LE DNA TOPOISOMERASI
L’integrità fisica e l’organizzazione del DNA devono essere mantenute per assicurare la
sopravvivenza delle cellule. Processi vitali quali la replicazione, la trascrizione, la ricombinazione,
l'associazione del duplex con gli istoni e con altre proteine portano il DNA a superavvolgersi. In
particolare, la separazione dei due filamenti dell’elica genera tensioni ed altri effetti topologici che
devono essere risolti, affinchè i processi metabolici del DNA possano essere completati. Tali
problemi sono superati grazie ad una serie di enzimi ubiquitari che prendono il nome di DNA
topoisomerasi.
La topologia del DNA
In vivo l’asse dell’elica di DNA è solitamente incurvato, in modo che molecole di DNA, di
lunghezza compresa tra pochi millimetri e diversi centimetri, possano essere contenute in cellule, le
cui dimensioni sono dell’ordine dei micrometri. Nelle cellule eucariotiche il DNA si avvolge
intorno a strutture proteiche chiamate istoni, mentre nei procarioti l’intero genoma, solitamente di
struttura circolare, esiste in una forma estremamente compatta, nella quale l’asse dell’elica non
giace sul piano. Questo “impacchettamento” determina un aumento dell’energia della molecola, la
quale può essere successivamente utilizzata in processi di srotolamento della doppia elica, durante
la replicazione e la trascrizione.
Figura 1. DNA circolare rilassato e
superavvolto.
Un eccesso di energia immagazzinata sotto questa forma non è, però, vantaggioso in quanto il DNA
diventa soggetto a notevoli forze di stiramento e deformazione. In natura tale problema viene
superato mediante il superavvolgimento della molecola di DNA, in altre parole l’asse dell’elica si
curva in una spirale (Fig. 1 e 2). Il superavvolgimento non è casuale, ma è finemente regolato dalla
cellula, in particolare ogni cellula esibisce un proprio caratteristico grado di superavvolgimento.
Figura
2.
Immagini
al
microscopio
elettronico di un
DNA
circolare
rilassato (sinistra)
e a gradi crescenti di superavvolgimento.
La topologia ed il livello di superavvolgimento nelle molecole di DNA circolare possono essere
descritti dall’equazione :
Lk = Tw + Wr
Lk o “linking number” indica il numero totale di volte in cui i due scheletri fosfodiesterici della
doppia elica di DNA si avvolgono l’uno intorno all’altro. Caratteristica del linking number è di
essere un’invariante topologica, ossia non può cambiare qualunque sia la conformazione
topoisomerica della molecola, a meno che, la stessa, non sia tagliata e risaldata. I topoisomeri sono,
infatti, isomeri topologici, ovvero molecole identiche, che differiscono esclusivamente per il
proprio stato di superavvolgimento. Il linking number è sempre un numero intero, in quanto i due
filamenti devono passare l’uno intorno all’altro un numero intero di volte, prima della saldatura
delle due estremità per formare la molecola circolare (Fig. 3).
Tw è il “twisting number” è una proprietà della doppia elica e rappresenta la rotazione di una catena
sull’altra, corrisponde al numero dei giri d’elica del duplex ed è determinato dal numero delle
coppie di basi per giro. Per una molecola di DNA circolare chiusa e rilassata, giacente su un piano,
Tw è dato dal numero totale delle coppie di basi diviso per il numero di coppie per giro.
Figura 3. Schema illustrativo del numero di legame
(Lk), del numero di giri d’elica (numero di twisting,
Tw) e del numero di giri di superelica (numero di
writhing, Wr) di molecole di DNA B circolare.
Il twisting varia al variare della temperatura e della concentrazione di sali; aumentando la
temperatura il DNA tende a svolgersi di 0.012° per paia di basi, per ogni grado centigrado in più.
Rispetto ai circa 34.6° di rotazione per paia di basi che si hanno in un’elica di DNA, questo valore
può sembrare modesto, ma per un DNA della lunghezza di 10,000 paia di basi, corrisponde ad uno
svolgimento dell’elica di 120° per ogni grado centigrado, che rappresenta un terzo del giro d’elica.
Si osservano variazioni nel Tw anche all’aumentare della concentrazione dei sali; i cationi possono
schermare le cariche negative dello scheletro di zuccheri-fosfato del DNA diminuendo la forza
repulsiva tra le due eliche e determinando un avvolgimento più stretto tra loro.
Wr o il “writhing number” indica le volte in cui l’asse dell’elica del DNA gira attorno all’asse della
superelica.
Il twisting number e il writhing number non sono necessariamente numeri interi, ma lo è sempre la
loro somma, essendo questa il linking number.
Il superavvolgimento può essere negativo (destrorso) o positivo (sinistrorso), in quanto generato
rispettivamente da un “underwinding” o dall’overwinding”, ovvero un più stretto avvolgimento
della doppia elica. In una molecola superavvolta, la variazione del numero di legame è compensata
da un cambiamento di entrambe le grandezze Tw e Wr, infatti, l’alterazione del solo Tw
implicherebbe una variazione non tollerabile del contenuto energetico della molecola.
