programma musica

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PROGRAMMA MUSICA CLASSE QUINTA
INDICE:
BREVI CENNI SULLA MUSICA DEL 900
JOHANNES BRAHMS
RICHARD WAGNER
CLAUDE DEBUSSY
GUSTAV MAHLER
RICHARD STRASS
ARNOLD SCHÖNBERG
MUSICA LEGGERA
LA CANZONE NAPOLETANA
RAFFAELE VIVIANI E LUIGI DENZA
L’OPERA LIRICA
LA MUSICA ROMANTICA
SEMIOGRAFIA E SEMIOTICA
BREVI CENNI SULLA MUSICA DEL 900
LA SOCIETÀ E LA CULTURA
Il Novecento si apre con una generale crisi dei valori ottocenteschi. L'idea
di nazione è degenerata nel nazionalismo, la libera iniziativa economica
nell'imperialismo; l'industria ha fatto passi da gigante, ma le masse
operaie reclamano maggiore giustizia. La rivoluzione proletaria in
Russia, due guerre mondiali, le dittature fascista e nazista, la guerra civile
di Spagna sono le eloquenti testimonianze del travaglio di un'epoca tesa e
instabile. Negli ultimi decenni poi si è assistito a una profonda
trasformazione della società, nella quale un ruolo sempre maggiore sono
andati assumendo presunti valori come quello del benessere e del
consumo. Tutto ciò si è riflesso nella ricerca culturale ed artistica, che è
stata sollecitata sia dalla necessità di rinnovarsi nei confronti dell'eredità
ottocentesca, sia dal bisogno di aderire a una realtà sempre più difficile e
mutevole. Per quanto riguarda in particolare la musica, con l'avvento del
disco si crea una nuova situazione d'uso: quella che pone di fatto
l'ascoltatore in una dimensione di isolamento. Musica leggera, pop, rock
sono divenuti il sottofondo costante della nostra esistenza quotidiana.
Importantissimo per la storia della musica è l'avvento del cinema, della
radio e della televisione, che determinano con fusioni di immaginiparlato-suoni modi diversi di percepire e ascoltare la musica.
L'IMPRESSIONISMO E IL VERISMO
La Francia di fine secolo si mostra estremamente ricettiva nei confronti
delle nuove correnti musicali assorbendo le esperienze stilistiche
provenienti dagli altri paesi europei e dalla scuola russa. Da questa
straordinaria mescolanza di idee nasce lo stile impressionista che,
caratterizzato da un raffinato colorismo orchestrale e da originali impasti
sonori in grado di descrivere sensazioni emotive immediate, avrà come
principali esponenti Claude Debussy e Maurice Ravel. In Italia
compositori come Puccini, Mascagni e Leoncavallo, stanchi dell'irrealtà
romantica, scelgono libretti che raccontino storie più vicine alla realtà di
tutti i giorni, utilizzando melodie descrittive e "orecchiabili", di semplice
comprensione.
LA SCUOLA VIENNESE
Anche in musica, come nelle altre manifestazioni artistiche, la nascita del
nuovo secolo è caratterizzata da un generale desiderio di rinnovamento.
In particolare Schönberg riesce a elaborare un sistema musicale
totalmente nuovo (la dodecafonia) basato sull'utilizzo dei dodici suoni
della scala cromatica ordinati in una specifica successione chiamata serie.
IL JAZZ
Le origini del jazz vanno ricercate nel cuore dell'Africa, nei villaggi delle
foreste equatoriali. Le tribù si ritrovavano intorno al fuoco dopo una
caccia, una battaglia o un qualsiasi altro evento, e davano libero sfogo
alle loro sensazioni con danze e canti al ritmo frenetico dei tamburi.
Quando, nel Settecento e nell'Ottocento, dilagò il commercio dei neri, le
popolazioni africane vennero trasferite con viaggi disumani negli Stati
americani del Sud e impiegati come schiavi nelle piantagioni di cotone e
nella costruzione di strade ferrate. Coloro che sopravvissero al trauma del
viaggio e del distacco dalla loro terra si ritrovarono in luoghi sconosciuti,
sfruttati, analfabeti, privi di ogni mezzo di sostentamento. Fu in questa
condizione di profonda sofferenza umana che la nostalgia della perduta
libertà si riversò nei canti e nei ritmi della terra natale. Il jazz divenne
popolare all'inizio del Novecento a New Orleans, città della Louisiana sul
fiume Mississippi, e si ispirò appunto ai canti di lavoro (work songs)
delle piantagioni di cotone, agli spirituals (canti religiosi), ai blues (canti
accorati e nostalgici) e al ragtime (una vivace musica popolare). Le prime
bands, formate da una sezione melodica (cornetta, clarinetto, trombone) e
da una sezione ritmica (banjo, chitarra, bassotuba), improvvisavano a
orecchio e si esibivano in parate stradali in occasione di matrimoni e
funerali. Questo era lo stile hot, ossia il jazz improvvisato. La musica jazz
andò progressivamente affermandosi; risalgono al 1913 le prime incisioni
di dischi. Verso gli anni Venti il jazz si "trasferì" a Chicago: qui, negli
anni Trenta, nacque il boogie-woogie. E qui nacquero anche le grandi
orchestre jazz nelle quali si distinguevano per la sezione ritmica il
pianoforte, il banjo, la chitarra, il contrabbasso e la batteria; per quella
melodica i sassofoni, le trombe, i tromboni, i clarinetti. Emersero i
maggiori solisti jazz: Bessie Smith, grande interprete di blues, Louis
Armstrong,
cornettista-trombettista,
Sidney
Bechet,
clarinettista-
sassofonista, il pianista Duke Ellington. Negli anni Trenta predominò un
nuovo genere, lo swing, caratterizzato da anticipazioni e ritardi nel ritmo.
Nell'era dello swing si costituirono le orchestre per la musica da ballo. La
cantante Ella Fitzgerald fu la voce più popolare dello swing, e Benny
Goodman divenne il "re dello swing". L'orchestra di Glenn Miller portò il
jazz a livello di piacevole consumo e la musica leggera di tutto il mondo
assunse il ritmo del jazz. Negli anni Quaranta, con la terribile esperienza
bellica, vi fu negli Stati Uniti una nuova presa di coscienza della
popolazione nera, e sorse il genere be-bop, un linguaggio musicale di
protesta: i massimi rappresentanti di questo periodo furono il sassofonista
Charlie Parker e il trombettista Dizzy Gillespie. Con la fine degli anni
Quaranta si distinse per potenza ritmica e sonora l'orchestra del
vibrafonista Lionel Hampton. Nel primo dopoguerra si impose il cool
jazz; con un ritmo più pacato, negli anni Cinquanta, l'hard bop, con
sonorità accese e ritmi accentuati, che trovò la sua voce nella tromba di
Miles Davis. Alla fine degli anni Cinquanta, negli Usa, vi è una nuova
coscienza politica tra la popolazione nero-americana e i problemi razziali
sono molto sentiti. Nasce il free jazz (jazz libero) a opera principalmente
di Ornette Coleman, dove "libero" significa la volontà di liberarsi delle
esperienze jazzistiche precedenti e affermare una cultura nera
indipendente dalla cultura bianca; è caratterizzato dalla musica di Max
Roach, batterista, e da quella di Charles Mingus, contrabbassista e
compositore. Dagli anni Settanta il jazz subisce le influenze del rock e
delle nuove tecniche elettroniche.
ALTRI COMPOSITORI DEL NOVECENTO
Nella seconda metà del XIX secolo l'assestamento di valori e ideali
nazionali negli Stati Uniti stimola la produzione di una musica
interamente americana. Nasce così un nuovo genere musicale che,
influenzato da tutte le forme nelle quali si era sviluppata la musica jazz,
troverà la sua piena espressione nel musical del Novecento. Tra i
compositori statunitensi più popolari del XX secolo vi è certamente
George Gershwin, autore di concerti, musical. Igor Stravinskij è
probabilmente il musicista più noto del XX secolo. Egli volle bandire
dalla musica qualsiasi significato espressivo, sostenendo che essa altro
non è che il prodotto di una pura azione costruttiva, del tutto simile a
quella di un artigiano. Nelle proprie composizioni, Stravinskij ha
valorizzato soprattutto l'elemento ritmico; la melodia è spezzata, contorta,
spesso grottesca e beffarda. Tra le sue opere: i balletti l'Uccello di fuoco e
Petroucka; la Sagra della Primavera. Reazioni contrarie ai sistemi
ottocenteschi si manifestano nel ritorno a musiche di età barocca: è questa
la linea seguita da compositori italiani come Ildebrando Pizzetti, Ottorino
Respighi, Gianfrancesco Malipiero.
LA MUSICA DEL PERIODO PIÙ RECENTE
La molteplicità delle proposte della musica contemporanea rende difficile
darne in breve un'idea precisa. Alcune tendenze possono comunque
essere così tratteggiate: a) musica seriale: si riallaccia alla dodecafonia: in
queste ricerche si punta alla continua variazione della dinamica,
dell'intensità, del timbro, del ritmo. In questa direzione hanno lavorato e
lavorano compositori come Stockhausen, Boulez, Pousser e, in parte,
l'italiano Luciano Berio; b) musica aleatoria: il compositore usa una
notazione volutamente generica o imprecisa o indica linee e diagrammi
("gesti" sonori) che l'esecutore ha libertà di eseguire come meglio crede.
Rappresentanti di questa tendenza sono Cage, Kagel e, in alcuni casi,
l'italiano Bussotti; c) altri musicisti, come l'italiano Nono, Ligeti
(recentemente scomparso e noto al grande pubblico per i vari brani che
caratterizzano in modo rilevante i film di Stanley Kubrick 2001 Odissea
nello spazio, Shining e Eyes Wide Shut) o Penderecki si propongono di
conservare un rapporto con il pubblico e di mantenere un contenuto
espressivo alla musica.
MUSICA CONCRETA E MUSICA ELETTRONICA
Comune a molte delle esperienze appena citate è l'uso di strumentazioni
elettroniche. Questa tendenza è iniziata con la musica concreta. I
musicisti che si dedicano a questo "genere" si propongono di utilizzare
suoni di varia natura, tratti dalla realtà ambientale e da oggetti vari,
incidendoli su un supporto magnetico e quindi elaborandoli attraverso
tecniche varie (cambiamento di velocità, inversione del senso di rotazione
e così via). I rumori così ottenuti vengono poi montati, con risultati
spesso di particolare efficacia. La musica propriamente elettronica si
serve di suoni prodotti da apparecchiature quali sintetizzatori, registratori,
macchine per la trasformazione del suono, filtri, mixer o lo stesso
computer. Si possono ottenere in questo modo impasti timbrici e
atmosfere sonore straordinari, assolutamente non riproducibili con
un'orchestra tradizionale. Al di là degli usi sperimentali, la musica
elettronica ha largo impiego attualmente nelle colonne sonore
cinematografiche e televisive, rivelando in tali utilizzazioni una grande
efficacia.
JOHANNES BRAHMS
Biografia
Brahms nacque da una famiglia modesta, secondo di tre figli. Suo padre
era musicista popolare e suonava diversi strumenti: flauto, corno, violino,
contrabbasso, e fu lui a dare al giovane Johannes le prime lezioni di
musica; la madre era una sarta e Brahms la amava profondamente.
Quando il padre se ne separò nel 1865, il musicista — che non si sposò
mai — rimase profondamente legato alla famiglia, tanto da sostenere
anche la seconda moglie del padre, in vecchiaia. Malgrado le ristrettezze,
la famiglia riconobbe le doti del piccolo Johannes e gli consentì
un'educazione di qualità.
Amburgo verso il 1900
Il ragazzo rivelò un talento musicale naturale; precoce e attirato da tutti
gli strumenti, cominciò a studiare pianoforte a sette anni e pareva
destinato alla carriera concertistica; prendeva anche lezioni di corno e di
violoncello. Il suo primo concerto pubblico è attestato nel 1843, a dieci
anni, e fin dai tredici anni il futuro compositore aveva cominciato a
contribuire al bilancio familiare suonando — come suo padre — nei
locali di Amburgo e, più avanti, dando lezioni di piano.
Clara Wieck Schumann
A vent'anni, nel 1853, Brahms ebbe alcuni degli incontri più significativi
della sua vita: prima il grande violinista Joseph Joachim, con il quale
iniziò una lunga e proficua collaborazione; poi fu proprio Joachim a
presentarlo a Franz Liszt (e Brahms si addormentò, durante l'esecuzione
del maestro!), ma soprattutto lo introdusse in casa Schumann: il rapporto
con i due sarà fondamentale nella vita di Brahms. Schumann lo considerò
immediatamente e senza riserve un genio, e lo indicò nella sua Neue
Zeitschrift für Musik (una rivista musicale fondata a Lipsia da Schumann
stesso) come il musicista del futuro; Brahms, per parte sua, considerò
Schumann il suo unico e vero maestro, restandogli vicino con devozione
fino alla morte. Il legame con la moglie Clara Wieck Schumann durò fino
alla morte di lei; Brahms le sopravvisse meno di un anno.
L'attività concertistica di Brahms continuò fino agli anni settanta, spesso
insieme con Joachim, parallelamente alla composizione e alla direzione
d'orchestra. Una recensione cosí descrive il suo stile pianistico di quegli
anni: «Molti artisti possiedono una tecnica più brillante, ma sono pochi
quelli che sanno tradurre le intenzioni del compositore in maniera
altrettanto convincente, o seguire il volo del genio beethoveniano e
rivelarne tutto lo splendore, come fa Brahms».
Il teatro di Detmold
Già dal 1853, anno della tournée con Reményi durante la quale aveva
incontrato Joachim a Gottinga, Brahms cominciò quella vita un po'
raminga cui lo costringeva il suo lavoro e che in fondo, nonostante fosse
uomo molto legato alle proprie abitudini e al proprio modo di vivere, non
doveva dispiacergli. La sua passione erano però i soggiorni che gli
consentivano lunghe passeggiate in mezzo alla natura, occasioni propizie
per continuare a elaborare musica.
Quando Clara Schumann si stabilì a Berlino, nel 1857 Brahms tornò ad
Amburgo, dove costituì e diresse per tre anni un coro femminile.
L'attività con il coro, che continuò alla corte di Detmold e poi alla
Singakademie di Vienna, aveva certamente motivazioni economiche, ma
fu anche importante per la composizione; Brahms non produsse mai
musica per opere, ma pose grande attenzione alla scrittura per voce. Egli
lasciò una battuta divertente e significativa, che lega la sua storia di
scapolo a quella di mancato compositore d'opera: «Scrivere un'opera
sarebbe per me altrettanto difficile che sposarmi. Ma probabilmente, dopo
la prima esperienza, ne farei una seconda!»
Hans Von Bülow
Nel 1862 soggiornò a Vienna, che dall'anno successivo divenne il suo
principale luogo di residenza. A Vienna fu assai apprezzato, sviluppò
relazioni e vi si stabilì definitivamente nel 1878. Fu lì che avvenne il suo
unico incontro con Wagner e soprattutto, nel 1870, conobbe Hans von
Bülow, il grande direttore che divenne suo amico e uno dei suoi principali
estimatori.
Alla continua ricerca di perfezione stilistica, Brahms fu assai lento nello
scrivere e soprattutto nel pubblicare ed eseguire le proprie opere, o
almeno quelle che egli considerava "importanti". La sua Prima sinfonia
(che von Bülow definì "la Decima di Beethoven") ebbe la prima
esecuzione solo nel 1876, a Bayreuth: il maestro aveva già 43 anni e
viveva di musica praticamente da sempre.
Negli ultimi 20 anni di vita, Brahms poté infine dedicarsi soprattutto alla
composizione; sono gli anni dei principali lavori per orchestra: le altre 3
sinfonie, il Concerto per violino, il Secondo Concerto per pianoforte, fino
ai magistrali capolavori cameristici dell'ultimo periodo.
Morì a Vienna di un cancro — come suo padre — il 3 aprile 1897, pochi
mesi dopo la sua amica di una vita, Clara Schumann; fu sepolto nel
cimitero di Vienna, nel "Quartiere dei musicisti".
