la Repubblica DOMENICA 26 FEBBRAIO 2012 R CULT SPETTACOLI ■ 56 CLASSICA. CD&DVD A CURA DI ANGELO FOLETTO BERG-BEETHOVEN VÊPRES SICILIENNES La registrazione non delude chi si era estasiato dal vivo a Bologna. Brucia la poesia nei fraseggi scarni e ispirati: vivida nei colori, con rara e malinconica emozione. Spettacolo in economia: proiezioni, luci, sedie, tutti i personaggi vestiti modernamente uguali, in proscenio o giù di lì. Il podio funziona ma si risparmia troppo sulle idee registiche e le voci. Orchestra Mozart, Isabelle Faust, violino/ Claudio Abbado – cd Harmonia Mundi Netherlands Opera, P. Carignani direttore, regiaLa Christof Loy – dvd Repubblica Opus Arte DA NON PERDERE.TEATRO Lo Cascio e Pirrotta col “medico” Bufalino Monologo Sabrina&Ginzburg una donna disperata Uno dei romanzi più secchi, drammatici e umani di Natalia Ginzburg, È stato così, con una donna disperata e gelosa che racconta una storia estrema, diventa uno spettacolo di Valerio Binasco, con protagonista Sabrina Impacciatore. Al Teatro della Tosse di Genova. Un a solo che parte da “Gli ho sparato negli occhi”. Genova. T. Tosse, dal 28 www.teatrodellatosse.it © RIPRODUZIONE RISERVATA Prosa Il dramma di Blanche con Antonio Latella Roma, T. Eliseo, dal 28 www.teatroeliseo.it Dindo è solista/ concertatore come si conviene alla natura di musiche, fuori dalle mode, e per questo preziose. Suonate e interpretate con classe e sobria passione. 26/2/12 Solisti di Pavia/Enrico Dindo, violoncello – cd Decca IL TEATRO DI RODOLFO DI GIAMMARCO. LA COMMEDIA DI ORLANDO Prosa Dalla parabola di una guarigione sentita come “diserzione” in un sanatorio palermitano per malati di tbc negli anni del dopoguerra, lo scrittore-poeta Gesualdo Bufalino, protagonista sopravvissuto a una sfida contro la morte, ricavò e abbozzò verso il 1950, e scrisse nel 1971, La diceria dell’untore, romanzo poi pubblicato nel 1981. Altrettanto siciliani, personalità artistiche molto differenti per vocazioni ed espressioni, ma qui artefici di una singolare ed efficace complementarietà, Luigi Lo Cascio e Vincenzo Pirrotta, compagni di teatro già vari anni addietro, si impegnano in scena in un onirico mistero buffo sulla cognizione del dolore e sul sentimento della fine. Lo spettacolo dello Stabile di Catania s’avvale di adattamento e regia di Vincenzo Pirrotta, che impersona una sorta di arcano medico-domatore, mentre Luigi Lo Cascio incarna il senso di colpa lirico ed elevato di Bufalino, con un bel cammeo d’amore per una ballerina che, al contrario di lui, è spacciata, e perirà in questo asylum ospedaliero che a tratti sembra un barocco manicomio di Charenton del Marat-Sade di Weiss. (r.d.g.) 6 CONCERTI PER VIOLONCELLO Prosa Il “nuovo” Brecht firmato Ronconi Luca Ronconi mette per la prima volta in scena Brecht, e lo fa al Piccolo di Milano rispettando il senso odierno e tradendo le convenzioni di Santa Giovanna dei macelli. Utilizza più mezzi espressivi per le imprese di Giovanna Dark dei Cappelli Neri contro un magnate della carne nella Chicago del 1929. Con ottimi attori. Milano, T. Grassi, dal 28 www.piccoloteatro.tv Isabella donna o uomo non fa nessuna differenza La Ragonese porta a teatro il romanzo di Virginia Woolf rielaborato dalla regista Emanuela Giordano come una saga anche troppo fantastica. Brava l’attrice tra slancio naif e mistero RODOLFO DI GIAMMARCO S Prosa Certezze domenicane per Massimiliano Civica © RIPRODUZIONE RISERVATA «Spesso sono gli abiti, a custodire l’apparenza virile o femminile, mentre il sesso profondo è l’opposto di quello superficiale», scrisse Virginia Woolf nel suo romanzo Orlando: A Biography del 