L’impacchettamento e il superavvolgimento che il DNA subisce all’interno del nucleo, impedisce
l’accesso alla molecola da parte degli enzimi deputati alla replicazione, alla trascrizione ed alla
riparazione degli errori. Affinchè tali funzioni possano essere svolte, è necessario che specifici
enzimi, cioè le topoisomerasi di tipo I e II, risolvano il superavvolgimento dell’elica, consentendo
l’apertura della forcella di replicazione senza eccessivo stress torsionale.
Le DNA topoisomerasi
La classificazione delle topoisomerasi si basa sul numero di filamenti di DNA tagliati durante la
reazione catalitica. Le topoisomerasi che tagliano solo un filamento sono definite di tipo I, quelle
che tagliano entrambi i filamenti, generando un taglio sfalsato a doppio filamento, sono catalogate
come topoisomerasi di tipo II (Fig. 4). Le topoisomerasi di tipo I sono monomeriche e vengono
ulteriormente classificate in due sottofamiglie: IA e IB. Le IA, durante il ciclo catalitico, si legano
covalentemente all’estremità 5’ del filamento tagliato, le IB invece si legano all’estremità 3’.
Le topoisomerasi di tipo II possono essere omodimeriche o eterodimeriche e formano l’intermedio
covalente legandosi all’estremità 5’ del DNA tagliato.
Figura 4. Meccanismi attraverso cui le diverse classi di topoisomerasi possono
catalizzare cambiamenti nella topologia del DNA. Classe IA: passaggio di un filamento
di DNA attraverso l’altro; classe IB: rotazione di un DNA duplex intorno ad una
rottura in uno dei filamenti; classe II: passaggio di un DNA duplex attraverso l’altro. Le
linee nere e blu rappresentano rispettivamente singoli filamenti e segmenti di DNA
duplex.
La scoperta di un nuovo enzima di tipo II dall’archeobatterio ipertermofilo Sulfolobus shibatae ha
suggerito la suddivisione anche della famiglia di topoisomerasi di tipo II nelle sottofamiglie IIA e
IIB, con la topoisomerasi VI di Sulfolobus shibatae come prototipo della sottofamiglia IIB .
In sintesi, le DNA topoisomerasi sono suddivise in quattro sottofamiglie (tabella 1), ognuna delle
quali ha una struttura unica e una propria funzionalità.
Tabella1. DNA topoisomerasi.
Enzima
Topoisomerasi I
Tipo
IB
mt Topoisomerasi I
IB
Ruolo Cellulare
Replicazione,
trascrizione,
rimodellamento
cromatinico
Replicazione
mitocondriale,
trascrizione
Topoisomerasi IIA α, β IIA
Replicazione,
segregazione
cromosomica
Topoisomerasi III α, β
IA
Ricombinazione,
riparazione
Le DNA topoisomerasi sono in grado di rilassare i superavvolgimenti positivi (DNA topoisomerasi
I e II), negativi (DNA topoisomerasi I e II), introdurre superavvolgimenti negativi (DNA girasi
batterica) o positivi (DNA girasi inversa). Il trasferimento del legame dall'acido nucleico alla
proteina spiega come l'enzima possa funzionare senza l'apporto di energia: i legami sono infatti
idrolizzati in maniera reversibile e la loro energia è conservata attraverso reazioni di trasferimento.
L’idrolisi di ATP, cofattore necessario solo per le DNA topoisomerasi di tipo II, è invece richiesta
per promuovere catenazione e decatenazione tra diverse molecole di DNA; l'energia fornita è infatti
utilizzata, per introdurre nell'enzima cambiamenti conformazionali tali da consentire il passaggio
del duplex integro in quello in cui è presente la rottura a doppio filamento.
L'interesse riscontrato negli ultimi anni nei confronti delle DNA topoisomerasi deriva, non solo dal
loro ruolo cruciale nel mantenimento dello stato topologico, ma anche dal fatto che queste
rappresentino il bersaglio cruciale di droghe che, tramite l’intrappolamento dell’enzima in un
complesso covalente col DNA, provocano lesioni citotossiche. La possibilità di sfruttare per fini
terapeutici tali caratteristiche ha indotto lo sviluppo di molti farmaci con questo meccanismo
d’azione.
Le DNA topoisomerasi di tipo I
Le DNA topoisomerasi di tipo I sono in grado di modificare il numero di legame di una molecola di
DNA mediante un taglio della doppia elica. Agendo sul singolo filamento, esse causano, ad ogni
ciclo, la variazione del numero di legame di una unità, la reazione non richiede energia.
DNA topoisomerasi di tipo I A.
Le DNA topoisomerasi appartenenti a questa famiglia presentano caratteri comuni: sono tutte
costituite da enzimi monomerici, ad eccezione delle girasi inverse di Methanopyrus kandleri; il
taglio su singolo filamento è accompagnato dalla formazione di un legame covalente tra il sito
attivo della tirosina ed il 5' fosfato del filamento interrotto; tutte richiedono per svolgere l’attività di
rilassamento del DNA la presenza di ioni Mg++; DNA circolari contenenti superavvolgimento
negativo, ma non positivo, rappresentano il substrato di questa sottofamiglia di DNA topoisomerasi
che rilassano solo il DNA superavvolto negativamente e da regioni a singolo filamento; l’attività
catalitica provoca il rilassamento attraverso la variazione del numero di legame di una unità.
