r
r
q2
0
Nm
0.30 ´ 10 C
6 Nm
fS 4 (E ) =
=0
=
=
0.034
´
10
; fS 3 (E ) =
.
ò0
C
ò0
C
8.85 ´ 10-12 C2/Nm2
Come si dimostra il teorema di Gauss?
Dimostreremo il teorema solo nel caso semplificato in cui si abbia una carica
puntiforme Q e si voglia calcolare il flusso del campo elettrico attraverso una
sfera centrata in Q . Suddividiamo la superficie in quadretti piani: il versore
normale risulterà avere direzione radiale. In tale modo cos ai = 1 per ciascuno
r dei termini della sommatoria che figurano nell’espressione del flusso, da cui:
E
n̂
Q
ur
fsfera (E ) =
å DS
i
i
r
Ei cos ai =
å DS
i
i
1 Q
4pò0 0 r 2
avendo sostituito al modulo del campo elettrico la sua espressione
r
1 Q
Ei =
che non dipende dalla particolare porzione di superficie sferica
4pe0 0 r 2
16
DSi ma solo dal raggio della sfera. Raccogliendo a fattor comune i termini che
non dipendono dall’indice della sommatoria, e ricordando che la superficie di
una sfera di raggio r vale
å DS
ur
fsfera (E ) =
1 Q
4pò0 0 r 2
i
i
= 4pr 2 , otteniamo:
å DS
i
i
=
1 Q
Q
4pr 2 =
2
4p ò0 0 r
ò0
che è proprio quanto afferma il teorema di Gauss, dato che l’unica carica interna
alla sfera è la carica Q .
Quale validità generale ha il teorema di Gauss?
Anche nel caso generale, la dimostrazione del teorema di Gauss sfrutta
r
solamente il fatto che il campo E dipende dall’inverso del quadrato della
distanza dalla sua sorgente puntiforme. Pertanto esso rappresenta una
proprietà valida per tutti i campi radiali con intensità proporzionale a 1/r 2 ,
anche quelli che non hanno simmetria sferica9.
9
r
In particolare il teorema di Gauss si applica al campo gravitazionale g = (-GM / r 2 )rˆ , formalmente
r
identico ad E , dove però il ruolo di 1/ 4pò0 viene occupato da - G e quello delle cariche dalla
r
massa. Da un semplice raffronto si ha allora: fS (g ) = -4pG
17
åM
interne
i
.
Soluzioni
QA
p
3
r
EB
QB
p/6
r
r
E A + EB
r
EA
r
EA
4
p
3
r
EB
p
6
Esempio 4
Dalle coordinate dei punti si ha che A e B sono individuati da segmenti che
p
p
formano angoli rispettivamente di
e
come in figura. Di conseguenza
3
6
nell’origine avremo:
r
Q
9.0 ´ 109 ´ 1.3 ´ 10-6 N
N
| EA |= k A2 =
= 2.9 ´ 103
2
2
C
C
OA
1 + 3
(
)
(
)
r
| Q | 9.0 ´ 109 ´ 1.6 ´ 10-6 N
N
| EB |= k B2 =
= 3.6 ´ 103
2
2
C
C
OB
3 +1
Calcoliamo le componenti lungo gli assi del campo dovuto
ad A nell’origine:
r
æ4 ö
æ 1ö N
N
EAx =| EA | cos çç p ÷÷÷ = 2.9 ´ 103 ´ çç- ÷÷÷
= -1.5 ´ 103
è3 ø
è 2ø C
C
r
æ
ö
æ4 ö
3÷ N
N
÷
EAy =| EA | sin çç p ÷÷÷ = 2.9 ´ 103 ´ ççç= -2.5 ´ 103
è3 ø
çè 2 ø÷÷ C
C
e del campo dovuto a B nell’origine:
r
æ 3ö N
æpö
N
EBx =| EB | cos çç ÷÷÷ = 3.6 ´ 103 ´ ççç ÷÷÷
= 3.1 ´ 103
è6ø
C
èç 2 ÷ø C
r
æ1ö N
æpö
N
EBy =| EB | sin çç ÷÷÷ = 3.6 ´ 103 ´ çç ÷÷÷
= 1.8 ´ 103
è6ø
è2ø C
C
r
r
r
il risultante E = EA + EB secondo la regola del parallelogramma si ottiene
sommando le componenti x ed y :
N
N
Ex = EAx + EBx = (-1.5 ´ 103 + 3.1 ´ 103 )
= 1.6 ´ 103
C
C
3
3 N
3 N
Ey = EAy + EBy = (-2.5 ´ 10 + 1.8 ´ 10 )
= -0.7 ´ 10
C
C
r
e la direzione è quella per cui E forma con l’asse x un angolo a tale che:
æ -0.7 ´ 103 ö÷
æ Ey ö
÷ = arctg(-0.44) = -23.6°
a = arctg ççç ÷÷÷ = arctg ççç
çè Ex ÷ø
çè 1.6 ´ 103 ø÷÷
r
L’intensità di E vale invece:
r
2
2 N
N
| E |= Ex2 + Ey2 = (1.6 ´ 103 ) + (-0.7 ´ 103 )
= 1.7 ´ 103
.
