In ambito politico, si posero in discussione le

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In ambito politico, si posero in discussione
le strutture del potere dispotico, esaltando
principi libertari ed egualitari, che posero le
basi per la fondazione di uno stato laico.
In ambito religioso, il vaglio critico a cui fu
sottoposta la religione portò ad
un’emancipazione dagli ideologismi e dai
dogmatismi.
In ambito culturale, si verificò una notevole
circolazione di idee e di scoperte,
soprattutto grazie alla carta stampata.
Uno dei prodotti più significativi del
movimento illuminista fu l’Encyclopédie ou
Dictionnaire raisonné des sciences, des
arts et des métiers in 35 volumi, elaborata
sotto la direzione di Denis Diderot (17131748) e Jean-Baptiste Le Rond
D’Alembert (1717-1783), che si proponeva
di costituire un compendio universale dello
scibile umano.
I SISTEMI MEDICI DEL XVIII SECOLO
Durante la prima metà del XVIII secolo vennero elaborati diversi sistemi, nel
tentativo di fornire una visione generale del sapere medico.
I nuovi sistemi medici, rivolti a formulare teorie generali sul funzionamento del
corpo umano, erano talvolta in contrasto tra loro ed erano profondamente legati
alle idee filosofiche circolanti in quel periodo.
Tali sistemi non ebbero che un riflesso secondario sulla medicina pratica, sebbene
alcuni di essi abbiano riscosso notevole successo ed alimentato accesi dibatti.
Un sostenitore della relazione tra sintomi
clinici e alterazioni anatomiche fu
l’olandese Hermann Boerhaave (16681738).
Formatosi all’Università di Leida, diede
enorme lustro a questa istituzione
accademica, che divenne l’ateneo di
riferimento per la medicina, sottraendo il
primato a Padova.
Il più grande merito di Boerhaave fu
quello di aver ordinato il sapere medico
del suo tempo, ed averlo esposto in una
didattica chiara ed efficace, influenzando
generazioni di medici e rinnovando la
disciplina soprattutto dal punto di vista
metodologico.
Boerhaave riprese le concezioni meccaniche
di Borelli, secondo le quali il corpo umano è
costituito da una serie di macchine.
Lo considerò come una mescolanza di parti
solide e parti liquide, dal cui scompenso
deriverebbe un’alterazione delle funzioni
fisiologiche e, quindi, la malattia.
Sulla scorta di queste concezioni ordinò la
materia medica, distinguendo i rimedi che
agivano sui solidi dai rimedi che agivano sui
liquidi.
Boerhaave fu un grande estimatore di
Ippocrate, sostenendo l’importanza
dell’osservazione e del ragionamento al letto
del malato; per questo è considerato il
fondatore dell’insegnamento clinico e
dell’ospedale moderno.
Egli eseguiva regolarmente autopsie a scopo
didattico, mettendo in relazione il sintomo
con l’esito anatomico.
GIOVANNI BATTISTA MORGAGNI
Dopo i primi passi compiuti verso
un’interpretazione anatomo-patologica dei
fenomeni morbosi ad opera di precursori come
Antonio Benivieni nel XV secolo e Théophile
Bonet nel XVII secolo, è con il Settecento che
prese avvio l’anatomia patologica, il cui
fondatore è unanimemente considerato
Giovanni Battista Morgagni (1682-1771).
Nato a Forlì, Morgagni studiò all’Università di
Bologna, e grazie alla fama raggiunta
precocemente per le sue ricerche di anatomia e
all’attività settoria, ottenne la cattedra di
anatomia nell’ateneo patavino, che tenne fino
alla morte.
La sua attività anatomica, lo portò a numerose
nuove scoperte in questo campo, che gli fecero
acquistare fama in tutta Europa, tanto da
essere definito anatomicorum totius Europae
princeps.