L'enzima, dopo aver prodotto il taglio sul singolo filamento, rimane legato all'estremità 5' fosfato
mediante un legame covalente fosfotirosinico. L’enzima resta anche in contatto con l'altra estremità
del filamento tagliato; successivamente l’enzima subisce una modifica conformazionale tale da
consentire il passaggio del filamento integro attraverso la momentanea interruzione prodotta
sull'altro filamento. L'ultimo passaggio della reazione consiste in una nuova reazione di
transesterificazione che consente di risaldare le due estremità del filamento tagliato.
Esempi di DNA topoisomerasi I A sono rappresentati da quella di Escherichia coli, storicamente la
prima DNA topoisomerasi isolata ed in grado di catalizzare le seguenti reazioni:
I. parziale rilassamento di DNA superavvolti negativamente, parziale perchè l'attività dell'enzima
decresce quando il DNA tende allo stato rilassato;
II. formazione e lo scioglimento di un nodo in anelli di DNA a singolo filamento;
III. unione di due cerchi complementari a singolo filamento per formare un DNA circolare a doppia
elica;
IV. catenazione di molecole di DNA circolari a doppia elica qualora una delle due molecole in
gioco presenti dei tagli o sia interrotta;
V. rilassamento di DNA superavvolti positivamente soltanto nel caso in cui contengono una regione
a singolo filamento.
Mediante la cristallografia a raggi X e la risonanza magnetica nucleare, è stato possibile delineare la
struttura di questa proteina. Il polipeptide si ripiega in quattro domini a formare una struttura
toroidale la cui plasticità conferisce la capacità di legare e rilassare il DNA. Una cavità centrale
caratterizza, dunque, la DNA topoisomerasi I A di Escherichia coli ed è sufficientemente grande da
accogliere il DNA.
Il meccanismo catalitico proposto per questa DNA topoisomerasi I prevede la formazione di almeno
quattro differenti legami tra DNA ed enzima. Nella prima fase la DNA topoisomerasi I A si lega al
DNA attraverso i due domini che delimitano la cavità centrale. Nella seconda fase il dominio III,
che contiene la tirosina catalitica, è in grado di tagliare il singolo filamento di DNA; la tirosina
catalitica si lega all'estremità 5' del filamento tagliato mentre l'estremità 3' rimane legata non
covalentemente all'altra parte del ponte proteico. Dopo l'entrata nella cavità del secondo filamento
di DNA, attraverso il filamento introdottosi precedentemente, si ha, nella terza fase,
l'intrappolamento di quest’ultimo per consentire la reazione di richiusura. La quarta ed ultima fase
consiste nell'apertura della proteina e nella fuoriuscita del DNA.
Alle DNA topoisomerasi di classe I A appartiene anche la DNA topoisomerasi III di E. coli, che
differisce dalla DNA topoisomerasi I nell'attività catalitica incentrata soprattutto nella
decatenazione di molecole di DNA a singolo filamento, la DNA topoisomerasi III di S. cerevisiae,
le DNA topoisomerasi IIIa e IIIb di mammifero e la DNA topoisomerasi I A isolata in
archeobatteri.
DNA topoisomerasi di tipo I B.
Le DNA topoisomerasi I B rilassano il DNA superavvolto sia negativamente che positivamente,
senza l'apporto di energia dall'esterno. Il substrato della reazione catalizzata da questa classe di
enzimi è rappresentato dal DNA a doppio filamento; l'enzima produce un taglio solo sul singolo
filamento formando un intermedio covalente DNA - enzima rispettivamente tra l'estremità 3' fosfato
ed il residuo della tirosina catalitica.
Il fatto che questa classe di enzimi possa rilassare sia il DNA avvolto negativamente che
positivamente e che durante la reazione di taglio l'enzima rimanga legato covalentemente
all'estremità 3' fosfato del filamento, fa supporre l'esistenza di un meccanismo “a perno” per il
passaggio del filamento integro attraverso quello tagliato. In questo modello l'estremità 5' del
filamento tagliato viene lasciata libera dal sito catalitico dell'enzima: in tal modo si ottiene la libera
rotazione della doppia elica intorno al legame fosfodiesterico del filamento integro.
Le DNA topoisomerasi I B sono proteine monomeriche le cui dimensioni oscillano tra gli 80 ed i
135 KDa. Vi appartengono la DNA topoisomerasi I umana e quella di Vaccinia virus, la cui
presenza è indispensabile affinché il virus possa intraprendere il suo ciclo replicativo e che presenta
alta omologia di sequenza amminoacidica con quella umana e proprietà enzimatiche molto simili.
Altro membro della sottofamiglia è la DNA topoisomerasi V isolata da archeobatteri ipertermofili,
che ha attività catalitica simile a quella della DNA topoisomerasi I eucariotica e di Vaccinia, ma
scarsa omologia di sequenza con queste.
