PH.D. presenta LUCIO DALLA in IL CONTRARIO DI ME tour teatrale Dopo continui impegni tra regie teatrali, performance con grandi orchestre (Royal Philarmonic Orchestra, Orchestra Ciaikovskij di S. Pietroburgo) e concerti-evento in grandi spazi, il cantautore “ a tutto campo ” torna in teatro privilegiando spazi più raccolti per potersi rivolgere al suo pubblico direttamente, faccia a faccia, occhi negli occhi, con scenografie teatrali, musicisti a 360 gradi e alcuni momenti di vera e propria recitazione “ m usicalizzata ” , con brani scritti da lui stesso e recitati dall’attore Marco Alemanno già Arlecchino nell’ultima regia di Dalla al festival di Wexford in Irlanda. La scelta del cantautore bolognese di tornare in teatro per cantare i suoi successi, ormai diventati memoria storica per il pubblico di molte generazioni, nasce dal consenso che ha ottenuto il suo disco “ Il contrario di me ” uscito, oltre che nei negozi di dischi anche, e per la prima volta in Italia, in tutte le edicole. Sul palco i suoi fedeli musicisti (Bruno Mariani e Ricky Portera alle chitarre; Roberto Costa al basso, Fabio Coppini alle tastiere, Gionata Colaprisca alle percussioni, Maurizio dei Lazzaretti alla batteria, vocalist Iskra Menarini) e l’attore Marco Alemanno che oltre a cantare la canzone del nuovo album “ I .N.R.I. ” in duetto con Lucio è uno dei produttori (con Dalla) del disco. Le scenografia e l’allestimento sono curate da Italo Grassi. La produzione del tour è di Bruno Sconocchia per Ph.D. srl abbonamento intera stagione da giovedì 30 ottobre a domenica 2 novembre abbonamento a 5 spettacoli martedì 28 e mercoledì 29 ottobre ____________________________________________________________________________________ ________________ DOPPIAEFFE - COMPAGNIA DI PROSA MARIANO RIGILLO presenta MARIANO RIGILLO ANNA TERESA ROSSINI in ROMOLO, IL GRANDE Una commedia storica che non si attiene alla storia di Friedrich Dürrenmatt traduzione di Aloisio Rendi con NICOLA D’ERAMO, MARTINO DUANE, LUCIANO D’AMICO, PIETRO FAIELLA, NORMA MARTELLI, LILIANA MASSARI, FRANCESCO CUTRUPI, DAVIDE D’ANTONIO FRANCESCO FRANGIPANE, ANTONIO FORNARI, LORENZO PRATICO’, ALFREDO TROIANO scene e costumi LORENZO GHIGLIA musiche LINO PATRUNO disegno luci LUIGI ASCIONE regia ROBERTO GUICCIARDINI Mariano Rigillo è da sempre interprete di testi importanti che si evidenziano per messe in scena innovative e apprezzate. L’allestimento di “ R omolo, il Grande” si basa sull’omonimo testo di Friedrick Dùrrenmatt, scrittore svizzero che ha sempre fatto scalpore per il taglio non troppo “ politicamente corretto ” dei suoi romanzi, caratteristica mantenuta viva da Roberto Guicciardini che ne cura la regia. “ C omico e insieme pessimistico, “ R omolo, il Grande ” è, come recita il sottotitolo, una commedia storica che non si attiene alla storia, rappresentando il Tardo Impero Romano alla vigilia della sua caduta. Un impero che era riuscito a sopravvivere basandosi sull’ideale di uno stato autoritario oppressivo e violento, è ora allo sfacelo e il suo Imperatore, per tutta risposta si consacra unicamente all’allevamento di polli. Inutili gli appelli dell’Imperatrice che vuole risvegliare le ambizioni del regale consorte. A corte gli unici funzionari ancora efficienti sono il cuoco e i due camerieri, mentre l’esercito invasore si appressa sempre di più. Situazioni comiche e satira amara si incrociano verso un epilogo inaspettato. Alla testa dell’Impero c’è un uomo che non vuole più corrispondere alle aspettative, disprezzato da tutti per la sua manifesta debolezza nel comando. In realtà, la maschera del pazzo è solo una simulazione infatti Romolo vuole esprimere il proprio rifiuto per il mondo in cui vive perché non crede più negli ideali su cui si basa. In scena c’è soprattutto un mondo grottesco che non può più essere superato agendo e trasformando, come auspicava Brecht nella sua drammaturgìa, ma può solo essere sofferto e