C
C
Esempio 5
r
Ricaviamo le componenti x ed y del campo E :
20
r
N
N
Ex =| E | cos(134°) = 6.0 ´ 103 ´ (-0.69)
= -4.2 ´ 103
C
C
r
N
N
Ey =| E | sin(134°) = 6.0 ´ 103 ´ (0.72)
= 4.3 ´ 103
C
C
r
r
r
Dato che E = EA + EB , per differenza possiamo calcolare le componenti x ed y
del campo dovuto alla carica incognita QB . E’ sufficiente fare il conto nella
r
EB
r
E
134°
direzione verticale:
r
5
EBy = Ey - E Ay = Ey - | EA | sin p
4
ed essendo:
r
| Q | 9.0 ´ 109 ´ 2.2 ´ 10-6 N
N
| EA |= k A2 =
= 9.9 ´ 103
2
C
C
OP
( 2)
si ha:
P (1;1)
r
EA
QA
r
æ
5
2 ö÷ N
N
÷÷
EBy = Ey - | EA | sin p = 4.3 ´ 103 - 9.9 ´ 103 ´ ççç= 1.1 ´ 104
÷
çè 2 ø C
4
C
r
e poiché come si vede dal disegno il campo EB è tutto verticale, basta
confrontare il valore trovato con la formula di Coulomb per avere QB :
r
| Q | 9.0 ´ 109QB
N
1.1 ´ 104
= EBy =| EB |= k B2 =
C
12
OB
5
p
4
r
EA
da cui:
1.1 ´ 104
QB =
C = 1.2 ´ 10-6 C
9.0 ´ 109
Esempio 6
Le linee di forza indicano una curva alla quale il campo elettrico è tangente e
contengono informazioni sul valore del campo punto per punto. Quindi ad una
carica posta in una regione dove vi sia un campo verrà impressa una spinta
nella direzione della tangente alla linea di forza e si muoverà, in generale,
tagliando le linee di forza contigue. Perché essa si possa spostare lungo un
percorso curvo che segua il tracciato delle linee di forza occorrerebbe una forza
che sia in parte centripeta, che abbia cioè una componente perpendicolare alla
traiettoria. Il che è impossibile proprio per la definizione che si è data di linea di
forza. Nel particolare caso del campo di una carica puntiforme, si ha la
coincidenza per cui la linea di forza e la sua tangente coincidono (lo stesso
avviene anche in altri casi, ad esempio uno strato piano uniformemente carico).
Pertanto, la traiettoria di una carica si sviluppa lungo le linee di forza, ma si
tratta, lo ripetiamo, di una coincidenza.
Esempio 7
r
Il campo EA nel punto P è individuato da un vettore che forma con l’asse delle
ˆ . Abbiamo
ascisse un angolo uguale ad HAP
21
QB
QA
QB
H
r
EB
r
E
P (1; -1)
r
EA
æ 1ö
arctan çç- ÷÷÷
è 2ø
æ
ö
ˆ = arctan çç -PH ÷÷ = arctan æç- 1 ÷÷ö = -26.6°
HAP
ççè HA ÷÷ø
çè 2 ÷ø
e la sua intensità vale:
r
| Q | 9.0 ´ 109 ´ 1.7 ´ 10-6 N
N
| EA |= k A2 =
= 3.1 ´ 103
2
C
C
AP
22 + 12
r
mentre EB nel punto P è individuato da un vettore che forma con l’asse delle
(
r
EB
)
ascisse un angolo uguale a:
æ
ö
ˆ = arctan çç HP ÷÷ = arctan æç 1 ö÷÷ = 26.6°
PBH
çè ø÷
ççè HB ø÷÷
2
æ1ö
arctan çç ÷÷÷
è2ø
e la sua intensità vale:
r
| Q | 9.0 ´ 109 ´ 1.2 ´ 10-6 N
N
| EB |= k B2 =
= 2.2 ´ 103
2
C
C
2
2
BP
2 +1
r
Ricaviamo le componenti x ed y del campo E :
r
r
Ex =| EA | cos(-26.6°)+ | EB | cos(26.6°) =
(
)
N
N
= (3.1 ´ 103 ´ 0.89 + 2.2 ´ 103 ´ 0.89)
= 4.7 ´ 103
C
C
r
r
Ey =| EA | sin(-26.6°)+ | EB | sin(26.6°) =
= [3.1 ´ 103 ´ (-0.45) + 2.2 ´ 103 ´ 0.45]
QA
r
EB
QB
H
P (1; -1)
r
E
r
EA
ed il suo modulo:
r
| E |= Ex2 + Ey2 =
(4.7 ´103 )
N
N
= -0.41 ´ 103
C
C
+ (-0.41 ´ 103 )
N
N
= 4.7 ´ 103
C
C
Dopo il contatto le due sfere saranno cariche ciascuna con:
æQ + QB ö÷ 1.7 ´ 10-6 - 1.2 ´ 10-6
Q = ççç A
C = 0.25 ´ 10-6 C
÷=
è
ø÷
2
2
avremo quindi:
r
| Q | 9.0 ´ 109 ´ 0.25 ´ 10-6 N
N
| EA | = k A2 =
= 0.45 ´ 103
2
C
C
2
2
AP
2 +1
r
che è anche il valore di EB | dato che AP = PB .
