PH.D.
presenta
LUCIO DALLA
in
IL CONTRARIO DI ME
tour teatrale
Dopo continui impegni tra regie teatrali, performance con grandi orchestre
(Royal Philarmonic Orchestra, Orchestra Ciaikovskij di S. Pietroburgo)
e
concerti-evento in grandi spazi, il cantautore “ a tutto campo ” torna in teatro
privilegiando spazi più raccolti per potersi rivolgere al suo pubblico
direttamente, faccia a faccia, occhi negli occhi, con scenografie teatrali,
musicisti a 360 gradi e alcuni momenti di vera e propria recitazione
“ m usicalizzata ” , con brani scritti da lui stesso e recitati dall’attore Marco
Alemanno già Arlecchino nell’ultima regia di Dalla al festival di Wexford in
Irlanda.
La scelta del cantautore bolognese di tornare in teatro per cantare i suoi
successi, ormai diventati memoria storica per il pubblico di molte generazioni,
nasce dal consenso che ha ottenuto il suo disco “ Il contrario di me ” uscito,
oltre che nei negozi di dischi anche, e per la prima volta in Italia, in tutte
le edicole.
Sul palco i suoi fedeli musicisti (Bruno Mariani e Ricky Portera alle chitarre;
Roberto Costa al basso, Fabio Coppini alle tastiere, Gionata Colaprisca alle
percussioni, Maurizio dei Lazzaretti alla batteria, vocalist Iskra Menarini) e
l’attore Marco Alemanno che oltre a cantare la canzone del nuovo album
“ I .N.R.I. ” in duetto con Lucio è uno dei produttori (con Dalla) del disco. Le
scenografia e l’allestimento sono curate da Italo Grassi. La produzione del
tour è di Bruno Sconocchia per Ph.D. srl
abbonamento intera stagione da giovedì 30 ottobre a domenica 2
novembre
abbonamento a 5 spettacoli martedì 28 e mercoledì 29 ottobre
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DOPPIAEFFE - COMPAGNIA DI PROSA MARIANO RIGILLO
presenta
MARIANO RIGILLO
ANNA TERESA ROSSINI
in
ROMOLO, IL GRANDE
Una commedia storica che non si attiene alla storia di Friedrich
Dürrenmatt
traduzione di Aloisio Rendi
con
NICOLA D’ERAMO, MARTINO DUANE, LUCIANO D’AMICO, PIETRO FAIELLA, NORMA MARTELLI,
LILIANA MASSARI, FRANCESCO CUTRUPI, DAVIDE D’ANTONIO FRANCESCO FRANGIPANE,
ANTONIO FORNARI, LORENZO PRATICO’, ALFREDO TROIANO
scene e costumi LORENZO GHIGLIA
musiche LINO PATRUNO
disegno luci LUIGI ASCIONE
regia ROBERTO GUICCIARDINI
Mariano Rigillo è da sempre interprete di testi importanti che si evidenziano
per messe in scena innovative e apprezzate.
L’allestimento di “ R omolo, il Grande” si basa sull’omonimo testo di Friedrick
Dùrrenmatt, scrittore svizzero che ha sempre fatto scalpore per il taglio non
troppo “ politicamente corretto ” dei suoi romanzi, caratteristica mantenuta
viva da Roberto Guicciardini che ne cura la regia.
“ C omico e insieme pessimistico, “ R omolo, il Grande ” è, come recita il
sottotitolo,
una
commedia
storica
che
non
si
attiene
alla
storia,
rappresentando il Tardo Impero Romano alla vigilia della sua caduta. Un impero
che era riuscito a sopravvivere basandosi sull’ideale di uno stato autoritario
oppressivo e violento, è ora allo sfacelo e il suo Imperatore, per tutta
risposta si consacra unicamente all’allevamento di polli.
Inutili gli appelli dell’Imperatrice che vuole risvegliare le ambizioni del
regale consorte. A corte gli unici funzionari ancora efficienti sono il cuoco e
i due camerieri, mentre l’esercito invasore si appressa sempre di più.
Situazioni comiche e satira amara si incrociano verso un epilogo inaspettato.
Alla testa dell’Impero c’è un uomo che non vuole più corrispondere alle
aspettative, disprezzato da tutti per la sua manifesta debolezza nel comando.
In realtà, la maschera del pazzo è solo una simulazione infatti Romolo vuole
esprimere il proprio rifiuto per il mondo in cui vive perché non crede più
negli ideali su cui si basa.
