traduzione italiana della Tesi di Laurea Specialistica T HE G RAMMAR O F I TALIAN S IGN L ANGUAGE , W ITH A S TUDY A BOUT I TS R ESTRICTIVE R ELATIVE C LAUSES di Michele Brunelli matricola n° 798418 Relatore: prof. Guglielmo Cinque Correlatrice: dott.ssa Carmela Ber tone Università C A ' F OSC AR I – Venezia, 15 marzo 2006 ’Sto lavoro qua el xe dedicà oviamente a mé pare e mé mare, mé fradełi, mé amisi, mé moróxa Martina (che fra l’altro da eła go avúo motivo de inparar el sardo) L’è dedicà in particołar ai mé amisi sordomuti che i me ga soportà par un saco de tenpo co tute łe domande che mi ghe faxéa L’è dedicà a tuti quii che int’un modo o int’un altro co na sana bevuda o calche festa o baxo o ciacołada o riflesion i ghe ga méso del suo par far beła ła vita che fin deso go vivesto Dó parołe voría dirle anca par ła Providenzsa, che Ła me ga dà ła pasion e l’ocaxion de studiar łéngue tanto strane e difarenti E defati ’sto lavoro qua ghe ło dèdico anca a tute łe łéngue drio morir no conosúe o no riconosúe a tuti quei che i parla na łéngua senzsa capírghene el vałor e a l’ último parlante (o segnante) de ogni łéngua che móre Na dèdica anca par tuti quii che i m’à visto pasar co łibri de tute łe sorte e carte piene de signi stranbi vardàndome stranìi parché in fin de cunti everybody speaks English come se ła bełézsa ła fuse sol che ’nte l’arte e ła poexía e no ghe fuse na bełézsa da amirar anca ’ntei sintagmi ben postài e concordài o no se catase na s·cianta de poexía anca ’ntel védar che sóto sóto tante sintasi difarenti łe ga na strutura soła In fin dei cunti ła Gramàtica Xenerativa ła xe na teoría de l’ unità ‘nte ła plurałità se fémo ocio, łe struture lenguístiche łe ne ga batú sul tenpo: łe ga catà chel saver star insieme che noaltri òmeni e done fon fadiga catar... Na dèdica, giustamente, anca ai profesuri de tute łe parte del móndo, nostrani e foresti, che co spiegazsion a parołe o łibri in bibliografía i me ga dà material fondamentałe par rivar far quel che vedí E quel che vedí qua, el xe dedicà anca a quii che i vorà darghe na ociada e magari i ghin’ catarà fora roba útiłe par i só studi... Michele Brunelli Indice Ch. 1 Introduzione: LIS (lingua italiana dei segni) e Lingue Segnate 1.1 1.1.1 1.1.2 CARATTERISTICHE FONOLOGICHE 1.2 1.2.1 1.2.2 PRINCIPALI DIFFERENZE FRA LIS E ITALIANO 1.2.3 Ch. 2 2.1 2.1.1 2.1.2 2.1.3 2.1.4 2.2 2.2.1 2.2.2 Distinzione fonologica fra Nomi e Verbi Importanza delle componenti non manuali (non fonologiche) La morfologia delle lingue dei segni Classificatori, Indici, assenza de articolo, caso e genere Il luogo invece del genere: l’accordo è realizzato per mezzo di un tratto “arbitrario” assegnato dallo speaker Panoramica della grammatica della LIS NP: SINTAGMA NOMINALE – Panoramica: numero, luogo, indice Plurale e Distributivo dei Nomi Nome e Determinanti, Deittici e Numerali Nome e Aggettivi – Accordo Ordine delle parole nel NP PRONOMI PERSONALI Inclusivi ed Esclusivi Numero e Incorporazione del Numerale: Singolare, Duale, Triale, Quattriale, Quinquiale, Plurale page 1 page page 2 3 page 4 page page 5 7 page 10 page 11 page 15 page 15 page page page page 16 17 23 25 page 26 page 28 page 29 2.3 2.3.1 POSSESSIVI E POSSESSO Possessivi e possessivi “nominativi” page 34 page 34 2.4 2.4.1 IL VERBO page 39 2.4.2 2.4.3 2.4.4 2.4.5 2.5 2.5.1 2.5.2 2.5.3 Introduzione: accordo “esteso” (Subj,DObj,IObj) , Incorporazione , Aspetto Classi: classificazioni “fonologiche” e “sintattiche” Interferenza fra parametro pro-drop, classe verbale e fonologia Tempo e Aspetto Verbo e Incorporazione LA FRASE L’ordine delle parole dichiarativo e SOV – Verbo e Deittici Negazione e modali negativi Domande Si/No page 39 page 42 page 47 page 48 page 52 page 53 page 53 page 56 page 58 2.5.4 2.5.5 2.5.6 2.5.7 2.5.8 Domande Wh- (domande K-) Imperativi Classificatori Alcune frasi subordinate Ordine delle parole e Topicalizzazione page page page page page 59 62 63 65 67 Ch. 3 3.1 3.2 3.3 3.4 3.5 Frasi relative in LIS Frasi relative a testa-esterna Frasi relative restrittive Frasi relative non-restrittive Marcamento non-manuale delle relative restrittive Spostare all’inizio di frase le restrittive è una topicalizzazione La “Teoria della Promozione” e le rel. restrittive LIS Risalite in LIS I Pronomi all’interno delle relative restrittive LIS page page page page page page 68 68 71 74 76 77 Bibliografia page 88 3.6 3.7 3.8 page 82 page 85 page 86 Nota: questa è semplicemente una traduzione divulgativa. Per una maggiore precisione terminologica ed una maggiore chiarezza si rimanda all’originale della tesi, in inglese (n.d.a.). 1 Introduzione: LIS (Lingua Italiana dei Segni) e Lingue Segnate Lo scopo iniziale di questo lavoro era eseguire un’analisi delle frasi relative restrittive in Lingua Italiana dei Segni (d’ora in avanti LIS). Più tardi, tuttavia, è emerso che probabilmente non sarebbe stato di alcuna utilità trattare costruzioni così complesse in relazione ad una lingua la cui grammatica non è ancora stata descritta: in effetti ci sono dizionari di segni della LIS ed è stato scritto molto sulla sua fonologia, ma parlare di frasi relative richiede una buona conoscenza di morfologia e sintassi. Per ciò, lo studio delle frasi relative restrittive della LIS è preceduto da alcuni capitoli che intendono fornire una descrizione dei principali aspetti della grammatica di questa lingua. Inoltre, a parte le persone che si interessano di linguistica, sembra che la LIS sia comunemente considerata una lingua “senza grammatica”, come se una lingua consistesse solo di “parole (o segni) e pronunce per dire qualcosa” e non includesse invece anche il modo in cui queste parole/segni devono essere combinati. Effettivamente è comune convinzione, fra le persone, che la grammatica sia un qualcosa di specifico solo delle lingue ufficialmente riconosciute. Così, questo lavoro mira anche a fornire delle prove che la LIS, benché non riconosciuta ufficialmente, ha comunque una sua propria grammatica intesa sia come morfologia sia come sintassi Tuttavia, poiché sordomuti e udenti non sono stati molto in contatto fino a tempi recenti, le loro lingue si sono sviluppate indipendentemente l’una dall’altra. Oltre a ciò, la LIS è una lingua visuo-spaziale mentre l’italiano parlato si basa sui suoni per trasmettere concetti: questo implica che la grammatica della LIS ha poco in comune con la grammatica dell’italiano, dell’inglese e delle altre lingue indoeuropee in generale e così la gente di solito fatica ad immaginare “dove” e come possa essere la grammatica in una frase LIS. In altre parole la gente molto spesso fa confusione fra grammatica (in generale) e grammatica delle lingue “familiari” (es. lingue europee più conosciute). Di conseguenza, si crede molto spesso che la LIS non abbia grammatica, mentre invece essa può essere molto vicina ad alcune lingue parlate meno note. Questo lavoro intende portare prove del fatto che la LIS, pur avendo una grammatica diversa da italiano e inglese, ha nondimeno una sua propria grammatica. -1- 1.1 Caratteristiche fonologiche Mentre le lingue parlate creano parole combinando morfemi e fonemi, le lingue segnate creano segni combinando alcuni parametri formazionali: inizialmente era stato proposto il termine chirologia per lo studio di questo fenomeno, ma ora si preferisce il termine fonologia per sottolineare il parallelismo fra lingue segnate e lingue parlate. Analogamente, in questo lavoro le etichette “segnante/parlante” sono usate come sinonimi e anche la parola “ascoltatore” viene utilizzata in senso astratto per indicare il “guardante”, cioè colui che “ascolta” (guardando) un discorso segnato. Cambiare uno di questi parametri produce “coppie minime” esattamente come il cambio di una vocale o consonante in una lingua parlata. In LIS si è trovato che un segno è composto da quattro parametri: · configurazione = la forma assunta dalla mano (o dalle mani) · luogo di articolazione (anche solo “luogo”) = il punto in cui le mani formano il segno · orientamento del palmo = la posizione del palmo della mano (o dalle mani) · movimento = il modo in cui le mani si muovono (veloce, lento, ripetuto...) Il movimento implica anche la direzione verso il luogo in cui la mano si muove, un fattore importante soprattutto per la morfologia e la sintassi delle lingue segnate come si vedrà più avanti. Un esempio di coppia minima LIS, ottenuto variando solo il parametro ARTICOLAZIONE, LUOGO DI è il seguente (Verdirosi, 1987, p. 39) SCUSA : configuraz.= A , movimento = ripetuto , orientamento = parlante, luogo = mento MAMMA : configuraz. = A , movimento = ripetuto, orientamento = parlante, luogo = guancia Di conseguenza in LIS, «scusa/mamma» è una coppia minima prodotta dal cambio di luogo esattamente come in inglese si ottiene la coppia minima «bath / path» semplicemente cambiando il primo fonema della parola da [+sonoro] a [-sonoro]. -2- 1.1.1 Distinzione fonologica fra nome e verbo I parametri formazionali entrano in gioco anche in alcuni processi sintattici e morfologici. Per esempio la distinzione fra unl verbo e il corrispondente nome è realizzata spesso con un cambio nel loro movimento. Bisogna dire che non tutti i verbi LIS si distinguono dai nomi, proprio come in inglese (We work vs. The work , I change vs. A change) o in italiano parlato (io gioco vs. il gioco). Molti verbi, comunque, sono diversi dai nomi corrispondenti poiché questi ultimi hanno un movimento rapido e ripetuto, mentre i primi hanno un movimento lento e non ripetuto. Inoltre i verbi hanno in molti casi una direzione, utilizzata per segnalare l’accordo con i loro argomenti (vedi 2.4.1), mentre i nomi possono avere luogo ma non direzione. Le seguenti foto sono tratte da Radutzky (1992). Nome: CRESCITA (alberi) Verbo: CRESCERE Il nome CRESCITA e il verbo CRESCERE hanno la medesima configurazione. Tuttavia, il nome ha un movimento rapido e ripetuto, mentre il verbo ha un movimento rilassato e non ripetuto. Inoltre, come si vedrà più avanti, il verbo può essere posizionato in diversi luoghi (es. a destra o a sinistra) per concordare con il soggetto. -3- 1.1.2 L’importanza fonologiche) delle componenti non manuali (non Nelle Lingue dei Segni si dà molta importanza alle componenti non manuali, p.es. l’espressione facciale che di solito svolge la funzione corrispondente all’intonazione delle lingue parlate. È largamente riconosciuto che non tutte le lingue usano mezzi morfologici per segnalare, ad esempio, un imperativo, una domanda o alcune frasi subordinate ma alcune di esse si basano semplicemente su schemi intonativi. Per esempio l’inglese, da una parte, segnala le interrogative con l’ausiliare do mentre l’italiano ha solo una specifica intonazione per distinguere le frasi interrogative da quelle affermative. Un’altra intonazione specifica è invece richiesta per le imperative. It: Scrivi bene You write well It: Scrivi bene? Do you write well? It: Scrivi bene! Write well! La LIS, in questo senso, si comporta come l’italiano in quanto domande e ordini non implicano sempre un cambio nell’ordine delle parole o l’inserimento di qualche particella ma sono segnalate semplicemente da una sepcifica espressione facciale. Le componente non-manuali della LIS, comunque, entrano in gioco anche in altri processi sintattici, il più famoso dei quali è il cosiddetto “impersonamento” (Franchi, 1987) che spesso richiede anche lo spostamente del corpo e qualche cambio di postura. L’impersonamento consiste principalmente nell’assumere la postura o l’espressione di alcuni referenti nel discorso, non molto diversamente dal modo in cui gli udenti imitano la voce dei personaggi di un racconto quando riportano i loro discorsi diretti. A causa di questo fatto, le componenti non-manuali dovrebberso essere tenute accuratamente in conto quando si descrive la LIS e le lingue dei segni in generale. -4- 1.2 Principali differenze fra LIS e Italiano La Lingua dei Segni Italiana (LIS) ha una grammatica assai diversa da quella dell’italiano (parlato): ciò è dovuto in parte ad alcune caratteristiche tipiche della comunicazione visuospaziale condivise anche da altre lingue dei segni e in parte ad alcune caratteristiche tipiche della LIS. L’uso di segni, realizzando varie forme e movimenti nell’aria con le mani, porta ad una morfologia molto peculiare che dipende strettamente dall’uso della vista invece del suono come mezzo di comunicazione: l’esempio più evidente è la presenza di due articolatori, le mani, che sganciano parzialmente l’ordine delle parole dall’ “ordine temporale” poiché due segni possono essere realizzati nello stesso istante da due mani, mentre nelle lingue parlate c’è un solo articolatore, la bocca, che costringe il parlante a dire una parola dopo l’altra. Ciò nondimeno, la LIS condivide molte caratteristiche con le lingue parlate, benché differenti dall’italiano e dalle lingue indoeuropee, così quando possibile verranno presentati dei confronti per rendere la grammatcia della LIS più “familiare” a quelle persone non in confidenza con le lingue segnate: questo implica dei confronti fra LIS e basco, māori, indonesiano, ungherese e ogni altra lingua atta allo scopo. La questione di come trascrivere i segni e come glossarli, sarà risolta nel modo seguente: 1) il luogo e la direzione dei segni sono rappresentati dopo la glossa del segno. Quando vengono utilizzati gli indici, questi appaiono come ‹ind› subito dopo il segno a cui si riferiscono. 2) Nel caso di verbi il cui segno si sposta da un luogo ad un altro, il punto di partenza dell’articolazione è scritto a sinistra della glossa e il punto di arrivo dell’articolazione (la direzione) è scritto a destra. 3) ai fini di questo lavoro sono stabiliti i seguenti luoghi: · 1= (corpo del parlante/segnante) = 1ª persona · 2= (corpo dell’ascoltatore/guardante) = 2ª persona (di solito di fronte al segnante) · SIN= (snistra · DES= (destra del segnante) · SDG= (sinistra-diagonale) · DDG= (destra-diagonale) · CEN= (fra del segnante) = 3ª persona = 3ª persona = 3ª persona = 3ª persona segnante e ascoltatore) = 3ª persona... -5- ASCOLTATORE /“GUARDANTE” 2 SDG 3 DDG 3 CEN 1 3 SIN DES 3 3 PARLANTE / SEGNANTE 4) l’ordine delle parole riflette l’”ordine temporale”, cioè la sequenza in cui i segni vengono realizzati (da destra a sinistra) e non corrisponde ai veri luoghi in cui i segni vengono formati. La parola più a sinistra è semplicemente il primo segno prodotto benché questo possa essere a destra del segnante. La parola più a destra è l’ultimo segno prodotto anche se esso può muoversi da un luogo all’altro, così come fanno molti verbi per poter concordare con i loro argomenti. 5) due segni prodotti nello stesso istante (un segno per ogni mano) saranno rappresentati uno sopra l’altro: questo significa che in LIS possono esserci “due prime parole (segni)” o “due ultime parole (segni)” per esempio. Alcune esempi di questi criteri sono: 1) BAMBINODES MAMMASIN DES TELEFONARESIN il bambino la mamma lui-telefona-lei il bambino telefona alla mamma 2) MAMMASIN BAMBINODES la mamma il bambino la mamma telefona al bambino TELEFONAREDES lei-telefona-lui SIN 2a) MAMMA <ind>SIN BAMBINODES SIN TELEFONARE DES stesso significa che in (2), ma utilizzando un indice subito dopo il nome 3) BAMBINORGT il bambino FILOLFT il filo COSA-FILIFORME -classificatore LFT TAGLIARE-CON-FORBICI LFT filo-tagliare-con-forbici -6- (con la mano sinistra) (con la mano destra) Va notato che la fonologia del segno interferisce con la realizzazione esplicita di alcuni suoi tratti morfologici, esattamente come la fonologia di una parola pronunciata interferisce con i suffissi ad essa attaccati. Così il nome BAMBINO, che solitamente è segnato nello spazio neutro, può essere articolato a destra o a sinistra del segnante per formare BAMBINODES , mentre il nome MAMMA, che è realizzato sul corpo del segnante, richiede che questi muova leggermente il proprio corpo a sinistra per ottenere MAMMASIN. Questo ricalca in qualche modo il contrasto inglese fra ear-ears da una parte, e church-churches dall’altra, dove l’affisso del plurale è adattato alla fonologia della parola in questione: church richiede l’aggiunta di –e–. Nei paragrafi seguenti saranno esaminati alcuni aspetti generali della grammatica della LIS prima di descriverne le regole in dettaglio. 1.2.1 La morfologia delle lingue dei segni Come detto sopra, la modalità visuale di comunicazione porta ad una morfologia assai diversa da quella che siamo abituati ad osservare nelle lingue parlate, anche se ad un livello astratto ci si trova di fronte alle stesse strutture profonde e alle stesse categorie: certamente anche in LIS vi sono NP, VP, AGR, nomi, verbi e flessioni ma il modo in cui essi sono realizzati può variare in molti aspetti che noi siamo abituati a considerare “assoluti”. Come sarà spiegato più avanti, le lingue dei segni non solo realizzano l’accordo per mezzo del tratto di LUOGO (invece di GENERE o CLASSE) , ma esse permettono anche al parlante di assegnare “arbitrariamente” questo tratto al nome. Questa è la vera ragione della loro grande flessibilità rispetto alle lingue parlate, in cui il GENERE è intrinseco alla parola. Così, l’inglese house è sempre neutro e richiede il pronome it, mentre l’italiano casa è sempre femminile e richiede il pronome clitico la e aggettivi femminili. In LIS, al contrario, il segno house/casa può sempre essere prodotto a sinistra del parlante/segnante o alla sua destra o in altre posizioni, a seconda di come lo stesso segnante intende pronominalizzare il nome o farlo accordare con i suoi aggettivi. Un altro aspetto fondamentale della morfologia della LIS è il tempo (o istante) di articolazione come mezzo di accordo fra diverse parti di una frase, cosa impossibile nelle lingue orali: oltre al tratto LUOGO (DI ARTICOLAZIONE), può esservi anche un accordo basato sul tratto di TEMPO DI ARTICOLAZIONE, da non confondersi con il tempo e l’aspetto verbale. -7- In altre parole, due segni possono essere co-articolati in un unico istante e di conseguenza concordare in base al (medesimo) tempo in cui essi sono stati realizzati. Va ricordato che la possibilità di segnare alcune parole contemporaneamente è garantita nelle lingue dei segni dalla presenza di due articolatori indipendenti, cioè le mani (come si è visto più sopra), mentre nelle lingue parlate questo mezzo non è disponibile dato che le persone hanno una sola bocca. Così in (3), ripetuta qui come (4), troviamo due segni articolati nello stesso tempo: COSA-FILIFORME -classificatore SIN TAGLIARE-CON-FORBICE SIN il bambino il filo filo-tagliare-con-forbici il bambino taglia il filo con le forbici 4)BAMBINODES FILOSIN (con una mano) (con l’altra mano) Il segno TAGLIARE-CON-FORBICI è realizzato vicino al classificatore COSA-FILIFORME usato per “oggetti a forma di filo” poiché ambedue sono articolati in un luogo vicino al lato sinistro del corpo del segnante, ma essi sono anche articolati nel medesimo istante di tempo come dimostrato dal fatto che sono trascritti uno sopra l’altro. L’accordo fra il verbo e il suo oggetto diretto è quindi realizzato come segue: · l’ NP FILO accorda col classificatore per oggetti “filiformi” in LUOGO dato che entrambi sono [+SIN] e semanticamente sulla base della forma dell’oggetto rappresentato (un “filo”) · il classificatore “filiforme” accorda in LUOGO di articolazione con il verbo dato che ambedue hanno tratto [+SIN] (sono articolati vicino al lato sinistro del segnante) e in TEMPO DI ARTICOLAZIONE dato che ambedue i segni sono prodotti nella stessa frazione di tempo, ciascun segno da una mano. · conseguentemente il classificatore “trasferisce” l’accordo fra l’oggetto FILO e il verbo TAGLIARE-CON-FORBICE I classificatori saranno esaminati più avanti. Va comunque notato che essi sono adoperati anche in lingue parlate come ad esempio il cinese: così, la “novità” in LIS non è la presenza dei classificatori ma l’esistenza di un tratto di accordo TEMPO DI ARTICOLAZIONE dovuto al fatto che il classificatore è segnato da una mano contemporaneamente al verbo segnato dall’altra mano. Questo non deve essere confuso con un altro mezzo largamente impiegato in LIS, l’incorporazione: fra essi c’è una leggera differenza in quanto l’incorporazione implica mutamenti fonologici, non riscontrati nella co-articolazione di due segni. Ad esempio la parola ad incorporazione numerale TRE-MESI è fatta da un segno-base (MESE) la cui -8- fonologia cambia per poter ospitare il segno TRE, che è incorporato. Ciò perché lo stesso segno-base (MESE) deve essere realizzato con due mani: questo significa che la sua fonologia deve cambiare per permettere ad una mano di produrre il numerale (TRE). Un esempio più familiare è quello dell’ inglese “once/twice” che comprime in un’unica parola l’idea di “one+time / two+times”. Lo stesso vale per alcuni verbi che, pur mantenendo il movimento di accordo con gli argomenti, cambiano la loro configurazione