sopportato. Romolo è Grande perchè è l’unico a riconoscere il carattere grottesco della realtà e decidere di recitare il ruolo di clown. Di Romolo vanno colte ironia e autoironia le difese più efficaci contro la disperazione e il senso di impotenza. Quest’ideale di eroismo è proposto in maniera divertente facendo uso di gags cabarettistiche e di esagerazioni grottesche, in un linguaggio insieme espressivo e di grande effetto. ” Roberto Guicciardini abbonamento intera stagione da giovedì 6 a domenica 9 novembre ____________________________________________________________________________________ ________________ BALLANDI ENTERTAINMENT presenta MARIANGELA MELATO in SOLA ME NE VO testo di Vincenzo Cerami, Riccardo Cassini, Mariangela Melato, Giampiero Solari con musicista in scena LORENZO CAPELLI corpo di ballo MARCO BEBBU, STEFANO BENEDETTI, TONY B., EMANUELE PINNA, PAOLO SABATINI, MARCELLO SACCHETTA musicisti in video RUGGERO BRUNETTI – chitarra, ROBERTO GALLINELLI – basso, CRISTIANO MICALIZZI – batteria, FERNANDO BRUSCO – tromba, LUCA GIUSTOZZI – trombone, CLAUDIO PIZZALE - sassofono PRISCA AMORI – violino, ADRIANA ESTER GALLO – violino, ROSARIA PANEBIANCO viola GIUSEPPE TORTORA – violoncello, MASSIMILIANO PITOCCO – bandoneon musiche LEONARDO DE AMICIS coreografie LUCA TOMMASSINI impianto scenico e luci MARCELLO JAZZETTI costumi FRANCESCA SCHIAVON regia di GIAMPIERO SOLARI Dopo l’enorme successo ottenuto nella passata stagione, Mariangela Meleto torna a teatro con il suo spettacolo Sola me ne vo, spettacolo teatrale che la propone in una veste completamente insolita. In questo spettacolo la grande attrice italiana si confronta con un genere per lei nuovo, il “ One woman Show ” , nel quale racconta storie, recita monologhi intensi e brillanti, canta e balla affiancata da ballerini e musicisti. Mariangela Melato ci offre una carrellata di storie inventate e storie vissute, fa considerazioni personali sul modo di vedere la vita, cita testi teatrali di Brecht, Gaber, Shakespeare, Tennesee Williams. Ci racconta della sua Milano degli anni ’60 e dei suoi inizi nel mondo del Teatro. Ci racconta di sé come attrice e come donna che con orgoglio ha fatto della solitudine una scelta di vita ed è così, sola, che si presenta sul palco al suo pubblico. Sola me ne vo è una parentesi diversa nel percorso teatrale della Melato e al tempo stesso la grande prova di un’attrice, che arrivata al culmine della sua carriera, si rimette in gioco misurandosi con un genere completamente nuovo, elegante ed originale con testi che portano la firma di Vincenzo Cerami, Giampiero Solari, Riccardo Cassini e Mariangela Melato. Le musiche originali e gli arrangiamenti delle canzoni sono del maestro Leonardo De Amicis, le coreografie originali di Luca Tommassini. La regia è affidata a Giampiero Solari. Una squadra che ha già collaborato in diverse occasioni e che non a caso si è riunita intorno a questa grande artista. Con Sola me ne vo la Ballandi Entertainment amplia il suo sforzo produttivo a 360° nel mondo dello spettacolo italiano e consolida il suo impegno nel Teatro al fianco di una grande artista come Mariangela Melato, prima attrice e simbolo del Teatro italiano. abbonamento intera stagione da giovedì 20 a domenica 23 novembre abbonamento a 5 spettacoli martedì 18 e mercoledì 19 novembre ____________________________________________________________________________________ ________________ GLI IPOCRITI presenta ISA DANIELI in MADRE CORAGGIO di Bertolt Brecht rielaborazione del testo Antonio Tarantino, traduzione Roberto Menin con ALARICO SALAROLI, MARCO ZANNONI, LELLO SERAO, ARIANNA SCOMMEGNA XENIA BEVITORI, CARLO CARACCIOLO, MATTEO CREMON, ANTONIO FABBRI, TIZIANO FERRARI, VESNA HROVATIN, PAOLO LI VOLSI, FABIO MASCAGNI, AURORA PERES, SERGIO RAIMONDI, LUIGI TABITA, SHI YANG scene BRUNO BUONINCONTRI costumi GIANLUCA FALASCHI musiche PASQUALE SCIALÒ luci CESARE ACCETTA regia CRISTINA PEZZOLI Bertolt