L'estetica di Brahms — che fa di lui uno dei grandissimi musicisti
dell'800 — si fonda su una straordinaria miscela di forme classiche
rigorose, fondate su una grande sapienza contrappuntistica e polifonica, e
spirito profondamente romantico, che si manifesta nel magnifico colore
musicale, nell'inventiva melodica, nelle sorprendenti sovrapposizioni
ritmiche.
Brahms e la religione
Brahms, cresciuto in un ambiente di fede Luterana, non fu mai
«religioso» nel senso stretto della parola, ma umanamente e in senso etico
era un luterano. Tra le abitudini che non lasciò mai, sino dall’infanzia,
c’era la lettura della Bibbia che gli era stata donata nell’anno della sua
nascita e dalla quale egli trasse i testi per le composizioni corali sacre. La
leggeva assiduamente e fino alla morte rimase per lui uno dei libri più
importanti.
Il compositore tedesco, suo amico, Walter Niemann ha dichiarato: "Il
fatto che Brahms abbia iniziato la sua attività creativa con la canzone
popolare tedesca e abbia chiuso con la Bibbia rivela il vero credo
religioso di questo grande uomo del popolo"[1]. Tuttavia, altri credono
che Brahms abbia solo abbracciato gli aspetti culturali della religione
cristiana, senza averne però adottato un credo spirituale. [2].
RICHARD WAGNER
Wilhelm Richard Wagner (Lipsia, 22 maggio 1813 – Venezia, 13
febbraio 1883) è stato un compositore, librettista, direttore d'orchestra e
saggista tedesco.
Riconosciuto come uno dei più importanti musicisti di ogni epoca,
Wagner è principalmente noto per la riforma del teatro musicale.
Diversamente dalla maggioranza degli altri compositori, Wagner scrisse
sempre da sé il libretto e la sceneggiatura per i suoi lavori.
Le composizioni di Wagner, in particolare quelle del suo ultimo periodo,
sono rilevanti per la loro tessitura contrappuntistica, il ricco cromatismo,
le armonie, l'orchestrazione e per l'uso della tecnica del leitmotiv: temi
musicali associati a persone, luoghi o sentimenti. Wagner inoltre fu il
principale precursore del linguaggio musicale moderno: l'esasperato
cromatismo del Tristano avrà infatti un effetto fondamentale nello
sviluppo della musica classica.
Wagner trasformò il pensiero musicale attraverso la sua idea di
Gesamtkunstwerk (opera totale), sintesi delle arti poetiche, visuali,
musicali e drammatiche. Questo concetto trova la sua realizzazione nel
Festspielhaus di Bayreuth, il teatro da lui costruito appositamente per la
rappresentazione dei suoi drammi (vedi anche: Festival di Bayreuth)
La sua arte rivoluzionaria scatenò reazioni contrastanti nel mondo
musicale e divise critici e appassionati in "wagneriani" e
"antiwagneriani": fu anche per questo che il compositore conobbe il
successo solo negli ultimi anni della sua vita.
La vita
La vita di Wagner, come l’evoluzione della sua arte, conosce due periodi
distinti: il primo, che comprende la tormentata lotta di un genio
incompreso e oberato da disagiate condizioni economiche (1813-1864), e
il secondo, caratterizzato dall'amicizia del re di Baviera Ludwig II e dalla
lenta affermazione del successo (1864-1883).
La critica ha spiegato come la concezione rivoluzionaria dell'artista
esigesse una somma di energie fisiche, una tensione nervosa e una
capacità di lavoro vicino al limite psicofisico.
Infanzia e giovinezza
Minna Planer, la prima moglie di Wagner.
Wagner nacque a Lipsia, nono figlio del giurista e attore dilettante Carl
Friedrich Wagner (1770-1813) e di Johanna Rosine Wagner, nata Pätz
(1774-1848). Sei mesi dopo la sua nascita, suo padre morì di tifo. La
madre sposò allora l'attore e poeta Ludwig Geyer, che si era occupato
della famiglia dopo la morte del padre. Dopo la morte del padre,anche se
tristemente, la famiglia si trasferì a Dresda.
Nel 1828 Wagner tornò a Lipsia dove completò gli studi. Non si trattava è bene dirlo - di un bambino prodigio, né si distinse per la particolare
dedizione allo studio. Il giovane Richard aveva un temperamento
esuberante e sentiva ardere dentro di sé lo "spirito" della rivoluzione. A
16 anni assistette ad una rappresentazione del Fidelio di Beethoven e da
quel momento decise di diventare musicista. Compose i primi lavori
giovanili, le prime sonate, un quartetto d'archi e un tentativo mai
completato di opera: Le nozze. Dal 1831 studiò musica all'università di
Lipsia e prese lezioni di composizione presso Christian Theodor Weinlig
(direttore di un importante coro di Lipsia, il Thomanerchor), al quale
dedicò la sua prima composizione una sonata per pianoforte in si bemolle
(Klaviersonate in B-Dur).
Nel 1833 cominciò a comporre Die Feen (Le fate), strettamente legata
alla tradizione musicale tedesca ma di gran lunga superiore alle due opere
successive: il Divieto d'amare ed il Rienzi. Svolgendo l'attività di
direttore musicale del piccolo teatro di Magdeburgo conobbe la mediocre
cantante Minna Planer, che sposò nel 1836. In Mein Leben, Wagner
ricorda che verso la "graziosa signorina Minna Planer" non nutrì mai un
vero sentimento amoroso, ma il suo affetto e il suo senso pratico della
vita costituivano per lui un rifugio sicuro dove frenare gli eccessivi voli
di fantasia. Il temperamento ribelle e dissoluto di Wagner aveva bisogno,
infatti, di un piccolo mondo affettivo in cui rifugiarsi tra le tante battaglie
di un’esistenza incompresa. Tuttavia, tali differenze di carattere, oltre alla
mancanza di figli e al generale senso di irresponsabilità da parte
dell’artista, costituirono ben presto motivo di crisi matrimoniale.
Dal 1837 divenne direttore musicale a Königsberg (l'attuale Kaliningrad).
Poco dopo il teatro fu costretto a chiudere per eccesso di indebitamento.
Wagner venne licenziato ma riuscì ad ottenere un posto di direttore a
Riga. Qui cominciò a comporre Rienzi.
Nel 1839 perse il posto anche a Riga. Per sfuggire ai creditori fuggì in
modo rocambolesco varcando di nascosto il confine fra Russia e Prussia e
si imbarcò con Minna su un piccolo veliero alla volta di Londra. Il
viaggio burrascoso gli diede l'ispirazione per comporre L'olandese
volante, che rappresenta il primo capolavoro autenticamente wagneriano,
sebbene ancora compreso nel periodo giovanile che si protrarrà fino al
Lohengrin.
Trascorse gli anni dal '39 al '42 in condizioni di assoluta povertà a Parigi.
Per sopravvivere dovette rassegnarsi a impiegare le fedi matrimoniali al
Monte di pietà e scrivere delle trascrizioni di pezzi per banda, portando a
termine Rienzi e continuando nel contempo la stesura de L'olandese
volante. È di questi anni l'incontro con Ludwig Feuerbach, la sua filosofia
dell'ateismo e le teorie socialiste di Pierre-Joseph Proudhon, che
influenzarono le prime versioni della Tetralogia (L'Anello del
Nibelungo). Tuttavia, lo stile Grand-Opera francese del Rienzi riscosse un
grande successo che gli permise di ottenere il posto di direttore
d'orchestra dell'Opera di Dresda, avvenimento che per la moglie Minna
costituiva l’inizio di una brillante carriera. Fiducioso che questa posizione
avrebbe favorito il rapporto del pubblico nei confronti della sua nuova
arte, Wagner si aspettava un altro trionfo con L’Olandese volante,
rappresentato a Dresda il 2 gennaio 1843; ma lo strano impianto del
dramma, che aboliva i pezzi a forma chiusa e tratteggiava i personaggi
con una sensualità profonda fino ad allora sconosciuta, disorientò il
pubblico del teatro. Un esito ancor più tiepido riscosse la prima del
Tannhäuser (Dresda 1845), scritto - a detta dell’autore - in uno stato di
eccitazione febbrile. In realtà, il giovane Wagner si sentiva prigioniero di
un mondo che odiava, specchio di un’arte legata al conformismo
dell’epoca, nonostante il compenso annuo di 1500 talleri che facevano la
gioia di Minna e della sua pacifica vita borghese. Questa situazione, unita
alla freddezza del pubblico nei riguardi dei suoi lavori, lo portarono alla
creazione di Lohengrin, personaggio in cui Wagner rivide se stesso nel
vano desiderio di essere accettato, in un momento di debolezza della sua
vita di uomo e di artista.
"Mi sentii spinto a chiedere: da dove vieni, perché? E per lungo tempo la
mia arte sparì davanti a queste domande."
Nacquero intanto le sue grandi amicizie: Franz Liszt, già conosciuto in un
albergo di Berlino nel ’42, e Hans von Bülow, il futuro direttore
d’orchestra, entrambi ferventi ammiratori della sua musica.
La rivoluzione del 1849
Richard e Cosima Wagner
I sei anni che separarono la composizione del Lohengrin (terminato nel
’47) e l’inizio de L'oro del Reno furono radicali per il processo di
evoluzione stilistica del compositore. Questo periodo di inattività
musicale fu segnato dalla stesura di numerosi libri teorici, in cui Wagner
spiegò la sua nuova concezione artistica e politica del mondo: Opera e
dramma, Opera d’arte dell’avvenire, L’arte e la rivoluzione. In essi si
legge:
"Il bisogno più urgente e più forte dell'uomo perfetto e artista è di
comunicare se stesso - in tutta la pienezza della sua natura - all'intera
comunità. E non può arrivare a tanto se non nel dramma."
“Il popolo è l'insieme di tutti coloro che provano una necessità comune.
Dove non esiste necessità non esiste vero bisogno. Dove non esiste vero
bisogno pullulano tutti i vizi, tutti i delitti contro la natura, ossia il
bisogno immaginario. Ora, la soddisfazione di tale fittizio bisogno è il
"lusso". Il lusso non può mai essere soddisfatto perché, essendo qualcosa
di falso, non esiste per esso un contrario vero e reale in grado di
soddisfarlo e assorbirlo. Esso consuma, tortura, prostra la vita di milioni
di poveri, costringe un intero mondo nelle ferree catene del dispotismo,
senza riuscire a spezzare le catene d'oro del tiranno. È l'anima
dell'industria che uccide l'uomo per usarlo come una macchina."
L'opera d'arte fu vista come una sorta di sublimazione di un mondo
affrancato dall’ipocrisia e dal potere del ricco sul povero. Si trattava di
una teoria positivistica ancora precaria, pre-schopenhaueriana, ma affine
allo spirito della rivoluzione che in quel periodo ardeva un po’ in tutta
Europa. E proprio la rivoluzione del 1849 vide Wagner impegnato a
erigere barricate al fianco di Bakunin. Ovviamente perse il posto di
direttore a Dresda con grande disappunto di Minna. Il 3 maggio Wagner
accompagnò la moglie a Chemnitz, lontana dalla guerra, per tornare a
Dresda con Bakunin e Hubner, membro del governo provvisorio. Ma
quando i due vennero arrestati dalla polizia reale, Wagner decise di
lasciare la Sassonia per evitare guai (il mandato d’arresto lo raggiunge il
16 maggio) e riparò precipitosamente a Weimar sotto la protezione di
Franz Liszt. Pur aiutandolo, l’amico criticò le sue velleità politiche
incitandolo a dedicarsi esclusivamente all’arte, come lo stesso Liszt
scrisse in una lettera seguente:
Basta con la politica e con le chiacchiere socialiste. Occorre rimettersi al
lavoro con ardore, il che non sarà difficile, col vulcano che Ella ha nel
cervello."
Gli donò quindi 300 franchi per il viaggio che lo avrebbe condotto in
esilio a Zurigo e a Parigi. Minna gli scrisse che sarebbe tornata da lui solo
quando sarebbe stato in grado di mantenerla con un lavoro sicuro,
sebbene continuassero a vedersi e a scriversi di frequente. Di lei, Wagner
scrisse a Liszt:
"Sempre c’erano state tra noi scene di appassionati litigi senza che vi
fosse mai un ravvedimento da parte sua. Resomi conto delle nostre
differenze di carattere e di cultura intellettuale, toccava sempre a me
essere ragionevole e addolcirla col mio pentimento."
Del resto, cominciarono a manifestarsi le prime simpatie femminili che
costelleranno per sempre la vita dell’artista, facilmente preda di fugaci
relazioni amorose: la signora Ritter gli mandò 500 talleri e una pensione
annuale che gli assicurò momentaneamente la vita, e madame Laussot
(Jessie) - innamorata della sua arte - lo invitò a Bordeaux presso di lei.
Rattristato dalla notizia della condanna a morte di Bakunin, Wagner
meditò un favoloso viaggio in Medio Oriente, "lontano da questa
ristretta esistenza di libri" (Mein Leben). La giovane Jessie avrebbe
voluto seguirlo ma, dopo una serie ripetuta di visite culminate con le
proteste di Minna e del marito di Jessie, la polizia lo allontanò anche da
Bordeaux. A salvarlo ci pensò ancora Liszt, che aveva appena diretto con
successo la prima assoluta del Lohengrin a Weimar (1850). La notizia
dell’evento richiamò l’attenzione e la fiducia di Wagner che, stabilitosi a
Zurigo con Minna, da questo momento si dedicherà incessantemente alla
composizione della Tetralogia.
1850-1859: Tristano e Isotta, Matilde Wesendonck, Venezia
Busto memoriale di Richard Wagner a Venezia
A Zurigo incominciò una vita relativamente stabile per Wagner,
appoggiato dagli amici di Bakunin - molti dei quali esuli in Svizzera - e
dalla celebrità che gli derivava dall’esecuzione delle sue musiche. Per
quanto osteggiato, infatti, il genio del musicista sembrava ormai
indiscutibile. Grazie a Liszt, il Tannhäuser venne rappresentato in molti
teatri tedeschi, mentre l'Olandese venne diretto a Zurigo dall’autore
stesso. Nel 1852, dopo il primo viaggio in Italia che lo portò sulle rive del
Lago Maggiore, Wagner terminò il testo dell’Anello del Nibelungo. E
proprio in Italia trovò ispirazione per il preludio musicale dell’Oro del
Reno - prologo della Tetralogia - poco dopo lo sbarco dalla nave che lo
portò
da
Genova
a
La
Spezia.
Appassionato anche di montagna (la quale ricorre spesso - insieme al
mare - nell'ambientazione dei suoi drammi), intraprese avventurose
passeggiate a piedi sui monti della Svizzera centrale.
Tuttavia, accanto al tema della natura, l’evento che segnò una vera svolta
nella sua vita fu l’incontro con la filosofia di Schopenhauer, che ebbe
l’effetto di spazzare definitivamente i passati ideali della rivoluzione.
Dopo aver letto Il mondo come volontà e rappresentazione, per Wagner
fu come la scoperta di un altro mondo. Il testo dell’Anello del Nibelungo
fu modificato e improntato sulle teorie schopenhaueriane, che
preannunciavano già i drammi di Parsifal e di Tristano. Tristano, per la
cui concezione fu fondamentale un altro evento di assoluta importanza
nella vita del compositore: l’amicizia con la famiglia Wesendonck. Otto
Wesendonck era socio in affari di un’industria tessile di New York e
conobbe il musicista durante un concerto di musiche di Beethoven. Sua
moglie Matilde, poetessa dilettante, sembrava fatta apposta per
condividere il genio dell’artista. Del resto, erano anni di fervente attività
creativa. Entro il ’56, Oro del Reno e Walkyria furono terminati. Sigfrido
seguì d’appresso, così che l’immenso lavoro della Tetralogia sembrò
quasi concluso. S’interruppe però a metà del secondo atto del Sigfrido,
quando i rapporti tra Riccardo e Matilde divennero sempre più intimi.
Otto aveva infatti affittato all’amico un’ala della sua villa di Zurigo, il
cosiddetto "asilo", un’oasi di pace dove vivere in tutta tranquillità.
Riccardo vi si stabilì con Minna, i cani e i pappagalli. La moglie non
tardò ad accorgersi di questo nuovo amore che cresceva mese dopo mese,
una passione travolgente che interruppe la stesura dell’Anello per
intraprendere Tristano. A Matilde si devono inoltre le cinque poesie dei
Wesendonck-lieder, che Wagner musicò nell’intimità della loro relazione,
rarissimi saggi del Maestro al di fuori dell’orbita del dramma.