e assumono quella del loro oggetto diretto. Questo sarà visto più avanti, comunque. Nel caso di segni coarticolati come (4) invece, ogni mano forma un segno completo e indipendente la cui fonologia non muta: questi segni sono semplicemente articolati nello stesso istante man non si fondono in un unico segno. Ciò può essere ben visibile anche nelle forme reciproche (come (5) seguente) dove ciascuna mano realizza simultaneamente un medesimo verbo-segno, pur dandogli una diversa direzione corrispondente ad una flessione di accordo autonoma del verbo stesso con i suoi argomenti: 5)BAMBINODES MAMMASIN PARLARESIN PARLARE SIN DES DES (con una mano) (con l’altra mano) lui -parla-(a) lei lei -parla-(a) lui il bambino e la mamma si parlano il bambino la mamma Il tratto di TEMPO DI ARTICOLAZIONE è usato per creare la forma reciproca di molti verbi come in (5): in questo caso uno stesso verbo è segnato simultaneamente da ognuna delle due mani. Ogni segno-verbo si muove fra due diversi luoghi (dal luogo del soggetto a quello dell’oggetto) ma i segni vanno in direzioni opposte “uno verso l’altro”. Così la direzione, il punto di arrivo di un verbo corrisponde al punto di partenza dell’altro verbo e questo dà l’idea che il soggetto di un verbo è allo stesso tempo l’oggetto dell’altro, ciò che produce “reciprocità”. In conclusione la morfologia basata sul “creare e muovere forme con le mani” è diversa dalla morfologia a cui siamo abituati in quanto non solo cambia l’assegnazione di alcuni tratti (LUOGO assegnato dal parlante/segnante), ma essa può essere anche “bidimensionale” nel senso che l’ordine delle parole non è strettamente lineare perché anche il tempo (il momento di articolazione) prende parte ai processi di accordo permettendo concordanze parallele fra parole diverse come nel caso dei due segni-verbo PARLARE in (5). Le lingue parlate mancano di questa possibilità dal momento che l’ordine delle parole è lineare e non permette la simultaneità. -9- 1.2.2 Classificatori, Indici, Assenza di articolo, Caso e Genere A dispetto delle differenze viste nel paragrafo 1.2.1, la grammatica della LIS condivide molte proprietà con le lingue parlate. Certamente, la LIS non fa parte della famiglia indoeuropea, che tradizionalmente si riferisce alle lingue parlate. Da ciò consegue che molti aspetti della grammatica LIS richiamano quella di lingue “insolite” come māori, swahili o cinese. Così il fatto che in LIS manchino molte caratteristiche dell’italiano non significa che essa sia una “pantomima” come molti credono. In una breve panoramica della LIS , si possono sottolineare alcune caratteristiche: · assenza di articolo definito/indefinito come nelle lingue slave o in latino · assenza di caso foneticamente realizzato: il nominativo funge da caso accusativo e obliquo · una vasta gamma di pronomi personali, che distinguono fra forme inclusive ed esclusive, come si può osservare in māori · uso di classificatori, come in cinese e nelle lingue del sud-est asiatico · ampio uso dell’incorporazione, specialmente di numerali in nomi come in molte lingue amerindie · il LUOGO sostituisce genere/classe ed è usato per realizzare l’accordo fra nomi, aggettivi, determinanti, pronomi ed anche sui verbi come nel caso del genere in ebraico o della classe in swahili (mentre in italiano parlato i verbi finiti generalmente non concordano in genere). Pù in generale, in LIS il LUOGO identifica i nomi per farli accordare con gli altri elementi della frase · uso di indici per realizzare separatamente il tratto di LUOGO di alcuni NP e VP In effetti, l’assenza di articoli foneticamente realizzati in LIS non significa che in essa manchino i determinanti, in altre parole in LIS esistono i segni «questo/quello» anche se non vi sono segni corrispondenti all’inglese «the» o all’ italiano «il, la, i...» Va anche tenuto a mente che gli indici nominali sono deittici speciali in quanto essi non richiamano entità precedentemente posizionate (come fanno pronomi e dimostrativi) bensì assegnano essi stessi un luogo/posizione a un NP, perché poi possa concordare. Inoltre gli indici verbali, pur rassomigliando ai pronomi (ed essendo glossati come tali per ragioni di chiarezza), funzionano spesso come morfemi flessivi, p.es. la –s della 3ª persona singolare inglese. Ad ogni modo, indici, pronomi e dimostrativi saranno analizzati più in dettaglio nei paragrafi relativi all’ NP, ai pronomi e al verbo. - 10 - 1.2.3 Luogo invece di genere: l’accordo è realizzato mediante un tratto “arbitrario” assegnato dal parlante In LIS le funzioni del genere sono svolte dal LUOGO/POSIZIONE di articolazione: invece che maschile, femminile e neutro può essere usata in LIS una grande varietà di luoghi per marcare un nome o un aggettivo. È generalmente accettato che il genere è parte di una categoria più ampia, precisamente quella della CLASSE NOMINALE adoperata da alcune lingue, come per esempio lo swahili. Così molte lingue indoeuropee distinguono due o tre generi (maschile, femminile e neutro) e a volte quattro, come si può osservare nel sistema pronominale svedese dove una forma di genere-comune è richiesta per nomi “non-maschili non-femminili non-neutri” (masc. han, femm. hon, neut. det, gen.com. den). Sved: Han kam (masc.pers.) Egli/Lui venne (es. Han=den gamle mannen=il vecchio) Sved: Hon kam (femmpers.) Ella/Lei venne (es. Hon=den sköna flikan=la bella ragazza) Sved: Det kam (neut.) Esso venne (es. Det=det nya året=l’Anno Nuovo) Sved: Den kam (non-masc., non-fem., non-neut) “Esso” venne (es. Den=den störa hunden=il grosso cane) D’altra parte i nomi swahili sono raggruppati in diverse classi, tradizionalmente esse sono 19 perché singolari e plurali sono considerati come classi separate; nonostante ciò, seguendo gli stessi criteri usati per altre lingue (cioè considerando singolare e plurale come due varietà di una stessa classe) lo swahili mostrerebbe almeno 8 o 9 classi nominali. Ci sono classi per persone, per oggetti, per alberi e vegetali e così via... Queste classi svolgono la funzione dei generi riscontrati in altre lingue, cioè sia i generi che le classi prendono parte alla concordanza fra nomi, determinanti e aggettivi. Analogamente, il ruolo del luogo in LIS è identificare gli argomenti e farli concordare con altre parti della frase. Conseguentemente, mentre i nomi in italiano concordano con gli aggettivi in genere e i nomi swahili concordano in classe, i nomi in LIS concordano nel LUOGO in cui sono stati articolati. - 11 - Si confrontino le frasi seguenti: 6) Ital: libro piccolo libro-m. piccolo-m. 7) Swah: kitabu kidogo libro-c7 piccolo-c7 Un/Il libro piccolo 8) LIS: LIBRODES PICCOLODES Un/Il libro piccolo In LIS, quindi, non ci sono né generi né classi ma per segnalare l’accordo viene invece usato il tratto di LUOGO (di articolazione). Tuttavia, sussiste una grande differenza fra il modo in cui si assegna genere/classe ai nomi delle lingue parlate e il modo in cui viene assegnato il LUOGO ai nomi nelle lingue dei segni. Mentre i generi dell’italiano e le classi dello swahili sono strettamente determinati nel vocabolario assieme al nome, i LUOGHI in LIS sono liberamente stabiliti dal segnante/parlante. In altre parole, in italiano non è possibile decidere se in una frase alla parola LIBRO si deve aggiungere una desinenza femminile perché tale nome è sempre maschile. La sua controparte swahili KITABU non può ricevere il prefisso m- di classe-3 (come in “mtu”, albero) perché essa è sempre un nome di classe-7. In LIS, al contrario, si può scegliere se segnare questa parola alla propria sinistra o alla propria destra secondo le preferenze, per esempio per rendere la frase più comprensibile: in altre parole, la “destrità” o la “sinistrità” di un segno-parola è decisa dal parlante. Si confrontino le frasi precedenti (6,7,8) con i relativi controesempi (6a,7a,8a): 6a) Ital: *libra libro-f. piccola piccolo-f. 7a) Swah: *mtabu libro-c3 mdogo piccolo-c3 8a) LIS: LIBRO SIN PICCOLO SIN Nondimeno, deve sempre esserci un accordo fra nomi e aggettivi, cioè il luogo di accordo è opzionale ma l’accordo in sè non lo è. Si confrontino (8) e (8a) ben formate, dove l’aggettivo concorda in luogo con il nome, e l’esempio agrammaticale (8b) seguente: 8b) LIS: *LIBRO SIN PICCOLO DES - 12 - Solo in LIS ambedue gli accordi sono grammaticali: l’importante in questo caso è che nome e aggettivo devono essere articolati nello stesso luogo (posizione) Lo stesso vale per l’accordo verbale poiché è il luogo ad individuare gli argomenti che concordano con il verbo: così molte lingue parlate mostrano un accordo verbale basato su genere o classe ma questi dipendono dal genere del soggetto, mentre in LIS il LUOGO su cui si basa l’accordo verbale è liberamente stabilito dal parlante, almeno per la 3ª persona. Due lingue in cui i tempi semplici mostrano un accordo verbale basato su genere/classe sono swahili e veneto (indipendentemente dalla varietà): 9) Swahili: nyumba casa-c9 10) LIS: (oggi) CASA DES imebomoka è crollata-c9 9a) Swahili: CADERE DES 10a) LIS: (oggi) CASA SIN 11) Ven: l’àlbaro el vien sù (al) l’albero-m. cresce-m. 12) LIS: ALBERO DES CRESCERE DES *chumba casa-c7 11a) Ven: *l’àlbara l’albero-f. 12a) LIS: ALBERO SIN kimebomoka è crollata-c7 CADERE SIN ła vien sù cresce-f. CRESCERE SIN Nuovamente, solo la LIS permette al parlante di decidere quale luogo assegnare al nome CASA (10, 10a) o ALBERO (12, 12a) per poi farlo accordare con il verbo. Al contrario, i verbi veneti e swahili mostrano accordo esplicito con il soggetto (tramite un prefisso o un clitico) ma il genere o la classe del soggetto non può essere cambiata dal parlante (9a, 11a). Così la frase (9) tratta da V.M.Pick (1988, p. 72) è ben-formata ma il nome di classe-9 NYUMBA non può essere trasformato in un nome di classe-7. (Nota: “chumba” esiste ma significa “stanza” e non “casa”). Analogamente, il veneto settentrionale può impiegare il clitico verbale maschile al dove le altre varietà usano la forma maschile el, ma il nome ÀLBARO non può comunque ricevere una desinenza feminile e concordare con un clitico verbale femminile. Nella Lingua Italiana dei Segni tali restrizioni non esistono, benché una forma di accordo sia comunque necessaria. - 13 - In effetti, la presenza nella morfologia LIS di un tratto “discrezionale” o “arbitrario” per marcare i nomi e farli concordare con aggettivi, pronomi o verbi spiega la grande flessibilità della LIS, anche in assenza di un sistema flessivo a casi come quelli osservabili in alcune lingue. Inoltre, a parte “sinistra” e “destra” , possono essere stabilite altre posizioni di 3ª persona in un discorso in LIS, purché non si segnino le parole verso l’ “ascoltatore” (luogo della 2ª persona) né verso il corpo del segnante stesso (luogo della 1ª persona). Ciò porta ad una grande disponibilità di accordi di 3ª persona e a sua volta amplifica in un certo qual senso questa flessibilità. - 14 - 2 Panoramica della Grammatica della LIS La panoramica qui presentata mira a fornire una conoscenza di base della morfologia e della sintassi della LIS necessaria per l’analisi delle frasi relative restrittive in LIS discussa nel capitolo 3. 2.1 Il Sintagma Nominale I nomi in LIS possono essere marcati per LUOGO e NUMERO. Come detto sopra, ad essi può essere assegnato un luogo in modo da farli concordare con altre parti della frase, siano esse verbi, aggettivi o pronomi. Il modo in cui questo tratto è realizzato, comunque, dipende dalla fonologia dei nomi stessi: ovviamente quelli che sono segnati nello spazio neutro, cioè non hanno una posizione fissa, possono essere liberamente spostati per assegnare loro un tratto di luogo. D’altra parte, i nomi che contattano il corpo del segnante hanno un luogo di articolazione fisso (p.es. il mento, la fronte del segnante...) e quindi non possono essere prodotti in altre posizioni dello spazio: in questo caso l’intero corpo del segnante può spostarsi a sinistra o a destra contemporaneamente al segno. Come alternativa il luogo può essere realizzato come un segno indipendente dopo il nome (indice). 13) MAMMA <ind>SIN BAMBINODES (la) mamma là (il) bambino TELEFONAREDES SIN quella-telefona-questo (=lei telefona a lui) La mamma telefona al (suo) bambino Mentre il nome BAMBINO può essere segnato in un luogo di 3ª persona specifico (cioè sulla destra), il soggetto MAMMA deve essere prodotto vicino al corpo del segnante e quindi gli si deve aggiungere un indice (traducibile approssimativamente come “lì / là”) che gli dà un luogo (in questo caso, sinistra) per realizzare successivamente l’accordo con il verbo. Gli indici, comunque, possono essere flessi per il plurale. Anche la marca di NUMERO è strettamente dipendente dalla fonologia del segno, più precisamente dalla stessa distinzione fra segni che contattano il corpo del segnante e segni che non lo fanno. Ad ogni modo, come si vedrà più avanti, anche la marcatura della distributività gioca un ruolo in questo processo. - 15 - 2.1.1 Plurale e Distributivo dei nomi I nomi che non toccano il corpo, cioè possono essere mossi liberamente nello spazio, sono marcati sinteticamente al plurale tramite la duplicazione. Ad esempio, il segno duplicato CITTÀ-CITTÀ significa «le città», e il segno duplicato ALBERO-ALBERO corrisponde all’italiano «alberi». Va notato che la duplicazione per esprimere pluralità non è una pantomima ma è utilizzata anche in molte lingue parlate, come per esempio l’ indonesiano, cosicché LIS PERSONA-PERSONA corrisponde al plurale «persone» esattamente come l’ indonesiano ORANG-ORANG (example from Soravia, 1995, p. XVI). Si confronti (14) e (15) seguenti: 14) LIS: PERSONA ---plurale--> persona 15) Ind.: ORANG persona ---plurale--> PERSONA-PERSONA persone ORANG-ORANG persone Diversamente dalle loro controparti indonesiane, i nomi in LIS subiscono la duplicazione anche quando nella frase appaiono altre parole pluralizzanti: ciò sigifica che, quando qualche numerale segue il nome questo è flesso al plurale. Si veda il seguente sintagma nominale LIS (14a) e la sua controparte in Bahasa Indonesia (15a) in cui compare un numerale: 14a) LIS: PERSONA-PERSONA TRE Tre persone 15a) Ind.: TIGA ORANG tre persona-sing. Tre persone Al contrario in LIS, i nomi la cui fonologia non permette la duplicazione (p.es. quelli che toccano il corpo del segnante) sono invariabili e mantengono la loro forma base anche al plurale. Se il senso di pluralità non è recuperabile dal contesto essi possono essere marcati per il plurale analiticamente aggiungendo segni che significano “alcuni” o “molti”. Si veda l’esempio (16) tratto da (Pizzuto, 1987, p.188): 16) LIS: DONNA MOLTE donna/ragazza marca di plurale Le donne / ragazze , Molte donne / ragazze - 16 - Ciò nondimeno, alcuni nomi che contattano il corpo, mostrano una speciale flessione per il plurale DISTRIBUTIVO, cioè sembra che la distributività in LIS non vada confusa con la pluralità, benché la prima implichi la seconda. Ciò coincide con il comportamento di altre lingue (p.es. in Māori gli aggettivi generalmente non sono flessi al plurale, ma possono subire la duplicazione quando è implicata una sfumatura di distributività). Sembra che in LIS la forma distributiva possa apparire come triplicazione della forma base del segno (p.es. DONNA-DONNA-DONNA) piuttosto che come semplice duplicazione, come anche nel caso dei verbi distributivi (si veda 2.4.4.). Anche l’accordo con gli aggettivi mostra delle differenze rispetto al plurale semplice, come apparirà chiaro nel paragrafo 2.1.3. 2.1.2 Nomi e Determinanti, Deittici e Numerali La LIS non sembra avere determinanti foneticamente realizzati, corrispondenti all’ inglese “the” o all’italiano “il, la, i, le”; di conseguenza la frase “Il corso di LIS inizia oggi alle 10” è tradotto nel modo seguente: 17) OGGI oggi CORSO LIS (il) corso (di) LIS INIZIARE inizia 10 al(le) 10 Tuttavia la LIS possiede deittici dimostrativi che traducono l’idea di “questo/this, quello/that” spesso dando anche l’idea di “il primo/the former, il secondo/the latter” (p.es. «ci sono due uomini, il primo dice al secondo...») . I dimostrativi sono accompagnati da una specifica espressione facciale di topic che si estende sull’intero NP (si veda 2.5.8) e il loro movimento è più rapido e teso che negli indici, deittici che in molti aspetti si comportano come morfemi flessivi o se non altro come pronomi clitici. La LIS ha anche dei segni speciali per significare “uno (specifico)” o “un (qualunque)” oggetto od individuo ed inoltre c’è un deittico particolare per entità precedentemente menzionate, accanto a dimostrativi enfatici che rappresentano il concetto di “proprio questo Y... / proprio quello X... / proprio lui...”. Questo ricalca il comportamenteo di alcune lingue parlate. Prima di iniziare la descrizione di questi deittici, è necessario fare alcune osservazioni. - 17 - Innanzitutto, va ricordato che gli indici nominali sono deittici speciali dal momento che essi assegnano un tratto di LUOGO al nome, mentre tutti gli altri deittici (inclusi gl’indici verbali) richiamano un nome a cui è già stato assegnato un LUOGO. Si possono tradurre all’incirca con “lì/là”, ma possono variare la forma in base al numero singolare o plurale: per esempio la frase (13) precedente, al plurale diventa: 18) MAMMA <ind-gruppo>SIN BAMBINO-BAMBINODES (le) mamme là-plur. (i) bambini SIN TELEFONAREDES quelle-telefonare-questi (=loro-telefonare-loro) Le mamme telefonano ai (loro) bambini Il nome BAMBINI ha una forma plurale duplicata (anche se stilizzata e visibile come un unico segno che si muove rapido nello spazio visivo) e ad esso viene assegnato direttamente un LUOGO, mentre al nome MAMME il LUOGO è assegnato tramite un indice, che deve accordare in numero plurale con il nome: si noti però che il nome in sè non ha una forma esplicita di plurale foneticamente realizzata, bensì questo può essere dedotto solo dalla presenza di un indice plurale glossato qui come <ind-gruppo>. In LIS, infatti, tutti i deittici generalmente seguono il nome e sono flessi per LUOGO e NUMERO. I deittici dimostrativi solitamente servono anche da pronomi indipendenti di 3A persona come succede in molte lingue parlate, cosicché nei prossimi paragrafi essi saranno tradotti come EGLI/LUI/LEI/ESSO...o come QUESTO/QUELLO in base al contesto e a ragioni di chiarezza (vedere 2.2.2, 2.4.2 e 2.5.1). Inoltre, come spiegato più avanti, in alcuni casi essi svolgono una funzione simile a quella dei determinanti italiani e inglesi (p.es. nel caso di alcune frasi relative). Per quanto riguarda gli indici verbali, essi saranno trattati nei paragrafi relativi al verbo, ma va tenuto in conto che essi, pur avendo medesima forma e movimento dei dimostrativi, hanno un’espressione facciale diversa.. I deittici dimostrativi richiedono che l’espressione facciale di topic (sopracciglia alzate, in 2.5.8) si estenda su tutto l’ NP come ad esempio: - 18 - -------------------------- sopracciglia alzate --------------------------- 19) LIS: STUDENTE Quello studente QUELLO SIN / QUELLO DES -------------------------- sopracciglia alzate --------------------------- 20) Ind.: STUDENTE Quegli studenti QUELLI SIN / QUELLI DES Come si può notare in (19) e (20), anche i deittici hanno un tratto di anche per NUMERO LUOGO ma si flettono così come i pronomi, perché essi hanno una forma apposita per il plurale: mentre la forma singolare del segno indica un punto preciso nello spazio, il plurale ha un movimento che rappresenta una linea immaginaria passante per diversi punti (come una ripetizione veloce e stilizzata della forma singolare), tutti vicino ad un determinato LUOGO. Questo movimento lineare di solito si muove verso l’esterno partendo da di fronte al parlante: la mano sinistra si muove verso sinistra e la mano destra si muove verso destra. Nelle frasi (19a) e (20a) sono evidenziati i pronomi di 3ª persona, che hanno la medesima forma dei deittici in (19, 20). L’espressione facciale speciale non si estende sul VP: ---sopr. alzate --- 19a) QUELLO SIN Quello / Lui / Lei ---sopr. alzate --SIN PARLARE1 o QUELLO DES PARLARE1 DES lui/lei-parla-me Quello (o lui/lei) mi parla ---sopr. alzate --- 20a) QUELLI SIN Quelli/Loro/Essi ---sopr. alzate --SIN PARLARE1 o QUELLI DES PARLARE1 DES loro-parlano-me Quelli (o loro/essi) mi parlano Si deve prestare attenzione al fatto che in LIS il soggetto è automaticamente marcato dalla flessione verbale, cosicché in (19a, 20a) il segno SINPARLARE... traduce già la 3ª persona LUIPARLA o LORO-PARLANO e i pronomi dimostrativi/personali sono opzionali. In effetti questi ultimi agiscono piuttosto come i pronomi indipendenti italiani LUI/LORO o i francesi LUI/EUX; al contrario, la direzione verbale e gli indici si comportano piuttosto come morfemi di persona (ital. parla, parlano ... ingl. speaks) e per alcuni aspetti ricordano i pronomi clitici francesi IL/ILS anche se questa equivalenza è empirica e necessita di un’analisi più approfondita. - 19 - Questo perché in LIS il verbo «SINPARLARE...» viene reso più precisamente con l’it. “parla(no) SIN a...” o con il fr. “il(s) parle(nt) avec...” mentre la forma LIS «QUELLOSIN PARLARE... » riflette il significato dell’it. “Lui/Egli parla a... / Quello parla a...” e del fr. “Lui il parle avec...”