Arriva l`iPad e siamo meno liberi

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dove trovarci e discutere
L’Associazione Partito
Pirata e il forum li trovi
in rete su www.partitopirata.it. Qui invece
mettiamo a disposizione il
mensile dell’associazione:
Iscrizione Tribunale di Rovereto (Tn) n. 275 direttore responsabile Mario Cossali
destra,
sinistra
e il nostro
mondo
di Athos Gualazzi
La destra e la sinistra sul Floss
(da Wikipedia: “Il termine Free/
Libre/Open Source Software
(Floss) è un termine ibrido che
indica contemporaneamente e
collettivamente il software libero e
quello a sorgente aperto”). Marco
Trotta scrive in una mailing list
“Se ci fermiamo al Flosss, non ci
vedo una connotazione politica
definita. Non a caso, se vai a parlare con un politico (ed è la nostra
esperienza recente) dicendo che
passare una amministrazione pubblica al Floss produce meno costi,
più ricadute sul territorio e più
autonomia per l’amministrazione
stessa, sono tutti d’accordo.
Per tutto questo il problema se il
Floss è di destra o di sinistra è un
falso problema. Perché la domanda è sbagliata. Trovo più interessante domandarsi: cosa significa
oggi occuparsi di Floss? Per me
significa occuparsi dei principi,
dei valori e delle scelte non solo
della costruenda “società dell’informazione”, ma della società
tout court. Significa far politica,
se volete, se questo termine oggi
non fosse così screditato. Di certo
significa occuparsi di beni comuni.
Della qualità dell’istruzione, del
modo in cui si spendono le risorse
pubbliche, della tutela dei diritti
di terza generazione, privacy,
accesso, ecc. Di più: significa
occuparsi del grado di libertà presente nella società in cui viviamo
perché una poco tollerante deprime i processi di creatività che
nascono dalle culture libere. Non
per niente uno come Lessing ora si
occupa a Washington dei processi
di trasparenza nella politica.”
Quindi il Floss dovrebbe non
avere una connotazione partitica
e dovrebbe essere, come afferma
Trotta, intenzione comune a tutti gli amministratori della cosa
pubblica. Come abbiamo visto
non è stato così per il Ministro
Brunetta con l’accordo con la Microsoft forse perché il Ministro del
centro destra, che si dichiara di
sinistra, non condivide la filosofia
che supporta il software libero
e cioè parità di diritti di accesso
alla conoscenza, economia della
condivisione, collaborazione diffusa e orizzontale e meno potere
alle rendite di posizione di tutte le
opere dell’ingegno, solo per citarne le base salienti.
Una filosofia di tal fatta dovrebbe
essere condivisa da tutti coloro
che si dichiarano liberisti come
i fan del Popolo della Libertà
e principalmente i suoi leader.
Lo stesso mondo Floss dovrebbe
essere solidale con chi, come noi
pirati, ci opponiamo al DdL Romani che prevede di parificare la
webTV alla televisione tradizionale. Sono molteplici le prospettive
che ci regala la filosofia alla base
del Floss ma sicuramente non può
essere abbracciata, ad esempio,
da chi sostiene il rovesciamento
esplicito e sostanziale di principi
democratici: la Costituzione è il
principio sul quale si stabilisce un
governo, non è il governo ad adattare la Costituzione alle proprie
esigenze.
www.piratpartiet.it Su
www.anonet.it si trova
il progetto che stiamo
sviluppando per una rete
anonima o darknet. Per
iscriversi alla mailing list
è sufficiente inviare dal
vostro account di posta
una e-mail, anche priva
di oggetto e contenuto a:
servizioemail-subscribe@
piratpartiet.it
Arriva l'iPad e siamo meno liberi
di Alessandro Bottoni
I
l lancio dello iPad di Apple
ha suscitato molto interesse
e molte roventi discussioni.
Tuttavia, c’è un importante
aspetto della questione che sembra essere stato ignorato dalla
stampa.
Lo iPad è a tutti gli effetti una
“Trusted Platform”, cioè una
piattaforma hardware/software
“blindata” e sulla quale il software può fare totale affidamento.
