Scuola di specializzazione per le professioni legali Lezione del 6

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Scuola di specializzazione per le professioni legali
Lezione del 6 febbraio 2016-02-05
1° anno
QUESTIONI APPLICATIVE in materia di pubblicità legale
1) Una questione dibattuta è quella relativa all’esistenza di ISCRIZIONI meramente FACOLTATIVE,
ossia di adempimenti pubblicitari che non costituiscono un obbligo, ma semplicemente un onere per
l’imprenditore.
La questione si è posta relativamente all’iscrizione della procura con la quale si conferiscono poteri di
rappresentanza a determinati collaboratori dell’imprenditore.
La legge, pur prevedendo l’iscrivibilità della procura (ad es. in materia di institori) non indica un termine
entro il quale provvedere all’iscrizione (art. 2206); limitandosi ad imporre un termine (30 gg. dall’inizio
dell’impresa) soltanto per iscrivere nel registro delle imprese le generalità degli institori e dei procuratori
(art. 2196).
L’iscrizione della procura è, d’altra parte, un fatto eventuale, in quanto si rende necessaria soltanto per
opporre ai terzi eventuali limitazioni ai poteri dell’institore, ma non per attribuirgli il potere di
rappresentanza.
La rappresentanza è infatti un effetto legale naturale della preposizione institoria e si commisura
automaticamente ai poteri per legge spettanti all’institore, senza che sia necessario per l’imprenditore
attribuire espressamente all’institore il potere di rappresentanza attraverso un’apposita procura.
L’ampiezza dei POTERI DI GESTIONE E DI RAPPRESENTANZA dell’institore è quindi stabilita in
primo luogo dalla legge.
I LIMITI legali ai poteri dell’institore sono il divieto di compiere atti estranei rispetto al tipo di attività
economica oggetto dell’impresa cui è preposto e, inoltre, l’mpossibilità di alienare o ipotecare beni immobili
dell’imprenditore.
Sono vietati gli atti che comportano cessione o trasformazione dell’azienda, ossia tutti quelli che possono
pregiudicare la continuazione dell’esercizio dell’impresa, comportando disgregazione del complesso
produttivo e si pongono in una prospettiva di cessazione, anziché di esercizio dell’attività di impresa (quali
l’alienazione o l’affitto dell’azienda).
Infine sono vietati gli atti che comportano radicale cambiamento dell’oggetto dell’impresa (ad es.
l’institore non potrà decidere di inaugurare una nuova linea produttiva o di entrare in un nuovo mercato).
L’imprenditore, attraverso la procura, può incidere sull’ESTENSIONE dei poteri dell’institore, limitando o
ampliandone il contenuto e dunque stabilendo per essi un contenuto diverso da quello legale e disponendo
anche in merito alle modalità di esercizio: ad esempio, imponendo che il potere di rappresentanza venga
esercitato congiuntamente dagli institori.
Queste LIMITAZIONI sono però opponibili ai terzi a condizione che ne sia data PUBBLICITÀ
ATTRAVERSO L’ISCRIZIONE NEL REGISTRO DELLE IMPRESE.
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Pertanto è interesse dell’imprenditore, che voglia opporre tali limitazioni, quello di ISCRIVERE la
procura; tuttavia i terzi non risultano pregiudicati dalla mancata iscrizione.
La conseguenza della mancata iscrizione (v. art. 2206, 2° comma) sarà che il potere di rappresentanza
dell’institore si reputa generale (i.e. commisurato al potere gestorio che la legge attribuisce all’institore in
ragione della funzione svolta) e che eventuali limitazioni di esso non saranno opponibili ai terzi, a meno che
l’imprenditore provi l’effettiva conoscenza da parte dei terzi.
Quindi, in sostanza, la MANCATA ISCRIZIONE della procura non pregiudica i terzi, i quali, attraverso
il registro delle imprese, potranno comunque conoscere le generalità dell’institore e potranno legittimamente
presumere, in assenza di una procura depositata, che i poteri dell’institore siano quelli generali stabiliti dalla
legge.
Pertanto è oggi diffusa la tesi, un tempo minoritaria, secondo la quale l’iscrizione della procura sarebbe
meramente facoltativa e costituirebbe un semplice ONERE a carico dell’imprenditore.
2) Altro problema è quello della possibilità di iscrivere, nel registro delle imprese, procure diverse da
quelle proprie della rappresentanza commerciale, c.dd. PROCURE “DI DIRITTO COMUNE”.