Le Dna topoisomerasi di tipo II
A differenza delle topoisomerasi IA e IB, le topoisomerasi di classe II catalizzano la reazione di
trasferimento di una doppia elica di DNA in un modo ATP-dipendente. Precedentemente alla
scoperta della prima topo IIB nell’archeobatterio Sulfolobus shibatae, si riteneva che tutte le topo II
appartenessero ad una singola sottofamiglia; è ormai certo che entrambe le due sottofamiglie, IIA e
IIB, sono ampiamente distribuite.
Le topoisomerasi II catalizzano sia reazioni di rilassamento, inserimento ed eliminazione di nodi
nella stessa molecola di DNA, sia di formazione o eliminazione di concatenamenti in molecole di
DNA diverse. In entrambi i casi una seconda regione di DNA duplex (della stessa molecola o di
molecole di DNA diverse) viene fatta passare attraverso l’apertura; questa regione è definita
“segmento T” (trasportato). Questo modo di procedere nella reazione catalitica spiega perché le
topoisomerasi siano in grado di cambiare il numero di legame di un DNA circolare di due unità per
reazione. La reazione richiede Mg (II) e l’idrolisi dell’ATP è necessaria per la cinetica ed il turnover dell’enzima, sebbene un ciclo di rilassamento o di concatenazione/deconcatenazione possa
avvenire anche in presenza di un analogo dell’ATP non idrolizzabile.
La struttura cristallografica di diversi membri, inclusa la strutturalmente distinta topoisomerasi VI,
rivela che la tirosina del sito attivo è situata in un motivo elica–giro–elica (HTH), trovato all’interno
di un dominio molto simile alla regione che lega il DNA della proteina attivatrice del catabolita
(CAP) di E. coli. Questo motivo sembra collaborare con il cosiddetto “toprim motif” (presente sia
nelle topoisomerasi che nelle primasi) nell’assemblare il sito attivo per la catalisi. Similmente agli
enzimi di tipo IA, un residuo di arginina altamente conservato è implicato nella catalisi, a causa
della sua vicinanza spaziale al sito attivo tirosinico. La DNA girasi è l’unico enzima capace di
utilizzare l’energia dell’ATP per introdurre superavvolgimenti negativi; differenti membri possono
essere distinti in base alla propria preferenza a rilassare il DNA piuttosto che a decatenarlo,
riflettendo così la propria specializzazione all’interno della cellula.
Struttura e funzione della topoisomerasi I umana
Struttura.
La topoisomerasi I umana è un enzima monomerico,
composto da 765 aminoacidi, il cui peso molecolare è
di 91kDa (Fig. 5).
Figura 5. Rappresentazione schematica della topoisomerasi I umana.
La caratterizzazione strutturale dell’enzima, ottenuta mediante esperimenti di proteolisi limitata,
analisi cristallografica e comparazione della sequenza aminoacidica dell’enzima di diversi eucarioti,
evidenzia un’organizzazione a quattro domini (Fig. 6):
• Il dominio N-terminale (Met 1- Lys 214), il cui peso molecolare è di circa 24 KDa, è una regione
non strutturata e poco conservata. Per anni questa regione è stata considerata non essenziale per
l’attività, infatti le prime forme dell’enzima, che, a causa di una degradazione proteolitica,
mancavano del dominio N-terminale risultavano comunque attive. L’apparente non essenzialità del
dominio è emersa , inoltre, da studi di delezione, nei quali forme enzimatiche mancanti dei primi
175 o 190 aminoacidi dell’N-terminale, non mostrano cambi dell’attività di rilassamento in vitro, se
confrontate con l’enzima selvatico. Recenti studi però suggeriscono un ruolo centrale di un ristretto
numero di residui di questo dominio nella catalisi, in particolare nella regolazione di dinamiche
DNA-enzima durante il processo di rilassamento, attraverso un controllo, diretto o mediato da altre
regioni della molecola, del legame non covalente con il DNA a valle del sito di taglio.
Le funzioni in vivo del dominio sono conosciute in maniera più approfondita, il dominio contiene
quattro sequenze di localizzazione nucleare (NLS) e partecipa all’interazione con diverse proteine,
quali istoni, componenti dell’apparato trascrizionale e proteine regolatorie dell’attività. Questa
regione è altamente idrofilica, circa il 90% dei suoi residui sono polari e il 72% degli aminoacidi
che la costituiscono sono carichi. In vitro si è potuto osservare che può incrementare la solubilità
dell’enzima e una funzione analoga può essere ipotizzata anche in vivo quando l’enzima si
concentra in regioni di cromatina altamente trascritte quali, ad esempio, quelle dell’ rDNA e dei
geni attivati da shock termico.