“Un anno fa, oggi, terminai il poema del Tristano e ti portai l’ultimo
atto. Tu mi abbracciasti e mi dicesti: ora non ho più desideri! In quel
momento, io rinacqui una seconda volta. Mi ero andato sempre più
staccando dal mondo con dolore. Tutto in me era diventato negazione,
rifiuto e desiderio di opporre un’affermazione. Una donna dolce si è
gettata in un mare di sofferenze per offrirmi quell’istante adorabile e per
dirmi che mi ama…”
A questo punto lo scandalo esplose all’improvviso. Minna mostrò ad Otto
Wesendonck le lettere del marito a Matilde, a cui seguirono interminabili
scenate di gelosia. Otto fu conciliante ma Wagner dovette lasciare
"l’asilo". Riparò quindi a Venezia, dove trascorse sette mesi di assoluto
isolamento. Alloggiò all’albergo Danieli e a palazzo Giustiniani, dove
portò avanti la stesura del Tristano.
“In una notte d’insonnia, affacciatomi al balcone verso le tre del mattino,
sentii per la prima volta il canto antico dei gondolieri. Mi pareva che il
richiamo, rauco e lamentoso, venisse da Rialto. Una melopea analoga
rispose da più lontano ancora, e quel dialogo straordinario continuò così
a intervalli spesso assai lunghi. Queste impressioni restarono in me fino
al completamento del secondo atto del Tristano, e forse mi suggerirono i
suoni strascicati del corno inglese al principio del terz’atto.”
Protetto dal passaporto svizzero che le autorità austriache rispettarono
seriamente (contro i tentativi dei ministri di Sassonia di espellerlo
dall’Italia), Wagner rimase a Venezia fino al marzo del ’59, "lontano
dalla polvere delle strade e dallo spettacolo dei cavalli maltrattati".
Raggiunse quindi Milano, poi Lucerna, dove portò a termine Tristano. A
corto di denaro, propose a Otto Wesendonck l’acquisto dei diritti
dell’Anello del Nibelungo, che l’industriale accettò per la favolosa
somma di 24.000 franchi (6.000 per ciascuno dei quattro drammi):
Wagner intendeva utilizzarli per tentare la sua ennesima illusione: la
conquista dell’Opéra di Parigi.
1861: il Tannhäuser a Parigi
Wagner nel 1860
Per la seconda volta, Wagner tentò la fortuna nella città che odiava,
simbolo di un’arte "viziata e corrotta" ma indispensabile per aggiudicarsi
la vittoria sul mondo. Nel 1860, senza troppa fortuna, vi aveva già portato
l’Olandese volante in forma di concerto (modificato con l’aggiunta del
tema finale della Redenzione), mentre l’anno seguente vi portò il
Tannhäuser, pure modificato e memore delle innovazioni stilistiche post-
tristaniane. Di tutti i suoi drammi, Tannhäuser gli sembrò il più
appropriato a sostenere quest’atto di prostituzione che identificava il
successo artistico col successo finanziario. Il denaro di Wesendonck,
infatti, era già svanito nel pagamento anticipato di tre anni di pigione in
un appartamento di lusso vicino all’Arco di Trionfo. Minna lo raggiunse
poco dopo, ancora una volta, momentaneamente riappacificata: sala da
pranzo in comune, camere da letto separate. Da parte sua, Napoleone III
concesse le rappresentazioni pensando ad un evento artistico come un
altro. Ma quel che in realtà avvenne superò qualsiasi immaginazione. Chi
era questo genio esuberante, invasato e senza scrupoli, che osava
stravolgere il gusto francese per la musica tutta arie e balletti,
sostituendola con una concezione assolutamente nuova? Mentre il
direttore dirigeva l’orchestra secondo la sua interpretazione, Wagner
batteva un altro tempo con le mani e coi piedi, facendo un gran fracasso e
abbandonandosi a violenti alterchi con gli orchestrali, esprimendosi
oltretutto in un pessimo francese. In particolare, il divieto di introdurre il
tradizionale balletto nel secondo atto - previsto dalla moda del teatro
parigino - colpì l’orgoglio dei membri del Jockey Club, che usavano
appunto presentarsi in platea non prima del second’atto.
“Ai ripetuti timori espressi sulla lunghezza del lavoro, replicai che non
comprendevo tale inquietudine. Non era possibile, infatti, annoiare un
pubblico abituato a divertirsi nell’ascoltare la Semiramide di Rossini.
Tuttavia, io dimenticavo che in queste rappresentazioni il pubblico non si
cura né dell'azione né della musica, e che la sua attenzione si rivolge
solo ai virtuosismi dei cantanti. Ora, il Tannhäuser non era stato
composto per le esibizioni dei cantanti…”
Insomma, mai musica e mai autore furono più impopolari di Wagner e
del Tannhäuser, la sera del 13 marzo 1861. Urla, fischi e risate
condannarono l’esecuzione di un capolavoro che era costato la bellezza di
164 prove! Wagner ritirò l’opera dopo la terza recita, ma il tumulto lo
rese celebre. Charles Baudelaire gli manifestò tutta la sua ammirazione,
mentre la critica giornalistica non parlava d’altro.
“Fossi lontano da questa Parigi che non m’ha portato che sventure!
Dovrò andarmene per forza, alla metà di questo mese. Ma dove? Come?
Voto la mia vita alle peregrinazioni e ho sempre l’impressione di essere
giunto alla fine…”
1861-1864: Mosca, Vienna, Stoccarda
Busto di Richard Wagner nel "Festspielpark" di Bayreuth
Wagner lasciò Parigi il 15 aprile. Un festino d’addio, in un caffè di rue
Laffitte - presenti Baudelaire e Gustave Doré - salutò la partenza. Avanti
a sé: un futuro sempre più incerto. Il mandato d’arresto che gli imponeva
l’esilio dalla Germania era stato revocato, ma non sapeva dove andare.
Come dice Aldo Oberdorfer nella sua eccellente biografia, si trattava di
una "pezzenteria grandiosa, d’un accattonaggio magnifico che abitava
nei palazzi e negli alberghi di lusso." Questo Wagner ormai
cinquantenne, senza fissa dimora, agitato da eccessi di entusiasmo e crisi
di depressione, osteggiato ma anche vezzeggiato da nobildonne sedotte
dalla sua musica, ricominciò a chiedere prestiti a destra e a sinistra. Per
esempio, all’amico comune Hornstein:
"Sento che lei è diventato ricco… Per tirarmi fuori dai guai mi occorre
un anticipo di 10.000 franchi. Il suo aiuto mi renderà a me molto caro. In
questo caso dovrebbe gradire di accogliermi l’estate prossima per circa
tre mesi in uno dei suoi poderi, possibilmente in riva al Reno.”
La signora Kalergis gli aveva già prestato 10.000 franchi per coprire il
buco dei concerti di Vantadour ed ora contattò invano gli editori e i teatri
di tutta Europa.
“Non ho nulla in vista e non sono atteso da nessuna parte. Sono libero
come un uomo fuori dalla legge. Tutto è fondato sul caso.”
Questa situazione fu interrotta da Hans von Bülow, che riuscì ad
accordarsi per la prima rappresentazione del Tristano, a Vienna. Dopo
incertezze di vario genere, Wagner partì in treno per l’Austria, e durante
il viaggio abbozzò l’ouverture dei Maestri Cantori di Norimberga, la
grande commedia di cui aveva già scritto il testo. Ma le recite del
Tristano incontrarono difficoltà enormi. L’opera fu ritenuta indecifrabile,
difficile, astrusa, e le prove vennero ben presto sospese. Wagner si stabilì
momentaneamente a Biebrich sul Reno, quindi a Magonza, dove era
necessaria una visita all’editore Schott. Ma questi era un uomo d’affari e
non ritenne sufficiente la vaga promessa di completare i Maestri Cantori
entro breve tempo. Wagner gli cedette allora i diritti dei Wesendonklieder, ovvero, la profanazione della sua vita privata sull’altare della
sopravvivenza. A Matilde scriveva lettere blande, gli ultimi strascichi di
un amore ormai passato, mentre con Minna - rientrata definitivamente a
Dresda - il ciclo era già concluso. Di certo, le due donne avevano giocato
un ruolo importante nella sua arte: Minna aveva impersonato Fricka, che
nella Walkyria rimprovera a Wotan la sua irresponsabilità e la dura realtà
del mondo. Matilde era stata la sua Isotta. Adesso, la nuova amica
Matilde Maier gli appariva sotto le banali sembianze di "una libera
unione che escludesse gli obblighi della convivenza" (la strada più
comoda che era sempre solito ricercare), e non influì per nulla sulla sua
attività creativa. Anzi, la composizione dei Maestri Cantori era ferma del
tutto. Il cane Leo l’aveva morso alla mano destra e per alcuni mesi non
gli fu possibile scrivere una sola nota. Riprese allora la peregrinazione dei
concerti, che culminarono con la fortunata tournée russa di Mosca e di
Pietroburgo, ai primi del’63. Col denaro finalmente guadagnato poté
stabilirsi a Vienna, la città che in quel momento gli sembrava meno
ostile: gli organetti per le strade suonavano i motivi del Tannhäuser e
l'insegna di un negozio aveva la scritta "Al Lohengrin". Ma i 7000 talleri
furono ingoiati nell’arredo principesco della nuova casa, firmando
cambiali ancor prima di sapere se i russi gli avrebbero accordato una
seconda tournée (che non vi fu): sete, velluti, tappeti, tendaggi, ghirlande
e barocchismi che forse tentavano di riempire un senso di vuoto sempre
più profondo. In questa casa ebbe luogo la fastosa festa di Natale del
1863, organizzata per gli amici che l’avevano sostenuto tra doni e prestiti
mai ripagati. Ricorda Peter Cornelius, alla sorella:
"Quel pazzo di Wagner ha acceso un grande albero e vi ha messo sotto
un tavolo pieno di doni per me, addirittura regale! Pensa: un magnifico
cappotto, un’elegante veste da camera grigia, un accendisigari, sei
fazzoletti di seta, bottoni d’oro, belle cravatte, un bocchino di spuma.
Tutto ciò che può immaginare una fantasia orientale."
Era l’assurdo che preludeva al periodo più nero, dove non c’era più posto
per alcuna attività creativa. In effetti, Wagner era stanco, inaridito di
fronte ai tronconi della Tetralogia e dei Maestri Cantori che non aveva
più ripreso. Era solo di fronte alla fuga degli amici, come un mago che
aveva perduto i suoi poteri.
“A cinquant’anni devo sapere di che vivrò. Guardo innanzi a me e sono
profondamente stanco di vivere. Una lieve spinta e tutto è finito!…”
Non gli rimase che la fuga in Svizzera per evitare l’arresto per
indebitamento. Per calmare i creditori, lo zio di Liszt - noto avvocato vendette i mobili della casa di Vienna a sua insaputa, così che si ritrovò di
colpo senza alloggio. Scrisse a Wesendonck sperando che lo accogliesse
ancora a Zurigo, ma ricevette risposta negativa. Si presentò allora a casa
di un amico di Marafield, disperato e senza essere atteso, ma poco dopo
fu invitato a ripartire. Erano i primi mesi del 1864: Ludwig II era appena
salito sul trono di Baviera. Di passaggio a Monaco Wagner osservò in un
ritratto il volto del sovrano, mentre correva a Stoccarda per convincere il
direttore d'orchestra Eckert a rappresentargli il Tristano. Era il suo
capolavoro che ammuffiva nel cassetto da 5 anni. Stavano dunque
decidendo la questione quando, la sera del 3 maggio, il segretario del re
di Baviera si presentò chiedendo di parlare con Wagner. Questi,
credendosi ricercato dalla polizia, fece rispondere di non essere in casa.
L’indomani mattina, il misterioso personaggio raggiunse il musicista in
albergo, dove gli consegnò un anello e una foto del giovane re. Il
miracolo era avvenuto: Ludwig, follemente innamorato, lo chiamava a
Monaco presso di sé.
Gli anni dal 1864 al 1883
Ritratto di Richard Wagner eseguito da Pierre-Auguste Renoir, 1882,
Parigi, Museo d'Orsay. Il compositore per questo ritratto posò il 15
gennaio 1882 a Palermo.
Sotto la protezione del sovrano, ebbe finalmente luogo la
rappresentazione del meraviglioso Tristano (1865) e de I maestri cantori
di Norimberga (1868, direttore Hans von Bülow), l'unica commedia
composta da Wagner, in cui viene esaltato il significato della nuova arte
tedesca. Costretto ad allontanarsi anche da Monaco, a seguito
dell'antipatia dimostrata dai monacensi e dagli stessi cortigiani, Wagner si
stabilì sul Lago di Lucerna, dove portò a termine l'immenso lavoro della
Tetralogia e dove conobbe il filosofo Nietzsche. La sua seconda moglie
fu Cosima Liszt, figlia del grande pianista, sposata nel 1870. Wagner la
strappò dal matrimonio con Hans von Bulow, che da quel momento ruppe
l'amicizia col compositore. Da lei ebbe tre figli: Isolde (1865-1919), Eva
(1867-1942, che sposò un filosofo precursore del Nazismo, Houston
Stewart Chamberlain), e Siegfried (1869-1930). Ma re Ludwig non aveva
troncato i rapporti col suo amico. Per anni finanziò con una cospicua
rendita lo stile di vita dispendioso del compositore e supportò la
realizzazione del Festival di Bayreuth, inaugurato con la prima
rappresentazione de L'Anello del Nibelungo nel 1876. Nonostante il
successo artistico delle recite, fu ancora il Re che salvò il Festival dal
fallimento.
Wagner si stabilì definitivamente a Bayreuth, godendo solo in tarda età
del successo e della fama dalla sua nuova arte. Per problemi di salute
soggiornò a lungo nel sud-Italia, in Sicilia e lungo la costa amalfitana,
dove nel giardino di villa Rufolo, a Ravello, ebbe l'ispirazione per il
Parsifal, il suo ultimo capolavoro, il quale causò la rottura dei rapporti
con
Nietzsche.
Nel 1882 la famiglia si trasferì a Venezia. Il 13 febbraio 1883 Wagner
morì in seguito ad un attacco cardiaco. È sepolto a Bayreuth nel giardino
della sua villa, Haus Wahnfried, non lontano dal teatro a lui dedicato.
CLAUDE DEBUSSY
Claude-Achille Debussy (Saint-Germain-en-Laye, 22 agosto 1862 –
Parigi, 25 marzo 1918) è stato un compositore e pianista francese.
Biografia
Figlio di genitori ricchi poi diventati poveri (vendevano porcellane), entrò
al Conservatorio di Parigi (1872-84), studiando il pianoforte con
A.F.Marmontel e composizione con E. Giraud. Nel 1884 a Roma fu
premiato per l'imponente scena lirica L'enfant prodigue. Soggiornò a
Roma tra il 1885 e il 1887. Probabilmente il suo stile di compositore
venne ad affermarsi durante le sue visite a Bayreuth (1890 e 1891) e
grazie all'ascolto delle musiche di Gamelan di Giava.
L'influenza di Wagner è evidente nella cantata La damoiselle élue (1888)
e nei Cinq poèmes de Baudelaire (1889) mentre altre sue canzoni dello
stesso periodo, in particolar modo l'impostazione delle arie scritte sulla
base di poemi dell'amico Verlaine (Ariettes oubliées, Trois mélodies,
Fêtes galantes) sono in uno stile più capriccioso, come se facessero parte
di un quartetto d'archi in Sol minore nello stile di César Franck (1893); in
tale opera non solo aveva utilizzato il modo frigio ma anche altri modi
ancor meno consueti, in particolare il modo tonale intero, per creare
un'armonia oscillante che aveva scoperto attraverso le opere dei
contemporanei: Mallarmé nel Prélude à l'après-midi d'un faune, opera
per orchestra eseguita per la prima volta nel 1894 e utilizzata poi nel 1912
per la produzione del balletto omonimo di Nižinskij, e Maeterlinck
nell'opera Pelléas et Mélisande, scritta in larga misura intorno al 1893-5
sebbene non completata fino al 1902. Queste opere portarono una fluidità
nel ritmo ed un colore nuovo per la musica occidentale.