2
(
2
)
Risulta ora:
r
r
Ex =| EA | cos(-26.6°)+ | EB | cos(180° + 26.6°) =
N
N
= [0.45 ´ 103 ´ 0.89 + 0.45 ´ 103 ´ (-0.89)]
= 0.00
C
C
r
r
Ey =| EA | sin(-26.6°)+ | EB | sin(180° + 26.6°) =
= [0.45 ´ 103 ´ (-0.45) + 0.45 ´ 103 ´ (-0.45)]
22
N
N
= -0.40 ´ 103
C
C
Il campo risultante è pertanto verticale verso il basso e la sua intensità vale
N
0.40 ´ 103
. Questo valore ovviamente non muta invertendo la posizione
C
delle cariche, dato che esse sono uguali.
Esempio 8
r
Nel punto A si ha l’influenza del campo EC , diretto verticalmente in basso, e
r
del campo EB che forma l’angolo aB con l’asse delle ascisse. Per ricavare le
funzioni trigonometriche di
del quale possiamo ricavare
trigonometriche di aB ci serviamo del suo complementare a
coseno valgono:
lunghezza cateto opposto ad a
2 -1
sin a =
=
=
lunghezza ipotenusa
(-2 - 2)2 + (2 - 1)2
cos a =
lunghezza cateto adiacente ad a
lunghezza ipotenusa
=
| -2 - 2 |
2
2
(-2 - 2) + (2 - 1)
=
le funzioni
il cui seno e
1
17
4
17
ed essendo aB = p - a abbiamo:
4
1
cos aB = - cos a = e sin aB = sin a =
.
17
17
Calcoliamo quindi il campo risultante in A, mantenendo indicato il valore di Q.
Prima le intensità:
r
Q
9.0 ´ 109Q
9.0
| EB |= k
=
=
´ 109Q
2
2
17
BA
(-2 - 2)2 + (2 - 1)
(
r
| -2Q |
| EC |= k
=
2
CA
(
18 ´ 109Q
2
(2 + 1) + 0
)
)
2
= 2.0 ´ 109Q
quindi le componenti lungo gli assi e la loro somma:
r
r
æ
9.0
4 ÷ö
N
Ex =| EB | cos aB + | EC | cos aC =
´ 109Q ´ çç=
÷ + 2.0 ´ 109Q ´ (0)
çè
17
17 ÷ø
C
36
=´ 109Q
17 17
r
r
9.0
1
Ey =| EB | sin aB + | EC | sin aC =
´ 109Q ´
+ 2.0 ´ 109Q ´ (-1.0) =
17
17
æ 9.0
ö
= çç
- 2.0÷÷÷ ´ 109Q
çè 17 17
ø
l’intensità del campo risultante sarà allora:
r
ö2
æ
ö2 ææ 9.0
ö
36
| E |= Ex2 + Ey2 = çç´ 109Q ÷÷÷ + çççç
- 2.0÷÷÷ ´ 109Q ÷÷÷ = 1.9 ´ 109Q
çèèç 17 17
èç 17 17
ø
ø
ø÷
Moltiplicando il valore di del campo nel punto A così ottenuto per la carica
QA = 1.8 ´ 10-7 C ivi posizionata otteniamo la forza che QA subisce:
23
r
EB
QA
(-2; 2)
(2;1)
r
E
r
EC
QC
QB
(-2; -1)
A(-2;2)
B(2;1)
a
r
EB
a
aB
r
r
| FA |= QA | E |= 1.9 ´ 109Q × QA = 10-4 N
ed invertendo si ottiene infine:
10-4
Q=
C = 0.29 ´ 10-6 C
-7
1.8 ´ 10 ´ 109 ´ 1.9
QA
(0; 21 )
(- 23 ; 0)
O
QB
r
EA
C
( 23 ; 0)
r
EB
r
E
Esempio 9
Dallle coordinate dei punti si ricava che OCB è la metà di un triangolo equilatero e
ˆ = p , che è anche uguale all’angolo fra Er ed Er . Abbiamo:
pertanto OCB
A
B
6
9
-6
r
| Q | 9.0 ´ 10 ´ 0.50 ´ 10
N
N
| EA |= k A2 =
= 1.5 ´ 103
2
C
C
AC
(- 3 / 2 - 3 / 2)
r
| Q | 9.0 ´ 109 ´ 0.60 ´ 10-6 N
N
| EB |= k B 2 =
= 5.4 ´ 103
2
2
C
C