La sua attività più importante si svolse nel
campo dell’anatomia patologica, in quanto
pose le basi di un nuovo sistema di ricerca
fondato su un rigoroso metodo sperimentale.
Il , pubblicato nel 1761, rappresenta un testo
fondamentale per la storia della medicina,
con il quale la dottrina umorale, che aveva
dominato incontrastata dai tempi di Ippocrate
e Galeno, venne definitivamente
abbandonata in favore di una moderna
patologia d’organo.
In questo testo Morgagni raccolse circa 700
casi clinici, per la maggior parte da lui stesso
osservati, per ognuno dei quali fornì una
dettagliata descrizione, completa dell’esame
autoptico finale.
Per ogni caso clinico Morgagni prende in
considerazione fattori quali il sesso, l’età e il
lavoro del paziente, l’epoca di insorgenza
della malattia, la sua evoluzione clinica, e
ricerca le cause prossime del decesso,
osservando poi all’esame autoptico
l’eventuale presenza di danni visibili e ben
localizzati nel cadavere.
La novità proposta dal Morgagni consiste
proprio nella stretta relazione tra i sintomi
clinici e il reperto autoptico.
In altri termini, le alterazioni morfologiche
rilevate a carico degli organi venivano
correlate alle manifestazioni cliniche riportate
dal paziente nel corso della malattia.
Quindi le malattie non erano più ricondotte ad
uno squilibrio degli umori, ma erano
individuate in un organo preciso durante la
dissezione, evidenziando il rapporto con i
sintomi sul vivente.
Alcuni aspetti di questo approccio
rimanevano ancora oscuri.
Non era sempre possibile stabilire la causa
della morte, e talvolta non era possibile
comprendere in che modo la lesione
osservata in un organo causasse
determinati sintomi o come potesse
coinvolgere l’intero organismo.
Alcune malattie presentavano un quadro
anatomo-patologico simile, di difficile
distinzione in base al solo esame autoptico.
L’idea di verificare la presenza di alterazioni
e lesioni a carico degli organi direttamente
sul vivente, fu acquisita solo nel secolo
successivo.
Tuttavia, grazie a Morgagni, venne
compiuto un passo decisivo verso un
approccio del tutto nuovo alla malattia che,
uscendo definitivamente dagli schemi
umoralistici del passato, si basò sulla
casistica anatomo-clinica delle malattie.
L’ANATOMIA NEL XVIII SECOLO
Fondatore dell’anatomia descrittiva e precursore
dell’istologia, che tuttavia doveva svilupparsi come
scienza autonoma solo nel secolo successivo, fu Marie
François Xavier Bichat (1771-1802), chirurgo e fisiologo
francese, attivo in particolare all’Hôtel-Dieu di Parigi, dove
ebbe modo di acquisire una grande esperienza settoria.
A lui si deve la scoperta che gli organi del corpo umano
sono costituiti da tessuti, di cui distinse 21 tipi, dal tessuto
osseo a quello cartilagineo, a quello nervoso ecc., che
descrisse nel Traité des membranes en générale et des
diverses membranes en particulier del 1800.
Ma la sua opera fondamentale è l’Anatomie générale del
1801, in cui pose le basi per lo studio della funzione
biologica dei tessuti, sia in condizioni normali che
patologiche.
Sulla scia del pensiero del Morgagni, ricercava nelle
alterazioni dei tessuti che costituiscono il corpo l’origine
delle malattie, basandosi tuttavia sulla sola osservazione
macroscopica, in quanto non utilizzava il microscopio.
LA FISIOLOGIA NEL XVIII SECOLO
Durante il XVIII secolo la fisiologia, intesa
come studio del funzionamento del corpo
umano in condizioni normali, si andò
sempre più distaccando dall’anatomia, per
acquisire i caratteri di disciplina autonoma.
In particolare, si verificò un tentativo di
unificare i singoli concetti e di elaborare
sistemi medici che fossero in grado di
spiegare i fenomeni biologici nella loro
generalità e complessità.