Tra i suoi più importanti lavori per orchestra ricordiamo i tre Notturni
(1899), studi caratteristici di armonia e struttura velata ('Nuages'),
esuberanti scorciatoie ('Fêtes') e seducenti movimenti completi ('Sirènes').
La mer (1905) ricerca una forma più sinfonica, con un finale che elabora
temi dal primo movimento, e attraverso una parte centrale (Jeux de
vagues) procede con molta meno immediatezza e con più varietà di
sfumature. Le tre Images (1912) sono legate molto più lievemente, e
l'opera più ampia, Ibéria è di per sé stessa un trittico, una mescolanza di
allusioni vagamente spagnole. Infine, il balletto Jeux (1913) contiene
alcune delle più bizzarre armonie e trame in una forma che si muove
liberamente al di sopra del suo proprio spazio di unione come motivo
musicale. Altri successivi lavori teatrali, inclusi i balletti Khamma (1912)
e La boîte à joujoux (1913) e il giallo Le martyre de St. Sébastien (1911,
su testo di Gabriele D'Annunzio), non furono totalmente orchestrati da
Debussy, anche se St. Sébastien è da ricordare per il sostegno a un'antica
atmosfera modale che era altrimenti sfiorata solo in brevi pezzi per piano
(ad esempio La cathédrale engloutie).
Debussy scrisse molta musica per pianoforte e i brani più importanti con
cui cominciarne l'ascolto sono opere che, alla moda di Verlaine, guardano
al decoro rococò con moderni cinismo e perplessità (Suite bergamasque,
1895; Pour le piano, 1901). Il suo primo volume di Images pour piano
1904 - 1905 evoca tonalità che erano raramente state udite in lavori di
suoi contemporanei come ad esempio frasi che ricordano lo sciabordio
dell'acqua nel primo brano Reflets dans l'eau o come l'omaggio
all'influenza di Jean-Philippe Rameau in una lenta e misteriosa danza di
corte nel secondo brano Hommage à Rameau. Ma qui, come nei suoi
pezzi per orchestra, Debussy cominciò ad associare la sua musica con
impressioni visuali dell'Oriente, Spagna, paesaggi, e altro, in una
sequenza di messe in scena di brevi brani. Ciò può essere ascoltato nel
volume di brani conosciuto come Estampes, composto nel 1903 e che
raggruppa brani opportunamente intitolati, ad esempio Pagodes che
evoca una sensazione d'Oriente e di magnifiche pagode con le loro
solenni torrette. Il secondo brano in Estampes dal titolo La soirée dans
Grenade rammenta vividamente un'atmosfera spagnola. Pure nella sua
famosa Children's Corner Suite per pianoforte, che scrisse per la sua
amata figlia che chiamava Chou-chou, si suggeriscono suggestioni
dall'Oriente dovendosi infine notare anche una nuova ondata di influenza
jazz nel suo pezzo Golliwogg's Cake-walk, mentre Debussy si diverte alle
spalle di Richard Wagner.
Debussy al piano nel 1893
L'ultimo volume degli Etudes (1915) similmente interpreta varietà di stili
e trame, meramente come esercizi pianistici, e comprende brani che
sviluppano all'estremo forme irregolari come anche altri influenzati dai
lavori del giovane Igor Stravinsky (presenza anche nella suite En blanc et
noir per due pianoforti, 1915). La rarefazione di questi lavori è presente
anche nell'ultimo gruppo di musiche, i Trois poèmes de Mallarmé (1913),
e nella Sonata per flauto, viola e arpa (1915), nonostante la sonata e i
pezzi ad essa simili ricatturino anche il classicismo inquisitivo di
Verlaine. Il progettato gruppo di sei sonate è bruscamente interrotto dalla
morte del compositore, per un cancro rettale.
Claude Debussy morì a Parigi il 25 marzo del 1918 durante la prima
guerra mondiale, mentre l'esercito tedesco bombardava la città con il
cannone a lunga gittata Parisgeschütz[1]. Era solo 8 mesi prima che la
vittoria venisse dichiarata, in Francia. In quel momento la situazione
militare francese era considerata da molti critica, e questa circostanza non
permise che gli fosse dato l'onore di un funerale di stato, o di cerimoniose
orazioni al momento della sepoltura, o celebrazioni delle sue opere. La
processione si snodò lungo le strade, deserte e squarciate dai cannoni
tedeschi, della sua amata città. Ma dopo questo momento di obbligato
abbandono, la cultura francese l'ha sempre ricordato e celebrato come uno
dei
suoi
più
distinti
rappresentanti.
La morte di Debussy, come anche l'intera Prima guerra mondiale,
coincisero con il triste termine della Belle époque, che testimoniava lo
sbocciare a Parigi di sofisticazioni e modernità mai testimoniate prima in
Europa. Venne sepolto nel Cimitero di Passy vicino Parigi in modo tale
che non fu disturbato dalle bombe e oggi si può ancora andare a vedere
dove è stato sepolto.
Rudolph Réti specifica che l'impresa di Debussy fu la sintesi della
"tonalità melodica" con base monofonica con le armonie, sebbene diverse
da quelle della "tonalità armonica"
Lo stile
La musica di Debussy presenta influenze sia nazionali (Gounod, Franck,
Massenet, Fauré), sia internazionali (Chopin per il pianoforte e
Mussorgsky per l'antiaccademismo). Debussy è stato un antiwagneriano
come la maggior parte dei suoi connazionali, tuttavia è vicino alla sua
musica per quanto riguarda la concezione del discorso musicale aperto e
continuo che però in Wagner si traduce con la cosiddetta "melodia
infinita", che è tuttavia vincolato all'armonia tonale, mentre in Debussy il
discorso musicale è costruito con piccole immagini balenanti in continuo
rinnovamento ma indipendenti tra loro grazie all'appoggio a un
linguaggio armonico non vincolante e fatto di espedienti extratonali volti
all'ambiguità come la scala esatonale, in cui i rapporti tensiodistensionali
dati dall'alternanza di tono e semitono vengono meno essendo essa
composta da intervalli identici. Possiamo concludere quindi che lo stile di
Debussy oscilla tra il neoclassicismo (si veda l'utilizzo di forme barocche
come la suite bergamasque che richiama sia la suite che le famose
bergamasche di Frescobaldi) e il romanticismo in maniera eclettica. La
sua musica è stringata, non pomposa e colossale, puntando alla brevità
aforistica alla maniera degli impressionisti e dei simbolisti: come loro
inoltre Debussy ricerca l'innovazione nell'esotismo. Il neoclassicismo di
Debussy compie quindi una sintesi tra estetica classica e modernismo,
grazie a un contrappunto innovativo e a dinamiche molto curate.
GUSTAV MAHLER
Gustav Mahler (Kalischt, 7 luglio 1860 – Vienna, 18 maggio 1911) è
stato un compositore e direttore d'orchestra austriaco, di origine boema.
Biografia
Gustav Mahler nacque nel 1860 a Kalischt (Boemia, oggi in Repubblica
Ceca) da Bernhard e Marie Hermann. La sua famiglia era di origine
ebraica-ashkenazita e di lingua tedesca. A pochi mesi dalla nascita, si
trasferì ad Iglau. La sua infanzia fu molto triste, costellata dalla morte di
diversi dei suoi fratelli. Aiutato dal padre (e dal maestro Epstein), che in
giovinezza strimpellava il violino, nel 1875 riuscì ad entrare al
conservatorio di Vienna, che frequentò tre anni, ottenendo consensi e
suscitando gelosie probabilmente a causa del suo brutto carattere. In
questo clima strinse una buona amicizia con Hugo Wolf, Hans Rott, i
fratelli Rosè, il violinista Krizianovskij. Il sodalizio intellettuale e
artistico con il compositore Anton Bruckner, si rivelò "utile" anche in
campo lavorativo.
La prima composizione conosciuta di Gustav Mahler, risalente al 1876 è
un Klavierquartett in la minore, nato come saggio per il conservatorio, di
cui si possiede il primo tempo e 27 battute del secondo. A parte le
composizioni distrutte o incomplete del periodo giovanile, ci sono
pervenuti lieder per tenore e pianoforte su testi composti dallo stesso
Mahler, dedicati alla giovinetta Josephine Poisl. Del 1880 è Das
Klagende Lied (Canto di lamento), ancora su testo proprio. A seguire
compose i cinque Lieder und Gesänge aus der Jugendzeit (Canti della
giovinezza, 1880-1883 e 1887-1890) e i Lieder eines fahrenden Gesellen
(Canti di uno in cammino o "Canti di un viandante", 1884).
Dopo aver completato gli studi al conservatorio Mahler ebbe le prime
esperienze nella direzione d'orchestra a Bad Hall nel 1880, negli anni
seguenti continuò la sua carriera di direttore presso altri importanti teatri
d'opera dell'Europa centrale: Lubiana nel 1881, Olomuc nel 1882, Vienna
e Kassel nel 1883, Praga nel 1885, Lipsia nel 1886 e Budapest nel 1888.
Nel 1887 Mahler fu chiamato a sostituire il celebre direttore Arthur
Nikisch per il ciclo l'Anello del Nibelungo di Richard Wagner; il grande
successo ottenuto contribuì ad accrescere la sua fama ed il suo prestigio
come direttore sia fra i critici musicali sia presso il pubblico. Analoga
fortuna non ottennero invece le sue composizioni: risalgono a questo
periodo il completamento dell'opera teatrale Die Drei Pintos di Carl
Maria von Weber, che riscosse critiche altalenanti e non è riuscita ad
entrare stabilmente nel repertorio operistico, e la Prima sinfonia in re
maggiore Il Titano, ispirata all'omonimo romanzo di Jean Paul, che fu più
volte riveduta dall'autore anche a causa della fredda accoglienza ricevuta.
Dal 1893 al 1896 Mahler trascorse i periodi di vacanza estivi a Steinbach
am Attersee in Alta Austria, località in cui continuò la revisione della
Prima Sinfonia (la prima esecuzione era stata nel 1889), compose la
Seconda Sinfonia, abbozzò la Terza Sinfonia, e scrisse la maggior parte
dei lieder del ciclo Des Knaben Wunderhorn (in italiano Il corno magico
del fanciullo), basato su un famoso ciclo di poesie curato da Achim von
Arnim e Clemens Brentano.
Nel 1897 Mahler, che aveva allora 37 anni, ricevette l'incarico di direttore
della K. u K. Hofoper (Imperial Regia Opera di Corte), vale a dire la
posizione musicale più prestigiosa dell'Impero austriaco; poiché si
trattava di un "ufficio imperiale" secondo la legge austro-ungarica in
vigore l'incaricato non poteva essere di religione ebraica. Mahler, che mai
era stato un ebreo devoto e praticante, si era già convertito per tempo al
cattolicesimo, religione che comunque non gli era estranea: da ragazzo
infatti era stato corista in una chiesa cattolica, dove il maestro del coro gli
aveva anche insegnato a suonare il pianoforte[1].
Con il passare degli anni Mahler continuò ad essere attratto dal
cattolicesimo, ed elementi ed influenze cattolici si possono osservare nei
suoi lavori, ad esempio l'uso dell'inno Veni Creator Spiritus nella sua
Ottava Sinfonia[2]. In ogni caso la presenza dello spirito e dello stile
ebraico rimane ampiamente presente in tutta la sua musica, per esempio
l'uso di temi in stile Klezmer nel terzo movimento della Prima Sinfonia.
Nel 1899 e nel 1910 egli diresse le versioni da lui rivedute della Seconda
e della Quarta Sinfonia di Robert Schumann[3].
Nei dieci anni di direzione all'Opera di Vienna, Mahler rinnovò
profondamente il repertorio di quell'istituzione musicale e ne migliorò la
qualità artistica, riuscendo a piegare sia gli esecutori sia gli ascoltatori
alla sua visione della musica e dell'arte. Quando egli ricevette l'incarico,
le opere più popolari erano il Lohengrin, la Manon di Massenet, e
Cavalleria rusticana; il nuovo direttore decise un nuovo corso più
concentrato verso il repertorio del periodo classico, cominciando dalle
opere di Christoph Willibald Gluck e di Wolfgang Amadeus Mozart,
avvalendosi anche della collaborazione del pittore Alfred Roller[4] per la
messa in scena di originali produzioni del Fidelio, di Tristan und Isolde, e
del ciclo L'anello del Nibelungo.
Agli inizi del Novecento Vienna era una delle città più grandi ed
importanti del mondo, capitale di una grande impero multinazionale
nell'Europa Centrale e centro molto vivace dal punta di vista artistico e
culturale; Mahler conosceva molti fra gli intellettuali ed artisti che a quel
tempo vivevano a Vienna, fra gli altri i pittori Gustav Klimt ed Egon
Schiele.
Mahler lavorava per nove mesi l'anno all'Opera di Stato, gli restava così
solo il periodo estivo per dedicarsi alla composizione[5]; egli era solito
passare le estati a Maiernigg sul lago Wörthersee ed in questa località
idilliaca compose quattro sinfonie (dalla Quinta all'Ottava), i Rückert
Lieder, i Kindertotenlieder (Canti per la morte dei fanciulli)[6], entrambi
basati su poesie di Friedrich Rückert, e Der Tamboursg'sell, l'ultimo dei
suoi lieder per Des Knaben Wunderhorn.
Nel giugno del 1901 Mahler si trasferì in una nuova villa sul lago sempre
a Maiernigg in Carinzia[7]. Il 9 marzo 1902 Mahler sposò Alma Schindler,
di vent'anni più giovane e figliastra del noto pittore viennese Carl Moll.
Alma era musicista e compositrice, tuttavia il marito le proibì di
continuare a cimentarsi con la composizione, anche se appartengono alla
mano di Alma delle copie manoscritte di alcune partiture di Gustav.
Mahler interagì in modo creativo anche con altre donne, fra cui la violista
Natalie Bauer-Lechner, di due anni più vecchia, che aveva conosciuto
durante il periodo di studi a Vienna. Alma e Gustav ebbero due figlie:
Maria Anna (detta Putzi, 1902-1907), che morì a quattro anni di difterite,
ed Anna (detta Gucki; 1904-1988), che divenne una scultrice.
Nel 1910 Mahler, colpito dalla scoperta del tradimento della moglie, fu
consigliato di rivolgersi a Sigmund Freud, il quale lo incontrò una sola
volta e quindi poté dargli solo alcuni consigli, i biografi (Quirino Principe
e altri) riferiscono di un lungo colloquio di tre, quattro ore; Freud, durante
l'incontro, una lunga passeggiata, seppe da Mahler che egli chiamava a
volte la moglie Alma col nome della madre: Marie, e quindi formulo
l'ipotesi (non la diagnosi) che Mahler fosse affetto dal cosiddetto
complesso della Vergine Maria. Alma smentì questo fatto, fortificando la
sua tesi con la prova che Mahler aveva difficoltà a pronunciare la "r", e
quindi sarebbe stato scomodo per lui chiamarla Marie. Freud tempo
dopo, ricordando l'episodio dichiarò: «Ebbi la possibilità di ammirare le
capacità di penetrazione psicologica di quell'uomo di genio. Nessuna luce
illuminò ad un certo punto i sintomi della sua nevrosi ossessiva. Era come
scavare con un bastoncino in un edificio misterioso»[8].
Malato gravemente di cuore all'incirca dal 1907, Mahler fu più volte
costretto a sottoporsi a delicate terapie mediche, e si rivolse invano a
celeberrimi specialisti che, però, non poterono far altro che constatare la
gravità del suo male, una endocardite maligna ed incurabile. Tra i vari
specialisti in cardiologia a cui si rivolse, va ricordato il celebre
batteriologo Andrè Chantemesse, il quale fu un pioniere della scienza ma
anche un uomo assolutamente privo di tatto, che molto rudemente
informò il suo paziente dello stato del suo male dicendo: "Non ho mai
visto degli streptococchi svilupparsi in una maniera così meravigliosa,
guardi questi filamenti, sembrano alghe marine!", lasciando letteralmente
Mahler ammutolito per l'orrore[senza fonte].
Tornato apposta a Vienna dall'America (dove risiedette per circa un anno
e dove ottenne strepitosi successi concertistici), Mahler morì nel
sanatorio Loew di Vienna nell'anno 1911. I contributi alla sua biografia ci
sono dati dalla moglie Alma e dall'amica Natalie Bauer-Lechner.
