Appunti per una semiotica spinoziana
Il
mio
intervento
non
sarà
un
intervento
prettamente
semiotico, ma il mio obiettivo sarà quello di gettare luce sui
fondamenti epistemologici della semiotica.
La semiotica ultimamente si sta occupando sempre più spesso
del
corpo
e
delle
passioni,
del
loro
ruolo
nell'emersione
di
effetti di senso e nella prensione estesica.
La riflessione sul corpo, almeno in quanto simulacro che fonda un
senso per analogia è già implicita
già nella nascita stessa della
semiotica strutturale (Greimas). Poi Fontanille la porterà avanti
in maniera radicale dando al corpo una centralità diversa, quasi
un sistema modellizzante che dà vita a una sua retorica. Figure
del corpo, appunto.
Il
corpo
della
socio-semiotica
è
invece
un
corpo
affettato,
superficie di inscrizione: corpo della moda, corpo drogato, corpo
transgender, ecc.
Per la semiotica interpretativa la questione è un po' diversa. E'
vero,
ci
sono
corporeità
interpretanti
nel
processo
che
hanno
semiosico.
a
che
Tuttavia
vedere
la
con
la
semiotica
interpretativa mi sembra che sia fondata epistemologicamente su
una teoria disincarnata e un una teoria classica del segno.
Ma parlare di corpo e di passioni significa inevitabilmente
spalancare le porte a una lunga tradizione filosofica.
Ho
sempre
avuto
riflettere
su
l'impressione,
corpo
e
infatti,
passioni
senza
che
fosse
interrogare
difficile
un
momento
particolare della storia della filosofia, il XVII secolo.
L'altra
volta,
parlando
del
neuroscienze, abbiamo visto come
la
carne
del
rispettivamente,
spinoziana.
mondo
alle
di
rapporto
fenomenolgia
e
l'intersoggettivo husserliano e
Merleau-Ponty
monadi
tra
potessero
leibniziane
e
richiamare,
alla
sostanza
Gilles
Deleuze,
sottolinea
come
ritroveremo
poi
in
Spinoza
proprio
il
tematizzato
e
il
problema
concetto
nella
di
dell'espressione
espressione,
linguistica
che
strutturale
di
Hjelmslev, fosse al contempo ciò che Lebniz e Spinoza avevano in
comune ma anche ciò su cui si differenziano.
In Leibniz, per Deleuze, ma anche per il dizionario di filosofia
Abbagnano, il concetto di espressione, come per uno sdoppiamento
dell'essere, diventa il sinonimo di simbolico.
Per simbolico si intende qualcosa di simile a “teoria classica del
segno”: aliquid pro aliquo stat.
Si tratta di quel segno arbitrario e convenzionale che arriva fino
a Saussure, almeno per ciò che concerne il suo valore verticale.
Diverso
sarebbe
il
discorso
sulla
sua
natura
diacritica,
sul
rapporto orizzontale del valore, che è proprio ciò che fonda un
approccio
strutturalista.
Non
è
un
caso,
ha
fatto
notare
Marsciani, che quando Merleau-Ponty incontra Saussure lo incontra
esattamente
in
questo,
imprimendo
alla
sua
fenomenologia
una
svolta radicale dal corpo-proprio alla carne del mondo.
Insomma,
quella
carne
del
mondo
così
simile
alla
sostanza
spinoziana in quanto forma un unico piano di immanenza. E non è un
caso
che
Hjelmslev,
definito
da
Deleuze
Guattari
l'”oscuro
principe spinozista”, svilupperà il concetto di immanenza dando
priorità al valore diacritico del segno saussuriano.
Ma
in
Merleau-Ponty
c'è
qualcosa
di
più
rispetto
allo
strutturalismo e qualcosa in comune con Spinoza: il corpo, la
carne e le passioni che la affettano come luogo di emergenza del
linguaggio stesso. Qui ci sarebbe da fare -insieme a Judith Revelun
importante
sapore
di
parallelo
una
strutturalista
con
convergenza
che
si
Foucault.
Un
inaspettata.
avvicina
alla
parallelo
Da
una
fenomenologia
che
ha
il
parte
uno
quando,
pur
espungendo il soggetto, la coscienza e tutto questo armamentario
esistenzialista,
psicologista
e
soggettivista
di
una
certa
fenomenologia, sente però l'esigenza di formulare una certa teoria
della soggettività. Dall'altra un fenomenologo che, pur affermando
la centralità del corpo e della sua esperienza deve rendere conto
dei processi di sedimentazione e di emergenza del linguaggio a
partire da ciò che accomuna le diverse esperienze, ovvero la loro
forma.
Ecco, io credo che dall'incontro di queste due istanze si possa
fondare
una
semiotica
spinoziana,
che
è
comune,
che
sono
diagrammi.
attraverso
l'intercessore
Deleuze.