Brecht (Augusta 10 febbraio 1898 – Berlino 14 agosto 1956) nel 1939, durante il suo soggiorno in Danimarca, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, scrisse “ M adre Coraggio e i suoi figli ” ; la prima rappresentazione avvenne a Zurigo nel 1941. L’opera teatrale “ Madre Courage e i suoi figli ” sottotitolo “ Una cronaca dalla guerra dei Trent’anni ” porta in scena le vicende verificatesi tra il 1624 ed il 1636 nel corso della guerra dei trent’anni (1618-1648); il conflitto fra Cattolici e Protestanti nel Sacro Romano Impero fornì alle potenze europee il pretesto per dare il via ad una lotta che segnò la fine dell’egemonia asburgica in Germania e la sconfitta della Controriforma, cosa che provocò ingenti perdite demografiche e grave decadenza economica in particolar modo alla Germania. La protagonista del dramma è Anna Fierling, vivandiera/commerciante detta Madre Coraggio per aver sfidato le cannonate, durante l’assedio per portare a termine il suo commercio di pagnotte ammuffite. Gli affari vengono prima di tutto e, pur essendo bravissima nel suo “ lavoro ” , ciò non toglie che esso si basi prevalentemente sulla miseria e sulla sventura degli altri. Padrona di un carro, che utilizza sempre nei vari spostamenti, è accompagnata nel suo “ viaggio di lavoro ” dai tre figli che, giusto per inciso, hanno tre cognomi diversi considerato che Madre Coraggio non ricorda nemmeno i nomi dei padri con certezza. Schweizerkas è il figlio buono e onesto che, per troppa onestà, si fa uccidere da un sergente disonesto; Eilif, che è forte e robusto, aiuta la madre a spingere il carro e a fare affari, ma il brigadiere e il reclutatore lo portano via, arruolandolo nell’esercito; fortuna che Madre Coraggio segue sempre gli eserciti e ha modo di rivederlo tra un’eroica azione e l’altra e tra un massacro di contadini e un sequestro di bestiame. Arriva una pace temporanea, Eilif sarà processato e ucciso come criminale per le azioni commesse in guerra. Kattrin, la figlia muta, che sente di essere un grave peso per la madre, vive nella speranza della pace che difficilmente potrà arrivare così come il marito che lei sogna. Fortuna che la madre non l’abbandona dopo la morte dei fratelli e dopo che un cuoco le propone di buttar via Kattrin e andare a vivere con lui. Sarà l’unica vera eroina di tutta questa tragedia! Morirà per salvare la città e fermare la guerra. Per Madre Coraggio nemmeno i figli contano, vorrebbe tenerli fuori dalla guerra, ma non può fare a meno di sacrificarli o comprometterli “ n ella guerra…..in fondo, lo dice anche il brigadiere nella prima scena “ è impossibile pensare di poter vivere della guerra, senza pagarle gli interessi ” . Madre Coraggio, nonostante la perdita dei figli, non capisce che la guerra è un affare solo per potenti e pensa di poterne fare un affare personale al seguito degli eserciti in lotta. Durante le sue peregrinazioni per l’Europa, Madre Coraggio incontra soldati e reclutatori senza scrupoli, una prostituta e un generale, un cuoco, un cappellano ecc… una umanità piena di miserie, dolori e cinismi a cui si è costretti ad assistere in guerra. “ l a guerra è solo la continuazione degli affari con altri mezzi, ma i grandi affari non li fanno la povera gente, e nella guerra le virtù umani diventano mortali ” questa è, secondo Brecht, la morale del dramma. “ I l vincolo di un parole con le quali suo destino, la sua modi differenti. E Tarantino) testo, di ogni testo, non è la sua assoluta necessità, in ordine alle è stato creato come congegno espressivo, ma è la sua fatalità, ovvero il fortuna. Lo stesso autore avrebbe potuto riscrivere “ la cosa ” in cento in ciò risiede l’infinitezza di un testo, di tutti i testi ” . (Antonio abbonamento intera stagione da giovedì 15 a domenica 18 gennaio abbonamento a 5 spettacoli martedì 13 e mercoledì 14 gennaio ____________________________________________________________________________________ ________________ IL SISTINA E TITANUS presentano BIANCA GUACCERO MICHELE CARFORA in POVERI MA BELLI un'idea di Pietro Garinei e Guido Lombardo Progetto artistico di Enzo Garinei scritto da MASSIMILIANO BRUNO e EDOARDO FALCONE musiche di GIANNI TOGNI coreografie di FRANCO MISERIA scene di MARCO CALZAVARA costumi di GIOVANNI CIACCI regia di MASSIMO RANIERI Con Poveri Ma Belli, Il Sistina presenta un grande spettacolo musicale nella tradizione di quelli targati 'Garinei e Giovannini'. Poveri Ma Belli è stato un film di grande successo degli anni 50/60, diretto da Dino Risi, interpretato da un gruppo di attori allora di moda e prodotto dalla Titanus di Goffredo Lombardo. Lo spettacolo ha incuriosito e interessato il mondo teatrale italiano tant'è che è già richiesto in tutta Italia ed ha in programma una lunga tournèe che partirà proprio dal Teatro Sistina.. Nel ruolo della protagonista Bianca Guaccero. Il resto del cast è attualmente in via di definizione. Dice Massimo Ranieri, il regista: 'Portare in scena, in commedia musicale, il film Poveri Ma Belli, grande commedia dedicata a Roma, è impresa abbastanza ardua. Soprattutto per chi, come me, si accinge a doverlo dirigere seduto nella platea di quello che è il teatro più famoso in Italia (e, forse, in Europa) proprio per questo genere di spettacolo. L'intento è quello di proporre al pubblico una storia fatta di sentimenti puri, veri, genuini non contaminati e mistificati come sono ai nostri giorni. Uno spettacolo fatto di attori, di musica, di balletti, di scenografie e di costumi. Tutte facce della stessa medaglia e tutte importanti allo stesso modo'. In breve la storia. In uno dei più antichi rioni di Roma vivono due giovani bulli, Romolo e Salvatore. Romolo fa il bagnino in uno stabilimento balneare sul Tevere e Salvatore è commesso in un negozio di dischi. I due sono amici intimi ed anche le loro famiglie sono tra loro legate. Non lontano dalla loro casa apre bottega un sarto che ha una bella figliola, Giovanna. I due giovani si mettono a fare la corte alla ragazza. Giovanna è in dubbio e non sa decidersi. Alla fine si promette a Salvatore, ma quando Romolo finge di uccidersi per il dispiacere, le cose tornano al punto di prima. E così continuerebbero se Giovanna non incontrasse un precedente fidanzato, del quale è ancora innamorata. Rimasti soli i due ragazzi si accorgono dell'amore provato nei loro confronti dalla sorella dell'amico. Così alla fine Salvatore s'innamorerà della sorella di Romolo e Romolo di quella di Salvatore. abbonamento intera stagione da giovedì 22 a domenica 25 gennaio ____________________________________________________________________________________ ________________ TEATRO DI ROMA – ELLEDIEFFE presentano La compagnia di teatro di luca de filippo in FILUMENA MARTURANO di Eduardo De Filippo con LINA SASTRI LUCA DE FILIPPO e NICOLA DI PINTO, ANTONELLA MOREA GIUSEPPE RISPOLI, GIOIA MIALE, DANIELE RUSSO ANTONIO D’AVINO, CHIARA DE CRESCENZO, CARMINE BORRINO, SILVIA MAINO luci STEFANO STACCHINI costumi CRISTIANA LAFAYETTE scene ENRICO JOB regia FRANCESCO ROSI Filumena Marturano, donna del popolo, ex prostituta, tolta dal postribolo da un napoletano borghese e benestante, Domenico Soriano, tenuta per venticinque anni nella casa di lui come amante, pur se in condizioni di inferiorità; autrice di uno stratagemma per farsi sposare “ in extremis ” dall’uomo che vuol porre fine al legame perché si è innamorato di una giovane che vuole sposare, è una delle commedie che Eduardo definiva “ commedie sociali ” . Rappresentata per la prima volta al Politeama di Napoli il 7 novembre 1946, “ F ilumena Marturano ” è, delle commedie di Eduardo, la più rappresentata in tutto il mondo. Filumena conduce il filo del dramma con la sapienza e la determinazione dovute al sentimento di una maternità tenuta segreta per anni e poi rivelata. Filumena ha tre figli, avuti da tre uomini diversi, li ha voluti, li ha cresciuti, li