. In inglese (e molte altre lingue), tuttavia, i morfemi personali sono quasi scomparsi e non è sempre possibile distinguere i pronomi independenti/enfatici dai clitici così a volte le glosse potrebbero risultare ambigue. Ai fini del presente lavoro, la direzione verbale (o gli indici che la sostituiscono) saranno uniti al verbo con un trattino “lui-parla-me / he-speaks-me ; loropensano-te / they-think-you...” mentre i dimostrativi e i pronomi indipendenti compariranno come parole separate. I deittici dimostrativi, come i pronomi enfatici, possono mostrare forme speciali di duale o triale accanto al plurale generale comprimendo quindi in un solo segno il significato di “quei due / loro due / entrambi” o “quei tre / loro tre” (vedere 2.2.2). Riguardo i numerali, vale la pena notare che anch’essi seguono la testa nell’ NP, cioè i sintagmi «tre studenti, quattro case» sono tradotti come STUDENTE TRE , CASA-CASA QUATTRO secondo la grammatica della LIS: se il nome si flette esplicitamente per il plurale esso mostra duplicazione. Oltre a ciò, poiché i dimostrativi possiedono speciali forme “numeriche”, i numerali possono essere espressi direttamente per mezzo di questi deittici e non devono necessaramente apparire sempre come segni autonomi. Ai fini di questo lavoro, vale anche la pena di notare che la LIS possiede un deittico speciale (da qui in avanti DE) con un significato strettamente anaforico impiegato per entità precedentemente menzionate , cioè è usato esclusivamente per richiamare un referente precedentemente introdotto nel discorso. Questo deittico anaforico corrisponde al prorel descritto da Zucchi, Cecchetto e Geraci (2004) nel loro studio sulle frasi correlative. Secondo i miei dati, comunque, tale deittico anaforico non è limitato alle frasi correlative. I miei informanti, quando richiesti se questo poteva essere un segno “autonomo” , hanno sostenuto che esso può essere utilizzato anche all’inizio di frasi principali e hanno portato l’esempio seguente. - 20 - A sta invitando B ad uno spriz: A: ...bene, ci incontriamo domani al bar X, ok? B: ma dov’è il bar X? A: è quel bel bar con giardino interno vicino alle poste B: hmm...Non ho mai sentito di questo bar. A: Beh, non preoccuparti: ci troviamo alle poste e andiamo al bar assieme Il giorno seguente, si incontrano e vanno al bar. Raggiuntolo, A vuole dire a B chet «quello è il bar» che stava descrivendo il giorno prima (non quel bar in confronto ad un certo questo bar o altri bar). Conseguentemente egli segna la frase (21): 21) <DE> Quello (è) BAR! (il) bar Quello è il bar (quello di cui ti parlavo ieri) In certe condizioni l’intera frase può essere ridotta semplicemente a questo deittico, lasciando che l’ascoltatore ne recuperi il senso dal contesto in modo molto simile: 21a) <DE> ! (È) Proprio quello ! (che di cui ti parlavo...) Altre frasi basate su <DE> possono essere del tipo seguente: 22) RAGAZZA Ragazza <DE>SIN questa (che ti dicevo) SIN SEGNARE1 lei-segna-me Questa ragazza (di cui ti dicevo ieri...) mi ha “parlato” / mi sta “parlando” Il verbo “parlato” in questa traduzione libera è inteso come “parlato nella lingua dei segni”, cioè non con la bocca. La traduzione letterale sarebbe “mi ha segnato / mi sta segnando” come indicato dalla glossa. - 21 - Durante il dialogo con gli informanti, essi hanno precisato che c’è anche un altro deittico speciale usato non per la semplice identificazione ma per enfatizzare un NP evitando la confusione con altri NP ad esempio quando si dice «Ho parlato/segnato proprio a quell’ uomo!» (non ad altri, fra i molti introdotti nel discorso). Esso serve anche come pronome enfatico in frasi del tipo «Ho parlato/segnato a lui!» (in contrasto a lei o altre persone presenti nel discorso e a cui è stato assegnato un luogo nello spazio segnico). Questo deittico enfatico è realizzato con due mani che puntano allo stesso LUOGO, un dito indice fisso verso quel punto mentre l’altro che compie un movimento ripetuto verso quella stessa posizione (segnando QUELLO-QUELLO). Per un esempio di utilizzo si veda (23) seguente: 23) 1CHIEDEREDES Io-chiedo-lui QUELLO-QUELLODES <ind.>DES QUELLO! LUI! Io ho chiesto a lui/a quello! (non quell’altro). In (23) , al pronome QUELLO/LUI viene data enfasi per rendere chiaro il fatto che “Ho chiesto a lui” (in contrasto ad altre persone possibili). In questo caso il pronome può seguire il verbo. A parte la 3ª persona singolare, che richiede l’uso di due mani, di solito le forme enfatiche consistono all’incirca in una ripetizione della forma base del pronome/dimostrativo, cioè IOIO1 , TU-TU2 , QUELLI-QUELLISIN (=loro-loroSIN). Al plurale la ripetizione risulta come movimento circolare compiuto due volte attorno al medesimo LUOGO. Sia i deittici enfatici sia quelli anaforici saranno ripresi in considerazione nei paragrafi riguardanti le frasi relative. - 22 - 2.1.3 Nome e Aggettivi: accordo Gli aggettivi concordano in LUOGO con i nomi e sono sempre posposti ad essi (nuovamente il luogo è assegnato dallo “speaker”). Come in inglese, non mostrano marche esplicite di accordo di numero e questo può essere verificato facilmente con i nomi declinabili. Per quanto concerne il luogo si veda qui sotto: 24) Ital: grande/grossa big-f. 25) LIS: CITTÀ DES city città city-f. GRANDE DES big 24a) Ital: *grosso big-m. 25a) LIS: CITTÀ SIN city città city-f. GRANDE SIN big Notare che in (24,24a) viene usato l’ aggettivo “grossa” poiché “grande” non mostra variazione fra maschile e femminile. Come spiegato nel paragrafo 1.2.3, nonostante il luogo sia liberamente stabilito dal parlante (25,25a) l’accordo fra nome e aggettivo deve sempre sussistere. Si guardi (25b) seguente: 25b) LIS: *CITTÀ DES GRANDE SIN o *CITTÀ SIN GRANDEDES Per il numero, si confrontino le frasi seguenti: 26) Engl: big cities 27)LIS: CITTÀ-CITTÀDES cities-pl. 26a) Engl: *bigs GRANDEDES big cities 27a) LIS: *CITTÀ-CITTÀDES cities-pl. GRANDE-GRANDEDES bigs-pl. Va ricordato che la duplicazione include una specie di movimento cosicché la ripetizione “città-città” non è prodotta esattamente in uno stesso punto, anche se essa è realizzata vicino a un punto immaginario alla sinistra o alla destra del parlante mantenendo così l’accordo di luogo con verbi, deittici e pronomi. Le frasi (27a) e (26a) provano che per gli aggettivi in LIS non è possibile una flessione esplicita di numero proprio come non è possibile per le loro controparti inglesi, mentre vi è accordo di luogo (27). Nondimeno, sembra che in LIS possa avere luogo una speciale concordanza fra nomi e aggettivi quando è coinvolto il (plurale) distributivo. - 23 - Di conseguenza in (28) la frase «Sono andato in (ognuna del-) le grandi città» è reso in LIS: 28) CITTÀDES GRANDEDES CITTÀCEN GRANDECEN 1ANDARECEN CITTÀSIN GRANDESIN 1 ANDAREDES 1ANDARESIN Benché su questo argomento siano necessarie ulteriori ricerche, emerge che in LIS il DISTRIBUTIVO è trattato come una serie di diverse realizzazioni individuali di uno stesso NP singolare, ognuna delle quali accorda individualmente in LUOGO con il proprio aggettivo. Inoltre, anche nella flessione verbale ogni NP sembra essere un argomento singolare indipendente che accorda per conto proprio con il verbo secondo il proprio LUOGO. Nel plurale puro (27), al contrario, vi è una forma duplicata che agisce come un solo NP accordato solo una volta con l’aggettivo. Esso, fra l’altro, agisce come un tutt’uno anche nei confronti del verbo, con cui accorda una volta sola, cosicché (27) può essere ben inserito in una frase come «Non sono mai andato/stato in grandi città» in (29): 29) CITTÀ-CITTÀDES GRANDEDES 1ANDAREDES MAI Questo suggerisce che NUMERO e DISTRIBUTIVITÀ in LIS siano categorie diverse. Per quanto concerne il superlativo e il comparativo dell’ aggettivo, essi sono marcati spesso da componenti non manuali eseguite mentre si segna la forma base dell’aggettivo (Franchi, 1987). Questo può essere seguito da un avverbio speciale che significa “MOLTO / ASSAI / VERAMENTE”. - 24 - 2.1.4 Ordine delle parole all’interno dell’ NP L’ordine delle parole relativo all’ NP in LIS sembra essere: NP [N Adj [Num+Dem] ] (ø-cop) PredAdj dove N Adj [Num+Dem] è all’interno dell’NP, mentre l’aggettivo che funge da predicato (se presente) è all’esterno e segue una copula fonologicamente nulla. La formula [Num+Dem] indica anche che il numerale, pur comparendo solitamente dopo il dimostrativo, può essere incorporato in esso. Si veda ad esempio (30) che si riferisce ad alcuni “studenti alti” precedentemente introdotti nel discorso: ----------------------- sopracciglia alzate ---------------------- 30) STUDENTE(SIN) ALTOSIN QUELLISIN BRAVO studente/i alto/i quelli (sono) bravi Quegli studenti alti sono bravi Come detto precedentemente, in LIS gli aggettivi seguono sempre il nome ma l’aggettivo attributivo (ALTO) è inserito in una posizione fra il nome e il deittico, mentre l’aggettivo che funge da predicato (BRAVO) segue il deittico e fra di essi è sottintesa una copula (essere, è, sono). In effetti, benché BRAVO non sia flesso per luogo, è legato al nome da una copula che non è realizzata foneticamente ma può essere dedotta dall’ascoltatore per il fatto stesso che il predicato segue il deittico, il quale a sua volta segue l’aggettivo (gli aggettivi) e il nome. Il nome STUDENTE/I, pur toccando il corpo del segnante, può ricevere un luogo inclinando leggermente il corpo a destra o a sinistra. Anche la speciale espressione facciale che segnala i topic aiuta a riconoscere l’aggettivo attributivo (interno all’ NP, sopracciglia alzate) e l’aggettivo che funge da predicato (esterno all’ NP, espressione neutra). Questa struttura richiama, mutatis mutandis, quella osservata in ebraico: 31) Ebr: hatalmidim gli-studenti hagavohim haele/hahem gli-alti-pl. gli-questi/quelli tovim (sono) bravi-pl. I deittici della LIS sembrano flettersi non solo per singolare e plurale bensì hanno spesso anche delle forme speciali indicanti duale, triale e persino quattriale e quinquiale: la linea immaginaria del non-singolare può essere tracciata con il solo indice aperto (plurale generale), con due dita aperte (duale), tre dita (triale) , quattro dita (quattriale) o il palmo aperto (cinque dita: quinquiale). Ciò sarà spiegato meglio al paragrafo 2.2.2. - 25 - 2.2 Pronomi personali Come ogni lingua, la LIS usa pronomi personali per riferirsi ad entità già menzionate nel discorso. Il sistema pronominale della LIS, però, è assai diverso da quello dell’italiano parlatoe ricorda in un certo senso lo schema di alcune lingue “esotiche”: a prima vista si può essere sorpresi dalla ricchezza ed apparente stranezza dei pronomi LIS ma un rapido confronto rivela che il sistema della LIS corrisponde piuttosto bene al sistema pronominale del māori, per esempio. Va ricordato che i pronomi di 3ª pers. sono identici ai dimostrativi. Infatti, anche se generalmente i pronomi LIS non si flettono per CASO (p.es. non distinguono il Nominativo dall’Accusativo), essi si flettono per LUOGO e NUMERO distinguendo fino a 5 luogi diversi e fino a 6 numeri e mostrando anche forme INCLUSIVE/ESCLUSIVE. In LIS solo il caso genitivo sembra implicare una marca speciale sui pronomi, la quale non è sempre obbligatoria secondo i dati raccolti dai miei informanti. Nominativo e accusativo/obliquo, al contrario, appaiono in un’unica forma, nonostante in una frase dichiarativa il soggetto tenda ad essere prodotto prima dei complementi (ma il luogo è sempre stabilito liberamente dal segnante). Così le frasi (32, 33) sono diverse solo in quanto cambia il loro ordine di parole (e conseguentemente il verbo SEGNARE cambia la DIREZIONE di accordo con gli argomenti) , ma gli argomenti non mostrano variazioni esplicite di caso. 32) QUELLOSIN lui/quello TU2 SINSEGNARE2 tu lui-segnare-te 32a) QUELLODES Lui segna a te (=”ti parla in LIS”) 33) TU2 tu QUELLOSIN lui/quello 2SEGNARESIN tu-segnare-lui LUOGO SEGNARE2 DES Stesso significato di (32) 33a) TU2 QUELLODES Tu segni a lui (=”gli parli in LIS”) Notare che il cambio di TU2 2SEGNAREDES Stesso significato di (33) non produce automaticamente cambio di caso: il soggetto “destro” LUI/QUELLO (32) può essere segnato a destra del parlante (32a) senza alcun canbio di significato. Analogamente, l’oggetto LUI/QUELLO può essere segnato in luoghi diversi indipendentemente dalla sua fuzione sintattica (33, 33a) e in fine il pronome TU mantiene il suo LUOGO-2 indipendentemente dal suo ruolo di soggetto (33) od oggetto (32) del verbo. - 26 - Lo stesso vale per i verbi che mancano di flessione, anche se in questo caso essa è realizzata attraverso gli indici; per esempio riscrivere (32) e (33) con il verbo SOGNARE, che non muta la propria DIREZIONE, darebbe come risultato (34) e (35) seguenti: 34) QUELLOSIN lui/quello TU2 <ind>SIN tu SOGNARE <ind>2 lui-sognare-te Lui sogna te 35) TU2 tu QUELLOSIN <ind>2 lui/quello SOGNARE <ind>LFT tu-sognare-lui Tu sogni lui Un’analisi più approfondita degli indici verbali si trova al paragrafo 2.5.1 che tratta dell’ordine delle parole nelle frasi dichiarative. Ad ogni modo, gli esempi precedenti suggeriscono anche che la distinzione fra pronomi indipendenti (con sopracciglia alzate) e indici (espressione neutra) potrebbe valere non solo per la 3ª persona ma anche per 1ª e 2ª persona: gli informanti infatti hanno sostenuto che i pronomi TU2 e QUELLO/LUISIN devono essere segnati con le sopracciglia alzate, diversamente dagli indici che accompagnano il verbo. In altre parole (34) e (35) dovrebbero essere riscritte come segue: ---sopr. alzate --- 34a) QUELLOSIN lui/quello ---sopr. alzate --- TU2 tu <ind>SIN DREAM <ind>2 lui-sognare-te Lui sogna te ---sopr. alzate --- 35a) TU2 tu ---sopr. alzate --- QUELLOSIN lui/quello <ind>2 DREAM <ind>SIN tu-sognare-lui Tu sogni lui Inoltre il pronome di 2ª persona sing. precede sempre chiaramente il verbo mentre l’indice di 2ª persona lo segue se rappresenta un oggetto diretto (35). Lascio l’argomento aperto per ulteriori ricerche. - 27 - 2.2.1 Inclusivo ed Esclusivo Tenendo questo a mente si può rivolgere l’attenzione a quelle distinzioni marcate esplicitamente nel sistema pronominale della LIS: se da una parte la LIS non ha una ricca marcatura di casi sui pronomi, d’altra parte abbiamo visto che possiede una ricca flessione di luogo, numero e forme inclusive/esclusive. Si confrontino i sistemi pronominali di LIS e māori, per esempio, come proposto precedentemente in 2.2. Il māori distingue una forma inclusiva e una forma esclusiva per le 1e persone (sia plurale, che duale) per segnalare se l’ascoltatore è incluso o escluso dal gruppo di persone indicato come “noi”. Ciò significa che l’italiano “noi due” può essere tradotto in due modi: TĀUA che significa “Io e te” (inclusivo) e MĀUA che esprime l’idea di “Lui/Lei e me” (esclusivo). Lo stesso vale per il plurale, ovviamente, e così pure fa la LIS: ci sono forme indicanti “noi tutti, incluso tu” e “noi tutti, ma non tu”. Il modo in cui la LIS esprime la persona e le forme inclusive/esclusive, però, si basa sul LUOGO cosicché i vari pronomi appaiono come se in origine fossero IO-TU (noi due: inclusivo) , IO-LUI/LEI (noi due: esclusivo), TU-LUI (voi due), IO-TU-LUI (noi tre: inclusivo), NOI-TU (noi tutti: inclusivo), TU-LORO (voi tutti), e così via a seconda della posizione LUOGO-1, LUOGO-2, LUOGO-3... Va prestata attenzione al fatto che questa non è una mera giustapposizione del segno Io e del segno Lui o Tu, ma è necessaria una configurazione specifica. Ci si ricorderà che in LIS possono esservi vari LUOGHI di 3ª persona (essa ha molte posizioni di luogo-3 così come l’inglese ad esmepio ha diversi generi di 3ª persona). Di conseguenza si possono creare diverse combinazioni di forme inclusive ed esclusive per identificare diversi referenti nel discorso. Ad esempio il movimento IO-LUISIN è diverso da IO-LUIDES e permette di identificare correttamente due diversi individui maschili nello stesso discorso (o due femminili o due entità neutre perché in LIS non c’è marca di genere). L’inglese e l’italiano al contrario distinguono forme come “Io e lui” oppure “Lei e me” ma esse dipendono dal genere dell’entità/persona a cui ci si riferisce. Di fatto questi pronomi non-singolari sono rappresentati in LIS da un movimento passante per diversi punti, ognuno dei quali corrisponde a un LUOGO: 3-sinistra, 3-destra, 2, 1 e cosi via. - 28 - In questo modo, un segno che si muove attraverso la posizione LUOGO-2 genera forme inclusive mentre gli altri danno forme esclusive, p.es. il segno indicante “IO1-e-TU2” produce il pronome duale inclusivo NOI_DUE2 mentre il segno che punta a “IO1-e-LUISIN” produce il pronome duale esclusivo NOI_DUESIN che si riferisce a me e la persona che avevo segnato alla mia sinistra. 2.2.2 Numero nei pronomi e incorporazione del numerale: Duale, Triale, Quattriale, Quinquiale e Plurale Per quanto riguarda il NUMERO, esso è realizzato come segue sui pronomi e i dimostrativi della LIS: la mano che traccia un linea con il solo indice esprime il plurale, due dita esprimono il duale, tre dita rappresentano il triale, quattro indicano il quattriale e tutte le dita aperte realizzano il numero quinquiale. In altri termini, i numeri diversi dal singolare e dal plurale sono formati per mezzo dell’incorporazione del numerale ottenuta con dei cambi nel parametro CONFIGURAZIONE. Si osservano anche mutamenti nell’ ORIENTAMENTO. Anche il māori possiede alcuni pronomi come RĀUA, KŌRUA che comprimono in una sola parola ciò che inglese ed italiano esprimono con due vocaboli: infatti, KŌRUA significa “voi due” e RĀUA traduce la forma “ambedue loro, loro due”. Lo stesso fa la LIS che, oltre al singolare e al plurale, ha anche forme speciali per il numero duale. La LIS, però, va oltre ed esibisce una gamma completa di forme per il numero triale, quattriale ed anche quinquiale. Va ricordato, però, che queste forme, pur essendo glossate come parole composte, consistono di un solo segno in LIS. Per avere un’idea di ciò che significa possiamo immaginare come suonerebbe l’inglese se potesse incroporare i numerali nei pronomi, p.es comprimendo la forma “we two” in una sola parola *TWE (si ricordi l’esempio di “once/twice” in 1.2.1) o unificando “they three” in *THREY o ancora come suonerebbe l’italiano se “voi due” diventasse *VUE. Il luogo fornisce anche la marca di inclusività/esclusività e la distinzione di varie entità di 3ª persona implicite in pronomi come “voi_due, noi_due” (come visto in 2.2.1). Infatti, si può produrre un segno puntando a “IO-e-LUISIN” e creare quindi il pronome di 1ª persona duale esclusiva “sinistra” NOI_DUESIN o produrre un altro segno indicante “IO-e-LUIDES” per generare il pronome di 1ª persona duale esclusiva “destra” NOI_DUEDES. - 29 - Tutta questa disponibilità di luoghi e numeri fornisce una grande flessibilità per l’organizzazione del discorso in LIS. Così, dato il contesto: “Ieri Giovanni, Marco e io eravamo in spiaggia” la frase seguente sarebbe ambigua: «Noi due abbiamo giocato a pallavolo, poi noi due abbiamo preso un buon gelato e poi sono arrivati degli amici e noi siamo andati a nuotare». L’ovvia domanda sarebbe: Noi due, chi? Io e Marco o io e Giovanni? Né si risolverebbe l’ambiguità dicendo Io e lui perché che nella scena sono coinvolti due individui di sesso maschile e così si dovrebbero usare due “EGLI (lui)”, ciò che manterebbe la confusione. La LIS, al contrario non ha queste ambiguità dato che MARCO e GIOVANNI, pur riferendosi a due persone di sesso maschile, possono ricevere due diversi luoghi rendendo poi sono possibili due diverse forme di 1ª persona esclusiva duale. È come se i pronomi coinvolti fossero QUESTO e QUELLO piuttosto che EGLI e LUI portando alla creazione di forme come “IO-e-QUESTO” e “IO-e-QUELLO”. In questo lavoro essi saranno glossati sia come pronomi sia come dimostrativi a seconda del contesto. Per esempio si potrebbe segnare la seguente frase: 36) IERI MARCO DES GIOVANNI SIN ieri Marco Giovanni IO1 Io NOI_TRE noi tre SPIAGGIA LÀ la spiaggia (eravamo) là Ieri Marco, Giovanni e io eravamo sulla spiaggia Poi il parlante può segnare (37) e (38), mantenendo quindi chiari i referenti del discorso: 37) NOI_DUE SIN GIOCARE-PALLAVOLO 1ª -escl.-duale-sinistra Noi due abbiamo giocato a pallavolo (noi due = Io e luiSIN = Io e Giovanni) 38) NOI_DUE DES MANGIARE-GELATO 1ª -escl.