Università di Bologna Dipartimento di Filosofia e comunicazione Corso di Filosofia del linguaggio LM 2014/15 l’ultima foto di Ludwig Wittgenstein 4ª settimana per i corsi di laurea in Semiotica (6 o 12 cfu), Geografia e processi territoriali (6 cfu), Italianistica, culture letterarie europee, scienze linguistiche curriculum italianistica (6 cfu), Italianistica, culture letterarie europee, scienze linguistiche – curriculum italianistica e scienze linguistiche (6 cfu), Lingue e letterature moderne, comparate e postcoloniali(6 cfu). 27 ottobre 2014 Le Ricerche filosofiche I, 165-197: sul comprendere 28 ottobre 2014 Le Ricerche filosofiche I, 198-219: sulle regole 29 ottobre 2014 Discussione sulle Ricerche filosofiche I, 220-242: 3 novembre 2014 Le Ricerche filosofiche I, 243-315 1ª: le sensazioni, l’espressione del dolore 4 novembre 2014 Le Ricerche filosofiche I, 243-315 2ª: l’impossibilità di una lingua privata 5 novembre 2014 Una prima conclusione Nella settimana 10-16 novembre NON c’è lezione 17 novembre 2014 Riprendono le lezioni per chi segue il corso per 12 crediti 27 ottobre Come di consueto, comincerò la settimana tornando sulla settimana passata. Claudia Catalano mercoledì ha fatto una bella presentazione delle sezioni delle ricerche dedicate al comprendere, che includono il leggere come forma di comprensione. [Le discussioni non sono un alleggerimento del corso, ne sono una parte essenziale. Per discutere, però, bisogna leggere. Si tratta sempre di leggere al massimo dieci pagine. Mettiamo che siate lentissimi, anche perché avete una competenza filosofica modesta: cinque pagine l’ora, due ore. Uso le discussioni per capire se mi seguite, e siccome intervenite poco e quando anche bene spesso da lontano, la mia impressione è, naturalmente, che seguiate poco. W è un autore difficile, e le Ricerche, come ho detto presentando il corso il primo giorno, è un testo particolarmente difficile. È in ogni modo un testo fra i migliori per imparare a pensare diversamente, è un esempio cioè di pensiero critico. C’è un numero indefinito di cose che 2 impariamo descritte così e così, e ci sono regole e principi generali che ci vengono insegnati circa come affrontare un tema o un problema. W prova sempre a pensare diversamente, non per distinguersi, ma perché questo è un modo particolarmente adatto per arrivare a un’immagine perspicua, per non accettare miti. Riprendete l’analisi del leggere come forma di comprendere. Il primo stadio è ripetere quello che il maestro dice. Il maestro legge, lo scolaro ripete quello che il maestro dice. Il secondo stadio è effettivamente leggere. W non tocca un terzo stadio. Scrivere e poi leggere quello che si è scritto. Possiamo però immaginare anche un quarto e un quinto stadio. Il quarto. Scrivere e poi dire cosa si è scritto, senza leggere. Il quinto. Discutere quello che si è scritto. – Buona parte delle Ricerche hanno la struttura della discussione.] Avevo cominciato dalla sezione 79 delle Ricerche – quella sul nome di Mosè. W suggerisce un indebolimento della teoria cosiddetta di Frege-Russell che collega nomi propri a descrizioni, sostenendo che un nome proprio è collegato a un senso espresso da una descrizione definita o è addirittura un’abbreviazione di una descrizione del genere. In effetti, ne è un indebolimento. La versione migliore di questa correzione è stata elaborata da John Searle in “Proper Names” del 1958, mi pare. Searle sostiene che i nomi propri non hanno un senso, ma sono connessi a un insieme di descrizioni che servono per individuarne il portatore. Il nome agisce come un gancio per le descrizioni, afferma Searle. La teoria di Frege-Russell come l’indebolimento di Wittgenstein e Searle sono stati dimostrati insostenibili da Saul Kripke in Nome e necessità, tre lezioni tenute a Princeton nel gennaio 1970. Wittgenstein vuole difendere una certa