Le Sinfonie
La Prima Sinfonia
Nel 1888 Mahler portò a termine la prima versione della Prima sinfonia
in re maggiore Il Titano, ispirata all'omonimo romanzo di Jean Paul. La
prima esecuzione a Budapest nel 1889 fu quasi un disastro. La sinfonia,
inizialmente concepita in cinque movimenti, in seguito fu ridotta in
quattro movimenti dopo che Mahler decise di eliminare l'andante
intitolato Blumine[9]. Il più noto dei quattro movimenti è sicuramente il
terzo, una sorta di marcia funebre iniziata da un contrabbasso solo che
esegue una spettrale parodia della canzone popolare per bambini Fra
Martino.
La Seconda Sinfonia
I primi successi per Gustav Mahler arrivarono invece con l'esecuzione
della Seconda sinfonia, detta Resurrezione, il cui primo movimento risale
al 1888, ma che fu completata solamente sei anni dopo nel 1894. Divisa
in cinque movimenti, la Seconda prevede, oltre alla smisurata orchestra
tipica di quasi tutti i lavori mahleriani, anche l'intervento di due voci
femminili soliste e del coro ed è la prima delle tre sinfonie in cui Mahler
rielabora temi tratti dal proprio ciclo di lieder Des Knaben Wunderhorn
(Il corno magico del fanciullo).
La Terza Sinfonia
La Terza sinfonia in re minore, composta tra il 1893 e il 1896 a
Steinbach, fu eseguita per la prima volta solo nel 1902. La Terza di
Mahler con i suoi sei movimenti ed una durata di circa 95 minuti di
musica, è la più lunga sinfonia della storia della musica e richiede un
organico strumentale di grandi proporzioni. Anche il tema conduttore di
questa sinfonia, come della precedente, sembra essere l'immortalità: il
quarto movimento cita alcuni testi del Così parlò Zarathustra del filosofo
Nietzsche, e il quinto un'altra poetica dal Des Knaben Wunderhorn (Il
corno magico del fanciullo), dedicate al tema. Insieme alla successiva
Quarta, si mostra dominata da un'attitudine verso la dimensione sognante
e naif.
La Quarta Sinfonia
La Quarta sinfonia (1900), in sol maggiore concluse la trilogia delle
sinfonie vocali (la seconda, la terza e la quarta), tematicamente legate ai
lieder in precedenza composti su testi del Wunderhorn, anche se il motivo
principale del I movimento è tratto dal II tema della sonata op. 120 in mi
bemolle maggiore per pianoforte di Schubert. In questo caso, l'ultimo
movimento è costituito proprio da un lied inizialmente composto per la
raccolta del Wunderhorn, intitolato La vita celestiale, affidato alla voce di
soprano. La Quarta è, dopo la Prima, la meno estesa fra le sinfonie di
Mahler ed è anche quella che prescrive l'organico strumentale meno
numeroso. Consta di quattro tempi: un allegro (anch'esso ricco di
reminiscenze tematiche dal "Wunderhorn"), uno scherzo a cui la presenza
di un violino accordato un tono sopra gli altri strumenti conferisce un
tono a tratti spettrale, un vasto andante e appunto il lied finale. Theodor
Adorno dice del sonaglio che suona all'inizio: "È veramente un
campanello birbone, che senza dirlo dice: - Nulla di ciò che state
ascoltando è vero".
La Quinta Sinfonia
La Quinta sinfonia, in do diesis minore è del 1903. È anche l'unica
sinfonia su cui Mahler tornerà più volte fino alla fine della sua vita,
perché non era mai del tutto soddisfatto della strumentazione: la scrisse
durante le estati del 1901 e 1902, ma la revisionò per ben sei volte, sia
prima della "prima" del 1904 a Colonia, sia dopo, ritoccandone
continuamente l'orchestrazione. Consta di cinque movimenti, divisi in tre
parti. La prima parte è costituita dai primi due movimenti, fra loro
tematicamente legati. Il primo è una marcia funebre in cui compare di
nuovo in modo prepotente il gusto sardonico di Mahler (con una
rielaborazione ironica del tema del destino della Quinta sinfonia di
Beethoven; il secondo movimento, in forma sonata e in la minore, è in un
tempo agitato e verso la fine presenta un luminoso tema in modo
maggiore che tornerà nel finale della Sinfonia. La seconda parte è
costituita per intero da un vastissimo Scherzo in re maggiore, in cui le
reminiscenze di Wagner si mescolano con quelle del valzer viennese:
quasi un compianto anticipato per un mondo (quello della Vienna
imperiale) che stava per finire, dieci anni prima de Il cavaliere della rosa
di Strauss. L'ultima parte della Sinfonia si apre con il famoso Adagietto,
in fa maggiore, forse la pagina più nota di Mahler, utilizzato poi da
Luchino Visconti per la colonna sonora del film Morte a Venezia: 103
battute affidate solo agli archi e ad un'arpa. Questa pagina detiene forse
un record fra tutti i brani di musica classica: quello della maggiore
differenza di durata che è possibile riscontrare fra le varie esecuzioni.
Infatti, molti direttori affrontano (metronomo alla mano, più
correttamente) questo Adagietto facendolo durare circa otto minuti
(probabilmente anche Mahler stesso lo dirigeva così, come possiamo
desumere dal raffronto con le incisioni del suo principale allievo, Bruno
Walter), ma è possibile ascoltarne esecuzioni incredibilmente dilatate (in
disco ce ne sono due molto belle, rispettivamente di Hermann Scherchen
e Bernard Haitink), che sfiorano addirittura i quattordici minuti. La
sinfonia si conclude poi con un Allegro che riprende uno dei temi
principali dell'Adagietto, eseguendolo in maniera molto più frenetica.
La Sesta Sinfonia
La Sesta sinfonia, in la minore, del 1903-1904 è conosciuta comunemente
come Tragica (titolo che non si deve però a Mahler). È in quattro tempi e
presenta un'unità tonale del tutto inconsueta nell'autore: ben tre
movimenti su quattro, infatti, sono nella tonalità di impianto. È anche
l'unica sinfonia mahleriana a terminare con un movimento in tonalità
minore (tutte le altre sinfonie, anche le più drammatiche, presentano un
finale "positivo", come la Prima o la Quinta, o quanto meno sereno, come
le tre sinfonie del Wunderhorn o la Nona).
La Settima Sinfonia
La Settima sinfonia (1904-1905) presenta, con i suoi cinque tempi, una
struttura "simmetrica". La "chiave di volta" è rappresentata dal
movimento più breve, lo Scherzo, che sta in terza posizione, preceduto e
seguito da due movimenti in tempo moderato, entrambi denominati
"Nachtmusik" (Serenata), mentre i due movimenti estremi sono due
Allegri di ampie proporzioni. Introdotto da una frase in tempo più lento,
affidata a un flicorno, il primo movimento rimane incerto circa la tonalità
fondamentale fra mi minore e si minore. La prima Nachtmusik si
distingue per il carattere sarcastico e i ritmi a tratti da marcia (quasi una
totentanz). Lo Scherzo porta la curiosa indicazione di tempo
"Schattenhaft" (Tenebroso) ed è un pezzo di grande virtuosismo per tutta
l'orchestra. Nella seconda Nachtmusik compaiono due strumenti non
propri della musica orchestrale, una chitarra e un mandolino, che
contribuiscono a dare al pezzo momenti di sonorità insolita e quasi
surreale. Degno di nota in questo brano è l'incipit affidato al violino
solista: si tratta di una citazione quasi letterale del celebre tema "Amami
Alfredo" da La traviata di Giuseppe Verdi. Conclude la sinfonia un
ampio movimento in tempo veloce, il cui tema principale (una parodistica
deformazione dell'incipit dell'ouverture da I maestri cantori di
Norimberga) riappare di continuo, quasi come un Leitmotiv,
inframmezzato da motivetti giocosi e spesso all'apparenza banali.
La prima americana dell'Ottava Sinfonia (1916): Leopold Stokowski
dirige la Philadelphia Orchestra
L'Ottava Sinfonia
L'Ottava sinfonia, in Mi bemolle maggiore, del 1906, detta dei mille, in
riferimento al numero degli esecutori (circa mille appunto, tra
strumentisti e cantanti) è considerata l'opera più problematica di Mahler.
In particolare si critica la definizione di sinfonia per l'Ottava (essendo
completamente cantata), rappresentando essa probabilmente il culmine di
quel processo di disgregazione della forma sinfonica comune al periodo
post-beethoveniano: lo stesso Mahler scrisse che si trattava di un lavoro
"talmente singolare e nella forma e nel contenuto che non è possibile
scriverne". Con l'Ottava, comunque, Mahler ottenne il suo successo più
clamoroso e, successivamente, venne considerato l'apice della sua opera
da Anton Webern, Arnold Schoenberg e Alban Berg. È motivo di
discussione l'accostamento dell'inno Veni creator spiritus di Rabano
Mauro, musicato nella prima parte, e la scena finale del Faust di Goethe.
Schoenberg ebbe a definire le due parti "un'unica idea di inaudita
lunghezza e poderosa ampiezza, concepita e dominata nello stesso
momento".
Das Lied von der Erde
La successiva composizione Das Lied von der Erde (Il canto della terra),
sottotitolato Symphonie fur eine tenor- und eine alt- (oder bariton-)
Stimme und Orchester, su testi di poeti cinesi, non fu direttamente inserita
fra le sinfonie numerate di Mahler.
La Nona Sinfonia
La Nona sinfonia, in Re maggiore, considerato vertice delle composizioni
sinfoniche del secolo, è del 1909. Il direttore d'orchestra Leonard
Bernstein ha paragonato il decisivo, e forse testamentario, ultimo
movimento a uno stato di meditazione trascendentale, ove l'ego pare
dissolversi in un'ambigua estasi dell'Essere.
La Decima Sinfonia
Mahler morì nel 1911, durante la composizione di quella che avrebbe
dovuto essere la sua Decima sinfonia. Di questa sinfonia è stato
completato da Mahler solo l'adagio iniziale in Fa diesis maggiore. Fra le
numerose ricostruzione della partitura, le versioni del musicologo Deryck
Cooke sono le più eseguite. Le ultime due sinfonie e il Canto della Terra
vennero composte da Mahler mentre si trovava in soggiorno estivo a
Dobbiaco.
Lo stile
La musicologia ha avuto a lungo difficoltà ad inquadrare lo stile di
Mahler. È risaputo che nelle sue composizioni il profondo si unisce
spesso al banale. E proprio l'accusa di banalità è la più frequente fra i suoi
detrattori:[senza fonte] nella prima sinfonia, il tema, noto a tutti, di Fra
Martino, trasformato in una marcia funebre affidata ai contrabbassi, e in
Sant'Antonio di Padova predica ai pesci (uno dei lieder da Das Knaben
Wunderhorn, che Mahler trascrive poi per orchestra facendone lo Scherzo
della Seconda Sinfonia) si rileva un carattere grottesco e in molte altre
opere il materiale tematico deriva dalla musica popolare o addirittura
bandistica, genere che il compositore lamentava di non aver indagato a
fondo.
Tra i più noti apologeti di Mahler ricordiamo Arnold Schoenberg e Anton
Webern, che diresse varie volte le sue sinfonie (è ricordata in particolare
la direzione della ottava).
Mahler non rompe il linguaggio tonale, ma lo spinge fino ai limiti delle
possibilità. Quirino Principe indica un passo della terza sinfonia: ad un
certo punto appare una triade di re minore dei corni che tocca la sensibile.
Il do diesis sale alla tonica, ma con molta attesa, e nella nostra mente non
c'è la tonica ma la sensibile: addirittura lo stesso passaggio viene
riproposto e senza risoluzione. Non è forzato soltanto il sistema tonale,
ma anche il lato tecnico: è stato acutamente detto che Mahler ottiene
risultati con mezzi che non si adattano affatto a ciò che vuole ottenere. È
stata fatta una interessante similitudine: Mahler raggiunge un paese
vicino non per la strada più semplice, ma facendo tutto il giro del mondo.
RICHARD STRAUSS
Richard Strauss (Monaco di Baviera, 11 giugno 1864 – GarmischPartenkirchen, 8 settembre 1949) è stato un compositore e direttore
d'orchestra tedesco. Noto soprattutto per i suoi poemi sinfonici e le sue
opere liriche. Richard Strauss non era imparentato con gli Strauß
viennesi, famosi compositori di valzer.
Biografia
Cresciuto in una famiglia molto musicale si appassionò di musica
soprattutto grazie al padre, cosicché Strauss iniziò a comporre già all'età
di sei anni. In seguito ricevette lezioni di composizione dal maestro di
cappella Friedrich Wilhelm Meyer, dietro la sua guida o forse da lui
ispirati e dopo le prime opere (spesso solo per pianoforte e canto)
nacquero i concerti, una grande sonata, un quartetto d'archi, due sinfonie
e una serenata per fiati (Op.7). Nel 1882 egli iniziò lo studio
all'Università di Monaco ma lo interruppe presto. Nel 1883 fece un
viaggiò fra Dresda e Berlino dove strinse contatti importanti, tra cui con il
noto direttore della Meininger Hofkapelle, Hans von Bülow. Nel 1885
Bülow assunse Strauss come maestro di cappella del Meininger Hof
(dove, fra gli altri, Strauss conobbe Johannes Brahms); quando Bülow
poco dopo lasciò l'incarico, Strauss divenne il suo successore fino alla
fine della stagione 1885/86. finora aveva composto secondo uno stile
simile a Brahms o Schumann, il suo orientamento musicale cambiò
all'incontro con Alexander Ritter violinista. Questi convinse Strauss a
rivolgere la sua attenzione alla musica di Wagner, non prima però di
essersi cimentato con poemi sinfonici che traggono qualche idea da Franz
Liszt. Il nuovo stile compositivo di Strauss si avverte nella Fantasia per
orchestra in quattro movimenti "Aus Italien"; diviene però più evidente
nelle successive opere per orchestra, programmatiche e in un solo
movimento, chiamate da Strauss Tondichtungen (normalmente tradotto
con "Poemi Sinfonici", anche se il termine più vicino sarebbe "poemi in
suono"). Dopo le difficoltà iniziali (del primo poema sinfonico, Macbeth,
esistono almeno tre versioni), Strauss trovò il suo stile con Don Juan
(1888-89) e soprattutto Tod und Verklärung (1888-90) che lo rese
rapidamente celebre, per la vicinanza col Tristano di Wagner, per
l’esasperato cromatismo e le pulsioni ritmiche in rallentando che
rappresentano il fermarsi del battito cardiaco. Alcuni anni più tardi seguì
una seconda serie di poemi sinfonici, fra cui Also sprach Zarathustra
(1896), le cui battute iniziali sono state divulgate dal film 2001: Odissea
nello spazio[1]. A differenza di Mahler, Strauss pur lanciando messaggi
drammatici, punta a un'espressività più cinematografica che culminerà in
lavori come il poema sinfonico (l'ultimo) "Sinfonia della Alpi (Eine
Alpensinfonie)" del 1915; lo stile di Strauss qui è legato ancora al
tardoromanticismo. La Sinfonia delle Alpi è ricordata anche per
l'imponente organico orchestrale usato che si avvicina quasi all'orchestra
di Mahler.
Nel 1887 Strauss iniziò il lavoro alla sua prima opera, Guntram, poco
rappresentata sin dal 1894. Feuersnot (1901) ebbe invece un maggior
successo. Il vero trionfo internazionale e la fama come compositore
operistico gli giunsero con le due opere Salomè ed Elektra. Strauss, anche
in Elektra, non abbandonò mai la tonalità, come fece invece Arnold
Schönberg, nello stesso periodo, con i Gurrelieder. Salomè ed Elektra
furono anche le prima opere che videro la collaborazione fra Strauss e il
poeta Hugo von Hofmannsthal. Anche in seguito i due lavorarono
assieme, nonostante Strauss avesse modificato in parte la sua musica,
ottenendo grandi successi di pubblico, come con Der Rosenkavalier
(1911), opera in tre atti ambientata nel '700 ricca di riferimenti erotici,
tuttavia meglio accettati dal pubblico rispetto alle precedenti esperienze
delle opere Elektra e Salomè che sono le più avanguardiste tra le opere di
Strauss e sono classificabili come esempi di teatro orgiastico. Salome è
forse la più nota tra le opere teatrali di Strauss e nonostante il successo
raggiunto all'inizio scandalizzò la critica mondiale (si ricorda la
rappresentazione del 1907 a New York che fu ritirata su richiesta della
Chiesa per la scena in cui Salome bacia la testa mozza di San Giovanni,
seguendo fedelmente il testo di Oscar Wilde su cui l'opera è basata)
Fino al 1930 Strauss scrisse ancora numerose opere, ma il suo stile si
appiattì, e la grande opera Die Frau ohne Schatten marcò il punto finale
di una fase drammatico-sperimentale nella sua produzione. Negli anni
successivi nascono lavori di costruzione più leggera e in stile
classicistico, come Capriccio e Daphne. La sicurezza drammaturgica per
il teatro musicale comunque rimane, e quasi tutte le sue opere sono dei
successi.