AC
(1/ 2) + ( 3 / 2)
Sommando le componenti si ha:
r
r
11
Ex = |EA| cos(0)+ |EB | cos( p) = (1.5 ´ 103 + 5.4 ´ 103 ´
N
N
= 6.1 ´ 10 3
C
C
r
r
11
1
N
N
Ex =|EA| sin(0)+ |EB| sin( p) = (1.5 ´ 103´ 0 - ´ 5.4 ´103 ) = -2.7 ´103
6
2
C
C
r
2
2
2
2
3
3
3 N
da cui: | E |= Ex + Ey = (6.1 ´ 10 ) + (-2.7 ´ 10 ) = 6.7 ´ 10
C
Tuttavia, essendo noto l’angolo fra i due vettori, in questo caso sarebbe convenuto
applicare il teorema di Carnot per calcolare l’intensità del campo risultante:
6
3
2
)
r
r
r
r
r
æ
pö
E = | EA |2 + | EB |2 -2 | EA | × | EB | cos ççp - ÷÷÷ =
è
6ø
=
p
n
n
p
4
2 He
(2.25 + 29.2 - 2 ´1.5 ´ 5.4 ´(-
Per un elemento X la scrittura
A
Z
3 / 2)) ´ 103
N
N
= 6.7 ´ 10 3
C
C
X indica in alto a sinistra la massa atomica (o
numero di massa), ed in basso a sinistra il numero atomico, cioè la carica (positiva)
del nucleo. Il nucleo di 42 He ha quindi massa atomica 4 e numero atomico 2, da cui:
M He = 4mP = 4 ´ 1.67 ´ 10-27 kg = 6.7 ´ 10-27 kg
QHe = 2e = 2 ´ 1.6 ´ 10-19 = 3.2 ´ 10-19 C
La forza si calcola moltiplicando la carica per il valore del campo trovato:
r
r
| F |= QHe | E |= 3.2 ´ 10-19´ 6.7 ´ 103 N = 2.1 ´ 10-15 N
r
e l’accelerazione dalla legge di Newton F = mar :
r
|F |
2.1 ´ 10-15
a=
=
m/s 2 = 3.1 ´ 1011 m/s 2
M He
6.7 ´ 10-27
Un valore, come si vede, molto grande anche se la forza è molto piccola, dato che la
massa è anch’essa piccola rispetto ai valori macroscopici.
24
Esempio 13
In fondo alla scala dell’intensità ci sono le regioni E ed F dove il campo è nullo
(rispettivamente in quanto punto interno ad una cavità e punto interno ad un
conduttore. Poi a seguire vengono le zone G ed H in cui la concavità è verso
l’esterno Fra di esse come sappiamo, più grande è il raggio della sfera che
approssima il conduttore maggiore è il campo, quindi in ordine crescente si ha
H e poi G. Sopra ancora viene C, dove il conduttore è piatto: il raggio della sfera
che lo approssima è infinitamente grande. Si passa poi ai punti in cui la
concavità è verso l’interno, dove l’intensità cresce al diminuire del raggio della
sfera di curvatura, per cui si ha D, poi B ed infine la punta A dove il raggio è
piccolissimo.
Esempio 14
La figura qualitativa qui a lato è stata ottenuta tenendo presente che: (1) ogni
linea di campo dev’essere orientata in modo che esca dalle cariche positive (o
dall’infinito) e vada in quelle negative (o verso l’infinito), (2) le linee sono
perpendicolari alle superfici degli oggetti; (3) le linee sono più fitte nelle punte e
più rade dove è piatto.
25
C
A
H
D
F
B
G
E