In scena c’è soprattutto un mondo grottesco che non può più essere superato
agendo e trasformando, come auspicava Brecht nella sua drammaturgìa, ma può
solo essere sofferto e sopportato.
Romolo è Grande perchè è l’unico a riconoscere il carattere grottesco della
realtà e decidere di recitare il ruolo di clown.
Di Romolo vanno colte ironia e autoironia le difese più efficaci contro la
disperazione e il senso di impotenza.
Quest’ideale di eroismo è proposto in maniera divertente facendo uso di gags
cabarettistiche e di esagerazioni grottesche, in un linguaggio insieme
espressivo e di grande effetto. ”
Roberto Guicciardini
abbonamento intera stagione da giovedì 6 a domenica 9 novembre
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BALLANDI ENTERTAINMENT
presenta
MARIANGELA MELATO
in
SOLA ME NE VO
testo di Vincenzo Cerami, Riccardo Cassini, Mariangela Melato,
Giampiero Solari
con musicista in scena LORENZO CAPELLI
corpo di ballo
MARCO BEBBU, STEFANO BENEDETTI, TONY B., EMANUELE PINNA,
PAOLO SABATINI, MARCELLO SACCHETTA
musicisti in video
RUGGERO BRUNETTI – chitarra, ROBERTO GALLINELLI – basso,
CRISTIANO MICALIZZI – batteria, FERNANDO BRUSCO – tromba,
LUCA GIUSTOZZI – trombone, CLAUDIO PIZZALE - sassofono
PRISCA AMORI – violino, ADRIANA ESTER GALLO – violino, ROSARIA PANEBIANCO viola
GIUSEPPE TORTORA – violoncello, MASSIMILIANO PITOCCO – bandoneon
musiche LEONARDO DE AMICIS
coreografie LUCA TOMMASSINI
impianto scenico e luci MARCELLO JAZZETTI
costumi FRANCESCA SCHIAVON
regia di GIAMPIERO SOLARI
Dopo l’enorme successo ottenuto nella passata stagione, Mariangela Meleto torna
a teatro con il suo spettacolo Sola me ne vo, spettacolo teatrale che la
propone in una veste completamente insolita. In questo spettacolo la grande
attrice italiana si confronta con un genere per lei nuovo, il “ One woman
Show ” , nel quale racconta storie, recita monologhi intensi e brillanti, canta e
balla affiancata da ballerini e musicisti. Mariangela Melato ci offre una
carrellata di storie inventate e storie vissute, fa considerazioni personali
sul modo di vedere la vita, cita testi teatrali di Brecht, Gaber, Shakespeare,
Tennesee Williams. Ci racconta della sua Milano degli anni ’60 e dei suoi inizi
nel mondo del Teatro. Ci racconta di sé come attrice e come donna che con
orgoglio ha fatto della solitudine una scelta di vita ed è così, sola, che si
presenta sul palco al suo pubblico.
Sola me ne vo è una parentesi diversa nel percorso teatrale della Melato e al
tempo stesso la grande prova di un’attrice, che arrivata al culmine della sua
carriera, si rimette in gioco misurandosi con un genere completamente nuovo,
elegante ed originale con testi che portano la firma di Vincenzo Cerami,
Giampiero Solari, Riccardo Cassini e Mariangela Melato. Le musiche originali e
gli arrangiamenti delle canzoni sono del maestro Leonardo De Amicis, le
coreografie originali di Luca Tommassini. La regia è affidata a Giampiero
Solari. Una squadra che ha già collaborato in diverse occasioni e che non a
caso si è riunita intorno a questa grande artista.
Con Sola me ne vo la Ballandi Entertainment amplia il suo sforzo produttivo a
360° nel mondo dello spettacolo italiano e consolida il suo impegno nel Teatro
al fianco di una grande artista come Mariangela Melato, prima attrice e simbolo
del Teatro italiano.