-duale-destra Noi due abbiamo mangiato un gelato (noi due = Io e luiDES =Io e Marco) In fine il parlante segna: 39) AMICI MOLTI VENIRE [pausa] amici NOI NUOTARE 1ª -plur. Sono arrivati degli amici e siamo andati a nuotare (noi = noi tutti) - 30 - Anche il segno di 2ª persona può moversi da e verso diversi luoghi-3 includendo quindi diversi “LUI” (o LEI, o ESSO) nell’idea di “voi... voi due... tu-e-lui...”: così una configurazione duale che si muove indicando “Tu-e-LUIDES” creerà il pronome di 2ª persona duale “destro” VOI_DUEDES mentre il movimento “Tu-e-LUISIN” produrrà il pronome di 2ª persona duale “sinistro” VOI_DUESIN. Nelle frasi precedenti, ad esempio, il segno VOI_DUESIN si riferirebbe a “Tu e Giovanni” , dato che a Giovanni è stato assegnato LUOGO-SIN all’inizio del discorso, mentre il pronome VOI_DUEDES si riferirebba a “Tu e Marco” , perché il nome Marco era stato segnato nella posizione di LUOGO-DES. La ricchezza del sistema pronominale LIS può essere colta guardando la seguente tabella dove essa viene rappresentata e raffrontata all’italiano, tenendo il māori come modello. Singolare Ahau 1ª IO1 Duale (Inclusivo) Plurale (Esclusivo) (Inclusivo) Mātou Tātou NOI2_TRESIN/DES NOI_TRESIN/DES Māua Tāua NOI_DUE2 NOI_DUESIN/DES... NOI2_QUATTROSIN/DES NOI_QUATTROSIN/DES Io e te Io e lui/leiSIN NOI2_CINQUESIN/DES NOI_CINQUESIN/DES Io e lui/leiDES NOI2_(TUTTI)SIN/DES... NOI (TUTTI)SIN/DES... including you without you Io (me) I (me) Noi We (us) Koutou Kōrua 2ª Koe VOI_DUE SIN/DES... TU2 Tu e lui/leiSIN VOI_TRESIN/DES VOI_QUATTROSIN/DES VOI_CINQUESIN/DES Tu e lui/leiDES Tu (te) (thou) 3ª o questo/quello VOI (TUTTI)SIN/DES... Voi You Rāua Ia LUISIN/DES... (Esclusivo) DES/SIN... Rātou LORO_DUESIN/DES... LORO_TRESIN/DES Lui/LeiDES e lui/leiSIN LORO_QUATTROSIN/DES Lui/LeiSIN e lui/leiDES LORO_CINQUESIN/DES ... LORO (TUTTI)SIN/DES Egli, Lui, Lei (S)he, Him, It Essi (loro) They (them) - 31 - Da questo confronto appare chiaro che la LIS, a dispetto del fatto che molti la considerano una pantomima, è in realtà una vera lingua con una struttura ricca le cui apparenti “stranezze” spesso corrispondono a proprietà riscontrate anche in lingue parlate. La LIS spesso va oltre: così la combinazione di forme Incl/Escl con i numeri plurale e duale ricalca lo schema del māori, per esempio, ma la LIS fa un passo in più nel senso che essa distingue anche altri numeri che il māori fonde in un’unica forma insieme al plurale generale. L’inglese e l’italiano, invece, non presentano un sistema pronominale così ricco. La LIS inoltre presenta la libera assegnazione del LUOGO mentre le altre lingue non fanno lo stesso con il GENERE. Nella tabella precedente, si noti che i luoghi sono segnati solo dove non possono essere sottintesi. Ad esempio: VOI_DUESIN è inteso automaticamente come se fosse (2)VOI_DUESIN. Analogamente, la forma esclusiva NOI_TREDES può significare solo (1)NOI_TREDES (cioè Io e quelle due persone che ho precedentemente segnato alla mia destra) Similmente, il pronome duale NOI_DUE2 è chiaramente interpretato come (1)NOI_DUE2 e viene riportato solo il luogo-2 per chiarire che questa non è una forma esclusiva ma inclusiva. Allo stesso modo, una forma plurale inclusiva come NOI2_TUTTIDES significa abbastanza chiaramente (1)NOI2_TUTTIDES dal momento che dà l’idea di “Io-Tu2-e-Loro/QuelliDES”. Nuovamente viene scritto solo il luogo-2 per marcare l’inclusività, indicando che il segno si muove passando per la posizione corrispondente alla 2ª persona. Al contrario, i pronomi di 3ª persona non singolare implicano sempre tutti varie entità di 3a persona che quindi devono essere glossate esplicitamente; in questo modo la forma LORO_DUEDDG ad esempio significa “Lui/Lei (alla destra)-e-Lui/Lei (alla destra DES diagonale)” richiamando il nome precedentemente collocato alla destra del segnante insieme ad un altro nome che era stato segnato sempre sulla destra ma leggermente in avanti. Le foto seguenti portano qualche esempio di pronomi di 1a pers. duale inclusiva, 1a pers. duale “destra”, 1a pers. quattriale (incl.) e 1a pers. plurale (generale) oltre al pronome di 2a persona quattriale. Le foto sono tratte da Volterra e da Radutzky. - 32 - NOI_DUE2 (=inclusiva: Io-e-te) NOI_DUERGT (=esclusiva: Io-e-lui-sulla-destra , non tu) NOI_QUATTRO2 (=inclusiva: noi-tre-e-tu) NOI (TUTTI) 2 (=incl: Noi tutti-e-tu) VOI_QUATTRO Le forme duali, sebbene abbiano la stessa configurazione e lo stesso movimento ripetuto, implicano luoghi diversi: LUOGO-DES LUOGO-1 + LUOGO-2 per il pronome di 1a pers. incl. e LUOGO-1 + per il pronome di 1a pers. escl. “destra”. Le forme quattriali condividono un’altra configurazione ma il pronome di 1a persona è prodotto vicino al LUOGO-1 il corpo de segnante (pur indicando anche l’ascoltatore/guardante per segnare l’inclusività) mentre il pronome di 2a persona è segnato lontano parlante/segnante: chiaramente, esso è sempre inclusivo. Il plurale consta di una linea tracciata con l’indice. - 33 - 2.3 Possessivi e possesso Sebbene la LIS non abbia un sistema di casi ricco, può impiegare speciali forme di genitivo per i possessivi: queste forme, comunque, non sono obbligatorie dal momento che i pronomi di base Nom/Acc funzionano anche come possessivi. Secondo i dati a disposizione, esiste uno speciale genitivo enfatico solo per la 1ª e la 2ª persona singolare e per la 3ª persona: esse hanno CONFIGURAZIONE-G ma toccano il possessore con il lato esterno del dito indice, anziché indicarlo normalmente (come fanno le forme di base Nom/Acc). Esiste anche un genitivo con CONFIGURAZIONE-B. CONFIGURAZIONE-5 o Nei paragrafi seguenti verranno prese in considerazione diverse costruzioni. 2.3.1 Possessivi e possessivi “nominativi” L’uso di forme omofone ai pronomi Nom/Acc di base nelle costruzioni possessive della LIS (40) ricordano spesso l’ungherese (41) tranne che per l’ordine invertito: 40) LIS: GIACCA Giacca IO1 Io-nom. La mia giacca 41) Ungh: (Az Il en) Io-nom. kalapom cappello-1ª-sing. Il mio cappello Non so dire se in LIS il segno Io sia realmente un pronome nominativo indipendente come lo è En in ungherese, o se esso sia un indice di 1ª persona <ind>1 che svolge la funzione di accordo del suffisso ungherese –m. In ogni caso, esiste una corrispondenza fra (40) e (41) e deve essere sottolineata dal momento che entrambi i pronomi indipendenti En = I da una parte, e l’indice/desinenza flessiva -m = <ind>1 dall’altra, mantengono la stessa forma , sia come marche di soggetto che come marche di possesso. (Infatti, anche la desinenza ungherese –m serve pure come suffisso di accordo verbale con il soggetto). - 34 - Tuttavia in LIS, il posseduto non mostra accordo superficiale con il possessore, cioè non viene segnato nello stesso luogo dove precedentemente era stato collocato il possessore; in effetti questa costruzione “possessiva nominativa” è usata molto spesso nella lingua dei segni italiana anche quando il possesso non implica alcun pronome: 42) GIACCA INSEGNANTE(SIN/DES...) La giacca dell’ insegnante 43) CORSo LIS INIZIA 10 Il corso di LIS inizia alle 10 La LIS, però, presenta anche speciali forme di genitivo il cui uso sembra dipendere dalla varietà segnata dal parlante, secondo i dati a mia disposizione: alcuni informanti associano una funzione enfatica a queste forme, mentre altri sostengono che esse sono solo le uniche forme possibili per esprimere possesso. Come già detto, questi segni condividono stessa CONFIGURAZIONE (config. G) e LUOGO con i corrispondenti pronomi nominativi/accusativi/ obliqui ma mostrano notevoli differenze per quanto riguarda ORIENTAMENTO e MOVIMENTO dato che essi non puntano al possessore direttamene ma con un lato del dito indice. Ciò nondimeno anche le forme di genitivo speciali seguono l’oggetto posseduto. Qui si possono confrontare le forme base di 1ª, 2ª e 3ª persona singolare e le loro controparti genitive (enfatiche). Le foto sono tratte da Romeo (1996): benché in questo dizionario i segni “IO, TU, LUI” siano glossati solo come nominativi/accusativi e non come possessivi “MIO,TUO,SUO” (traduzione data solo per i segni della 2ª colonna qui sotto) i dati dei miei informanti rivelano che forme simili a questi Nom/Acc sono impiegate anche in costruzioni possessive come (40). Si ricordi comunque che non ho potuto verificare se in questo caso la forma sia un vero pronome indipendente o un indice che agisce come morfema possessivo. Forma base IO/ME (mio) MIO (per gli inform. è specifica per genitivo enfatico) - 35 - Forma base TU (tuo) TUO (per gli inform. è specifica per genitivo enfatico) Forma base EGLI/LUI/LEI (suo) SUO (specifica per il genitivo enfatico) Va notato che in Romeo (1996) le forme possessive elencate nella seconda colonna precedente non sono indicate come genitivi enfatici ma come normali forme di possessivo mentre alcuni miei informanti sostengono che vanno usate solo in situazioni speciali in cui è richiesta enfasi. Ciò significa che alcuni segnanti traducono il sintagma “La mia giacca” in due modi: una costrizione possessiva “nominativa” normale con una forma omofona ai pronomi Nom/Acc di base (40), qui riportata come (44), e un possessivo genitivo enfatico rappresentato in (44a). 44) GIACCA IO Giacca 1ª-sing.-nom. La mia giacca (normale) 44a) GIACCA MIO Giacca 1ª-sing.-gen.-enf. My jacket (spec. genit. enfatico) Quando il possessore è un nome è possibile anche un’altra costruzione (45, 47): qui il possessore precede il resto della frase è l’oggetto posseduto è seguito da un pronome di 3ª persona che concorda in LUOGO con il possessore: 45) INSEGNANTESIN Insegnante-“sinistro” GIACCA LUISIN giacca 3ª-sing.”sinistro”-nom. L’insegnante sua giacca La giacca dell’insegnante - 36 - Anche questa forma ricorda una costruzione possessiva ungherese alternativa a quella vista precedentemente: letteralmente questa forma ungherese suonerebbe in italiano “All’insegnante, sua giacca”. Anche l’afrikaans presenta una costruzione simile a LIS (41) precedente, come evidente in (46, 46a, 46b) qui sotto: 46) Afrk.: Jan se boek (colloq. Dutch: Jan z’n boek) Jan suo libro Il libro di Jan È impiegata sia con possessori animati che inanimati (Donaldson, 1993): 46a) Afrk: Piet se vrou Piet sua moglia La moglie di Piet 46b) Afrk: Dié gebou se dak Questo edificio suo tetto Il tetto di questo edificio In LIS, quando il nome posseduto deve essere posizionato, p.es. per concordare con un verbo, si aggiunge un indice dopo la marca possessiva e lo si lega ad essa producendo uno speciale movimento rotatorio del polso; l’indice dà un luogo al nome posseduto e successivamente l’accordo viene realizzato in questo nuovo luogo 47) MIRKOCEN Mirko-“centrale” GIACCA LUICEN----<ind>DES giacca-3ªsg.”centrale” -- “LUOGO-destro” (IO1) VEDEREDES (Io) vedo-ciò ”destro” Mirko sua giacca (io) ho visto (io) Ho visto la giacca di Mirko Si noti che in (47) il possessore MIRKO è segnato fra il parlante e l’ascoltatore, ricevendo così LUOGO-CEN ; esso accorda in luogo con una marca possessiva di 3ª persona sing. e perciò con il nome posseduto GIACCA: questo indica inequivocabilmente che la giacca appartiene a Mirko e non ad altre possibili persone presenti nel discorso. Successivamente, il complesso “posseduto + marca possessiva” riceve il tratto LUOGO-DES attraverso un indice che punta alla destra del segnante. - 37 - Questo complesso è l’oggetto del verbo VEDERE e difatti il primo concorda con il secondo dato che ambedue hanno [+DES]. In questo modo, grazie all’accordo di luogo, è inequivocabilmente indicato che il verbo VEDERE si riferisce all’intero sintagma “giacca di Mirko” e non ad altri oggetti: ad esempio è chiaro che in (47) io vedo “la giacca di Mirko” (che è +DES) e non solo “Mirko” (dato che questi è +CEN). Va notato che la marca possessiva LUI e l’indice sono prodotti molto vicini l’uno all’altro fondendosi in un unico movimento: il polso ruota cosicché il dito indice che punta a LUI percorre un piccolo arco che sale e “ricade” sulla nuova posizione [+DES]: se il movimento tracciasse una linea piana si confonderebbe con l’indice verbale plurale ESSI/LORO, assai simile al pronome plurale indipendente QUELLI/LORO. A volte, si possono adoperare speciali pronomi genitivi non enfatici solo per 2ª e 3ª persona per esprimere possesso senza enfasi ma evitando confusione con i pronomi di base. In questo caso il palmo aperto della mano punta verso la posizione del possessore e il segno rassomiglia alle forme possessive riscontrate in DGS (Lingua dei Segni Tedesca). Di conseguenza (45) diventa (48): 48) INSEGNANTESIN Insegnante-“sinistro” GIACCA SUASIN giacca 3ªsing.”sinistra”-gen. (specifica per genit. non enfat.) La giacca dell’insegnante Per esprimere possesso con frasi del tipo “I ho...lei ha...” è necessaria una costruzione speciale con il verbo ESISTERE/C’È, che in un certo senso ricalca la struttura del russo o del latin У меня (ест)... / mihi est... : 49) IO1 GIACCA (a) me (una) giacca Io ho una giacca ESISTERE 49a) GIACCA ESISTERE c’è C’è una giacca 50) MIRCO FRIEND ESISTERE Mirko ha (degli) amici - 38 - 2.4 Il Verbo Il verbo è forse l’elemento più complesso in una frase LIS, almeno dal punto di vista di un parlante inglese o italiano. La ragione di ciò è che la morfologia LIS non marca i verbi per tratti solitamente marcati in inglese o italiano, come ad esempio NUMERO o TEMPO, che vengono realizzati analiticamente con avverbi, mentre al contrario essa marca tratti generalmente non visibili superficialmente in queste due lingue parlate come l’ASPETTO e l’ACCORDO DI PERSONA CON GLI OGGETTI. Riguardo a ciò, vale la pena notare che l’accordo verbale in LIS sembra riflettere la distinzione fra agente da una parte e paziente dall’altra, piuttosto che fra soggetto e oggetto: in ogni caso di questo si tratterà in 2.4.2. Inoltre, la fonologia dei verbi LIS interferisce pesantemente con il modo in cui essi sono segnati cosiccé alcuni verbi presentano un accordo superficiale molto ricco marcato sinteticamente dalla loro morfologia ; altri lo realizzano solo parzialmente, accordando con il soggetto o con l’oggetto; altri verbi sono addirittura completamente invariabili, e richiedono quindi una flessione analitica per mezzo di indici realizzati esplicitamente: sebbene a prima vista questi possano apparire come pronomi, sono di fatto molto diversi. Un’altra proprietà importante della LIS è che alcuni suoi verbi permettono anche l’INCORPORAZIONE dell’oggetto. 2.4.1 Introduzione: accordo Incorporazione, Aspetto “esteso” (Subj, DObj, IObj) , Il verbi in una frase LIS tende ad essere segnato per ultimo, dopo il soggetto e gli oggetti e mostra una concordanza “estesa”: ciò significa che esso, solitamente, accorda con tutti i suoi argomenti cambiando la propria DIREZIONE, cioè modificando il LUOGO del proprio punto di partenza e del punto di arrivo per farli accordare con il luogo del soggetto e degli oggetti. Di conseguenza l’accordo verbale in LIS è una questione di luogo e si può dire che in LIS i verbi accordano in LUOGO con i loro argomenti. Non accordano in NUMERO, però, poiché i luoghi impiegati per marcare l’accordo con argomenti singolari esprimono anche concordanza con argomenti plurali. Per esempio la direzione verso la posizione di LUOGO-2 esprime accordo con oggetti/pazienti di 2ª persona singolare (51) e 2ª persona plurale (51a), come nei verbi dell’inglese moderno. - 39 - 51) DOMANI MARCODES TU2 Domani Marco tu Tomorrow Marco TELEFONARE2 DES lui-telefona-te/voi you-sg. (=thou) he-phones-you Marco ti telefonerà domani Marco will phone you (acc.sg. thee) tomorrow 51a) DOMANI MARCODES Domani Marco Tomorrow Marco VOI2 TELEFONARE2 DES voi lui-telefona-te/voi you-pl. (=old ye) he-phones-you Marco vi telefonerà domani Marco will phone you (old pl. ye) tomorrow Confrontando (51) con (51a) è facile vedere che il pronome di 2ª persona cambia a seconda del NUMERO pur richiedendo sempre il LUOGO-2, perché la forma singolare si ottiene semplicemente puntando l’indice verso quella posizione mentre il plurale richiede che l’indice tracci un linea passante per quel punto. Al contrario, il verbo si muove semplicemente verso il luogo della 2ª persona assegnando al punto d’arrivo lo stesso si osservano cambiamenti fra plurale e singolare. LUOGO-2 del pronome, ma non Si può pensare a ciò come a dei pronomi/indici che riflettono la distinzione di numero fra l’ant. inglese thou-thee (sing.) e ye (plur.) che però convivono con una direzione verbale che riflette la forma moderna senza numero you. Lo stesso vale per le altre persone come in (52) e (52a) sequenti: 52) IERI Ieri (IO1) Io LORO_DUESIN loro-duale 1PARLARESIN Io/Noi-parlare-loro Ieri ho parlato a loro due / a quei due / quelle due (persone, ragazze...) 52a) IERI Ieri NOI1 Noi LOROSIN loro-plur. 1PARLARESIN Io/Noi-parlare-loro Ieri ho parlato a loro (tutti) Nuovamente, i mutamenti indicanti il plurale, il duale o il singolare si osservano nei pronomi ma non nella direzione del verbo, cioè il suo punto di partenza è LUOGO-1 sia per il soggetto/agente di 1ª pers.singolare che di 1ª pers.plurale (Io / Noi) e il suo punto di arrivo è LUOGO-SIN sia per l’oggetto/paziente di 3ª pers.duale che di 3ª pers.plurale (Loro / Loro due). Come già detto, un’ alternativa è marcare l’accordo con la realizzazione esplicita di speciali segni deittici, gli indici verbali che si comportano da pronomi deboli o clitici sostituendo la flessione verbale. Di ciò si tratta nel paragrafo 2.5. - 40 - La complessità della flessione verbale in LIS deriva però anche da altri fattori come il marcamento di TEMPO e ASPETTO (vedere 2.4.4) e l’ INCORPORAZIONE dell’oggetto (vedere 2.4.5) la quale porta alla creazione si singoli segni con un significato specifico come BICCHIERE_BERE (rispetto al generico BERE) o BICCHIERE_DARE e LIBRO_DARE (rispetto al generico DARE) non molto diversamente da verbi italiani come “ingabbiare = mettere-in-gabbia” (ingl. to put into a cage) o “imprigionare = mettere-in-prigione” (ingl. to put somebody in prison, to jail) rispetto ai verbi semplici “mettere” (ingl. to put) e non diversamente da verbi catalani del tipo “camatrencar = trencar una cama” (rompere una gamba a qualcuno”) or “peucalcigar = calcigar amb el(s) peu(s)” (calciare con i piedi” ). - 41 - 2.4.2 Classi: classificazioni “fonologiche” e “sintattiche” Come ogni altra lingua, la LIS possiede diversi tipi di verbi raggruppabili in categorie diverse del tipo transitivo, ditransitivo, inergativo, inaccusativo e così via o del tipo verbi monoargomentali, bi-argomentali e anche tri-argomentali. D’altra parte, essa non presenta alcuna coniugazione passiva per i verbi transitivi e ricorre alla topicalizzazione per dare prominenza all’oggetto, sebbene in una certa misura anche il passivo delle lingue parlate possa essere visto come un modo di dare prominenza all’oggetto e quindi, in questo senso, non sia molto diverso dalla topicalizzazione utilizzata in LIS. Un’altra classificazione dei verbi si può basare sui criteri fonologici già esposti: verbi che sono segnati sul/vicino al corpo del parlante e sono quindi invariabili (come PENSARE), verbi segnati nello spazio neutro che quindi permettono accordo superficiale con tutti i loro argomenti (come TELEFONARE) e verbi il cui movimento è parzialmente limitato a un solo luogo (solo il punto di partenza o solo il punto di arrivo, dato che uno dei due è fisso sul corpo del segnante) e il cui accordo è di conseguenza limitato ad un solo argomento (es. VEDERE). Ciò porta ad una situazione apparentemente confusa. Per esempio, da un punto di vista sintattico questi sono tutti verbi transitivi (o almeno bi-argomentali) ma i modi in cui essi concordano con l’oggetto variano notevolmente a causa della loro fonologia: PENSARE richiede contatto con il corpo del segnante/parlante e perciò non può flettersi esplicitamente senza gli indici o l’inclinazione del corpo; TELEFONARE si muove da qualunque posto verso qualunque posto e di conseguenza concorda sia con il soggetto che con l’oggetto; VEDERE può muoversi dovunque ma il suo punto di partenza è l’occhio del segnante cosicché l’accordo superficiale con il soggetto è bloccato e viene realizzata esplicitamente solo la flessione* per l’oggetto. Alcuni verbi con flessione* parziale possono apparire anche in una struttura a due-argomenti ed accordarsi con l’oggetto superficiale (53), o apparire in una struttura monoargomentale e concordare con il soggetto superficiale (53a). Essi, comunque, concordano sempre con il paziente come già notato da Pizzuto (1987) dal cui lavoro è stata tratta la seguente coppia minima (con qualche leggera modifica): ___________________________________________________________________________ *Flessione, qui, è intesa come una marca morfologica esplicita che appare sul verbo - 42 - 53) NOI1 Noi PENNASIN ROMPERESIN la penna rompere-essa 53a) PENNASIN la penna Noi rompiamo/ abbiamo rotto la penna ROMPERESIN rompere-essa La penna si rompe/si è rotta In inglese e italiano, invece, la flessione verbale è sempre determinata dal soggetto (sia esso un paziente o no): We break the pen vs. The pen breaks ; (Noi) Rompiamo la penna vs. la penna si rompe. Effettivamente, sebbene sia necessario analizzare più dati per raggiungere conclusioni certe, l’accordo verbale in LIS sembra basarsi su paziente , agente e beneficiario, piuttosto che su soggetto e oggetti: quando è disponibile l’accordo superficiale per un solo argomento allora il verbo si accorda con il paziente, se altri argomenti sono disponibili allora ha luogo l’accordo con l’agente. Di conseguenza, sia in (53a) che in (53) il verbo ROMPERE concorda con il paziente PENNA indipendentemente dal fatto che il suo ruolo-θ sia realizzato come oggetto superficiale nel primo caso o come soggetto superficiale nel secondo caso. Lo stesso vale per il verbo VEDERE che si muove verso la posizione del paziente TU mentre il suo punto di partenza rimane invariato, a causa della fonologia, e non accorda con il soggetto MARCO, a sinistra: 54) SETTIMANA_SCORSA MARCOSIN YOU(ALL)2 SEE2 La settimana scorsa Marco vi ha visti In altre parole il verbo concorda apparentemente con l’oggetto sia in (53) che in (54) semplicemente perché questo corrisponde al paziente. Se il paziente è un soggetto superficiale (53a) allora il verbo concorda con questo soggetto. Al contrario, i verbi con flessione completa come TELEFONARE, concordano esplicitamente anche con l’agente, che compare come soggetto superficiale. Altri verbi, poi, pur presentando un accordo completo, lo realizzano apparentemente in “ordine rovesciato” perché il punto di partenza dipende dall’oggetto mentre il punto di arrivo dipende dal soggetto come SFRUTTARE più sotto. - 43 - 55) NOI1 Noi STUDENTE QUELLIDES DES studente-pl. loro- sfruttare -noi quelli SFRUTTARE1 Noi sfruttiamo quegli studenti Questo perché in LIS il punto di arrivo del verbo marca spesso il beneficiario come ad esempio nel caso del verbo DARE che si muove verso la posizione dell’oggetto indiretto, cioè la persona che beneficia del “dono/consegna”. Si ricordi che l’oggetto diretto di DARE è normalmente realizzato per mezzo dell’incorporazione, quando possibile, senza accordo superficiale. Allo stesso modo, in (55) il segno SFRUTTARE raggiunge la posizione della 1ª persona beneficiaria (perché siamo “noi” che beneficiamo del risultato dell’azione) partendo dalla posizione della 3ª persona paziente dal momento che sono “gli studenti” che subiscono lo sfruttamento. Ci sono anche verbi la cui direzione concorda esplicitamente con tre argomenti, come il verbo ACCOMPAGNARE (to TAKE sb. TO somewhere) che nella sua flessione codifica anche l’oggetto locativo. 