Ciò
nozioni
comuni
i
accomuna,
che
rende
Tuttavia,
a
possibili
partire
le
dalla
definizione di diagramma nel libro su Francis Bacon, credo che
dovremmo
reinventare
la
nozione
peirciana
di
diagramma
sganciandola da quel movimento dal sapore dialettico, uno-due-tre,
che a mio avviso tiene il filosofo americano ancorato alla teoria
classica, cioè arbitraria e referenziale del segno.
Una teoria arbitraria del segno che fa il paio con un' altra
idea
che
sta
a
base
della
modernità,
quella
della
natura
arbitraria e convenzionale del politico. Il riferimento è a un
grande pensatore del XVII, che pure con Spinoza condivise una
nuova
centralità
delle
passioni
ma
che
se
ne
discostò
per
l'approdo opposto che avevano le rispettive teorie delle passioni:
Thomas Hobbes.
Come
avviene
con
i
segni
e
con
la
conoscenza,
il
reale
è
costituito da convenzioni perché l'uomo è solo, è un individuo
solo e impaurito. Lo stato civile è homo homini lupus, da cui un
bellum omnium contra omnes da ci si esce solo con un contratto,
con un'alienazione a terzi della ragione stessa.
Tuttavia,
non
affronteremo
le
conseguenze
politiche
del
convenzionalismo. Credo però che sia difficile che una determinata
configurazione
non
dia
vita
a
determinati
esiti.
Da
semiotici
possiamo considerare un testo come un tutto di significazione,
coerente e coeso. Ecco dove rintracciamo un diagramma comune tra
teorie afferenti a campi disciplinari diversi.
Qui il monismo spinoziano è radicale: univocità dell'essere che si
esprime nella molteplicità.
Mente e corpo sono modi d due attributi (pensiero ed estensione)
della stessa sostanza.
Una
teoria
semiotica
all'altezza
di
questa
cadere né nel convenzionalismo, nel cognitivismo,
sfida
non
può
nel formalismo,
nel culturalismo radicale né, dall'altra parte, nel riduzionismo.
Le due cose sono paralleli, come i piani di Hjelmslev (non a caso
uno dei due è l'espressione). Due piani ma di un unico piano
d'immanenza entro il quale si dà la funzione segnica, i cui due
piani
sono
sempre
reversibili
e
nel
quale
la
distinzione
tra
sensibile e intellegibile ha poco senso.
Questo lo avevano ben chiaro Deleuze e Guattari quando sia in
Mille Piani che in Che cos'è la filosofia?,
parlano di una sorta
di artisticità, espressione del mondo stesso, della natura.
C'è Espressività dove, al di là dell'uomo, si danno carne-casacosmo.
La
carne
è
la
struttura
emergente
o,
per
dirla
con
Fontanille, lo schema emergente dall'incontro tra carni e dalla
loro relazione con un fuori, l'universo. I muri della casa sono le
superfici su cui si iscrivono le funzioni segniche.
Questo
rende
conto
anche
delle
teorie
più
embodied
e
più
incarnate, sia del linguaggio che della prensione estesica.
E, tuttavia, se parliamo di carne e non di corpo è perché la carne
è tenera, è sempre pronta a de-individuarsi e re-individuarsi, a
ri-posizionarsi, così come l'universo è sempre in divenire.
Quindi anche la casa, la struttura o schema emergente, è sempre
attraversata
da
movimenti
di
territorializzazione,
deterritorializzazione e ri-teritorializzazione.
Comunanza e molteplicità dell'esperienza al tempo stesso.
Uno-molti, sostanza-modi, stiamo nel pieno dello spinozismo.
Mente e corpo procedono parallelamente perché parallelamente
attraversate da un conatus, sforzo di preservazione, desiderio,
pro-tensione
a
ricercare
la
gioia,
le
nozioni
comuni,
le
intuizioni scientifiche, quindi a cambiare di segno gli affetti,
dal patire all'agire, ad affettare il mondo, a lasciarvi la nostra
traccia, le vestigia dei nostri corpi la cui essenza diviene così
sub specie aeternitatis.
Dalle
affezioni,
da
questi
incontri
tra
corpi
emergono
strutture, frutto di sedimentazioni. Ma queste strutture hanno dei
limiti
che
creazione.
sono
Sia
sempre
esso
messi
estetico
o
in
discussioni
politico.
dall'atto
Sicuramente
etico
di
in
quanto intriso di passioni rovesciate in azioni a partire dalla
ricerca di passioni gioiose, quindi delle nozioni comuni, quindi
dall'intuizione
delle
essenze
singolari
in
cui
si
esprime
il
molteplice.
Si
tratta
esattamente
del
rapporto
tra
langue
e
parole,
sistema e processo, paradigma e sintagma. Direi anche virtuale e
attuale. In semiotica sappiamo che il sistema è il virtuale e il
processo l'attuale. Diremmo, con Deleuze, che ogni attualizzazione
fa sprizzare nuove virtualità e nuove virtualità sono gravide di
attualità a venire in cui non si risolveranno mai del tutto.
In
questa tensione, tra l'altro, Fontanille individua il nodo del
passaggio dallo strutturalismo a un altro strutturalismo (poststrutturalismo?).