abbonamento intera stagione da giovedì 20 a domenica 23 novembre
abbonamento a 5 spettacoli martedì 18 e mercoledì 19 novembre
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GLI IPOCRITI
presenta
ISA DANIELI
in
MADRE CORAGGIO
di Bertolt Brecht
rielaborazione del testo
Antonio Tarantino,
traduzione
Roberto Menin
con ALARICO SALAROLI, MARCO ZANNONI, LELLO SERAO, ARIANNA SCOMMEGNA
XENIA BEVITORI, CARLO CARACCIOLO, MATTEO CREMON, ANTONIO FABBRI, TIZIANO FERRARI, VESNA
HROVATIN, PAOLO LI VOLSI, FABIO MASCAGNI, AURORA PERES, SERGIO RAIMONDI, LUIGI TABITA, SHI
YANG
scene BRUNO BUONINCONTRI
costumi GIANLUCA FALASCHI
musiche PASQUALE SCIALÒ
luci CESARE ACCETTA
regia CRISTINA PEZZOLI
Bertolt Brecht (Augusta 10 febbraio 1898 – Berlino 14 agosto 1956) nel 1939, durante
il suo soggiorno in Danimarca, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, scrisse
“ M adre Coraggio e i suoi figli ” ; la prima rappresentazione avvenne a Zurigo nel
1941. L’opera teatrale “ Madre Courage e i suoi figli ” sottotitolo “ Una cronaca
dalla guerra dei Trent’anni ” porta in scena le vicende verificatesi tra il 1624 ed
il 1636 nel corso della guerra dei trent’anni (1618-1648); il conflitto fra
Cattolici e Protestanti nel Sacro Romano Impero fornì alle potenze europee il
pretesto per dare il via ad una lotta che segnò la fine dell’egemonia asburgica in
Germania e la sconfitta della Controriforma, cosa che provocò ingenti perdite
demografiche e grave decadenza economica in particolar modo alla Germania.
La protagonista del dramma è Anna Fierling, vivandiera/commerciante detta Madre
Coraggio per aver sfidato le cannonate, durante l’assedio per portare a termine il
suo commercio di pagnotte ammuffite. Gli affari vengono prima di tutto e, pur
essendo bravissima nel suo
“ lavoro ” , ciò non toglie che esso si basi
prevalentemente sulla miseria e sulla sventura degli altri. Padrona di un carro, che
utilizza sempre nei vari spostamenti, è accompagnata nel suo “ viaggio di lavoro ”
dai tre figli che, giusto per inciso, hanno tre cognomi diversi considerato che
Madre Coraggio non ricorda nemmeno i nomi dei padri con certezza. Schweizerkas è il
figlio buono e onesto che, per troppa onestà, si fa uccidere da un sergente
disonesto; Eilif, che è forte e robusto, aiuta la madre a spingere il carro e a fare
affari, ma il brigadiere e il reclutatore lo portano via, arruolandolo
nell’esercito; fortuna che Madre Coraggio segue sempre gli eserciti e ha modo di
rivederlo tra un’eroica azione e l’altra e tra un massacro di contadini e un
sequestro di bestiame. Arriva una pace temporanea, Eilif sarà processato e ucciso
come criminale per le azioni commesse in guerra. Kattrin, la figlia muta, che sente
di essere un grave peso per la madre, vive nella speranza della pace che
difficilmente potrà arrivare così come il marito che lei sogna. Fortuna che la madre
non l’abbandona dopo la morte dei fratelli e dopo che un cuoco le propone di buttar
via Kattrin e andare a vivere con lui. Sarà l’unica vera eroina di tutta questa
tragedia! Morirà per salvare la città e fermare la guerra. Per Madre Coraggio
nemmeno i figli contano, vorrebbe tenerli fuori dalla guerra, ma non può fare a meno
di sacrificarli o comprometterli “ n ella guerra…..in fondo, lo dice anche il
brigadiere nella prima scena “ è impossibile pensare di poter vivere della guerra,
senza pagarle gli interessi ” . Madre Coraggio, nonostante la perdita dei figli, non
capisce che la guerra è un affare solo per potenti e pensa di poterne fare un affare
personale al seguito degli eserciti in lotta. Durante le sue peregrinazioni per
l’Europa, Madre Coraggio incontra soldati e reclutatori senza scrupoli, una
prostituta e un generale, un cuoco, un cappellano ecc… una umanità piena di miserie,
dolori e cinismi a cui si è costretti ad assistere in guerra.
“ l a guerra è solo la continuazione degli affari con altri mezzi, ma i grandi affari non li
fanno la povera gente, e nella guerra le virtù umani diventano mortali ” questa è, secondo
Brecht, la morale del dramma.
