Nato a Matera il 4 febbraio 1920 da Michele Nicolino e da Margherita Cristalli. Si avvicinò al teatro già nel 1939 quando, insieme ad alcuni colleghi universitari, fondò il Teatro universitario di Roma nell’ambito dei GUF, l’organizzazione universitaria fascista, dove, negli anni intorno alla seconda guerra mondiale, si raccoglievano le istanze innovatrici della nuova generazione, ed iniziò la sua attività di regia, nel 1940, mettendo in scena, al Teatro dell’Università di Roma, Thornton Wilder, Betti e Ludovici. Da regista, sembrò voler intraprendere un viaggio di progressivo allontanamento dalle epoche e dai territori della cultura usuale al fascismo, scoprendo ed aderendo a quella realtà espressa dalla letteratura americana, contrapposta alle commedie ungheresi predilette dalla cultura ufficiale. Guerrieri definisce il teatro della fine degli anni trenta “l’unico modo di costruire un mondo come noi lo volevamo”. Nel 1941, Guerrieri entra al Teatro delle Arti di Anton Giulio Bragaglia, come regista e assistente. Furono anni di intenso lavoro fatto anche di astuzie, come quelle messe in campo per importare i drammi americani allora proibiti, facendo passare, ad esempio, O’Neill per irlandese. Sono questi gli anni in cui Guerrieri poté leggere testi allora interdetti ed iniziare la conoscenza dell’America, quell’altrove teatrale ancora da esplorare di cui divenne, in breve tempo, uno specialista competente e consapevole più di tanti cacciatori di novità del periodo. Nel 1942 avviene l’iniziazione di Guerrieri alla critica drammatica e, nel 1943, il primo intervento critico attestabile: un articolo per la rivista Dramma, il «quindicinale di commedie di grande successo» diretto da Lucio Ridenti, in cui Guerrieri propone lo slogan: “Un teatro ha bisogno di molti teatri prima di esistere, e non può permettersi di ignorarli”. Il giorno 8 agosto 1943, poco dopo la caduta di Mussolini, insieme con O. Costa, Fabbri, V. Pandolfi e T. Pinelli, fu tra i firmatari del manifesto Per un teatro del popolo, una sorta di appello in favore della nascita di un nuovo teatro che, nella prospettiva di un paese libero, “assolva in pieno il suo compito morale e sociale; e rappresenti nelle forme più diverse e più libere l’attualità dei sentimenti del nostro popolo”, ponendo, in sintesi, le basi dei principi ispiratori del teatro postresistenziale in tutto il paese. Dal 1944 Guerrieri scrive su la “Voce operaia”, espressione del movimento dei comunisti cattolici, e, per un breve periodo, collabora anche con la rivista “Cosmopolita”. Diventa titolare, dall’autunno del 1945 al 1948, della critica teatrale per l’edizione romana de L’Unità, sotto la direzione di Pietro Ingrao, accompagnando in maniera speciale il lavoro di Luchino Visconti, con la sua opera rinnovatrice del teatro italiano, ed Eduardo De Filippo. Con P. Grassi, fu ideatore e direttore della “Collezione di teatro” per l’editore Einaudi, cui andò il merito di aver introdotto in Italia gran parte della drammaturgia straniera. Nel 1946 il G. entra nella “Compagnia italiana di prosa” fondata da L. Visconti, Rina Morelli e Paolo Stoppa, con l’incarico di vicedirettore, regista e consulente del repertorio, con l’incarico di suggerire, tradurre ed adattare i testi da portare in scena. Nel 1946 Guerrieri collabora con De Sica alla realizzazione di Sciuscià (1946), ripetendosi nel lavoro a stretto gomito con Zavattini e in qualità di “aiuto”, sempre con De Sica, per Ladri di biciclette (1948). Tra il 1950 e il 1951 il G. si cimentò anche nella regia lirica, allestendo Il turco in Italia di G. Rossini (Roma, teatro Eliseo), Il tenore sconfitto di V. Tommasini (ibid.), La Clementina di L. Boccherini (Venezia, Festival della musica) e Commedia sul ponte di B. Martinu (ibid.). Nel 1950 fu tra i primi collaboratori del Terzo programma della radio, nato come spazio dedicato alla cultura e alle nuove forme espressive. Il suo primo programma fu intitolato “Novantaquattro anni fra i selvaggi”, cui seguì, negli anni, un palinsesto volto all'approfondimento di fatti letterari, storici e culturali, capace di avvicinare lo spettatore all’argomento trattato attraverso un percorso problematico ed una drammatizzazione avvincente. Diresse, insieme a Paolo Grassi, dal 1952, la Collezione di Teatro Einaudi. Gli anni Cinquanta furono quelli in cui G. cominciò a occuparsi più alacremente di adattamenti e traduzioni, con particolare riguardo a Shakespeare, agli autori americani ed a Čechov. La gran parte di questi lavori, rimasti in parte inediti, furono concepiti per la scena. Sempre alla fine degli anni Cinquanta, il G. diede vita, insieme con la moglie Anne d’Arbeloff, al Teatro Club, un’associazione che operò in Italia come centro internazionale di cultura teatrale, importando i migliori spettacoli stranieri della tradizione e dell’avanguardia, con un lavoro teso a sprovincializzare il pubblico italiano. L’attività del “Teatro Club” fu inaugurata il 25 settembre 1957, con il recital di V. Gassman “La pulce nell’orecchio”, e proseguì per venticinque anni con l’aiuto, tra gli altri, di M. Antonioni, V.C. Levi, A. Moravia, F. Fellini, E. Flaiano e C. Zavattini. Nel 1969, sempre nell’ambito del “Teatro Club” e per nove anni, il G. fu animatore del “Premio Roma”, una rassegna internazionale delle arti dello spettacolo. Dal 1974 al 1981, il G. riprese anche la sua attività di critico, collaborando continuativamente con “Il Giorno”. Nel 1983 il G. tornò alla radio con il programma “La mostra del decennale”, confermando la sua “capacità di combinare una documentazione rigorosa e accuratissima con un linguaggio nitido e tagliato sulle esigenze del microfono”. Nel 1985 curò la sua terza mostra dedicata alla Duse, dal titolo “Eleonora Duse tra storia e leggenda”, dopo quelle organizzate a Venezia e ad Asolo. Regista apprezzato, saggista, giornalista, animatore culturale, G. fu uno dei protagonisti della cultura italiana a partire dal dopoguerra, ben conosciuto e stimato nel suo ambiente ma poco noto al grande pubblico. Animato da una vera e profonda passione intellettuale e da uno spiccato perfezionismo, svolse per anni un’attività caleidoscopica e multiforme, lasciando, alla sua morte, un mare di documenti, inediti e frammenti incompiuti. Gran parte della sua produzione artistica, tra cui gli scritti relativi ad Eleonora Duse, sono conservati presso l’Università “La Sapienza” di Roma. Scomparso di casa il 24 aprile 1986, il suo corpo fu trovato senza vita nel Tevere il 7 maggio dello stesso anno. E’ sepolto presso il cimitero comunale di Grottole (MT) insieme ai suoi genitori.