ha assistiti, rimanendo nell’ombra senza mai rivelarsi come madre. Solo di uno è sicura la paternità, il figlio di Domenico Soriano, ma Domenico non lo sa e non lo deve sapere. Quando Filumena decide che lo deve sapere e glielo dirà, non gli dirà altro, chi è, come si chiama, come vive: perché “ i figli sono figli ” e devono essere tutti uguali, quelli di cui si conosce la paternità e quelli di cui non la si conosce. La commedia di Eduardo porta al pubblico il problema dei diritti dei figli illegittimi mentre nello stesso tempo l’Assemblea Costituente svolgeva un dibattito sulla famiglia e sui figli nati fuori dal matrimonio. La tematica affrontata da Eduardo trova riscontro nell’impegno dell’Assemblea Costituente e offre materia di riflessione per affrontare il drammatico problema. Il 23 aprile 1947 l’Assemblea Costituente approva l’articolo che stabilisce il diritto-dovere dei genitori di mantenere, istruire e educare anche i figli nati fuori dal matrimonio. Nel febbraio del 1955 verrà approvata la legge che abolirà l’uso dell’espressione “ figlio di N.N. ” “ D immelo chi è mio figlio, la carne mia, il sangue mio. Me lo devi dire, per te stessa, per non dare l’impressione che fai un ricatto, io ti sposo lo stesso, te lo giuro ” Domenico Soriano non rinuncia a conoscere di chi è il padre. Filumena ha vinto la battaglia, ma non cede: “ Ti ho voluto bene con tutta la forza della vita mia e come hai voluto tu. Agli occhi miei tu eri un Dio. E ancora ti voglio bene, forse meglio di prima: non me lo chiedere più. Tu devi essere forte. Perché per il bene che ti voglio, perciò ti ho detto non piangere, perché in un momento di debolezza… E sarebbe la nostra rovina, specialmente la tua, soprattutto per te io non te lo dico. Cominceresti a pensare: e perché non glielo posso dire che sono il padre? E gli altri due che sono, che diritto hanno?.... L’inferno. E noi ci dobbiamo solamente voler bene… Abbiamo tanto bisogno di volerci bene, tutti quanti. ” Domenico Soriano sposa Filumena Marturano, i tre figli si chiameranno Soriano, avranno gli stessi diritti tutti e tre, e lo stesso amore. abbonamento intera stagione da giovedì 5 a domenica 8 febbraio abbonamento a 5 spettacoli martedì 3 e mercoledì 4 febbraio ____________________________________________________________________________________ ________________ KHORA TEATRO presenta ALESSANDRO PREZIOSI in AMLETO di William Shakespeare regia ARMANDO PUGLIESE Amleto è un giovane che lotta, con armi impari e proprio con le armi del teatro contro il potere; un potere che nasconde dietro cerimoniali impeccabili, dietro un’apparenza accattivante, tutta la sua brutalità e le sue raffinate forme di controllo, da un’educazione repressiva a un sistema di sorveglianza senza smagliature. Siamo quindi interessati alla dimensione “ politica ” e metaforica del testo e dal tentativo di recuperarla in tutta la sua attualità, senza facili attualizzazioni. Ben consapevoli che la natura del teatro è comunque poco rassicurante e nasconde trappole. Lo sapeva bene proprio Amleto, che sceglie il teatro per “ p rendere in trappola la coscienza del re” . L’occasione per la messa in scena dell’Amleto è il 60° anniversario del festival teatrale shakespeariano al Teatro romano di Verona ( 1 luglio 2008). Amleto, oggi “ H o udito che delle persone colpevoli, assistendo ad una rappresentazione, a causa dello stesso artificio messo in scena, furono così turbate fin dal profondo dell’anima da confessare pubblicamente e senza indugio i loro crimini. La rappresentazione del dramma sarà la cosa con cui coglierò in trappola la coscienza del re ” (W. Shakespeare, Amleto, II,2) Mettere in scena Amleto è un tentativo di raccontare con parole potenti come sono quelle di Shakespeare qualcosa che ci riguarda e che riguarda il tempo che stiamo vivendo, il nostro tempo. Attraverso Amleto vogliamo parlare di noi e di oggi con la pretesa di tornare al compito fondamentale