56) VENEZIADES (a) Venezia 1ACCOMPAGNARE2__ DES Io - accompagno - te - là Ti accompagno (accompagnerò) a Venezia Qui, il verbo ACCOMPAGNARE parte normalmente dal luogo di 1ª persona soggetto “Io o noi” (LUOGO-1) e va verso quello di 2ª persona oggetto TU (LUOGO-2), ma prosegue verso un terzo punto nello spazio corrispondente al compl. locativo VENEZIA (3ª persona LUOGO-DES) Questo verbo sfrutta le risorse visuali della flessione spaziale della LIS specialmente quando tre argomenti di 3ª persona devono essere codificati sul verbo: 57) MARCOSIN Marco MIRCODES Mirco VENEZIADDG (a) Venezia Marco accompagna Mirco a Venezia - 44 - SIN ACCOMPAGNAREDES__DDG lui - accomapagnare - lui - là Il verbo parte dalla posizione che identifica MARCO sulla sinistra del segnante (LUOGO-SIN), si muove verso il posto corrispondente a MIRCO a destra (LUOGO-DES) e prosegue verso il punto dove era stato segnato VENEZIA, in questo caso la “diagonale” destra del segnante (LUOGO-DDG). In questo modo, grazie alla morfologia verbale della LIS, si possono identificare tre diversi argomenti di 3ª persona (singolare) contemporaneamente ed in modo inequivocabile. Si noti ancora una volta, che in LIS gli argomenti sono identificati correttamente dall’accordo verbale indipendentemente dal loro GENERE, mentre le traduzioni italiane date (57) precedente e (58,59) seguenti sono ambigue in quanto implicano due “EGLI/LUI” (lui ha portato lui...). Il senso corretto di queste frasi LIS è molto più simile allo schema: «X... Y... QUELLO PORTA QUESTO...» (o il primo porta il secondo). Ad ogni modo, questo uso anaforico delle lingue parlate non corrisponde esattamente all’accordo di luogo della LIS e quindi, quando possibile, i segni saranno tradotti solitamente come pronomi (egli, lui, lei, esso...) mentre i deittici spaziali saranno utilizzati per tradurre queste frasi solo quando non sono presenti distinzioni di genere. Se il verbo si riferisce a tre entità già menzionate nel discorso, l’intera frase può essere ridotta ad un unico segno senza pronominalizzazione esplicita. Parlando di “portare Mirco a Venezia, ieri?” si può semplicemente segnare: 58) 1ACCOMPAGNAREDES__DDG Io l’ho accompagnato là / Io ce l’ho portato o, data una domanda come “Marco ha portato Mirco a Venezia, ieri?” la risposta potrebbe essere: 59) SINTAKEDES__1 1TAKEDES__ DDG Lui l’ha accompagnato da me e, poi, io l’ho accompagnato là posto che le posizioni coinvolte nella DIREZIONE verbale corrispondano ai luoghi immaginari relativi ai tre argomenti, cioè che MIRCO sia segnato a destra del parlante, VENEZIA sia segnata alla sua “destra diagonale” e MARCO alla sua sinistra (perché io sono il parlante nella risposta). Che concisione! - 45 - Ci sono, infine, verbi la cui fonologia impedisce di realizzare sinteticamente un accordo esplicito tramite cambi di DIREZIONE, cioè del punto di partenza e di quello di arrivo. In tali casi, i luoghi devono essere realizzati come segni/morfemi indipendenti. Si confronti PENSARE (60a) con TELEFONARE (60): 60) SINTELEFONARE2 60a) QUELLO/LUISIN PENSARE TU2 (meglio: <ind>SIN PENSARE <ind>2 ) Lui (lei) ti telefona C’è qualche indizio Lui (lei) / Quello ti pensa che nell’ultimo caso (60a), i deittici glossati come LUI/QUELLO/QUESTO, da una parte e TU dall’altra, non siano pronomi né dimostrativi bensì piuttosto marche di accordo realizzate separatamente dal verbo, per cause fonologiche. Il loro movimento è rilassato come negli indici nominali, più che nei “normali” deittici come dimostrativi o pronomi. In altre parole essi sarebbero realizzazioni “autonome” di posizioni di LUOGO-SIN (3ª persona) e LUOGO-2 (2ª persona) che normalmente sono incorporate nel verbo. Di questo si tratterà nel paragrafo 2.5.1 dal momento che anche l’ordine delle parole nella frase (SOV) va considerato. - 46 - 2.4.3 Interferenza fra parametro pro-drop , classe verbale e fonologia – Verbi e deittici Dalle frasi precedenti (52, 56, 59, 60) è chiaro che in LIS i pronomi personali non sono obbligatori ma possono essere tralasciati se sono deducibili dalla morfologia verbale o dal contesto, cioè la LIS è fondamentalmente una lingua pro-drop. Nondimeno, la fonologia del verbo interferisce con questo fatto come mostrato in (60a) sopra e (71, 71a, 72a) in 2.5.1 dove i verbi PENSARE e SOGNARE richiedono la realizzazione esplicita di indici per marcare l’accordo con gli argomenti. Si potrebbe arguire, perciò, che il parametro pro-drop in LIS dipende dal verbo: su questo argomento sono necessarie ulteriori ricerche. Va notato, comunque, che gli indici richiesti da questi verbi “invariabili” hanno un movimento rilassato come gl’indici nominali (vedere 1.2.2 , 2.1 e 2.4.2) e analogamente non possono esistere come segni autonomi, dato che devono essere prodotti sempre vicino a un verbo o a un nome: questo ricalca il comportamento dei pronomi deboli e clitici osservati nelle lingue parlate e starebbe a significare che questi segni della LIS agiscono come pronomi deboli o clitici o che perlomeno essi rappresentano un tratto di accordo verbale di LUOGO “staccato” visibile solo quando, per motivi fonologici, esso non può essere realizzato direttamente sulla radice verbale. (In questo senso, a mio avviso il loro comportamento potrebbe rassomigliare a quello dell’ ausiliare ingles do/does su cui è realizzata superficialmente la flessione quando, per vari motivi, essa non può apparire direttamente sil verbo). D’altra parte, l’uso di pronomi personali/dimostrativi (IO , QUESTO/QUELLO/LUI/LEI...) è sempre opzionale in LIS anche con quei verbi “invariabili” come PENSARE, SOGNARE o RIDERE, cosa che rafforza l’ipotesi che la LIS è una lingua pro-drop. Ciò che appare evidente, è che i verbi possono essere accompagnati da vari tipi di deittici, proprio come possono esserlo i nomi. Da una parte ci sono pronomi indipendenti identici ai deittici dimostrativi impiegati nell’ NP. Dall’altra parte, vi sono indici verbali, deittici che non possono essere utilizzati come segni “autonomi” e richiedono sempre il supporto di una radice verbale pur non fondendosi mai con essa in un solo segno: sarano parzialmente trattati nel paragrafo 2.5.1 benché io non sia stato in grado di determinare se essi agiscano esattamente come morfemi (it. parla(no) , engl. ...speaks) o come clitici coesistenti con una desinenza (fr. il/ils parle(nt) , ven. el/i parla ). A mio avviso, questo argomento necessita di ulteriori richerche. - 47 - 2.4.4 Tempo e aspetto Per quanto riguarda il TEMPO, il confronto fra (51, 51a) da un lato e (52, 52a) dall’altro mostra che la morfologia verbale non marca esplicitamente questo tratto la cui realizzazione si appoggia invece su mezzi analitici come gli avverbi di tempo DOMANI e IERI. La LIS possiede una vasta gamma di segni per indicare “poi, prima, presto, appena adesso, per molto/poco tempo, la settimana scorsa/prossima...” e di segni ad incorporazione di numerale per trasmettere l’idea di “due/tre/cinque mesi fa, fra due/tre/quattro giorni, per uno/due/tre anni” oltre a costruzioni che significano “per sei/sette/otto ore, dieci/dodici anni fa” e così via. La morfologia verbale della LIS segnala però l’ASPETTO, distinguendo attentamente forme perfettive/iterative/distributive attraverso cambi di MOVIMENTO. Per esempio, il perfettivo si ottiene aggiungendo al verbo un segno speciale che significa FATTO il quale spesso si fonde con il verbo stesso; l’iterativo è marcato dalla ripetizione del movimento e il distributivo ripetendo il movimento in direzioni diverse, ossia combinando la ripetizione con il cambio di direzione. La forma reciproca ha una costruzione speciale, come detto 1.2.1 (si veda l’esempio (5)) che consiste nel segnare due verbi col medesimo significato, ciascuno dei quali accorda individualmente con gli argomenti seguendo direzioni opposte, ma concorda con l’altro verbo in TEMPO DI ARTICOLAZIONE. In altre parole per la forma reciproca dei verbi LIS è spesso necessaria la co-articolazione: lo stesso verbo è articolato da ciascuna delle due mani contemporaneamente. Si ricordi l’esempio (5) e si guardi (61) qui sotto: 61)NOI1 Noi LORODES TELEFONARE1 TELEFONARE 1 DES loro noi-telefoniamo-loro loro-telefonano-noi DES Noi e loro ci siamo telefonati - 48 - In questa frase ci sono due segni corrispondenti al verbo italiano “telefonare” e ognuno di loro si muove in una direzione diversa, così l’argomento soggetto di un verbo agisce anche da oggetto dell’altro e l’oggetto del primo fa anche da soggetto del secondo: questo trasmette il senso di reciprocità. Si ricordi che, sebbene il pronome NOI sia marcato per il plurale, ha comunque LUOGO-1 perché consiste di una linea tracciata con il dito indice che passa per il luogo del segnante e permette ai verbi di concordare in persona (cioè luogo) con il pronome, poiché essi si muovono da e verso il luogo della 1ª persona, pur non mostrando alcuna marca di plurale. Lo stesso vale per il pronome LORO. Quanto al PERFETTIVO, questo è un tratto normalmente ben marcato nelle lingue slave sebbene a volte si possa osservare anche in inglese o italiano. In LIS l’aspetto perfettivo è marcato per mezzo del segno FATTO posposto al verbo, così (62a) è la controparte perfettiva di (62): 62) IERI Ieri TVSIN (IO) GUARDARESIN (la)televisione (Io) guarda(ndo)-la PAPÀDES (mio) papà VENIRE1 DES lui-viene-(da) me Ieri stavo guardando la TV (e) mio papà è venuto/arrivato Ieri, mentre stavo guardando la TV, è venuto mio papà 62a) IERI Ieri TVSIN (IO) GUARDARESIN FATTO (la)televisione (Io) guardar-la-finito PAPÀDES (mio) papà VENIRE1 DES lui-viene-(da) me Ieri ho guardato la TV (e poi) mio papà è arrivato Ieri, dopo che (avevo) guardato la TV, è venuto mio papà Questo segno può essere usato con qualunque tempo, passato, presente o futuro: 63)DOMANI MANGIARE FATTO (NOI_DUE2) Domani mangiare-finito noi-due-dl.-inclus. (Noi due) Ci incontreremo domani dopo mangiato 1VENIRE2 2VENIRE1 Io-vengo-(da) te tu-vieni-(da) me (noi due = Io e te) L’azione del “mangiare” è marcata come terminata al momento in cui io e il mio interlocutore ci incontreremo, cosa che trasmette il senso di “prima noi mangeremo (ciascuno per conto proprio) e poi ci incontreremo”. - 49 - Si ricordi che il pronome duale NOI_DUE2 è inclusivo poiché si muove andando e venendo dalla posizione corrispondente alla 2ª persona, indicando con ciò l’inclusione dell’ascoltatore/guardante secondo traducibile approssimativamente con «Io e te». Nuovamente, i verbi non marcano il numero pur marcando la persona. Pur non marcando esplicitamente il numero, i verbi presentano una flessione speciale per il plurale DISTRIBUTIVO, cioè un plurale in cui l’azione è diretta verso (o prodotta da) diversi argomenti individualmente e non in gruppo. Ad esempio si può dire «Ho telefonato a loro» o si può dire «Ho telefonato a ognuno/ciascuno di loro». Nelle frasi seguenti sarà chiaro che i verbi LIS, benché solitamente non marchino il plurale, possono marcare il plurale che implica DISTRIBUTIVITÀ. Il verbo in (64) è ripetuto varie volte e, pur muovendosi sempre verso la sinistra del parlante dove precedentemente era stato segnato l’ NP “quegli studenti”, muta leggermente direzione raggiungendo diversi punti immaginari (x,y,z) posti vicino a quel luogo come se il verbo si riferisse all’argomento di 3ª persona (gli studenti) a cui era assegnato LUOGO-SIN , ma concordando ogni volta con un individuo specifico di quel gruppo di persone. È come se vi fossero varie azioni singole di “telefonare” tutte relative al gruppo di studenti collocato in LUOGO-SIN (e non altri), ma ognuna di esse fosse diretta ad uno specifico studente del gruppo: studente-x, studente-y, studente-z... Questa è l’essenza della distributività. 64) IERI Ieri (IO1) io STUDENTE studenti ... 1TELEFONARESIN-X io-telefono-unoX -di loroSIN QUELLISIN ... quelli 1TELEFONARESIN-Y io-telefono-unoY-di loroSIN 1TELEFONARESIN- Z io-telefono-unoZ-di loroSIN Ieri ho telefonato a ognuno/ciascuno di quegli studenti (cioè ho telefonato a uno, a un altro e un altro ancora di quel gruppo di studenti) Il verbo concorda in luogo con ogni singolo studente (x,y,z), ma il “lato-sinistro” fornisce una specie di accordo con il partitivo (ciascuno di quegli studenti che prima erano stati collocati a sinistra del parlante, non altri gruppi che potevano essere stati segnati in altre posizioni.) Al contrario, in (64a) il verbo concorda in una volta sola con l’intero gruppo. - 50 - 64a) IERI (IO1) Ieri STUDENTE io QUELLISIN studenti 1TELEFONARESIN quelli io-telefono-loro Ieri ho telefonato a quegli studenti (p.es. ho fatto una chiamata all’intero gruppo) Notare che sia in (64) sia in (64a) il verbo TELEFONARE marcando anche il soggetto permette l’omissione del pronome personale cosicché il segno “io” è opzionale: di fatto il verbo della frase parte da LUOGO-1 indicando una 1ª persona singolare, a meno che il contesto non induca un’interpretazione plurale rendendo quindi necessaria la realizzazione esplicita di un segno apposito per chiarire che si ci si vuol riferire ad un singolare. Anche l’ ITERATIVITÀ richiede la ripetizione del movimento del verbo ma non si osservano mutamenti nella direzione, ossia esso non sembra suddiviso in diverse azioni singole dirette verso individui diversi. Si prenda la frase “Ieri ho telefonato più volte a quegli studenti (ma nessuno mi ha risposto)” che può essere resa anche come “Ho telefonato, telefonato e telefonato (ma non ho avuto risposta)”. Ora si confrontino (64) e (64a) precedenti con (64b) seguente: 64b) IERI (I1) STUDENTE Ieri students io ... 1TELEFONARESIN io-telefono-loro QUELLISIN ... those 1TELEFONARESIN 1TELEFONARESIN io-telefono-loro io-telefono-loro Ieri ho telefonato a loro varie/molte/diverse volte (cioè ho continuato a riprovare, telefonando a quel gruppo di studenti) (ho fatto più chiamate allo stesso gruppo) In questo caso il verbo TELEFONARE, sebbene ripetuto, si muove sempre verso lo stesso punto collocato a sinistra del segnante perché nell’azione non sono coinvolti diversi individui, bensì è l’intero gruppo a ricevere più chiamate, p.es. nel telefono della casa dove gli studenti vivono insieme. - 51 - 2.4.5 Verbo e Incorporazione Quanto all’ INCORPORAZIONE, essa è realizzata su alcuni verbi e serve come forma di accordo: è espressa per mezzo di mutamenti nella configurazione come visto in 1.2.1 e 2.2.2 mentre il movimento e la direzione mantengono generalmente le caratteristiche del verbo-base. Conseguentemente la frase inglese “I drink from the glass” e la sua controparte italiana “Bevo dal / con il bicchiere” sono tradotte in LIS con un verbo singolo BICCHIERE_BERE, che va in direzione della bocca del segnante come la forma semplice BERE ma che ha la medesima forma/configurazione del nome BICCHIERE (config. C) Allo stesso modo, la frase “Vi abbiamo dato un libro” (65) utilizza un verbo solo che si muove da luogo-1 a luogo-2 ma ha la stessa foma del nome LIBRO: possiamo dire che il risultato è il nome LIBRO che si sposta nell’aria secondo la direzione del verbo IO-DO-VOI 65) POCO FA Prima NOI1 VOI2 (LIBRO) Noi voi-plur. (un libro) 1LIBRO_DARE2 noi dare voi libro Noi vi abbiamo dato un libro Il verbo concorda in LUOGO con il soggetto di 1ª persona e con l’oggetto indiretto/beneficiario di 2ª persona (ambedue rappresentati da pronomi plurali) ma ha la configurazione del nome LIBRO, ossia il verbo DARE subisce gli stessi cambiamenti del nome MESE visto in 1.2.1 o dei pronomi che si fondono con un numerale assumendone la configurazione. Anche nelle frasi italiane “Guida la macchina” (He drives his car) e “Guida la moto” (He drives his motorbike) ci si trova di fronte ad un verbo che richiede un oggetto. In (66) e (67) si vedrà che le traduzioni LIS incorporano la configurazione dell’oggetto (VOLANTE di AUTO o MANUBRIO di MOTO) nel movimento alternato delle braccia che rappresenta il verbo invariabile (GUIDARE un veicolo): 66) LUI/QUELLO Lui 67) LUI/QUELLO Lui VOLANTE_GUIDARE guida (il volante del-) la macchina MANUBRIO_GUIDARE guida (il manubrio del-) la moto L’incorporazione dell’oggetto, come i classificatori, fornisce quindi alla LIS un altro importante mezzo di accordo verbale, accanto all’uso di LUOGO e DIREZIONE. La disponibilità di questo strumento, però, è limitata dalla fonologia dei segni presenti nella frase. - 52 - 2.5 La frase I Sordomuti che impiegano la LIS come lingua madre rivelano un ordine delle parole piuttosto diverso da quello dell’italiano parlato e dell’ “italiano segnato” il quale riproduce la grammatica dell’italiano, sebbene per mezzo di speciali segni ausiliari che corrispondono ad ogni singola marca morfologica dell’ italiano orale. Certamente, l’ordine delle parole della LIS pur essendo diverso da quello di altre lingue, presenta una certa flessibilità che riflette la diversa enfasi data agli elementi del discorso e che implica categorie come topic, focus e così via. Questi saranno trattati in particolar modo nei paragrafi riguardanti le frasi relative. La presenza o l’assenza di accordo esplicito fra verbo e argomenti interferisce anche con la flessibilità dell’ordine di parole, come fa la flessione dei casi nelle lingue parlate. 