Il progetto di recupero sostenibile di edificio storico attraverso
l’interoperabilità del BIM: l’esempio di CASA21
Paola Ronca*, Simone Seddio**, Alessandro Zichi***
*DIS, Politecnico di Milano
**Pigreco Progetti Partners
***Consorzio CIS-E, DIS, Politecnico di Milano
Come noto, la metodologia integrata di lavoro offerta attraverso l’approccio BIM, oggi consente
nuove possibilità nei metodi di progettare, costruire e gestire edifici, pubblici e privati, fornendo un
efficiente e completo sistema di informazioni durante le varie fasi e i diversi aspetti tecnici della
costruzione, dal Master Plan, alla progettazione, alle fasi di costruzione, alla
gestione/manutenzione nel tempo.
La “Construction digital”, associazione che oggi riunisce e valorizza negli Stati Uniti i contributi dei
diversi enti che si occupano della construction innovation e del Green Building, prevede che entro
il 2016 per tutti i progetti pubblici americani, di qualsivoglia dimensione, venga richiesto l’uso del
Building Information Modelling (BIM), per soddisfare la richiesta di incorporare tutte le informazioni
riguardanti la costruzione, creare cioè un unico modello digitale, in ambito anche di lifecycle
assessment.
È pur vero, come già osservato sulle righe di questo giornale, che l’efficienza e compatibilità di
interoperabilità dei software richiesti dall’approccio BIM presenta ancora diversi aspetti
problematici.
L’articolo illustra, con un esempio esplicativo e critico per alcuni aspetti che sicuramente possono
aprire confronti e discussioni, l’esperienza condotta dagli autori, con il contributo di alcuni allievi
Master della Scuola Pesenti del Politecnico di Milano, di docenti e di alcuni professionisti,
nell’affrontare le problematiche inerenti i requisiti di sostenibilità per il restauro ai fini abitativi di un
edificio in muratura esistente, dai vincoli di tutela ambientale all’efficienza energetica alla richiesta
strutturale antisismica, in modo integrato, proprio con l’approccio BIM.
È stato scelto il “Progetto Casa 21” per l’originalità e complessità del tema, ma anche per
l’attualità, in termini di possibile proposta di sviluppo sostenibile nel complesso ambito legislativo e
tecnico di recupero storico-ambientale; si tratta infatti del recupero e valorizzazione di un casale in
Val D’Orcia (ambiente tutelato dall’UNESCO), nel rispetto dei criteri di tutela ambientale, restauro
conservativo, risparmio energetico, adeguamento nei riguardi della sicurezza strutturale,
sostenibilità di tempi e costi.
Il percorso operativo proposto per “Progetto Casa 21” vuole analizzare criticamente la fattibilità
operativa dell’implementazione non solo di regolamenti, normative e vincoli nazionali, ma trovarne
la compatibilità con raccomandazioni internazionali, quali il Libro Verde della Commissione
Europea o il Protocollo Agenda 21, stilato dalle Nazioni Unite, e firmato dall’Italia, per la
salvaguardia dell’ambiente nel 21° secolo. (1992).
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Solo con un supporto tipo BIM un’operazione di tale complessità, con tanti e diversi vincoli, può
divenire prototipo ed essere proposto come linea guida per futuri interventi.
Il lavoro ha già avuto diversi riconoscimenti tra i quali il primo premio italiano per il CSR “Corporate
Social Responsability” del 2008, ed è stato presentato dalla prof. Paola Ronca durante la Tavola
Rotonda, tenutasi alla recente Manifestazione EIRE Expo Italia Real Estate, dal titolo “Real
Estate education after the global financial crisis”.
Nel seguito alcune immagini dell’edificio e dell’ambiente che lo avvolge.
Figure 1, 2: Casa 21 e rendering di inserimento nel paesaggio della Val D’Orcia.
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I protocolli di “sviluppo edilizio sostenibile” e l’approccio con software BIM
Esempio di applicazione
Gli acronimi LEED, ITACA, BREAM e altri, meno noti e diffusi o da questi derivati e/o
particolareggiati per edifici e infrastrutture specifiche, per ambientazioni, storia e destinazione , si
stanno sempre più affermando come autorevoli linee guida per definire i parametri e requisiti
fondamentali di qualsiasi progetto costruttivo. Ormai anche nel nostro paese, compaiono tali
requisiti nelle gare di appalti.
Ma, sostenibilità, al di là della ben nota definizione,(ISO 14001) è chiaramente un modus operandi
che coinvolge ambiti molto diversi, con richiesta di interoperabilità, e quindi progettazione con
parametri che coinvolgono sostenibilità ambientale paesaggistica, energetica , sociale, economica,
legislativa, costruttiva, materica, infrastrutturale, formativa, e altre ancora.