“ I l vincolo di un
parole con le quali
suo destino, la sua
modi differenti. E
Tarantino)
testo, di ogni testo, non è la sua assoluta necessità, in ordine alle
è stato creato come congegno espressivo, ma è la sua fatalità, ovvero il
fortuna. Lo stesso autore avrebbe potuto riscrivere “ la cosa ” in cento
in ciò risiede l’infinitezza di un testo, di tutti i testi ” . (Antonio
abbonamento intera stagione da giovedì 15 a domenica 18 gennaio
abbonamento a 5 spettacoli martedì 13 e mercoledì 14 gennaio
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IL SISTINA E TITANUS
presentano
BIANCA GUACCERO
MICHELE CARFORA
in
POVERI MA BELLI
un'idea di Pietro Garinei e Guido Lombardo
Progetto artistico di Enzo Garinei
scritto da MASSIMILIANO BRUNO e EDOARDO FALCONE
musiche di GIANNI TOGNI
coreografie di FRANCO MISERIA
scene di MARCO CALZAVARA
costumi di GIOVANNI CIACCI
regia di
MASSIMO RANIERI
Con Poveri Ma Belli, Il Sistina presenta un grande spettacolo musicale nella
tradizione di quelli targati 'Garinei e Giovannini'. Poveri Ma Belli è stato un
film di grande successo degli anni 50/60, diretto da Dino Risi, interpretato da
un gruppo di attori allora di moda e prodotto dalla Titanus di Goffredo
Lombardo. Lo spettacolo ha incuriosito e interessato il mondo teatrale italiano
tant'è che è già richiesto in tutta Italia ed ha in programma una lunga tournèe
che partirà proprio dal Teatro Sistina..
Nel ruolo della protagonista Bianca Guaccero.
Il resto del cast è attualmente in via di definizione. Dice Massimo Ranieri, il
regista: 'Portare in scena, in commedia musicale, il film Poveri Ma Belli,
grande commedia dedicata a Roma, è impresa abbastanza ardua. Soprattutto per
chi, come me, si accinge a doverlo dirigere seduto nella platea di quello che è
il teatro più famoso in Italia (e, forse, in Europa) proprio per questo genere
di spettacolo. L'intento è quello di proporre al pubblico una storia fatta di
sentimenti puri, veri, genuini non contaminati e mistificati come sono ai
nostri giorni.
Uno spettacolo fatto di attori, di musica, di balletti, di scenografie e di
costumi. Tutte facce della stessa medaglia e tutte importanti allo stesso
modo'.
In breve la storia. In uno dei più antichi rioni di Roma vivono due giovani
bulli, Romolo e Salvatore. Romolo fa il bagnino in uno stabilimento balneare
sul Tevere e Salvatore è commesso in un negozio di dischi. I due sono amici
intimi ed anche le loro famiglie sono tra loro legate. Non lontano dalla loro
casa apre bottega un sarto che ha una bella figliola, Giovanna. I due giovani
si mettono a fare la corte alla ragazza. Giovanna è in dubbio e non sa
decidersi. Alla fine si promette a Salvatore, ma quando Romolo finge di
uccidersi per il dispiacere, le cose tornano al punto di prima. E così
continuerebbero se Giovanna non incontrasse un precedente fidanzato, del quale
è ancora innamorata. Rimasti soli i due ragazzi si accorgono dell'amore provato
nei loro confronti dalla sorella dell'amico. Così alla fine Salvatore
s'innamorerà della sorella di Romolo e Romolo di quella di Salvatore.
abbonamento intera stagione da giovedì 22 a domenica 25 gennaio
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TEATRO DI ROMA – ELLEDIEFFE
presentano
La compagnia di teatro di luca de filippo
in
FILUMENA MARTURANO
di
Eduardo De Filippo
con
LINA SASTRI
LUCA DE FILIPPO
e
NICOLA DI PINTO, ANTONELLA MOREA
GIUSEPPE RISPOLI, GIOIA MIALE, DANIELE RUSSO
ANTONIO D’AVINO, CHIARA DE CRESCENZO,
CARMINE BORRINO, SILVIA MAINO
luci STEFANO STACCHINI
costumi CRISTIANA LAFAYETTE
scene ENRICO JOB
regia FRANCESCO ROSI
Filumena Marturano, donna del popolo, ex prostituta, tolta dal postribolo da un
napoletano borghese e benestante, Domenico Soriano, tenuta per venticinque anni
nella casa di lui come amante, pur se in condizioni di inferiorità; autrice di
uno stratagemma per farsi sposare “ in extremis ” dall’uomo che vuol porre fine
al legame perché si è innamorato di una giovane che vuole sposare, è una delle
commedie che Eduardo definiva “ commedie sociali ” .
