2. Il dato biblico
1.  Gesù e il suo contesto
2.  Il comportamento di Gesù
3.  Il rapporto con Dio/Abbà
4.  Gesù e il Regno
5.  I titoli cristologici
6.  Verso il compimento
pasquale
7.  Il Risorto e la sua
ascensione
ISSR Pisa
a.a. 2014/2015
Mario Bracci
2.1. Gesù e il suo contesto
Come, dove, con chi è vissuto Gesù?
Quale l’orizzonte che lo ha accolto?
Chi ha condiviso il suo tempo, con quali attese?
N.B. è questo un modo per vedere la continuità/discontinuità di Gesù, il modo
e il mondo entro cui Gesù si comprende
•  Israele si pensa nella storia. Il piccolo credo storico
L’orizzonte entro cui si situa
l’evento Gesù
Gesù è ebreo tra ebrei, in questa cornice si
inserisce Gesù e la sua comprensione e il suo
annuncio di Dio, suo Padre
(Dt 26,5-9) descrive un Dio che chiama a sé un
popolo che vive una condizione di nomadismo
chiamandolo ad un futuro insieme.
•  Israele si pensa in un rapporto con Dio: la profezia
di Natan (2Sam 7,12-14) unisce il tema della
regalità con il tema della figliolanza: «Io gli sarò
padre, egli mi sarà figlio».
•  Il tempo dell’esilio è quello in cui la relazione
viene ‘riletta’ attraverso la metafora nuziale (Osea),
l’annuncio di una nuova alleanza (Ger 31-32) e del
dono dello Spirito (Ez 36-37)
•  Con il ritorno, l’immagine di Dio si coniuga con
l’agire storico-salvifico, così lo sguardo si divide:
all’indietro, con cui si pensa Dio che crea (Is 43), in
avanti, Dio che guida (Is 52) il suo popolo verso
un nuovo esodo (Is 49) e una nuova alleanza (Is 43)
•  Gerusalemme è il centro teologicoIl contesto spirituale
In Israele ci sono due centri spirituali:
Gerusalemme con il suo Tempio e, fuori da
Gerusalemme, la comunità si raccoglie nella
sinagoga
spirituale con il Tempio e la centralità
della componente sociale dei sadducei e
degli scribi o dottori della legge
•  Fuori Gerusalemme, le sinagoghe
diventano il centro dell’insegnamento e
dell’interiorizzazione della legge mosaica.
I gruppi hassidim (asidei = pii) si
configurano, al tempo di Gesù, nei volti
degli esseni, dei farisei e degli zeloti,
catalizzando il bisogno del popolo
d’essere guidato, di attendere l’agire di
Dio, apocalittico ed escatologico.
•  Gli esseni sono una comunità monastica maschile,
ispirata alla legge della santità, capace di istituire un
culto separato dal Tempio.
•  Una comunità al cui interno si trovano, in forma
I gruppi spirituali che Gesù
incontra
Esseni
Sadducei
Farisei
Zeloti
Dottori della legge
gerarchica, tre sacerdoti è un consiglio dei 12,
radunata nel deserto
•  Figura di riferimento è il maestro di giustizia: forse un
ex sacerdote ritiratosi nel deserto e contrario alla
scelta degli asmonei di riunire in un’unica figura
l’istituzione monarchica e sacerdotale
•  I temi teologici:
•  tempio spirituale: si fa riferimento a un’idea di
perfezionamento del singolo individuo
•  l’ interpretazione delle scritture, che comporta l’accesso la
salvezza
•  Un dualismo tra i figli della luce i figli delle tenebre
•  L’annuncio della fine imminente
•  La figura i un Messia, costruita attorno all’immagine del
profeta e di Aronne
•  Il gruppo dei sadducei è quello egemone all’epoca di
I gruppi spirituali che Gesù
incontra
Esseni
Sadducei
Farisei
Zeloti
Dottori della legge
Gesù
•  Il nome deriva dal sacerdote, di epoca davidica,
Sadoq (2Sam 15,24)
•  Vi appartengono ricche e aristocratiche famiglie;
tra loro veniva eletta la figura del sommo
sacerdote. Dal punto di vista politico sono filogovernativi
•  A Qumran, gli esseni vengono li considerano i figli
delle tenebre
•  Temi teologici:
•  Santità di Israele
•  Culto del tempio
•  Interpretazione della legge, limitata al Pentateuco
•  Distanza dalle attese escatologica ed alla resurrezione
dei morti
•  Il gruppo dei farisei è quello più rappresentato nella
I gruppi spirituali che Gesù
incontra
Esseni
Sadducei
Farisei
Zeloti
Dottori della legge
narrazione neotestamentaria
•  Il nome deriva da perushim, che significa ‘segregati’
•  Frequentano il tempio, godono del favore del
popolo perché offrono loro una via: l’osservanza
rigorosa della legge nello sforzo di realizzarla
osservandola
•  Temi teologici:
•  Attesa di un Messia regale, davidico
•  Giudizio finale con retribuzione personale, per cui le
buone e ogni che hanno un tesoro celeste (cfr. Mt
6,20)
•  Credono nella resurrezione dei morti (cfr. At 23,8)
•  Propongono un’osservanza delle leggi di
purificazione, un rituale da osservarsi e che norma la
vita religiosa fuori dal Tempio
•  È l’ala separatista dei farisei, quella con
I gruppi spirituali che Gesù
incontra
Esseni
tendenze indipendentiste nei confronti
dell’occupazione romana. Uno di loro,
Simone lo zelota, fa parte del gruppo dei
12 (cfr. Lc 6,15)
•  Temi teologici:
Sadducei
•  Totale signoria di Jahvé (Dt 6,4), cui
Farisei
corrisponde la santità del popolo
Zeloti
Dottori della legge
•  Figura di riferimento: Pincas (Nm 25,7-13)
•  Lo zelo per Dio poteva richiedere anche l’uso
della forza, una guerra santa che contemplava
anche il martirio
I gruppi spirituali che Gesù
incontra
Esseni
Sadducei
Farisei
Zeloti
Dottori della legge
Gli scribi o dottori della legge (cfr. Lc 5,17; 7,30)
sono i tecnici della legge, periti nelle
Scritture; hanno il compito di assicurarne la
dottrina.
Predicano in sinagoga e sono favore della
doppia valenza della Scrittura: giuridica e
religiosa
2.2. Il comportamento di Gesù
Qual è la ipsissima intentio Jesu?
Il suo comportamento fu nuovo: «che cosa è mai questo? Una nuova dottrina
insegnata con autorità?» (Mc 1,27)
N.B.
