La Vita Scolastica » WebMagazine » Articoli » INTERVISTA GHIRIBIZZA A TU PER TU CON BRUNO TOGNOLINI Scrittore per ragazzi e non solo, Bruno Tognolini ci parla di poesia a scuola e del suo nuovo libro, "Il Ghiribizzo", creato insieme a Giulia Orecchia. In vista del Natale, regala a tutti gli insegnanti una filastrocca inedita. APPROFONDIM… Filastrocca della Maestra Ghiribizza Iniziamo con una domanda "difficile": filastrocche e poesie nella scuola dell'infanzia e primaria. Come? E perché è tanto importante la frequentazione dei versi sin da piccoli? Poesia e scuola per me è un binomio inscindibile. Come nome e cognome. La poesia è il forziere delle gemme nella cultura umana e civile di un paese. Se la scuola deve formare l’uomo e il cittadino non può rinunciare ad attingere a quel forziere. La poesia è vitamina della lingua. Alla lingua, per crescere e maturare, non bastano riso, carne, patate (lettura, scrittura, grammatica), elementi che creano massa corporea: ha bisogno di vitamine, ormoni, enzimi, sostanze esigue e concentrate che lavorano su strati più profondi, per progettare e orientare quella crescita. La poesia è pila atomica di senso, emette radiazioni, il cui effetto però non è misurabile, prevedibile, Created by PDFmyURL. Remove this footer and set your own layout? Get a license! certo. Un bambino esposto a queste radiazioni può essere più sensibile, il contesto scolastico e famigliare più favorevole: i loro effetti si fanno sentire immediatamente. Un altro bambino è meno recettivo, il contesto non è ideale: le radiazioni arrivano e si accumulano, come i raggi X, permanendo silenti in strati profondi, e riattivandosi magari dopo anni con l’esposizione alla stessa o ad altre poesie. Un bambino è quasi del tutto immune, o il contesto è decisamente ostile: le radiazioni non arrivano, e se arrivano non lasciano alcun segno; questa persona apprezzerà altre cose. Bene, la scuola non può rinunciare a esporre alle radiazioni della poesia i suoi bambini, solo perché questi reagiscono – o paiono reagire – al primo impatto con più o meno amore o ripulsa. Non può scordare che le poesie, proprio perché vengono da lontano, hanno un cammino lento e vie segrete. Non può privare i suoi bambini di questa opportunità – non certezza: opportunità – di crescita culturale e umana. Ci racconti il tuo primo incontro con le parole della poesia e delle storie? In altri e antichi numeri della rivista "La Vita Scolastica", oltre che in mille scuoline di mille paesi d’Italia, ho parlato delle due ali della poesia: Ala del Senso e Ala del Suono. Mia mamma anni fa mi regalò un foglio ingiallito dai decenni, che lei aveva serbato. C’era, circondata da disegni di fiorellini, una mia filastrocca scritta in quarta elementare. Diceva: “Bello e gentile / Nasce l’aprile / Alberi e fiori / Multicolori / Portano via / I nostri dolori…”. E non ricordo il resto. Be’, quando ne parlo ai bambini degli incontri, che mi fanno la stessa domanda, dico così: l’Ala del Senso, il contenuto dei versi, era quello che era, la solita rapsodia con fiori e prati che si ammannisce ai bambini, e che loro quindi restituiscono come un canone; ma l’Ala del Suono batteva già i suoi colpetti di tamburo con promettente esattezza e con bel brio. Quanto alle storie, quelle che poi filtrano nella vita, ricordo che lessi, forse a otto o nove anni, un libro sul Capitano Livingstone, esploratore che risalì il Nilo in cerca delle sorgenti. Mi appassionò a tal punto che da allora, e per anni, a chi mi chiedeva che mestiere avrei fatto da grande dicevo che sarei stato Esploratore di Terre Sconosciute. Guardandomi indietro, dopo aver cambiato (o forse in fondo creduto di cambiare) diverse strade, concludo che forse… beh: è quello che sto facendo. Un tuo libro di qualche tempo fa, Leggimi forte, scritto insieme a Rita Valentino Merletti, si propone di "accompagnare i bambini nell'universo della lettura"... quali sono le azioni più importanti da fare, nella scuola dell'infanzia e primaria? Leggere. Leggere in classe, con tre marce. Prima: leggere con piacere, cioè libri che piacciono a chi legge. Seconda: leggere con dedizione, cioè libri che piacciono a chi ascolta. Terza: leggere bene, cioè bei