• Il dominio core (Ile215-Ala635) e dominio C-terminale (Gln713 –Phe765). Il dominio core ha un
peso molecolare di 54KDa ed è altamente conservato nella sequenza. La resistenza dimostrata
all’azione digestiva delle proteasi indica che il dominio possiede una struttura globulare compatta
messa in evidenza anche nelle strutture cristallografiche, dove la sua stretta interazione con il
dominio Cterminale (6,3 KDa) determina la formazione del corpo centrale dell’enzima, ovvero una
struttura a due lobi, che avvolge completamente il DNA. Il dominio core è diviso in tre regioni,
denominate subdominio I (215-232 e 320-433) II (233-319) e III(434-635). I subdomini I e II
costituiscono il lobo superiore della molecola o “CAP” (Fig. 5), caratterizzato dalla presenza di due
lunghe α-eliche o eliche “nose-cone” (α5 del core subdominio II e α6 del coresubdomionio I),
cariche positivamente sulla superficie che interfaccia il DNA. Delle numerose cariche, però,
soltanto una (Arg 316) contatta lo scheletro zucchero fosfato del substrato. Il core subdomio III
insieme al dominio C-terminale formano il lobo inferiore dell’enzima o “CAT”, il quale contiene
tutti i residui essenziali per la catalisi (Arg488,Lys532, Arg590, His632 del subdominio III e la Tyr
723 del sito attivo, localizzata nel dominio C-terminale). I due lobi sono legati covalentemente dalla
lunga α-elica 8 del subdominio III, nella cui porzione superiore si trova il “putative hinge” o
cerniera (Fig. 5); diametricalmente opposte, le interazioni elettrostatiche tra due “lips”, appartenenti
uno al subdominio I e l’altro al subdominio III, chiudono l’anello enzimatico.
• Il dominio linker (5 kDa) collega il dominio core al domino C-terminale. Si compone di 77 residui
aminoacidici (Pro636-Lys712), poco conservati tra le diverse specie, i quali si organizzano nella
formazione di due lunghe alfa eliche antiparallele (α-18 e α-19), connesse da un breve “turn”
(residui 675-678), che protrudono dalla base della proteina (circa 55 Ǻ). Le due α-eliche sono
stabilizzate da tre ponti salini inter-elica e da nove interazioni idrofobiche coinvolgenti sia le catene
laterali di residui di leucina sia la porzione alifatica di lunghe catene laterali di residui carichi. Gli
unici contatti tra questo dominio ed il resto dell’enzima si hanno tra l’α-elica 17 del coresubdominio III ed il C-terminale dell’α-elica19 del linker, l’assenza di ulteriori contatti fa si che il
linker mantenga un’elevata flessibilità di struttura.
La superficie esposta al solvente del dominio linker è generalmente idrofilica, in particolare, la
regione che s’interfaccia con il DNA durante l’evento catalitico mostra un’elevata densità di carica
positiva, benché siano stati evidenziati solamente due contatti (coinvolgenti Lys650 e Arg708) con
lo scheletro zucchero-fosfato.
Figura 6. Diagramma schematico dei domini della DNA topoisomerasi I umana. Le
regioni A-D contengono siti di mutazione che producono un enzima resistente alla
camptotecina. In basso sono riportati i domini della DNA topoisomerasi I umana risolti
dalla cristallografia a raggi X..
Sono state ottenute numerose strutture cristallografiche dell’enzima umano legate covalentemente o
non al DNA. I cristalli sono stati cresciuti utilizzando una proteina deleta dei primi 174 residui
amminoacidici dell’estremità N-terminale (Topo70), ma forniscono una densità ai raggi X
interpretabile solo dal residuo 203, cosicché una buona parte dell’informazione di struttura del
dominio N-terminale è stata perduta. La topoisomerasi I umana risulta possedere una forma
bilobata, che avvolge completamente il DNA durante l’evento catalitico (Fig. 7). Il DNA è
alloggiato all’interno di un cavità centrale, di circa 20 Ǻ di diametro, all’interno della quale 15
lisine e 8 arginine sono responsabili del potenziale elettrostatico altamente positivo presente
nell’intorno della proteina.
Fig.
7. Il
complesso
binario DNAtopoisomerasi
visto di lato (sinistra) e dall’alto (destra)
Nella stessa sono localizzati tutti i residui catalitici dell’enzima (Tyr 723, Arg 488 e 590, His 632 e
Lys 532) (Fig. 8), altamente conservati nelle topoisomerasi di tipo IB, i quali si raggruppano intorno
al fosfato scissile. I contatti tra la molecola e lo scheletro zucchero-fosfato del DNA si estendono
per più di 14 paia di basi, ma la maggior parte di essi sono localizzati intorno alle 5 paia di basi (da
–5 a –1) a monte del sito di taglio, che è posizionato per convenzione tra i residui –1 e +1.
Come precedentemente descritto, il lobo superiore dell’enzima o CAP è caratterizzato dalla presenza
delle eliche nose-cone, che si allontanano dal corpo della molecola per circa 25 Ǻ, le quali formano
tra loro un angolo di quasi 90°, delimitando in questo modo uno spazio a forma di V.
Figura 8. Particolare del sito attivo della Topoisomerasi I umana. Le linee
rappresentano i legami che si instaurano tra i residui che compongono il sito attivo. I
legami idrogeno sono mostrati con linee tratteggiate, mentre le linee nere identificano
altri tipi di legame, quali interazioni elettrostatiche. Le distanze sono misurate in Å.