Si tratta di prendere in considerazione il rapporto esistente tra il comportamento
di Gesù e la sua identità personale
Un inquadramento
sociale
•  praticò la povertà come rinuncia alle ricchezze
(Mt 8,20; 10,21)
•  Praticò il distacco dai vincoli della famiglia di
origine (Mc 3,31-35; Gv 7,2-9)
•  Praticò il celibato (Mt 19,12; Lc 14,26)
•  Si distanzia da una certa forma di potere (Mt
20,24-28; Mc 3,1-6)
•  Fu un predicatore itinerante (Mc 6,6)
•  Si percepisce inviato a casa di Israele (Mt
15,24)
Seguendo il criterio di irriducibilità si evidenzia un
carattere originale di Gesù, anche nei confronti del
cristianesimo posteriore, che infatti mantiene una
proprietà economica personale (At 5,4; Rm 16,5) e
l’esperienza del matrimonio (At 21,8-9; 1Cor 9,5). Il
suo comportamento non viene considerato come
normativo per la stessa primitiva comunità, che
invece ravvisò in altro la sua portata autoritativa:
•  è un uomo libero eppure si sente al servizio di un
altro
•  la sua autorevolezza emergeva dal suo
comportamento e dalle sue parole
•  è costante il rimando alla sua identità, perché solo
in essa ha senso la sua predicazione
•  ma questa stessa identità si poggia nella relazione
intima che egli esplicita attraverso la sua
predicazione e i suoi gesti
Rapporto con i
discepoli
•  Chiama i suoi discepoli (Mc 1,16-20)
•  Chiede loro di seguirlo senza condizioni (Mt
8,22), rinunciano a ricchezze (Mc
10,21.29-30) a legami parentali (Mt 10,37-38;
19,12)
•  L’essere discepolo comporta sia prendere la
propria croce (Mc 8,34; Mt 10,38; Lc 14,27) che
perdere la propria vita (Mt 10,39; 19,29; Mc
8,35; 10,29; Lc 9,24; 18,29)
Ebbe dei discepoli, ma in modo differente
rispetto agli esseni o a Giovanni battista, così
come dai profeti apocalittici o dai maestri della
legge; è Lui stesso a chiamarli perché siano una
comunità attorno a Lui, senza gerarchie ed
itinerante. Non chiede lo studio della Torah, non
chiede d’essere interpretato come un maestro
(Gv 13,13).
La sua richiesta è quella di perdere la vita e
lasciare ogni cosa. In queste due richieste la
motivazione è sempre triplice: «a causa mia», «a
causa mia e del vangelo» ed infine «a causa del
Regno di Dio». Si possono comprendere come
sicuramente gesuane secondo il criterio della
molteplice attestazione e della coerenza, forse il
rimando alla croce è post-pasquale.
Per cui il discepolo di Gesù
Rapporto con i
discepoli
•  Chiama i suoi discepoli (Mc 1,16-20)
•  Chiede loro di seguirlo senza condizioni (Mt
8,22), rinunciano a ricchezze (Mc
10,21.29-30) a legami parentali (Mt 10,37-38;
19,12)
•  L’essere discepolo comporta sia prendere la
propria croce (Mc 8,34; Mt 10,38; Lc 14,27) che
perdere la propria vita (Mt 10,39; 19,29; Mc
8,35; 10,29; Lc 9,24; 18,29)
•  deve vivere una condizione di comunione con la
sua persona, con il suo destino e la sua missione
•  ciò comporta anche l’identità del discepolato,
questi infatti non prenderà mai il suo posto, non
diverrà mai a sua volta maestro, né farà dei suoi
discepoli perché l’unico criterio è il rapporto di
comunione con Gesù
I miracoli di Gesù
•  «Uomini d'Israele, ascoltate queste parole: Gesù
di Nazaret - uomo accreditato da Dio presso di
voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che
Dio stesso operò fra di voi per opera sua» (At
2,22)
•  «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto
e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi
camminano, i lebbrosi vengono sanati, i sordi
odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunziata la
buona novella» (Lc 7,22)
•  «Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio,
è dunque giunto a voi il regno di Dio» (Lc 11,20)
Il riferimento ai miracoli nei vangeli è vario: in
Gv questi assumono valore di segni, un criterio di
rivelazione e sono utilizzati a livello redazionale
per esprimere una cristologia compiuta.
Andando ai sinottici ci troviamo di fronte invece
a due tipi di miracoli:
•  esorcismi e guarigioni – circa 20
•  Miracoli sulla natura, come la tempesta sedata
(Mc 4,35-41), la pesca sovrabbondante (Lc
5,4-11), la moltiplicazione dei pani (Mc
6,32-44), e sulla morte, come la resurrezione
della figlia di Giairo (Mc 5,21-43) o della
vedova di Nain (Lc 7,11-17)
•  Rispetto alla loro storicità: ci troviamo di
I miracoli di Gesù
•  «Uomini d'Israele, ascoltate queste parole: Gesù
di Nazaret - uomo accreditato da Dio presso di
voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che
Dio stesso operò fra di voi per opera sua» (At
2,22)
•  «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto
e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi
camminano, i lebbrosi vengono sanati, i sordi
odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunziata la
buona novella» (Lc 7,22)
•  «Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio,
è dunque giunto a voi il regno di Dio» (Lc 11,20)
fronte ad dato della tradizione e secondo il
criterio della molteplice attestazione e della
coerenza non possono esseri rifiutati a priori.
•  Il loro senso può essere ambiguo: «chi cerca
segni di credibilità resta prigioniero di se
stesso» (Bonhoeffer)
•  Cosa ci rivelano di Lui?
•  Rimandano alla relazione personale con Lui: egli
chiede la fede in Lui (Mc 8,31)
•  Occorre porsi di fronte a questi dal punto di
vista di chi li compie: sono per Gesù la
testimonianza del compimento della Scrittura e
dell’irruzione irrevocabile di Dio, del suo Regno
•  Gesù si percepisce di fronte alla Torah come
Il suo rapporto con la
Scrittura
•  «È più facile che abbiano fine il cielo e la
terra, anziché cada un solo trattino della
Legge» (Lc 16,17)
•  «Il sabato è stato fatto per l'uomo e non
l'uomo per il sabato! Perciò il Figlio
dell'uomo è signore anche del sabato» (Mc
7,27s)
•  «non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando
in lui, possa contaminarlo; sono invece le
cose che escono dall'uomo a
contaminarlo» (Mc 7,15)
colui che è venuto non ad abolirla, ma a
portarla al suo compimento.
•  Il discorso della montagna (Mt 5-7) rilegge la
Scrittura alla luce della irruenza irrevocabile di
Dio: il suo Regno è vicino e Dio viene nel
venire del suo Regno.
•  La legge dunque è indirizzata al Regno, da qui
la sua interpretazione e verità: non la norma
per la norma, ma questa per la sua salvezza
•  Testo chiave: Lc 4,14-30. Alla sinagoga di
Nazaret legge Is 61,1-2. L’accoglienza di Lui è
l’accoglienza del regno messianico: la sua
persona è il compimento e l’ultimo intervento
di Dio. Oggi Dio compie la sua promessa.
Il suo rapporto con il
Tempio
«Andarono intanto a Gerusalemme. Ed entrato
nel tempio, si mise a scacciare quelli che
vendevano e comperavano nel tempio; rovesciò i
tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di
colombe e non permetteva che si portassero
cose attraverso il tempio. Ed insegnava loro
dicendo: «Non sta forse scritto: La mia casa sarà
chiamata casa di preghiera per tutte le genti? Voi invece
ne avete fatto una spelonca di ladri!». L'udirono i
sommi sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo
di farlo morire. Avevano infatti paura di lui,
perché tutto il popolo era ammirato del suo
insegnamento» (Mc 11,15-18)
Gesù si reca al Tempio durante le festività
annuali.
Il brano della cacciata dei venditori non ha
però il proprio fulcro nella cacciata, bensì
nella testimonianza della critica di Gesù
all’idea sacrificale-legalista. Il tema è
piuttosto l’annuncio del nuovo tempio, del
nuovo santuario escatologico creato da Dio
stesso mediante Gesù, un tempio aperto a
tutti.
Gesù quindi non tende a superare il precetto
cultuale, piuttosto lo orienta al compimento
pasquale.