del teatro classico e dell’arte essere specchio del mondo in cui vive e interrogarlo sulle sue questioni essenziali, prendere una distanza proprio per riflettere. Una interrogazione a distanza che nessuno di noi nella quotidianità travolta dal vortice delle cose può avere o avere il tempo di avere. Spesso ci capita di trovarci di fronte, mediaticamente, ad una realtà che ci lascia frustrati come incapaci di “ alterare ” l’ordine immorale del succedersi delle cose e tanto è lo sconforto, l’impotenza, che ci rende sordi e ciechi verso un Male che abbiamo già riconosciuto, come crepa verticale e profonda della nostra società. Contro il malcostume del nostro tempo il Principe di Danimanrca ci mostra il suo lato più debole, aggirare la realtà, rifugiarsi nella sua fragilità, ma consegna allo spettatore una chiave che deve aprire porte rispetto alle quali lo stesso Amleto rimane nascosto. Forza e debolezza, impulsività e calcolo, sensibilità e riflessione: tutto è estremo in lui, che con il suo idealismo si pone sulla scena a testimoniare, assieme a un dramma personale, i conflitti e le aspirazioni di ogni giovane contemporaneo che abbia una concezione dell’esistenza e intanto debba sperimentarne la corruttibilità. La tragedia classica riscopre la sua forza e la sua attualità, nella non banale coincidenza con la ricorrenza del quarantennale del ’68, sottolineando il tema dell’atavico conflitto tra “ padri ” usurpatori e figli: i primi che non accettano il cambiamento e impongono ai giovani una società ormai superata, e le nuove generazioni, che tentano di non farsi sopraffare da aspettative esagerate e ambizioni irraggiungibili. abbonamento intera stagione da giovedì 19 a domenica 22 febbraio ____________________________________________________________________________________ ________________ NUOVO TEATRO diretta da Marco Balsamo in cooproduzione con GLI IPOCRITI in collaborazione con TEATRO ELISEO presenta IL DIO DELLA CARNEFICINA di Yasmina Reza con in o.a. ANNA BONAIUTO ALESSIO BONI MICHELA CESCON SILVIO ORLANDO scene e costumi GIANNI CARLUCCIO regia ROBERTO ANDO’ La scrittrice francese Yasmina Reza (1959), comincia come attrice lavorando in varie spettacoli moderni ma anche in classici come Molière e Marivaux. Nel 1987 scrive la sua prima pièce: Conversations après un enterrement (Conversazioni dopo una sepoltura) con cui vince il Molière Award come migliore autore. Traduce La Metamorfosi di Kafka per Roman Polanski per cui viene nominata per il Molière Award come migliore traduttrice. La sua seconda pièce La traversée de l’hiver (La traversata dell’inverno) nel 1990 vince un altro Molière award e il successivo L’homme du Hasard (L’uomo del caso) riscuote grande successo in tutta europa e anche in America. Nel 1994 scrive Art (Arte) il capolavoro con cui vince l’anno successivo un altro Molière Award come migliore autore, il testo viene riprodotto in tutto il mondo e tradotto in più di 30 lingue. Tra i lavori più importanti troviamo: Una desolazione, L’alba la sera o la notte, Uomini incapaci di farsi amare. Nel 2006 arriva Dieu du carnage (Dio della carneficina) messo in scena l’anno successivo con la regia di Jurge Gosch vince il Viennese Nestroy-Theatreprize come miglior performance in lingua tedesca dell’anno. Debutta l’anno successivo a Londra con la regia di Matthew Warchus, la traduzione di Christopher Hampton, protagonista Ralph Finnes. Il Dio della carneficina racconta la storia di due coppie di genitori che si confrontano sulla questione di come raddrizzare il comportamento ribelle dei propri figli. Ma come andrà a finire? Sarà possibile una discussione calma e civile tra persone adulte? O diventerà una notte di isteria tra insulti, capricci e lacrime? I ragazzi sono ragazzi si sa, ma gli adulti finiscono per comportarsi anche peggio! «In tutto quello che ho scritto, credo che il tempo sia l'unico soggetto. Gli uomini, in particolare gli uomini di