La costruzione diventa sempre più una entità estremamente complessa (a prescindere dalle sue
dimensioni), i cui numerosi parametri mutuamente interagenti vengono attualizzati e soddisfatti al
meglio nel progetto solo se supportati da capacità di sviluppo e uso di software integrati e
avanzate conoscenze tecnologiche da parte delle figure coinvolte.
Forse nulla di più complesso e mutualmente interagente, che deve rivolgersi a mezzi e metodi
informatici dinamici, con ben precise capacità di utilizzo e trasformazione di dati di input e output,
derivanti da fondamentali analisi diverse, in precisi e compatibili paramentri chiave per
l’ottimizzazione del progetto nella sua totalità.
Chiunque abbia seguito, almeno negli ultimi 15/20 anni, l’evoluzione dei programmi di software per
l’edilizia è testimone di quanti progressi siano stati fatti negli ambiti specialistici, con sempre
maggiori risposte di dettaglio. Ma proprio questa sempre più spinta specializzazione e ricerca di
perfezionamento dei metodi di calcolo, dall’analisi alle soluzioni progettuali, ha spesso prodotto
soluzioni finali, singolarmente molto valide, ma fra loro contrastanti, rispetto alla complessità delle
esigenze richieste dal progetto nel suo insieme.
Come già accennato, il presente articolo, vuole sottolineare, basandosi su un caso concreto e
particolarmente articolato, i numerosi punti problematici incontrati nell’interfaccia tra le diverse
applicazioni integrate nel software BIM, e l’interscambio con software specifici. L’intento è di aprire
un possibile dibattito e confronto per uno sviluppo positivo di sempre più affidabile e completa
applicazione in ambito BIM.
Il BIM, acronimo di Building Information Modeling, costituisce lo strumento utile a creare dei
modelli di edifici, includendo tutte le informazioni utili nella progettazione, realizzazione e gestione
dell’intervento edificatorio. I software BIM sono in piena evoluzione, propongono strumenti utili ai
progettisti, ma hanno una affidabilità ancora limitata.
Importante in questo caso, la formazione, ma soprattutto i workshop interdisciplinari che offrono la
possibilità di sperimentare le applicazioni da professionisti dalle competenze interdisciplinari.
Casa 21, progettato dall’architetto Seddio, viene utilizzato come campo di sperimentazione per
implementare e testare le applicazioni BIM per la progettazione integrata.
Nel caso di Casa 21,il modello parte dalla progettazione architettonica redatta con l’ausilio di un
software cad del tipo bidimensionale.
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Il modello BIM prodotto, deve essere in grado di poter svolgere un insieme di operazioni che
andranno dalla progettazione architettonica, energetica e degli impianti, e la progettazione
strutturale. Contestualmente, nello sviluppo del progetto, si andranno a sviluppare altri aspetti, tra
cui l’industrializzazione dei componenti e le fasi di cantiere.
La scelta dello strumento per il progetto Casa 21, è ricaduto su Revit Building, il software BIM, che
ad oggi si propone il più completo grazie alla sua interfaccia che potrebbe consentire di realizzare
un modello che implementa sia gli aspetti architettonici che strutturali che impiantistici.
Figura 2: Nella immagine si nota l’integrazione nel progetto, i materiali da costruzione, ad esempio sono
caratterizzati sia per le proprietà meccaniche, che per le proprietà fisiche e termiche, sia per le informazioni
economiche.
Figura 3: Le maschere di modellazione consentono di realizzare il modello architettonico , il modello strutturale,
l’inserimento dei componenti meccanici.
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Figura 4: La maschera di analisi, consente di applicare i carichi sugli impalcati, così come impostare l’analisi
energetica.
Revit, così come si propone, potrebbe consentire di svolgere una progettazione integrata con
l’ausilio di un unico software, ma come funziona? Quali sono i limiti? Seguono alcune riflessioni
dall’esperienza data per il test sviluppato su casa 21 per la progettazione ArchitettonicaStrutturale-Energetica.
Modello di Revit tra l’architettonico e le strutture
Il modello di Revit, in questo caso, parte dal file dwg bidimensionale trasmesso dall’architetto; Il
file dwg, inserito in Revit nei livelli corrispondenti, costituisce la base di lavoro; contestualmente,
vengono create le stratigrafie dei componenti, in maniera da associare alla polilinea del dewg, un
pacchetto murario e gli impalcati come progetto.
Nel modello creato vengono inserite le caratteristiche sia meccaniche che energetiche dei
componenti dell’edificio.
Mentre si disegna in pianta, si genera un 3D che, grazie agli strumenti di navigazione si possono
visualizzare piante, prospetti, sezioni generate in automatico, come oltresì si stanno redigendo più
modelli che ci consentiranno di classificare le partizioni interne architettoniche e le parti strutturali
con una certa affidabilità.