•  Il suo comando è una radicalizzazione dell’amore
Gesù legislatore
«Ma a voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri
nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite
coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi
maltrattano… Se amate quelli che vi amano, che
merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E
se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che
merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E
se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che
merito ne avrete? Anche i peccatori concedono
prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate
invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza
sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete
figli dell'Altissimo; perché egli è benevolo verso
gl'ingrati e i malvagi.» (Lc 6,27-28.32-35)
– che peraltro è simile ad indicazioni stoiche
(Seneca, Marco Aurelio) o giudaiche – che Gesù
però spinge fino all’amore per il nemico, per colui
che è fuori da Israele, per il peccatore, l’impuro
(cfr. Lc 10,30-37), il persecutore della comunità
(Mt 5,44).
•  Il comando è contestuale all’annuncio del Regno:
Dio ha deciso irrevocabilmente di essere a favore
dell’uomo peccatore; Gesù richiama l’uomo ad
agire come Dio agisce, secondo la sua
misericordia: «Siate misericordiosi, come è
misericordioso il Padre vostro» (Lc 6,37).
•  Il rimando all’amore è in realtà un rimando a Dio
come Padre e alla nuova relazione che il regno
porta con sé: «affinché diventiate figli del Padre
vostro» (Mt 5,45)
2.3. Il rapporto con Dio/Abbà
La domanda sull’identità di Gesù si affaccia sulla sua relazione filiale con Dio.
La sua preghiera, l’annuncio che egli fa di Dio passa per un rapporto che Gesù
ha nei confronti di Dio/Abbà
Cosa sa Gesù del Padre?
Quali caratteri mostra del Padre sicché ne viene co-determinato come Figlio?
•  Abbà – caro Padre. Ci troviamo di fronte a come ci si
rivolgeva un genitore, anche da adulti. L’espressione
viene mantenuto nella comunità come riferimento a
un’espressione autenticamente gesuana (Rm 8,5; Gal
4,6)
La preghiera di Gesù
Lc 10,21-22 – grido di giubilo
Gv 11,41-42 – resurrezione di Lazzaro
Gv 17 – preghiera sacerdotale
Mc 14,36 – invocazione nel Getsemani
Lc 23,34 – richiesta di perdono sulla croce
•  La Sua preghiera si svolge lungo due direttrici: verso
l’alto e in avanti, da e verso l’incontro con il Padre
•  Una preghiera che dice la prossimità, l’approssimarsi
di Dio come Padre, del suo essere definitivamente il
Dio-con-noi
•  Una preghiera che dicendo, dà: il dir-si di Dio è
tutt’uno con il suo dar-si
•  Così Gesù, all’approssimarsi della sua morte,
domanda la vicinanza del Padre
•  Nella preghiera le sue labbra si aprono al Padre, ma
al contempo si legano all’umanità: colui che venuto
per donare, dona ricevendo nella nostra umanità.
•  La scena precedente si concludeva con l’invito a divenire
Il suo dono
del Padre
«un tale gli corse incontro e … gli domandò:
‘Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita
eterna?’ Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: ‘Una cosa
sola ti manca: va', vendi quello che hai e dàllo ai
poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi’.
Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò
afflitto, poiché aveva molti beni … Gesù riprese:
‘Figlioli, com'è difficile entrare nel regno di Dio!’ …
Pietro allora gli disse: «Ecco, noi abbiamo lasciato
tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In
verità vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa
o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a
causa mia e a causa del vangelo, che non riceva già al
presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e
madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel
futuro la vita eterna» (Mc 10,17-31).
come bambini per entrare nel Regno (Mc 10,15): il
bambino entra nel regno non per ciò che fa, non per il
suo agire autonomo, non per la sua giustizia ma proprio
per il suo essere completamente dipendente da altri.
•  L’immagine viene così ribadita nell’episodio del giovane
ricco: egli non chiede come ottenere la vita eterna, ma
come fare per ereditarla, per appartenere alla
discendenza, come fare ad avere lo stesso Padre di Gesù
•  Da qui lo sconforto dei discepoli: hanno lasciato tutto –
case, fratelli, sorelle, madre, padre, campi - eppure non
basta.
•  Gesù risponde ribadendo lo stesso elenco, ma
omettendo solo la figura del Padre. Questi non lo si avrà
come ricompensa, lo si può avere solo in eredità se si
riconosce Gesù come Figlio e di riceverLo da Lui.
•  Il Padre è donato dal Figlio perché solo il Padre dona il
Figlio. Si tratta di entrare in questa relazione necessaria.
•  Gesù presenta se stesso come l’ultimo
La sua identità
filiale
«Un uomo piantò una vigna, vi pose attorno una siepe,
scavò un torchio, costruì una torre, poi la diede in affitto a
dei vignaioli e se ne andò lontano. A suo tempo
inviò un servo a ritirare da quei vignaioli i frutti della
vigna. Ma essi, afferratolo, lo bastonarono e lo
rimandarono a mani vuote. Inviò loro di nuovo un
altro servo: anche quello lo picchiarono sulla testa e
lo coprirono di insulti. Ne inviò ancora un altro, e
questo lo uccisero ... Aveva ancora uno, il figlio
prediletto: lo inviò loro per ultimo, dicendo:
Avranno rispetto per mio figlio! Ma quei vignaioli
dissero tra di loro: Questi è l'erede; su, uccidiamolo e
l'eredità sarà nostra. E afferratolo, lo uccisero e lo
gettarono fuori della vigna» (Mc 12,1-8).
inviato dal Padre
•  In questo modo si opera una distinzione tra i
servi inviati – i profeti, i giusti (cfr. Is 5,1-7;
Ger 7,25-26) – e Lui stesso.
•  Gesù mostra come la sua venuta sia la scelta
definitiva del Padre, il compimento della
storia di Israele
•  Il Figlio è inviato dal Padre perché solo il
Padre dona il Figlio. Si tratta di riconoscere
nell’agire di Gesù la paternità di Dio.
La sua storia concreta
nell’affidamento al Padre
«Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da
me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma
ciò che vuoi tu» (Mc 14,36).
E subito, mentre ancora parlava, arrivò Giuda,
uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e
bastoni mandata dai sommi sacerdoti, dagli scribi
e dagli anziani … Allora Gesù disse loro: «Come
contro un brigante, con spade e bastoni siete
venuti a prendermi. Ogni giorno ero in mezzo a
voi a insegnare nel tempio, e non mi avete
arrestato. Si adempiano dunque le Scritture!». (Mc
14, 43.48-49)
•  Gesù si rivolge al Padre in una radicale intimità
•  La sua relazione con Dio è di piena obbedienza
e di totale affidamento
•  Gesù interpreta la propria vita in relazione alla
volontà del Padre e all’adempimento delle
Scritture, luogo in cui egli ode la parola paterna
•  Il senso delle Scritture è un senso per Gesù
stesso. Il Padre parla per mezzo della Scrittura.
•  L’agire di Gesù affonda le proprie radici nella
sua interpretazione della Scrittura, parola che il
Padre rivolge a Lui e che Lui ode e sente rivolta a
Lui, personalmente.
•  Gesù utilizza qui un’immagine per una
Il sapere il Padre di
Gesù
«Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse
il sapore, con che cosa lo si potrà render salato?