L’altro lobo della molecola o CAT forma la base dell’enzima e consiste del core subdominio III e
del dominio C-terminale. Questo secondo lobo è connesso al CAP attraverso una lunga α-elica e,
diametricalmente opposte, sono presenti due “lips” le quali interagiscono attraverso un ponte salino
ed interazioni di Van der Waals.
Durante l’evento catalitico l’enzima passa da una conformazione chiusa, con la quale taglia e rilassa
il DNA, ad una conformazione aperta, che permette l’associazione ed il rilascio del substrato (Fig.
9); queste transizioni rompono le interazioni esistenti tra le “lips” e determinano il sollevamento del
CAP dal CAT, “facendo leva” sulla sommità dell’α-elica 8 o putative hinge.
Figura 9. Meccanismo di rilassamento del DNA
della topoisomerasi I umana. L’enzima è
perpendicolare all’asse del DNA legato e
modellato in una configurazione aperta per
accogliere il DNA, permettendo il movimento
verso l’alto della regione cerniera. In seguito al
legame (a e b), l’enzima catalizza il taglio del
filamento scissile (c e d). Qui, la rotazione del
DNA è proposta in una conformazione aperta
dell’enzima (e).
Il residuo Gly 369 della topoisomerasi I di lievito, corrispondente a Gly 437 nell’umana,sembra
essere essenziale nel meccanismo di apertura-chiusura dell’enzima. Sostituzione di questo residuo
con altri diversi dalla glicina, diminuiscono l’affinità dell’enzima al DNA semplicemente riducendo
la flessibilità degli angoli Φ e Ψ di questo punto critico. Nell’enzima umano la Gly 437 dista solo
3.7Ǻ dal Trp 205, appartenente alla regione Nterminale, il quale insieme ad altri residui del
medesimo dominio, partecipa al processo di apertura e chiusura dell’enzima. I Trp203, 205 e 206
formano un grosso gruppo di residui idrofobici insieme a Trp 441 e 754, rispettivamente del
dominio core e C-terminale, localizzato all’apice dell’α-elica 8 o “putative hinge”. Il corretto
posizionamento della regione 203-214 e del gruppo di residui idrofobici è critico per la chiusura
dell’enzima intorno al DNA, infatti, questa fase del ciclo catalitico viene alterata dalla sostituzione
della Gly 437 con un residuo carico, probabilmente a causa della nuova disposizione dei residui
appartenenti al gruppo idrofobico.
Meccanismo d’azione.
La topoisomerasi I umana rilassa il DNA mediante un meccanismo descritto dal “modello della
rotazione controllata”, proposto per la prima volta da Champoux e collaboratori nel 1998. Il
modello della rotazione controllata (schematizzato in figura 10) evidenzia cinque passaggi nel
meccanismo catalitico: 1) associazione con il DNA e formazione del complesso non covalente; 2)
taglio del filamento e formazione dell’intermedio covalente; 3) rilassamento del DNA mediante
rotazione controllata del filamento scisso; 4) saldatura del filamento tagliato; 5) il rilascio del
substrato rilassato.
Figura 10. Meccanismo di “rotazione controllata” della DNA
topoisomerasi I umana.
1) Associazione con il DNA e formazione del complesso non covalente:
La specificità per il substrato è stata studiata sia a livello di sequenza nucleotidica sia a livello di
struttura terziaria del DNA; benché la topoisomerasi I umana non presenta un alto grado di
specificità di sequenza, numerosi studi dimostrano che l’enzima ha una forte preferenza a legarsi
con il DNA superavvolto, positivamente o negativamente, piuttosto che con il DNA rilassato. In
particolare, sembra che la caratteristica strutturale riconosciuta sul DNA siano i “nodi”, zone in cui i
due duplex si incrociano. Le informazioni ottenute dai cristalli indicano che i contatti nel complesso
covalente e non, tra enzima e substrato, sono fondamentalmente gli stessi e coinvolgono
principalmente i gruppi fosfato del DNA. Questi dati trovano supporto nella caratterizzazione
biochimica del mutante inattivo Tyr723Phe, non in grado di legarsi covalentemente al DNA, per il
quale è stata messa in evidenza la medesima affinità dell’enzima wildtype per il substrato.
L’intrappolamento del complesso covalente, mediante detergenti, come il sodiododecilsolfato, ha
evidenziato che l’enzima lega con una debole preferenza una combinazione nucleotidica che si
estende dalla posizione -4 alla -1 del sito di taglio (5’-(A/T)(G/C)(A/T)T-3’), con l’enzima
covalentemente legato alla timidina al 3’. Questa sequenza consenso degenerata la si può
riscontrare, in media, ogni 10 coppie di basi, ovvero ad ogni giro d’elica. Occasionalmente anche la
citosina può occupare la posizione -1, indicando che esiste una preferenza per una pirimidina in
questa posizione, preferenza che, almeno in parte, può essere spiegata dall’unico contatto base
specifico, evidenziato tra l’azoto della catena laterale della Lys532 e l’atomo dell’O-2 dell’anello
pirimidinico. Sostituzioni di questo residuo con alanina (Lys532Ala) riducono l’attività
dell’enzima, senza alterarne la specificità di taglio; le basi strutturali per questa debole specificità di
sequenza rimangono poco chiare ed altre interazioni DNA-proteina, in aggiunta ad essa, possono
giocare un importante ruolo nella selezione del sito di taglio.