libri. Perché si crei il triangolo fatato, Lettore Libro Ascoltatore, Maestra Libro Bambini, occorre che le tre creature siano lì tutte, ben presenti e in forma. Sulla buona forma di maestre e bambini non posso dire qui, sarebbe troppo lungo: un’altra volta. La buona forma dei libri è presto detta: occorrono Bei Libri. Belli, non Utili. Perché se non sono Belli non saranno mai Utili. Oso dirlo? Meno libri educativi edificanti, meno Bullismo Legalità Olocausto: più Bellezza. Oppure sì, Bullismo Legalità Olocausto, ma solo se son portati da Bellezza. Leggerezza, poesia: letteratura. L’Educazione alla cittadinanza è uno dei compiti primari della formazione: la si coltivi a fondo, con le altre discipline, nel grande e fertile orto della scuola. Ma il contadino sa che nell’orto un angolino di giardino ci sta bene. Il vignaiolo pianta rose a capo dei filari delle viti. Se il novanta per cento della scuola è benedetto orto, campo, frutteto, dove si coltiva grano e patate e frutta, il dieci sia giardino, dove si piantano fiori, utili solo se, e perché, belli. Fiori: il bambino vede emanare da quel libro, quel coso che forse non vede mai a casa sua, un colore e un profumo, un qualche fumo invisibile, un qualcosa che fa fare voci strane alla maestra, voci diverse da quando fa lezione. E tiene zitti e incantati i suoi compagni. E allora guarda quel coso e si domanda: ma cosa mai ci sarà là dentro? E quando ne trova uno (meglio: quando gliene si fa Created by PDFmyURL. Remove this footer and set your own layout? Get a license! trovare uno, e non uno qualsiasi, quello giusto) si mette lì da solo, lo apre, esplora: vediamo dunque cosa c’era… Il gioco forse è fatto, forse no: ma vale la pena tentare. Non da ora tieni laboratori e incontri con i bambini della scuola: ci racconti un episodio confortante e uno sconfortante riguardo ai futuri lettori? Gli episodi confortanti son tanti. Uno per tutti, allora, ma forse improprio. Non riguarda i futuri lettori, ma i passati. Che però promettono bene per il futuro… Parlo di alcuni miei libri portati da casa, che dopo l’incontro a volte i bambini mi fanno firmare. Vecchi libri che raccontano, nelle pagine ingiallite, nell’edizione obsoleta, nelle macchie di colazioni, in qualche disegnino, nelle orecchie, anni e anni di comodino, abat jour, cuscini, peluche, mattine di febbraio in cui è difficile alzarsi, pomeriggi di maggio prima dei giochi… Quel libro, e ciò che mi commuove quel mio libro, è entrato nella vita di quel bambino a me ignoto. Il privilegio, l’onore che quel bambino mi rende portandomi il libro alla firma, e rivelandomi questo mio essere stato con lui, invisibile per tanti anni, è quasi sempre un conforto da nodo in gola. Episodio sconfortante. Le volte (a dire il vero rare, ma per questo più scottanti) che nessuna delle mie arti e sortilegi, né le rime né le storie, né la voce né il viso, valgono a meritarmi l’attenzione di quei pochi ascoltatori che chiacchierano e giocano fra loro. Come le tre magnifiche bambine di una certa mattina nel quartiere Ballarò di Palermo, maestosamente indifferenti a ogni cosa che io potessi dire o fare. Perdute? No, per carità, chi sono io per dirlo. Magari si concentrano in palestra, nella pallavolo, o nella danza: io che ne so? Un po’ più sconfortante, lo confesso, è quando non sono i bambini a chiacchierare tranquilli in sottofondo, ma le maestre… È da poco per Giunti un tuo nuovo libro: Il Ghiribizzo... di cosa parla? Ecco, qui sembrerà che io mi contraddica con ciò che dicevo sopra, intorno ai libri “a tema” (bullismo, legalità etc.). Ma non è così. Perché il tema del GHIRIBIZZO – e cioè i bambini difficili, troppo vivaci, se si vuole addirittura “gli ADHD” – quel tema non è venuto prima del libro, è venuto dopo. Non ho scritto quella storia per parlare di quei bambini, mi sono accorto che parlavo di quei bambini scrivendo quella storia. Che invece è nata addirittura da una parola: la suggestione della parola “ghiribizzo”, che Giulia Orecchia mi scrisse in una lettera, non ricordo a che proposito. GHIRIBIZZO?... ho pensato io. Woooosh! Salto quantico fantastico dimensionale! La parola prende vita. Diventa all’improvviso personaggio, e il personaggio esige subito una storia. E una forma. La storia, visto che si è manifestata a me, posso forse scriverla solo io; ma la sua forma può forse vederla e mostrarla solo Giulia Orecchia. Basta guardare le sue illustrazioni e ripetersi: “Ghiribizzo!”