1928. Un’opera che ignora la “trama” convenzionale e percorre in velocità tre secoli e mezzo di vicende dal ‘500 al ‘900. La più lunga lettera d’amore della storia - come definì il libro il figlio di Vita Sackville-West, per la quale fu scritto, e alla quale fu dedicato - è un accumulo avventuroso di rapporti sociali e sentimentali in una mappa volubile di orizzonti e costumi. Ma, soprattutto per la metamorfosi da ragazzo a ragazza della figura protagonista, Orlando è una pietra miliare moderna sull’androginia, sulla fungibilità dei sessi, sulle riflessioni identitarie. Motivo, questo, che ha ben ispirato il film di Sally Potter del 1992 con Tilda Swinton nel ruolo bifronte, e che a teatro ha indotto la visionarietà di Robert Wilson a ricavarne edizioni per Jutta Lampe, Isabelle Huppert e Miranda Richardson. Sulle nostre scene questo ruolo bisessuale tocca ora a Isabella Ragonese, che è uomo e donna ne La commedia di Orlando, libero adattamento dalla Woolf a firma della regista Emanuela Giordano. Uno spettacolo di taglio volutamente fiabesco, epi- Il dramma di Blanche che finisce pazza perché bella, volitiva e passionale. Il celebre Un tram che si chiama desiderio in una originale (e psicanalitica) rilettura del regista Antonio Latella con due interpreti come Laura Marinoni e Vinicio Marchioni: da vedere al Teatro Argentina di Roma. A trovare un toccante e comunicativo filo rosso tra le “certezze” di testi del domenicano medievale Eckhart e le “incertezze” di dialoghi odierni di Armando Pirrozzi si pone a garanzia, in Attraverso il furore, la messinscena di Massimiliano Civica, che con tre interpreti plasma un dittico secolare. Roma, T. Argentinam dal 28, www.teatrodiroma,it Roma, T. India, dal 27 www.teatrodiroma.net Prosa Prosa Prosa Le nostre intolleranze razziste nel cantiere violento di Koltès L’Edipo “assoluto” dei Marcido nel bunker mesopotamico Madre e Figlia di Lucia Calamaro in cerca della propria coscienza Gli spettatori issati tra le impalcature a due metri di altezza, tutt’attorno al palco-arena che osservano dall’alto come guardiani. È un’intuizione spiazzante quella di Renzo Martinelli che trasforma il suo Teatro i, la piccola e battagliera sala off di Milano che dirige, nel cantiere africano dove si svolge la dura trama di Lotta di negro e cani, che quasi trent’anni fa rivelò Bernard-Marie Koltès. Un’ambientazione iperrealistica tra tubi Innocenti e luci al neon, abitata da quattro ottimi giovani attori, che apre a un doppio piano metaforico. Perché da un lato evoca più vicini cantieri, quelli delle nostre città dove lavorano, e muoiono, manovali immigrati. Ma insieme, asciugando la messinscena da ogni esotismo (l’Africa del testo quasi non c’è, suggerita solo da voci della savana), attorno al cadavere dell’operaio nero ucciso dai bianchi resta lo scontro universale tra quattro disgraziate umanità, opposte per razza, classe e ideologia, specchio di ostinate intolleranze che culliamo dentro di noi. (simona spaventa) Marcido Marcidoris e Famosa Mimosa, da oltre vent’anni sulle scene con un approccio al teatro che è un misto sempre originale di visionarietà, liturgia e impegno acrobatico, torna al teatro greco dopo un decennio con l’Edipo Re di Sofocle. Riscritto ex novo, “alla maniera dell’Isi”, cioè di Marco Isidori, drammaturgo e regista in quest’occasione anche attore, in un testo veloce ed efficace. E come sempre, le scene ideate da Daniela Dal Cin –qui una sorta di Ziggurat mesopotamica che si trasforma in bunker- sono più personaggio che allestimento, e giocano un ruolo decisivo nel costringere gli attori (Lauretta Dal Cin che è l’umana Giocasta imbozzolata