In questo periodo si possono distinguere
due indirizzi principali a cui aderirono i
rappresentanti della disciplina, uno
prettamente sperimentale e l’altro
improntato su concezioni vitalistiche.
Uno dei fondatori della moderna fisiologia fu
Albrecht von Haller (1708-1777), originario di
Berna e poi professore di anatomia, chirurgia
e botanica a Göttingen, università allora
appena fondata.
Per quanto riguarda la medicina, fu autore
delle Icones anatomicae, tavole di anatomia
vascolare, in cui descrisse in dettaglio la
circolazione arteriosa del corpo umano.
Ma il contributo più notevole di Haller è
rappresentato dagli Elementa physiologiae
corporis umani, opera in otto volumi
pubblicata nel 1766, in cui raccolse e ordinò
sistematicamente le conoscenze fisiologiche
del tempo.
Haller applicò il modello
meccanicistico agli studi di fisiologia,
in contrasto alle dottrine vitalistiche
dell’epoca, e condusse una serie di
esperimenti su animali, osservando
che la stimolazione, meccanica,
elettrica o chimica, provocava in
alcune parti del corpo contrazione e in
altre dolore.
Questi risultati lo portarono a
suddividere le strutture del corpo in
due gruppi, quelle irritabili, individuate
nella materia muscolare, e quelle
sensibili, identificabili con la fibra
nervosa.
Queste intuizioni furono riprese agli
inizi del secolo successivo, portando a
fondamentali scoperte nel campo della
neurologia.
Tra le figure di studiosi italiani che si
distinsero per gli studi di fisiologia
ricordiamo Luigi Galvani (1737-1798),
professore di anatomia all’Università di
Bologna.
Galvani è ricordato soprattutto per essere
stato il fondatore dell’elettrofisiologia,
grazie ai suoi studi sperimentali
sull’elettricità animale, che espose nel De
viribus electricitatis in motu musculari
commentarius del 1791.
Partendo dall’osservazione, già nota in
fisiologia, che la stimolazione di un nervo
provoca la contrazione del muscolo ad
esso collegato, condusse una serie di
esperimenti sui muscoli e i nervi delle
rane, dimostrando che nei tessuti animali
esistono forze bioelettriche.
LA CHIRURGIA NEL XVIII SECOLO
Con il XVIII secolo la figura del chirurgo si
emancipò dalla posizione subalterna che
aveva ricoperto fino a quel momento rispetto
al medico, acquisendo una pari dignità e
dando alla disciplina chirurgica lo stesso
lustro riservato agli altri insegnamenti
universitari.
Questo processo avvenne in Francia, dove
era già stato avviato due secoli prima da
Ambroise Parè e dove l’intervento regio
aveva provveduto a riabilitare il ruolo dei
chirurghi-barbieri a partire dal Luigi XIV
(1638-1715) e si diffuse in seguito anche
negli altri paesi europei.
Ebbe un particolare rilievo la fondazione, nel
1731, dell’Académie Royale de Chirurgie.
Il XVIII secolo vide la nascita dell’ostetricia, la
quale, emersa già nel secolo precedente in
particolare in Francia, si rese ora pienamente
indipendente dalla chirurgia, configurandosi
come disciplina autonoma.
Gli ostetrici cominciarono ad interessarsi non
solo ai parti difficili, ma anche a quelli
normali, e ad assistere le donne anche
durante la gravidanza.
Si diffuse l’uso del forcipe, che era stato
inventato da poco, mentre il taglio cesareo,
già praticato con qualche successo sulla
donna vivente fin dal secolo precedente,
rimase ancora una modalità di parto piuttosto
pericolosa sia per la vita della madre che del
bambino fino agli inizi del XIX secolo, a causa
delle infezioni post-operatorie.