2.5.1 L’ordine delle parole è SOV - Pronomi e indici verbali L’ordine delle parole in una frase dichiarativa semplice LIS è Soggetto Oggetto(i) Verbo, come quello osservabile nelle frasi subordinate tedesche e come l’ordine delle parole riscontrato nelle frasi affermative del basco. Questo ricalca il comportamento di altri sintagmi della LIS, dal momento che gli aggettivi seguono i nomi, che i determinanti o i deittici seguono l’intero NP con i suoi aggettivi attributivi e che nei PP si trova spesso una posposizione dopo il nome piuttosto che una preposizione che lo precede. Riconsiderando le frasi (53) o (57) , qui riportate come (68,69) si hanno sufficienti esempi: 68) NOI1 Noi PENNASIN ROMPERESIN la penna romper-essa Noi rompiamo/abbiamo rotto la penna 69) MARCOSIN Marco MIRCODES VENEZIADDG Mirco SIN (a) Venezia ACCOMPAGNAREDES___DDG quello-accompagna-questo-là Marco porta Mirco a Venice. (nota: “lui accompagna lui là” sarebbe una glossa ambigua) Se vi sono avverbi o espressioni di tempo, essi devono comparire in posizione iniziale: 70) SETTIM_PROSSIMA MARCOSIN MIRCODES VENEZIADDG La settimana prossima Marco Mirco (a) Venezia SIN ACCOMPAGNAREDES___DDG quello-accompagna-questo-là Marco accomapagna/accompagnerà Mirco a Venezia, la settimana prossima - 53 - Nel caso di verbi che rimangono invariati e richiedono una flessione analitica (ossia non concordano in direzione con i loro argomenti) come PENSARE o SOGNARE, le marche di accordo devono essere realizzate come segni indipendenti a volte approssimabili a “lui/lei”, ma il cui movimento è rilassato come negl’indici nominali (see 2.1) e non è accomapagnato da alcuna espressione facciale speciale. Si guardi (71) riconsiderando (60a) qui riportata come (71a): 71) LUISIN SOGNARE TU2 (meglio: <ind>SIN SOGNARE <ind>2 ) TU2 (meglio: <ind>SIN PENSARE <ind>2 ) Lui/Lei ti sogna 71a) LUISIN PENSARE Lui/Lei ti pensa In (71) e (71a) l’ordine delle parole sembra essere SVO, contraddicendo la regola generale, però un’analisi più approfondita rivela che questi deittici non sono pronomi bensì morfemi di accordo realizzati come segni indipendenti, cioè essi assomigliano semplicemente ai pronomi. Si confronti l’ordine di (72) con quello di (72a) seguente, ambedue con argomenti di 3ª pers.: 72) PAPÀSIN BAMBINODES S (il) papà SIN O (il) bambino (AGR) S (il) papà BAMBINODES O (il) bambino V ( AGR) quello-telefona-questo Il papà telefona al (suo) bambino 72a) PAPÀSIN TELEFONAREDES (“lui-telefona-lui” sarebbe ambiguo) <ind>SIN PENSARE (AGR) V <ind>DES (AGR) quello - pensa - questo Il papà pensa al (suo) bambino È chiario che in entrambe le frasi il soggetto (PAPÀ) e l’oggetto (BAMBINO) sono sengati prima dei verbi (PENSARE/TELEFONARE) seguendo quindi lo stesso ordine SOV. Perciò, l’ordine apparente SVO in (72a) è limitato al complesso verbale (QUELLO-PENSAQUESTO) ed è dovuto al fatto che gli indici rassomigliano ai pronomi independenti. - 54 - Esso ricalca l’ordine di realizzazione delle marche di accordo soggetto=punto di partenza— verbo—oggetto=punto di arrivo riscontrato in (72) , con l’unica differenza che in quest’ultimo caso i luoghi sono incorporati nel verbo grazie ai mutamenti di DIREZIONE, mentre nel primo caso tali luoghi sono realizzati come segni autonomi, cioè indici verbali. Questo si osserva specialmente quando si crea la forma reciproca di questi verbi invariabili: 72b) PAPÀSIN BAMBINODES <ind>SIN PENSARE <ind>DES <ind>DES PENSARE <ind>SIN (il) papà (il bambino) lui/quello - pensa - lui/questo lui/questo - pensa- lui/quello Il papà e il bambino pensano uno all’altro (o si pensano) L’ordine delle parole rimane invariato anche negli imperativi e nelle domande Si/No, come si vedrà più avanti. Le domande K- (domande WH-), invece, richiedono che gli interrogativi siano collocati in fine di frase, mentre in italiano è necessario anteporli in principio di frase. Ad ogni modo, la LIS impega anche altri strumenti per marcare le frasi interrogative, così come le imperative e le subordinate. Questi argomenti saranno trattati nei prossimi paragrafi. Un altro importante motivo di cambiamento dell’ordine delle parole, in LIS, è la topicalizzazione che porta a sequenze del tipo O[pausa] S V : in questo caso, però, l’elemento anteposto è seguito da una pausa (Laudanna, 1987) è secondo i dati a mia disposizione è anche marcato da una specifica espressione facciale. Questa componente non manuale, descritta in 2.5.8, compare anche in frasi con soggetto topicalizzato S[pausa] O V che saranno esaminate nel paragrafo riguardante le frasi relative. - 55 - 2.5.2 Negazione e modali negativi Prima di spostare l’attenzione verso costruzioni più complesse, è necessaria una breve discussione sul modo in cui si realizza la negazione in LIS. La negazione segue sempre il verbo, e quindi in una frase negativa semplice essa appare in fine di frase. Viene fatta una distinzione fra la negazione verbale NON e il segno “autonomo” NO! usato in risposte semplici, p.es. “Vuoi un po’ di torta? NO (non ne voglio)”. Il primo segno ha un movimento ripetuto e rilassato, mentre il secondo ha un movimento teso non rilassato. In questo processo sono coinvolti un movimento della testa e un’espressione facciale negativi. neg. verbale NON neg. “autonoma” NO! Si confrontino le frasi negative (73) e (74) qui sotto con le loro controparti affermative descritte nei paragrafi precedenti. 73) NOI1 Noi PENNASIN ROMPERESIN NON la penna rompere-essa non Noi non rompiamo/abbiamo rotto la penna 74) SETTIM_PROSSIMA La settimana prossima ... SIN MARCOSIN MIRCODES Marco ACCOMPAGNAREDES__DDG lui - accompagna - lui - là Mirco VENEZIADDG ... (a) Venezia NON non Marco non porta/porterà Mirco a Venezia, la settimana prossima Vale la pena notare che alcuni modali hanno una forma negativa speciale che incorpora la negazione nel segno verbale. Ciò significa che i verbi VOLERE / PIACERE e POTERE / ESSERE POSSIBILE non esprimono la negazione per mezzo di costruzioni come *piace non o *possibile non ma ricorrono a forme come NONPIACE ed È IMPOSSIBILE. In - 56 - quest’ultimo caso esistono altre forme negative speciali per esprimere l’idea di “ero INCAPACE DI (benché fosse possibile)” e “NON HO nemmeno PROVATO perché lo CONSIDER(AV)O IMPOSSIBILE”. In tali costruzioni il verbo negativo comparein fine di frase come nelle normali frasi SOV e non si osserva alcun segno negativo dopo di esso. L’espressione facciale “di rifuto” è sempre presente e nella coppia minima MI FA PIACERE / NON MI PIACE (= non voglio) è l’unica marca di negazione, mentre negli altri casi è una componente supplementare. 75) CINEMASIN (al) cinema 1ANDARESIN VOLERE io-andare-là voglio (o mi piace) Voglio (vorrei) andare al cinema 76) CINEMASIN (al) cinema 1ANDARESIN NON_PIACE io-andare-là non voglio Non voglio andare al cinema Anche il verbo utilizzato per esprimere esistenza o possesso presenta una forma negativa speciale. 77) IO1 GIACCA (a) me (una) giacca C’è una giacca a me Ho una giacca 77a) IO1 (a) me GIACCA (una) giacca ESISTERE / ESSERCI C’è NONESISTERE / NON ESSERCI non c’è Non c’è alcuna giacca a me Non ho alcuna giacca / Non ho giacche Modali come dovere, invece, seguono lo schema regolare e prendono un segno negativo per formare la forma negativa dovere non. - 57 - 2.5.3 Domande Si/No Come detto più sopra, in LIS non vi sono né ausiliari né cambi nell’ordine delle parole per marcare le frasi interrogative, bensì è necessaria un’espressione facciale interrogativa così come l’italiano e lo spagnolo si basano sull’intonazione interrogativa della voce per esprimere le domande, invece di usare marche morfosintattiche esplicite. Di fatto, l’espressione facciale delle lingue dei segnio svolge spesso le stesse funzioni dell intonazione vocale nelle lingue parlate. In LIS l’espressione interrogativa (testa inclinata e sopracciglie alzate, Franchi 1987) è una componente non-manuale che si estende sull’intera frase, iniziando sul primo segno e terminando sull’ultimo come in (78) seguente. -------------- espressione interrog. S/N ------------------------ -------------- espressione interrog. S/N --------------- 78) CINEMASIN (TU2) 2ANDARESIN ¿(al) cinema tu - vai - là? Vai/Andrai/Sei andato al cinema? o (TU2) CINEMASIN 2ANDARESIN ------------------------------------------------------ espressione interrogativa S/N ---------------------------------------------------- 79) MARCOSIN ¿Marco MIRCODES VENEZIADDG Mirco (a) Venezia SIN ACCOMPAGNAREDES__DDG lui/quello accompagna lui/questo là? Marco accompagna/accompagnerà/ha accompagnato Mirco a Venezia? ---------------------------------------------- espressione interrog. S/N ---------------------------------------- 80) DOMANI PUÒ/È POSSIBILE 2TELEFONARE1 ¿Domani tu telefonare me puoi (potresti)? Puoi/Potresti telefonarmi domani? (TU2) Le risposte a questo tipo di domanda possono essere (e di fatto sono) semplicemente SI o NO. Le interrogative negative aggiungono semplicemente il segno negativo o il modale negativo alla fine della frase interrogative, ossia l’espressione interrogativa e la costruzione negativa si fondono. Si noti fra l’altro la possibile presenza di un segno opzionale TU alla fine (ma anche all’inizia) della frase, a seconda del contesto. - 58 - 2.5.4 Domande Wh- (domande K-) In LIS, le domande wh- (dette anche domande k-) hanno una speciale “espressione facciale wh-“ (sopracciglia corrugate) e un interrogativo in fine di frase: CHI, COSA/QUANDO, QUALE, DOVE, PERCHÉ, COME, QUANTO/QUANTI. Questa espressione copre l’intera frase. Anche qui, si noti la posssibile presenza di un (TU) opzionale in diverse posizioni come esemplificato in (81,81a) e (83) -------------------------------- espressione interrog. WH- --------------------------------- 81) CINEMASIN (TU2) QUANDO 2ANDARESIN ¿(al) cinema (tu) tu - vai - là quando? Quando vai/andrai/sei andato al cinema? -------------------------------- espressione interrog. WH- --------------------------------- 81a) CINEMALFT (TU2) 2ANDARESIN ¿(al) cinema tu - vai - là (tu) stesso significato di (76) QUANDO quando? ------------- espr. interr. WH- --------------- 82) IERI VEDERE1 ¿ieri vedere-me Chi mi ha visto ieri? CHI chi? Non c’è differenza se il segno-wh rappresenta un oggetto (83) o un soggetto (82): esso è sempre l’ultimo segno nella frase. Il wh- può essere segnato guardando verso un LUOGO specifico in modo che l’accordo verbale marchi esplicitamente i ruoli tematici: a dispetto della glossa “lui”, la frase (83) vale per argomenti maschili, femminili o neutri. ---------------------------- espress. interr. WH- ---------------------- 83) (TU2) 2PARLARESIN ¿ (tu) tu-parli-lui(sinistra) A chi parli/parlavi/hai parlato? Il fatto che CHI può essere flesso per CHI(SIN) chi-3sg.(sinistra)? LUOGO è provato dai conflitti di luogo che possono nascere, come in (83a): qui, l’agrammaticalità è dovuta al fatto che il wh- prova a porre la domanda su un referente in realtà conosciuto (il soggetto Marco con cui accorda in (+DES)) invece di interrogare l’oggetto (+SIN). - 59 - ---------------------------------- espress. interrog. WH- --------------------------------------- 83a) MARCODES DESPARLARESIN ¿ Marco (destra) quello-parlare-lui(sinistra) *Chi (nomin.) Marco (nomin.) parla a lui? *CHIDES chi-3sg.(destra)? Siccome MARCO e CHI concordano entrambi con il punto di partenza del verbo, questo dovrebbe avere due soggetti contemporaneamente (MARCO e CHI) cosa che è impossibile. In questo modo, la frase (83a) suonerebbe come «*Chi-Marco parla a lui?» che non ha senso. Se il segno CHI fosse stato [+SIN] avrebbe concordato con l’oggetto del verbo producendo una frase ben-formata «A chi (acc.) parla Marco (nom.)? ... Marco a chi parla?» Altre frasi interrogative sono: ------- espress. interrog. WH- ----- 84) DESDIRESIN COSA ¿lui dice lui cosa? Lui, cosa gli dice/dirà/ha detto? Lui, cosa le dice/dirà/ha detto? ------------ espress. interr. WH- ------------ 85) NOME TU QUALE ¿nome tuo (è) quale? Qual è il tuo nome? Come ti chiami? ----------------------------- espress. interr. WH- ------------------------------ 86) (TU) QUELLIDES VOLERE ¿(tu) (di/fra) quelli (tu) vuoi Quale preferisci (fra quelli)? QUALE? quale? Il verbo VOLERE no ha flessione esplicita in LIS, però il soggetto di 2ª persona è deducibile dal contesto e dal fatto che il segnante guarda verso l’ascoltatore con un’espressione interrogativa (wh-). È qualcosa di simile alla forma colloquiale inglese “(are you) coming to the cinema tonight?” La LIS, come l’italiano e il francese, non distingue “quale de due” e “quale fra molti”; distingue invece un interrogativo sogg./ogg. diretto COSA? (ingl. what? , fr. quoi?) come in (84) e un interrogativo selettivo QUALE? (ingl. which/what of...? , fr. quel?) impiegato per scegliere fra due o più referenti come in (86) precedente. - 60 - Altri segni wh- della LIS sono mostrati in (87) e (88): ---------------------------- espressione interrogativa WH- ----------------------------- 87) NOI1 LINGUISTICA STUDIARE PERCHÉ? Perché studiamo/abbiamo studiato linguistica? 88) ---------- espress. interr. WH- ----------- COME 1SEGNARE2 ¿io-segno-te come? Come ti “segno” (= come ti parlo in Lis)? Come appare da queste frasi, non tutti i pronomi wh- in LIS richiedono un luogo specifico. - 61 - 2.5.5 Imperativi Gli imperativi in LIS mantengono l’ordine di parole (S)OV ma sono marcati da una componente non-manuale speciale “esclamativa” (occhi sbarrati). Come nella maggior parte delle lingue il pronome indipendente soggetto di 2ª persona viene omesso, si confronti (89) e (90) qui sotto con le loro controparti interrogative: ----------- espress. imperativa esclam. ------------- 89) CINEMASIN ¡(al) cinema Vai al cinema! 2ANDARESIN tu-vai-là! ------- espressione imperativa esclam. --------- 90) DOMANI 2TELEFONARE1 ¡Domani tu-telefona-me ! Domani telefonami! L’imperativo negativo si forma aggiungendo semplicemente la negazione alla fine della frase, come sempre: -------- espressione imper. ------- 91) PIANGERE NON (tu) Non piangere! Qualche verbo ha un imperativo speciale, diverso dalla forma base generale presente negli altri contesti. Si confronti il verbo VENIRE usato nella frase interrogativa (92) e la forma imperativa VIENI (QUI)! impiegata in (92a). Ambedue si muovono da luogo-2 a luogo-1 ma le loro CONFIGURAZIONI (e gli ORIENTAMENTI) sono ben diverse. ------- espress. interrog. S/N ------- 92) DOMANI -------espressione imperat. -------- 2VENIRE1 92a) 2VIENI-IMPERATIVO1 Vieni da me domani? Vieni! Vieni qui! VENIRE forma base/generale (da coniugare) - 62 - VIENI-qui! (solo imperativo) 2.5.6 Classificatori Una proprietà importante della LIS e delle lingue segnate in generale, è l’uso dei cosiddetti classificatori che si ritrovano anche in lingue parlate come il cinese. Essi sono parole (o segni) speciali che servono a marcare l’accordo fra alcuni elementi della frase. Non identificano un oggetto, ma una categoria di oggetti in base ad una o più proprietà condivise da tali oggetti: generalmente la forma o il modo in cui devono essere raccolti o afferrati. Per esempio ci sono classificatori che identificano superfici piatte (p.es. uno specchio) , oggetti sottili (p.es. penne, fili...) , oggetti rotondi (p.es. una palla) , persone , animali a quattro zampe (gatti, cani...) , alberi , superfici rettangolari (p.es. tavole, letti) , oggetti/esseri “in piedi”, oggetti/esseri “distesi” e via dicendo... In LIS, sono usati specialmente in frasi locative ma compaiono anche in altre costruzioni come (3) nel paragrafo 1.2. Un classico esempio di frase locativa (Laudanna , 1987) è il seguente: 93) PALLASIN TAVOLODES la palla il tavolo La palla è sul tavolo OGGETTO-ROTONDO-class.DES SUPERFICIE-RETTANGOLARE-class.DES cosa rotonda–(è) su–cosa rettangolare (above) (under) Innanzitutto si ricordi che il verbo essere non è esplicitamente realizzato in LIS. I due classificatori sono realizzati ciascuna da una mano diversa nel medesimo LUOGO (a destra) ma uno sopra l’altro, trasmettendo così l’idea della preposizione “(SU)L”. Ognuno di essi concorda con un argomento preciso della frase, in base alle proprietà dell’oggetto da identificare: il “classificatore rettangolare” identifica il tavolo, e il “classificatore rotondo” identifiecas la palla. Dato che quello rotondo è sopra quello retangolare, è chiaro che la palla è sul tavolo. Al cotnrario, segnando il classificatore rotondo sotto quello rettangolare si sarebbe espressa l’idea che la palla è sotto il tavolo. Muovendo il classificatore per oggetti rotondi verso l’altro, si esprime l’idea “METTERE, COLLOCARE”. In (94) il classificatore che rappresenta la palla si muove dalla posizione originari LUOGO-SIN al LUOGO-DES dell’altro oggetto, pur rimanendo sopra di esso. - 63 - OGGETTO-ROTONDO-class.DES SUPERFICIE-RETTANGOLARE-class.DES la palla il tavolo cosa rotonda–muovere su–cosa rettangolare (Io) metto la palla sul tavolo / mettere la palla sul tavolo 94) PALLASIN TAVOLODES SIN (above) (under) Riguardo le frasi locative, l’ordine di parole più frequente in LIS è Object locativo - Soggetto locato – relazione/verbo Locativo (secondo Laudanna, 1987) benché l’uso di classificatori permetta una gamma di combinazioni più ampia. Sembra, però, che questo ordine possa implicare una qualche topicalizzazione (vedere paragrafo 2.5.8) perché l’ordine di (93, 94) è stato giudicato più “normale” in un situazioni non-marcate. Lascio la questione aperta per ulteriori ricerche. I classificatori LIS, però, appaiono anche in frasi non-locative p.es.(3), qui ripetuta come (95): OGGETTO-FILIFORME -classificatore SIN TAGLIARE-CON-FORBICI SIN il bambino il filo filo-tagliare-con-forbici Il bambino taglia il filo con le forbici 95) BAMBINODES FILOSIN Qui, il verbo TAGLIARE-CON-FORBICI è segnato nello stesso LUOGO (ma anche allo stesso TEMPO) del classificatore e quindi concorda con esso. Il classificatore, a sua volta, si riferisce all’oggetto FILO richiamando la sua forma lunga e stretta di modo che questo concorda indirettamente con il verbo. I classificatori entrano in gioco anche per descrivere lo stato delle entità (dei referenti) coinvolti nella frase, p.es. se essi sono “in piedi/distesi/uno di fronte all’altro” e via dicendo... così la frase “C’è un uomo sul ponte” si può rendere in diversi modi in LIS: p.es. (96) e (97). ESSERE-BIPEDE-IN-PIEDI-class.DES PONTE-class.DES l’uomo il ponte bipede–(è) in piedi - su –ponte C’è un uomo (in piedi) sul ponte 96) UOMOSIN PONTEDES (sopra) (sotto) In alternativa, si può usare un classificatore indicante per persone distese dando così l’idea di “c’è un uomo (disteso) sul ponte” : 97) UOMOSIN PONTEDES l’uomo il ponte C’è un uomo (disteso) sul ponte ESSERE-DISTESO-class.DES PONTE-class.DES bipede–(è) disteso su–ponte - 64 - (sopra) (sotto) 2.5.7 Alcune frasi subordinate Il discorso LIS non è una mera giustapposizione di frasi principali la cui relazione deve essere dedotta dal contesto o dalla conoscenza del mondo: nonostante la mancanza di molte congiunzioni e di complementatori realizzati esplicitamente, una rapida panoramica mostrerà la presenza di molte frasi subordinate come frasi causali, condizionali/ipotetiche e di tempo. Nel primo caso una congiunzione dal significato PERCHÉ/POICHÉ collega la frase principale con la subordinata causale. Così, la risposta ad (87) potrebbe essere (98): 98) NOI (LINGUISTICA) STUDIARE PERCHÉ (NOI) PIACERE Studiamo linguistica perché (essa) (ci) piace Notare che, sebbene il verbo PIACERE non sia esplicitamente flesso, il soggetto (NOI) può essere omesso se il contesto fornisce abbastanza informazioni, provando quindi che la LIS è fondamentalmente una lingua pro-drop. Ugualmente, anche l’oggetto (ESSA) può essere omesso se deducibile. Quanto alle subordinate temporali, vanno fatte alcune distinzioni: in (99) è necessario il segno MENTRE/DURANTE/NEL MOMENTO, mentre (99a) ricorre semplicemente all’aspetto verbale. Ambedue, però, devono essere spostate in posizione iniziale analogamente agli avverbi di tempo. (99) MENTRE (TU) 2VENIRE1 PAPÀSIN SIN TELEFONARE2 Mentre venivi/stavi venendo da me, mio papà ti ha telefonato. (99a) (TU) tu 2VENIRE1-FATTO PAPÀSIN SIN essendo venuto da me, (mio) papà TELEFONARE2 lui-telefonare-te Dopo che sei venuto da me, mio papà ti ha telefonato Mio papà ti ha telefonato dopo che tu sei venuto da me Ciò dimostra che la LIS possiede frasi subordinate, benché esse non siano sempre marcate in superficie lessicalmente, un’osservazione importante da tenere in considerazione quando si affronteranno le frasi relative. - 65 - Quanto alle frasi condizionali, esse solitamente sono marcate da una speciale espressione facciale condizionale (capo piegato, sopracciglia alzate e sguardo verso l’alto in atteggiamento dubitativo) e devono occupare sempre la prima posizione nella frase principale. L’esempio seguente è tratto da Franchi (1987) ---- espr. condiz. ----- 100) PIOVERE se piove (IO) (io) CINEMADES (al) cinema 1ANDAREDES io-vado-là NON non Se piove, (io) non vado/andrò al cinema L’espressione facciale condizionale si estende su tutta la frase condizionale come nel seguente esempio: ----------- espress. facciale condizionale ------------- 101) (TU2) se (tu) 2SPIEGARE1 tu-spieghi-me NON non (IO1) (io) CAPIRE IMPOSSIBILE capire (ciò) non posso Se non mi spieghi, io non posso capire ; se non melo spieghi, non posso capirlo Opzionalmente si può impiegare anche il segno esplicito SE per rendere più chiara la frase. In ogni caso, invertendo la frase condizionale e quella principale si produce agrammaticalità, secondo il giudizio dei miei informanti. - 66 - 2.5.8 Ordine della parole e topicalizzazione L’ordine di parole SOV delle frasi affermative non marcate della LIS può cambiare quando ha luogo la cosiddetta topicalizzazione. Questo fenomeno, riscontrato anche nelle lingue parlate, avviene quando un argomento della frase è considerato come “già menzionato/noto”, cioè quando è stato precedentemente introdotto nel discorso e non costituisce più un’informazione nuova. La frase “Ieri ho letto un libro” è una frase non marcata mentre “Il/quel libro, l’ ho letto ieri” implica che qualcuno abbia già accennato al libro e che esso ora sia il “centro”, il topic del mio discorso: la cosa importante, nell’ultima frase, è solo il fatto che io l’ho letto ieri, mentre il libro in sè è già stato menzionato in precedenza. Si confronti la frase non marcata (102) con (102a) dove l’oggetto è topicalizzato e quindi spostato in principio di frase, prima dell’avverbio di tempo iniziale. L’oggetto topicalizzato ha un’ espressione facciale di topic (sopracciglia alzate): 102) IERI IO1 LIBRODES S LEGGEREDES O V (AGR) Ieri ho letto un/il libro -------- sopracc. alzate --------- 102a) LIBRO QUELLOSIN [pausa] IERI O Quel/Il libro , l’ho letto ieri IO1 S LEGGERESIN V (AGR) Lo stesso fenomeno avviene con i soggetti, anche se in questo caso l’ordine delle parole apparentemente non cambia poiché il soggetto generalmente precede già l’oggetto e il verbo nelle frasi LIS, cosicché dopo lo spostamento in posizione iniziale esso continua a precederli e le parole (i segni) appaiono ancora in sequenza SOV. Ad ogni modo, il soggetto topicalizzato è seguito dalla stessa pausa che segue gli oggetti topicalizzati e anch’esso ha l’ espressione facciale di topic. Un pronome opzionale di ripresa può apparire dopo la pausa. 