Lo strumento diventa utile per il computo metrico delle quantità, dove in automatico si riescono a
categorizzare gli elementi costruttivi.
La nuova interfaccia analitica, consente di creare le condizioni di carico e di assegnarle, definire i
vincoli esterni, di collegarsi con Robot per le analisi e verifiche.
Il problema nasce però nel file creato nella esportazione:
In automatico vengono riconosciuti gli elementi strutturali nella geometria, ma le pareti strutturali,
nel nostro progetto, sono realizzate in x-lam, un materiale ortotropo che, anche se in Revit è stato
impostato correttamente, il programma Robot, non lo riconosce, in quanto prevede l’utilizzo di
materiali isotropi.
Robot, può svolgere analisi su edifici a telaio e a muratura portante, ma non riconosce le strutture
in legno e quelle in pietra. Per precisare le strutture in legno sono riconosciute se sono
bidimensionali, ovvero riconosce le travi e le capriate come elementi beam. Nella esportazione
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oltre sì, non ha conservato le proprietà meccaniche imposte in precedenza e così come non ha
mantenuto l’immissione dei dati per i carichi applicati.
Figura 5: Il software Revit, differenzia gli elementi strutturali dagli elementi architettonici, dando la possibilità di
isolare le due categorie.
La categorizzazione degli elementi, tra strutturali e non, consentono sia di avere immediati modelli
per la visualizzazione in tre dimensioni dell’edificio, sia predisporre un modello analitico che poi
verrà utilizzato in altre applicazioni.
Figura 6: Il modello tridimensionale, con l’utilizzo della maschera delle applicazioni analitiche, viene esportato in un
software di calcolo Autodesk, Robot.
In seguito quindi a tali difficoltà, l’analisi strutturale, si sviluppa con Midas. L’esportazione in Midas,
può avvenire nel formato dxf, per cui, del modello BIM, si conserva esclusivamente la geometria.
Nella esportazione, si è proceduto ad esportare il modello analitico di Revit, dove d’altra parte, gli
errori principali sono derivati dalla non congruenza dei nodi e non complanarità delle superfici. A
tal punto si è proceduto alla correzione manuale su Midas di tutti gli elementi non corretti.
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Figura 7: Il modello importato in MIDAS.
Il modello realizzato in Revit, è stato importato in Midas in formato dxf. Il modello è stato corretto
manualmente per rendere congruenti i nodi, i materiali da costruzione sono stati riassegnati così
come sono state ricaricate le combinazioni di carico.
Revit e l’interfaccia tra Architettonico e Modello Energetico
Nella interfaccia architettonico e progetto energetico, l’obiettivo è quello di fare una analisi
energetica, per cui si è proceduto nel fare il test prima su Revit, poi su Ecotect.
L’analisi energetica di Revit, è macchinosa e consente di fare una analisi preliminare di massima.
L’analisi si svolge su un volume creato appositamente che nonostante dia output da analisi
raffinata, le impostazioni sono da analisi di massima e superficiali.
A titolo d’esempio, non inserisce in automatico ne i dati geometrici legati alle superfici disperdenti,
ne i materiali da costruzione. Quello che da la possibilità di inserire è la località, le caratteristiche
«qualitative» degli involucri, la percentuale di superfici trasparenti senza distinguere l’orientamento
e la presenza di sistemi ombreggianti.
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Figura 8: Il modello creato appositamente per redigere l’analisi energetica con l’applicativo Energetico di Revit
Figura 9: Dati climatici e di progettazione di Output di Revit.
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La analisi energetica restituisce dati di output molto dettagliate si potrebbe definire esagerate per il
livello di dettaglio dei dati caricati sul modello creato. Mancano per esempio le informazioni
derivate dai guadagni dati dall’orientamento delle aperture, o l’influenza degli ombreggiamenti,
dato che non è possibile valutare perché viene richiesto solo l’orientamento.
A tal punto, si esporta il file gbxml, per poter far svolgere l’analisi su Ecotect. In automatico,
vengono caricati i vani e le zone termiche, ma con innumerevoli imperfezioni. I materiali da
costruzione non vengono riconosciuti in automatico, così come in alcuni casi la geometria, per cui
il modello va ripreso, e modificato.
Figura 10: modello importato in Ecotect
Brevi considerazioni conclusive per stimolanti commenti e osservazioni
Il BIM, è lo strumento che consentirà di evolvere la progettazione integrata, ma molti aspetti sono
ancora problematici, per poter essere un sistema affidabile; si dovranno risolvere, prima i problemi
derivati dalle ipotesi di base con cui vengono creati i modelli, poi bisognerà risolvere i problemi
legati alla interfaccia tra i vari strumenti di analisi.
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