Rappresentata per la prima volta al Politeama di Napoli il 7 novembre 1946,
“ F ilumena Marturano ” è, delle commedie di Eduardo, la più rappresentata in
tutto il mondo.
Filumena conduce il filo del dramma con la sapienza e la determinazione dovute
al sentimento di una maternità tenuta segreta per anni e poi rivelata. Filumena
ha tre figli, avuti da tre uomini diversi, li ha voluti, li ha cresciuti, li ha
assistiti, rimanendo nell’ombra senza mai rivelarsi come madre. Solo di uno è
sicura la paternità, il figlio di Domenico Soriano, ma Domenico non lo sa e non
lo deve sapere. Quando Filumena decide che lo deve sapere e glielo dirà, non
gli dirà altro, chi è, come si chiama, come vive: perché “ i figli sono figli ”
e devono essere tutti uguali, quelli di cui si conosce la paternità e quelli di
cui non la si conosce.
La commedia di Eduardo porta al pubblico il problema dei diritti dei figli
illegittimi mentre nello stesso tempo l’Assemblea Costituente svolgeva un
dibattito sulla famiglia e sui figli nati fuori dal matrimonio. La tematica
affrontata da Eduardo trova riscontro nell’impegno dell’Assemblea Costituente e
offre materia di riflessione per affrontare il drammatico problema. Il 23
aprile 1947 l’Assemblea Costituente approva l’articolo che stabilisce il
diritto-dovere dei genitori di mantenere, istruire e educare anche i figli nati
fuori dal matrimonio. Nel febbraio del 1955 verrà approvata la legge che
abolirà l’uso dell’espressione “ figlio di N.N. ”
“ D immelo chi è mio figlio, la carne mia, il sangue mio. Me lo devi dire, per te
stessa, per non dare l’impressione che fai un ricatto, io ti sposo lo stesso,
te lo giuro ” Domenico Soriano non rinuncia a conoscere di chi è il padre.
Filumena ha vinto la battaglia, ma non cede: “ Ti ho voluto bene con tutta la
forza della vita mia e come hai voluto tu. Agli occhi miei tu eri un Dio. E
ancora ti voglio bene, forse meglio di prima: non me lo chiedere più. Tu devi
essere forte. Perché per il bene che ti voglio, perciò ti ho detto non
piangere, perché in un momento di debolezza… E sarebbe la nostra rovina,
specialmente la tua, soprattutto per te io non te lo dico. Cominceresti a
pensare: e perché non glielo posso dire che sono il padre? E gli altri due che
sono, che diritto hanno?.... L’inferno. E noi ci dobbiamo solamente voler bene…
Abbiamo tanto bisogno di volerci bene, tutti quanti. ”
Domenico Soriano sposa Filumena Marturano, i tre figli si chiameranno Soriano,
avranno gli stessi diritti tutti e tre, e lo stesso amore.
abbonamento intera stagione da giovedì 5 a domenica 8 febbraio
abbonamento a 5 spettacoli martedì 3 e mercoledì 4 febbraio
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KHORA TEATRO
presenta
ALESSANDRO PREZIOSI
in
AMLETO
di
William Shakespeare
regia ARMANDO PUGLIESE
Amleto è un giovane che lotta, con armi impari e proprio con le armi del teatro
contro il potere; un potere che nasconde dietro cerimoniali impeccabili, dietro
un’apparenza accattivante, tutta la sua brutalità e le sue raffinate forme di
controllo, da un’educazione repressiva a un sistema di sorveglianza senza
smagliature.
Siamo quindi interessati alla dimensione “ politica ” e metaforica del testo e
dal tentativo di recuperarla in tutta la sua attualità, senza facili
attualizzazioni.
Ben consapevoli che la natura del teatro è comunque poco rassicurante e
nasconde trappole.
Lo sapeva bene proprio Amleto, che sceglie il teatro per “ p rendere in trappola
la coscienza del re” .
L’occasione per la messa in scena dell’Amleto è il 60° anniversario del
festival teatrale shakespeariano al Teatro romano di Verona ( 1 luglio 2008).
Amleto, oggi
“ H o udito che delle persone colpevoli, assistendo ad una rappresentazione, a
causa dello stesso artificio messo in scena, furono così turbate fin dal
profondo dell’anima da confessare pubblicamente e senza indugio i loro crimini.