… Lo dice la parola stessa. Storia e figure dunque son cresciute, piano ma bene, allegre ma non sciocche, colorate ma non sguaiate, e spensierate malgrado il tema. Spensieratamente, per esempio, con la santa innocenza del narrare, nella versione nativa io scrissi che il nostro Mattia “troppo vivace” perdeva il suo "Ghiribizzo" per forza di un farmaco. Finita la storia, venuto il momento che entrasse nel mondo, sono giunti i dubbi. Questo farmaco, per esempio: sarà giusto, sarà sbagliato? Sarà ideologico, semplificatorio? Irrispettoso dei travagli di certe mamme, certe maestre, che io stesso ho conosciuto nei miei viaggi per scuole e città, che quel farmaco hanno dovuto somministrare ai loro bambini “ghiribizzi”? E che si sentirebbero, oltre al peso che forse ne portano in cuore, forse un po’ giudicate da questa storia? E chi sono io, chi siamo Giulia (Orecchia, l'illustratrice) e io, per giudicare? Ne abbiamo discusso fra noi. Io ne ho parlato con le maestre che incontravo nelle occasioni di formazione. Ne ho scritto a due amiche psicoterapeute infantili, Anna Oliverio Ferraris e Manuela Trinci. Ne abbiamo discusso con Chiara Bettazzi, di Giunti/Motta Junior, che intanto avevamo scelto come editore. E alla fine, sentite le opinioni di tutti, abbiamo deciso in cuor nostro: via il farmaco. Ci sono molti modi per scacciare il Ghiribizzo dalla vita di un bambino: chimici, fisici, affettivi, amorosi. Noi non puntiamo il dito. Chi vorrà leggere il farmaco, in questa storia lo leggerà. Chi vorrà scorgervi altri lacci, altri modi per tener fermi i bambini, li Created by PDFmyURL. Remove this footer and set your own layout? Get a license! scorgerà. Per chi vorrà leggere solo una storia, tale sarà. Come scrivevo sopra: è una storia, non un trattato, una ricetta, un saggio. Sarà Utile solo se sarà Bella. Noi speriamo che lo sia. Le illustrazioni del testo, create da Giulia Orecchia, sono vivacissime... ci dai un consiglio su come utilizzarle in classe e in sezione? Mi sono dilungato nella risposta precedente, quindi in questa sarò breve, e sincero: non lo so. Non so dare quei consigli, non son capace. A ciascuno il suo mestiere e la sua arte. A volte le maestre mi mandano in lettura storie e rime che hanno scritto per i loro bambini. Beh, saranno di certo Utili in classe, ma (non vi offendete!) in genere non sono tanto Belle. E per forza! Le maestre hanno speso decenni di vita, di studi ed esperienza per imparare a educare, non a scrivere. Io il contrario, ho dedicato quarant’anni alla scrittura, non sono un educatore: se dessi indicazioni didattiche, sarebbero forse Belle, ma non Utili. Dovrete trovarle voi. Son perdonato? Ti chiediamo un regalo immenso per tutti i nostri lettori: una filastrocca dedicata agli insegnanti… Eccola. Sarà la Filastrocca 104 delle mie RIME D’OCCASIONE. FILASTROCCA DELLA MAESTRA GHIRIBIZZA Ogni albero ha un frutto E il frutto ha dentro un seme E il seme ha dentro l’albero Che poi diventerà Io che sono un bambino Porto anch’io, come un seme Nascosto dentro, il grande Che un giorno arriverà Ma allora la maestra Che grande è diventata Dentro avrà la bambina Che da piccola era La ragazzina pazza Nella donna posata Maestrina ghiribizza Che insegue una chimera La mia maestra è donna Ma è anche un po’ fatina Quando serve capisce Created by PDFmyURL. Remove this footer and set your own layout? Get a license! Quando serve indovina La mia maestra è grande Ma ha dentro una scolara Con la grande lei insegna Con la piccola impara Bruno Tognolini: 20 Novembre 2014 Articoli Commenti Solo gli utenti registrati possono scrivere commenti. Entra in Giunti Scuola savinabertuccio 21:6, 23 Novembre 2014 Bruno Tognolini è un grandel'ho conosciuto tre anni fa e mi è rimasto nel cuore, dovrebbe venire più spesso nelle scuole! graziesavina63 agulizia 17:16, 23 Novembre 2014 Bravo Bruno! E' sempre un piacere leggerti. Angela G Created by PDFmyURL. Remove this footer and set your own layout? Get a license!