Come abbiamo visto infatti l’imprenditore può ricorrere non soltanto alla collaborazione degli ausiliari
tipicamente individuati dalla legge (artt. 2203 ss.), ma anche ad altri soggetti investiti del potere di
rappresentanza ai sensi delle norme di diritto comune (ad es. tramite procure speciali per singoli affari).
La questione che si pone è quella se sia consentito iscrivere tali procure per ottenere l’effetto dichiarativo
dell’opponibilità ai terzi. La legge nulla prevede e, per il principio di tipicità dei fatti/atti iscrivibili, occorre
verificare se l’iscrivibilità si possa desumere da altre disposizioni di legge, sulla base, ad esempio, del
principio di completezza.
La risposta può essere data - in assenza di una norma espressa – CONFRONTANDO, fra loro, le norme
sulla rappresentanza volontaria e quelle sulla rappresentanza commerciale e verificando quanto
dispongono le une e le altre in merito alla questione dell’opponibilità ai terzi dei limiti ai poteri
rappresentativi.
L’art. 1396, in materia di rappresentanza volontaria di diritto privato comune, fa discendere l’opponibilità ai
terzi delle limitazioni inserite nella procura, non dall’iscrizione nel registro delle imprese, bensì dalla
circostanza che esse siano portate a conoscenza dei terzi con mezzi idonei.
Viceversa l’art. 2206, norma dettata in tema di rappresentanza commerciale, collega l’opponibilità ai
terzi delle limitazioni ai poteri dell’institore all’iscrizione nel registro delle imprese della procura che le
contiene, prevedendo che, in difetto di iscrizione, le limitazioni non siano opponibili dell’imprenditore, salva
la prova che i terzi effettivamente le conoscevano.
Quindi, se si potessero iscrivere, nel registro delle imprese, le procure di diritto comune,
CONVIVEREBBERO due sistemi di pubblicità: quello fondato sul registro delle imprese
(PUBBLICITA’ DI DIRITTO) e quello basato sui mezzi idonei di cui al 1396 (PUBBLICITA’ DI
FATTO)
Nel caso di MANCATA ISCRIZIONE della procura nel registro delle imprese, l’imprenditore si
troverebbe in una situazione favorevole, in quanto, per opporre ai terzi le limitazioni derivanti dalla procura,
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potrebbe non soltanto – come richiesto dall’art. 2206 – provare l’effettiva loro conoscenza da parte dei terzi,
ma altresì avvalersi di altri MEZZI pubblicitari IDONEI ai sensi dell’art. 1396.
Il registro delle imprese non sarebbe più lo strumento esclusivo di pubblicità delle vicende che riguardano
gli imprenditori commerciali (con violazione del principio di esclusività).
Un’altra conseguenza paradossale si avrebbe qualora la procura fosse rilasciata da un PICCOLO
IMPRENDITORE. In questo caso la procura deve essere iscritta nella SEZIONE SPECIALE del registro
con effetti di sola pubblicità notizia.
Tuttavia, applicando il meccanismo della pubblicità di fatto, di cui all’art. 1396, le limitazioni potrebbero
essere opposte una volta portate a conoscenza dei terzi con mezzi idonei, arrivandosi al PARADOSSO di
attribuire maggiore efficacia alla pubblicità di fatto (realizzata con mezzi idonei) anziché alla pubblicità
di diritto (registro delle imprese).
Per questi motivi deve ritenersi preferibile TESI CHE NEGA l’iscrivibilità, nel registro delle imprese,
delle procure di diritto comune.
3) Una questione di possibile coesistenza tra pubblicità legale e pubblicità di fatto si pone oggi in relazione
alla SOCIETA’ SEMPLICE AGRICOLA, in seguito alle modifiche intervenute nel 2001 rispetto
all’efficacia dell’iscrizione che, attualmente, non è più “notizia”, bensì “dichiarativa”.
Al riguardo va detto che, nonostante l’impresa agricola sia ormai soggetta a pubblicità legale, la disciplina
del codice civile in tema di s.s. continua a presupporre l’inapplicabilità alla società agricola del regime della
pubblicità basato sul registro delle imprese.
Essa si affida pertanto ad un sistema di pubblicità di fatto, fondato sui cc.dd. mezzi idonei, che però oggi si
troverebbe a convivere col sistema della pubblicità di diritto (art. 2266 ult. comma).
Con la conseguenza, già vista in precedenza per le procure di diritto comune, della VIOLAZIONE DEL
PRINCIPIO DI ESCLUSIVITA’ dello strumento pubblicitario e di una minore tutela per i terzi che,
“nemmeno consultando il registro delle imprese sarebbero certi di non vedersi opporre ciò che nel registro
non risulta”.