Strauss e il nazismo
Il ruolo di Strauss nell'epoca del Nazismo rimane controverso.
Alcune opinioni riportano la totale apoliticità di Strauss, e sostengono che
non abbia mai cooperato completamente con il potere. Altri sollevano
l'obiezione della sua presidenza della Camera musicale del Reich dal
1933 al 1935, e che, sebbene la carica fosse eminentemente di
rappresentanza, avrebbe dovuto comunque prendere posizione contro il
Nazionalsocialismo. Molte voci riportano che i nipoti di Strauss avevano
una qualche ascendenza ebrea, e che questo fatto lo abbia trattenuto dallo
schierarsi apertamente. Con la pubblicazione dell'opera Die schweigsame
Frau su libretto dello scrittore ebreo Stefan Zweig Strauss corse un
rischio evidente. Esistono inoltre supposizioni secondo le quali Strauss
sfruttasse la sua carica per proteggere i suoi amici e colleghi ebrei.
Il nuovo ruolo di musicista nella società
Richard Strauss non è stato solo un compositore geniale, ma ha anche
ridefinito il ruolo del musicista nella società. Sebbene avesse già una
solida base finanziaria (grazie alla famiglia materna), Strauss dimostrò
che un compositore può vivere del suo lavoro. Nel suo tempo questo non
era certo un concetto assodato. Fra le altre cose lavorò perché il
compositore partecipasse agli utili per ogni esecuzione della sua musica.
Partendo da questo principio giunse alla conclusione che il comporre
fosse una professione vera e propria, e che quindi l'ammontare del
compenso fosse comparabile a quello di un medico o di un giurista.
Questo punto di vista era contrario al ruolo ricoperto fino ad allora
dall'artista nella società. Per questa ragione Strauss dovette difendersi
contro il rimprovero di essere particolarmente versato negli affari ma
anche molto avaro, una cattiva fama che in parte gli resta ancora domani.
Per raggiungere questi suoi scopi, nel 1889 Strauss pensò di fondare una
sorta di sindacato dei compositori assieme a Hans Sommer e Friedrich
Rösch. Anche da questa sua iniziativa nel 1903 venne fondata la Società
per i diritti nelle Rappresentazioni Musicali e nella Riproduzione
Meccanica (la corrispondente tedesca della SIAE italiana).
Lo stile
Volendo riassumere lo stile di Strauss notiamo che esso è molto vario e
svincolato storicisticamente e quindi privo di un senso di evoluzione nel
linguaggio che muta anche in maniera drastica e netta da una
composizione all’altra. Abbiamo una prima fase in cui troviamo un
legame col romanticismo tedesco di Schubert, Schumann e Brahms in cui
compose la Burleske für Klavier und Orchester, in re minore. Una
seconda fase, quella più lungimirante, è quella influenzata da Ritter, Liszt
e Wagner, in cui Strauss compone i poemi sinfonici, per poi sfiorare
quasi il primo espressionismo e la politonalità del primo Schönberg con
Elektra, l'opera di Strauss più innovativa tra tutte le sue composizioni.
L’ultima fase (il periodo di Die Frau ohne Schatten) vede invece un
brusco ritorno al passato in cui Strauss si orienta verso un neoclassicismo
manieristico e tonale ispirato alla musica del ‘700 rivista in chiave
ironica, alternato a fasi politonali più moderne rappresentate dai due cicli
di lieder del 1918 e concluse con le Metamorfosi per 23 solisti d'archi
(1946) composte come commento alla catastrofe bellica.
Nel 1948 Strauss completò il suo ultimo lavoro maggiore, Vier letzte
Lieder, per voce femminile e orchestra (inizialmente per pianoforte)
(rappresentata nel 1950), che rappresenta di certo la sua opera vocale più
nota. Questi Lieder non erano stati concepiti come ciclo. La sua ultima
composizione completa fu un ulteriore Lied, Malven, terminato il 23
novembre. La partitura venne scoperta solo nel 1982 nel lascito di Maria
Jeritza. Malven venne eseguito per la prima volta nel 1985 da Kiri Te
Kanawa e inciso nel 1990 con i Vier letzte Lieder. L'ultima composizione
dell'artista, Besinnung, su testo di Hermann Hesse, per coro misto e
orchestra rimase a livello di frammento.
Opere
Poemi sinfonici
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Macbeth (1888/90)
Don Giovanni (Don Juan) (1888)
Morte e trasfigurazione (Tod und Verklärung) (1889)
I tiri burloni di Till Eulenspiegel (Till Eulenspiegels lustige
Streiche) (1895)
Così parlò Zaratustra (Also sprach Zarathustra) (1896)
Don Chisciotte (Don Quixote) (1897)
Vita d'eroe (Ein Heldenleben) (1898)
Symphonia domestica (1903)
Sinfonia della Alpi (Eine Alpensinfonie) (1915)
ARNOLD SCHÖNBERG
Arnold Schönberg (Vienna, 13 settembre 1874 – Los Angeles, 13 luglio
1951) è stato un compositore austriaco naturalizzato statunitense.
È stato uno dei primi compositori del XX secolo a scrivere musica
completamente al di fuori dalle regole del sistema tonale e l'ideatore del
metodo dodecafonico, basato su una sequenza (da cui il termine musica
seriale) comprendente tutte le dodici note della scala musicale cromatica.
Biografia [modifica]
Arnold Schönberg nasce a Vienna nel 1874. Figlio di un commerciante di
origine ebraica, inizia i suoi studi musicali da autodidatta per poi
continuare con Alexander von Zemlisky, fratello della sua futura prima
moglie.
La sua prima composizione importante, Verklärte Nacht op. 4 (Notte
Trasfigurata) risale al 1899 e prende il titolo da una poesia del simbolista
tedesco Richard Dehmel. Si tratta di un poema sinfonico scritto per
sestetto d'archi (formazione strumentale tipica di Brahms) e poi trascritto
successivamente dallo stesso Schönberg per orchestra d'archi. Tra le
prime opere per grande orchestra si ricordano il poema sinfonico Pelleas
un Melisande op. 5 e i Gurrelieder (Canti di Gurre), risalenti
rispettivamente al 1903 e al 1911.
Nel 1901 si trasferisce a Berlino dove, per mantenersi, dirige
un'orchestrina di musica leggera. Dopo due anni soltanto ritorna a
Vienna, dove si dedica principalmente alla composizione e
all'insegnamento. Nel 1910 riesce ad avere un posto all'Accademia
musicale di Vienna come maestro di composizione e l'anno successivo
tiene cicli di conferenze al conservatorio Stern di Berlino.
Nel 1908 avviene il decisivo passaggio verso l'atonalità, che prevede
un'emancipazione della dissonanza, la quale può essere trattata in modo
libero, senza alcun obbligo di risoluzione su una successiva consonanza.
Questo segna la fine del vecchio sistema tonale, perno del Classicismo e
della forma-sonata. Adesso non è più la tonica a determinare il maggiore
o minore grado di tensione, ma altri fattori come la dinamica e il timbro.
Le più celebri composizioni di questo periodo sono i George-Lieder op.
15 (1909), i Drei Klavierstücke op. 11 (Tre pezzi per pianoforte, 1909), i
Sechs kleine Klavierstücke op. 19 (Sei piccoli pezzi per pianoforte, 1911)
e i Fünf Orchesterstüche op.16 (Cinque pezzi per orchestra, 1909). Non
bisogna poi dimenticare due capisaldi del teatro musicale espressionista:
il monodramma per soprano e orchestra Erwartung (Attesa, 1909) e il
dramma musicale per baritono, coro e orchestra Die glückliche Hand (La
mano felice, 1913). Infine, il Pierrot lunaire op. 21 (1912), forse l'opera
più conosciuta del musicista, capolavoro dell'espressionismo musicale,
costituita da ventuno liriche tratte da una raccolta di poesie di Albert
Giraud.
Nel 1912 collabora, insieme a Vasikij Kandinskij, Franz Marc e Paul
Klee, alla pubblicazione dell'almanacco Der Blaue Reiter (Il Cavaliere
Azzurro), per il quale scrive un saggio sul rapporto musica-testo. Nel
1918 fonda un seminario musicale, il "Verein für musikalische
Privataufführungen" e nel 1925 succede a Ferruccio Busoni nel corso
superiore di composizione presso l'Accademia di Belle Arti di Berlino. È
di questo periodo la teorizzazione della dodecafonia (principio
compositivo fondato sull'eguaglianza di tutti e dodici i suoni della scala
tonale). La dodecafonia venne applicata al Walzer dei Fünf Klavierstücke
op. 23 (Cinque pezzi per pianoforte, 1923) , alla Serenade op. 24 per sette
strumenti, sempre del 1923, alla Suite op. 25 per pianoforte (1923).
L'apice dell'abilità tecnico-compositiva è poi raggiunto nelle Variazioni
op. 31 per orchestra (1928).
L'avvento al potere di Hitler nel 1933 costringe Schönberg, convertitosi
al luteranesimo all'età di quattordici anni ma di origini ebraiche, a fuggire
in Francia. Sempre nello stesso anno ottiene asilo negli Stati Uniti, dove
trascorrerà il resto dei suoi anni. Si reca inizialmente a Boston e a New
York, stabilendosi infine in California. Dal 1936 al 1944 insegna alla
USC (University of Southern California) di Los Angeles.
Nel 1934 compone una Suite in sol per archi e nel 1943 un Tema e
variazioni in sol minore per fiati. Inoltre da non dimenticare l'Ode a
Napoleone op. 41 su di un lavoro del poeta inglese George Byron, il
Concerto per piano e orchestra op. 42, la Kammersymphonie op. 9, i
Drei Volkslieder op. 49, il De Profundis op. 50 b, i Moderner Psalm op.
50 c, il Concerto per violoncello e orchestra, 11 Canoni, Nachwlander
per voce e strumenti, Galatea per voce e pianoforte, Due preludi corali di
Bach. Di notevole interesse, dal punto di vista della tecnica dodecafonica,
sono i Three Songs op.48 (Sommermund, Tot, Mädchenlied), su versi del
poeta Jakob Haringer (1883-1948). Nel 1947 compone Ein Überlebender
aus Warschau (in italiano: Un sopravvissuto a Varsavia), citato come "il
più grande monumento che la musica abbia mai dedicato all'Olocausto".
I suoi migliori allievi, nonché amici, furono: Anton Webern, Alban Berg
e Ervin Stein, i quali lo seguirono nella sua avventura atonale e
dodecafonica. La comunanza di intenti fra i tre compositori e la loro
stretta collaborazione ha portato i critici musicali a definirli Scuola di
Vienna.
Dodecafonia
La dodecafonia o, come Schönberg amava definirla, "metodo di
composizione con dodici note poste in relazione soltanto l'una con
l'altra", prevede che tutti e dodici i suoni della scala cromatica appaiano
lo stesso numero di volte, affinché nessun suono prevalga sugli altri. Le
composizioni non sono pertanto basate sulla tonica e non presentano più
la struttura gerarchica tipica del sistema tonale.
Principi fondamentali:
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Uso del totale cromatico: la scala diatonica è sostituita da quella
cromatica; è quindi previsto l'uso di tutti e dodici suoni disponibili
nella divisione dell'ottava secondo il temperamento equabile.
Onde evitare la prevalenza di suono sugli altri, bisogna che
nessuno di essi si ripeta prima che tutti gli altri siano comparsi.
All'inizio viene quindi stabilita una serie, per fissare l'ordine in cui
le note devono succedersi in quella determinata composizione.
Per evitare un'eccessiva uniformità si può ricorrere ad alcuni
artifici, come l'utilizzo della versione retrogradata della serie
originale, o l'inversione di questa (con tutti gli intervalli disposti
per moto contrario), o ancora l'inversione della versione
retrogradata. Si ottengono così quattro ordini principali della serie.
In più, è possibile trasporre la serie originale e le sue tre "versioni"
su tutti i restanti 11 gradi della scala cromatica.
LA MUSICA LEGGERA
Viene abitualmente definita con il termine musica leggera, musica pop,
pop music (sinonimo inglese), o semplicemente pop, la musica
mainstream contemporanea, destinata ad un pubblico vasto quanto più è
possibile. L'espressione definisce un tipo di musica di facile ascolto e
poco elaborata, spesso ridotta a semplice intrattenimento e destinata al
consumo di massa. In effetti, la musica leggera raggruppa in sé un
insieme di tendenze musicali affermatesi a partire dal XX secolo,
caratterizzate da un linguaggio relativamente semplice e in alcuni casi
schematico. La musica leggera è strettamente inserita nel circuito di
diffusione commerciale mondiale con incisioni discografiche, video,
festival, concerti-spettacolo, trasmissioni e reti televisive e radiofoniche.
Se la semplicità del linguaggio musicale e il disimpegno tematico
distinguono la musica leggera dalla cosiddetta "musica colta" e
underground, la presenza di una vera e propria industria la differenzia
dalla musica popolare.
Può sembrare normale considerare la musica leggera come sinonimo di
popular music, anche se oggi si tratta di una similitudine non del tutto
propria: date le sue caratteristiche peculiari tutta la musica pop è musica
popular, ma non è vero il contrario; esiste, in ogni caso, una grande
difficoltà a relazionare tali concetti, soprattutto a causa dei continui
fraintendimenti che si vengono a creare nel dire comune.
Musica leggera e pop
Nello specifico il termine musica leggera nacque in Italia per definire la
musica mainstream italiana. Nella penisola, prima della British invasion
dei primi anni sessanta, il termine inglese pop music per definire questo
tipo di musica era pressoché sconosciuto ai più, e fu assorbito in seguito
alla fama conquistata dai gruppi d'oltremanica. Di fatto oggi viene più
facile utilizzare il termine pop per definire la musica commerciale
moderna e allo stesso modo è più facile definire con musica leggera la
musica melodica italiana, ma dal punto di vista concettuale e strutturale i
due termini coincidono.
In Italia dagli anni cinquanta si è sviluppata, inizialmente attorno al
Festival di San Remo, una Musica leggera popolare italiana con l'apporto
di cantanti, gruppi musicali e cantautori italiani divenuti di fama
internazionale (Mina, Gino Paoli, Equipe 84, Lucio Battisti, Laura
Pausini, ecc..).
Caratteristiche
Le caratteristiche principali della musica leggera sono:
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spiccata orecchiabilità;
utilizzo abbondante della melodia;
ritmica semplice e uso di tempi musicali pari (primo tra tutti il 4/4);
testi di facile comprensione;
sottofondo musicale per lo più scarno o poco elaborato;
utilizzo del cosiddetto formato canzone (strofe alternate al
ritornello);
breve durata dei brani.
Analisi dei sistemi e delle logiche del fenomeno
La musica leggera è difficilmente caratterizzabile da un punto di vista
strettamente musicale per questo non può essere definito strettamente un
genere, ma è invece agevolmente indetificabile da certe convenzioni
strutturali e divulgative.
Di particolare importanza per il successo del pop è il fenomeno del
cosiddetto plugging, cioè una prassi che consiste nella continua e insistita
proposizione di un brano da parte dei media, infatti il principio
fondamentale del plugging è che sia sufficiente ripetere qualcosa sino a
che venga accettato[2].