La rappresentazione del dramma sarà la cosa con cui coglierò in trappola la
coscienza del re ” (W. Shakespeare, Amleto, II,2)
Mettere in scena Amleto è un tentativo di raccontare con parole potenti come
sono quelle di Shakespeare qualcosa che ci riguarda e che riguarda il tempo che
stiamo vivendo, il nostro tempo. Attraverso Amleto vogliamo parlare di noi e di
oggi con la pretesa di tornare al compito fondamentale del teatro classico e
dell’arte essere specchio del mondo in cui vive e interrogarlo sulle sue
questioni essenziali, prendere una distanza proprio per riflettere.
Una interrogazione a distanza che nessuno di noi nella quotidianità travolta
dal vortice delle cose può avere o avere il tempo di avere.
Spesso ci capita di trovarci di fronte, mediaticamente, ad una realtà che ci
lascia frustrati come incapaci di “ alterare ” l’ordine immorale del succedersi
delle cose e tanto è lo sconforto, l’impotenza, che ci rende sordi e ciechi
verso un Male che abbiamo già riconosciuto, come crepa verticale e profonda
della nostra società.
Contro il malcostume del nostro tempo il Principe di Danimanrca ci mostra il
suo lato più debole, aggirare la realtà, rifugiarsi nella sua fragilità, ma
consegna allo spettatore una chiave che deve aprire porte rispetto alle quali
lo stesso Amleto rimane nascosto.
Forza e debolezza, impulsività e calcolo, sensibilità e riflessione: tutto è
estremo in lui, che con il suo idealismo si pone sulla scena a testimoniare,
assieme a un dramma personale, i conflitti e le aspirazioni di ogni giovane
contemporaneo che abbia una concezione dell’esistenza e intanto debba
sperimentarne la corruttibilità.
La tragedia classica riscopre la sua forza e la sua attualità, nella non banale
coincidenza con la ricorrenza del quarantennale del ’68, sottolineando il tema
dell’atavico conflitto tra “ padri ” usurpatori e figli: i primi che non
accettano il cambiamento e impongono ai giovani una società ormai superata, e
le nuove generazioni, che tentano di non farsi sopraffare da aspettative
esagerate e ambizioni irraggiungibili.
abbonamento intera stagione da giovedì 19 a domenica 22 febbraio
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NUOVO TEATRO diretta da Marco Balsamo
in cooproduzione con GLI IPOCRITI
in collaborazione con TEATRO ELISEO
presenta
IL DIO DELLA CARNEFICINA
di Yasmina Reza
con in o.a.
ANNA BONAIUTO
ALESSIO BONI
MICHELA CESCON
SILVIO ORLANDO
scene e costumi GIANNI CARLUCCIO
regia ROBERTO ANDO’
La scrittrice francese Yasmina Reza (1959), comincia come attrice lavorando in
varie spettacoli moderni ma anche in classici come Molière e Marivaux. Nel 1987
scrive la sua prima pièce: Conversations après un enterrement (Conversazioni
dopo una sepoltura) con cui vince il Molière Award come migliore autore.
Traduce La Metamorfosi di Kafka per Roman Polanski per cui viene nominata per
il Molière Award come migliore traduttrice. La sua seconda pièce La traversée
de l’hiver (La traversata dell’inverno) nel 1990 vince un altro Molière award e
il successivo L’homme du Hasard (L’uomo del caso) riscuote grande successo in
tutta europa e anche in America. Nel 1994 scrive Art (Arte) il capolavoro con
cui vince l’anno successivo un altro Molière Award come migliore autore, il
testo viene riprodotto in tutto il mondo e tradotto in più di 30 lingue. Tra i
lavori più importanti troviamo: Una desolazione, L’alba la sera o la notte,
Uomini incapaci di farsi amare. Nel 2006 arriva Dieu du carnage (Dio della
carneficina) messo in scena l’anno successivo con la regia di Jurge Gosch vince
il Viennese Nestroy-Theatreprize come miglior performance in lingua tedesca
dell’anno. Debutta l’anno successivo a Londra con la regia di Matthew Warchus,
la traduzione di Christopher Hampton, protagonista Ralph Finnes.