La soluzione proposta è stata allora quella di considerare INAPPLICABILI alle s.s. agricole, per
sopravvenuta incompatibilità con il sistema della pubblicità dichiarativa, le regole che continuano a
prevedere il ricorso ai mezzi idonei come strumento di opponibilità ai terzi.
DISCUTERE INSIEME TRACCIA DEL 6 DICEMBRE 2013
VEDI SLIDES
4) Altra questione che si pone in relazione al sistema della pubblicità legale, e che ha dato luogo ad una
nutrita serie di pronunce giurisprudenziali, riguarda la CANCELLAZIONE della società dal
registro delle imprese e l’efficacia estintiva dell’ente come conseguenza della cancellazione.
Intanto bisogna ricordare che, secondo alcuni, la cancellazione è essa stessa un’iscrizione volta a rendere
inefficace un’iscrizione precedente.
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Inoltre la cancellazione interviene dopo la chiusura della fase di liquidazione dell’impresa che, per le
società, coincide con l’approvazione del bilancio finale di liquidazione e la definitiva disgregazione del
complesso aziendale.
Una volta conclusa la fase di liquidazione l’impresa deve ritenersi infatti cessata (FINE DELL’IMPRESA)
e si ritiene che, proprio in virtù della cancellazione dal registro delle imprese, venga meno anche la società
come soggetto di diritto distinto dai soci e titolare di un patrimonio autonomo.
Sappiamo poi che entro 1 anno dalla cessazione dell’impresa (anzi, oggi, dalla cancellazione dell’impresa
sia individuale che societaria – art. 10 l. fall.) è possibile dichiarare il fallimento dell’impresa/società
cessata.
La giurisprudenza riteneva in passato (ne avete parlato probabilmente con la Prof. Tola) che, nonostante
l’avvenuta cancellazione, la società continuasse ad esistere (e dunque non si estinguesse) nel caso in cui vi
fossero ancora rapporti giuridici pendenti (di debito o credito) della società con i terzi.
Oggi invece l’art. 2495, dettato in materia di società di capitali, stabilisce in modo inequivoco l’efficacia
costitutiva della cancellazione della società che determina la sicura (ed irrevocabile) ESTINZIONE
dell’ente.
Pertanto la società, dopo la cancellazione, si estingue e perde la capacità (e la legittimazione sia sostanziale
che processuale), anche se vi sono crediti o debiti sociali non ancora riscossi/estinti…
In tali rapporti subentreranno i soci, i quali potranno essere chiamati dai creditori a rispondere dei debiti
sociali nei limiti della quota ricevuta in sede di liquidazione e in ogni caso sulla base del regime di
responsabilità al quale essi erano assoggettati durante la vita della società (si realizza una sorta di
meccanismo successorio dei soci nei confronti della società estinta).
Con alcune sentenze rese a Sezioni Unite nel 2010 la Cassazione ha ritenuto che – per le SOCIETA’ DI
PERSONE – sebbene la cancellazione non abbia efficacia costitutiva in senso stretto, tuttavia deve ritenersi
che essa abbia nondimeno efficacia DICHIARATIVA e che, pertanto, faccia presumere sino a prova
contraria l’estinzione dell’ente, con perdita della capacità e della legittimazione (e quindi effetti analoghi a
quelli che l’art. 2495 sancisce per le società di capitali).
A questa conclusione si è giunti anche per garantire la parità di trattamento dei creditori di entrambi i tipi
di società e, sulla base dell’art. 10 l. fall., che stabilisce per tutte le imprese (di qualsivoglia tipo) la
decorrenza dell’anno per la dichiarazione di fallimento dalla cancellazione dal registro delle imprese.
L’eventuale PROVA CONTRARIA dell’estinzione – possibile soltanto per le società di persone –
dovrebbe riguardare peraltro, secondo la Cassazione (v. sentenza Rordorf S.U. del 12 marzo 2013), non il
dato statico dell’esistenza di rapporti giuridici ancora pendenti facenti capo alla società, bensì un fatto
dinamico, ovvero che la società abbia continuato ad operare anche dopo la cancellazione.
Su queste basi potrebbe essere richiesta la “cancellazione della cancellazione” …
In ogni caso la revoca della cancellazione non può avvenire sul presupposto dell’esistenza di mere
sopravvenienze attive o residui attivi non conteggiati, i quali non sono sufficienti ad impedire l’effetto
estintivo dell’ente. (così anche Cass., 10 agosto 2015 n. 16638).
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