Questa potrebbe sembrare una
buona notizia ma non lo è: non
sono né l’utente né il proprietario dello iPad a potersi avvantaggiare di questa caratteristica per
difendersi dai virus o dagli hacker. In realtà, sono i produttori
dell’hardware, del software e dei
contenuti a poter sfruttare questa
tecnologia per difendersi da... gli
utenti. Eh si, perchè nell’ottica di
Apple e dei suoi partner l’utente
(che ha acquistato e pagato un
iPad) è un pericoloso “pirata”
da cui è necessario difendersi in
ogni modo, anche limitando la
sua libertà e violando i suoi più
elementari diritti. In particolare,
questa tecnologia permette di
impedire qualunque uso “non
autorizzato” dei contenuti multimediali, dagli eBook, ai games,
ai brani musicali, ai film. Mai
più copie “pirata” di software e
contenuti. Questo è ciò che promette il Trusted Computing. Si
può quindi capire l’entusiasmo
di molti editori per lo iPad.
Steve Jobs, nella sua presentazione ufficiale, si è infatti “dimenticato” di dire che il processore
Apple A4 che muove lo iPad è,
in realtà, un Soc (System On a
Chip) formato da vari elementi.
Il suo componente principale è
una Cpu multicore Arm Cortex che include al suo interno le
funzionalità tipiche di un Tpm
(“Fritz Chip”) sotto forma di
quella che viene chiamata tecnologia “TrustZone”.
Trovate i riferimenti del caso
qui:
en.wikipedia.org/wiki/Apple_
A4
en.wikipedia.org/wiki/ARM_
Cortex-A9_MPCore
en.wikipedia.org/wiki/
ARM_architecture#Security_
Extensions_.28TrustZone.29
it.wikipedia.org/wiki/Trusted_
computing
Di TrustZone si sa solo che è
una implementazione “non
standard” della famigerata tecnologia “Trusted Computing”,
già nota negli anni ‘90 come
“Palladium”.
Una delle più ovvie applicazioni
del Tpm consiste nella protezione dalla copia dei nuovi eBook
in formato ePub proposti da
Apple. Il formato ePub è aperto
ed è riconosciuto come standard
ma... non impone nessun limite
riguardo all’uso di sistemi Drm
da parte dei suoi utilizzatori. Di
conseguenza, è facile prevedere
che il Tpm verrà usato come
Drm per proteggere gli iBooks
dalla copia abusiva, vanificando ogni vantaggio del formato
ePub.
Trovate le info del caso qui:
en.wikipedia.org/wiki/Epub
Se volete approfondire, sappiate
che anche in Italia esiste da molti anni un’associazione che si oppone a questa tecnologia:
www.no1984.org/
Sappiate anche che sono già
disponibili altri “tablet” ed altri
“ebook reader” che non fanno
uso di questa tecnologia ed altri
ne arriveranno sul mercato nei
prossimi mesi.
PirateBay, sono colpevoli gli utenti?
di Marco Scialdone*
T
he Pirate Bay
è tornato ad
essere (quasi)
inaccessibile
per internauti italiani.
Il 2 febbraio, il tribunale del riesame di Bergamo, facendo proprio
l’indirizzo espresso dalla
Corte di Cassazione, ha
confermato l’inibizione
disposta dal Giudice per
le Indagini Preliminari
nell’estate dell’anno precedente.
Ripercorriamo brevemente la vicenda giudiziaria.
Era il 1 agosto 2008
quando, su richiesta del
Pubblico Ministero, il
Gip di Bergamo disponeva il sequestro preventivo
di The Pirate Bay, ordinando contestualmente
agli Internet Service Provider italiani di inibire ai
propri utenti l’accesso al
sito in questione. L’accusa? Concorso nella illecita diffusione nella rete
Internet di opere protette
dal diritto d’autore. The
Pirate Bay, infatti, è un
sito internet svedese dedicato all’indicizzazione di
file torrent, file di piccole dimensioni che, aperti
con programmi appositi, portano a scaricare il
contenuto memorizzato
nel computer della persona che sta condividendo il file.
Avverso il provvedimento
veniva presentato ricorso
al Tribunale del riesame
che, con ordinanza del
24 settembre 2008, annullava il sequestro preventivo, osservando che
tale misura poteva concernere esclusivamente
la materiale apprensione
di un bene e non poteva di certo risolversi in
un’inibitoria atipica. Non
era possibile, in buona
sostanza, “sequestrare”
la baia dei pirati chiedendo ai provider italiani di
impedire la connessione
a tale sito.