La stessa preferenza di taglio è stata osservata anche per topoisomerasi IB di specie diverse, tutte
sono in grado di tagliare una sequenza di circa 30 paia di basi localizzata negli spaziatori non
trascritti
del
rDNA
di
Tetrahymena
thermophylus
(5’CATGAAAAAGACTT↓AGAAAAATTTTTAAAA-3’); in particolare l’enzima umano lega questa
sequenza con un’alta affinità (KD~10-10 M).
2)Taglio del filamento e formazione dell’intermedio covalente
Alla formazione del complesso non covalente segue l’attacco nucleofilo dell’ossigeno della tirosina
723 al fosfato scissile, con formazione di un legame covalente tra il residuo del sito attivo e
l’estremità 3’-del DNA (legame fosfotirosinico). Le strutture cristallografiche evidenziano che i
residui Arg488 e Arg590 formano legami idrogeno con l’ossigeno O1 non legante del fosfato
scissile, mentre His632 è impegnata con l’ossigeno non legante O2 del medesimo gruppo. Un
diverso orientamento dei residui chiave del sito attivo è stato osservato in una struttura
cristallografica successiva, suggerendo la possibilità che due distinti stadi dell’evento catalitico
possano essere osservati. L’Arg590 interagisce mediante un legame idrogeno diretto e uno mediato
dall’acqua, con l’ossigeno della tirosina catalitica. Entrambe queste strutture rappresentano un
complesso non covalente tra enzima e DNA, ottenute crescendo il cristallo con il mutante inattivo
Tyr723Phe. Il modellamento dell’idrossile sull’anello benzenico della fenilalanina evidenzia che la
tirosina catalitica, così ottenuta, è perfettamente allineata per l’attacco nucleofilo e la triade di
amminoacidi basici è posizionata per stabilizzare lo stato di transizione pentavalente.
3) Rilassamento del DNA mediante rotazione controllata del filamento scisso
Con la formazione dell’intermedio covalente si ha il rilascio della tensione di superelica,
probabilmente grazie al momento torsionale insito nel DNA superavvolto. Il modello proposto in
base ai dati di struttura è il “modello di rotazione controllata”, nel quale il meccanismo di rotazione
del duplex di DNA intorno al legame fosfodiesterico del filamento intatto è regolato da interazioni
elettrostatiche tra il DNA, la regione linker e le eliche “nose-cone” della proteina. Le cariche
positive presenti sulla superficie di queste regioni hanno il ruolo di “frenare” la rotazione del DNA
e guidare, grazie alla loro mobilità intrinseca, il filamento ruotato nella giusta posizione per il
successivo evento.
Nel meccanismo di rotazione del filamento un ruolo fondamentale sembra essere svolto dal dominio
linker, il quale presenta numerosi residui carichi positivamente sulla superficie che interfaccia il
DNA, ma di questi solo due, rispettivamente Lys650 e Arg708, contattano il substrato a livello dei
fosfati tra le basi +9/+10 e +8/+9. A dispetto di ciò forme ricostituite dell’enzima, prive di questo
dominio, manifestano una riduzione dell’affinità per il DNA di circa 20 volte e rilassano il substrato
in maniera distributiva, se confrontate con l’enzima wild-type. Questo dominio acquisisce, inoltre,
resistenza alla proteolisi quando l’enzima è legato non covalentemente al DNA. Queste evidenze
hanno fatto ipotizzare che il linker possa servire a trattenere l’estremità 5’ del filamento tagliato in
una conformazione che rallenta l’attacco nucleofilo al legame fosfotirosinico, ovvero la fase di
risaldatura del filamento; in questo modo l’equilibrio taglio-risaldatura viene influenzato e spostato
verso il taglio, facilitando il rilassamento del DNA.
3) Risaldatura del DNA e rilascio dell’enzima:
la reazione di risaldatura delle due estremità del filamento tagliato è sostanzialmente l’inverso della
reazione di transesterificazione della reazione di taglio, in questo caso, però, l’attacco nucleofilo al
legame fosfodiesterico è guidato dall’estremità 5’ idrossilica, generatasi precedentemente. La
continuità della doppia elica è ripristinata e l’enzima, non più legato covalentemente al DNA, viene
rilasciato.
Inibitori delle DNA topoisomerasi
Un gran numero di farmaci antibatterici ed antitumorali sono stati individuati per la capacità di
esplicare la loro azione citotossica interferendo con l’attività catalitica delle DNA topoisomerasi. E’
necessario distinguere fra due classi di farmaci:
Veleni: sono composti che agiscono stabilizzando l’intermedio covalente del ciclo catalitico, in cui i
filamenti di DNA sono tagliati e legati covalentemente alla proteina. Tali composti agiscono
trasformando le topoisomerasi in tossine letali che danneggiano il DNA stesso, stimolando la
rottura, del DNA in seguito alla stabilizzazione del complesso covalente.