Al plugging può essere data anche l'accezione di "convenzione generica",
anche se questa definizione trova un termine più specifico e un respiro
più largo nella standardizzazione. La teoria della standardizzazione è che
la struttura collaudata e convenzionale di un brano pop mira a reazioni
standard, mira cioè a soluzioni armoniche e ritmiche che hanno
generalmente un sicuro e ben definito impatto emotivo legato al
riconoscimento, il fattore del riconoscimento infatti, nell'industria
musicale e non solo, svolge un ruolo importantissimo essendo una delle
funzioni basilari della conoscenza umana[2], è per questi motivi che nel
pop ci si ritrova ad ascoltare un linguaggio naturale legato
all'orecchiabilità
(easy
listening).
Anche i temi delle canzoni pop sono spesso standardizzati, generalmente
trattano di amore romantico.
La musica pop riesce a dare spesso l'impressione dell'innovazione tramite
l'adoperamento di stravaganze controllate nella misura in cui possono
essere ricomposte in questo cosiddetto linguaggio naturale, infatti per
essere popolarizzata una canzone deve potersi distinguere dalle altre
mantenendo tuttavia l'assoluta convenzionalità di tutte le altre,
fondamentalmente la nascita e l'affermazione di un certo genere o di una
certa corrente musicale e culturale porta quel genere o corrente a subire
un processo di popolarizzazione. Si specifica che la musica leggera è
rivolta in particolare al fruitore occasionale, ad attirare l'attenzione
dell'ascoltatore distratto, per questo può essere definita musica di puro
intrattenimento, cioè non impegnativa, e usare l'espressione "ascolto
passivo della musica" da parte del fruitore, l'"ascolto attivo" è invece
presente quando vi è una ricerca musicale la quale deve essere coadiuvata
dalla conoscenza a prescindere dalla piacevolezza, solo in quest'ultimo
caso può essere definito un proprio "gusto musicale"[4][2][5].
Con l'avvento della TV e in particolare con l'utilizzo commerciale del
video musicale, l'impatto visivo diventa essenziale per ogni gruppo o
artista che vuole entrare nel mondo dell'industria musicale, spesso quindi
entrano in gioco specialisti dell'immagine (come Vivienne Westwood per
i Sex Pistols) e produttori che a volte basano il grosso del successo sulla
presenza scenica[6], a questo proposito estremo è il caso del produttore
Frank Farian il quale lancia verso la fine degli anni ottanta un gruppo di
grande successo commerciale di nome Milli Vanilli, costituito in effetti
da un gruppo di musicisti che lavorava nell'ombra, e un altro gruppo più
fotogenico che appariva sul palco ballando e cantando in playback,
quando questo si scopre si viene a creare uno scandalo, ma un caso simile
si era già verificato negli anni '60 con i Monkees, i cui componenti erano
gli attori protagonisti di una nota sitcom americana dell'epoca[7]. Altro
caso esemplare fu legato ad una particolare corrente della musica heavy
metal poi riconosciuta come hair metal, i quali esponenti adottarono un
look distintivo e caratteristico, per via della costante esposizione tramite i
media, ed in particolare sul canale musicale MTV, che emerse proprio in
quel periodo. L'aspetto di questi gruppi poteva rivelarsi più particolare e
rilevante della musica stessa[8].
La durata di ogni brano è un altro elemento caratterizzante, infatti per
venire incontro ai tempi televisivi e radiofonici i brani spesso non
superano i 4 minuti, le canzoni che oltrepassano questa durata vengono in
genere sottoposti a un'operazione di editing in modo da accorciarne il
minutaggio. Questa regola del pop viene infranta nel corso dei primi anni
settanta per esigenze di genere, quando il progressive raggiunge una certa
popolarità e in alcune sue forme diventa musica leggera.
Tipico dell'industria musicale è anche il fenomeno dell'imitazione,
fondamentalmente un'operazione commerciale che punta a ricalcare il
successo di un certo brano o di un certo artista, questo fenomeno porta
all'esplosione delle mode e delle tendenze, si pensi ad esempio alla
moltitudine di gruppi beat degli anni '60 che ricalcavano il fenomeno
Beatles. Infatti capita spesso che i produttori discografici siano i veri
registi delle tendenze musicali e abbiano un'ampia influenza sul prodotto
finito dei loro artisti (molti dei quali appaiono nel firmamento delle
classifiche di vendita per una sola stagione, rapidamente sostituiti da volti
nuovi), questo perché l'industria musicale è legata al mercato discografico
e il mercato alla pubblicità, quindi qualunque artista famoso è tale perché,
o per merito suo o per merito di altri, si è saputo proporre al pubblico nel
modo giusto.
Mainstream musicale
Come si è detto la musica leggera è un tipo di musica che deve essere
accessibile e fruibile da tutti seguendo quindi una logica di mercato in
contrasto con la cosidetta musica alternativa o underground. Quest'ultima
si contrappone alla musica leggera per ragioni diverse: per una ricerca
musicale sia in campo stilistico che sonoro (distogliendosi dalla logica
secondo cui grandi investimenti devono portare a guadagni sicuri); per la
modalità commerciale con cui si accosta ai suoi fruitori, privilegiando in
sostanza il passaparola che si può avere tra gli appassionati del genere, in
opposizione al bombardamento pubblicitario, questo spesso è dovuto al
fatto che le possibilità finanziarie della musica underground sono
notevolmente inferiori a quelle della musica pop, essendo quest'ultima
preferita dalle cosiddette majors (ma oggi anche da molte indies) per la
motivazione sopracitata; infine per i suoi contenuti impegnati o
comunque legati ad una sensibilità inconsueta (quest'ultima caratteristica
si può ritrovare però anche in alcuni frangenti della musica leggera ma è
generalmente abbastanza rara).
Nonostante la mancanza di originalità, la musica mainstream ha
comunque il grande pregio di portare buona parte dell'underground al
grande pubblico, influenzando e trasmettendo così in modo più ampio la
cultura popolare, trasformando l'idea musicale in qualcosa di più
assimilabile da tutti. In questo modo, però, i riferimenti forniti dalle sottoculture musicali (heavy metal, punk rock, hip hop, musica elettronica,
psichedelia ecc...) subiscono, in casi estremi ma sempre più frequenti,
un'omogeneizzazione, vengono cioè superficializzati e spesso stereotipati
per essere così più facilmente assimilibili, si precisa infatti che quasi ogni
genere esistente è stato tradotto nei codici del mainstream ed è perciò
divenuto, in un dato periodo storico, sinonimo di pop (da qui ad esempio
nascono i sottogeneri commerciali degli stili già citati come pop metal,
pop punk, pop rap, electro pop, pop psichedelico). Questa logica è
rappresentativa del fatto che il fulcro del maintream è arrivare
immediatamente al fruitore disattento piuttosto che incidere con il
messaggio dell'artista.
LA CANZONE NAPOLETANA
Origini
L'origine della canzone napoletana data intorno al XIII secolo, quindi ai
tempi della fondazione dell'Università partenopea istituita da Federico II
(1224), della diffusione della passione per la poesia e delle invocazioni
corali delle massaie rivolte al sole,[1] come espressione spontanea del
popolo di Napoli manifestante soprattutto la contraddizione tra le bellezze
naturali e le difficoltà oggettiva di vita, si sviluppò già nel Quattrocento
quando il dialetto napoletano divenne la lingua ufficiale del regno e
numerosi musicisti, ispirandosi ai cori popolari, iniziarono a comporre
farse, frottole, ballate, e ancora maggiormente dalla fine del Cinquecento,
quando la "villanella alla napoletana" conquistò l'Europa, sin alla fine del
Settecento. Questa espressione artistica popolare era allora carica di
contenuti positivi ed ottimistici e raccontava la vita, il lavoro ed i
sentimenti popolari.
Il Cinquecento e la villanella
In particolar modo la "villanella alla napoletana" rappresentò un primo
antefatto fondamentale per gli sviluppi della canzone napoletana
ottocentesca, sia per la sua produzione originariamente popolaresche ben
accolta dalla classe colta, sia per il suo carattere scherzoso ed l'ampio
spettro componentistico che variava dalla polifonia all'accompagnamento
strumentale per una sola voce.[2]
Il Seicento e il Settecento
Il Seicento vide sfiorire la villanella ed apparire i primi ritmi della
tarantella, con la celebre Michelemmà, che pare addirittura ispirata da
una canzone di origine siciliana, ma comunque attribuita al poeta,
musicista ed attore Salvator Rosa. Nel secolo successivo si rintraccia un
secondo antefatto della canzone napoletana ottocentesca, rappresentato
sia dalla nascita dell'opera buffa napoletana che influenzò non solo il
canto ma anche la teatralità delle canzoni, sia per le arie dall'opera seria
che divennero un faro per la produzione popolaresca. Intorno al 1768
autori anonimi composero Lo guarracino, divenuta una delle più celebri
tarantelle, rielaborata come molte altre canzoni antiche nel secolo
seguente.
L'Ottocento
Altri due elementi catalizzanti la propagazione ed il successo dell'attività
musicale furono innanzitutto la nascita, intorno ai primi dell'Ottocento di
negozi musicali e di case editrici musicali come quella di Guglielmo
Cottrau, che ebbero il merito di recuperare, raccogliere, riproporre
talvolta aggiornandoli, centinaia di brani antichi.[1] Un secondo veicolo di
diffusione della canzone fu costituito dai cosiddetti "posteggiatori", ossia
dei musici vagabondi che suonavano le canzoni o in luoghi al chiuso o
davanti alle stazioni della posta o lungo le vie della città, talvolta
spacciando anche le "copielle", fogli contenenti testi e spartiti dei brani
parzialmente modificati.[3]
Per quanto riguarda gli elementi caratterizzanti, invece, fra la seconda
metà dell'Ottocento e la prima metà del Novecento, la canzone fu oggetto
di inclusione, nei suoi temi, di decadentismo, pessimismo e drammatismo
ad opera di intellettuali che ne modificarono lo spirito originario. In quel
periodo i maggiori musicisti e poeti si cimentano nella composizione di
numerose canzoni. Un esempio di tale tendenza è Gabriele d'Annunzio
che scrive i versi di A Vucchella [4] (1904)[5].
Il periodo più importante della canzone napoletana è ritenuto quello dei
primi decenni dell'800, quando dal 1835 a Napoli dilagò la melodia di Te
voglio bbene assaje scritta da Raffaele Sacco e la cui musica fu di
Gaetano Donizetti. Le celebrazioni della Festa di Piedigrotta si
dimostrarono l'occasione ideale per l'esibizione dei nuovi pezzi, che
videro tra gli autori personalità quali Salvatore di Giacomo, Libero
Bovio, E.A. Mario, Ferdinando Russo, Ernesto Murolo.
Escludendo villanelle e canti popolari precedenti al 1800 e che ancora
non avevano la struttura melodica e lirica tipica della Canzone
Napoletana propriamente detta, molte fonti collocano la nascita della
canzone napoletana universalmente conosciuta al 1839 e al brano Te
voglio bene assaje. Il testo fu scritto da Raffaele Sacco e musicato da
Filippo Campanella, anche se si è in seguito diffusa una leggenda
popolare che vorrebbe Gaetano Donizetti come autore. La canzone fu
presentata il 7 settembre 1839 alla Festa di Piedigrotta.
Pochi anni dopo, a dimostrazione del successo e dell'importanza della
canzone napoletana, il brano Palummella zompa e vola(1873)[6] fu
addirittura proibita per i suoi evidenti contenuti sovversivi, poiché
alludeva alla libertà, ed infatti gli autori ne cambiarono il testo, ma il
popolo napoletano continuò a cantarne la musica a bocca chiusa.
La macchietta
Altro genere di canzone napoletana molto popolare fu la "macchietta",
termine derivato dal modo di descrivere personaggi e situazioni come in
uno schizzo abbozzato in modo caricaturale. fra gli autori ed interpreti di
questo genere vanno ricordati Nicola Maldacea e Nino Taranto.
Il secondo dopoguerra
La Seconda guerra mondiale segnò profondamente la città di Napoli ed
anche la canzone non poté sfuggire alla tragicità degli eventi, Munasterio
'e Santa Chiara è la testimonianza più struggente di quel momento ma,
come sempre, Napoli riesce anche a sorridere nei momenti più bui,
Tammurriata Nera fu l'esempio di come l'umorismo partenopeo fosse
sempre pronto ad emergere, anche di fronte a fatti tragici. Il pessimismo
esistenziale di Luna rossa di Vincenzo De Crescenzo e Vian (ccà nun ce
sta nisciuno, 1950) apre, però, una nuova stagione d'oro della canzone
napoletana alla ricerca di una rigenerazione non solo musicale. Se
Roberto Murolo diviene l'interprete per eccellenza della canzone
tradizionale napoletana, Renato Carosone mette a disposizione le sue
esperienze di pianista classico e di jazzista, le fonde con ritmi africani e
americani e crea una forma di macchietta, ballabile e adeguata ai tempi.
Gli anni sessanta
In pieno novecento la canzone sopravvive grazie al ruolo primario del
Festival di Napoli, che tra querelle e scandali riesce a imporre la sua
canzone in tutta Italia prima ancora che si affermasse il Festival di
Sanremo.
La parabola storica della canzone napoletana termina nella seconda metà
degli anni sessanta, quando il Festival entra in crisi (si conclude nel 1970)
e la canzone perde ogni legame col suo retaggio classico divenendo
espressione del sottoproletariato urbano. La fama di questo genere rimane
immutata nonostante il passare del tempo, e tutti i cantanti affermati
inseriscono regolarmente alcuni tra i pezzi più famosi nel loro repertorio
seguendo le orme di Enrico Caruso e Beniamino Gigli.
Gli anni sessanta rappresentano il periodo d'oro del Festival della
Canzone Napoletana, ma questa è anche l'epoca di fenomeni innovativi:
Peppino di Capri opera una "fusion" fra melodia napoletana e ritmi di
altre culture musicali, imponendosi all'attenzione di critici e pubblico;
Peppino Gagliardi rompe gli schemi dell'interpretazione della canzone
napoletana; Roberto De Simone e la sua Nuova Compagnia di Canto
Popolare non si limita a recuperare e valorizzare la musica folk
tradizionale, ma la arricchisce di elementi di musica colta.
Gli anni settanta
Tramontato il Festival, la canzone napoletana si adegua alle esigenze del
tempo, vengono ripresi ed attualizzati i temi della sceneggiata; Mario
Merola, pur rimanendo legato alla canzone tradizionale, è il principale
interprete di questa nuova tendenza. Parallelamente a questo fenomeno,
Bruno Venturini, avendo preso coscienza dei suoi mezzi vocali, nel pieno
della maturità artistica, rilegge in chiave lirica i più famosi brani del
repertorio classico della canzone napoletana, dando vita ad una
significativa opera antologica (con brani che vanno dal 1400 ai giorni
nostri), nella continuità del bel canto italiano nel mondo, che ha avuto nel
grande tenore Enrico Caruso la sua massima espressione vocale. Intanto il
fermento musicale di quell'epoca è avvertito anche da nuovi autori come
Eduardo De Crescenzo, Alan Sorrenti e Pino Daniele che daranno
un'impronta nuova alla musica partenopea, seppur con musicalità diverse.
Se gli Osanna percorrono la strada delle opere rock, Napoli Centrale con
James Senese intessono una interessante fusione di generi.
Gli anni ottanta
La sceneggiata napoletana che Mario Merola era riuscito a resuscitare
negli anni '70 pian piano sparisce di nuovo, forse perché nessuno oltre a
Merola stesso contribuirà e sarà capace di dargli voce. Sarà sostituita
dalla musica neomelodica che ancora oggi in tutto il Sud Italia e tra gli
emigranti italiani all'estero ha un discreto successo. Il personaggio che fu
da trait d'union tra la sceneggiata e la nuova canzone melodica degli anni
novanta fu Nino D'Angelo.
Gli anni novanta
Questo decennio registra un boom del genere neomelodico, i giovani
preferiscono cantanti come Gigi Finizio e Gigi D'Alessio, pur non
rinnegando totalmente il passato. Entrambi gli artisti, al contrario di
quanto spesso affermano i loro denigratori, sono giunti al successo dopo
anni di studio e di vera gavetta (feste di piazza, matrimoni e piano-bar)
come, del resto, gli altri cantanti neomelodici. Negli stessi anni si
affermano, anche in ambito nazionale, gruppi come Almamegretta, 99
Posse, 24 grana, che rinnovano la canzone napoletana mediante una
commistione di musica elettronica, trip-hop e rap. La differenza rispetto
alla musica neomelodica sta anche nei testi ad alto contenuto politico
(prevalentemente di sinistra). Inoltre in questi anni Renzo Arbore con la
sua Orchestra Italiana riporta in auge la canzone classica napoletana
riadattata in chiave moderna ricevendo un successo mondiale, scalando le
classifiche di vendita e facendo concerti in tutto il mondo.