Il Dio della carneficina racconta la storia di due coppie di genitori che si
confrontano sulla questione di come raddrizzare il comportamento ribelle dei
propri figli. Ma come andrà a finire? Sarà possibile una discussione calma e
civile tra persone adulte? O diventerà una notte di isteria tra insulti,
capricci e lacrime? I ragazzi sono ragazzi si sa, ma gli adulti finiscono per
comportarsi anche peggio!
«In tutto quello che ho scritto, credo che il tempo sia l'unico soggetto. Gli
uomini, in particolare gli uomini di azione , cercano in tutti i modi di
distrarsi dalla morte. Intraprendono con essa una corsa perduta e vana ma che
può dare l'illusione di vivere. ”
Yasmina Reza
abbonamento intera stagione da giovedì 5 a domenica 8 marzo
abbonamento a 5 spettacoli martedì 3 e mercoledì 4 marzo
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PRODUZIONE ZOCOTOCO SRL
presenta
LA SIRENA
legge
LUCA ZINGARETTI
reading dal racconto Lighea di Giuseppe Tomasi di Lampedusa
musiche di GERMANO MAZZOCCHETTI
drammaturgia e regia di LUCA ZINGARETTI
Nel tardo autunno del 1938 due uomini si incontrano in una Torino a entrambi
estranea. Paolo Corbèra è nato a Palermo, giovane laureato in Giurisprudenza,
lavora come redattore de "La Stampa". Rosario La Ciura è nato ad Aci Castello,
ha settantacinque anni, ed oltre ad essere senatore, è il più illustre
ellenista del tempo, autore di una stimata opera di alta erudizione e di viva
poesia. Il primo risiede in un modesto alloggio di via Peyron e, deluso da
avventure amorose di poco valore, si trova "in piena crisi di misantropia". Il
secondo vive in "un vecchio palazzo malandato" di via Bertola ed è "infagottato
in un cappotto vecchio con colletto di un astrakan spelacchiato", legge senza
tregua riviste straniere, fuma sigari toscani e sputa spesso.
I due sconosciuti si incontrano in un caffé di via Po ("una specie di Ade" o
"un adattissimo Limbo") e, a poco a poco, entrano in una garbata e cordiale
confidenza. Tra riflessioni erudite, dialoghi sagaci, battute cinicamente
ironiche, i due trascorrono il tempo conversando di letteratura, di antichità,
di vecchie e nuove abitudini di vita. In un immaginario viaggio, geografico e
temporale tra il Nord e il Sud, emerge un mondo costruito sulla passione e
l’estasi. Alle iniziali avventure del giovane con "sgualdrinelle ammalate e
squallide (...), di un’eleganza fatta di cianfrusaglie e di moinette apprese al
cinema, a pesca di bigliettucci di banca untuosi nelle tasche dell’amante" si
sostituisce, in modo tanto sinuoso quanto dirompente, l’amore del vecchio per
una creatura dal sorriso che esprime "bestiale gioia di esistere, una quasi
divina letizia", dal "profumo mai sentito, un odore magico di mare", dalla voce
che pare un canto.
Nonostante Giuseppe Tomasi di Lampedusa sia noto soprattutto per Il Gattopardo,
se si osserva la pur modesta opera letteraria dell’autore, non si può far a
meno di annoverare tra i suoi capolavori anche quel piccolo gioiello che è
Lighea.
Pubblicato postumo nel 1961 per i tipi di Feltrinelli, questo racconto
affascina sotto innumerevoli aspetti. Colpiscono le raffinate scelte semantiche
che spaziano dall’italiano forbito al dialetto popolano, la precisa e attenta
costruzione della sintassi, le scrupolose descrizioni di luoghi, personaggi,
eventi, ma soprattutto sensazioni. Dalle pagine del racconto ambientato nella
fredda Torino emerge con vigore la calda Sicilia: l’odore della salsedine, il
sapore dei ricci di mare, il profumo di rosmarino sui Nèbrodi, il gusto del
miele di Melilli, le raffiche di profumo degli agrumeti, "l’incanto di
Castellammare, quando le stelle si specchiano nel mare che dorme e lo spirito
di chi è coricato riverso fra i lentischi si perde nel vortice del cielo mentre
il corpo, teso e all’erta,teme l’avvicinarsi dei demoni".