in una farfalla di rame, Maria Luisa Abate, Paolo Oricco, Stefano Re, Valentina Battistone, Virginia Mossi) a misurarsi in maniera del tutto fisica con la recitazione. Il teatro è coscienza per i Marcido e la coscienza è l’assoluto e la rovina di Edipo, e qui emergono tracce dell’Edipo tiranno di Holderlin, che ha ispirato il lavoro drammaturgico. (alessandra vindrola) «Quand’è che i ricordi ci lasciano in pace?», «Ho perso un impermeabile color buio dell’anima», «C’è un silenzio da fatto compiuto», «È morto Zanzotto, non ci voleva», «Io non sono una donna, sono una coscienza». È un frasario minimo, quotidiano e alienato che però declina genialmente un “silenzio parlato”, ossia la scrittura organica di Lucia Calamaro, autrice-regista(-attrice) che pezzo a pezzo ha varato al meglio quattro capitoli del suo L’origine del mondo, ritratto di un interno. Spietata e intima, anche nel terzo episodio (“Certe domeniche in pigiama”) crea un totem, la cucina a gas, e mette Madre e Figlia (Daria Deflorian e Federica Santoro, due irregolari da manuale) in notturna lizza, con lei Nonna intollerante, e col colpo di scena d’un Padre che parla per voce indotta (fuori campo) della Madre. E nel quarto (“Il silenzio dell’analista”), attorno a un lavello, la Figlia incarna anche lo strizzacervelli della mamma, con fenomenali perdite, retropensieri, domande nel vuoto. Vorremmo infiniti sequel. (r.d.g.) © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA “Lotta di negro e cani”, Milano, Teatro i, fino al 12 marzo “Edipo re” T. Gobetti, Torino, fino al 4 marzo ANDROGINO Isabella Ragonese in due scene di “La commedia di Orlando” dove interpreta una donna che diventa uomo “L’origine del mondo”, Teatro India, Roma, fino a oggi la Repubblica @ DOMENICA 26 FEBBRAIO 2012 ROCK. POP. JAZZ. CD&DVD A CURA DI GINO CASTALDO LE VOYAGE DANS LA LUNE Per accompagnare l’idea di cinema di Meliés, non c’era di meglio della fantasia sognante degli Air, della loro spericolata audacia costruttiva, delle loro sottili e “umane” trame elettroniche, con tanto amore per il genio del regista francese ALMA THE POLITICS OF ENVY Nel suo perenne girovagare ai piani alti della musica, Paolo Fresu incontra il pianista cubano e il violoncellista brasiliano per un insieme di preziose narrazioni sonore senza confine, dense e confortevoli Dal passato furore di The Pop Group agli attuali furori da solista, Stewart ha realizzato un disco ad alto tasso di energia, vigile, forte, dominato da un senso di rivolta, di rabbia post-industriale e battaglie poetiche Paolo Fresu, Omar Sosa, Jacques Morelenbaum Tuk music Air — Emi PER SAPERNE DI PIÙ www.operadiroma.it www.teatroi.org ■ 57 Mark Stewart Future Noise DA NON PERDERE. MUSICA Blues Arriva Johnny Winter chitarra indiavolata Sinfonica Yundi al piano per Chopin Primo artista cinese a vincere il Concorso Chopin di Varsavia nel 2000, il trentenne pianista Yundi torna in Italia con un ricco calendario e sontuoso programma monografico chopiniano: una scelta di Notturni e Polacche, e la Sonata n.2. Genova, il 27, Rovereto il 3, il 4 a Napoli, www.filarmonicarovereto.it co-popolare, esotico, giocoso. Un lavoro pervaso da malinconia e divertissement. Una parabola di voci, volti e vocazioni con un’anima musicale, che è armonica, della Bubbez Orchestra. Un’impresa vista al suo esordio al Teatro Massimo di Cagliari. Ora immaginiamoci le curiosità suscitate da un’attrice folgorante e naturale come la Ragonese, dotata (come insegna certa sua cinematografia d’autore, o il suo a solo teatrale Lady Grey di Will Eno) di un fascino mai solo muliebre, donnesco. Qui, in questo spettacolo composto