A null'altro serve che ad essere gettato via e
calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del
mondo; non può restare nascosta una città
collocata sopra un monte, né si accende una
lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il
lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che
sono nella casa. Così risplenda la vostra luce
davanti agli uomini, perché vedano le vostre
opere buone e rendano gloria al vostro Padre che
è nei cieli» (Mt 5,13-16).
comparazione: chi è sale o luce compie
opere che risplendono della bontà di coloro
che le compiono e rendono gloria a Dio
•  Come discepoli nel loro agire indicano un
altro – l’agire buono del Padre – così Gesù
non rimanda sé, ma al Padre.
•  Gesù non addita sé, ma è venuto a mostrare
e a dire il Padre, così, nel dirlo, lo dona: «le
vostre opere buone rendono gloria al vostro
Padre» (v. 16)
Il sapere il Padre di
Gesù
«Guardatevi dal praticare le vostre buone opere
davanti agli uomini per essere da loro ammirati,
altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre
vostro che è nei cieli… Quando invece tu fai
l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la
tua destra, perché la tua elemosina resti segreta; e il
Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà…
E quando digiunate, non assumete aria malinconica
come gli ipocriti … Tu invece, quando digiuni,
profumati la testa e lavati il volto, perché la gente
non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel
segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti
ricompenserà». (Mt 6,1-6.16-18).
•  Il Padre vede nel segreto del cuore
•  Come il Padre fa sorgere il sole sui giusti e i
malvagi, mostrando amore che non fa
distinzioni, così i discepoli sono invitati ad
amare i nemici di Dio ama così
•  È l’amore mostrato da Gesù, il Figlio, ai
discepoli che li rende capaci d’amare
dell’amore del Padre ed essere loro figli
2.4. Gesù e il Regno
Il regno è il contenuto della predicazione di Gesù: «il tempo è compiuto e il
Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo» (Mc 1,5).
Questo annuncio è incastonato tra il battesimo e la morte di Gesù: là dove
l’inizio dice il destino ultimo mentre la morte l’accoglienza definitiva della
signoria.
Cosa significa dunque «Regno»?
Quando arriva Gesù esso entra nel tempo, perché?
•  Il Regno – la basiléia tou Theu – viene e ha
da venire
L’irruenza definitiva
di Dio nella storia
Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di
Dio e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di
Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo» (Mc
1,14s)
Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi,
perché il regno dei cieli è vicino» (Mt 4,17)
«Quanto poi a quel giorno o a quell'ora, nessuno li
conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il
Figlio, ma solo il Padre. State attenti, vegliate,
perché non sapete quando sarà il momento
preciso» (Mc 13,33)
•  È imminente la sua venuta
•  Se è certa la venuta è però sconosciuta la
sua ora, da qui la condizione di attesa
operosa, di conversione: un invito a
lavorare sulla propria condizione invece
che essere passivi
•  Ora sta accadendo che il Regno viene:
l’uditore è chiamato ad orientare il Regno
con la presenza, con il venire di Gesù, con
l’annuncio dell’irrevocabile decisione di
Dio, il Padre
•  Il Regno è connesso al giudizio (cfr. Mt 25,32-46).
Le caratteristiche del
Regno
«Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che
ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma
mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò
zizzania in mezzo al grano e se ne andò… E i servi
gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla?
No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la
zizzania, con essa sradichiate anche il grano… Il
Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali
raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti
gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace
ardente dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i
giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre
loro» (Mt 13,24-29.41-43)
Viene con il venire del Figlio.
•  Il campo viene seminato con la parola, l’annuncio
di Gesù; questa cresce nel campo accanto alla
zizzania. La venuta dell’una è quindi accanto
all’altra; la zizzania misteriosamente non viene
sradicata
•  È il Figlio però che determina il raccolto perché gli
uni siano scartati, gli altri risplendano nel regno del
Padre loro.
•  Il Regno viene nel venire/accogliere il Figlio,
cosicché la sua accoglienza è l’essere generati a figli
dal Padre
•  Il venire del regno è quindi un tempo di
generazione: avviene nel tempo, misteriosamente
cresce come la pasta per il lievito (Mt 13,33)
•  Sono queste le prime parole che vengono messe in
Il venire del Regno
nel giungere di Gesù
«Lascia fare per ora, poiché conviene che
così adempiamo ogni giustizia [πληρῶσαι
πᾶσαν δικαιοσύνην]» (Mt 3,15)
«Il tempo è compiuto [πεπλήρωται ὁ
καιρὸς] e il regno di Dio è vicino;
convertitevi e credete al vangelo» (Mc 1,15)
«Oggi si è adempiuta questa Scrittura
[Σήμερον πεπλήρωται ἡ γραφὴ] che voi
avete udita con i vostri orecchi» (Lc 4,21)
bocca a Gesù nei sinottici e hanno una
coincidenza lessicale: il verbo πληρόω - plēróō
•  Mt lega la parola di Gesù alla voce che verrà dal
cielo al battesimo: la voce del Padre. Gesù legge la
storia della salvezza e riconosce questo tempo, il
suo, come quello del compimento della giustizia,
della storia della salvezza.
•  Mc riconosce nel venire di Gesù il compimento del
tempo della grazia. Gesù sta nel tempo come in
questo si compie la volontà del Padre (cfr. 14,36:
«non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu»; 9,12:
«sta scritto che il Figlio dell’uomo»).
•  Lc mostra Gesù leggere Isaia, ma è Isaia che
annuncia Gesù. Gesù è la perfezione della
Scrittura: l’annuncio è qui realizzato, gli effetti
permangono perché l’intera Scrittura si compie in
Lui - «deve compiersi in me quanto sta
scritto» (22,37).
•  Il Regno è accoglienza della salvezza per
Un compimento che
proietta
«Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con
tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con
tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso»
… Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a
Gesù: «E chi è il mio prossimo?». Gesù
riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme
a Gerico e incappò nei briganti … Invece un
Samaritano … lo vide e n'ebbe compassione.
Gli si fece vicino … Chi di questi tre ti
sembra sia stato il prossimo di colui che è
incappato nei briganti?... Va' e anche tu fa' lo
stesso» (Lc 10, 25-37)
coloro che accolgono Gesù e il suo
messaggio: il Padre suo
•  Il Regno ha la caratteristica del Padre: è
offerta di amore e vive della
riconciliazione, della vicinanza
•  Nel venire di Gesù il Padre si fa prossimo,
così il Regno è questione di azione: «Va' e
anche tu fa' lo stesso»
•  Il regno è quindi escatologico, teologico e
soteriologico
2.5. I titoli cristologici
A partire dalla forma degli effetti prodotti da Gesù, è possibile identificare la forma
che suscitò tali effetti?
Possiamo dai vangeli giungere a come Gesù si è compreso?
N.B.
1.  Si tratta di ricostruire, in modo indiretto, il possibile profilo intenzionale
2.  Gesù non si esplicita, si lascia invece riconoscere
3.  Nei vangeli non c’è la risposta alla questione dell’autocoscienza di Gesù, ma
descrivono lo stagliarsi della sua identità nella pretesa contenuta nei gesti e nelle
parole con cui si dice e si offre
Cristo - Messia
Confessione di Pietro (Mc 8,29; Lc 9,20; Mt
16,16)
Ingresso a Gerusalemme (Mc 11,1-11)
Interrogatorio di Caifa (Mc 14,61; Mt
26,63; Lc 22,67)
Titolo della croce (Mc 15,26; Mt 27,37; Lc
23,38)
Il contesto in cui si situa l’espressione:
•  Un Messia senza Messia (Is 4,4-5; 43,11; 60,16-22; Am
2,15; Sof 1,14-18) perché è Dio stesso che verrà alla
fine dei tempi
•  Un Messia utopico-apocalittico, atteso secondo le
profezie (Elia, Mosè, Melchisedek)
•  Un Messia di restaurazione (Is 11,1-9)
•  Un Messia regale, l’unto (in greco: χριστός kristós, in
ebraico: mesuha)del Signore
•  Qumranico, ossia sacerdotale
Le fonti evangeliche però lo annunciano in due modi:
1.  Il messia doveva nascere a Betlemme (Mt 2,4-6; Gv
7,41-42)
2. 