approssimazione nella lingua, che è definita dall’uso, e gli usi che chi la parla ne fa sono molto diversi, difficili da sistematizzare e fissare. Si potrebbe proporre una versione kripkiana di questa apertura, ma non lo farò. Abbiamo poi vista un’altra osservazione sulle regole (§85). Una regola è spesso connessa a una formulazione – W ha già rifiutato l’idea di identificare una regola con una formulazione – e qui argomenta che anche quando consideriamo la formulazione di una regola, questa non ci impone da sola un modo di intendere la regola stessa. Successivamente, oltre a un incidentale osservazione sulla logica, come strumento inappropriato per il lavoro cui W mira, c’è una seconda, famosa, osservazione su Agostino (§89), e su quanto dice sul tempo: se nessuno me lo chiede so cos’è il tempo; se mi si chiede cos’è non lo so spiegare. Le spiegazioni del tempo sono spesso mitiche, e quello cui W tende è una descrizione del nostro comportamento temporale, diciamo così, quando non ci impegniamo nello spiegare cos’è il tempo. 3 La sezione 95 è forse una delle più stringate critiche a una teoria della lingua come specchio dei fatti. Nessun enunciato garantisce di rappresentare un fatto. Possiamo parlare di ciò che non esiste. (E così possiamo pensarlo.) Manfredo Massironi nel 1995, riformulando la distinzione fra vedere e pensare di Gaetano Kanizsa, scrive: … il bisogno di economia e di parsimonia cresce man mano che ci si sposta dai processi primari a quelli secondari: questi ultimi infatti operano su dati via via sempre più organizzati in base a regole precise che stabiliscono quali informazioni possono andare perse e quali devono essere conservate. [Tre esempi: 1) a livello percettivo il colore è definito da tre dimensioni: tonalità, saturazione e chiarezza. Il processo di categorizzazione dei colori opera invece solo in base alla tonalità (è infatti in base a questa dimensione che vengono dati i nomi ai colori); 2) gli oggetti della nostra esperienza sono definiti, a livello percettivo, in base a molte caratteristiche quali forma, dimensione, orientamento, ma la categorizzazione, l'attribuzione delle etichette linguistiche a gran parte degli oggetti, nel momento in cui ne abbiamo un'esperienza percettiva diretta, viene fatta quasi esclusivamente in base alla forma [...]. Praticamente non esistono, se non in casi molto particolari come "microrganismo" o "cucciolo", concetti che raccolgano gli oggetti in base ad esempio alla loro dimensione; 3)] a livello percettivo riusciamo a distinguere egualmente bene forme regolari e irregolari, segmenti orientati secondo gli assi orizzontale/verticale o secondo altre inclinazioni. In genere riusciamo a fare delle valutazioni piuttosto accurate su tali aspetti quando possiamo osservare direttamente gli stimoli, e soprattutto non sbagliamo se dobbiamo agire su di essi; ma se le stesse valutazioni le dobbiamo fare in condizioni di memoria differita, ci rendiamo subito conto che tali operazioni potranno essere svolte solo se gli stimoli sono regolari, simmetrici, semplici, se gli angoli sono ortogonali, i segmenti paralleli ecc. (1995, pp. 229-30) W è soprattutto critico nelle Ricerche delle semplificazioni che la logica suggerisce. Se riflettiamo su quanto vi ho appena letto di Massironi, possiamo fare anche una considerazione diversa, e cioè che il pensiero, e ancor più il pensiero discorsivo, nascono da una semplificazione, una perdita di dati che fa emergere similitudini, associazioni, classificazioni, strutture identiche che di primo acchito non si erano notate. L’uso linguistico riavvicina, con naturalezza, senza che ce ne accorgiamo, ciò che diciamo alle particolari complessità delle circostanze in cui parliamo, e spesso perché è qualcosa che gioca un ruolo in quella complessità, un’attività, come scrive W, intessuta alle altre attività reali (e anche fantasticare