azione , cercano in tutti i modi di distrarsi dalla morte. Intraprendono con essa una corsa perduta e vana ma che può dare l'illusione di vivere. ” Yasmina Reza abbonamento intera stagione da giovedì 5 a domenica 8 marzo abbonamento a 5 spettacoli martedì 3 e mercoledì 4 marzo ____________________________________________________________________________________ ________________ PRODUZIONE ZOCOTOCO SRL presenta LA SIRENA legge LUCA ZINGARETTI reading dal racconto Lighea di Giuseppe Tomasi di Lampedusa musiche di GERMANO MAZZOCCHETTI drammaturgia e regia di LUCA ZINGARETTI Nel tardo autunno del 1938 due uomini si incontrano in una Torino a entrambi estranea. Paolo Corbèra è nato a Palermo, giovane laureato in Giurisprudenza, lavora come redattore de "La Stampa". Rosario La Ciura è nato ad Aci Castello, ha settantacinque anni, ed oltre ad essere senatore, è il più illustre ellenista del tempo, autore di una stimata opera di alta erudizione e di viva poesia. Il primo risiede in un modesto alloggio di via Peyron e, deluso da avventure amorose di poco valore, si trova "in piena crisi di misantropia". Il secondo vive in "un vecchio palazzo malandato" di via Bertola ed è "infagottato in un cappotto vecchio con colletto di un astrakan spelacchiato", legge senza tregua riviste straniere, fuma sigari toscani e sputa spesso. I due sconosciuti si incontrano in un caffé di via Po ("una specie di Ade" o "un adattissimo Limbo") e, a poco a poco, entrano in una garbata e cordiale confidenza. Tra riflessioni erudite, dialoghi sagaci, battute cinicamente ironiche, i due trascorrono il tempo conversando di letteratura, di antichità, di vecchie e nuove abitudini di vita. In un immaginario viaggio, geografico e temporale tra il Nord e il Sud, emerge un mondo costruito sulla passione e l’estasi. Alle iniziali avventure del giovane con "sgualdrinelle ammalate e squallide (...), di un’eleganza fatta di cianfrusaglie e di moinette apprese al cinema, a pesca di bigliettucci di banca untuosi nelle tasche dell’amante" si sostituisce, in modo tanto sinuoso quanto dirompente, l’amore del vecchio per una creatura dal sorriso che esprime "bestiale gioia di esistere, una quasi divina letizia", dal "profumo mai sentito, un odore magico di mare", dalla voce che pare un canto. Nonostante Giuseppe Tomasi di Lampedusa sia noto soprattutto per Il Gattopardo, se si osserva la pur modesta opera letteraria dell’autore, non si può far a meno di annoverare tra i suoi capolavori anche quel piccolo gioiello che è Lighea. Pubblicato postumo nel 1961 per i tipi di Feltrinelli, questo racconto affascina sotto innumerevoli aspetti. Colpiscono le raffinate scelte semantiche che spaziano dall’italiano forbito al dialetto popolano, la precisa e attenta costruzione della sintassi, le scrupolose descrizioni di luoghi, personaggi, eventi, ma soprattutto sensazioni. Dalle pagine del racconto ambientato nella fredda Torino emerge con vigore la calda Sicilia: l’odore della salsedine, il sapore dei ricci di mare, il profumo di rosmarino sui Nèbrodi, il gusto del miele di Melilli, le raffiche di profumo degli agrumeti, "l’incanto di Castellammare, quando le stelle si specchiano nel mare che dorme e lo spirito di chi è coricato riverso fra i lentischi si perde nel vortice del cielo mentre il corpo, teso e all’erta,teme l’avvicinarsi dei demoni". Di tutte queste sensazioni si arricchisce lo spettacolo La Sirena, accompagnato dalle musiche del Maestro Germano Mazzocchetti, di cui Luca Zingaretti non è solo interprete ma anche curatore della regia e dell’adattamento drammaturgico, trova spazio, in un percorso tra la carnalità del Presente e la spiritualità dell’Antichità, la ricchezza della poesia della terra siciliana su cui sembra palpitare quella melensa e liquorosa stasi del vivere che connota gran parte dei paesaggi e degli uomini. abbonamento intera stagione da giovedì 12 a domenica 15 marzo ____________________________________________________________________________________ ________________ ALTERA ACTIONE presenta RISVEGLIO DI PRIMAVERA (1891) di Frank Wedekind Traduzione e adattamento di Lorenzo Amato regia LORENZO AMATO La solitudine degli adolescenti, il dramma della crescita nell’assenza di interlocutori adeguati. Genitori all’epoca repressivi, oggi distrattamente superficiali, istituzione scolastica che non dava e continua a non dare risposte sufficienti e le inevitabili tragiche conseguenze (suicidi gratuiti, esperienze sessuali malate) sono le principali tematiche di Risveglio di Primavera. F.Wedekind, a soli 27 anni, denunciava lo smarrimento adolescenziale di fronte alle prime pulsioni sessuali, alle prorompenti energie vitali che, ignorate o mal tollerate dagli adulti, possono esplodere in direzioni drammatiche. La mia traduzione-adattamento ha avuto come scopo primario la portabilità in scena di un testo altrimenti oggigiorno non rappresentabile (37 personaggi, 19 ambienti diversi). Inoltre, si è prefisso di alleggerire il dramma originale soprattutto dalle sue abbondanti note grottesche spesso forzate, artificiose e bozzettistiche, per concentrare invece l’attenzione sulle vicende dei giovani protagonisti. Questa operazione sul testo, ha costituito un punto di partenza sul quale sono intervenuto insieme agli attori per assicurare la massima efficacia e resa sul pubblico che per me resta il fine di qualunque messa in scena. Il linguaggio utilizzato è “ alto ” , spesso poetico, carico di sospensioni ed accenti enfatici che, se da una parte rendono bene il disorientamento dei giovani protagonisti, dall’altra sembrano voler nascondere od abbellire istinti e pulsioni di cui si ha paura. E’ stato per me importante cercare di aiutare il più possibile i giovani protagonisti a penetrare questo linguaggio, da loro percepito come vicino, per le tematiche ancora così tragicamente attuali, ma, allo stesso tempo, tremendamente distante per costruzione sintattica e scelta di vocaboli, e a farlo vivere con tutta la forza che possiede. Per quanto riguarda la messa in scena, la mia prima preoccupazione è stata quella di cercare di rendere fluido e continuo il susseguirsi delle brevi e numerose scene che compongono quest’opera, eliminando la divisione originaria in tre atti, ed evitando il più possibile di inserire il “ b uio ” tra una scena e l’altra. Ho cercato insomma di creare una sorta di lungo piano sequenza, dove l’azione si svolgesse senza interruzioni, e gli eventi precipitassero inesorabilmente verso il tragico finale. Per fare questo, già molto tempo prima di cominciare le prove, avevo disegnato un vero e proprio story board di tipo cinematografico dell’intera messa in scena, che ha costituito la base di quella che, grazie alla creatività di Cristina Gaetano, è diventata la scenografia vera e propria dello spettacolo. Insieme, siamo gradualmente arrivati alla definizione di uno spazio scenico allo stesso tempo realistico (costumi, elementi d’arredo e decorativi d’epoca) e fantastico: lo spettatore è come se vedesse attraverso una lente d’ingrandimento la stanza di un bambino lasciato crescere in solitudine e poi abbandonato. La natura, fuori controllo, proprio come gli impulsi dei giovani protagonisti, si è impadronita di questa stanza, penetrandone il pavimento, sfondando soffitti e pareti. All’interno di questo ambiente fantastico, i personaggi degli adulti hanno occupato quella che doveva essere una casetta giocattolo del bambino, uno spazio angusto, una gabbia senza vie d’uscita, dove crescono ed educano i loro figli come uccellini in una voliera. Solo ai giovani è consentito agire negli altri spazi, ma la loro libertà di movimento è solo apparente ed è comunque segnata da un destino tragico: il precipizio inevitabile per chi, pur avendo le ali, non hai mai avuto nessuno che gli insegnasse a volare. Lorenzo Amato abbonamento intera stagione da giovedì 26 a domenica 29 marzo