IL CONCETTO DI CONTAGIO
E’ con il XVIII secolo che si fece strada il
concetto di contagium vivum, già suggerito
da alcune scoperte avvenute nel secolo
precedente e sostenuto ora da diversi
ricercatori, sebbene non si fosse ancora
arrivati ad una sua dimostrazione sul piano
sperimentale.
Carlo Francesco Cogrossi (1682-1769)
pubblicò, nel 1714, un volumetto intitolato
Nuova idea del male contagioso de' buoi,
nel quale attribuiva l’epidemia che stava
decimando le mandrie all’azione di
parassiti di piccolissime dimensioni che
denominò “atometti”; questi erano tanto
piccoli che non erano visibili ai microscopi
di allora, ma ne postulò l’esistenza sulla
base di un’analogia con le scoperte di
Bonomo e Cestoni sull’origine acarica
della scabbia.
JENNER E LA VACCINAZIONE
Mentre nel XVIII secolo molte
malattie infettive che avevano
imperversato in precedenza, come la
peste e il tifo, subivano una riduzione
della loro incidenza, il vaiolo
conosceva una notevole diffusione
nel mondo occidentale, in particolare
nelle aree altamente urbanizzate.
La sua estrema contagiosità rese il
vaiolo una malattia tipica dell’età
infantile, con un’incidenza e un tasso
di mortalità particolarmente elevati.
In quel periodo era stata introdotta una pratica
volta ad evitare di contrarre la forma letale
della malattia, consistente nell’inoculare nei
soggetti sani polveri ottenute dalle croste
prelevate da pazienti affetti o guariti da una
forma lieve della malattia.
Questa pratica, probabilmente originaria della
Cina, dove era nota già fin dal X secolo, era
chiamata variolizzazione e fu diffusa in Europa
ad opera di lady Mary Wortley Montagu (16891762), una letterata inglese moglie
dell’ambasciatore inglese in Turchia, che
l’aveva osservata in questo paese.
Nonostante fosse piuttosto efficace, si rivelò in
alcuni casi pericolosa; infatti poteva indurre
una forma mite della malattia, ma anche
causare casi gravi e ondate epidemiche, per
cui molti medici si opposero a questa pratica.
I più importanti progressi sulla profilassi del
vaiolo si devono all’inglese Edward Jenner
(1749-1823), considerato il padre della
vaccinazione.
Questo medico di campagna aveva osservato
che i contadini addetti alla mungitura, i quali
contraevano la forma bovina del vaiolo, ad esito
benigno, si immunizzavano contro il vaiolo
umano, molto più pericoloso.
Jenner volle verificare la fondatezza di queste
osservazioni e, nel 1796, eseguì il primo
esperimento di immunizzazione inoculando il
vaiolo vaccino (da cui deriva il nome di
vaccinazione), in un bambino di 8 anni.
Questi sviluppò il vaiolo bovino, guarendo
completamente dopo alcune settimane; a
questo punto Jenner effettuò un secondo
inoculo, utilizzando il vaiolo umano.
Il bambino non mostrò nessun sintomo della
malattia, dimostrando l’efficacia
dell’immunizzazione contro il vaiolo umano
tramite il vaiolo bovino.
I risultati di questa scoperta furono
pubblicati nel 1798 nel libro An inquiry into
the causes and effects of the variolae
vaccinae, a disease discovered in some of
the Western counties of England,
particularly Gluchestershire, and known by
the name of “The cow pox”.
Da quel momento iniziò una campagna di
vaccinazione che coinvolse prima l’Europa
e poi il resto del mondo; entro la fine del
1802 tutti i paesi europei introdussero la
vaccinazione, e alcuni la resero
obbligatoria.
La malattia è stata debellata dalla faccia
della terra nel corso del XX secolo ed è
stata considerata ufficialmente scomparsa
nel 1980.
Inoltre, il principio della vaccinazione,
scoperto da Jenner, fu esteso
progressivamente anche ad altre malattie
infettive.
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