E'
lo
stesso
foucaultianamente
problema
usiamo
questo
del
diagramma,
diagramma
per
anche
quando
esprimere
le
relazioni di potere. Il diagramma è quel qualcosa sempre denso di
virtualità. Il diagramma è anche possibilità. All'interno dello
stesso diagramma si danno le condizioni per entrambe le direzioni
del senso e quindi del potere.
Una
teoria
determinazione
del
degli
genere,
effetti
di
del
parallelismo
senso.
Qualcosa
anche
che
nella
forse
era
chiaro già a Marx. Sicuramente, in campo estetico, era chiaro a
Bacon che dal diagramma ricava il figurale, oltre l'alternativa
figurativo-astratto.
Infatti
quella
di
Bacon
è
una
forma
di
espressionismo. Siamo di nuovo a Spinoza-Hjelmslev: Bacon, produce
somiglianze,
istituisce
una
nuova
funzione
segnica
in
cui
fa
incontrare forme dell'espressione e forme del contenuto.
Dire
allora
che
c'è
un
diagramma
comune,
anche
quando
esperiamo (in tutti i sensi, vedi Freedberg e Gallese) un'opera
d'arte,
se
significa
sganciare
l'estetica
da
una
teoria
convenzionalista, non significa però dire che proviamo la stessa
esperienza.
Vi
sarà
forse
isomorfismo
ma
non
isonomia.
Forma
comune dell'esperienza (i pattern) ma non contenuto. Da questa
forma
comune
nascono
quei
blocchi
di
sensazioni,
affetti
e
percetti, come li chiamano Deleuze e Guattari.
Affetti e
percetti sono ciò che può permetterci una lettura
non artistica di un'opera d'arte, che è la questione posta da
Deleuze in N come neurologia.
Nell'Abecedaire,
Gilles
Deleuze,
il
la
videointervista
filosofo
di
francese,
Claire
alla
Parnait
voce
N
a
comme
Neurologie, afferma:
Ad
esempio,
dato
un
certo
concetto,
o
un
quadro.
Contemplando un'opera d'arte dovremmo cercare di fare una
mappa cerebrale a cui corrisponde: dovremmo chiederci quali
sono
le
comunicazioni
continue
e
le
comunicazioni
discontinue da un punto all'altro.
Ho più fiducia nel futuro della biologia molecolare del
cervello che dell'informatica o di qualunque teoria della
comunicazione1.
Più avanti Deleuze fa una considerazione molto importante: si
può fare una lettura non filosofica della filosofia. Spinoza e
Nietzsche
si
prestano
particolarmente.
“Così
si
può
apprezzare
un'opera d'arte o un brano musicale senza capirne niente”: “So
bene che sarebbe meglio una percezione competente, ma penso che
1
In Boutang (regia di), 1996 (tr. it. 2006, voce N come Neurologia).
ogni
cosa
che
conti
al
mondo,
nell'ambito
dello
spirito,
sia
suscettibile di una doppia lettura”2.
Si tratta di espressione. Così lavora l'espressionismo. Non
c'è cognitivismo, non c'è enciclopedia, l'espressione stessa crea
il
suo
contenuto
attraverso
un
contatto
diagrammatico
tra
il
nostro corpo e l'opera. C' è una continuità tra le due. Non è che
l'interno
sia
continui
e
discreto
discreti
e
a
l'esterno
tempo
continuo.
stesso.
L'uno
Entrambi
si
sono
discretizza,
attraverso una piega, nei confronti dell'altro. La neuroestetica
potrà
anche
essere
tacciata
di
facile
riduzionismo.
Eppure,
individua qualcosa di importante: noi siamo l'opera d'arte e non
perché
è
l'interpretazione(ermeneutica)
a
costruirla,
né
(fenomenologia) la costruisce il mio sguardo: ma io e l'opera, in
quel momento abbiamo qualcosa in comune, un processo trasduttivo3
muove da essa ai miei pattern sensoriali prima e neurali poi,
causando
emozioni
che
riconfigurano
l'intera
composizione
biochimica del mio corpo. Di qui, anche, una nuova luce sulla
questione
del
immaginativa,
ruolo
che
non
dell'immaginazione.
ha
alcuna
valenza
La
dimensione
oggettiva,
ma
è
il
diagramma di una relazione, di uno scambio, poiché ogni immagine
si
produce
nel
punto
di
intersezione
tra
la
natura
del
corpo
immaginato e quella del corpo immaginante; il che però implica che
l'immaginazione
sia
sempre
necessariamente
a
rischio
di
fraintendimento e di ambiguità. Allora si comprenderà che non è di
per sé l'immaginazione ad essere una forma degradata. Anzi, può
ben essere produttiva, costituente.
In questo caso l'immaginazione è ciò che consente di partire dalla
sensazione
per
coglierne
il
diagramma
(che
è
la
nozione
che
accomuna me e il corpo che mi ha affetto), quindi saper produrre
nuove somiglianze a partire da questo diagramma.
2
Ibidem.
3
Cfr. Fabbri, 1998b.
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