Il messia sarebbe giunto in modo nascosto (Mc 8,27-29;
Gv 7,27)
Di certo manca l’indicazione di un messia sofferente e/o
sconfitto
Gesù reinterpreta la figura del Messia.
Cristo - Messia
Confessione di Pietro (Mc 8,29; Lc 9,20; Mt
16,16)
Ingresso a Gerusalemme (Mc 11,1-11)
Interrogatorio di Caifa (Mc 14,61; Mt
26,63; Lc 22,67)
Titolo della croce (Mc 15,26; Mt 27,37; Lc
23,38)
Se da un lato lascia ad altri l’attribuzione del
titolo alla sua persona (a Pietro e a Caifa e in
un certo senso anche nel titulus crucis),
dall’alto però ne impone una
riconfigurazione – come fa intendere anche
l’obbligo del silenzio a Pietro – sulla base
degli eventi futuri: la sua sofferenza (Mc
8,31-33).
Così, si può affermare che non abbia escluso
d’esserlo, eppure si distanzia da ciò che era
atteso curvandolo lungo la direzione filialepaterna che la sua identità impone
Compare sulle labbra di Gesù sempre e solamente in terza
persona
Il contesto:
•  Traduce l’espressione figlio di Adam con cui dire la
Figlio dell’uomo
«Io lo sono! E vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla
destra della Potenza e venire con le nubi del cielo» (Mc
14,62)
«E cominciò a insegnar loro che il Figlio
dell'uomo doveva molto soffrire, ed essere
riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e
dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni,
risuscitare» (Mc 8,31)
«Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il
potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e
va' a casa tua»(Mc 2,10)
condizione umana
•  Il riferimento al testo apocalittico di Dn 7,9-14 conduce ad
un individuo collettivo, ma anche ad Israele come popolo
eletto
L’uso di Gesù
•  Escatologico
•  Relativi alla sofferenza e alla morte
•  Collegato al suo ministero storico-salvifico
Sembra dunque sia usato in riferimento alla sua
condizione – presente e futura – chiedendo dunque una
interpretazione capace di passare tenere assieme sia
l’identità umana (uomo, figlio di Adamo) che filiale (figlio
di Dio che è il Padre suo e dal quale proviene e va’)
•  Si tratta del titolo più variamente
Figlio di Dio
Gli spiriti immondi, quando lo vedevano, gli si
gettavano ai piedi gridando: «Tu sei il Figlio di
Dio!» (Mc 3,11)
Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò
dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio
benedetto?» (Mc 14,61)
Allora il centurione che gli stava di fronte,
vistolo spirare in quel modo, disse: «Veramente
quest'uomo era Figlio di Dio!» (Mc 15,39)
Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di
Dio, tu sei il re d'Israele!» (Gv 1,49)
attribuito a Gesù: angeli, demoni, voce dal
cielo, indemoniati, Pietro, Caifa,
Natanaele, folla, centurione romano
•  Ma altrettanto comune al mondo grecoromano che alla tradizione israelitica.
Israele è figlio di Dio, come gli angeli, i
giusti e i re
La sua identità è
ricevuta: è Figlio
Quando i suoi genitori lo videro, rimasero stupiti;
e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto
così? Ecco, tuo padre e io ti cercavamo, stando in
gran pena». Ed egli disse loro: «Perché mi
cercavate? Non sapevate che io dovevo trovarmi
nella casa del Padre mio?» (Lc 2,48-49)
Parabola del padre misericordioso (Lc 15,11-32)
«Chi tra di voi al figlio che gli chiede un pane darà
una pietra? O se gli chiede un pesce, darà una
serpe? Se voi dunque che siete cattivi sapete dare
cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre
vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che
gliele domandano!» (Mt 7,9-11)
Il tema dell’obbedienza filiale in Israele era
passato da archeologico ad escatologico (“Io
sarò per lui un Padre e lui sarà pe me un figlio”,
2Sam 7,14) ma manteneva tutti i caratteri
dell’obbedienza rispetto alla signoria di Dio.
Gesù vive una relazione con Dio che legge con
le categorie proprie della vicenda umana: lui ha
un’esperienza di filialità per la paternità e
maternità di Giuseppe e Maria. Questa
esperienza umana si apre, si fa capace di dire la
sua identità e apre uno squarcio sulla sua
esperienza di Dio e all’esperienza di Dio stesso:
Dio ora si dice in quella esperienza umana, in
Gesù.
La sua identità è
ricevuta: è Figlio
«Un uomo piantò una vigna … poi la diede in affitto a
dei vignaioli e se ne andò lontano. A suo tempo inviò
un servo …Ma essi, afferratolo, lo bastonarono e lo
rimandarono a mani vuote. Inviò loro di nuovo un
altro servo … Ne inviò ancora un altro, e questo lo
uccisero; e di molti altri, che egli ancora mandò,
alcuni li bastonarono, altri li uccisero. Aveva ancora
uno, il figlio prediletto [υἱὸν ἀγαπητόν]: lo inviò
loro per ultimo» (Mc 12,1-12)
«Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno
conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce
il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo
voglia rivelare» (Mt 11,27)
La sua identità filiale poggia sull’esperienza che
egli ha del Padre, sul suo udirLo, conoscerLo,
saperLo in un intimità che è tutt’uno con la sua
umanità e che dice unicità: ὁ ἀγαπητός
(agapētós, tr. it: amato, unico; cfr. Mc 1,11; 9,7; 12,6)
Così il suo annuncio è il cuore stesso del suo
rapporto: Dio è Padre di quell’uomo, cosicché
solo quell’esperienza umana è capace di dire Dio
e lo dice dandolo.
Non si tratta di un’interpretazione, ma di una
relazione: si apre includendo. Dio è il Padre nel
riconoscimento filiale che solo Gesù può
operare ed egli è il Figlio solo nel dono che sente
rivolto a se stesso da parte del Padre.
La sua identità è
ricevuta: è Figlio
«Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché
hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e
le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a
te» (Mt 11,25-26)
«Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. Io sapevo che sempre
mi dai ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno,
perché credano che tu mi hai mandato» (Gv 11,41-42)
«E ora, Padre, glorificami davanti a te, con quella gloria che
avevo presso di te prima che il mondo fosse… E la gloria che
tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano come noi
una cosa sola… Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto,
ma io ti ho conosciuto; questi sanno che tu mi hai mandato. E
io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere,
perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in
loro» (Gv 17,2.22.25-26)
In tutto ciò risplende l’identità filiale di Gesù, il suo
carattere di amore. L’identità si staglia proprio nella
certezza di una presenza, nella manifestazione di un
amore paterno che in Lui ha radici. Da qui egli
muove, da una realtà percepita nel presente – il
Regno è qui – invece che escatologico/futura.
La sua risposta al Padre sta e cade nella stessa
risposta che riceve dal Padre: la sua attitudine
obbediente è la forma filiale dell’attitudine
benevolente del Padre.