103) PAPÀSIN BAMBINODES S SIN TELEFONAREDES O (AGR) V (AGR) Il papà telefona al (suo) bambino --- sopracc. alz. --- 103a) PAPÀSIN S [pausa] (-----sopracc. alzate -----) (LUI/QUELLOSIN) BAMBINODES O TELEFONAREDES -FATTO (AGR) V (AGR) - asp.perf . SIN Quanto al papà, lui ha già telefonato al bambino (o ha finito di telefonargli) - 67 - 3 Frasi relative in LIS L’obiettivo di questo capitolo (originariamente l’obiettivo dell’intero lavoro) è di analizzare alcuni tipi di frasi relative in LIS: precisamente, mentre Zucchi, Cecchetto e Geraci (2004) hanno trattato della presenza di frasi correlative, lo scopo dei prossimi paragrafi è esaminare le frasi restrittive di questa lingua. Questo, però, implica in una certa misura anche un confronto con alcune frasi non restrittive per poter mettere in evidenza le strategie e i fenomeni specifici della restrittività. 3.1 Frasi relative a testa esterna Ci sono degli indizi, fra i dati raccolti dai miei informanti, che la LIS possiede delle frasi relative a testa esterna. Benché in queste frasi vi siano delle variazioni nell’uso dei deittici e dei pronomi probabilmente dipendenti dalla varietà usata dal segnante, il nome relativizzato presenta un comportamento da testa-esterna. Si ricordi che devono essere tenuti accuratamente in considerazione i componenti non manuali dato che la LIS, come altre lingue, si basa spesso su di essi per marcare strutture che apparentemente non hanno proprietà morfosintattiche speciali diverse da quelle di una frase principale. Si guardi (104) seguente, che contiene una frase relativa appositiva marcata da un’ espressione facciale relativa “parentetica” (occhi spalancati, sopracciglia alzate, capo leggermente chinato in avanti). L’interpretazione appositiva è forzata dalla presenza di un nome proprio: di fatto il soggetto della frase principale (colui che è il miglior studente) è già inequivocabilmente identificato dal nome MARCO, cosicché il contenuto della frase relativa è semplicemente informazione addizionale. Per questo (104) traduce la fras italiana: “Marco, con cui parlavo ieri, è il mio alunno migliore” (=Mark, whom I spoke to yesterday, is my/the best student): -------------- espressione parentetica ---------- 104)MARCOCEN IERI IO1 LUICEN 1SEGNARECEN QUELLO-QUELLOCEN STUDENT BRAVO PRIMO <ind.>CEN Marco, a cui ho segnato (=parlato in LIS) ieri, lui è lo studente migliore - 68 - Non c’è alcun complementatore esplicitamente realizzato ad introdurre la frase relativa in (104), ma l’espressione parentetica si estende su tutta la parte di frase IERI...SEGNARE, mentre il nome proprio MARCO mantiene la medesima espressione neutra presente nella frase principale (QUELLO STUDENTE BRAVO PRIMO...) cosa che significa che il nome proprio è una testa esterna è non fa parte di questa frase relativa. Si noti anche la presenza di un deittico enfatico (cfr. frase (23) nel paragrafo 2.1.2) consistente in una co-articolazione dell’indice <ind.> e della forma ripetuta QUELLO-QUELLO riferita al nome-testa: in effetti, questa è sillabata M-A-R-C-O di fronte al segnante, ossia ha LUOGO-CEN. Questa, comunque, è una questione secondaria ai fini della presente analisi. Ciò che va sottolineato qui è che dopo la frase relativa, l’espressione neutra torna a marcare le parole successive, collegandole così in un certo qual modo al nome-testa MARCO e rendendo il tutto come una frase principale (Marco [è] lo studente migliore). Al contrario, la frase relativa è marcata come un elemento separato grazie all’espressione parentetica. Inoltre, gli avverbi di tempo, che solitamente sono in inizio di frase, appaiono dopo il nome-testa fornendo quindi ulteriori prove del fatto che quest’ultimo è al di fuori della frase relativa IERI...SEGNARE. L’espressione parentetica, inoltre, è apparsa quando all’informante è stato chiesto di tradurre in LIS la seguente frase italiana contenente una frase appositiva fra parentesi: «Le città inglesi (che sono molto belle) sono tutte molto costose» (=English cities (which are very beautiful) are all very expensive). In LIS è stata tradotta come (105) con l’unica differenza che il nome-testa CITTÀ-CITTÀ è flesso per LUOGO, oltre che per numero, e non richiede alcun <indice> per marcarlo analiticamente: ------------ espressione parentetica ------------ 105) CITTÀ-CITTÀSIN INGHILTERRA SUOSIN QUELLESIN MOLTO-BELLE QUELLESIN città inghilterra poss. esse [sono] molto belle esse ... COSTARE costano / costo? ALTO MOLTO molto Riguardo il segno glossato come SUO, l’informante ha sostenuto che esso è un possessivo non enfatico (si veda la frase (48) in 2.3.1), cioè esso è marcato esplicitamente per il genitivo e mette in relazione il nome CITTÀ-CITTÀ con INGHILTERRA trasmettendo l’idea di “città dell’Inghilterra, città inglesi”. È necessario, comunque, altro lavoro per raggiungere conclusione sicure su questo argomento. - 69 - Si noti, poi, che alcune componenti non-manuali appaiono su alcuni segni della frase principale ma la loro funzione è di marcare o contribuire a marcare il grado superlativo degli aggettivi (sinteticamente p.es. MOLTO-BELLE o analiticamente, con un avverbio posposto alla forma piana p.es. ALTO MOLTO): riguardo a questo si ricordi quanto detto in 2.1.2. Se un avverbio di tempo segue il nome-testa (106), si ha una prova più chiara del fatto che questo è esterno alla frase relativa dal momento che gli avverbi di tempo marcano l’inizio delle frasi in LIS: -------------------------------------------- sopracciglia alzate ----------------------------------------------------------------- espressione “sorriso” --------------------- 106) LIBRO QUELLOSIN IERI PAPÀDES libro quello (che) ieri mio papà COMPERAREDES là-comperare DDG DOMANI ... domani ... ... IO1 LEGGERESIN ... io legger-lo Domani leggerò il libro che mio papà ha comperato ieri Oltre a ciò, in (106) il dimostrativo e l’ NP di cui fa parte possiedono un’espressione facciale speciale diversa da quella che appare sulla frase relativa iniziata dall’avverbio di tempo IERI: in effetti, è la medesima espressione che appare con la topicalizzazione e questo suggerisce che l’ NP “LIBRO QUELLO” risieda nella proiezione TopP. Ciò, a sua volta, è coerente con il fatto che questo argomento verbale appare in inizio di frase, nonostante esso sia un oggetto e la posizione normale dell’oggetto, in LIS, sia dopo il soggetto. In altre parole gli NP relativizzati in LIS apparirebbero all’inizio di frase, indipendentemente dal loro ruolo-ϑ a causa del fatto che la frase relativa e la sua testa esterna subiscono un movimento di anteposizione in TopP: ciò sarà analizzato nei prossimi paragrafi. Per ragioni di chiarezza, va notato che al nome PAPÀ viene dato LUOGO-DES dal momento che esso è segnato con la mano destra e nella parte destra del viso del segnante. Il nome testa LIBRO QUELLO, invece, oltre ad essere collocato nella parte sinistra dello spazio può essere segnato con la mano sinistra. Inoltre, il verbo COMPERARE concorda con un punto indicante dove il libro era prima di essere comperato (glossato qui come “là”) poiché il verbo implica l’idea di “prendere il libro da qualche posto”. - 70 - Ciò che qui voglio sottolineare, è il fatto che l’informante che mi ha fornito le frasi relative traducendole dall’italiano ha una competenza molto buona in entrambe le lingue. Ad ogni buon conto, il contesto per rendergli chiara la situazione gli è stato presentato da me direttamente in LIS (nella misura in cui io conosco questa lingua) in modo da prevenire il più possibile eventuali fraintendimenti: successivamente ho fatto controllare le espressioni facciali da altri informanti. 3.2 Frasi relative restrittive In (104) il nome proprio MARCO forza un’interpretazione appositiva della successiva frase relativa e ha impedito all’informante di interpretare restrittivamente la frase originale “Marco a cui ho parlato ieri è il miglior studente...”. Di conseguenza la traduzione da lui fornita in LIS presentava un’espressione parentetica. Precedentemente, avevo interrogato l’informante circa la frase “Il ragazzo con cui parlavo ieri è fidanzato con mia sorella” (=the boy I spoke to yesterday is engaged with my sister). Sostituendo il nome proprio MARCO con il nometesta IL RAGAZZO/UOMO si produce la frase “Il ragazzo a cui ho parlato ieri è...” la quale induce un’interpretazione restrittiva, ossia è la frase relativa che “seleziona” un ragazzo specifico, precisamente quello a cui ho parlato ieri, fra tutti i possibili ragazzi conosciuti da me e dal mio interlocutore. Ciò che è interessante, è che la traduzione in LIS fornita dall’informante in questo caso (e confermata da altri segnanti nativi di LIS) era diversa da (104) in quanto presenta una speciale espressione facciale selettiva: gli occhi sono socchiusi come in una specie di sorriso. Questa espressione “sorridente” copre la frase relativa contenuta nella frase (107). --------------------- espressione “sorridente” --------------------- 107) UOMO IERI 1SEGNARECEN QUELLO-QUELLOCEN SORELLA-IO FIDANZATA INSIEMECEN <ind.>CEN <ind.>CEN____________ L’uomo/ragazzo a cui ho parlato (segnato) ieri e mia sorella sono fidanzati insieme L’uomo/ragazzo a cui ho parlato (segnato) ieri è fidanzato con mia sorella Analogamente, la frase (106) qui ripetuta come (108) traduce la frase “Domani leggerò il libro che mio papà ha comprato ieri” (=tomorrow I’ll read the book that my father bought yesterday): - 71 - --------------------------------------- sopracciglia alzate -------------------------------------------------------------- espressione “sorridente” ---------------- 108) LIBRO QUELLOSIN IERI PAPÀDES COMPERARE DDG DOMANI ... ... IO1 LEGGERESIN Domani leggerò il libro che mio papà ha comperato ieri Gli informanti hanno anche sostenuto che il nome-testa deve essere segnato con una particolare espressione facciale (sopracciglia alzate). Sebbene non sia riuscito ad osservarla in (107), questa componente non-manuale era presente nella frase (108). L’espressione “sorridente” o selettiva è la medesima che i segnanti utilizzano all’inizio di un dialogo per chiedere al loro interlocutore se questi conosce la persona/cosa di cui si sta per discutere. Corrisponde alla forma colloquiale italiana “Hai presente X? / Sai X” impiegata in frasi come «Hai presente il ragazzo? Quello che ho visto ieri? Bene, lui mi ha detto...» o come «Sai il libro? Quello che ho comprato prima? Bene, oggi....» Quanto alle frasi (107) e (108), vanno notati due fatti. La frase (108) prova che i pronomi enfatici non sono obbligatori nelle frasi relative, benché vengano impiegati spesso per ragioni di chiarezza: essi possono anche essere sostituiti da pronomi non enfatici. In (107) la mano che aveva segnato <ind.>CEN del pronome enfatico prende successivamente parte alla realizzazione del segno a due mani SORELLA e poi torna nuovamente a segnare un indice <ind.>CEN : questo non è un segno istantaneo che decade immediatamente dopo la realizzazione ma può essere mantenuto mentre l’altra mano produce il resto della frase ed infine esso accompagna il segno INSIEMECEN che richiede un luogo per indicare chi è insieme a chi. Non è obbligatorio mantenere gli indici però, almeno in questo caso, e sembra che questa sia una risorsa a cui si ricorre per evitare confusione fra i LUOGHI utilizzati nella frase, dato che essi sono molto vicini uno all’altro perché il nome UOMO e il nome SORELLA sono segnati proprio nello spazio compreso fra l’interlocutore e il segnante, molto vicino al corpo di quest’ultimo. Ad ogni modo, solo a UOMO sembra essere assegnato un luogo specifico perché nella frase ci riferisce molte volte ad esso, mentre SORELLA è segnato solo una volta. Ciò pone delle questioni circa lo status e l’uso dei LUOGHI e degli indici in LIS, anche se pare che i nomi in LIS non debbano necessariamente ricevere sempre un luogo come si riscontra ad esempio con il nome JACKET nella frase (49a) del paragrafo 2.3.1. Questa, tuttavia, è una questione secondaria qui. - 72 - Ciò che conta, ai fini del presente lavoro, è che la LIS possiede espressioni facciali specifiche per distinguere le frasi relative restrittive che selezionano/identificano uno specifico elemento di un insieme, dalle frasi appositive che aggiungono semplicemente delle informazioni circa un elemento già identificato. Oltre a questo, la possibilità che il nome-testa sia seguito da un dimostrativo come LIBRO QUELLO in (108) comprova che, pur non essendoci sempre determinanti realizzati esplicitamente in LIS, le frasi relative restrittive di questa lingua hanno lo schema N D RC. Strutture come (107) mostrano anche che il nome-testa esterno può coesistere con un pronome di ripresa (enfatico o non) all’interno della RC. Da ultimo, appare chiaro che in LIS le frasi relative e i loro nomi-testa esterni sono generalmente spostati in prima posizione (inizio di frase principale) a seguito di una risalita a TopP, come provato dal fatto che essi hanno la medesima espressione di sopracciglia alzate impiegata per marcare tutti gli argomenti topicalizzati della LIS anche in frasi non-relative. - 73 - 3.3 Frasi relative non-restrittive Confrontato (104, 105) da una parte e (107, 108) dall’altra si osserva che la LIS non distingue solo le frasi relative da tutti gli altri tipi di frase, ma che possiede anche una speciale espressione per marcare le frasi appositive o parentetiche. Questo segue lo stesso schema dell’italiano e dell’inglese. Tuttavia, la LIS sembra anche distinguere un terzo tipo di frasi relative: frasi che, potremmo dire, sono apparentemente restrittive anche se in realtà non selezionano da alcun insieme l’elemento di cui parlare. In queste frasi è il contesto in sè o la conoscenza del mondo ad indurre una chiara identificazione dell’elemento, pur senza forzare questa identificazione che invece produce l’interpretazione appositiva con i nomi propri. In questo senso, queste frasi non appaiono come appositive che aggiungono qualche informazione “dell’ultimo minuto” ad un NP già identificato (p.es. dal nome proprio Marco in (104)), e neppure selezionano un NP da un insieme (come in (106, 108)) perché a causa del contesto di solito viene già sottinteso un solo elemento sia da parte del parlante che dell’ascoltatore. Queste frasi agiscono come degli aggettivi. Per avere un’idea di ciò, si prenda ad esempio la frase «Dammi la penna rossa che c’è sul tavolo »: chiaramente sul tavolo potrebbe anche esserci semplicemente una sola penna rossa, cosicché in questo caso l’aggettivo “rosso” non selezionerebbe alcunché e sarebbe inutile poiché sia il parlante sia l’ascoltatore possono identificare la penna anche in assenza di questo aggettivo. Nonostante ciò, si può produrre questa frase, almeno in italiano, senza dare all’aggettivo alcuna intonazione appositiva/parentetica. Esistono frasi relative che si comportanto come questo aggettivo in quanto non sono né restrittive né parentetiche. Per esempio, si può dire ad un amico «La macchina che ho comprato ieri non si avvia» (The car I bought yesterday does not start) dove ambedue sanno che probabilmente è stata comperata solo una macchina e quindi non c’è alcuna necessità di distinguere una macchinacomprata-ieri da un’altra macchina-comprata-la-settimana-scorsa, per esempio. Questo perché generalmente la gente non acquista più di un’automobile alla volta. - 74 - Similmente, si può dire ad un amico «Il topo che ho preso ieri mi ha morso una mano» (The mouse I had caught yesterday has bitten my hand) anche se si potrebbe dire semplicemente «Il topo mi ha morso...» perché trovare e catturare molti topi in una casa non è così usuale nella vita di oggigiorno. Così, la frase «...che ho preso ieri» non serve veramente per capire quale topo ha morso la mia mano oggi: essa non è restrittiva, né presenta un’ “intonazione” (in LIS, l’espressione facciale) appositiva. Essa aiuta ad identificare il topo, ma non lo seleziona. Coerentemente, l’informante, alla richiesta di tradurre dall’italiano in LIS, ha prodotto la frase seguente: ------------------------ sopracciglia alzate ------------------------ 109) TOPOCEN IERI IO1 CATTURARECEN QUELLO CEN MANO MORDERESIN Il topo che ho preso ieri mi ha morso la mano È interessante notare che non vi è alcuna espressione selettiva “sorridente” come invece nelle restrittive, ma che l’espressione “sopracciglia” alzate si estende sull’intera parte di frase (IL) TOPOCEN IERI IO1 CATTURARECEN, cioè essa copre la frase relativa e il suo nome-testa. Successivamente la frase principale presenta un pronome di ripresa e un’espressione neutra. Si noti che l’ NP topo è percepito come definito (IL TOPO) dal momento che, alla richiesta di tradurre una frase riguardante un topo, l’informante ha prodotto un’altra struttura con i segni TOPO UNO_QUALUNQUE e una diversa espressione facciale. Efettivamente anche in inglese e italiano la presenza di un articolo definito “the, il” è spesso collegata al fatto che il nome è inteso come un argomento già dato nel discorso (topicalizzato). Nonostante ciò, alla richiesta se la frase (109) fosse appropriata nel caso in cui qualcuno avesse passato tutta la settimana ad acchiappare topi nella sua vecchia casa (p.es. un topo ieri, un’altro due giorni fa e così via...) l’informante ha confermato che tale frase non funzionava e sarebbe stata necessaria l’espressione “sorridente” per distinguere il-topo-preso-ieri da quelli presi gli altri giorni. Questo significa che, la frase sarebbe diventata una frase restrittiva (vedere 3.2 above) che seleziona uno specifico topo dall’insieme dei topi catturati. - 75 - 3.4 Marcamento non-manuale delle relative restrittive Confrontando (104) con (109) risulta che in LIS il marcamento della frasi relative coinvolge in larga misura le componenti non-manuali. Di conseguenza, è importante prendere in considerazione le componenti non-manuali quando si tratta delle le frasi relative in LIS. Vi sono diverse espresioni facciali per marcare divere frasi: le restrittive richiedono una speciale espressione restrittiva che trasmetta l’idea di selezione di uno specifico NP da un insieme per poi parlarne. Spesso le relative e i loro nomi-testa sono spostati in inizio di frase; in tal caso essi hanno anche un’altra espressione facciale. Per quanto riguarda le frasi restrittive, questa componente non-manuale è fusa o, diciamo, “sovraimposta” all’espressione facciale (“sorridente”) restrittiva. - 76 - 3.5 Spostare all’inizio di frase le relative è una topicalizzazione Il fatto che l’NP relativizzato appaia spesso in inizio di frase fu notato da Zucchi, Cecchetto e Geraci (2004): dai paragrafi 3.2 e 3.3 risulta che l’anteposizione dell’ NP, pur non essendo obbligatoria, ha luogo almeno quanto l’NP relativizzato è un oggetto (108) del verbo principale. Nondimeno, i miei dati suggeriscono che l’intera frase relativa può essere spostata in prima posizione, all’inizio della frase principale insieme con l’NP esterno. L’espressione facciale di “sopracciglia alzate” , la stessa riscontrata con la topicalizzazione nelle frasi dichiarative, suggerisce che questa anteposizione potrebbe derivare da una risalita dell’NP e della sua frase restrittiva in una proiezione Top della frase principale. In effetti, il fatto che la relativizzazione degli NP e la risalita di topic possano coesistere è provato anche in alcune lingue orali. Il māori (esempi tratti da Bauer, 2003) presenta un ordine di parole di base VSO, anche se nelle costruzioni si riscontrano molte differenze a seconda del verbo impiegato (transitivo, di esperienza...). Normalmente un verbo e il suo marcatore di tempo/aspetto (time/aspect marker: TAM) iniziano la frase, seguiti dal soggetto e dagli oggetti che sono introdotti da varie preposizioni (le sottolineature sono mie, le traduzioni italiane in gran parte sono basate su quelle inglesi di Bauer). 