Inibitori: composti che inibiscono il ciclo catalitico senza stimolare la rottura ma bloccando
l’accesso dell’enzima al DNA, legandosi loro stessi al DNA. Inibiscono l’attività catalitica
dell’enzima, ma non stabilizzano il complesso covalente di rottura.
La sensibilità ai veleni è aumentata da una overespressione delle topoisomerasi, mentre una
riduzione dell’attività dell’enzima può comportare resistenza delle cellule a questi farmaci. Gli
inibitori, al contrario, hanno maggiore attività in cellule con bassa espressione dell’enzima.
Dna topoisomerasi,camptotecina e cancro.
Alla classe dei veleni della topoisomerasi I appartengono la camptotecina (CPT) ed i suoi derivati,
impiegati, prevalentemente, nella cura dei tumori solidi. Questo farmaco, scoperto circa 35 anni fa,
è un alcaloide (Fig. 11) estratto dall’albero Camptotheca acuminata; la sua identificazione come
antitumorale è molto più recente. Studi clinici con il sale sodico della CPT, attualmente noto come
forma inattiva del farmaco, sono stati interrotti a causa degli effetti molto tossici. Successivamente
sono stati sviluppati derivati solubili in acqua e con minori effetti tossici, come CPT-11 e
topotecano. Il topotecano (Hycamtin®) è utilizzato nel trattamento di tumori ovarici, CPT-11
(Irinotecan®) in quello di tumori al colon. Benché CPT-11 sia debolmente attivo contro la
topoisomerasi, il suo metabolita, SN-38, è fra i più potenti veleni di questo enzima. Altri derivati
usati in recenti studi clinici sono: 9-amminoCPT (9-AC) e 7-Nmetilpiperazinometil-10,11etilendiossi-20-S-CPT.
Figura 11. Struttura della camptotecina.
Alcuni esperimenti su ceppi di lievito top1, deleti del gene RAD52, hanno dimostrato che mentre le
cellule di lievito che mancano della topoisomerasi I sono completamente resistenti alla CPT, le
cellule che esprimono l’enzima sono estremamente sensibili. I risultati ottenuti hanno identificato la
topoisomerasi I come unico bersaglio cellulare della CPT; l’espressione plasmidica della
topoisomerasi I di lievito o umana è necessaria e sufficiente per ripristinare la sensibilità al farmaco
di cellule di lievito prive della topoisomerasi I.
La CPT è una molecola planare a forma di arco; ha un anello lattonico terminale che la rende
instabile in soluzione acquosa a causa di una rapida e non enzimatica idrolisi pH dipendente verso
una forma aperta e carbossilata dell’anello, la quale funziona da farmaco meno potente sulla
topoisomerasi. A pH neutri o basici, l’equilibrio per questa reazione di idrolisi favorisce la
formazione della specie carbossilata meno attiva, mentre a pH acidi è favorita la formazione della
forma lattonica attiva. A dispetto della planarità della molecola, essa non si intercala al DNA.
La struttura tridimensionale del complesso della topoisomerasi I umana covalentemente legato alla
doppia elica del DNA ed al farmaco mostra che la CPT mima una coppia di basi del DNA e si lega
al sito di taglio intercalandosi nella posizione –1 a monte e +1 a valle (Fig. 12). L’intercalarsi sposta
il DNA a valle, prevenendo la ricucitura del filamento tagliato. Il farmaco agisce come un inibitore
non competitivo.
I complessi DNA topoisomerasi I stabilizzati dalla CPT durante le fasi G1 e G2 sono meno tossici
di quelli stabilizzati durante la fase S, perché i complessi di taglio di per sé non producono lesioni
citotossiche. Esse sono provocate, invece, dall’interazione tra il complesso e la forca replicativa che
avanza lungo il DNA, causando delle rotture a doppio filamento. Una volta generate le lesioni
citotossiche, si avvia la risposta cellulare mediante la segnalazione del danno indotto, l’arresto del
ciclocellulare, l’attivazione di pathway coinvolti nel riparo o nella risposta allo stress, l’avviamento
dei macchinari enzimatici dell’apoptosi.
Dopo il trattamento con il farmaco le cellule mostrano caratteristiche morfologiche e biochimiche di
apoptosi. Morfologicamente si ha una perdita di volume cellulare, iperattività della membrana
plasmatica e condensazione dell’eterocromatina periferica seguita dal taglio del nucleo e del
citaplasma in corpi apoptotici multipli contenenti frammenti nucleari. I cambiamenti biochimici,
che accompagnano la morte cellulare programmata, includono l’espressione del gene che codifica
per il fattore di trascrizione jun e del tumor necrosis factor α simile al Fas ligand; l’attivazione della
caspasi 3.
Figura 12. La camptotecina all’interno del complesso binario DNA-topoisomerasi I.