A questo punto era l’accusa ad adire la Corte
di Cassazione, onde veder caducato il pronunciamento del riesame.
La Suprema Corte, con
sentenza del settembre
2009, accoglieva il ricorso annullando il provvedimento impugnato e
affermando il seguente
principio di diritto: “Sussistendo gli elementi del
reato di cui all’articolo
171-ter, comma 2, lett.
a-bis) (illecita diffusione nella rete Internet di
opere protette dal diritto
d’autore a scopo di lucro n.d.a.) il giudice può
disporre il sequestro preventivo del sito web il cui
gestore concorra nell’attività penalmente illecita
di diffusione nella rete
Internet di opere coperte
dal diritto d’autore, senza
averne diritto, richiedendo contestualmente che
i provider del servizio
di connessione Internet
escludano l’accesso al sito
al limitato fine di precludere l’attività di illecita
diffusione di tali opere”.
Conseguentemente, la
questione ritornava al
Tribunale del riesame di
Brescia che uniformava
il proprio convincimento
a quanto espresso dalla
Corte di Cassazione e,
mutando la propria precedente decisione, propendeva per l’inibizione,
rendendo di fatto nuovamente inaccessibile The
Pirate Bay agli utenti italiani.
Alla base della pronuncia
della Cassazione prima
e del Tribunale del Riesame poi sta un’interpretazione, contestata dai
difensori di The Pirate
Bay - i quali non hanno
escluso il ricorso alla Corte Europea di Giustizia -,
del D.lgs 70/2003, che
ha recepito nel nostro
paese la direttiva comunitaria 2000/31/CE, e
che contiene una serie di
disposizioni relative alla
responsabilità degli Internet Service Provider.
In particolare la norma
oggetto del contendere è
l’articolo 14 in forza della
quale il fornitore di connettività non è responsabile delle informazioni
trasmesse se non dà origine alla trasmissione, non
seleziona il destinatario
delle predette informazioni e non le modifica.
La stessa norma dispone,
però, che l’autorità giudiziaria può esigere, anche
in via d’urgenza, che il
Provider impedisca o
ponga fine alle violazioni
commesse.
I giudici della Suprema
Corte e del riesame hanno interpretato quest’ultima previsione nel senso
che consenta di impedire che un sito, divenuto
instrumentum sceleris,
possa continuare ad essere accessibile proprio da
quegli utenti che di esso
si avvalgono per realizzare la condotta criminosa.
L’autorità giudiziaria sarebbe, dunque, legittimata a chiedere ai Provider
nazionali un intervento
inibitorio al fine di evitare il perpetuarsi degli
illeciti.
Quello che, tuttavia, non
convince a pieno di siffatta interpretazione è che
essa pare spingersi ben
oltre il dato letterale della
norma, finendo per avallare l’idea di un ipotetico
concorso nel reato di tutti
coloro che, per qualsivoglia ragione, si siano collegati a The Pirate Bay, a
prescindere dall’attività
posta in essere una volta
giunti sul sito. Occorre ri-
cordare, infatti, che il sito
consentiva e consente di
ricercare e scaricare file
torrent relativi a opere
che del tutto legittimamente risultano messe a
disposizione del pubblico (si pensi ai numerosi software con licenza
GNU-GPL, o alle opere
rilasciate sotto licenza
Creative Commons, o,
ancora, alle opere di
pubblico dominio) e,
dunque, senza realizzare
alcun illecito.
Ma vi è di più: se tutto
questo verrà reputato anche in futuro un normale
corollario del sequestro
nei procedimenti penali,
allora, considerata la rilevanza penale della maggior parte delle condotte
poste in essere in rete per
quanto concerne l’utilizzazione da parte degli
utenti di opere tutelate
dal diritto d’autore, ciò
significa che molte delle
piattaforme di User Generated Content (YouTube et similia) sono a
rischio inibizione.
È evidente che questo
non può essere accettato:
non buttiamo via il meglio di Internet per colpa
di qualche brano di Britney Spears.
* avvocato
scialdone.blogspot.com
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