Di tutte queste sensazioni si arricchisce lo spettacolo La Sirena, accompagnato
dalle musiche del Maestro Germano Mazzocchetti, di cui Luca Zingaretti non è
solo interprete ma anche curatore della regia e dell’adattamento drammaturgico,
trova spazio, in un percorso tra la carnalità del Presente e la spiritualità
dell’Antichità, la ricchezza della poesia della terra siciliana su cui sembra
palpitare quella melensa e liquorosa stasi del vivere che connota gran parte
dei paesaggi e degli uomini.
abbonamento intera stagione da giovedì 12 a domenica 15 marzo
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ALTERA ACTIONE
presenta
RISVEGLIO DI PRIMAVERA
(1891)
di Frank Wedekind
Traduzione e adattamento di Lorenzo Amato
regia LORENZO AMATO
La solitudine degli adolescenti, il dramma della crescita nell’assenza di
interlocutori adeguati. Genitori all’epoca repressivi, oggi distrattamente
superficiali, istituzione scolastica che non dava e continua a non dare
risposte sufficienti e le inevitabili tragiche conseguenze (suicidi gratuiti,
esperienze sessuali malate) sono le principali tematiche di Risveglio di
Primavera.
F.Wedekind, a soli 27 anni, denunciava lo smarrimento adolescenziale di fronte
alle prime pulsioni sessuali, alle prorompenti energie vitali che, ignorate o
mal tollerate dagli adulti, possono esplodere in direzioni drammatiche.
La mia traduzione-adattamento ha avuto come scopo primario la portabilità in
scena di un testo altrimenti oggigiorno non rappresentabile (37 personaggi, 19
ambienti diversi). Inoltre, si è prefisso di alleggerire il dramma originale
soprattutto dalle sue abbondanti note grottesche spesso forzate, artificiose e
bozzettistiche, per concentrare invece l’attenzione sulle vicende dei giovani
protagonisti.
Questa operazione sul testo, ha costituito un punto di partenza sul quale sono
intervenuto insieme agli attori per assicurare la massima efficacia e resa sul
pubblico che per me resta il fine di qualunque messa in scena.
Il linguaggio utilizzato è “ alto ” , spesso poetico, carico di sospensioni ed
accenti enfatici che, se da una parte rendono bene il disorientamento dei
giovani protagonisti, dall’altra sembrano voler nascondere od abbellire istinti
e pulsioni di cui si ha paura.
E’ stato per me importante cercare di aiutare il più possibile i giovani
protagonisti a penetrare questo linguaggio, da loro percepito come vicino, per
le tematiche ancora così tragicamente attuali, ma, allo stesso tempo,
tremendamente distante per costruzione sintattica e scelta di vocaboli, e a
farlo vivere con tutta la forza che possiede.
Per quanto riguarda la messa in scena, la mia prima preoccupazione è stata
quella di cercare di rendere fluido e continuo il susseguirsi delle brevi e
numerose scene che compongono quest’opera, eliminando la divisione originaria
in tre atti, ed evitando il più possibile di inserire il “ b uio ” tra una scena
e l’altra.
Ho cercato insomma di creare una sorta di lungo piano sequenza, dove l’azione
si svolgesse senza interruzioni, e gli eventi precipitassero inesorabilmente
verso il tragico finale.
Per fare questo, già molto tempo prima di cominciare le prove, avevo disegnato
un vero e proprio story board di tipo cinematografico dell’intera messa in
scena, che ha costituito la base di quella che, grazie alla creatività di
Cristina Gaetano, è diventata la scenografia vera e propria dello spettacolo.
Insieme, siamo gradualmente arrivati alla definizione di uno spazio scenico
allo stesso tempo realistico (costumi, elementi d’arredo e decorativi d’epoca)
e fantastico: lo spettatore è come se vedesse attraverso una lente
d’ingrandimento la stanza di un bambino lasciato crescere in solitudine e poi
abbandonato.
La natura, fuori controllo, proprio come gli impulsi dei giovani protagonisti,
si è impadronita di questa stanza, penetrandone il pavimento, sfondando
soffitti e pareti.
All’interno di questo ambiente fantastico, i personaggi degli adulti hanno
occupato quella che doveva essere una casetta giocattolo del bambino, uno
spazio angusto, una gabbia senza vie d’uscita, dove crescono ed educano i loro
figli come uccellini in una voliera.
Solo ai giovani è consentito agire negli altri spazi, ma la loro libertà di
movimento è solo apparente ed è comunque segnata da un destino tragico: il
precipizio inevitabile per chi, pur avendo le ali, non hai mai avuto nessuno
che gli insegnasse a volare.
Lorenzo Amato
abbonamento intera stagione da giovedì 26 a domenica 29 marzo