110) Ka hoatu ahau TAM Dare io V S i te pukapuka ogg.-il libro dO ki a a koe (Bauer 240) art.pers.-tu iO Ti do/ho dato il libro 111) Ka TAM pupuhi ia i te sparare lui ogg.-l’ uccello S dO V Ha sparato all’uccello manu (Bauer 1341a) (lett. Ha sparato egli l’uccello ; in māori è un v.transitivo) Prima di analizzare le frasi relative, sono necessarie delle spiegazioni sul passivo poiché in māori la relativizzazione presenta spesso verbi passivi. Con essi, il soggetto può seguire il sintagma-e (l’agente) specialmente se questo è un pronome, ma il verbo appare comunque in inizio di frase. - 77 - Così, (111) diviene (112): 112) Ka pūhi·a e ia TAM sparare-pass. da lui V te l’ O manu (Bauer 1341b) uccello S All’uccello è stato sparato da lui (lett. è stato sparato da lui l’uccello) Il medesimo ordine di parole vale nel caso delle frasi relative. L’ NP relativizzato solitamente rimane nella sua posizione di base all’interno delle frase principale, ma esso precede il verbo della frase relativa mostrando così di essere una testa esterna. Per esempio, parlando di una certa donna, (113) si può dire: 113) E waiata ana TAM cantare TAM te wahine i te huarahi rā la donna in la strada là (Bauer 3701b) La donna sta cantando in quella strada L’ipotetico parlante potrebbe anche affermare: 114) Ka mōhio TAM conoscere ahau ki te wahine io a la donna (Bauer 3701c) Conosco la donna È chiaro che in (114) TE WAHINE è un oggetto e come tale segue sia il verbo che il soggetto. Il fatto che esso sia introdotto da ki (invece di i) è irrilevante qui, poiché ciò dipende dal fatto che si usa un verbo di esperienza. Quando (114) e (113) si combinano per formare una frase relativa questo NP occupa ancora la sua solita posizione, anche se è un oggetto relativizzato. 115) Ka mōhio ahau ki te wahine e waiata ana i te huarahi rā (Bauer 3701a) TAM conoscere io a la donna TAM cantando TAM in la strada là V S O rel. (testa V O) Conosco la donna che sta cantando in quella strada - 78 - Un confronto fra (115) e (114) prova che l’oggetto, pur relativizzato, segue tuttavia il verbo principale (=conoscere) nella frase principale e il suo soggetto AHAU (=io). Confrontando (115) con (113) d’altra parte, si vede che il nome testa TE WAHINE (=la donna) è fuori dalla frase relativa, prima del verbo E WAIATA ANA (=sta cantando). In questo modo, benché non appaiano esplicitamente complementatori né pronomi relativi, risulta chiaro che in (115) c’è una frase relativa a testa esterna. Così, il nome-testa esterno insieme alla sua frase relativa funge da oggetto relativizzato (introdotto dalla preposizione KI) nei confronti del verbo principale ed occupa la posizione canonica nella frase principale. Lasciando da parte questo argomento, per un momento, c’è un’altra caratteristica importante del māori che deve essere descritta per procedere in questa analisi. Il māori possiede una parola specifica ko per introdurre gli argomenti topicalizzati. Gli argomenti marcati con il ko topicalizzante appaiono in inizio di frase, come notato da Bauer. Di conseguenza, benché il soggetto normalmente segua il verbo (117), può apparire un diverso ordine di parole (118): 117) Ka mea atu te rōpā rā... TAM dire via lo schiavo là... V S (da Bauer 1361) Il/Quello schiavo disse... 118) Ko te nuinga ia i mea... (da Bauer 1362) TOP la maggioranza contr. TAM dire... top. S V La maggioranza, però, disse... In māori la topicalizzazione non avviene solo con i soggetti, ma anche con altri NP; in certe condizioni appaiono dei pronomi di ripresa, p.es. possessivi. 119) Ko te wahine puhi haere ake anō ana hoa noho i a ia (Bauer 4212) Quanto alla vergine di alto-rango, anche i loro amici andavano sempre con lei. È interessante, che in māori, le frasi relative e le loro teste esterne NP possono apparire anche in inizio di frase, prima della frase principale e in tal caso sono introdotte dal ko di topic. Un chiaro esempio di questa co-esistenza di relativizzazione e topicalizzazione è (120) seguente. - 79 - Si prenda ad esempio la storia seguente. Racconta l’origine di alcuni nomi geografici in Nuova Zelanda: questi derivano dai guerrieri che vi morirono. (dalla trad. ingl. di Bauer, 1051) Il primo dei guerrieri di Rakapare ad essere ucciso nella caccia fu Totara-pounamu, che cadde alla foce di TeTauhua. Il luogo è chiamato oggi Toutara-pounamu. Un’altro cadde a Kopia e questo nome, Kopia, appartiene a lui. Dopo Kopia, caddero Waihi e Turi-akina e Toka-piko e Tu-moana... Dopo che i guerrieri ed i luoghi sono stati presentati, la storia prosegue affermando che questi posti sono ancora chiamati con quei nomi. I luoghi dove i guerrieri sono morti, essendo già stati introdotti nel discorso, sono considerati come topic e anteposti (tratto da Bauer 1051): 120) ...Ko ngā wāhi i hinga ai aua toa , i tapa·a tonu·tia iho ki ō rātou ingoa top. S rel. V O I luoghi (dove) questi guerrieri caddero sono ancora chiamati con i loro nomi. La frase relativa e il suo nome-testa appaiono in inizio di frase, prima del verbo passivo I TAPAA TONUTIA IHO (=sono ancora chiamati), e sono preceduti dal marcatore māori di topic topic ko, correspondente alla posposizione topicalizzante giapponese wa. Si ricordi che in māori non esistono complementatori realizzati esplicitamente né pronomi che identifichino la frase relativa (sebbene compaia qui una particella ai). Un altro esempio di co-occorrenza di relativizzazione e successiva topicalizzazione è riscontrabile nelle frase seguente: 121) ...Ko te hapū e noho ana i Maungawhau e mea ana... (Bauer 1111) TOP la sottotribù TAM stare TAM a Maungawhau TAM dire TAM... top. Srel. V La sottotribù che vive(va) a Maungawhau disse... L’ordine delle parole di (120, 121) è chiaramente “ko”SV come in (118) invece del canonico VS(O) osservato nel māori (117), dove il soggetto relativizzato è sollevato davanti al verbo. Questo argomento sollevato consiste nel nome-testa e nella sua frase relativa restrittiva. - 80 - In questo modo, non solo l’NP relativizzato ma l’intera unità FRASE_RESTRITTIVA TESTA_ESTERNA + (che fa da soggetto del verbo principale) è spostata in inizio di frase davanti al verbo della frase principale invece di occupare la sua posizione canonica (postverbale in māori). Coerentemente, dato che si è verificata l’anteposizione il materiale spostato è preceduto dall’introduttore di topic ko. In questo modo è provato che, una volta avvenuta la relativizzazione, può aver luogo anche un movimento opzionale di topicalizzazione che solleva l’intera frase subordinata nel TopP della frase principale insieme con la sua testa esterna. Ciò coincide con i fenomeni osservati nelle frasi LIS come (108) e porta a concludere che anche in questa lingua la relativizzazione può essere seguita dalla topicalizzazione, almeno nel caso di oggetti, con l’unica differenza che la LIS marca le posizioni di Top con una componente non-manuale (sopracciglia alzate) piuttosto che lessicalmente. Effettivamente, la struttura di (108) è stata giudicata appropriata nel caso di altre frasi come “Ieri ho telefonato all’amico (di cui) ti ho appena parlato”. Questo prova che anche in LIS ci sono frasi relative restrittive a testa esterna e che queste frasi insieme ai loro nomi-testa possono essere sollevate prima della frase principale all’inizio dell’intero periodo, probabilmente in TopP dato che tutto il materiale anteposto presenta la medesima espressione facciale “sopracciglia alzate” impiegata in LIS per marcare i topic, oltre all’espressione “sorridente” (che però si estende solo sulla frase restrittiva lasciando da parte l’ NP che costituisce la testa esterna). - 81 - 3.6 “La Teoria della Promozione” le frasi relative restrittive in LIS Dopo aver distinto il sollevamento del nome-testa rispetto alla frase relativa dalla topicalizzazione dell’intera relativa dentro alla frase principale, si può ora procedere ad analizzare più in profondità le frasi relative restrittive della LIS. In particolare, nonostante la LIS manchi di determinanti realizzati esplicitamente come “the, il, i...”, nel paragrafo 3.2 sono stati trovati indizi sul fatto che la LIS ha delle frasi relative a testa esterna almeno nelle varietà adoperate dai miei informanti. È anche emerso che le restrittive di questa lingua sono di tipo “N D RC”, benché essa non realizzi sempre i determinanti esplicitamente. In fine, la LIS ammette la presenza di pronomi di ripresa all’interno della frase relativa e all’interno di quella principale. Questo schema, oltre a ricalcare il comportamento di alcune lingue parlate, è anche stato spiegato alla luce della cosiddetta “Teoria della Promozione” (Promotion Theory). In De Vries (2002), si dà una spiegazione del procedimento di relativizzazione che conduce alle frasi restrittive, partendo dalla proposta di Kayne e dal fatto che «è preferibile una base universale spec-testa-comp» («a universal spec-head-comp basis is preferable»). In questo modo, si ipotizza che il nome-testa sia generato dentro la frase relativa e successivamente sia “promosso” (promoted) verso proiezioni più alte attraverso varie risalite nascoste/esplicite determinate dalla necessità di verificare i tratti e il caso. In effetti, in queste relative il pronome relativo agisce come argomento del verbo della frase subordinata, mentre il nome-testa si comporta come un argomento del verbo della frase principale. Ciò significa che essi hanno Caso diverso (anche se astratto). Perciò, la formazione delle restrittive di tipo N D RC è descritta in termini generali attraverso i passi seguenti: · il nome-testa è generato nella frase subordinata (avendo un ruolo semantico nella relativa) come complemento di un pronome relativo · NP e DP (pronome rel.) hanno tratti-φ che devono essere verificati, ma il loro Caso può essere diverso; i pronomi relativi hanno anche tratti-wh · per questo, non può esserci risalita N-a-D e l’incorporazione è impossibile - 82 - · così l’ NP si muove a [Spec; DPrel] verificando i tratti-φ ma la verifica di Caso deve essere eseguita ad un livello più alto · effettivamente, DPrel può verificare il suo Caso dentro la frase relativa ma N non può perché ha un Caso diverso · a questo punto viene aggiunto il livello-CP cosicché DPrel, che possiede tratti-wh, si muove in [Spec; CP] per verificarli · successivamente l’intero CP è inserito come complemento di un determinante più alto; il DP esterno che farà parte della frase principale e sarà un argomento del verbo della frase principale · In questo modo, il nome-testa N è in [Spec; DPrel] che a sua volta risiede in [Spec; CP] così non vi sono barriere fra N e il determinante superiore I passi precedenti sono riassunti nella seguente formula: ... [CP [DPrel [NP N] (Drel) tNP]DPrel (C) [IP ... tDPrel. ]] La derivazione, poi, procede nel modo seguente: · i tratti-φ di questo D superiore attraggono N e la verifica di caso diviene possibile tramite un movimento di incorporazione; N può muoversi in D esplicitamente o invisibilmente · tutto il DP superiore è inserito nella frase principale (tutto ciò coincide con il fatto che tali relative restrittive sono a testa-esterna, ossia il nome-testa ne è al di fuori) Questa ipotesi si basa su altre assunzioni, come il fatto che i tratti possano essere forti o deboli; questi giocano un ruolo importante nel processo in quanto i tratti forti provocano l’incorporazione esplicita di N in D, mentre i tratti deboli producono un movimento invisibile il che significa che solo i tratti formali di N si incorporano ma il contenuto lessicale non si muove. Questo spiega, ad esempio, perché in svedese il nome-testa abbia un determinante enclitico posposto (Jag talade med mann-en som... = ho parlato con uomo-il che...) diversamente dal tedesco (...mit dem Mann der...= con l’ uomo che...): in svedese c’è movimento esplicito di N al DP (più alto), mentre in tedesco il movimento è invisibile e coinvolge solo i tratti formali di N. - 83 - I passi precedenti sono formulati in questi termini: [DP [D N+D] [CP [DPrel [NP tN] (Drel) tNP]DPrel (C) [IP ... tDPrel. ]]] (sved.: mannen...) [DP [D FF(N)+D] [CP [DPrel [NP N] (Drel) tNP]DPrel (C) [IP ... tDPrel. ]]] (ted.: den Mann...) Si ricordi che in LIS l’accordo fra verbo e argomenti, pur non basandosi su Caso/Genere esplicito, è realizzato tramite il marcamento esplicito del LUOGO: in questo senso il comportamento della LIS è coerente con questa ipotesi in quanto il tratto di LUOGO del nometesta concorda con il verbo della frase principale, e non con il verbo della frase subordinata. Di fatto il sintagma LIBRO QUELLOSIN in (108) concorda con il verbo IO1 LEGGERESIN nella frase principale e non con il verbo della frase subordinata. Questo riflette il fatto che il nome-testa relativizzato e il suo DP agiscono come oggetto della frase prncipale. Si noti anche che l’inserzione del sintagma LIBRODES QUELLOSIN in (108) genera agrammaticalità, coerentemente con l’osservazione che i nomi LIS, benché non sempre esplicitamente marcati per LUOGO, devono comunque concordare con i loro determinanti (quando esplicitamente realizzati). Al contrario LIBROSIN QUELLOSIN sarebbe più accettabile. È così provato che la Teoria della Promozione funziona anche con le frasi restrittive della LIS, date le premesse dei paragrafi 1.2.3 e 2.4.1 secondo cui in LIS l’accordo si basa sulla realizzazione esplicita del LUOGO piuttosto che sul marcamento esplicito di Caso/Genere. Tuttavia, la possibilità di introdurre un pronome di ripresa dentro la frase relativa solleva alcuni problemi: primo, com’è compatibile questo con l’ipotesi che il DPrel si muova in [Spec; CP]? Secondo, il pronome di ripresa all’interno della relativa restrittiva non è in situ dato che non occupa la normale posizione dell’oggetto prima del verbo, ma compare in fine di frase come risulta da (107) qui ripetuto come (122) --------------------- espressione “sorridente” --------------------- 122) UOMO IERI 1SEGNARECEN QUELLO-QUELLOCEN SORELLA-IO FIDANZATA INSIEMECEN <ind.>CEN <ind.>CEN____________ L’uomo/ragazzo a cui ho parlato (segnato) ieri e mia sorella sono fidanzati insieme L’uomo/ragazzo a cui ho parlato (segnato) ieri è fidanzato con mia sorella Questo, comunque, risulta portare ulteriori prove a favore della Teoria della Promozione se si accettano alcune premesse di De Vries e si analizza più da vicino la struttura della LIS come spiegato nei prossimi paragrafi. - 84 - 3.7 Risalite in LIS Volgendo l’attenzione ad un’analisi più approfondita della sintassi della LIS, si possono fare alcuni raffronti. In primo luogo, l’ordine delle parole all’interno della frase relativa in (122) sembra essere lo stesso delle domande-k (domande-wh) della LIS come risulta nel paragrafo 2.5.4: in effetti, sia i pronomi interrogativi di (83) sia i pronomi di ripresa dentro alla frase relativa (122) compaiono in fine di frase. In un approccio antisimmetrio e dato l’ordine SOV delle frasi dichiarative semplici della LIS, questo fatto può essere spiegato solo con una serie di risalite a sinistra. Dopo che si è realizzato l’accordo verbale con il soggetto (si ricordi che i verbi LIS concordano con soggetto ed oggetti), l’oggetto deve risalire ulteriormente, seguito da un “remnant movement” che solleva soggetto e verbo più in alto dell’oggetto. In altre parole si devono ipotizzare in LIS i seguenti movimenti di risalita dove OINTERR rappresenta l’oggetto verbale su cui il pronome interrogativo pone la domanda: S OINTERR V --> OINTERR S V --> S V OINTERR Quanto a (83), questa ipotesi coincide con il fatto che generalmente i pronomi interrogativi devono risalire in [Spec; CP] per verificare i loro tratti-wh e con il fato che il pronome non è in situ (cioè non è *tu chi parli? ... *you who speak?). Così in LIS questa risalita è in qualche modo occultata da un movimento di remnant che confina l’interrogativo in posizione apparentemente finale (tu parli chi? ... you speak who?) piuttosto che all’inizio della frase (a chi parli... who do you....). Per quanto riguarda le restrittive, in effetti, questo coincide anche con le premesse di De Vries in base alle quali DPrel sale a [Spec; CP] per verificare i sui tratti-wh. È anche una prova del fatto che il pronome che compare all’interno della frase restrittiva (122) non è un pronome di ripresa in situ. Si deve però osservare che in LIS l’oggetto compare in fine di frase anche quando è focalizzato: si richiami alla mente l’esempio (23) nel paragrafo 2.1.2. Il fatto che l’oggetto focalizzato possa apparire in fine di frase, anche se non è facilmente osservabile nelle lingue SVO, è stato verificato in lingue SOV come il Tamil (dati tratti da Vaijahanthy Sarma, 2003) - 85 - 3.8 I pronomi all’interno delle relative restrittive in LIS Si deve ricordare che il pronome di ripresa nella frase relativa (122) ha la stessa forma enfatica QUELLO-QUELLOX <ind.>X osservata in frasi contrastive come (23) dove X può essere destra, sinistra o qualunque altra posizione a seconda della frase: questo pronome non è mai usato come segno-wh in LIS e quindi sorge un problema riguardo al fatto che il DP nella relativa restrittiva si muova in [Spec; CP] per verificare i suoi tratti-wh prima che il nometesta N subisca un’ulteriore risalita unendosi con il DP superiore nella frase pricipale. Da un parte, le frasi relative restrittive LIS sembrano implicare il movimento di qualche DP probabilmente per verificare i loro tratti-wh come nelle frasi interrogative, mentre dall’altra parte l’elemento mosso sembra non avere alcun tratto-wh e si comporta piuttosto come nelle frasi focalizzanti. In altre parole il DP dentro la relativa restrittiva non è in situ ma deve esserci una risalita: questa sembra essere un movimento-wh ma nessun tratto-wh è coinvolto. Tuttavia, è comunemente accettato che le domande-wh implichino anche la focalizzazione del pronome-wh e vale la pena notare come generalmente si accetti l’ipotesi che la proiezione CP sia fatta di diversi “strati” (split-CP) fra i quali si considera anche un sintagma di focus, FocP. Da questo punto di vista, si può spiegare come i pronomi nelle domande-wh, nelle frasi focalizzanti e nelle relative restrittive della LIS appaiano tutti nelle stessa posizione finale di frase e si può inoltre mantenere la Teoria della Promozione anche con le frasi restrittive a testa esterna che sono state osservate almeno in alcune varietà di questa lingua. D’altra parte, il fatto che nelle relative restrittive della LIS possano apparire pronomi specifici di focus privi di tratti-wh suggerisce che la risalita del DP interno verso CP sia determinata dalla verifica di tratti-focus, probabilmente nello “strato” [Spec; FocP] della proiezione CP, piuttosto che dalla verifica di tratti-wh. Riguardo questa ipotesi, sono necessarie ulteriori ricerche ma ciò nondimeno si possono portare alcune osservazioni empiriche a supporto di essa. - 86 - Le frasi relative restrittive possono essere spesso considerate come risposte ad alcune domande-wh. Ad esempio la frase «Domani leggerò il libro che mio papà ha comprato ieri» potrebbe ben essere la risposta alla domanda Quale libro leggerài? (Quale di quei libri...) che in certa misura richiede una selezione. In questo senso, le frasi relative restrittive significano la selezione di un elemento specifico da un insieme, come provato dal confronto fra le diverse espressioni facciali della LIS: Quale libro? Quello che... D’altra parte, le frasi restrittive sono chiaramente non-interrogative e non portano alcuna intonazione interrogativa (nelle lingue parlate) né espressione interrogativa (in LIS). In altri termini, anche se sono collegate al domandare, le frasi restrittive non sono domande. Tuttavia, la selezione di un argomento da un insieme (il libro che, il ragazzo che...) conduce ad un contrasto: data la domanda Quale libro leggerai?, la risposta sarà «Domani leggerò il libro che mio papà ha comprato ieri» (sottintendendo: e non altri!) In oltre, nel paragrafo 3.3 la frase (109) «Il topo che ho preso ieri mi ha morso la mano», che ha solo un’espressione di topic, acquista un’espressione restrittiva quando il contesto implica vari possibili topi, in contrasto ai quali solo il topo di ieri si dice mi abbia morso la mano. Di conseguenza, se da una parte le frasi relative restrittive non possono essere considerate come domande dirette, è però vero che tanto le restrittive quanto le domande-wh condividono un focus contrastivo e quindi probabilmente subiscono le medesime trasformazioni. - 87 - BIBLIOGRAFIA Bauer W. (2003), “The Reed Reference Grammar of Māori”, Reed Books, New Zealand Donaldson B.C. (1993), “A Grammar of Afrikaans”, ed. Mouton de Gruyter, Berlin Franchi M. L. (1987), “Componenti non manuali“ in “La lingua italiana dei segni” a cura di V.Volterra, Il Mulino , Bologna Holmes P. and Hinchliffe I. (1997), “Swedish – An essential Grammar”, Routledge, ... Laudanna A. 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