Il Padre è dunque la misura, le regola del suo agire:
«mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha
mandato e compiere la sua opera» (Gv 4,34).
Così, se Gesù è fonte di acqua viva (Gv 4,14; ) è
perché dal Padre riceve: «il Figlio da sé non può fare
nulla se non ciò che vede fare dal Padre» (5,19)
La sua identità è
dono: il suo Spirito
«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il
momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi
guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà
da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi
annunzierà le cose future. Egli mi glorificherà,
perché prenderà del mio e ve l'annunzierà. Tutto
quello che il Padre possiede è mio; per questo
ho detto che prenderà del mio e ve
l'annunzierà» (Gv 16,12-15)
Se Gesù dona se stesso al Padre è perché ha imparato
a donare proprio dal Padre, lo ha imparato ricevendo
(cfr. Eb 5,7-8). Così la sua vita è un dono di sé: «Io
non posso far nulla da me stesso; giudico secondo
quello che ascolto … non cerco la mia volontà, ma la
volontà di colui che mi ha mandato» (Gv 5,30)
Il dono che Gesù riceve dal Padre è lo Spirito (cfr.
battesimo: Mc 1, 9-11 //; Gv 1, 32-34; cfr. tema della
gloria in Gv 17.19) e questo dono diventa in Lui
esperienza di accoglienza e di riconoscenza che si
apre all’altro: lo Spirito che il Padre ha versato su di
Lui ora egli lo riversa sui fratelli.
Questo Spirito ha imparato ad ascoltare nella carne di
Gesù quel dialogo filiale e paterno: ha ascoltato la
parola filiale, ricorda l’unione intima che si fa uno, ha
imparato a dire quel dialogo paterno-filiale e lo ha
fatto dalla parte del Figlio incarnato.
La sua identità è
dono: il suo Spirito
«Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e
fu condotto dallo Spirito nel deserto … Gesù ritornò in
Galilea con la potenza dello Spirito Santo» (Lc 4,1.14)
Giovanni rese testimonianza dicendo: «Ho visto lo Spirito
scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui. Io
non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con
acqua mi aveva detto: L'uomo sul quale vedrai scendere e
rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito
Santo» (Gv 1,32-33).
«Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai
dato, perché siano una cosa sola, come noi… perché tutti
siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te,
siano anch'essi in noi una cosa sola» (Gv 17,11.21).
Così Gesù non è solo il Messia pieno di Spirito, che
raccoglie in sé i doni che lo Spirito aveva distribuito
in Israele, ma è il Signore dello Spirito che lo
comunica.
Lo Spirito opera ‘in Lui’, non ‘su di Lui’ perché
quella inabitazione del Figlio nel Padre (cfr. Gv
14,11.20) avviene nell’inabitazione dello Spirito nel
Figlio Gesù. L’unione, l’essere uno, avviene
nell’altro (cfr. Gv 17).
Questa relazione passa per l’alterità che si fa
affettuosa accoglienza e reciproca ospitalità della
differenza: come Gesù è Figlio nel Padre e lo è
nell’umanità, così per Gesù lo Spirito è dal Padre e
si fa ospite della e nella umanità per la sua fililiatà.
La sua identità è
dono: il suo Spirito
«Proprio per questo nei giorni della sua vita terrena
egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a
colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per
la sua pietà; pur essendo Figlio, imparò tuttavia l'obbedienza
dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza
eterna per tutti coloro che gli obbediscono» (Eb 5,7-9)
«se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una
giovenca, sparsi su quelli che sono contaminati, li
santificano, purificandoli nella carne, quanto più il
sangue di Cristo, che con uno Spirito eterno offrì se stesso
senza macchia a Dio» (Eb 9,13-14).
Lo Spirito opera ‘in Lui’ e Gesù nello Spirito agisce.
Questa mutua relazione si fa capace della differenza
in modo da non esserne limitata, bensì capace della
differenza acquisita. Così egli agisce ed opera,
proprio perché rende presente la differenza:
annuncia il perdono perché conosce l’amore del
Padre e lo rende presente come perdono, con gesti
di perdono.
Questa affettuosa mutua inabitazione è da Lui
stesso vissuta: impara a dire ed ad ascoltare Dio
nella/dalla/per la sua condizione umana. Qui lo
Spirito lo conduce, proprio nell’esperienza
dell’alterità perché possa abitarla filialmente e così
offrirle un’altra, differente prospettiva, condizione:
quella filiale.
2.6. Verso il compimento pasquale
Che cosa, chi ha determinato in modo così tragico il destino di Gesù?
Come ha interpretato la sua morte?
Cosa ha sperato Gesù?
•  L’agire di Gesù è stato libero, il suo agire è stato
Una libertà esercitata
Mosè infatti disse: Onora tuo padre e tua madre, e chi
maledice il padre e la madre sia messo a morte. Voi invece
dicendo: Se uno dichiara al padre o alla madre: è
Korbàn, cioè offerta sacra, quello che ti sarebbe dovuto
da me, non gli permettete più di fare nulla per il padre
e la madre, annullando così la parola di Dio con la
tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili
ne fate molte». Chiamata di nuovo la folla, diceva loro:
«Ascoltatemi tutti e intendete bene: non c'è nulla fuori
dell'uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo;
sono invece le cose che escono dall'uomo a
contaminarlo» (Mc 7,10-15).
In verità, in verità vi dico: Chi accoglie colui che io
manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui
che mi ha mandato» (Gv 13,20)
orientato dalla presenza del Padre: la santità non
è più separazione legalistica (cfr. farisei), ma
accoglienza dell’altro. Così manifesta una
vicinanza profonda
•  Il suo comportamento – sedere con i pubblicani
e i peccatori – va al di là delle regole di
separazione; così i luoghi vengono scelti in
ordine all’incontro: non più il Tempio, sede della
separazione (cfr. sadducei), ma la via, la piazza, la
sinagoga.
•  Così testimonia una vicinanza ‘scandalosa’: ne
va’ dell’idea stessa di Dio; la richiesta di adesione
a sé, in forza di un altro, è la testimonianza della
richiesta che fa Gesù: non alla sua dottrina, ma
alla sua persona in virtù della sua origine.
•  Una cena pasquale (tradizione sinottica) o di
L’ultima cena
Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del
pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è
il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me».
Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice,
dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio
sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria
di me» (1Cor 11,23-26; cfr. Lc 22,15-20).
Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la
benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo:
«Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese il calice e
rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse:
«Questo è il mio sangue, il sangue dell'alleanza versato per
molti. In verità vi dico che io non berrò più del frutto
della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di
Dio» (Mc 14,22-25; cfr. Mt 26,26-29).
preparazione alla pasqua (tradizione giovannea)
•  Gesù attribuisce un senso ai suoi ultimi eventi;
parla di volontà sua rispetto a ciò che sta per
accadere e che lo vede attore passivo
•  Riferimento al sacrificio di sé – il tema
dell’espiazione – è sottolineato dalla presenza
dell’espressione ὑπὲρ [upèr] - per noi, per molti,
per la remissione dei peccati – e dal riferimento
all’Alleanza – sinaitica per Mc-Mt, escatologica
per Lc-1Cor.
•  Egli riferisce a sé l’offerta del pane e del vino
come al proprio corpo, alla propria esistenza: il
suo venire dal Padre lo porta ad una esistenza
donata, la sua presenza è offerta irrevocabile di
salvezza, l’accoglienza e comunione con Lui è
l’accoglienza e comunione con il Donatore.