Il XXI secolo
I primi anni del nuovo millennio sono quelli in cui il genere musicale
creato da Nino D'Angelo a cavallo tra gli anni '70 e '80 continua ad avere
molto seguito in Campania, in varie regioni del sud Italia (prima fra tutte
la Sicilia dove ci sono molti artisti di musica neomelodica come Gianni
Celeste, Tony Colombo, Angelo Cavallaro, Angelo Mauro, Nino Fiorello
ed Alessandro Fiorello) e all'estero, dove ci sono tanti emigranti italiani.
Il termine "neomelodica" vuol dire "nuova melodia" e tra gli artisti più
rappresentativi di questo genere dagli anni '70 ad oggi ci sono oltre lo
stesso D'Angelo, Gigi D'Alessio, Gigi Finizio, Gianni Celeste, Gianluca
Capozzi, Natale Galletta, Gianni Vezzosi, Raffaello , Alessio, Rosario
Miraggio e tanti altri.
RAFFAELE VIVIANI
Raffaele Viviani (Castellammare di Stabia, 10 gennaio 1888 – Napoli, 22
marzo 1950) è stato un poeta, commediografo, compositore e attore
teatrale italiano, nonché autore di molte famose canzoni napoletane.
Biografia
La sua opera si differenzia notevolmente da quella del suo
contemporaneo Eduardo de Filippo, presentandosi allo stesso tempo
come complementare a questa. Mentre l'opera di Eduardo ci presenta la
borghesia napoletana, con i suoi problemi e la sua crisi di valori, Viviani
mette in scena la plebe, i mendicanti, i venditori ambulanti: un'umanità
disperata e disordinata che vive la sua eterna guerra per soddisfare i
bisogni primari. In questo la sua poetica si allontana violentemente dalla
retorica lacrimevole, pittoresca e piccolo borghese del tempo, prendendo
le distanze al contempo dalla cultura positivista e ponendosi per molti
versi all'interno di dinamiche creative proprie delle avanguardie. Il suo fu
un teatro diverso, anomalo e sconvolgente, ma durante il fascismo subirà,
con la negazione dell'uso dei dialetti, l'ostilità e il silenzio della critica e
della stampa.
Anche la sorella maggiore Luisella fu una nota attrice e cantante.
LUIGI DENZA
(Castellammare di Stabia, 23 febbraio 1846 – Londra, 27 gennaio 1922)
è stato un compositore italiano.
Biografia
Fu avviato agli studi musicali nel conservatorio napoletano di San Pietro
a Majella ed ebbe per maestri Paolo Serrao e Saverio Mercadante.
Nel 1876 mise in scena a Napoli la sua commedia Wallenstein. Divenne
professore di canto nello stesso Conservatorio napoletano, quindi nel
1879 emigrò a Londra, dove fu condirettore della London Academy of
Music sino al 1898, indi professore di canto alla Royal Academy of
Music, cattedra che tenne sino alla morte.
Autore di ben ottocento composizioni musicali, è celebre soprattutto per
Funiculì funiculà, composta per la Piedigrotta del 1880, su versi di
Giuseppe Turco, in occasione dell'inaugurazione della Funicolare del
Vesuvio.
La città gli ha intitolato una strada ed eretto un busto in villa comunale.
L’OPERA LIRICA
Con il nome “opera lirica” si intende quel genere letterario-teatrale
nel quale le azioni sono sottolineate da musica e canto; si chiama anche
melodramma. Per lo sviluppo della lirica in Occidente si deve molto al
teatro greco; l’opera lirica in quanto tale fu teorizzata nel ‘500. Già nel
Medioevo vi erano numerose rappresentazioni con la musica, ma non vi è
una derivazione diretta dell’opera lirica. Grazie alla Camerata Fiorentina
alla fine del ‘500 si gettano le basi dell’opera. Con Monteverdi (nel ‘600)
si trovano alcuni elementi nuovi, come le strofe e i ritornelli, l’alternanza
di parti cantate e dialogate e anche alcuni balletti. Nel 1637 a Venezia si
aprì il primo teatro per tutti. Nel ‘700 le coreografie si fanno piú semplici
e si differenziano l’opera seria e l’opera buffa. Alla fine del ‘700 trionfo
l’opera buffa, da cui derivano l’opera romantica e neoclassica. All’inizio
dell’800 Rossini fu l’italiano piú noto; Donizetti e Bellini sostituirono il
bel canto con la passione. Verdi introduce i temi dell’innocenza liberata e
della ricerca della libertà. Con l’opera romantica si aggiungono elementi
innovativi e sorprendenti. Nei Paesi di lingua tedesca si preferivano
rappresentazioni a carattere mitologico. Dall’opera romantica deriva
l’opera verista (Puccini), che aveva un grande sentimentalismo da
argomenti estranei ai precedenti e incentrati sulla borghesia. Da qui in poi
si differenziano molto le esperienze dei singoli, che non possono rientrare
in alcuna classificazione.
OPERA SERIA – BUFFA(Rossini)
OPERA ROMANTICA (Bellini,
OPERA LIRICA o MELODRAMMA Donizetti, Verdi, Wagner)
OPERA VERISTA o BORGHESE (Puccini, Strauss)
Verdi
Verdi nacque da una famiglia modesta e prese le prime lezioni dal
parroco del paese. Non riuscì a entrare nel Conservatorio di Milano, ma
riuscì comunque a prendere lezioni di organo, fino a diventare un maestro
di musica. Muoiono la moglie e la figlia. Delle sue prime due opere, una
è un grande successo, l’altra un fiasco. I patrioti dell’epoca vedono nelle
sue opere un forte significato patriottico, anche se in realtà le vicende
politiche facevano solo da sfondo alle vicende amorose. L’Aida fu
composta per l’inaugurazione del canale di Suez.
La Traviata (G. Verdi)
Il libretto è di Piave e il melodramma è un tre atti. Violetta è
l’amante del barone Dufour, che ha dato un grande banchetto. Prima della
festa, Violetta confida a un’amica di essere gravemente malata. Tutta la
sera balla con un ragazzo di nome Alfredo, che si innamora di lei. Nel
secondo atto essi sono già fidanzati, ma versano in gravi condizioni
economiche; il padre di Alfredo convince Violetta a partire per Parigi e
lasciare Alfredo. Violetta si reca a Parigi dall’amica Flora. Quando arriva
a casa di Flora c’è una festa e lì vi è anche Alfredo, che Violetta cerca di
convincere ad andare via. Nel terzo atto, Violetta giace morente a letto,
quando le arriva una lettera di Alfredo, che giunge appena in tempo per
stringerla nelle sue braccia prima che esali l’ultimo respiro.
Puccini
Puccini da ragazzo non aveva alcuna voglia di assecondare i
genitori che volevano fargli imparare la musica, ma dopo aver ascoltato
l’Aida decise di frequentare il Conservatorio a Milano per diventare egli
stesso compositore. Collaborò con l’editore Ricordi, che era il piú famoso
dell’epoca. Poiché il suo tenore di vita era molto basso, gli occorsero ben
5 anni per completare Edgar. Compose successivamente la Bohéme, la
Tosca, Madama Butterfly, la Fanciulla dell’Est e la Turandot.
Bohéme
Il libretto è di Illica e Giocosa ed è formata da quattro atti.
Marcello e tre suoi amici stanno parlando dentro la loro casa, ma arriva il
padrone che esige il pagamento dell’affitto. I ragazzi riescono peró a
mandarlo via e a questo punto escono tutti tranne Rodolfo. Bussa alla
porta Mimí, loro vicina di casa e Rodolfo, vedendola pallida, le offre un
bicchiere di vino. Si spegne d’improvviso la luce e Mimí perde la chiave
di casa. Al buoi Mimí e Rodolfo si accorgono di essere reciprocamente
attratti. Gli amici chiamano Rodolfo dalla finestra e nel secondo atto si
trovano al Café, dove li raggiungono anche altri tra cui Musetta, che si
innamorerà di Marcello. Nel terzo atto Mimí confida a Marcello di voler
lasciare Rodolfo perché troppo geloso; anche Rodolfo vorrebbe lasciare
Mimí, ma si addolcisce pensando al fatto che lei sia tisica. Nel quarto e
ultimo atto Rodolfo, Marcello e gli amici improvvisano un nuovo
banchetto come quello iniziale. Mentre stanno mangiando arriva Musetta,
che riferisce che Mimí è svenuta per le scale. I ragazzi cercano di
raccogliere i soldi per andare a chiamare un medico, ma questi non
giunge in tempo e Mimí muore nell’abbraccio di Rodolfo.
LA MUSICA ROMANTICA
La musica romantica è la musica composta secondo i principi dell'estetica
romantica. In senso stretto riguarda un arco di tempo che va dal XIX
secolo agli inizi del XX secolo.
Le forme musicali con trionfo del pianoforte [modifica]
Il linguaggio musicale in questo periodo ha una rapida evoluzione. Il
musicista romantico muta infatti la sua posizione sociale: da un
dipendente al servizio di chiese o corti diventa un libero professionista.
Per il musicista romantico la ricerca della libertà professionale significò
la possibilità di esprimere i propri sentimenti e le proprie passioni senza
dover obbedire alle rigide, aride regole formali del classicismo.
Si impose dunque una nuova libertà formale: alla melodia fu affidato un
ruolo-chiave come veicolo dell'espressione, ora frenetica ora malinconica,
anche grazie al frequente uso del modo minore. Le dinamiche si fecero
più irregolari, costellate dalle variazioni agogiche (accelerandi,
rallentandi, rubati). Notevole importanza ed autonomia acquisirono i
timbri strumentali.
Lo strumento musicale prediletto di quest'epoca fu il pianoforte per la
quantità di gradazioni d'intensità e timbro di cui era capace e per
l'elemento lirico e soggettivo legato alla presenza di un unico esecutore.
Nacquero in questo periodo nuove forme musicali caratterizzate dalla
brevità, quali il preludio, il notturno, la romanza senza parole, il foglio
d'album e il Lied, finalizzate ad un'espressione immediata dei sentimenti
e dei moti più intimi dell'animo umano. Brani che talvolta erano scritti "di
getto" (da cui il nome di un'altra forma tipica della letteratura pianistica di
questo periodo: l'improvviso), sotto l’impulso dell'ispirazione.
In quest'ambito si svilupparono due tendenze opposte: l'intimismo e il
virtuosismo. Il primo cercava suoni perlati, soffici e raffinati, evitava le
folle, si rifugiava nei salotti ed emergeva d'innanzi a pochi amici. Il
virtuosismo invece scatenava sonorità imponenti, tempeste di note e di
arpeggi. Era alla ricerca della folla e voleva mandarla in delirio,
trionfando su di essa.
Solitamente questo tipo di composizioni erano eseguite nei salotti di
signori facoltosi, mecenati delle arti e donne di cultura. I compositori
avevano modo di conoscersi fra loro ed è questa l'epoca dei grandi
scambi culturali, ad esempio tra Franz Liszt e Frederick Chopin, Felix
Mendelssohn e Robert Schumann. Quest'ultimo, insieme a Franz
Schubert si dedicò molto al Lied, una forma musicale tedesca da camera
per voce e pianoforte, basata su testi poetici sia d’autori romantici, sia
della tradizione popolare.
Virtuosismo e nazionalismo
Uno degli aspetti più particolari del Romanticismo musicale fu quello del
virtuosismo, cioè dell’eccezionale tecnica esecutiva dei musicisti.
Ricordiamo ad esempio il virtuoso del violino, Nicolò Paganini e il
virtuoso del pianoforte, Liszt. Liszt è anche considerato l’inventore del
poema sinfonico, una composizione per orchestra di forma libera ispirata
a suggestioni letterarie e naturalistiche, esplicitate nel titolo. La musica
aveva così il compito di tradurre in suoni i contenuti di un testo.
Inoltre, come già accennato in precedenza, in questo periodo accrebbe la
coscienza dell’identità nazionale e quindi anche l’interesse per le
tradizioni folkloristiche e per la storia, con la conseguente nascita della
storiografia musicale. I compositori studiavano il patrimonio di musiche e
canti popolari del loro paese, creando uno stile tipico e unico in cui
l’elemento popolare rinnovava lo stile e la struttura della musica. In
Boemia, Spagna, Norvegia, Russia e Finlandia si svilupparono perciò le
cosiddette "Scuole Nazionali", delle correnti musicali che cercavano di
affermare uno stile tradizionale libero dall’influenza tedesca, francese e
italiana. In particolare in Russia nacque il Gruppo dei Cinque formato da
Aleksandr Borodin, Modest Mussorgskij, César Cui, Mili Balakirev e
Nikolaj Rimskij-Korsakov.
L'opera romantica
In Italia e in Francia, l’età romantica fu un periodo di cambiamento anche
per l’opera lirica, i cui argomenti non furono più tratti dalla mitologia e
dai classici, bensì furono per lo più ispirati a soggetti storici.
Parigi fu la culla del grand-opéra, una sfarzosa miscela di spettacolo,
azione, balletto e musica, i cui autori furono inizialmente soprattutto
compositori stranieri stabilitisi in Francia, tra cui Gioachino Rossini
(Guillaume Tell) e soprattutto Giacomo Meyerbeer. Sempre a Parigi si
svilupparono i generi dell'opéra-comique e più tardi - nel periodo
tardoromantico - dell'opéra-lyrique.
In Italia, l'opera continuò a porre l'accento principalmente sull'uso della
voce. Agli albori del romanticismo italiano si collocano le figure di
Vincenzo Bellini e Gaetano Donizetti. In seguito, l'autore simbolo del
melodramma italiano dell'Ottocento, Giuseppe Verdi, proseguì sulla
strada tracciata dai suoi predecessori ma le sue opere mostrano un
sensibile incremento della componente realistica, tanto che l'aggettivo
romantico vi si lascia applicare con difficoltà e in modo comunque
parziale.
Più direttamente legata al filone tardoromantico fu l'opera italiana degli
anni Settanta e Ottanta dell'Ottocento. Il compositore italiano che seppe
far propri i temi e le ambientazioni fantastiche proprie del romanticismo
tedesco fu Alfredo Catalani.
Aspetti romantici si registrano ancora nei compositori della Giovane
scuola: Pietro Mascagni, Ruggero Leoncavallo, Francesco Cilea,
Umberto Giordano e soprattutto Giacomo Puccini, che in particolare con
Manon Lescaut (1893) diede vita ad una delle poche opere italiane
pienamente ascrivibili al filone tardoromantico.
L'opera romantica si affermò tuttavia soprattutto in Germania, grazie a
Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, Ludwig Spohr e soprattutto Carl
Maria von Weber, l'autore del Franco cacciatore (1821). Sulla scia di
Weber, Richard Wagner dedicò la prima parte della sua attività di
operista allo sviluppo dell'opera romantica tedesca. La sua ultima opera
concordemente considerata romantica è Lohengrin (1850), mentre
Tristano e Isotta (1865) sembra piuttosto collocarsi a cavallo tra
romanticismo e decadentismo.
SEMIOGRAFIA E SEMIOTICA
La semiotica o semiologia (dal termine greco σηµεῖον semeion, che
significa "segno") è la disciplina che studia i segni.
Considerato che il segno è in generale "qualcosa che rinvia a
qualcos'altro" (per i filosofi medievali "aliquid stat pro aliquo") possiamo
dire che la semiotica è la disciplina che studia i fenomeni di
significazione e di comunicazione. Per significazione infatti si intende
ogni relazione che lega qualcosa di materialmente presente a qualcos'altro
di assente (la luce rossa del semaforo significa, o sta per, "stop"). Ogni
volta che si mette in pratica o si usa una relazione di significazione si
attiva un processo di comunicazione (il semaforo è rosso e quindi arresto
l'auto). Le relazioni di significazione definiscono il sistema che viene ad
essere presupposto dai concreti processi di comunicazione.
La semiografia musicale è quella parte della teoria musicale che si occupa
dei segni e dei simboli utili per fissare su carta la musica: traduce il suono
ed il ritmo in nota registrandolo in uno spartito.
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