è un’attività reale, non solo fare una cronaca o descrivere un evento). Abbiamo quindi discusso alcune delle sezioni che W dedica alla filosofia. Su questo tema W non ha mai cambiato punto di vista. La filosofia è un’attività di chiarificazione non di scoperta. Come dice nel Tractatus, 4.111: «La filosofia non è una delle scienze naturali./(La parola «filosofia» deve significare qualcosa che sta sopra o sotto, non già presso, le scienze naturali.)» Una parte 4 di quest’attività punta a liberarci dalle mitologie filosofiche, ma, nonostante quanto W dice esplicitamente, non è solo questo. Descrivere le nostre attività senza farne un racconto distorto e quindi vederle correttamente da diversi punti di vista – di sotto e di sopra – non si riduce al liberarci dalle mitologie filosofiche. La sezione più importante qui, credo è la 122: «Il concetto di rappresentazione perspicua ha per noi un significato fondamentale. Designa la nostra forma rappresentativa, il modo in cui vediamo le cose. (È, questa, una visione del mondo?» La 126 esprime bene l’atteggiamento antimitologico: . La filosofia si limita, appunto, a metterci tutto davanti, e non spiega e non deduce nulla. - Poiché tutto è lì in mostra, non c’è neanche nulla da spiegare. Ciò che è nascosto non ci interessa. ‘Filosofia’ potrebbe anche chiamarsi tutto ciò che è possibile prima di ogni nuova scoperta e invenzione.» Un concetto su cui spero di tronare è quello di “termine di paragone”, di “regolo” che si trova nelle sezioni 130 e 131. La presentazione di Catalano, sul comprendere, si è prima diffusa su cos’è comprendere un’istruzione matematica – come si continua una serie numerica – che è una questione sempre legata alla nozione di regola, e un confronto col leggere, e l’imparare a leggere, sempre come comportamento che segue una regola. Qui sono rilevanti la connessione fra il comprendere, il seguire una regola e un addestramento a un modo di agire (pensare e parlare sono essi tessi tipi di azione per W, più che rappresentazioni). W ritiene il pensiero basato su norme? Più di qualcuno lo ha scritto. Se il pensiero è basato su norme, nessuna norma può da sola dirci come pensare, per W. Solo l’addestramento a pensare ci insegna a pensare. 28 ottobre L’ultima sezione delle Ricerche che ho letta e brevemente commentata ieri, la 193, riguardava la macchina come simbolo del suo funzionamento. Le procedure meccaniche di ragionamento, il meccanicismo, ecc, sono stati almeno negli ultimi 500 anni spesso un modello. Per certi versi il ragionare dovrebbe essere un procedimento che sfugge alla macchina, ma la macchina che sa ragionare è nello stesso tempo il grande artificio della ragione, capace di eseguire un ragionamento senza sbagliare. Nessuna macchina potrebbe scrivere le Ricerche, perché queste cercano di riflettere su, e di descrivere ciò che facciamo, mentre una macchina potrebbe solo fare qualcosa cui la istruissimo preventivamente, sapendo già cosa vogliamo che faccia e come vogliamo lo faccia. Questo non è l’aspetto su cui si sofferma W, che sottolinea invece le fragilità di una macchina, come una macchina può non 5 essere inesorabile nel suo funzionamento. Mentre io ora cerco di attirare la vostra attenzione sui limiti di quell’inesorabilità in una macchina che funzioni perfettamente. Mi piacerebbe, domani o un altro giorno, discutere con voi anche del perché una macchina biologica come noi sia capace qualche volta di riflettere e di descrivere quello che fa, nel senso in cui W usa il verbo ‘descrivere’, un senso che illustra i fondamentali del nostro agire – non si tratta di descrivere cosa stiamo facendo adesso – io cammino in su e in giù al guinzaglio del microfono e voi mi ascoltate con diligenza o svogliatezza. Si tratta di descrivere nello stesso modo i nostri comportamenti rilevanti, quelli che siano portati a descrivere miticamente.