•  H. Schürmann parla di pro-esistenza di Gesù:
Di fronte alla propria
morte
Il giusto sofferente: 1Mac 2,50; 2Mac 7,33-38;
Sap 3,1-9; 5,1-5; Sal 16,8-11
Figlio dell’uomo: Dn 7,1-14; cfr. Mc 14,62.
Servo: Is 52,13-53,12; cfr. Lc 22,37
vissuta in relazione al Padre e nei confronti di
tutti coloro che incontrava nel suo venire e
andare al Padre
•  Gesù, interpretando la propria fine, ricorre alla
Scrittura (cfr. Mc 14,49); la tradizione e
l’esperienza con cui si legge e si lascia dire è
quella sapienziale e apocalittica: il giusto
sofferente, il figlio dell’uomo e il servo.
•  Secondo J. Dunn, Gesù avrebbe parlato della
propria morte come di un sacrificio di alleanza.
Da qui il ricordo nei vangeli di quei loghia sul
battesimo di fuoco (Mc 10,38-39); così la
memoria dell’evento si connette alla memoria
delle sue parole, a come li abbia guidati a
comprendere che Lui stesso nella prospettiva del
giusto e del suo destino
•  J. Dunn propende per una speranza che
Di fronte alla propria
morte
«Noi lo abbiamo udito mentre diceva: Io
distruggerò questo tempio fatto da mani
d'uomo e in tre giorni ne edificherò un altro
non fatto da mani d'uomo» (Mc 14,58)
«Andate a dire a quella volpe: Ecco, io scaccio
i demòni e compio guarigioni oggi e domani;
e il terzo giorno avrò finito. Però è necessario
che oggi, domani e il giorno seguente io vada
per la mia strada, perché non è possibile che
un profeta muoia fuori di Gerusalemme» (Lc
13,32-33)
Gesù condivise: di risvegliarsi a un nuovo
giorno, di venire resuscitato assieme ai
giusti per una forma finale qualitativamente
diversa (Gli albori del cristianesimo, I,3: L’acme,
p. 878).
•  Questa speranza prende la forma della
metafora della resurrezione
•  È quindi coerente che la metafora affondi
nella sua identità filiale: ha sentito quella
‘parola’ rivolta a Lui e con quella egli si è
rivolto incontro al Padre, con la fiducia di
ricevere da Lui, anche attraverso la morte,
ancora e nuovamente vita.
Gli eventi che portano alla morte di croce
•  È il Sinedrio (70 anziani più il Sommo Sacerdote) a
Il supplizio
•  Viene flagellato (Mc 15,15)
•  L’esecuzione avviene fuori città
•  Porta il patibulum – l’asse trasversale
•  La condanna è sulla confessione della messianicità di Gesù e
Le parole di Gesù
•  Cita il Sal 22,2 e lo interpreta come consegna al Padre del
Gesù viene processato dal Sinedrio
•  L’ordine dell’arresto viene dal Sinedrio (Mc 14,43), dal
Sommo Sacerdote e gli anziani (Mt 26,47) ed è eseguito da un
manipolo di soldati (Gv 18,3).
processarlo, tutti radunati (Mc 14,53) al mattino (Mc 15,1)
sulla sua pretesa figliolanza divina (Mc 14,63-64), secondo Dt
13,6
•  Non hanno il potere di metterlo a morte (Gv 18,31)
Gesù è condannato da Pilato
•  È il capo del tribunale perché è il prefetto di Giudea, per cui
la sua condanna non può essere religiosa, ma di lesa maestà
•  Non vengono catturati però i suoi discepoli, riconoscendo
quindi solo la sua predicazione come pericolosa
proprio spirito (Lc 23,46)
•  Domanda il perdono per i suoi uccisori (Lc 23,34)
•  Riconsegna l’opera al Padre dopo averla portata a
compimento (Gv 19,30)
Viene deposto dalla croce, perché non rimanesse appeso e
maledetto (cfr. Dt 21,22-23), da un membro del Sinedrio,
Giuseppe di Arimatea
2.7. Il Risorto e la sua ascensione
L’evento pasquale si configura come cerniera e cesura: prima c’è Gesù che parla del Padre, l’annuncio del Regno nella
sua presenza, Gesù che cerca il volto del Padre fino alla morte di croce, dopo c’è una comunità che fa diventare il
Messaggero il messaggio.
Da qui alcune questioni:
1. 
Quale rapporto tra la gesuologia – il dirsi di Gesù Figlio – e la cristologia – il dire Gesù nella fede nella sua identità
filiale
2. 
Come avviene il passaggio dal monotesimo di matrice ebraica a quello di matrice cristiana, quali elementi lo
permettono mantenendo ancora una continuità nella discontinuità operata dall’evento Gesù
3. 
Come l’evento Pasquale è stato letto, quali modelli sono stati usati e in che relazione stanno con la figura di Gesù,
con il suo annuncio e la sua identità
•  M. BRACCI, Nel seno della Trinità. Il mistero dell’ascensione di Gesù, ed. ETS, Pisa 2011.
•  M. BRACCI, Ascese al cielo. Per un eccesso del dono che va oltre la misura dell’amore, ed. Cittadella, Assisi 2013.
•  Come si deve rifiutare una demitizzazione di stampo
bultmaniano, altrettanto si deve fare con una facile
depascalizzazione
Il linguaggio pasquale
«Una questione, come si sa, molto delicata e
che va affrontata soltanto con fine tatto
teologico. Delicata perché si dovrebbe
indagare, fin nei minimi dettagli, in che
misura la “grandezza” del Figlio di Dio
umiliato, indubbia in ogni caso ma
difficilmente captatile in parole e concetti,
doveva essere descritta - forse
necessariamente - con i colori e i mezzi
espressivi della “gloria”» (H. U. VON
BALTHASAR, Gloria. Un’estetica teologica, VII:
Nuovo patto, Milano 1991)
•  Le parole e le azioni di Gesù si iscrivevano in
strutture già date, espresse nella sapienza anticotestamentaria; con l’evento pasquale c’è chi
intravede nelle seconde il compimento delle prime
ed è possibile solo alla luce di qualche cosa di
nuovo e pur tuttavia connesso con ciò che lo ha
preceduto: il Risorto è il crocifisso
•  Ogni interpretazione pasquale non può sfuggire a
quel più di significato che quell’evento della fede
offre al testimone, a quel più e a quell’oltre che
quell’evento di fede chiede di considerare come
orizzonte interpretativo adeguato
Accanto alle formule di confessione e annuncio della
resurrezione si ha la presenza di alcuni elementi:
Il linguaggio pasquale
formule confessionali: «Gesù è il Signore … Dio lo
ha risuscitato dai morti» (Rm 10,9)
formule costruite in forma passiva: «Non abbiate
paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È
risorto, non è qui» (Mc 16,6)
formule a un membro: «Ma Dio lo ha risuscitato,
sciogliendolo dalle angosce della morte» (At 2,23)
Formule doppie: «Gesù Cristo il Nazareno, che voi
avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti,
costui vi sta innanzi sano e salvo. Questo Gesù è la
pietra che, scartata da voi, costruttori, è diventata testata
d'angolo» (At 4,10-11)
•  il sepolcro vuoto
•  i testimoni che hanno visto il Gesù risorto
•  il motivo dell’incarico dell’annuncio e della
testimonianza
•  all’inizio delle apparizioni il mancato
riconoscimento
•  il pasto
«Le storie vennero ricordate come esperienze visive o
visionarie perché è così che furono sperimentate;
questi furono gli effetti che si fissarono nel cuore
della tradizione» (J. Dunn)
•  Temporale
•  vita – morte – recupero della vita
Il linguaggio pasquale:
gli schemi usati
«Ma Dio lo ha risuscitato [ἀνέστησεν], sciogliendolo dalle
angosce della morte, perché non era possibile che questa lo
tenesse in suo potere» (At 2,24)
«umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e alla
morte di croce. Per questo Dio l'ha esaltato [ὑπερύψωσεν]
e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome» (Fil
2,8-9)
«Gesù ha vissuto in mezzo a noi, incominciando dal
battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di tra noi
assunto in cielo [ἀνελήμφθη – essere tolto]» (At 1,21-22)
«Infatti egli fu crocifisso per la sua debolezza, ma vive [ζῇ ]
per la potenza di Dio. E anche noi che siamo deboli in lui,
saremo vivi [ζήσομεν] con lui per la potenza di Dio nei
vostri riguardi» (2Cor 13,4)
•  I verbi usati: ἐγείρω [egeirô - alzarsi] e ἀνίστηµι
[anistêmi – stare in piedi]
•  Spaziale
•  elevazione e/o esaltazione
•  υπερυψόω [uperupsòō – posto sopra] , δοξάζω
[doxàzō - glorificare], αναλαµβάνω [analambànō
– prendere su], αναβαίνω [anabaìnō - salire].