di molti cammei, di più nature attitudinali, di progressive età, di recitato e di canto, di svariati generi di vestiario, e di due gender, Isabella Ragonese ha la bellezza rivelatoria d’essere un bell’Orlando “giovanotto” spinto da uno slancio naïf che avrebbe intrigato maestri di pittura (e chi va in cerca di istinto più che di tecnica). Mentre poi, da quando il personaggio trentenne - e l’attrice ha proprio quest’età, oggi - si converte in donna, sembra quasi che, anziché cercare un exploit d’avvenenza, elabori un mistero, un segreto onnicomprensivo, una maturità di connotati più attraenti perché più contemplativi, dopo che l’esperienza ha educato, e “si sa”. Niente di gelido, concettuale, intellettuale, però. Non lo permette il racconto illustrato ed elaborato come una saga da Emanuela Giordano, a volte persino troppo incline al fantastico, al cameratesco, agli incanti da gineceo animoso o consorziale, con la governante signora Grimsditch qui ribattezzata anche Virginia (Sarah Biacchi), e due cameriere e due uomini di fatica che assemblano un coro da commedia da camera. Tutte le azioni vengono giocate in uno spazio mutevole e guascone, gli stili sono suggeriti da cenni e stoffe (con cauti effetti “ragazzineschi” o da vamp), e a volte la fuggevolezza dei corpi e delle parole fa pensare alle filosofie aeree di SaintExupéry. D’altronde qui si punta di proposito alle congetture travolgenti, e anche ai pensieri divertenti, di una Virginia Woolf che nel paradosso inestricabile di maschile-femminile sentì anche una mancanza, sappiamo quanto fatale. © RIPRODUZIONE RISERVATA LA COMMEDIA DI ORLANDO oggi a Firenze, dal 6 a Milano Una delle voci e delle chitarre più riconoscibili del blues. Torna in concerto in Italia l’albino della musica del diavolo, Johnny Winter, vera leggenda della chitarra negli anni Settanta e Ottanta, produttore sopraffino di album storici e vincitori di Grammy per altri bluesman tra i quali Muddy Waters e James Cotton. A 78 anni Winter non ha perso voglia e bravura per stare degnamente sul palco. Citando un suo album dell’inizio degli anni Settanta si potrebbe dire Still Alive And Well, ancora vivo e in ottima salute. In quegli anni Johnny Winter riempiva gli stadi, il cappello nero calato sugli occhi tenuti sempre stretti per quel difetto di pigmentazione che sia lui sia il fratello soffrono dalla nascita, la figura allungata, ieratica, il suono magico delle sue dita sulle corde, fossero quelle di una chitarra elettrica o del suo magnifico dobro. La magia resta quella. (carlo moretti) Etnorock Il caso Tune Yards africana d’America Ha una voce nera ma non nel senso del soul, piuttosto nel suo più genuino significato etnico. Bianca, Tune Yards ha una voce d’Africa ma è nata nel New England. Suona l’ukulele, accompagnata da basso e sax. Inventa melodie e forse anche lingue magiche. Torino, Hiroshima Mon Amour, 2 marzo; Roma, Lanificio 159, il 3; Milano, Tunnel, il 4; Bologna, Locomotiv, il 6 Padova, Gran teatro Geox, stasera; Triste, Teatro Rossetti, il 27; Cologne Bresciano, Cinema Teatro, il 28 Opera Rap Verdi a Trieste finisce in un museo Caparezza l’eretico mette in scena l’ironia La più risorgimentale delle opere di Verdi è La battaglia di Legnano. L’opera sarà ambientata dallo scenografo-costumista Carlo Savi e dal regista Ruggero Cappuccio in una sorta di “deposito di un ideale museo dell’arte in Italia”. Diretta da Boris Brott. Caparezza riparte in tour. Interessante vedere come il rapper e musicista salentino trasferirà stavolta in quadri teatrali le sue canzoni. Perché la dimensione live è quella che meglio rende l’ironia della sua musica e “Il sogno eretico” non fa eccezione. Trieste, Teatro Verdi, fino al 3 marzo, www.teatroverditrieste.com Milano, Alcatraz, domani; Perugia, Palasport, il 2; La Spezia, Palamariotti, il 3 Opera Classica Opera Con il Romèo “influenzato” di Bocelli alla fine si salva solo Fabio Luisi Il bell’omaggio a Vieri Tosatti con le note mercuriali di Panfili Le allusioni di Puccini su Butterly con Steinberg risuonano senza muffe Il virus di stagione ha messo in forse ma non impedito il debutto genovese, presto discograficamente documentato, del Roméo di Andrea Bocelli (il sostituto, ha detto il sovrintendente prima dell’inizio, stava anche peggio) che ha incassato un bel po’ di applausi. L’ennesima (sesta in dieci mesi) produzione italiana dell’opera di Gounod, Roméo et Juliette, nel goffo spettacolo coprodotto con l’Opèra di Montecarlo, è così diventata l’esclusiva e motivata apologia dell’esecuzione di Fabio Luisi, impeccabile e pragmatico concertatore. Accortamente sbrigativo nelle pagine di pura funzionalità coloristico-narrativa, le più ovvie della partitura; intenso negli abbandoni lirici e nelle colorazioni orchestrali pastello ha restituito interiori e non leziosi i melodismi ribaditi e insinuanti della musica, bilanciando in finezza il piglio sicuro ma non ricercato né toccante di Maite Alberola (Juliette) e del resto del cast. (angelo foletto) Per sopravvivere si deve fare a cazzotti: sia in una palestra di pugilato della Roma di Pasolini che nel salottino di prima classe di un Frecciarossa. Con una differenza: sul ring, qualche volta, il brocco manda al tappeto il campione, sul treno quasi mai il passeggero vince il match con le leggi invisibili del travel business. È questo il senso amaro e irriverente di un dittico inedito andato in scena alla Filarmonica Romana e poi in tournée a Foligno e a L’Aquila: in un angolo Partita a pugni di Vieri Tosatti, un lampo di neo realismo nell’opera italiana degli anni Cinquanta, in quello opposto Frecciarotta di Riccardo Panfili, mercuriale, esplosiva anomalia “comica” nel paesaggio del teatro musicale contemporaneo. Le voci di Daniela Mazzuccato, Max René Cosotti, Carlo Riccioli e Marco Zannoni hanno messo in asse queste due complementari obliquità, l’Istituzione Sinfonica Abruzzese diretta da Marcello Bufalini ha disegnato intorno ad esse un solido “ring”. (guido barbieri) Nell’immaginario del pubblico, soprattutto italiano, Madama Butterfly è un’opera profondamente naturalistica e Puccini un musicista che porta sulla scena i sentimenti della gente comune. Il libretto, di Illica e Giacosa, sembrerebbe dargli ragione: “Noi siamo gente avvezza alle piccole cose”. Ma stanno veramente così le cose? O ciò che appare e si ode sulla scena è solo una maschera di altro? Il duetto d’amore che chiude il primo atto non è un duetto d’amore: lo crede solo Butterfly. Pinkerton ha già brindato, poco prima, alla sua “vera sposa americana”. Giorgio Ferrara tenta di costruire uno spettacolo antinaturalistico, allusivo. Pinchas Steinberg spoglia la partitura dalle muffe sdolcinate. Ma soprattutto Daniela Dessì ci dà il ritratto di una donna sempre sola, sobria, orgogliosa, sia se innamorata sia se finalmente consapevole e disperata. Bene il Pinkerton di Alexey Dolgov e tutti gli altri, l’orchestra e il coro. Con qualche stridore di troppo. Ma il pubblico è parso tiepido e disorientato. (dino villatico) © RIPRODUZIONE RISERVATA “Roméo et Juliette”,T. Carlo Felice, Genova, fino al 29 © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA “Partita a pugni” e “Frecciarotta”, Roma, Teatro Olimpico “Madama Butterfly”, Teatro dell’ Opera di Roma, fino al 28