•  Qualitativo
•  vita nuova
•  ζωοποιέω[zōopoiéō]
Il linguaggio pasquale:
gli schemi usati
«È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo,
non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a
noi la parola della riconciliazione» (2Cor 5,19)
«qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso
di noi credenti secondo l'efficacia della sua forza che egli
manifestò in Cristo, quando lo risuscitò dai morti» (Ef
1,19-20)
«Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del
Padre» (Rm 6,4)
«E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti
abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà
la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo
Spirito che abita in voi» (Rm 8, 11)
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Opera di riconciliazione
Dio agisce
Manifestazione della gloria del Padre
Azione dello Spirito
Quelle relazioni che Gesù ha mostrato nella sua
missione sono le stesse che hanno quindi operato
di Lui, in Lui. Egli ha agito con la stessa forza
con cui Dio agisce in e su di Lui.
Come il Padre è il senso della sua missione, così
egli lo è della sua vita, interamente intesa; così si
passa dalla vita post-pasquale a quella pre-pasquale
per l’imporsi però dell’identità di Gesù che solo
un Altro custodisce: Dio Padre nello Spirito
•  Vi è una profonda differenza tra l’evento che
La corporeità della
resurrezione
ha Gesù come oggetto dell’agire di Dio e
l’episodio di Lazzaro che ha Gesù per
soggetto (cfr. Gv 11,38-44).
•  Gesù nella sua resurrezione non vi arriva che
per la croce: non salta la morte, percorre tutta
l’esistenza umana perché nulla di questa
manchi dell’esperienza filiale che egli vi porta
•  L’evento della risurrezione si impone per la
sua impronta escatologica, definitivo
compimento, piena manifestazione dell’azione
di Dio nella storia in favore dell’uomo
•  Il crocifisso Risorto vive ora di una vita piena,
La corporeità della
resurrezione
«Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia
di coloro che sono morti. Poiché se a causa di un
uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà
anche la risurrezione dei morti; e come tutti
muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in
Cristo. Ciascuno però nel suo ordine: prima Cristo,
che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono
di Cristo; poi sarà la fine, quando egli consegnerà il
regno a Dio Padre … E quando tutto gli sarà stato
sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a
Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio
sia tutto in tutti» (1Cor 15, 20-28).
portata fin verso il suo compimento più intimo ed
esistenziale
•  Si tratta di una corporeità segnata da una novità :
Paolo usa l’espressione “nuova creazione” (2Cor 5,17)
per dire uno spazio che sta tra una continuità –
nella logica della corporeità creata – e una
discontinuità: il Risorto non è semplicemente
reintegrato nella condizione precedente, il suo
corpo è un corpo spirituale in cui la differenza si fa
ospitale di un’altra differenza «perché Dio sia tutto
in tutti» (1Cor 15,28).
•  La continuità sta quindi nell’identità costituita
sempre e ancora una volta di più da Dio. Solo
questa identità dà valore alla discontinuità.
•  La resurrezione corporea dice una atto definitivo di Dio,
La corporeità della
resurrezione
«si semina un corpo animale, risorge un corpo
spirituale. Se c'è un corpo animale, vi è anche
un corpo spirituale, poiché sta scritto che il
primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma
l'ultimo Adamo divenne spirito datore di vita. Non
vi fu prima il corpo spirituale, ma quello
animale, e poi lo spirituale. Il primo uomo
tratto dalla terra è di terra, il secondo uomo
viene dal cielo. » (1Cor 15, 44-47).
definitivo come la creazione; ora, però, se la prima creazione
era stata il luogo in cui la morte aveva reciso le relazioni tra
Dio e le sue creature a causa del peccato, con la seconda
creazione quel corpo glorioso dispensa vita nuova perché
rimette in relazione l’uomo peccatore con Dio.
•  Così la resurrezione diventa la cifra finale dell’esperienza di
Gesù: egli è stato colui che nella sua esistenza ha portato Dio
all’uomo. Questa è stata una decisione definitiva, irrevocabile
per Dio; neppure la morte - e con essa il peccato - ha potuto
interrompere che questa prossimità giungesse a compimento:
che Dio donasse Dio, che il Padre donasse il Figlio e il Figlio
il Padre nel dono dello Spirito.
•  La morte ha mostrato la prossimità di Gesù e del Padre, come
abbiano ospitato la differenza e l’abbiano trasformata dal di
dentro, facendo di quel corpo un corpo pneumatico (Fil
3,21), capace della vita di Dio: di viverla e donarla. Gesù è il
dono della filialità di Dio, il Risorto è il dono della sua
paternità.
•  È l’elevato (cfr. At 1,1-11; Fil 2,6-11; Ef
Chi è il Risorto?
«Voi però non siete sotto il dominio della
carne, ma dello Spirito, dal momento che lo
Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha
lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. E se
Cristo è in voi, il vostro corpo è morto a causa
del peccato, ma lo spirito è vita a causa della
giustificazione. E se lo Spirito di colui che ha
risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che
ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche
ai vostri corpi mortali per mezzo del suo
Spirito che abita in voi» (Rm 8,9-11)
1,18-23; 4,7-10; Ap 12,1-6): il cielo stesso lo
accoglie (At 3,21), ne è dimora perfetta (Col
3,1) e con la sua presenza non si richiude più
(cfr. Gv 1,51)
•  È colui che siede alla destra del Padre (At
2,34-35; Eb 8,1; cfr. Sal 110,1; 2Mac 15,12-16)
•  È il Signore (Fil 2,11; Rm 10,9; 14,9)
glorificato (Gv 12,23-36) cosicché è evidente
che Dio fosse veramente in Cristo (2Cor 5,19)
•  È colui che invia lo Spirito (At 2,33; Gv 7,39;
16,14), anzi: è Spirito datore di vita (1Cor 15,45)
dalla croce (Gv 19,30) e Risorto (Gv
20,21-22); di più: egli è Signore dello Spirito
(2Cor 3,17)